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#massimo morozzi
ortut · 2 months
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Massimo Morozzi (1, 2) - Domino Sofa, 1985
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garadinervi · 7 months
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Archizoom Associati, No-stop city, 1970 [«Abitare»]
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xyz713 · 2 years
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Cubista Seating System by Massimo Morozzi  for Endra
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lamilanomagazine · 1 year
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La Polizia di Stato a Cortinametraggio
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La Polizia di Stato a Cortinametraggio. La proiezione che avverrà nella serata conclusiva del festival- che si è aperto il 21 Marzo-  nell’ambito della sezione “Eventi Speciali” segna un punto di approdo di un percorso voluto dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza volto all’utilizzo dei più moderni canali di comunicazione visiva che ha portato all’ideazione e alla realizzazione del progetto con Alessandro Parrello produttore con la West 46th Films e con Maddalena Mayneri e Roberto Ciufoli. “SEGNI MOLTO PARTICOLARI” è un inno all’inclusività e al valore della diversità: Laura, la protagonista, è una campionessa di nuoto, cieca dalla nascita che, entrata in Polizia come agente tecnico, al termine della sua brillante carriera sportiva nel Gruppo Sportivo delle Fiamme Oro, sarà impiegata in un Commissariato, iniziando così un nuovo e stimolante percorso professionale. Dotata di grande intuito ed empatia, Laura saprà dimostrarsi una risorsa preziosa per il Commissariato e riuscirà, con l’aiuto dei sui colleghi, a risolvere un caso misterioso. Con “Segni molto particolari” la vicinanza ai più fragili e l’inclusione vengono raccontati con delicatezza in una chiave ironica e profonda dai protagonisti Federica De Benedittis, Roberto Ciufoli , Massimo Wertmüller , Simone Colombari , Niccolò Gentili , Daniela Morozzi , Lidia Vitale e Alessandro Parrello che ne è anche il regista. Lo scorso gennaio la Polizia di Stato ha concluso la selezione dei primi 14 atleti paralimpici dando loro l’opportunità di diventare a tutti gli effetti Poliziotti. Grazie a questo concorso, infatti, tutti gli atleti paralimpici una volta reclutati e inseriti nella Gruppi sportivi della Polizia di Stato “Sezione paralimpica Fiamme Oro”, a fine carriera sportiva, per la prima volta nella storia della Polizia di Stato, verranno reimpiegati quali Agenti di Polizia nei ruoli tecnici. L’assunzione a tempo indeterminato rappresenta un unicum nei gruppi sportivi paralimpici delle Forze armate e di polizia e contribuirà certamente a rafforzare il legame tra atleti e Istituzione. Nella giornata odierna, presso l’Hotel De La Poste si è tenuto un incontro tra rappresentanti dell’Ufficio Comunicazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza ed il cast di “Segni molto particolari”: in tale circostanza sono state illustrate le peculiarità del cortometraggio ed è stato fatto un focus sulla collaborazione istituzionale della Polizia di Stato attività nei settori del cinema e  delle fiction.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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E stiamo per tagliare (l'incredibile) traguardo delle 100 dico 100 (CENTO) puntate di Le interviste di MaLo - "Leggere per capire Scrivere per capirsi" !!!! Un percorso lungo e ricco di soddisfazioni, di risate ma anche di riflessioni attente che vogliamo festeggiare insieme al direttore dell'emittente (l'esimio Fabio Conti) e ovviamente a tutti gli OSPITI che si sono alternati ai microfoni di Pienneradio sottoponendosi al mio "ormai noto" fuoco di domande incrociate (molte delle quali assolutamente folli!) e ai radioascoltatori che ci hanno seguito e ci continuano a seguire da DUE ANNI a questa parte! Ovviamente domenica andrà in onda una puntata SPECIALE con un ospite MISTERIOSO che ci racconterà il MAESTRO del giallo italiano, lo scrittore da cui tutto (o quasi) nacque nel nostro PAESE. Restate sintonizzati! Intanto grazie a Roberto Centazzo Valerio Varesi Oliviero Toscani Studio Tiziana Leone Monia Gabaldo Fulvio Abbate Mariano Sabatini Roberto Robert Francesco Curreri Daniele Pierumberto Cellamare Antonio Vastarelli Giancarlo Caselli Alessandro Bertante Alfonso Sabella Jacopo De Michelis Enrico Fovanna Cinzia Tani Gianluca Morozzi Roby Facchinetti Matteo Monforte Leo Turrini Alessandro Gnocchi Ildo Serantoni Fabio Zuffanti Elisabetta Villaggio Massimiliano Tedesco Ivan Scelsa Fabio Conti Giulia Fagiolino Patrizia Vigiani Gianluca Ferraris ❤️ Bepi and the Prismas Giallormea Gabriele Moroni Festival AG NOIR Fabio Paravisi Dario Galimberti Furio zara Dario Snaidero Bignami Marco Ligabue Patrizia Debicke Alessia Ruspo Raul Montanari Alberto Pezzini Roberto Van Heugten Achille Maccapani Grazia Verasani Maurizio Crosetti Umberto Pellizzari Livia Sambrotta Angelo Maurizio Mapelli Bruno Volpi Giacomo Pilati Pietro Caliceti Cristina Cassar Scalia Alessia Tripaldi Michael Sfaradi Stefano Colnaghi Viola Ardone Gavino Zucca Enrico Pandiani Fabio Guaglione Piera Carlomagno Fabio Geda Letizia Vicidomini Maurizio Blini Divier Nelli Stefano Corsi Massimiliano Rossi Giuseppe Spatola Leonardo Gori Francesco Paolo Oreste Stefania Auci Massimo Carlotto - pagina ufficiale Camilla Bianchi Olimpio Talarico Filippo Tapparelli Roberto Alajmo Antonio Lanzetta Piero Colaprico Vito (presso Bergamo, Italy) https://www.instagram.com/p/Cds5FIbM0D4/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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fashionbooksmilano · 5 years
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Cassina Ritratti
testo Stefano Casciani,  coordinamento redazionale Margherita Motto
Progetto grafico e Art direction Italo Lupi
Arti Grafiche Meroni, Lissone 1994, 147 pagine
euro 35,00
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Contributi fotografici di importanti artisti : Aldo Ballo, Gabriele Basilico,Mario Carrieri, Francesco Radino e altri
Grandi progettisti di Cassina : Gio Ponti, Mario Bellini, Gaetano Pesce, Ettore Sottsass Jr., Achille Castiglioni, Vico Magistretti, Paolo Deganello, Toshiyuki  Kita, Gianfranco Frattini, Massimo Morozzi, Andrea Branzi  e altri
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designbooksmilano · 5 years
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Il design non è una cosa seria
Memorie di una ragazza radicale
Cristina Morozzi
Rizzoli, Milano 2017, 194 pagine, ISBN 9788891814494
euro 19,90
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Questo volume è un intenso racconto di vita, con l'infanzia fiorentina in una famiglia fuori dal comune, culla ideale per il suo sguardo curioso, in bilico fra arte, filosofia, moda e invariabilmente attirato dall'inedito e dal sorprendente. Un racconto personale che coincide con la sorprendente avventura del design italiano, che non è ancora finita.
Anche il sottotitolo – Memorie di una ragazza radicale – è importante: perché Cristina Morozzi è cresciuta nella Firenze della metà del secolo scorso, al fianco di Massimo Morozzi, membro di Archizoom Associati (Firenze 1966, con Andrea Branzi, Gilberto Corretti, Paolo Deganello in seguito raggiunti nel 1969 da Lucia Morozzi – sorella del marito – e il suo sposo Dario Bartolini) e poi protagonista di rilievo, in altre e diverse vesti, del mondo del progetto con cui ha condiviso una vita fatta di complicità intellettuale vera e partecipata, sorprese, avventure e si, appunto di design. Il tempo nelle sue righe non è mai preciso se non scadenzato da date indimenticabili quali quelle della nascita dei suoi quattro figli. Il resto è solo memoria, come dice lei, più o meno limpida allacciata a esperienze e circostanze particolari che l’hanno colpita per più motivi. Le piace dirci della casualità degli accadimenti. Racconta del caso che le fece incontrare Alessandro Mendini in un bar all’angolo tra via Monte di Pietà e via dell’Orso nel centro di Milano (era il 1977) dopo che il marito si traferisce in città con Andrea Branzi per lavorare al Centro Design Montefibre della Montedison, chiamati entrambi da Elio Fiorucci, amico impareggiabile per cui spende tenere parole. Quel caffè la catapulterà in una carriera fatta di scrittura.
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megadonna · 7 years
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“TANGRAM” set of five tables designed by Massimo Morozzi for Cassina, 1982
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ventdete · 4 years
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Archizoom, Superstudio, Archigram
Known for their innovative graphic design and spectacular photomontages which often represented municipal utopias and thought-experiments: cities of demiurges which were neither desirable nor constructable, nor even habitable – urban nightmares with talented design and journalistic charms, continuous towns –  infinite, suspended, even on the move, towns above towns, or even below.
1. ARCHIZOOM - Florence, 1960s, frustration at stagnation of architectural profession 
Andrea Branzi, Massimo Morozzi, Gilberto Corretti, and Paolo Deganello, and later the Bartolinis. 
Initial products included Pop Art-inspired furnishings, such as the Safari Chair, which was upholstered with exotic animal skins, or the Dream Bed, which, with its kitschy colour and shape, sought to disrupt any attempt at good taste in middle class homes.
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Another satirical artifact is Archizoom’s “Mies” chair, named after the iconic modernist architect and designer; using Mies’s own trademark chrome tubes, along with Le Corbusier’s cowhide pillows, the chair sought to take the consumerist impulses of modernism to an absurd extreme.
“FURNITURE JOKES”
Combined the aesthetics of Pop Art with the principles of mass consumption, with the aim of overturning mainstream society
“Superarchitettura is the architecture of superproduction, superconsumption, superinduction to consume, the supermarket, the superman, super gas.” 
“No-stop City is an unbuilt project, one that is, however, well documented in drawings, photographs and a 2006 monograph. The drawings show an infinitely extending grid, subdivided by partial lines symbolizing walls, and interrupted only by natural features such as mountains. The photographs portray an endless and rather featureless space in which humans live as campers. Spaces are filled with rocks and branches, small pieces of nature brought inside the artificial world. Tents, appliances, and motorcycles show that basic needs are met, while other drawings show endless grids of bedrooms, perhaps containing the Dream Bed or Safari Chair.”
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Credited with starting the “Anti-Design” movement, the group might also have had an influence on Rem Koolhaas’s essay “Junkspace,” now studied even in English departments, which envisions a world of endless airports and shopping malls, featureless indoor spaces animated only by shopping and air conditioning.
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Endless double-mirror infinity space. 
How does this transfer to real architecture? Does it at all or is it purely sociological commentary? 
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negritaazabache · 6 years
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ARCHIZOOM ASSOCIATI
Around 1966, settle in one of my favorite cities, Florence Italy, a  group of students named Andrea Branzi, Massimo Morozzi, Gilberto Corretti and Paolo Deganelo -in 1968 two more members, the Bartolines joined the group.- They had just finished architectural school but at the time, there was a lack of work and a general stagnation of the architecture profession.  Also these years in Italy were marked by an economic downturn, housing shortages, and governmental fumbling.
This architects came together to form groups of design vigilantes known as the “Italian radicals” that their work critiqued modernism and promote consumerist style-driven societies.
Sotsass introduced Archizoom to Poltronova. These produced a series of projects in design, architecture and urban visions, “they inspired many young architects to reassess the intellectual input of their personal creativity while denying the technological input in open criticism of consumerist society.” (Raimondi, G., 1990)
Archizoom came to prominence through an anti-consumerist exhibitions named “superarchitecture” which consists in a pop style in architectural and design development. They broke the conception of traditional good design by applying irony in the creation of kitschy gazebos and environments that undertook the critical destruction of functionalist heritage and the spatial concept of modern movement.
They created the “Superonda” sofa launch in 1966 that consists on a sinusoidal line cut from a polyurethane foam block  and covered in shiny leatherette. They come in white, red or black colours. This was one of the first sofa without an ordinary frame. Super onda was designed to challenge the middle class restraint.
“Like all the objects designed by Archizoom, it aims to inspire creativity and imagination (...) it effectively shown a manifesto of italian radical design by its modular character and lightness that allow its usage to be changed at will; it can be a bed, a sofa or a chaise longue.” (Centrostudiopoltranova, n.d)
Archizoom in 1967 created the “Safari” sofa, consisting of a fiberglass structure with a seat and back of polyurethane, upholstered in fake leopard skin fabric. Its modularity allows it to be joined  as a sofa or an armchair.
This sofa refers to the kitsch design and Pop Art. Its modular format provides a new domestic landscape that stimulates creativity and individual imagination.
The safari sofa and the superonda were furniture that demonstrated an uncontrolled eclecticism. “These objects are based on their essence as image and status objects rather than as objects, and were born in controversy with the fashion of super-padded furniture, symbols of well-being, opulence, distinction and good taste.” (White, R & Donohue, D., 2013)
In 1967 they came up with the “Dream bed” “that give life to hybrid and ironic environments with strong citations from kitsch and Islamic or oriental patterns, with the aim to spoil the optimistic vision of bourgeois progress.” (White, R & Donohue, D., 2013)
Archizoom culminates with the anti-design movement in 1969 "No-Stop-City," one of the most mysterious and radical visions of the future cities, an ironic urban plan with a highly artificial environment consisting in no borders, artificially illumination and air-conditioned that takes modernist ideology to an extreme. In order to make it popular and to get people feel attracted, Archizoom created multifunctional furniture and clothing for the inhabitants.
By the end of their activity, around 1974 Archizoom achieved an all-embracing creation, reaching from object to clothing, from furniture design to large scale urban proposals; a heritage transpiring the passionate ideals of a generation believing in a humanity liberated of the constraints of architecture, fighting for alternative cultural concepts, hoping for a nonconformist lifestyle and total freedom.
 REFERENCES
Centrostudiopoltranova, (n.d) Superonda, from the web: http://www.centrostudipoltronova.it/portfolio_post/superonda-3/#
Pamono, (2017). Superonda Sofa, from the web: https://www.pamono.com/superonda-sofa-by-archizoom
White, R & Donohue, D., (2013) Networks of Design, Florida, US: Boca Raton, digital in https://books.google.it/books?id=3B5bbv0r-EkC&pg=PA101&lpg=PA101&dq=dream+bed+archizoom&source=bl&ots=BHFUrRGMZ2&sig=IMR6phDKCzgmqKsA1eoDWFa4NUk&hl=es&sa=X&ved=0ahUKEwj2vvODk9zWAhWMJsAKHR1QA4AQ6AEIdDAO#v=onepage&q=dream%20bed%20archizoom&f=false
Raimondi, G. (1990). Italian Living Design: Three decades of interiors, Rizzoli
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enkeynetwork · 4 years
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Il vetro: elemento di design anti gravità
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Il vetro è un materiale delicato ma potentissimo. Con la sua trasparenza, permette di alleggerire strutture complesse, far vagare lo sguardo, creare spazi e sovrapposizioni.
Luce e trasparenza con il vetro
Utilizzando il vetro è possibile prima di tutto giocare con la luce, infatti il vetro riflette, amplia i punti luce presenti in casa o quelli naturali come il Sole. Se si sceglie una struttura sfaccettata si potrà creare dei punti di rifrazione interessanti.
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La libreria Paradigma di De Bona e De Meo Per quanto riguarda le trasparenze invece ci si può davvero sbizzarrire, si possono sovrapporre più lastre, vetri di colori diversi possono creare dei disegni geometrici, si può mostrare quello che c'è oltre la sua superficie oppure celare lo sguardo se, per esempio, si applica al vetro un pattern o una texture quando lo si fabbrica. Con il vetro è possibile realizzare anche delle intere pareti per delimitare gli spazi senza chiudere lo sguardo.
Eleganza e fragilità
Se aggiungere una lastra di vetro come elemento di design crea subito movimento e stupisce anche in certi casi, bisogna però sempre fare i conti con questo delicato elemento. Per utilizzare il vetro in un mobile o in una struttura o ancora per un opera d'arte è necessario conoscere bene come lo si realizza e lo si lavora.
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Un particolare del tavolino Bisel di Patricia Urquiola Con il vetro si può realizzare praticamente tutto quello si vuole, la sua plasmabilità permette di realizzare davvero molte forme e far volare la fantasia. Però anche in questo caso è necessario conoscere come si lavora il materiale per disegnare un progetto che non abbia punti critici.
Il vetro interpretato dai designer
Per esempio, vista la difficoltà di realizzazione del progetto di Massimo Morozzi, Fiam nel 1982 ha dovuto inventare una macchina particolare in grado di tagliare il vetro sparando acqua e polvere contemporaneamente. La pressione altissima permetteva di realizzare le lastre giuste per il tavolino Hydra del designer Morozzi. Lo stesso laboratorio ha dovuto realizzare un impianto di lavorazione apposito, che arrivasse a mille gradi, solo per creare il tavolino Illusion di Philippe Starck.
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Il tavolo Illusion disegnato da Philippe Starck Per cui meglio conoscere il materiale e fare uno studio preliminare per la realizzazione del progetto che dover disperatamente trovare una soluzione dopo, a progetto approvato. Altri invece, come Tonelli Design, hanno dovuto trovare un modo più resistente per saldare le lastre di cristallo piano delle librerie Paradigma di De Bona e De Meo. Questa particolare libreria da parete, o freestanding,  è realizzata con una griglia centrale di cristallo e da una lamiera sottile piegata ad arco (o a cerchio), è l'incastro tra le lastre di vetro che crea la struttura portante.
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Ombré Glass Chair è realizzata da Germans Ermičs Il problema da risolvere, in questo progetto, era la stabilità. Affinché la struttura fosse abbastanza solida e non si sfilasse o muovesse troppo Tonelli Design ha affinato la tecnica di saldatura delle lastre. Alla fine è stato trovato un collante strutturale adatto nell'impresa: resistente ma estremamente trasparente. Patricia Urquiola invece ha immaginato la collezione Bisel come una stratificazione di lastre di vetro colorate. Per realizzare i suoi tavolini il laboratorio Glas Italia ha stratificato cinque lastre di cristallo da 5 millimetri con pellicole di diversi colori. Una volta sagomata la lastra è possibile vedere le varie sfumature sui bordi, mentre dall'alto rimane visibile solo un colore. Ombré Glass Chair è invece una sedia che sembra strutturalmente inaffidabile. La lastra di vetro, che è completamente sfumato in gradazioni e colori diversi, forma questa sedia dalle dimensioni importanti ma dall'aspetto effimero; un chiaro omaggio alla Glass Chair di Shirō Kuramata del 1976. Read the full article
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storiedellarte · 7 years
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Nella suggestiva cornice della sala dell’albergo della Scuola Grande di San Rocco a Venezia, venerdì 29 settembre è stato presentato un importante volume sugli scultori bellunesi Andrea Brustolon (1662-1732) e Valentino Panciera Besarel (1829-1902), che contribuisce ad arricchire gli studi sulla scultura lignea nell’Alto Veneto tra Seicento e Ottocento. Quello della scultura lignea è un capitolo degno di nota nel panorama storico-artistico. Nel Bellunese, territorio che ha avuto una lunga e rinomata tradizione nella scultura lignea, a livello scientifico l’interesse verso questo settore è stato recentemente alimentato per esempio con l’allestimento delle mostre dedicate a Besarel e a Brustolon “il Michelangelo del legno”, rispettivamente nel 2002-2003 e nel 2009 in Palazzo Crepadona a Belluno, e con la pubblicazione di monografie e studi specialistici, come la lodevole collana Tesori d’arte nelle chiese del Bellunese.
La produzione di Andrea Brustolon e Valentino Panciera Besarel studiata in questa nuova pubblicazione ha idealmente dialogato con gli ambienti della Scuola Grande, tra i quali la serie di ventiquattro bassorilievi che ornano gli sportelli degli armadi nella Sala capitolare, eseguiti tra il 1741 e il 1743 dallo scultore e intagliatore altrettanto bellunese Giovanni Marchiori, e i soffitti in legno che ospitano le tele di Tintoretto.
La serata è stata introdotta da Franco Posocco, Guardian grando della scuola grande di San Rocco, che ha proprio ricordato i legami veneziani dei due scultori bellunesi protagonisti della serata culturale. Il libro che si è presentato è curato da Anna Maria Spiazzi, Ester Cason Angelini e Michele Talo e raccoglie gli atti di una giornata di studi svoltasi a Belluno nel novembre 2014, dedicata al restauro degli arredi lignei conservati al Palazzo del Quirinale di Roma ed eseguiti da Brustolon e Besarel. L’occasione dell’importante intervento di restauro ha permesso di far intrecciare successivamente una significativa sinergia, quella di Enti pubblici, di associazioni private e soprattutto del mondo della scuola. A Sedico, vicino a Belluno, sorge infatti una scuola di restauro di manufatti in legno. Dalla collaborazione fruttuosa tra la Fondazione “G. Angelini” – Centro Studi sulla montagna e il Centro Consorzi che gestisce la scuola è nata questa iniziativa editoriale di notevole spessore, sia sul piano più prettamente culturale e scientifico, sia su quello della potenzialità di un’attività lavorativa e produttiva. È infatti importante il contributo del mondo della scuola – e quindi dei giovani –  per la valorizzazione del patrimonio presente nel territorio, come base per costruire un turismo sostenibile per l’area montana. Il territorio bellunese da sempre ha sfruttato al massimo le sue principali risorse, in particolare quelle boschive, da cui ha ricavato essenze lignee per costruire molteplici manufatti, dai più semplici e artigianali oggetti per la vita quotidiana a quelli di fattura più artistica, quali arredi, statue, altari. Il volume è a più voci: non si è indagata solo la produzione dei due scultori alla luce dei restauri delle loro opere, ma si sono affrontate anche ulteriori tematiche: le peculiarità del territorio, la tradizione artistica dell’intaglio ligneo, il turismo, l’economia della cultura.
“La montagna torna a Venezia” ha osservato Ester Cason Angelini, mettendo in evidenza quanto il Bellunese ha significato per la Serenissima, in termini di approvvigionamento di materie prime (legname e metalli) per la costruzione e la decorazione della città.
L’intervento di Anna Maria Spiazzi, storica dell’arte e già soprintendente per i beni storico-artistici del Veneto orientale, curatrice di un fondamentale volume Scultura lignea barocca nel Veneto (1997), ha richiamato all’attenzione alcuni snodi centrali nel dibattito storico-artistico che tale volume suscita: il rapporto tra centro e periferia, il concetto di stratificazione, il restauro quale cantiere della conoscenza quando si intrecciano competenze e momento di divulgazione scientifica, il connubio arte e artigianato, il valore della cultura. Le vallate montane dell’Alto Veneto sono quelle che più hanno conservato nelle chiese significativi esempi di altari e arredi lignei, sfuggendo in parte alle grandi trasformazioni di molti manufatti ecclesiastici durante le congiunture barocca e neoclassica che hanno interessato soprattutto gli edifici in pianura.
A illustrare i pregevoli arredi del Quirinale recentemente restaurati è stata Luisa Morozzi, del Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica, ufficio per la conservazione del patrimonio artistico. Capolavoro di intaglio, sottile e raffinato, è il Tavolo portagioie della regina Margherita, eseguito nel 1884 da Valentino Panciera Besarel e citato nell’Esposizione generale italiana di Torino, un oggetto che per molto tempo è stato dimenticato. Nella sua prolifica, eclettica e rinomata produzione, Besarel si è dimostrato debitore dell’arte di Brustolon, diventandone un ideale continuatore. Il tavolo, in legno di noce intagliato, scolpito e dorato, con quattro figure di cariatidi come sostegno delle gambe e attraversato da una rigogliosa trama di decori a foglie di acanto stilizzate e mazzetti di margherite, si trovava nella camera da letto della regina, mentre ora è collocato nella biblioteca della presidenza e contiene i libri posseduti dalla regina. Quella di Besarel era una bottega fornitissima, situata a Palazzo Contarini in campo San Barnaba a Venezia, che poteva soddisfare le esigenze di diversi tipi di clientela, da quella reale a quella borghese, grazie a una precisa suddivisione dei lavori.
Dopo questo exploit, il Besarel è stato ulteriormente coinvolto per i fornimenti della Casa reale. Nel 1888, in occasione della visita dell’imperatore di Germania, vengono commissionati al Besarel quattordici sedie con schienale quadrato, tre grandi poltrone e due tavoli in legno di pero, destinati ad allestire gli ambienti per la visita ufficiale. I tavoli sono ora conservati nella Sala del Bronzino. Come nel precedente tavolo portagioie, anche in questi arredi negli elementi figurativi vegetali e nei motivi decorativi realizzati con la tecnica dell’incisione a bulino, è molto evidente il richiamo alla scultura di tradizione rinascimentale: Besarel dimostra di padroneggiare con abilità e perizia l’arte dell’intaglio, con riferimenti che vanno da Ghiberti a Giambologna e ad altri scultori della tradizione italiana. Il ricco repertorio decorativo della bottega besareliana, composto da numerosi disegni di fregi e ornamenti per mobili, è segno della sua vasta cultura figurativa. Una delle poltrone con schienale a medaglione si ispira ai seggioloni del fornimento Venier di Brustolon conservati al museo Ca’ Rezzonico di Venezia, nei dettagli dei putti adagiati allo schienale e dei mori sotto il bracciolo.
Luisa Morozzi è passata poi ad esaminare le opere del Brustolon, presenti nella Sala dello zodiaco: si tratta di dodici poltrone in legni di bosso, giunte a Roma nel 1919 con altri arredi, provenienti da Palazzo Pisani a Venezia, dopo essere state trasferite prima a Stra e poi a Monza in villa Reale. La critica non è unanime nella autografia brustoloniana.
Roberta Sugaroni, restauratrice di opere lignee, è passata a considerare i dettagli pratici e gli aspetti tecnici delle procedure di restauro. La sfida più grande ha rappresentato l’intervento sul tavolo portagioie, perché in passato ha subito un’operazione di divisione per nuove esigenze, ed è stato trasformato in due consoles: questo ha comportato l’eliminazione dei dieci cassetti interni e della struttura centrale. Si è trattato di un restauro complesso, che ha richiesto una notevole fase progettuale e una lunga discussione e riflessione, in particolare orientata a trovare una soluzione per unificare il tavolo, essendoci il problema della mancanza del nodo centrale. I disegni progettuali di Besarel hanno fornito preziosi spunti per realizzare il recupero, attraverso un’annessione ex novo, dell’elemento di raccordo, con un risultato finale di unità formale davvero ottimo, sia come qualità tecnica, sia come integrazione coerente e rispettosa del manufatto originario.
Le poltrone del Besarel sono state interessate da un’operazione di pulitura, di armonizzazione cromatica e di conservazione della superficie. L’intervento sul fornimento Pisani di Brustolon ha riservato invece una sorpresa iconografica: nella poltrona dei Pesci, con un virtuoso ed esuberante fascio a intrecci vegetali intagliato sulla traversa frontale, dal confronto con materiale fotografico di inizio Novecento e dall’analisi delle singole parti, si è scoperto che le figure sotto il bracciolo erano in origine personaggi dediti a lavori di falegnameria, reggenti in mano strumenti del loro lavoro, dei quali era stata alterata la lettura in un precedente intervento.
Una seconda restauratrice di manufatti lignei, Milena Dean, ha presentato l’intervento di restauro sull’altar maggiore di Besarel nella chiesa parrocchiale della Valle Agordina (BL), del 1885. Lo scultore zoldano è stato coinvolto dopo l’intervento interno dell’architetto Segusini. L’altare ligneo si presenta decorato in finto marmo e finto bronzo, con esiti illusionistici davvero impressionanti, che il restauro ha riportato all’originale splendore. Lo sportello del tabernacolo è da assegnare probabilmente alla figlia Caterina, pure lei artista. Come è stato fatto notare, il rivestimento policromo si ispira ai marmi veneziani rinascimentali.
Alla fine è intervenuto Michele Talo, direttore del Centro Consorzi di Sedico dove ha sede la scuola di restauro e del legno, che ha ricordato una delle finalità della pubblicazione, quella di valorizzare i giovani, la loro curiosità e creatività, e di promuovere il dialogo con i grandi maestri del passato, per imparare e apprendere il mestiere guardando con gli occhi: come si faceva un tempo nelle botteghe d’artista.
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Andrea Brustolon, Valentino Panciera Besarel. La scuola di restauro di Sedico (BL) interroga i grandi maestri Nella suggestiva cornice della sala dell’albergo della Scuola Grande di San Rocco a Venezia, venerdì 29 settembre è stato presentato un importante volume sugli scultori bellunesi Andrea Brustolon (1662-1732) e Valentino Panciera Besarel (1829-1902), che contribuisce ad arricchire gli studi sulla scultura lignea nell’Alto Veneto tra Seicento e Ottocento.
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garadinervi · 7 months
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mobilimobel · 5 years
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The simple and unfussy lines on the Babele display case, makes it the perfect place to showcase books, art and other mementos. Designed by Massimo Morozzi for Fiam Italia. On display at Mobili Mobel.
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lamilanomagazine · 3 years
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Modena, Baru, Robecchi e De Giovanni: 3 autori, 2 romanzi e 1 graphic novel
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Modena, venerdì 23 aprile Baru (Hervé Barulea) con “Bella Ciao, memoria di una famiglia”; sabato 24 Alessandro Robecchi con “Flora” (Sellerio, 2021), martedì 27 Maurizio De Giovanni con “Gli occhi di Sara” (Nero Rizzoli, 2021). Sono gli ultimi tre incontri d’aprile, sempre alle 18, del ciclo “Dialogo con l’autore” dell’associazione L'Asino che vola con La Tenda del Comune di Modena. I tre incontri si svolgono a porte chiuse, visibili sulla pagina Facebook di L'Asino che vola e sui social della Tenda, che prosegue così la programmazione in digitale nel rispetto delle misure anti Covid. Venerdì 23 in “Bella Ciao, memoria di una famiglia” Stefano Ascari (dell’Istituto storico di Modena) conversa con Baru a partire da “A caro prezzo”, primo volume del ciclo “Bella Ciao” (Oblomov Editore, 2021). Con “A caro prezzo” Baru si misura con grandi temi del Novecento come il razzismo e la rivolta contro lo sfruttamento dei lavoratori immigrati. Un romanzo grafico corale che racconta tre storie legate tra loro: quella dell’emigrazione italiana verso la Francia e il Belgio, a partire dalla dolorosa pagina del massacro di Aigues-Mortes, il 17 agosto 1893, quando un gruppo di immigrati piemontesi impiegati nella raccolta del sale in Camargue, morì lapidato da lavoratori francesi, furibondi verso gli stranieri “ladri di lavoro”; l’autobiografia familiare, che Baru ricostruisce dai propri ricordi personali e da quelli dei familiari, che ricostruiscono il duro percorso verso l’integrazione, raggiunta a caro prezzo. È, infine, il racconto dell’origine di “Bella ciao” inno di rivolta cantato in tutto il mondo. Baru, è tra i padri nobili del graphic novel d’oltralpe. Pluripremiato e pubblicato in tutto il mondo. La sua statura artistica ha ricevuto la consacrazione nel 2010 col Grand Prix de la Ville d’Angoulême, il premio alla carriera più prestigioso in Francia. Sabato 24 Alessandro Robecchi, intervistato dallo scrittore Fabiano Massimi, presenta “Flora” (Sellerio, 2021), ultima delle avventure di Carlo Monterossi, ambientata in una Milano vista dai banconi dei bar, dai salotti, dalle scrivanie degli uffici, dai marciapiedi e dalle finestre dei palazzoni di periferia. Flora De Pisis è stata rapita. La regina della tivù del dolore, Nostra Madonna delle Lacrime, la principessa del cinismo, la diva tanto umana, la cui popolarità è in gran parte merito di Monterossi, inventore, pentito, del programma Crazy Love. Ed è a lui che il capo della Grande Tivù Commerciale affida la delicatissima faccenda, nella speranza che la trattativa rimanga segreta. Carlo ci si mette con la “sua squadra”: l'investigatore Oscar Falcone, la sua socia Agatina Cirrielli, ex sovrintendente di polizia, e Bianca Ballesi che conosce i segreti indicibili del programma di Flora. È un sequestro vero o una trovata pubblicitaria? Chi sono i rapitori? Cosa vogliono? La richiesta del riscatto è di dieci milioni di euro, ma soprattutto – inaudito – un'ora di trasmissione in diretta nell'orario di massimo ascolto. Senza controlli né spot. Inaccettabile. A meno che... In un romanzo dal ritmo denso, che dosa magistralmente poesia e suspense, si intrecciano mondi lontanissimi: lo show nazional-populista della tivù, estremo esercizio di cinismo, e la Parigi degli anni Venti, delle avanguardie e dei bistrot dove esplodeva la rivoluzione surrealista, tra amour fou e Resistenza. Martedì 27, infine, ancora Massimi dialoga con Maurizio De Giovanni su “Gli occhi di Sara” (Nero Rizzoli, 2021). A volte un incontro inatteso spalanca le porte del passato. Succede a Sara mentre lotta per salvare la vita del piccolo Massimiliano, il nipotino colpito da una grave malattia. Due occhi riappaiono dalla nebbia di giorni lontani. Sara li conosce bene: sono gli stessi che tanti anni prima aveva cercato in ogni modo di dimenticare. La donna è catapultata indietro nel tempo: Napoli, 1990. È caduto il muro di Berlino, gli stati satelliti dell'Urss sono in crisi e in Italia sono esplosi i movimenti studenteschi. Il mondo di prima si sta sgretolando, ma i preparativi fervono e la città si veste a festa per la visita di Papa Giovanni Paolo II. Sara Morozzi, detta Mora, è membro della più segreta unità dei Servizi. A lei e a Bionda, la collega Teresa Pandolfi, è affidata la missione più delicata della loro carriera. Proprio in quei giorni, Sara incrocia quello sguardo. In un intreccio che si dipana come un meccanismo a orologeria, Maurizio de Giovanni scava tra le pieghe della nostra storia recente e racconta gli inconfessabili segreti di Sara. Perché, per la prima volta, gli occhi della donna impenetrabile tradiscono un dolore misterioso e svelano la sua più sincera umanità. Informazioni online alla pagina Facebook della Tenda e a quella di L'Asino che vola. Read the full article
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cooperhewitt · 7 years
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Weaving the Extraordinary Out of the Ordinary
Vermelha, Portuguese for “red”, comes from the Latin vermiculus, or “little worm”, in reference to the Kermes vermilio, a scale insect used to make the color crimson. This is the source of the Vermelha Chair’s name, a vibrant, brightening shade of red that is both jarring and mesmerizing. Designed by Brazilian designers – and brothers – Fernando and Humberto Campana, the Vermelha chair is not an art piece, but a design that caught the eye of Italian brand Edra’s creative director Massimo Morozzi. It seems fitting that Edra was the company who was enchanted by the chair and its potential as a piece for furniture design. The name “Edra” is a modification of the Greek word “έδρα”, meaning a place for philosophical discussion. While the Campana brothers had encountered a myriad of people who saw it only as an art piece, Morozzi took the design a step further and made it into one of Edra’s best sellers, a long way from the brothers selling a mere five chairs between 1993 and 1998. It was no longer just art, but was transformed into a seat for mass production.
The success of the Campana brothers has helped with the development of a new identity for Brazilian design to illustrate that local culture and habits do not have to be sacrificed for a global product. Humberto described the chair as an homage to chaos – a portrait of Brazil, a melting pot of culture, race, and something fragmented. Neither brother began their career with an end goal in design – Humberto initially studied law and Fernando architecture. Their collaboration began after Humberto drew inspiration for an iron chair with a swirling design from a near-death experience in the Grand Canyon, and Fernando improved upon it.(1)
They began to bring more industrialized elements into their designs after starting with more functional sculptures.
The Vermelha chair is composed of over four hundred and fifty meters of rope, all woven together in an imprecise way. The brothers sent a video to Edra to demonstrate the construction process. Edra loved it, despite the process being a very primitive one to translate into commercial production. The rope is first woven onto a frame to create a structure, and then plaited by consecutive overlapping, leaving sufficient surplus to form a random weave which creates the chair’s unusual padding. (2) This handmade process is extremely time-intensive, and requires several days’ work by a single person with high expertise in Brazilian weaving. The use of cord to create the opulent pile upholstery was part of the brothers’ goal to evoke the rich street-market culture of Brazil in their work. As part of Brazilian gambiarra, the chair is a response to a spontaneous and makeshift style of problem solving – an unlikely mend or unthinkable coupling. (3) The challenge is to transform something poor into something opulent. Humberto heavily credits his Brazilian heritage as a foundation to their designs, believing that Brazil “forces you to develop a mental agility, because of its ups and downs.” (4) Whether the brothers’ furniture is produced by the Campana Studio, Edra, or another company, the pieces are completed by craftsmen who hand-finish the industrially produced components with tied, draped, or woven materials, and give Brazilian crafts an outlet to the world.(5) 1. Vik Muniz, “Campana Brothers,” BOMB – Artists in Conversation, http://ift.tt/2tJDtvO 2. Edra S.p.A Catalogue, “Vermelha: Fernando e Humberto Campana, 1993-98”, 52. 3. Vik Muniz, “Campana Brothers,” BOMB – Artists in Conversation, http://ift.tt/2tJDtvO 4. Vik Muniz, “Campana Brothers,” BOMB – Artists in Conversation, http://ift.tt/2tJDtvO 5. Financial Times, March 10/March 11, 2007, p. 9.
The Vermelha Chair was featured in the exhibition The Campana Brothers Selects: Works From the Permanent Collection, on display at Cooper Hewitt Smithsonian Design Museum from February 15–September 28, 2008.
Erin Benedictson is an intern in the Product Design and Decorative Arts department at Cooper Hewitt, Smithsonian Design Museum.
from Cooper Hewitt, Smithsonian Design Museum http://ift.tt/2sLQzaw via IFTTT
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