Progetto A.A.
(agenti atmosferici)
VITA sulle ALPI ( 11 giugno 2016)
Cari lettori, se non vi ho ancora tediato,
parlerò dell’ ambiente alpin che non ho ancora trattato.
Per lo più descriverò i boschi delle Dolomiti
dove ho lasciato ricordi e miti
di quei luoghi fatati e festosi:
dai Troll alle marmotte ,dalle streghe agli ascosi
altri personaggi che sui Pallidi Monti
vivono lieti nei tradizionali antichi racconti.
Ciuffi di felce, coraggiose pioniere ,
vi sono onnipresenti fin da remote Ere ,
le genziane invece ,color cobalto,
dimorano solo ove il pascolo si fa più alto.
Esse sono le prime efflorescenze che tornan alla memoria
non certo in maniera aleatoria,
anzi, con loro, le selvatiche orchidee
solo al pensier mi profumano le idee!
All’alba sulle rupi è costumanza osservare il cardo: un fiore
che visto così appar vizzo, tristo , minore
ma ce lo rende simpatico ed attraente
il fatto che segnali il tempo e che consente
di preveder se chiuso o aperto sarà il cielo ,
dato il suo sbocciar sul piccol stelo.
Del giglio martagone il paradisiaco aroma
rende leggera ,anche solo all’idea, ogni soma…
della corolla variopinta e carnicina
il sentor fa questa pianta amica e più vicina .
Prosperi e rigogliosi poi sono i cespugli di saporose bacche:
fragole, lamponi ,mirtilli e more a sacche…
con l’arnica miracolosa color dell’oro
rendono l’escursione un gustoso capolavoro!
Le umili, irsute e rare stelle alpine in altre passeggiate
come i rododendri rosseggianti e fieri ci sono donate.
Celeberrimo è il gran pregio di questo vivo paesaggio
di preziosi abeti per il violin del saggio
genio di Stradivari ,che giungono al ghiacciaio
rendendo a chi gode della loro frescura ,gaio
il sentimento. Anche gli immancabili crochi a distese
hanno reso celebre il nostro Paese
per i pistilli dei fiori alteri e saporiti:
in quantità inusitate color lillà, che, ritti
sui loro brevi fusti,
par che attendano che l’uom li gusti!
Altri esseri esistenti che ci danno alimento,
spesso ricordati per lo sviluppo lor per nulla lento,
sono i corpi fruttiferi che dalle spore nascono: i funghi.
Con i propri filamenti ,detti miceli , lunghi,
si espandono ,operosi ,sotto terra
e ,a volte, alle radici delle “piante ospitanti” danno guerra.
Questo fecondo tessuto si accresce davvero d’ogni parte ,
e dona al frutto boschivo di maturazion munifica l’arte.
Così del boletus edulis (porcino) carnoso e sodo
possiamo gustar le carni in quanto ottimo in ogni modo.
Il gallinaccio o finferlo color giallo – arancione
potrem trovare quasi in ogni stagione.
Di primavera ed autunno ,difatti ,ed in ogni dove
è presente ,come dice la leggenda, in particolar se piove.
La vescia : principessa dei pascoli alpini,
a forma di pera e biancastra ,sa ben colonizzar i verdi crini .
Spesso durante le gite l’ho notata
ma , per un qual pudore, mai l’ho assaggiata!
Infine l’ammanita phalloides con altri suoi compagni,
tra foreste di noccioli e castagni
e sotto la quercia specialmente
ormai di raccogliere nessuno se la sente.
Infatti questo fungo è da sempre famoso
per esser indigesto e mortalmente velenoso
Nella valle verdeggiante : pennacchi a praterie
di steli morbidi, selvaggi ed superbi ci segnano le vie
della serenità : nei pascoli succosi degli armenti
ci si riposa dopo lunghe gite, sebbene a passi lenti.
Papà mi educò ad amare i boschi davvero con il cuore
e di questi fruire del magico buon umore.
Dell’erba che al vento ed al sol si inchina
come gli anemoni sulla barriera corallina
egli mi rivelò il curioso ed eloquente nome: “tremolina”.
Delicatissima , della vegetazion alpina
carezzevole verzura ornamentale,
a fasci e fasci ne facevamo incetta, e quale
regina delle pianure ,arse dal sole impietoso,
sebben adusta ,di moltiplicarsi mai si dà riposo.
A casa nostra mai mancava ed in gran quantità
in un vaso antico di nonna ,la cui beltà
stava per adornare per un intero anno:
diletto ricordo ,come ben poche cose esser sanno!
Purtroppo però le foreste spontanee,sono sempre più rare
ed a volte i fusti più anziani occorre diradare
per dare spazio alle più giovani piante
che, adir il vero, son ugualmente alquante!
Tra questi tronchi secolari vivono cervi scattanti ,mai indolenti
che delle merende dei vacanzieri si nutrono a quattro palmenti!
Si possono incontrare tra i muretti a secco, sotto le conifere,
loro abitazione ,velenose,le infide vipere.
In un’occasione ,sempre memento,
di aver costatato l’astuzia di una volpe che con l’intento
di sfuggire al pericolo che io rappresentavo in quel momento,
si finse morta,ed ancora non mi pento
di averla accarezzata lungamente con tenerezza
tutta umana ,a cui sicur, non era avvezza!
Chi invece si nutre sia di marmotte che di volpi
che soccombono spesso sotto i suoi rapaci colpi,
è l’aquila . Con le sue penne remiganti ben distese
e dispiegate al vento serale , mi sorprese
mentre , in ampi volteggi , di cibo era alla ricerca.
Salivamo la strada di tornanti impervia
verso l’ardua cima della Marmolada ,
ogni anno lasciata, ogni anno ritrovata,.
Famosa per la sua erta verticalità,
e per il ghiacciaio che a ognuno meraviglia dà,
è stata ascesa nel 1860 da un Inglese
che fu il primo rocciatore di ogni Paese
ad affrontare l’inaccessibile cima
mai fronteggiata con tal coraggio prima.
In quella grande impresa certo avrà osservato
lo stambecco sui ghiaioni danzar incontrastato!
Non mancavano attorno a noi anche uccelli canori.
Vi parlerò di due: entrambi migratori,
di cui il primo , insettivoro , dal breve beccuccio ,
nidifica in insediamenti umani al di là di ogni cruccio
per noi mammiferi compagni di percorso.
Dal corpo nero lucente e bianchi la gola ed il dorso,
il balestruccio, questo il suo nome comune,
con la sua coda biforcuta pur sulle rocce montane ha costume
vivere: 13 cm di lieta esistenza
in spensieratezza e di ogni timor senza!
Lo scricciolo che tra i cespugli ed il sottobosco
si nutre di insetti ed a volte bacche .Di color fosco,
ha lungo becco, occhi grandi ,sopracciglio chiaro
e con quella coda all’insù , non è certo di simpatia avaro!
Con i suoi 9 cm di vita fragile ma preziosa
sa render una giornata nera completamente rosa!
Grazie a questi piccoli volatili infatti
riusciamo a distendere i “muscoli contratti”
spesso rattrappiti della nostra mente,
e l’anima felice e candida si sente!
Nei gonfi e vivaci ruscelli ,contro corrente,
vive in acqua purissima di montagna ed è presente
solo in corsi limpidi e freschi, la trota ed il salmerino.
Lepri ed anatre fanno loro compagnia e spesso anche vicino,
si lasciano ancora osservare ,certo stupite dell’umano andare…
Molti sono gli insetti indaffarati nell’impollinare
i fiori alpestri che ho già nominato
ed altri animali più quotidiani ho incontrato
in questi luoghi che ho sempre nel mio petto:
pecore, mucche al pascolo , cavalli ed il capretto.
In nessun tempo
dimenticherò quei sentieri
che non relegherò nei miei pensieri
più nascosti ,ma con affetto e gioia
mai di ricordar mi verràn a noia.
Ovunque tu vada ,renditi testimone ed alfiere
di dignità che l’uomo condivide con le fiere
e le creature tutte ,che nel mondo intero
colman il percorso di tua vita d’Amor Vero!!!
Valentina
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Breve storia di Mimise, la compagna inseparabile nella vita di Guttuso
Mimise (Maria Luisa Dotti) se ne andò improvvisamente e inaspettatamente tre mesi prima di Renato Guttuso, nell' autunno del 1986.Lui era gravemente ammalato da quasi un anno, si era chiuso al mondo, aveva vicino a sé solo i più cari amici, e lei, Mimise, che lo aveva accompagnato durante l'arco di tutta una vita. Era più grande di lui di qualche anno. lo aveva conosciuto a metà degli anni Trenta, quando a Roma era un giovane immigrato senza il becco di un quattrino, un 'bohemien' siciliano, combattivo 'antiborghese' e pittore insofferente, intellettuale da pensieri sull' arte e sulla sua influenza morale nel vivo dei contrasti umani, politici, sociali.
Mimise era invece una nobildonna milanese nel pieno della età: molto bella, signora di gran portamento, esperta del mondo, che ebbe un incidente d'auto e si procurò deformazioni al volto che ne alterarono la fisionomia.
Era un tipo altero ma non altezzoso, Mimise. Sempre allegra, con tono alto della voce squillante, capace di sottigliezze ma anche di franca e aperta polemica con chi non le poteva garbare.
Guttuso le si legò subito appassionatamente. La dipinse in quasi tutti i suoi quadri rilevando figure umane femminili che portavano allusivamente il suo corpo maestoso e imponente.
Di ritratti ne fece di meno. Ma molto significativi e indagatori. Erano due tipi, lei e Renato, che si appaiavano anche alla distanza. Lui viveva di giorno nel suo studio, con frequentazioni promiscue di ogni tipo. Lei nelle sue stanze, per conto suo, ma sempre vigile e pronta a consigliare il suo uomo, ad evitare 'dirottamenti facili' in quella personalità di cui conosceva più di ogni altro le debolezze, le fragilità, le incertezze e gli sviamenti passionali...
Mimise fu amante, moglie e madre di renato guttuso. Era la 'regina' della sua vita. E quando, sapendolo incurabilmente ammalato, lei decise di uscire di scena prima del suo uomo, fu come ispirata da un Dio.
Alla sua scomparsa, Renato abbandonò ogni difesa che fino allora aveva opposto alla malattia e alla morte. Chiuse ancora di più i battenti rimasti appena aperti sul mondo, e in poche settimane si spense, suggellando il senso più intimo di una unione con la donna della sua vita.
Tutto il resto, politica, donne amori e passioni, che avevano attraversato e ancora lambivano la sua vigorosa esistenza, rimasero da parte, vennero messi da parte. Facevano la letteratura e la cronaca a suggello di una unione più che duratura e che adesso si proiettava oltre il palcoscenico.
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