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#io ce l’ho fatta
seminando-rebeldia · 2 years
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e-ste-tica · 5 months
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ieri alle 18 entravo in sala operatoria e il primo ricordo che ho di quando mi sono svegliato è io che realizzo di essere fuori dalla sala e scoppio a piangere. “¿Todo bien?” “¿Estas bien?”
“Si, soy muy feliz”
oggi dopo che mi hanno tolto i drenaggi per dimettermi ho pianto di nuovo mentre dicevo “ce l’ho fatta”. anche solo un anno fa non avrei mai creduto di poter arrivare fin qui.
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orotrasparente · 5 months
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oggi è successa una cosa assurda, alla mia laurea c’è stato il mio primo collega di lavoro (circa 5 anni e mezzo fa) quando facevo il meccanico sui treni, sua sorella si è laureata nella mia seduta e me lo sono ritrovato lì, lui che era l’unica persona gentile con me in un ambiente nepotista e fondato sul nonnismo, sulla cattiveria e sull’arroganza, me lo sono trovato lì davanti (mi è venuto lui incontro) e l’ho abbracciato spontaneamente nonostante non lo vedessi da anni e lui mi ha ricordato di quando gli dissi “antò io me ne vado, questo posto non fa per me, vado a studiare giurisprudenza” mi ha guardato sorridendo e mi ha detto “caspita allora ce l’hai fatta davvero e pure in 5 anni”
penso sia stato uno dei momenti più toccanti della mia vita, quasi come un cerchio che si chiude
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incazzatanera · 1 month
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Non vedo l’ora di stare con te perché tu mi vuoi bene per come sono, perché non mi devo nascondere in un modo che non è il mio per sentirmi bene. Sto male quando te ne vai perché rinuncio al bene che sento quando sto con te e alla tua compagnia e al senso di spensieratezza che mi dai ogni volta. Non mi fai pensare ad altro che a noi, per me esistiamo solo noi e basta. Ma ho sempre paura quando ci vediamo, perché passa troppo in fretta e poi torno a casa con la malinconia e il semplicemente stare in camera mia, mi ricorda di noi, mi fa stare male il doppio. Io vorrei solo stare assieme a te ogni giorno anche se è impossibile attualmente ma il problema è che ho paura di essere accantonata, che tu possa avere di meglio da fare piuttosto che passare del tempo con me. Se ci fai caso, è quello che fanno le persone attorno a me ed ho paura che possa succedere anche con te. Si, senza apparente motivo. Credo che sprofonderei. Se ci penso so che non c’è motivo per stare male, però mi sento così e mi partono le paranoie.
“E se ne ha già avuto abbastanza della mia compagnia?”
lo so che sono stupida e vorrei riuscire a parlartene come lo sto scrivendo ma non so parlare, perché semplicemente mi sento stupida ed impaurita. Ti ho fatto un audio di 7 minuti e non te l’ho mandato perché mia sentivo stupida, mi sembra di essere una paranoica piangiona ed è quello che sono. Mi importa troppo di noi e di te perché quello che hai fatto e fai per me, è sempre tanto. Non ti ho mai screditato davanti agli occhi di nessuno, anzi. Però forse, davanti ai tuoi di occhi, qualche volta ho fatto passare quello che non dovevo. Mi sento male se ti tratto male e ho il magone per l’altro giorno, non me ne sono resa conto finché non mi hai lasciata davanti a casa e ho pensato “ma cosa cazzo sto facendo?”. Ti ho chiamato, sei tornato indietro e appena salita in macchina volevo abbracciarti, chiederti scusa e dirti solo di rimanere con me ma non ce l’ho fatta. Mi dispiace da morire per tutti i miei comportamenti e voglio che tu capisca che non c’è persona più importante per me e spero sempre di essere tale anche per te. Nulla mi fa più paura di perderti perché vorrebbe dire perdere anche un pezzetto di me.
-I.
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nineteeneighty4 · 24 days
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Il datore di lavoro :
“Devi conoscere le rifiniture dei vari materiali.Se ti dico acciaio ,ottone,ottone brunito ,bronzo spazzolato,devi capire di che stiamo parlando!”
Ok, smanetto per circa un’ora senza capire granché. lo spazzolato è una sorta di satinato,il cromato crea l’effetto lucido , imbrunito significa invecchiato o qualcosa del genere. L’ottone è giallo ,il bronzo ,se non ossidato ,vira al rame.
5min dopo (sempre il datore) : “Abbiamo lampade in acciaio qui dentro?fatti un giro e fammi sapere!”
Faccio il giro e no ,lampade in inox non ce ne sono.Riferisco il tutto e bam trabocchetto mi indica una coppia di applique sopra un mobile la cui rifinitura più che l’acciaio ricorda l’ottone anticato,nel senso che è proprio difficile non confondere i due materiali. (Cazziata giornaliera incassata).
“Qui un tempo non era così,dobbiamo essere preparati. Guardati i parati ,le texture,il materico in modo tale da poter proporre al cliente l’articolo che più rispecchia le sue aspettative. Non è che ci possiamo muovere impreparati “
Ok,prendiamo i cataloghi e continuiamo a fissare il vuoto per altre due ore perché senza capire con mano di che stiamo parlando,’sto mestiere non so farlo. Clienti non ce ne stanno e io non è che posso interagire con i muri.
“Ricordati che ci sta sempre qualcosa da fare.quando proprio non sai come impiegare il tempo vatti a fare una ripassata nel reparto profumi “
Ok,messaggio recepito. Mi dirigo al reparto profumi e boh. Cazzo dovrei fare dopo aver sistemato tutte le confezioni negli scaffali ,aver imparato la piramide olfattiva di ogni fragranza, aver apposto prezzi e sconti di ogni sorta sotto qualsiasi confezione,già un mese fa,lo sa solo lui.
Alla fine ,per forza di cose, mi ritrovo nuovamente davanti al pc , titubante sul da farsi e in completa soggezione sia per i click del mouse -simili a crepe su cristallo- che per il silenzio assordante calato durante il corso del pomeriggio .
“Senti chiariamoci una cosa,non è che ti puoi assentare per mezz’ora così senza darmi una spiegazione né nulla. Sono il tuo datore di lavoro,con L -la collaboratrice che mi ha preceduto- le cose funzionavano diversamente. C’era sinergia,lei si faceva capire. E tra di noi andava tutto a gonfie vele”
Io che nel frattempo pensavo alla linea internet che la WINDTRE alla fine mi ha davvero disattivato,alle corse fatte per cercare di parlare con un operatore in negozio ,allo stress di non aver mangiato , all’ansia di non aver più potuto verificare l’importo giornaliero sulla Postepay ecc,ascoltavo muta,senza proferire parola.
“Cioè ‘sto posto lo devi gestire tu. Vedi che sto parlando con un cliente,saluti e ti siedi. Senza dare una spiegazione,né aggiungere altro. .. mi fai pensare che sei una persona poco affidabile .Evidentemente ho sbagliato io a capire”
Per mezz’ora di ritardo,pur avendolo avvisato?Perché non posso campare in funzione sua con tremila problemi che devo risolvere? Addirittura non sono affidabile?ma dove sta la gente come mio nonno che si sedeva a tavola con gli operai e non li mortificava?esistono persone a questo mondo capaci di provare empatia verso il prossimo?
D’un tratto non ce l’ho fatta più ,fa parte del mio carattere provare a dare un senso a tutto.
“ Mi scusi ma cosa avrei dovuto dirle?era impegnato in un’altra conversazione,con un cliente.non mi sembrava il caso di interromperla…”
Oltretutto si possono avere dei fatti propri di cui non si ha voglia di discutere o dobbiamo per forza aprirci pure quando vorremmo stare in silenzio,perché per la società è giusto così?
“Io sono il tuo datore di lavoro,devi portarmi rispetto”
Evidentemente è proprio un jolly che usano i capi…manco se avessi ammazzato qualcuno…rispetto di cosa,poi, non si è capito. Tutti che lo pretendono e nessuno che lo dia.
“Ti sei seduta,messa davanti al computer e basta. Mi hai persino chiesto di attaccarti la presa, alzati e fallo da sola!”
Io interdetta. Prima mi dice: questo tavolo così come lo vedi è stato creato per proporre un ambiente sano , alla pari ,in cui si annullano le gerarchie e le distanze ,perché dai miei collaboratori mi aspetto un rapporto onesto a livello intellettuale, poi però quando mi comporto così, in maniera piu spontanea, mette una zavorra fra di noi. Ho passato un pomeriggio di merda , a rimuginare su degli errori CHE NON CREDO di aver commesso. A sentirmi in colpa e umiliata per cose che non mi appartengono,a rompere iceberg quanto una casa e ad ottenere zero risultati con un tizio che a sessant’anni suonati il peso della vecchiaia pretende di farlo scontare agli altri con i suoi umori ballerini.
“Mi metta alla prova allora perché io non ho capito cosa vuole che faccia esattamente…Devo stilare questo preventivo qui ,di cui si sta occupando?facciamolo! Se lei non mi insegna,non posso mettere mano su cose di cui non ho padronanza “
“Senti non è che ti puoi mettere a fare ciò di punto in bianco “
“Ma lei ha detto che questo è il mio lavoro e che dovrei farlo io ,al suo posto. Come posso venirne a capo se non mi fa capire in cosa consiste …?”
E alla fine non abbiamo più parlato per quattro ore. Siamo rimasti seduti uno di fronte all’altro senza aggiungere niente e mi è andata bene. Per una volta ho mollato gli ormeggi. Ho fatto il morto sulla superficie del mare,perché ero stanca di nuotare e mi sono concentrata su altro: sui miei ricordi,dicembre. Sui miei sogni , sulle parole che avrei voluto dire e non ho detto. Sul tempo che nessuno vuole concedermi e l’ho fottuto.
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bestiadastile · 9 months
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Anaïs,
tutto quello che posso dire è che sono pazzo di te. Ho cercato di scrivere una lettera ma non ce l’ho fatta. Ti scrivo in continuazione - nella mia testa- e i giorni passano e mi chiedo che cosa penserai tu. Aspetto con impazienza di vederti. Martedì è troppo lontano. E non solo martedì - mi chiedo quando verrai e se passerai la notte con me. Quando potrò averti per un bel po’? E’ un tormento per me vederti solo poche ore, e poi dover rinunciare a te. Quando ti vedo, tutto quello che avrei voluto dirti se ne va in fumo - il tempo è così prezioso e le parole sono estranee. Ma tu mi rendi così felice perché posso finalmente parlarti. Amo la tua vivacità, i tuoi preparativi di fuga, le tue gambe come una morsa, il calore fra le tue cosce. Sì, Anaïs, voglio smascherarti. Sono troppo galante con te. Voglio guardarti a lungo e con ardore, toglierti gli indumenti, coccolarti, esaminarti. Lo sai che ti ho guardata appena? Sei rivestita ancora di una sacralità eccessiva.
La tua lettera, ah quegli svarioni! Mi fanno sorridere. E mi inducono anche ad adorarti. È vero, non ti apprezzo abbastanza. Verissimo. Ma non ho mai detto che tu non apprezzi me. Deve esserci un errore, nel tuo inglese. Affermarlo sarebbe troppo egoistico da parte mia.
Anaïs, non so come dirti ciò che provo. Vivo in un perenne stato di attesa. Arrivi, e il tempo vola come in un sogno. È solo quando te ne vai, che mi rendo davvero conto della tua presenza. E allora è troppo tardi. Tu mi instupidisci.
Cerco di immaginarmi la tua vita a Louveciennes, ma non ci riesco. Walter Pach? Un ebbro sogno- e a parte questo non mi piace, non so dire perché. Il tuo libro? Anche questo sembra irreale. Soltanto quando tu arrivi e ti guardo, l’immagine si fa più chiara. Ma tu te ne vai così presto - non so che pensare. Sì, vedo con chiarezza la leggenda puskinniana. Ti vedo con gli occhi della mente seduta su quel trono, gioielli attorno al collo, sandali, grandi anelli, unghie dipinte, strana voce spagnola intenta a vivere una sorta di menzogna che non è proprio una menzogna, piuttosto una fiaba.
[…] Mi sto dicendo: “Ecco qui la prima donna con la quale posso essere assolutamente sincero.” Ricordo che tu mi hai detto: “Potresti ingannarmi. E io non me ne renderei conto.” Quando vado per i boulevard e ci penso - potrei ingannarti, sì, e mi piacerebbe farlo. Voglio dire che non posso mai essere completamente fedele - non è da me. Amo troppo le donne, o la vita - se le une o l’altra, non so. Ma tu ridi Anaïs, amo sentirti ridere. Tu sei l’unica donna che abbia il senso dell’allegria, una saggia tolleranza - semplicemente, dai l’impressione di spronarmi a tradirti. Ti amo per questo. E che cosa te lo fa fare - amore? Oh, è bello amare ed essere liberi allo stesso tempo. 
Non so che aspettarmi da te, ma è qualcosa che ha del miracoloso. Intendo chiederti tutto, anche l’impossibile, perché tu mi incoraggi a farlo. Sei davvero forte. Mi piace persino il tuo inganno, il tuo tradimento. Mi sembra aristocratico. ( La parola “aristocratico” suona così male in bocca a me?)
Sì, Anaïs, pensavo come fare a tradirti, ma non ci riesco. Voglio te. Voglio spogliarti, involgarirti un tantino, ah non so quel che dico. Sono ubriaco perché tu non sei qui. Vorrei battere le mani e, voilà, ecco Anaïs. Voglio possederti, usarti. Voglio chiavarti, voglio insegnarti cose. No, non ti apprezzo, Dio me ne guardi! Forse voglio addirittura umiliarti un tantino - ma perché? perché? Perché non mi getto in ginocchio e mi limito ad adorarti? Non posso. Ti amo in allegria.

Questo ti va?
E, cara Anaïs, io sono tante cose. Tu ora vedi solo quelle buone - o, perlomeno, tu mi persuadi a crederlo. Ti voglio per un’intera giornata almeno. Voglio andare in giro con te, voglio possederti. Non sai quanto insaziabile io sia. O quanto vile. E quanto egoista!

Con te mi sono comportato sempre tutto ammodino. Ma ti avverto, non sono un angelo. Penso soprattutto di essere un po’ sbronzo. Ti amo. Adesso vado a letto - mi costa troppa fatica restare sveglio. Ti amo. Sono insaziabile. Ti chiederò di fare l’impossibile. Che cosa sia, non lo so. Probabilmente tu me lo dirai. Sei più svelta di me. Amo la tua fica, Anais - mi fa impazzire. E il modo con cui pronunci il mio nome! Buon Dio, è irreale. Senti, sono proprio sbronzo. Mi fa male essere qui solo. Ho bisogno di te. Posso dirti qualsiasi cosa? Posso, sì? Vieni al più presto e chiavami. Godi con me. Serrami tra le tue cosce, riscaldami.

Henry.
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a-pathica · 2 months
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domani è il grande giorno.
vengo fuori da:
•una relazione in cui ho sperato fino all’ultimo;
•ritardi di lavori ma sempre puntuale io;
•persone che pensavano non ce l’avrei fatta e invece eccomi qui all’alba della mia rinascita;
•nuove amicizie nate per caso;
•l’ebrezza di una botta e via con quello che mi ha montato i condizionatori ma che poi fino alle 6:30 del mattino mi ha dormito abbracciato perché non voleva andare via e io qui ancora a crogiolarmi nel passato perché sono una cogliona (vedi sotto);
ce l’ho fatta, ce l’abbiamo fatta, io e tutte le persone che mi hanno supportata senza lasciarmi un attimo sola.
dormo serena, forse.
anche se non so più dormire da sola a casa a sapri.
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intotheclash · 10 months
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“Mi dovrai scusare”, gli ho detto. “Ma non ci riesco proprio a spiegarti com’è fatta una cattedrale. Non ne sono proprio capace. Non posso fare meglio di così”. Il cieco è rimasto seduto immobile e mi ascoltava con la testa abbassata. Ho detto: “Il fatto è che le cattedrali non è che significhino niente di speciale per me. Niente. Le cattedrali. Sono solo cose da vedere in tv la sera tardi. Tutto lì”. È stato a quel punto che il cieco si è schiarito la gola. Gli è venuto su qualcosa. Ha tirato fuori un fazzoletto dalla tasca di dietro. Poi ha detto: “Ho capito, fratello. Non è un problema. Capita. Non stare a preoccupartene troppo”, così ha detto. “Ehi, sta’ a sentire. Me lo fai un favore? Mi è venuta un’idea. Perché non ti procuri un pezzo di carta pesante? E una penna. Proviamo a fare una cosa. Ne disegniamo una insieme. Prendi una penna e un pezzo di carta pesante. Coraggio, fratello, trovali e portali qua”, ha detto. E così sono salito di sopra. Mi pareva di non avere più un briciolo di forza nelle gambe. Me le sentivo come dopo aver fatto una corsa. Ho rovistato un po’ nello studio di mia moglie. Ho trovato delle penne a sfera in un cestino sulla scrivania. E poi mi sono sforzato di pensare a dove potevo trovare il tipo di carta che mi aveva chiesto. Sono sceso in cucina e ho trovato una busta di carta del supermercato che aveva ancora delle bucce di cipolla in fondo.
L’ho svuotata scuotendola per bene. L’ho portata di là in soggiorno e mi sono seduto per terra vicino alle gambe del cieco. Ho spostato un po’ di roba, ho allisciato la busta e l’ho stesa sul tavolino. Il cieco si è tirato giù dal divano e si è seduto accanto a me sul tappeto. Ha passato le dita sulla busta. Ne ha sfiorato su e giù i margini. I bordi, perfino i bordi. Ne ha tastato per bene gli angoli. “Perfetto”, ha detto. “Perfetto, facciamola”. Ha trovato la mia mano, quella con la penna. Ha chiuso la sua mano sulla mia. “Coraggio, fratello, disegna”, ha detto. “Disegna. Vedrai. Io ti vengo dietro. Andrà tutto bene. Comincia subito a fare come ti dico. Vedrai. Disegna”, ha detto il cieco. E così ho cominciato. Prima ho disegnato una specie di scatola che pareva una casa. Poteva essere anche la casa in cui abitavo.
Poi ci ho messo sopra un tetto. Alle due estremità del tetto, ho disegnato delle guglie. Roba da matti. “Benone”, ha detto lui. “Magnifico. Vai benissimo”, ha detto. “Non avevi mai pensato che una cosa del genere ti potesse succedere, eh, fratello? Be’, la vita è strana, sai. Lo sappiamo tutti. Continua pure. Non smettere”. Ci ho messo dentro finestre con gli archi. Ho disegnato archi rampanti. Grandi portali. Non riuscivo a smettere. I programmi della televisione erano finiti. Ho posato la penna e ho aperto e chiuso le dita. Il cieco continuava a tastare la carta. La sfiorava con la punta delle dita, passando sopra a tutto quello che avevo disegnato, e annuiva. “Vai forte”, ha detto infine. Ho ripreso la penna e lui ha ritrovato la mia mano. Ho continuato ad aggiungere particolari. Non sono certo un artista. Ma ho continuato a disegnare lo stesso. Mia moglie ha aperto gli occhi e ci ha fissato. Si è tirata a sedere sul divano, con la vestaglia tutta aperta. Ha detto: “Che cosa state facendo? Ditemelo, voglio sapere”. Non le ho risposto. Il cieco ha detto: “Stiamo disegnando una cattedrale. Ci stiamo lavorando insieme, io e lui. Premi più forte”, ha detto, rivolto a me. “Sì, così. Così va bene”, ha aggiunto. “Certo. Ce l’hai fatta, fratello. Si capisce bene, adesso. Non credevi di farcela, eh? Ma ce l’hai fatta, ti rendi conto? Adesso sì che vai forte. Capisci cosa voglio dire? Tra un attimo qui avremo un vero capolavoro. Come va il braccio?”, ha chiesto. “Ora mettici un po’ di gente. Che cattedrale è senza la gente?” Mia moglie ha chiesto: “Ma che succede? Robert, che cosa stai facendo? Si può sapere che succede?” “Tutto a posto”, le ha detto lui. “E adesso chiudi gli occhi”, ha aggiunto, rivolto a me. L’ho fatto. Li ho chiusi proprio come m’ha detto lui. “Li hai chiusi?”, ha chiesto. “Non imbrogliare”. “Li ho chiusi”, ho risposto io. “Tienili così”, ha detto. Poi ha aggiunto: “Adesso non fermarti. Continua a disegnare”. E così abbiamo continuato. Le sue dita guidavano le mie mentre la mano passava su tutta la carta. Era una sensazione che non avevo mai provato prima in vita mia. Poi lui ha detto: “Mi sa che ci siamo. Mi sa che ce l’hai fatta”, ha detto. “Da’ un po’ un’occhiata. Che te ne pare?” Ma io ho continuato a tenere gli occhi chiusi. Volevo tenerli chiusi ancora un po’. Mi pareva una cosa che dovevo fare. “Allora?”, ha chiesto. “La stai guardando?” Tenevo gli occhi ancora chiusi. Ero a casa mia. Lo sapevo. Ma avevo come la sensazione di non stare dentro a niente. “È proprio fantastica”, ho detto.
Raymond Carver - Cattedrale
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exterminate-ak · 11 months
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" - Frodo, ti sei svegliato!
- Gandalf, che è successo?
- Oh, ragazzo mio, ci sei riuscito. Hai gettato l’anello nel vulcano e con esso hai distrutto Sauron.
- Ce l’ho fatta…
- Hai salvato la Terra di Mezzo.
- Oh Gandalf, non vedo l’ora di rivedere tutti quanti.
- Li vedrai presto, Frodo. Ti stanno aspettando.
- Dove?
- Ai funerali di Sauron.
- Non ho inteso.
- I funerali di Sauron, è importante. È un evento. Lutto nazionale. Ci sono tutti i popoli della Terra di Mezzo.
- Perché?
- Come perché, per rendergli omaggio, per commemorarlo e celebrarne la vita straordinaria.
- Sauron.
- Sì.
- Ma Sauron è…
- Che?
- No, dico Sauron era un… un…
- Un?
- Un despota. Uno stregone malvagio. Ha devastato metà continente.
- Un po’ di rispetto, Frodo! Stai parlando di un morto, per la miseria!
- Ho capito, ma c’abbiamo combattuto per tre libri e tre film…
- Esatto. Non si può negare che abbia avuto un certo impatto.
- Un impatto di merda.
- Intanto ti devi sciacquare la bocca quando parli dell’Oscuro Signore. Lui non era malvagio.
- L’hai appena chiamato Oscuro Signore.
- Ma no, lui era… come dire… ecco, sì! Era un uomo: un desiderio di vita, un desiderio di amore, un desiderio di gioia.
- Un desiderio di gioia?
- Sì. Come ti sembra? Sai, mi hanno chiesto di dire due parole alle esequie.
- Sauron, il Crudele. Sauron, l’Oscuro Signore di Mordor era un desiderio di amore?
- Guarda che le cose che ha fatto lui tu te le sogni.
- Gandalf, ma che cose? Cosa stai dicendo?
- Tirala su te Barad-dûr. Dai, prova. Tirala su te una torre di millequattrocento metri su suolo vulcanico!
- Ho capito, ma era una fortezza di pura malvagità!
- Che dava lavoro a migliaia di persone.
- Orchi Gandalf! Orchi! Mostri! Nazgul! Te li ricordi, sì? Ti ricordi il fuoco, la lava, gli eserciti incazzati, le battaglie, l’ombra cupa che scende.
- Ha segnato la Storia di questo paese.
- In peggio!
- Ha dato a tutti la possibilità di essere suoi servi, senza chiedere niente in cambio.
- Voleva conquistare il mondo.
- Ma amava i cani.
- Gandalf, ti sei rincoglionito? È per via della tinta? Questo era uno stregone oscuro, non ha mai nascosto la cosa e si è comportato di conseguenza per tutta la sua vita.
- Bella gratitudine.
- Eh?
- Guarda che te senza Sauron non eri nessuno. Senza sta cosa dell’anello tu te ne stavi ancora lì in Contea a farti i drummini. Altro che eroe. Tu la carriera la devi a Sauron.
- Ma a me m’ha rovinato la vita Sauron. E pure a tanti altri.
- Quanto odio, Frodo. Che persona piccola. Da te proprio non me l’aspettavo. Sauron era uno di noi.
- Uno di noi? Io sono un postadolescente coi piedi pelosi e lui era un cristo di dio re malvagio che ha forgiato un anello per dominare tutti gli altri. Scusami eh, ma com’è passata sta narrazione che era uno di noi? Noi chi?
- Ascolta, era una persona coi suoi pregi e i suoi difetti. E magari sì, ha dedicato la sua vita all’accumulo di potere per rendere questo Paese un posto peggiore e ci è pure riuscito, ma tu dimentichi una cosa importante.
- Cosa?
- Era un grandissimo comunicatore.
- Gandalf, porcoddue…
- Di Sauron si può dire tutto ma non che non sapesse comunicare.
- Ho capito, c’hai centocinquant'anni, hai cambiato colore e mo non capisci più un cazzo e hai paura di morire e questo è un pezzo della tua vita che se ne va e tu guardi tutto attraverso un vetro spesso così di nostalgia, ma sticazzi! Proviamo a essere un attimo obbiettivi, vuoi?
- E proviamo.
- Questo c’ha fatto passare l’inferno a tutti e ha lasciato il mondo peggio di come l’ha trovato.
- Diciamo che era una figura unica nel suo genere.
- Diciamo che era letteralmente un essere spregevole. L’incarnazione di almeno cinque dei sette vizi capitali.
- Che brutta bestia l’invidia.
- Perché a Boromir non gli abbiamo fatto i funerali così?
- Boromir era divisivo.
- Théoden.
- Comunista col Rolex.
- E Sauron invece?
- Sauron, nel bene e nel male rappresenta la Terra di Mezzo.
- Ma proprio per un cazzo io mi son sentito rappresentato da questo.
- Tu non capisci, Frodo.
- Cosa?
- La Terra di Mezzo è un Paese fondato sul condono. E dopo la morte condoniamo tutto a tutti. Però recitando frasi fondamentali come “nel bene e nel male” oppure “ha fatto anche cose buone” non neghiamo che sia stato un figlio di puttana, anzi lo rimarchiamo. Perché ne abbiamo bisogno.
- In che senso?
- Abbiamo bisogno di santificare le merde. E più uno è merda, più lo dobbiamo celebrare. Sauron va santificato, è per il bene di tutti. Così i nostri egoismi, i nostri piccoli squallori, le ipocrisie quotidiane, smettono di farci star male, di metterci in crisi. Se pure Sauron incontra Dio, se pure Sauron va in paradiso, se alla fin fine riusciamo a raccontarci che anche Sauron era una brava persona, allora lo siamo tutti. E nessuno deve pagare i propri conti con la vita e con la Storia.
- Va be’, ma con questo ragionamento non finiamo per circondarci ciclicamente solo di gente che “ha fatto anche cose buone”?
- Certo.
- E quindi altri Sauron?
- Siamo un fantasy, Frodo. Noi adoriamo le saghe. "
Dalla pagina Non è successo niente
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nell-ombra-blog · 1 month
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La verità è che la primavera se ne frega. Se ne frega se sei triste. Ti sbandiera davanti tutti quei suoi colori, quei suoi profumi, e ti catapulta addosso i primi caldi raggi di sole… che tu sia pronto oppure no. La primavera sa essere molto indelicata con chi è triste. Ostenta la sua ridente bellezza, quasi a farsi beffa di chi ha ancora la neve sul cuore. Anzi, a quelle persone che indugiano negli inverni dell’anima, sembra dire: “Io ce l’ho fatta e tu no.”, “Tutto il mondo va avanti. Mentre tu resti indietro”. Chi è triste, a primavera è triste di più. Perché la primavera è così, invadente e pretenziosa. Sa darti tutto ciò che ha, ma in cambio vuole devozione assoluta. E’ una donna consapevole, raffinata amante, che però esige premura e ammirazione. E’ un’opportunità da scegliere. Un’occasione da cogliere. La primavera non ti aspetta. Lei ti passa davanti all’improvviso, e vuole essere rincorsa. Somiglia alla felicità. Somiglia all’amore. La verità è che la primavera se ne frega se sei triste. Lei arriva. Arriva comunque. E a te non resta che sceglierla. Perché non è un momento giusto, ma la decisione giusta da prendere in ogni momento.
Max
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silenziosaa · 1 month
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Sono idonea.
Idonea.
Ma, non sprizzo felicità.
E non so il perché.
Ho aspettato mesi, giorni, giorni stressanti. Settimane, ho passato periodi bui, e adesso che ho visto quel “idonea”, non mi rende felice, o non ancora.
Mi è stato detto “perché non stai festeggiando, urlando davanti a tutti”
Bella domanda, non lo so neanche io.
Ma, ehi, sono idonea, ce l’ho fatta.
Ma non mi sento ancora felice.
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harshugs · 9 months
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traumi (post scherzoso magari divertente)
io campionessa nel crearmi traumi psicologici all by myself, ve ne racconto due in particolare:
1) un po’ di anni fa avevo sognato di andare ad un concerto, solo che mi ero dimenticata il biglietto e di conseguenza non mi hanno fatta entrare🥲
letteralmente da quella notte controllo un miliardo di volte al secondo se ho messo il biglietto in borsa e puntualmente nel momento in cui sto partendo mi viene il panico, tipo poco fa, SAPEVO di averlo preso e messo in un posto al sicuro dove non si possa rovinare o altro, ma mentre ero in stazione che andavo al binario mi sono fermata di colpo, ho fatto un’espressione impanicatissima e ho pensato “OH CAZZO MA IL BIGLIETTO L’HO PRESO??”
2) anni fa ero andata in un ostello con delle amiche, mentre parlavamo ad un certo punto vedo che una delle due aveva dei piccoli insetti dalla testa, vicino le orecchie, così le chiesi cosa fossero e l’altra mia amica rispose abbastanza sicura che erano PIDOCCHI
bene, ovviamente ce li prendiamo tutte e tre, ma eravamo in una vacanza studio e non volevamo farlo sapere a nessuno, per fortuna era l’ultimo giorno, così ci siamo fatte il viaggio di ritorno con i pidocchi in testa (abbiamo preso pullman e aerei)
da quella volta ho l’ansia di andare nei mezzi pubblici e prendermi i pidocchi (per chi non lo sapesse: basta solo toccare con i capelli una superficie contaminata per prenderli), perché come noi tre siamo state in giro consapevoli di averli chissà QUANTE altre persone lo hanno fatto, magari anche inconsapevoli (e non vi nego che in questo momento sono in treno e solo a pensare a sta esperienza mi sta prudendo tutta la testa)
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maimoncat · 3 months
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Goblinweek 2024 - 6: Schwefelfell
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Als ich klein war hab ich Cornelia Funkes "Drachenreiter" als Hörbuch gehört und es hat mir ziemlich gefallen. Und dann sah ich auf Netflix die 2020er Verfilmung. Oder, zumindest den Anfang. Ich hab’s nicht geschafft, weiterzuschauen und musste abschalten, als ich sah, wie sie Schwefelfell dargestellt hatten. Da musste ich sie mal zeichnen, wie ich sie mir damals vorgestellt hatte. Das sah nicht unbedingt so
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Sondern eher so aus:
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Sie lässt sich gerade ein Paar saftige Pilze schmecken.
Quand’ero piccolo avevo sentito l’audiolibro de "Il cavaliere dei draghi" di Cornelia Funke e mi era proprio piaciuto. E poi ho visto su Netflix il film che ne hanno fatto nel 2020. Beh, almeno l’inizio. Non ce l’ho fatta a continuare, quando ho visto come hanno reso la mia povera cobolda Fiore di Zolfo. L’ho voluta disegnare, come me l’ero immaginata io, mentre s’impinza di deliziosi funghetti.
un po' più di questo
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che di questo
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When I was smaller I listened to the audiobook of Cornelia Funke’s "Dragonrider" and I really liked it. And then I saw the 2020 movie on Netflix. Well, at least the beginning of it. I couldn’t keep watching, when I saw how they designed my girl Sorrel. So I had to draw her, enjoying some tasty mushrooms.
My idea of her always looked less like this
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And more like this
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abatelunare · 2 years
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Fra le righe
Io ci ho provato, a leggere fra le righe. Ci ho provato sul serio. Con le poche forze su cui posso contare. Ma non ce l’ho fatta. Non c’era abbastanza spazio.
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astra-zioni · 1 year
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Non mi sono mai sentita propriamente malata, anzi, spesso mi son sentita, nonostante tutto, privilegiata, rispetto alle situazioni a me vicine, rispetto alla merda che c’è nel mondo. Ma quando ieri dallo psichiatra continuavo a ripetere “sì, sto molto male, ma non so perché…non so perché…”, e lui mi ha risposto quasi con una faccia compassionevole Chiara, lo sai che i disturbi bipolari funzionano senza una logica ben definita, non c’è un perché, io per la prima volta mi sono sentita malata, ho capito che dovrò avere a che fare tutta la vita con un cervello malato, che si spegnerà o accenderà quando lo deciderà lui e che quasi tutto sarà sempre fuori il mio controllo, anche quando gli altri penseranno il contrario. Oggi pomeriggio avrei dovuto vedere un caro amico prima che se ne andasse definitivamente da Roma, ma non ce l’ho fatta, per via della mia malattia. Non potrò avere mai nessuno al mio fianco, guarderò sempre il mondo da fuori, senza mai poter entrarci dentro, se non ogni tanto, quando le medicine mi daranno qualche giorno di tregua. Che vita è.
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canesenzafissadimora · 5 months
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“Ma che ti strilli? Ti vuoi far sentire da tutti i vicini? E che vuoi che sia uno spintone? E allora io? Quando mi ha tirato la sedia in testa che avrei dovuto dire? Sono sfoghi così, del momento, si sa, gli uomini hanno queste punte di carattere, hai visto come sono fatti anche fisicamente? Sono un fascio di nervi ma deboli di stomaco, la sedia è volata perché non avevo tolto la cipolla dal sugo, c’aveva ragione lui, non la digerisce e poi sta male...
Comunque ha funzionato, perché dopo la botta che ho preso, la cipolla non l’ho più messa da nessuna parte.
Avevamo il mostro in casa e non ce ne siamo accorti, ma nessuno proprio se n’era accorto, neanche il brigadiere, m’ha vista il mese scorso in fila alle poste con la faccia viola di pugni e m’ha detto: «Che ti sei fatta, Teresa?». Io per non creare problemi e chiacchiere ho detto che ero caduta dalle scale della cantinetta e lui mi ha guardato e ha sorriso. Poi, come un papà buono, mi ha consigliato di fare pace con il mio marito e di essere più tranquilla, di non farlo arrabbiare...“
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Ferite a morte
Serena Dandini
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