Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.
Eugenio Montale, da "Ossi di seppia".
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“ Non sono nata per essere ragionevole. Sono nata per amare, per essere felice, per odiare, per immaginare, per inventare, per capire e anche, di tanto in tanto, per essere ragionevole, ma non devo essere ragionevole. Essere ragionevole vuol dire adattare i propri pensieri a quel che gli è contrario; modificare e distorcere la propria intelligenza per assecondare i desideri altrui. La mia ragionevolezza è diversa da quella di un altro. La ragione pretende la felicità. La ragionevolezza tende al possibile. La felicità non può essere catturata dal possibile. La felicità è l’avvento del miracolo. Il miracolo produce la virtú e la grazia, non viceversa. “
Patrizia Cavalli, Con passi giapponesi, Einaudi, 2019¹; p. 132.
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Da Res Amissa, G. Caproni, 1991
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Vedo girasoli col capo chino. Bruciati da ciò che hanno amato fino alla morte.
Il Sole.
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Vado di corsa e non so il perché e mi giro a guardare se perdo parti di me.. 🫂
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28 Ottobre 20222
Madre, sono infelice
sono infelice di qualcosa che non si cura,
che non ha una soluzione.
Sono infelice come le persone
che solo mentre muiono
capiscono di essersi sempre sentite sole.
Madre, io odio il mio nome,
come suona sulle labbra della gente
come anche tu lo pronunci
solo per rimproverarmi, madre.
Madre, io sono sola.
Hai fallito madre,
perché sono sempre stata sola.
Perché la mia vita è sempre stata
solo d'intralcio, anche per me.
Madre, perché?
Perché a me il peso della vita?
Perché io che non ho neanche
il coraggio di morire?
Madre, perché insegnarmi ad amare
se non sono in grado di dimostrarlo
a chi conta davvero?
Madre, mi perdo.
Madre, mi arrendo, non ho più forza di lottare,
da qui la mia vita è solo disperazione.
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La vuoi
una domenica pomeriggio
Per ogni lunedì che non hai saputo iniziare?
Per ogni occasione a cui hai dovuto rinunciare
Per la paura di non valere, di non essere all’altezza
Per ogni specchio che non ti ha reso giustizia
Per uno stronzo che ha detto una parola di troppo
Per ogni tua insicurezza che ti ha fatta chiudere a riccio
Per ogni giorno che non ti sei sentita bella
Per ogni uomo che non ti ha dato la giusta importanza
Per ogni donna che ti ha giudicata un po’ troppo
Vorrei darti un inizio io e cancellare tutto.
@scrivocose20
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Esser vorrei tutto quanto delira,
tutto quanto sommossa
è dal dolore, quanto scoppia d’ira,
quanto s’agita brama infuria accende
e pazzo piange.
Anna Maria Ortese
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due riflessioni (quasi) slegate in un post singolo
1) ma i poeti civilissimi e assai generazionali? l’impegno? dove stanno? non necessariamente in poesia, anche solo in piazza o su facebook. chissà. si saranno accorti che è in corso un genocidio? fino a poche settimane fa incartavano o guardavano incartare la doggy bag dei punti allo StregaPoesia. staranno partecipando ad altri premi?
2) ma si parla ancora del male del colonialismo, vero? cioè:…
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Ridere ci ha rese invincibili. Non come coloro che vincono sempre, ma come coloro che non si arrendono mai.
- Frida Kahlo
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“ Eravamo nell'atrio, tutto rivestito di capelvenere. Dinnanzi m'era lo scenario che godevo da un mese e che mi sembrava di vedere ogni giorno per la prima volta. Il declivio verde di aranci, costellato di frutti d'oro, poi l'azzurro del mare, l'azzurro del cielo; e su quell'orizzonte a tre smalti diversi, i piú divini modelli che l'arte dorica abbia, col Partenone, tramandato sino a noi. Il Tempio della Concordia, e vicino il Tempio d'Era con la sua fuga di venti colonne erette e di venti colonne abbattute, e, piú oltre, il Tempio d'Ercole, ossario spaventoso della barbarie cartaginese, meraviglia ciclopica tale che la nostra fantasia si domanda non come sia stato costrutto, ma come sia stato abbattuto; e oltre ancora il Tempio di Giove Olimpico, il Tempio di Castore e Polluce: tutte le sacre rúine che Agrigento spiega a sfida tra l'azzurro del cielo e del mare, ecatombe di graniti e di marmi che sembra dover ricoprire tutta la terra di colonne mozze o giacenti, di capitelli, di cubi, di lastre, di frantumi divini.
Ma dinnanzi a noi era quello che Miss Eleanor chiamava «il mio tempio», il tempio di Demetra, eretto ancora sulle sue cinquantaquattro colonne, l'unico intatto fra dieci altri abbattuti, l'unico sopravvissuto, per uno strano privilegio, al furore fenicio e cartaginese, al fanatismo cristiano e saraceno.
— No, amico mio. Dobbiamo ai cristiani e ai saraceni se il tempio è giunto intatto fino a noi.
Fu San Rinaldo, nel IV secolo, che lo scelse fra «i monumenti infernali dell'idolatria» per convertirlo in una chiesa dedicata a San Giovanni Evangelista, chiesa che fu trasformata in moschea al tempo dell'invasione saracena. E l'edificio divino fu salvo, mascherato e protetto come un fossile nella sua custodia di pietra e di cemento. Quale grazia del caso! Pensate allo scempio che fu fatto degli altri! Pubblicherò un manoscritto di mio padre dedicato tutto allo studio di queste distruzioni nefande. Pensate a quel colossale Tempio d'Ercole che forni materiale per tutti i porti nel Medio Evo! Tutto fu abbattuto e spezzato. Abbattute le colonne ciclopiche, ogni scannellatura delle quali poteva contenere un uomo, come in una nicchia, abbattuti i giganti e le sibille alte dodici metri che reggevano l'architrave, meraviglia di mole titanica e di scultura perfetta. Pensate le teste, le braccia, le spalle divine, i capitelli intorno ai quali si gettavano gomene colossali, tese, tirate da schiere di buoi fustigati, mentre le seghe tagliavano, le vanghe scalzavano i capolari alle basi. E le moli precipitavano in frantumi spaventosi, con un rombo che faceva tremare le terra. Ora sulle nudità divine, tra le pieghe dei pepli, nidificano le attinie e i polipi di Porto d'Empedocle.
— Cose da invocare un secondo toro di Falaride per i cristianissimi demolitori.
— Il gregge! Il gregge dell'Abazia! — Miss Eleanor si interruppe ad un tratto, ebbe uno di quei suoi moti fanciulleschi di bimba sopravvissuta, — il gregge dell'Abazia! Guardate che incanto!
Dall'interno del Tempio, sul grigio delle colonne immani, biancheggiarono d'improvviso due, trecento agnelle color di neve. Uscivano dal riposo meridiano, dalla fresca penombra, correvano lungo il pronao, balzavano sui plinti, scendevano con grandi belati e tinnir di campani. Tre pastori s'affaccendavano con i cani per adunare le disperse e le ritardatarie. Alcune, le piccoline, non s'attentavano a balzare dagli alti cubi di granito, correvano disperate lungo il pronao, protendevano il collo invocando soccorso, con un belato lamentevole. I pastori le prendevano tra le braccia, passandole dall'uno all'altro, tra l'abbaiare dei cani. “
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Brano tratto dal racconto di Guido Gozzano Alcina, pubblicato per la prima volta sulla rivista culturale milanese L’illustrazione italiana il 26 dicembre 1913.
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Il mondo ha bisogno di poeti
è già pieno di gente che ti dice cosa devi dire.
Le parole, tipo la cosa più importante che abbiamo inventato
Ti dice come parlare.
E poi non ha tempo, né modo per stare a parlare con te.
Poi non hanno parole per il mondo.
Solo per evocare immagini di successo e orgie
Ma che senso ha un mondo fatto di parole, sesso e orgie.
Voglio dire, l'umanità è campata prima di adesso con tanto altro.
E abbiamo bisogno di poeti, poeti che ci ricordino le parole, le altre.
Quelle di tutti i giorni. io voglio una canzone trap sulle ciabatte di casa. Sui tulipani che non sbocciano.
Io voglio un assolo di chitarra in nome di tutte le volte che mi è venuta bene l'amatriciana o lo stinco.
Credo un pò tutti ne abbiano bisogno. Per questo il mondo ha bisogno di poeti.
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vidi lei, la Perfezione.
Tremavo quasi a guardarla. Dissi: - Sei angelo, ombra, eco? - Consumava la combustione i monti. Gli occhi miei chiamavano a perdifiato. Pareva una notte di luna. Disse: - So che mi hai cercato. Ovunque dove ardeva l'acqua più sconosciuta. Ma non ho mai tempo per fermarmi.
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Questa notte il lampo e il temporale
rifugio di chi piange lacrime e sale.
Si gonfiavano l'onde nel canale
e pur sognando ancora non so amare.
Lo dicevi tu pensando al mare
troppo soffre chi affronta le falde amare,
non come colui che sa tornare
ridendo verso la luce delle lampare.
Daniele Scopigno
Foto di: Francesca Piccardi
Se volete dare supporto a me e al mio lavoro potete farlo su Patreon cercando "Daniele Scopigno" o se volete sostenere le mie creazioni potete farlo con una libera donazione al seguente link: paypal.me/DanieleScopigno
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Buon San Valentino!.. Mi brivida questo ancora
Mi brivida questo ancora
Mi brivida questo ancora
quando le nostre salive si baciano
e il viaggio alle papille
è il fremito del prima che più
s’appresta al poi
..
un fermimmagine che vive il sempre
lo vive
..
di tutti i profumi
dell’alba che penetra il buio e
ne perpetua il giorno
e gemita
tutto gemita
di voglie di gemmarsi
..
di tutti i sapori dell’arancio
di questo…
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