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#magliari
adrianomaini · 2 months
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Con tutto il male che ne ho detto, "I magliari" penso che dobbiate vederlo
Il primo film di Francesco Rosi che può essere qui osservato attraverso gli occhi e il giudizio di Marotta è La sfida (1958), recensito in Eccellenti fotografi delle cose, privi di nozione e di sentimento delle cose <299. Gran parte dell’articolo è occupata da divagazioni su fatti d’attualità e da un accenno alle vacanze estive del critico, appena concluse, mentre al film venne dedicato uno…
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bagnabraghe · 2 months
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Con tutto il male che ne ho detto, "I magliari" penso che dobbiate vederlo
Il primo film di Francesco Rosi che può essere qui osservato attraverso gli occhi e il giudizio di Marotta è La sfida (1958), recensito in Eccellenti fotografi delle cose, privi di nozione e di sentimento delle cose <299. Gran parte dell’articolo è occupata da divagazioni su fatti d’attualità e da un accenno alle vacanze estive del critico, appena concluse, mentre al film venne dedicato uno…
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ifthenslashers · 6 months
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Cast Announcement!
The cast for If/Then at Northeastern University in Boston, MA, is as follows:
Production: Music Director: Sarah Bernardo Assistant Music Director: Laura Pomilia Staging Director: Vienna Volinsky Producer: Irini Alexandrou Barcelo Pit Director: Emma Sommers Assistant Pit Director: Meghna Uzgare Production Manager: Ava Levinson Graphic Designer: Elaina Murdock Rehearsal Pianist: Ryan Delano
Cast: Elizabeth: Ashley DiLorenzo Josh: Gray Barnum Lucas: Mia Magliari Kate: Kai Austin Stephen: Aidan Capaldi Anne: Ria Slater David: Joe Maple Elena: Diana Dillon Featured Ensemble: Megan Kibalo, Vika Maslova, Isadora Ribeiro, Rachel Stuller, Nick Sokolovic Ensemble: Diana Dillon, Megan Kibalo, Ria Slater, Rachel Stuller, Laura Emde, Anna Paula Llompart, Holly Perna, Christine Purschke, Joe Maple, Vika Maslova, Isadora Ribeiro, Sean Rowburrey, Aidan Capaldi, Nick Sokolovic
The show will run from December 15 to December 16. Find out more on their website and keep up to date about the latest news.
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der-papero · 2 years
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Ma tu dimme se il Padreterno nun se diverte, oh! Prima te fa nasce a Roma co' quel bel sole, e po' pe' fatte campa' te sbatte qui in Doiccelandia!
- Alberto Sordi, I Magliari
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giancarlonicoli · 11 months
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23 mag 2023 08:31
L’AUDIZIONE BOMBA DI GIANNI MION, L’EX BRACCIO AMBIDESTRO DEI MAGLIARI VENETI (“NEL 2010 SAPEMMO CHE IL PONTE MORANDI ERA A RISCHIO CROLLO), TIRA IN BALLO TUTTI: LA FAMIGLIA, IN PRIMIS (“GILBERTO ERA PRESENTE”), E IL MANAGEMENT DEL GRUPPO – “EMERSE LA SPECIFICITÀ DEL PROGETTO DI MORANDI. IO CHIESI: C’È UNA CERTIFICAZIONE? LA RISPOSTA FU ‘CE LO AUTOCERTIFICHIAMO’. NON DISSI NIENTE. NON REPLICAI, ERO PREOCCUPATO. TEMEVO PER IL POSTO DI LAVORO” – LE BORDATE A CASTELLUCCI E LA POSSIBILE ISCRIZIONE NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI (CHE RENDEREBBE NULLA LA DEPOSIZIONE)
1. PONTE MORANDI: "NOI SAPEVAMO"
Estratto dell’articolo di Marco Fagandini e Matteo Indice per “La Stampa”
Il momento più drammatico si materializza dopo mezz'ora di audizione. «In una riunione fra manager e dirigenti emersero dubbi sul fatto che il Ponte Morandi potesse rimanere in piedi, a causa d'un grave difetto di progettazione. Io chiesi se c'era un ente terzo che certificasse la stabilità del viadotto, mi dissero che lo autocertificavamo. Quella risposta mi terrorizzò, ma non dissi e feci nulla. Tenevo al posto di lavoro. Castellucci (Giovanni, ex amministratore delegato di Autostrade per l'Italia, ndr) era presente e pure lui non aggiunse niente».
Gianni Mion, ex capo di Edizione ovvero la cassaforte della famiglia Benetton che controllava la holding Atlantia e a cascata Autostrade per l'Italia (Aspi), parla per mezza giornata, in qualità di testimone, al processo sulla strage del 14 agosto 2018 (43 vittime).
Mion, in relazione a quella riunione, dice di non ricordarne con precisione la data, ma da accertamenti incrociati risulterebbe verosimile che si riferisca a un summit del 2010, otto anni prima del crollo. Molti passaggi della sua deposizione rappresentano il j'accuse più duro sentito finora, in materia di mancate manutenzioni.
E uno dei legali del pool difensivo di Autostrade chiede di verificare se non sia a sua volta da iscrivere sul registro degli indagati, avendo palesato inerzia a valle di timori. Una mossa che, se accolta dal tribunale, renderebbe di fatto nulla sia la deposizione sia il verbale, altrettanto incisivo, che Mion aveva reso agli inquirenti sempre in qualità di teste nel corso dell'indagine (una specie di analogia con il caso Ruby Ter, sui pagamenti di Silvio Berlusconi alle Olgettine, finito in un nulla di fatto perché la Corte ha ritenuto che le ragazze andassero sentite da inquisite e non come semplici testi). E però il presidente dei giudici Paolo Lepri, ancorché precisi di volersi riservare sul punto, pare piuttosto tiepido.
«Entrai in Edizione nel 1986 - precisa quindi Mion - e l'ho guidata per quasi trent'anni». Descrive poi l'Opa su Autostrade per privatizzarla (fine Anni 90) e la nascita di Atlantia, che controllava proprio il concessionario.
«Era Gilberto Benetton (poi deceduto, ndr) a occuparsi specificamente del settore autostradale per la famiglia. Inizialmente ero io il tramite esclusivo tra loro, Vito Gamberale e Giovanni Castellucci (rispettivamente primo amministratore delegato e direttore generale quando Aspi fu privatizzata, poi Castellucci divenne ad, ndr). Con il passare del tempo il mio ruolo si affievolì, entrambi volevano avere un rapporto più diretto con la proprietà».
[…] «Si facevano periodiche riunioni, cosiddette di "induction", con i management delle varie società controllate. Erano importantissime». «In una si parlò del Morandi, me lo ricordo benissimo. E a quell'incontro parteciparono tra gli altri Castellucci e l'allora direttore generale Mollo di Aspi (Riccardo, imputato, ndr). Emerse la specificità del progetto di Riccardo Morandi. Io, che pure non sono tecnico, chiesi: c'è una certificazione di un agente esterno sulla percorribilità del Ponte?».
Il pm lo contesta: «Lei alla Finanza, in un precedente interrogatorio, disse: "I tecnici rivelarono dubbi sul fatto che quel ponte potesse stare su e la rassicurazione fu "ce lo autocertifichiamo"». Mion conferma e il giudice Lepri chiede: «Chi rassicurò?». Mion: «L'ingegner Mollo. Io purtroppo non replicai, ma ero preoccupato. L'autocertificazione è una contraddizione in termini. Non condividevo, ma non dissi niente, è un mio rammarico».
È qui che interviene Giorgio Perroni, uno dei difensori, e chiede che Mion sia a sua volta accusato. Il manager poi riprende: «Visto il tipo di opera, o la verifica un terzo o chiudi il Ponte. Ma l'autocertificazione sembrava assurda soltanto a me, nessun altro aveva dubbi, erano tutti d'accordo. C'era anche Gilberto Benetton».
Gli chiedono di spiegare il significato d'una telefonata del 26 gennaio 2021 a Bertazzo (Carlo, allora amministratore delegato di Atlantia, non imputato): «Se sapevi che aveva difetto di progettazione - diceva Mion al cellulare - perché non ci hai pensato prima? Si sapeva da sempre che il Ponte aveva un problema di progettazione. Abbiamo comprato Aspi, la nostra responsabilità era dire "sì ragazzi bisogna rifare 'sto ponte"». In aula si limita a puntualizzare: «Non ho capito perché non l'abbiamo fatto».
[…] Il contro-esame dei difensori serve a ricordare che Mion rientrò poi in Edizione, ma soprattutto che ai primi del 2020 incontrò informalmente l'ex procuratore capo Francesco Cozzi: «Gli chiesi io di vederci nel suo ufficio. Parlammo del Morandi e lui mi disse "non avete messo i sensori, quindi non avete fatto tutto quello che si doveva fare". Eravamo soli, io e lui, e in generale focalizzammo il collasso del sistema di controllo: noi pensavamo che anche Anas e Ministero, a un certo punto, verificassero qualcosa. Affrontammo poi altri temi fra i quali il mantenimento della concessione e i test alle gallerie, ne era appena crollata una sull'A26. Non fu fatto alcun verbale».
2. PONTE MORANDI, LA TESTIMONIANZA CHOC DELL'EX AD DI EDIZIONE MION: HO SAPUTO NEL 2010 CHE ERA A RISCHIO CROLLO, MA NON DISSI NULLA
Estratto dell’articolo di Matteo Indice e Marco Fagandini per www.lastampa.it
[…] "Castellucci si occupava di tutto"
Le domande della Procura vertono poi sulla figura di Castellucci, presente in aula, che a sua volta scuote la testa. "Lo feci assumere io, lo conoscevo come persona validissima. Lo proposi prima come dg Aspi, poi quale amministratore delegato dopo la mancata fusione con Abertis". Pm: "Come operava Castellucci?". "Approfondiva tutto, andava nei dettagli, era un accentratore forsennato".
Pm: "Perché disse alla Finanza 'hanno fatto i furbi per far assolvere Castellucci nel processo sulla strage di Avellino? (Un pullman precipitò da un viadotto Aspi anche per le imperfette condizioni del new-jersey, ndr)'?". Mion: "Non era pensabile non sapesse, impensabile che non fosse informato. Basti ricordare che per l'aeroporto di Roma (a un certo punto passato sotto il controllo di Atlantia, ndr) fece pure il protocollo sulla pulitura finestre".
"Spea banda di scellerati"
Gli ricordano altre telefonate nelle quali diceva: "Se siamo colpevoli è perché abbiamo lasciato troppo spazio a Castellucci... avevano messo tutti pupazzi, gente che volevano manovrare". Mion spiega: "Dopo il crollo, dalle intercettazioni pubblicate dalla stampa erano emerse cose incredibili su Spea Engineering (società del Gruppo Atlantia un tempo delegata ai monitoraggi, ndr), che prima non sapevo". Sempre al telefono diceva: "Hanno messo scellerati a fare controlli, difendiamo l'indifendibile, mi avevano detto 'sono una banda di lazzaroni, un'associazione a delinquere’". E poi allunga altre ombre sulla medesima Spea.
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Ora e sempre Maletton
Ora e sempre Maletton
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Non sono riuscito a sottrarmi al dovere civile di recitare anche io, come i vergognosi giornaloni padronali, un atto di contrizione per quanto hanno dovuto subire i poveri Benetton, ovvero l’ingresso della mano pubblica in autostrade per una quota del 51%. Un atto profondamente ingiusto a fronte della puntuale e magnanima manutenzione della rete autostradale e ad appena una quarantina di morti:…
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corallorosso · 3 years
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Caro Draghi si sbaglia, il cashback non è una misura che aiuta i ricchi di Luca Bottura Caro presidente Draghi, mi perdoni il disturbo. Mi chiamo Bottura e… no, non posso prenotarle un tavolo. Sono quell’altro, quello che fatica anche a scongelare i sofficini. Ma mi segua lo stesso, è questione di pochi minuti. Le scrivo a proposito del cashback abolito, che lei ha giustificato in quanto misura “che favoriva solo i ricchi”. Ecco, guardi: no. Capisco che da Palazzo Chigi, o dalla sede della Bce, che manco so dove sia ma immagino in un grande parco con fontane che danno vino, il contatto con le fasce meno abbienti possa condurre a severi errori di valutazione ma… I poveri hanno il bancomat. Sembra pazzesco anche a me, ma – seppure solo recentemente – hanno abbandonato la cultura del baratto. I poveri spendono 1500 euro ogni sei mesi col bancomat. Una famiglia di 3/4 persone mangia che lei non ha un’idea, presidente. E quasi sempre si procura le derrate al supermercato. I poveri hanno talvolta un lavoro fisso, dunque pagano le tasse. Immagino che il punto 3 le risulti particolarmente capzioso, presidente. Ma aspetti, lo spiego meglio: è solo che in questi mesi sono spuntati Pos dove prima c’era solo cash/black, altro che cashback. Che un solo scontrino in più avrebbe reso questa modesta misura un successo, ché l’evasione si affronta anche un passetto alla volta. E che la giustizia sociale si compie o si persegue anche mettendo sullo stesso piano chi paga le tasse e chi non lo fa. E tra chi paga le tasse ci sono fior di piccoli imprenditori che subiscono la concorrenza dei loro avversari disonesti. Perché veda, presidente, dal Governo dei migliori ci aspetteremmo che prendesse un po’ meno atto dell’esistente. Che non basasse il proprio agire sul “s’è sempre fatto così”, che non si costernasse, s’indignasse, s’impegnasse e poi: tutto d’un tratto, il condono! Perché pare sia alle viste pure quello. E sa, presidente, esistono anche poveri che non hanno bisogno del condono. A cui lei, voi, state dicendo: aveste rubato bene, e non vi avessimo beccato per cinque anni, avreste avuto ragione voi. Le chiedo scusa, presidente, se recupero un aggettivo novecentesco ma… tutto questo è classista. Pensare a una classe sociale come un cumulo di monatti senza bancomat e fisiologicamente composta da magliari, è offensivo. Col vantaggio importante, almeno vista da certi uffici, da certe sedi di partito che soffiano sul nichilismo aggressivo, che le classi non sanno più di esserlo, che il povero (un tempo si sarebbe detto proletario) ha spesso smesso di inseguire i diritti e accetta questa curiosa sudditanza per cui un colletto bianco gli dice che 150 euro non sono niente. E aggiunge che, incidentalmente, credo ben al di là delle proprie intenzioni, che è meglio fare un po’ di nero, o costruirsi il tramezzo a sbafo, o prendere multe e non pagarle. Ci sarà sempre qualcuno, non dico lei, dico ad esempio la stampa “fuori dal coro”, che lo difende. Lei no, presidente, perché della sua onestà intellettuale nessuno dubita. Del suo nitore. Del suo spirito di servizio. Però, ecco, se non ora quando? Se adesso, col consenso che ha, non si dà un segnale contro chi deruba gli altri italiani, evasione dopo evasione, verrà mai il momento? Mi scusi. Come sempre, ho divagato. È che voglio così bene a ‘sto Paese da essere spesso velleitario, dal volerlo migliore. E nel Paese migliore che vorrei, presidente, le scelte ideologiche (altrui) sulla pelle dei meno abbienti, magari tali perché gli scontrini li hanno sempre battuti, dovrebbero restare nelle stanze di partito. O, quantomeno, nessuno avrebbe il coraggio di giustificarle parlando di povertà. Ossia di un tema che, con licenza parlando, non conosce manco per il cazzo. Mi scuso per il disturbo e le auguro un proficuo lavoro per il bene di noi tutti. Ossequi. Luca Bottura
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redshift-13 · 4 years
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An American Genocide: The United States and the California Indian Catastrophe, 1846-1873
“The first full account of the government-sanctioned genocide of California Indians under United States rule
Between 1846 and 1873, California’s Indian population plunged from perhaps 150,000 to 30,000. Benjamin Madley is the first historian to uncover the full extent of the slaughter, the involvement of state and federal officials, the taxpayer dollars that supported the violence, indigenous resistance, who did the killing, and why the killings ended. This deeply researched book is a comprehensive and chilling history of an American genocide.
Madley describes pre-contact California and precursors to the genocide before explaining how the Gold Rush stirred vigilante violence against California Indians. He narrates the rise of a state-sanctioned killing machine and the broad societal, judicial, and political support for genocide. Many participated: vigilantes, volunteer state militiamen, U.S. Army soldiers, U.S. congressmen, California governors, and others. The state and federal governments spent at least $1,700,000 on campaigns against California Indians. Besides evaluating government officials’ culpability, Madley considers why the slaughter constituted genocide and how other possible genocides within and beyond the Americas might be investigated using the methods presented in this groundbreaking book.”
Reviews
"As Benjamin Madley writes in An American Genocide, by 1873, roaming bands of Indian-killers played a major role in reducing native numbers by more than 80 percent. . . . The mass murders raise the question: Did they constitute genocide by official design? [Madley] thinks so. He thoroughly documents the extent of the killings and their horrific consequences. . . . Emphasizing 'intention and repetition' in the California massacres, Madley [underscores] the designing role of state and federal officials."—Alan Taylor, New York Times Book Review, Editors’ Choice
"Gruesomely thorough. . . . Others have described some of these campaigns, but never in such strong terms and with so much blame placed directly on the United States government."—Alexander Nazaryan, Newsweek
"By removing any doubt that genocide against Native people took place in the most populous and prosperous state in the US, Madley is aiming for a profound revisioning of US history as a whole. . . . No longer will genocide be something that happened in some distant locale—Namibia, Germany, Cambodia or Rwanda. Instead, it took place in the same sunny clime that American culture has long celebrated with images of fun and frolic: Disney, Hollywood, the Beach Boys and surfers in search of the endless summer."—Karl Jacoby, Journal of Genocide Research
"An American Genocide has settled the issue on whether or not genocide occurred in California."—William Bauer Jr., Journal of Genocide Research
"Madley has written an intensely disturbing and invaluable account of the genocide that white Americans carried out against California’s Indian peoples. . . . Madley’s book should move historians of the American West to consider genocide studies as a serious framework for analysing settler–Indian relations, and it should also compel genocide studies scholars to reconsider their understandings of genocide."—Margaret D. Jacobs, Journal of Genocide Research
"[A] stellar example of an unflinching commitment to document and analyse . . . invasion’s often horrific consequences."—Jeffrey Ostler, Journal of Genocide Research
"Madley has documented his charge of genocide [with] prosecutorial ferocity . . . [His] appendices are the most complete incident-by-incident tally ever compiled of Indian lives lost during this terrible period. This scrupulously detailed epilogue is the equivalent of a memorial wall that we are visiting for the first time."—Peter Nabokov, New York Review of Books
"Madley moves with a scholar’s care across a terrible landscape . . . Essential reading."—Kirkus Reviews
"This is the definitive account of California’s genocide on which all future studies will be based."—Tony Platt, News from Native California
"Commanding. . . . No reader of his book can seriously contend that what happened in California doesn't meet the current definition of 'genocide.'"—Richard White, Stanford University, Nation
"An American Genocide raises fundamental questions about how Californians and Americans think of themselves and tell their history. . . . An American Genocide provides a powerful tool for historians and Native peoples—including those who are the descendants of genocide survivors—to challenge the founding myths of California and United States history."—Nicolas R. Rosenthal, Southern California Quarterly
"[M]onumental . . ."—Michael Magliari, H-Net Reviews
"Vividly written, this exhaustively researched, abundantly illustrated and mapped, 362-page narrative in nine chapters, which includes 200 additional pages in eight appendixes and an extensive bibliography and index, will become the standard study of the near-extermination of California's Indians, 1864–73."—Choice
"Comprehensively researched and well-written. . . . An American Genocide courageously challenges the status quo—with primary sources—about how the state and federal government were involved in the decimation of the California Indian tribes."—True West
“Remarkable. . . . A book that should take a lasting place in the way we understand the U.S. and its relations to American Indian people.”—David A. Chang, American Historical Review
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vadaviaaiciap · 4 years
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Se fosse avvenuto a Roma o a Firenze la RAI e le altre cugine ci avrebbero inondato per giorni.
Ma in Lombardia per i magliari pennivendoli è tutto da contestare.
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davidhudson · 5 years
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Rene Azcuy Cardenas’s poster for The Magliari (1959), directed by Francesco Rosi, November 15, 1922 - January 10, 2015.
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sickymag-archive · 5 years
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RESILIENTS for sickymag.com
Photography Andre Arthur Art Direction Marcio Alaor and Fernanda Magliari Fashion Dione Occhipinti Models Clarice Vitkauskas from Way Models and Amanda Cunha from Joy Models Hair & Make-Up Lau Neves Retouch Fernanda Magliari Photography Assistant Zeh Gonçalves Fashion Assistant Tamara Guzman Hair & Make-Up Assistant Anderson Ayres Location Galeria Jaqueline Martins, São Paulo, Regina Vater Exhibition Clothes Coven, Anna Prata, Camila Klein, Santa Lolla, Iódice, Issey Miyake, Paula Torres, Céline, Lafort, Leboh, Calvin Klein, Apartamento 03, Fedra, Morena Rosa, Primart, Malwee, Le Briju, Cholet, Manolita and Carven
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claricevitkauskas · 5 years
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RESILIENTS for sickymag.com
Photography Andre Arthur Art Direction Marcio Alaor and Fernanda Magliari Fashion Dione Occhipinti Model Clarice Vitkauskas from Way Models Hair & Make-Up Lau Neves
Brasil/2019
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anumberofhobbies · 5 years
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"Rescue underway for 183 Amtrak passengers stranded in Oregon The train had been stuck near the tiny town of Oakridge since Sunday evening. By Morgan Winsor 19m ago An Amtrak train with 183 passengers aboard was stranded in Oregon for over 24 hours. The Coast Starlight Train 11, traveling from Seattle to Los Angeles, came to a standstill near the tiny town of Oakridge on Sunday evening after hitting a tree that had fallen on the snow-covered tracks, according to Amtrak spokesman Marc Magliari. No passengers or crew members aboard were injured but "conditions further deteriorated with numerous track blockages from snow and fallen trees," Magliari told ABC News in a statement early Tuesday morning. "
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giancarlonicoli · 11 months
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22 mag 2023 16:05
SUL PONTE MORANDI TUTTI SAPEVANO, E NESSUNO HA FATTO NIENTE – SE SERVIVA UNA CONFERMA, ECCOLA ARRIVARE DA GIANNI MION, EX AD DELLA HOLDING DEI BENETTON, “EDIZIONE”, EX CONSIGLIERE DI ASPI E DI ATLANTIA E BRACCIO DESTRO DEI MAGLIARI VENETI: “NEL 2010 EMERSE CHE IL PONTE AVEVA UN DIFETTO ORIGINARIO DI PROGETTAZIONE E CHE ERA A RISCHIO CROLLO. NON DISSI NULLA E MI PREOCCUPAI. NON HO FATTO NULLA, ED È IL MIO GRANDE RAMMARICO" -
(ANSA) - "Emerse che il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo. Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo mi rispose 'ce la autocertifichiamo'. Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno. Non ho fatto nulla, ed è il mio grande rammarico".
Lo ha detto Gianni Mion ex Ad della holding dei Benetton Edizione, ex consigliere di amministrazione di Aspi e della sua ex controllante, Atlantia, al processo per il crollo del Ponte Morandi. Mion lo ha detto riferendosi ad una riunione del 2010, ovvero otto anni prima del crollo.
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cultura70 · 3 years
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Museo del Sax: al via la rassegna "Fai Bei Suoni" con Pellini-Cuscito Quintet (26) e Duo Camilletti (27)
Museo del Sax: al via la rassegna “Fai Bei Suoni” con Pellini-Cuscito Quintet (26) e Duo Camilletti (27)
Sabato 26 giugno 2021 GHOSTS OF THE TWENTIES Pellini & Cuscito Quintet Red Pellini – sassofono Giorgio Cùscito – sassofono Alessio Magliari – pianoforte Guido Giacomini – contrabbasso Carlo Battisti – batteria Domenica 27 giugno 2021 DUO CAMILLETTI Yumi Camilletti – flauto Kiro Camilletti – pianoforte Museo del Saxofono via dei Molini snc (angolo via Reggiani) 00054 – Maccarese, Fiumicino…
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Covid alla Koch: i magliari pandemici della Merkel bastonati dai numeri
Covid alla Koch: i magliari pandemici della Merkel bastonati dai numeri
Una volta volta si chiamavano magliari, ma da quando la medicina e la salute sono divenute una semplice variabile del profitto, anche i camici bianchi non scherzano e vendono patacche di tali dimensioni che persino uno spacciatore di Rolex falsi non può che rimanere intimidito di fronte a tanta maestria. Così da un anno e mezzo viviamo con una pandemia la cui autenticità non regge da nessuna…
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