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#LO DUCA Giovanni
wolfman75 · 7 days
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Gilles de Montmorency-Laval, conosciuto principalmente con l'appellativo di Gilles de Rais[1] (Champtocé-sur-Loire, 1404[2] – Nantes, 26 ottobre 1440), è stato un generale, criminale e nobile francese che fu barone di Rais, signore di varie località in Bretagna, Angiò e Poitou, capitano dell'esercito francese e compagno d'armi di Giovanna d'Arco. È conosciuto per l'accusa di essere stato coinvolto in pratiche alchemiche e occulte, in cui avrebbe torturato, stuprato e ucciso almeno 140 bambini e adolescenti.
Dal 1427 al 1435 servì come comandante nell'esercito reale francese e combatté contro gli inglesi durante la guerra dei cent'anni; fu nominato maresciallo di Francia nel 1429. Accusato di praticare l'occulto, dopo il 1432 venne implicato in una serie di omicidi di bambini. Nel 1440 una violenta controversia con un religioso aprì un'indagine ecclesiastica che lo portò a essere accusato dei reati sopra citati. Durante il processo i genitori dei bambini scomparsi e i servi di Gilles testimoniarono contro di lui, facendolo condannare a morte per una vasta serie di reati. Venne impiccato a Nantes il 26 ottobre 1440.
Si pensa che Gilles de Rais abbia ispirato lo scrittore francese Charles Perrault per la fiaba del 1697 Barbablù (Barbe bleue). La storia narra infatti di un crudele signorotto che uccide brutalmente le proprie mogli e ne nasconde i cadaveri in una stanza segreta del proprio castello.
Di nobile casato (i Montmorency-Laval erano due fra le più potenti famiglie di Francia, imparentate con il connestabile Bertrand du Guesclin), a soli undici anni rimase orfano di entrambi i genitori (la madre morì di malattia ed il padre ucciso da un cinghiale durante una battuta di caccia), e fu allevato dal nonno materno, Jean de Craòn.
Jean de Craòn lo fidanzò a tredici anni con Jeanne Peynel, una ricca ereditiera, poi con Beatrice de Rohan, nipote del duca Giovanni IV di Bretagna. La morte prematura di entrambe le giovani impedì il matrimonio. Sposò infine un'altra ereditiera, Catherine de Thouars (1409-1462), il 30 novembre 1420.
Nel 1427, agli ordini di Arturo III di Bretagna, entrò al servizio di Carlo VII di Francia combattendo alla testa di un proprio contingente in svariati episodi della guerra dei cent'anni e finanziando il futuro re nelle sue campagne militari. Grazie alla parentela con Georges de La Trémoille, gran ciambellano di Francia, entrò nelle grazie del sovrano combattendo poi contro gli inglesi al fianco di Giovanna d'Arco, ad Orléans, a Jargeau, a Meung-sur-Loire e a Beaugency.
Divenuto pari di Francia, consigliere e ciambellano di re Carlo VII, presenziò alla consacrazione di quest'ultimo, avvenuta a Reims il 17 luglio 1429, dopo essere stato elevato al titolo di maresciallo di Francia il precedente 21 aprile. Continuò a combattere prima sulla Loira quindi in Normandia, alla testa di un piccolo esercito personale da lui stesso mantenuto.
Morto il nonno, nel 1432 ereditò un'immensa fortuna, consistente soprattutto in proprietà terriere in Bretagna, nel Maine e nell'Angiò, cui si aggiungevano le ricchezze dei de Rais e quelle della moglie, ritrovandosi così ad essere uno degli uomini più ricchi del suo tempo.
Grazie a questa fortuna finanziò Carlo VII nelle sue campagne, con denaro che non gli venne mai restituito.
Ritiratosi dal servizio militare (l'ultima azione cui prese parte ebbe luogo nell'estate 1432 a Lagny-sur-Marne, assediata dalle truppe di Giovanni Plantageneto, I duca di Bedford), iniziò a condurre una vita dispendiosa e raffinata, circondandosi di manoscritti preziosi e finanziando sfarzosi spettacoli teatrali.
Si sa che nel corso di una visita ad Orléans il suo seguito di 200 persone occupò tutte le locande della città, e in pochi mesi la spesa arrivò a 80 000 corone d'oro. Non mancò di interessarsi di religione, costruendo una sfarzosa cappella privata e finanziando opere caritatevoli.
Dissipò così in breve tempo il patrimonio di famiglia, fino ad essere costretto a ricorrere a prestiti e a svendere i propri possedimenti per somme irrisorie.
In seguito agli sperperi, fra il 1434 e il 1436 la moglie lo abbandonò, il fratello prese possesso dell'avito castello di Champtocé e Carlo VII giunse su richiesta dei familiari a emanare nei suoi confronti un atto di interdizione, dichiarando nulle ulteriori vendite. Giovanni V di Bretagna non rese nota tuttavia l'interdizione nei propri domini e con il vescovo di Nantes Jean de Malestroit, ansiosi entrambi di opporsi alla politica del sovrano e soprattutto interessati all'acquisto dei terreni, nominò de Rais luogotenente generale di Bretagna.
Fu probabilmente in quel periodo che, per cercare di ritrovare la perduta fortuna, Gilles de Rais cominciò a interessarsi alla creazione della pietra filosofale, motivo per cui affidò al suo cappellano Eustache Blanchet il compito di procacciargli alchimisti. Fu proprio Blanchet a recarsi a Firenze e a incontrare, nel 1439, Francesco Prelati, un giovane monaco spretato toscano dedito all'occultismo, che assoldò e portò con sé nel castello di Tiffauges.
Prelati, impegnato nel tentativo di ottenere la pietra filosofale, disse a de Rais di avere al proprio servizio un demone personale, di nome "Barron". Davanti all'inquisizione Prelati dichiarò che, non essendo in grado di soddisfare i desideri del suo mecenate, ogni giorno più bisognoso di denaro, richiese a nome del demone il sacrificio di un bambino.
Il 15 maggio 1440 de Rais riprese armi alla mano il castello di Saint-Étienne de Mermorte, che egli stesso aveva venduto al tesoriere di Bretagna Guillaume Le Ferron (prestanome del duca). Ciò facendo non solo violò un contratto, ma infranse anche le leggi della Chiesa entrando in armi in un luogo sacro e prendendo in ostaggio il canonico Jean Le Ferron (fratello del proprietario), che stava celebrando la messa. Il fatto indusse il vescovo di Nantes, competente sul territorio, ad aprire un'indagine.
Dopo la liberazione di Le Ferron, nel settembre dello stesso anno de Rais fu arrestato insieme a servitori e amici, e il 28 settembre cominciò il processo inquisitoriale di fronte al vescovo e al viceinquisitore di Nantes, Jean Blouyn. Quel giorno deposero otto testimoni a suo carico, seguiti poi da altri due, tutti lamentando la scomparsa di bambini e attribuendone il rapimento a una serva di Gilles de Rais, Perrine Martin soprannominata "la Meffraye", all'epoca in prigione a Nantes.
Il 13 ottobre il processo riprese; nel frattempo furono stilati 49 capi d'imputazione: de Rais fu accusato di avere, con l'aiuto di complici, rapito numerosi bambini, averli uccisi nei modi più perversi, smembrati, bruciati, averli offerti in sacrificio ai demoni, di aver condotto con Prelati pratiche stregonesche, ecc.
Il vescovo e l'inquisitore lo minacciarono di scomunica, e gli diedero 48 ore di tempo per preparare una difesa.
Il 15 ottobre Gilles de Rais ricomparve davanti al tribunale, mentre il 16 e il 17 furono raccolte le deposizioni dei presunti complici.
Gilles de Rais inizialmente si scagliò con violenza contro i giudici, accusandoli apertamente di volerlo processare per sottrargli le sue ricchezze (de Rais si era già distinto in precedenza per l'atteggiamento polemico o apertamente violento nei confronti del clero); quindi, sotto tortura, confessò nei giorni successivi una quantità enorme di crimini di incredibile efferatezza.
Il 25 ottobre fu emessa la sentenza: in nome del vescovo e dell'inquisitore, Gilles de Rais fu dichiarato colpevole di apostasia e invocazione demoniaca; a nome del solo vescovo fu dichiarato colpevole di sodomia, sacrilegio e violazione dell'immunità della Chiesa e quindi condannato a morte per impiccagione e al rogo post mortem.
Il 26 ottobre de Rais, insieme ai due servitori e complici, Henriet Griart e "Poitou", fu quindi impiccato, ma poiché restava il membro di una famiglia potente, aveva chiesto e ottenuto che il suo corpo, dopo la morte per impiccagione, non venisse arso, bensì tumulato nella cappella dei Carmelitani di Nantes, luogo di sepoltura dei duchi di Bretagna.
La vicenda giudiziaria non si estinse con l'esecuzione: in due lettere scritte da Carlo VII nel 1442 è riportato che Gilles de Rais aveva inoltrato appello al re e al Parlamento di Parigi, senza che ciò fosse stato considerato dai giudici, ragion per cui, su istanza dei familiari, Pierre de l'Hôpital, presidente del tribunale di Bretagna, e gli altri giudici, erano chiamati a comparire davanti al Parlamento, e il sovrano chiamava il Parlamento e i balivi di Maine, Angiò e Turenna all'apertura di un'inchiesta sulle circostanze della condanna. Le due lettere, tuttavia, non furono mai spedite per motivi ignoti, anche se è significativo il solo fatto - per quel che concerne le accuse a Gilles de Rais - che Carlo VII le abbia scritte.
Dal matrimonio con Catherine de Thouars nacque una figlia, Marie (1433 o 1434-1457) sposata con l'ammiraglio Prigent de Coëtivy, e in seconde nozze con il cugino maresciallo André de Lohéac.
La sua vedova, un anno dopo la morte di Gilles, contrasse nuovo matrimonio con Jean de Vendôme. La famiglia si estinse nel 1502.
Fonte: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Gilles_de_Rais
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jacopocioni · 22 days
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Il Brindellone e lo scoppio del carro: la storia dal Trecento ai giorni nostri
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Nel Medioevo il “Carro di San Giovanni” è un modesto carretto su cui viene trasportato un cero durante il corteo da piazza della Signoria al Battistero nel giorno della festa del patrono cittadino, San Giovanni Battista, il 24 giugno. Con gli anni il "Carro di San Giovanni" diventa una torre alta 10 metri, con una base di 3 e una lunghezza di 4 metri, suddivisa in quattro ordini, con nicchie per ospitare fanciulli e, in cima, un uomo rivestito di pelli che impersona lo stesso santo. Si tratta in genere di un pover'uomo che viene, per questo scomodo servizio, ricompensato con 10 lire dall'Arte dei Mercatanti. Dall'alto della sua postazione l'uomo mangia, beve e soprattutto distribuisce dolci, confetti e monetine al popolo, suscitando una vera baruffa intorno al Carro: l'arguzia dei fiorentini lo ribattezzerà "brindellone", vocabolo con cui si indica un uomo alto, grosso, dinoccolato, di movenze sgarbate e malvestito. Anche se questo tipo di carro cadrà in disuso nel Settecento, il nome di "Brindellone" arriverà fino ai nostri giorni passando però ad indicare tutta la complessa macchina che il giorno di Pasqua (e non più il 24 giugno) prende fuoco nella piazza fra il Battistero e il Duomo liberando le colombe che hanno preso il posto dell'uomo travestito da San Giovanni. Le scintille provocate dalla silice delle pietre focaie regalate a Pazzino de’ Pazzi davano fuoco al razzo a forma di colomba che partiva dall'interno del Duomo e arrivava al Carro dandogli fuoco e accendendo altri mortaretti e girandole. Se tutto andava bene i contadini ne traevano auspicio per un anno di buon raccolto.
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Lo Scoppio del Carro è una delle tradizioni più amate e antiche della città, che risale alla fine del Trecento, quando il “fuoco santo”, simbolo di purificazione, era portato in processione per Firenze sopra un carro. Questa tradizione affonda le radici all’epoca della prima crociata, quando Pazzino de’ Pazzi, di ritorno da Gerusalemme, portò con sé tre pietre provenienti dal Santo Sepolcro; quelle stesse pietre che per centinaia di anni hanno acceso il fuoco del carro. Nel 1097, al comando di Goffredo di Buglione, Duca della bassa Lorena, i crociati, il cui nome derivò dalla croce rossa cucita sulla spalla destra della tunica bianca che ricopriva l’armatura, partirono per la Palestina e nell’estate del 1099 posero l’assedio alla città di Gerusalemme che espugnarono il 15 luglio. Secondo la tradizione fu il fiorentino Pazzino de' Pazzi a salire per primo sulle mura della città santa dove pose l’insegna bianca e vermiglia. Per questo atto di valore, Goffredo di Buglione gli donò tre schegge del Santo Sepolcro. Rientrato a Firenze il 16 luglio 1101, il valoroso capitano fu festeggiatissimo ed accolto con solenni onori.
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Le tre pietre rimasero inizialmente conservate nel Palazzo dei Pazzi e quindi consegnate alla Chiesa di Santa Maria Sopra a Porta in Mercato Nuovo, poi ampliata e rinominata come chiesa di San Biagio fino a quando, nel 1785, questa fu soppressa. Dal 27 maggio di quell’anno le sacre reliquie vennero definitivamente trasferite nella vicina Chiesa di Santi Apostoli dove tuttora sono gelosamente conservate. Gli storici ci hanno tramandato che, dopo la liberazione di Gerusalemme, nel giorno del Sabato Santo, i crociati si radunarono nella Chiesa della Resurrezione e, in devota preghiera, consegnarono a tutti il fuoco benedetto come simbolo di purificazione. A questa cerimonia risale l'usanza pasquale di distribuire il fuoco santo al popolo fiorentino. Difatti, dopo il ritorno di Pazzino, ogni Sabato Santo, i giovani di tutte le famiglie usavano recarsi nella cattedrale dove, al fuoco benedetto che ardeva, accendevano rispettivamente una fecellina (piccola torcia) per poi andare, in processione cantando laudi, per la città a portare la fiamma purificatrice in ogni focolare domestico. Il fuoco santo veniva acceso proprio con le scintille sprigionate dallo sfregamento delle tre schegge di pietra del Santo Sepolcro. Secondo versioni meno romantiche della storia, la famiglia dei Pazzi avrebbe ottenuto dalla Repubblica il diritto ad accendere per prima il fuoco santo grazie a qualche personaggio particolarmente robusto e persuasivo… Comunque sia andata, per molti secoli la famiglia si occupò del carro e dei suoi addobbi, ed era addirittura previsto un omaggio davanti alle loro case, al Canto dei Pazzi, all’angolo di via del Proconsolo. Con l'andar del tempo lo svolgimento della festa divenne sempre più articolato per cui venne introdotto l’uso di trasportare il fuoco santo con un carro dove, su un tripode, ardevano i carboni infuocati. Non si conosce quando, in sostituzione del tripode, si usarono i fuochi artificiali per lo "scoppio del carro", ma si ritiene che ciò risalga alla fine del trecento.
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Oggi la processione è gestita dai discendenti degli antichi crociati, ovvero dai Cavalieri dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, i quali accendono e, scortati dal Corteo Storico della Repubblica Fiorentina, consegnano all'Arcivescovo di Firenze il fuoco sacro, originato dalle pietre del Santo Sepolcro, partendo da piazza del Limbo e giungendo con solenne processione in Piazza del Duomo la sera del Sabato Santo.
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La domenica di Pasqua il corteo parte dal piazzale di Porta al Prato intorno alle 8 di mattina, perché è proprio qui che il carro, chiamato Brindellone, viene parcheggiato per 364 giorni. Un alto portone in legno (ricavato da una vecchia stradella d’ingresso al giardino Corsini) si maschera tra le facciate dei palazzi e custodisce l’unico esemplare sopravvissuto dei carri e carrocci usati in antico per battaglie e processioni: ha la forma di una torre mozza come quelle usate per assedi e battaglie nel Medioevo.
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Il carro ha una base di 3 metri per 3,50 ed è alto circa 9 metri, che diventano 12 con la girandola. Il carro che vediamo oggi ha al suo interno varie targhe commemorative che indicano i restauri e le riparazioni più significative (1622, 1629, 1764 e 1924). Si suppone che abbia circa tre secoli. La mattina di Pasqua vengono attaccati al carro quattro buoi ben addobbati per l’evento e appositamente allenati! Un corteo di circa 500 figuranti in costume accompagna il carro (il percorso: da Via il Prato, Borgo Ognissanti, Piazza Goldoni, Via della Vigna Nuova, Via Strozzi, Piazza della Repubblica, via Roma con arrivo in Piazza San Giovanni). In piazza Repubblica si esibiscono gli sbandieratori e si ricongiunge il corteo “delle autorità”, per arrivare poi in Piazza del Duomo.
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Il Carro, ben fornito di fuochi d’artificio, quando arriva davanti alla cattedrale si ferma e aspetta l’inizio della messa. Prima dello scoppio vero e proprio vengono sorteggiate le partite del Calcio Storico.
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Più o meno verso le 11 dall’altare della Cattedrale, mentre all’interno della chiesa si canta il “Gloria”, l’arcivescovo accende con il fuoco sacro un razzo a forma di colomba (chiamato appunto “la Colombina”, che simbolizza lo Spirito Santo). Questa vola fuori dalla chiesa percorrendo un filo d’acciaio di 90 metri in circa 10 secondi e va a colpire il Carro nella piazza, accendendo i primi fuochi d’artificio e dando il via alla spettacolare manifestazione di fuochi d’artificio che incontrano gli applausi di tutto il pubblico: gli ultimi fuochi fanno aprire tre bandiere sulla sommità del carro e concludono la festa. Se il rituale procede regolarmente e tutti i fuochi d’artificio esplodono, allora si prospetta un raccolto ricco e florido e buona fortuna per la città e per i suoi cittadini. L’ultima volta che la colombina non riuscì a completare il suo percorso fu nel 1966, quando ci fu l’alluvione. In epoca più recente, a causa dell’epidemia di Mucca pazza, il carro è stato portato in piazza del Duomo con un trattore, ma la colombina ha spiccato ugualmente il volo.
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lamilanomagazine · 4 months
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Pistoia, “Progetto Società e Cittadino”: il primo appuntamento del 2024 per gli studenti
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Pistoia, “Progetto Società e Cittadino”: il primo appuntamento del 2024 per gli studenti Riparte il Progetto Società e Cittadino, giunto quest'anno alla 27° edizione, sul tema Cultura mafiosa e vittime di mafia. La scelta nasce dall'esigenza di favorire la consapevolezza che, lontani ormai dalla fase stragista di Cosa nostra, le mafie oggi sparano meno ma continuano inabissate a fare affari e a condizionare la vita economica, sociale e politica del nostro Paese. La prima iniziativa è in programma martedì 9 gennaio dalle 10 alle 12.30 al Piccolo Teatro Mauro Bolognini. L'appuntamento si articolerà in due rappresentazioni dello spettacolo teatrale "Denuncio tutti. Lea Garofalo" della Compagnia Penta Teatro APS, scritto e diretto da Giovanni Gentile e interpretato dalla giovane attrice Gaia Perretta. Al termine seguirà un dialogo con gli studenti presenti. Lo spettacolo propone un racconto pungente e attualissimo sulla 'ndrangheta e sulla coraggiosa vita di Lea Garofalo al link, testimone di giustizia calabrese e vittima di mafia, uccisa per essersi ribellata tentando di dare un futuro migliore a sua figlia. Il progetto è nato nell'anno scolastico 1998/1999 dalla collaborazione dei due licei pistoiesi, il classico Niccolò Forteguerri e lo scientifico Amedeo di Savoia Duca d'Aosta con il servizio istruzione della Provincia di Pistoia nell'intento di affrontare tematiche di forte attualità, che non sempre trovano adeguato spazio nell'ordinaria attività didattica, al fine di promuovere una cittadinanza responsabile e attiva attraverso una cultura della pace e della legalità democratica. I promotori del progetto propongono la partecipazione a tutti gli istituti scolastici superiori della provincia. La rete si è allargata nel tempo e comprende attualmente oltre al liceo Forteguerri (scuola capofila), il liceo scientifico Amedeo di Savoia, l'istituto tecnico Silvano Fedi – Enrico Fermi, il liceo paritario Suore Mantellate, il liceo Coluccio Salutati di Montecatini Terme, l'istituto omnicomprensivo di San Marcello Pistoiese e l'istituto tecnico Marchi-Forti di Pescia. Fanno parte dei promotori anche Provincia e Comune di Pistoia, Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, la Sottosezione Pistoiese dell'Associazione Nazionale Magistrati, il Gruppo Biblioteca degli Avvocati del Tribunale di Pistoia e, da alcuni anni, la Consulta Provinciale degli Studenti con l'Ufficio Scolastico Provinciale - ufficio XI sede Pistoia.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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agrpress-blog · 7 months
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Tra migliaia di libri e volumi dalle antiche legature, custodi di storia centenaria, la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli ha visto esultare tutti i presenti con un lungo affettuoso e caloroso applauso che hanno aperto la manifestazione per la cerimonia dei conferimenti ai nuovi “fieri guerrieri”del Premio Internazionale Bronzi di Riace. Il riconoscimento voluto dal patron Giuseppe Tripodi per celebrare quei fieri guerrieri che hanno concorso a fare l’Italia più grande, più unita e più importante. Un premio voluto per ricordare la scoperta delle due magnifiche statue che ancora oggi sono il vero simbolo di Reggio Calabria nel mondo. Ma un premio di tale levatura non poteva restare confinato nella magnifica Calabria ed è per questo, proprio per sottolineare la sua valenza unitaria ed unificante, che le cerimonie negli anni hanno toccato Lazio, Lombardia, Piemonte, Marche,Montecarlo, Parigi e così via. A moderare la serata  c’era il giornalista Giovanni Lepre la cui presenza ha onorato i presenti. “Sono grata per il riconoscimento che mi è stato conferito ma anche per la scelta della Biblioteca Vittorio Emanuele III come sito per la cerimonia. Un momento importante che onora Napoli ed il suo contributo alla vita culturale dell’Italia” il commento della direttrice Dr.ssa Maria Iannotti.  Entusiasta il presidente Tripodi: “Guardate che sala meravigliosa! Libri antichi, un’atmosfera tra passato e futuro, tanti premiati di grande livello. Sono commosso Napoli ha accolto, qui, non solo la sua gente ma tutta Italia con un grande abbraccio indimenticabile”.Felicissimo anche il presidente onorario Giuseppe Viceconte: “Come vedete il Premio Internazionale Bronzi di Riace si muove per l’Italia per onorarne i fieri guerrieri. Lo scopo, il pensiero, lo spirito originali del premio si concretizzano sempre più in questo esplorare la penisola alla ricerca di perle rare da onorare”. Quest’anno gli organizzatori hanno voluto gestire il premio con alcune categorie così da rendere ancora più percettibile il senso e lo scopo dello stesso come si evince dall’elenco dei premiati: Sez. Zeus (giustizia e legalità): Gen. Carlo Maria Magnani Presidente Istituto Nastro Azzurro, Dott. Francesco Stampacchia Vice Questore della Polizia di Stato, Dott. Michele Grillo Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dott. Serafino Sorrenti Chief innovation officer Presidenza del Consiglio dei Ministri, Orietta Muzzi General Manager, Sez. Ippocrate (Salute e medicina): Dr. Vincenzo Amodeo Direttore U.O.C. Cardiologia – UTIC e Cardiostimolazione Ospedale “Santa Maria degli Ungheresi” Polistena di Reggio Calabria, Dr. Roberto Moccaldi Presidente AIRM Associazione Italiana di Radioprotezione Medica, Dr. Michelino De Laurentiis Direttore Dipartimento di Oncologia Senologia e Toracica Polmonare del “Pascale di Napoli”, Sez. Biagi (giornalismo e cultura):Dr. Giuseppe Aprile giornalista, Dr.ssa Annamaria Terremoto Giornalista RAI Premio alla carriera, Dr. Aldo A. Mola Storico Saggista Scrittore, Duca Don Fabrizio Mechi di Pontassieve Rettore Accademia Internazionale Mauriziana, Cav. Alessandro Mella scrittore e divulgatore storico, Dr. Antonino Ballarati scrittore, Avv. Gennaro Famiglietti Presidente Istituto di Cultura Meridionale, Sez. Montessori (formazione e scuola):Prof. Achille Basile Professore del Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, Dr.ssa Anna Rita Galletta Dirigente Scolastico, Dr.ssa Maria Iannotti Direttore Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III” di Napoli, Dr.ssa Adele Vairo Dirigente Scolastico, Sez. Versace (moda e costume): Gino Cimmino Sartoria Napoletana, Salvatore Argenio Stilista Identitario, Sez. Ermes (commercio e economia):Azienda acqua minerale Lete, Dr. Nunzio Puccio imprenditore, Dr. Luigi Gallo Manager, Dr. Raffaele Carlino Presidente Carpisa, Dr. Tommaso Dragotto Fondatore di Sicily By Car, Azienda Marinella Cravatte, Dr. Gianfranco Sciscione Editore Televisivo, Dr.
Antonio Beneduce imprenditore, Dr. Massimiliano Albanese Presidente dell'APICES (Associazione Professionisti ed Imprese per la Cooperazione Economica e Sociale), Sez. G. Paolo II (fede e carità) Sua eccellenza Monsignor Paolo Cartolari, Sez. Michelangelo (Scultura e pittura) Dr. Ivan Drogo Inglese Presidente Stati Generali del Patrimonio Italiano, Prof. Domenico Sepe Scultore, Sez. Lucullo (arte e gastronomia) Paolo Gramaglia Chef, Sez. Omero (storia etica) Avv. Diego Geria. Un sentito ringraziamento è stato rivolto al Comm. Enrico Martusciello, il vulcanico presidente del comitato tecnico organizzativo e responsabile delle pubbliche relazioni, nell'ambito del Premio. L'impegno del Dott. Martusciello è stato alquanto pregevole e determinante per lo svolgimento dell'evento. Grandi nomi per un’Italia che continua a crescere, sognare e guardare al futuro con spirito fraterno onorando i suoi cuori da “fiero guerriero” con le preziose pergamene del Premio Internazionale Bronzi di Riace. Congratulazioni, dunque, a tutte e tutti aspettando le sorprese del prossimo anno!.
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personal-reporter · 9 months
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Antichissima Fiera Delle Grazie 2023 a Curtatone
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Nel weekend dal 12 al 16 agosto la frazione di Grazie del comune di Curtatone, in provincia di  Mantova, propone l’appuntamento con l’Antichissima Fiera delle Grazie, giunto quest’anno alla sua 49° edizione. La Fiera delle Grazie è il cuore di un Concorso Internazionale tra Madonnari che prende il via la notte del 14 agosto con la benedizione dei gessetti degli artisti da parte del Vescovo. Per ore i  Madonnari si mettono all’opera nel piazzale del Santuario e la fiera termina nel giorno di Ferragosto, con la proclamazione del vincitore,  sono previsti più di 200 Madonnari provenienti dall’Italia e dall’estero.. In programma si sono  anche appuntamenti musicali e di spettacolo e approfondimenti culturali, il mercato, il luna park, e lo spettacolo pirotecnico-musicale di chiusura, oltre all’immancabile cotechino , cibo tipico della fiera. La storia della Fiera delle Grazie inizia con l’edificazione del Santuario voluto da Francesco Gonzaga nel 1399 e consacrato nel 1406, quando fu assegnato ai Frati Minori di San Francesco, come l’adempimento di un voto per la cessazione della peste. La Fiera delle Grazie fu invece ufficialmente istituita l’11 agosto 1425 tramite un comunicato di Granfrancesco Gonzaga, primo marchese di Mantova. Per tutto il Quattrocento, la Fiera era vista come una festa religiosa, anche se col tempo divenne un’importante occasione per i commerci della zona. Nel 1519, per la Fiera, Ferrante Gonzaga, terzogenito di Francesco II ed erede della Corte di Curtatone, per il Santuario delle Grazie commissionò a Giulio Romano una pala d’altare dedicata all’Assunzione di Maria Vergine. La Fiera delle Grazie dal 1563, grazie al duca Guglielmo Gonzaga, divenne fondamentale per gli scambi locali, con l’arrivo nelle merci ammesse di ori, argenti, gioie, broccati, drappi di seta, panni di lana, tutti con la possibilità di essere vendute liberamente. Nel 1591 i frati francescani, vista l’importanza della Fiera, fecero erigere sul lato ovest del piazzale di fronte al Santuario un portico, per favorire i pellegrini, ma anche le attività di vendita dei mercanti presenti alla manifestazione. Verso la seconda metà del Settecento, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria modificò drasticamente la struttura amministrativa e giudiziaria della Fiera, che era spesso d’intralcio al mercato. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Fiera riprese con un rinnovato successo, ma, con l’avvento delle nuove macchine agricole, visse un periodo di declino. Ma fu nel 1973 che la fiera rinacque, quando Gilberto Boschesi e Maria Grazia Fringuellini invitarono sul sagrato del Santuario i Madonnari, che con i loro gessetti colorati rinnovarono il successo della fiera, creando effimeri ma straordinari capolavori. Nel 1991, papa Giovanni Paolo II visitò il Santuario di Grazie, dove gli venne presentato un grande dipinto realizzato sull’asfalto dai Madonnari, basato su un disegno di Kurt Wenner, che fu firmato dallo stesso pontefice. Read the full article
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vittorioballato · 1 year
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sofieanjaworld · 1 year
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         ☆    —   ♯ 𝐕𝐎𝐆𝐔𝐄         ☆ sᴏғɪᴇ ᴀɴᴊᴀ ᴍ. ʜᴀʟᴠᴏʀsᴇɴ ☆            october 01st, 2022        ❪      ✨      ❫ ㅤㅤ ㅤㅤ           ❛❛ 𝑹𝒐𝒚𝒂𝒍 𝑾𝒆𝒅𝒅𝒊𝒏𝒈:          𝒊𝒕'𝒔 𝒕𝒊𝒎𝒆 𝒇𝒐𝒓 𝒕𝒉𝒂𝒕 "𝑰 𝒅𝒐",       𝒘𝒉𝒆𝒏 𝒕𝒉𝒆 𝒅𝒓𝒆𝒂𝒎 𝒃𝒆𝒄𝒐𝒎𝒆𝒔 𝒓𝒆𝒂𝒍𝒊𝒕𝒚 ❜❜ ㅤㅤㅤㅤㅤㅤㅤ     I matrimoni reali esercitano da sempre un fascino fiabesco nella mente femminile, cresciuta con un immaginario romantico e principesco fatto di baci miracolosi e immancabile lieto fine. Le casate europee hanno di certo contribuito ad accrescere il fascino di questi eventi, offrendo al grande pubblico favole moderne dove i principi sposano dive di Hollywood e dove l'amore si coltiva fra le antiche mura di un college inglese. E il matrimonio che si è celebrato appena un paio di settimane fa non è da meno. I dettagli sono da sempre ricercati, assaporano un momento di sfarzo e sontuosità, con le cerimonie solenni, le arcate floreali ma soprattutto con gli abiti maestosi, cuciti a mano e su misura da abili sarte che sono dei veri e propri capolavori e cavalcano e plasmano sul tessuto i sogni di ogni bambina. E in fondo, non ci si aspetta nulla di meno. Nulla viene lasciato al caso, e ogni singolo dettaglio cela un significato intrinseco e meraviglioso, ricco di riferimenti precisi alla coppia reale e ai rispettivi paesi d'origine. Ma è il Royal Wedding che si è tenuto lo scorso sedici settembre a Badminton House, del Duca di Beaufort e consorte, William Somerset e Margot Duvall, ad aver monopolizzato tutto il jet set internazionale. Attori, modelle, personalità influenti nel campo della politica e dello spettacolo ma soprattutto della nobiltà inglese hanno partecipato a questo evento con entusiasmo e trepidazione. Un matrimonio organizzato nei minimi dettagli, dalla location esclusiva alla durata di un intero weekend, per celebrare un amore che s'avvertiva nell'aria, negli sguardi, nei particolari scelti e nei dettagli floreali che hanno abbellito ogni interno ed esterno del luogo. Dalla cena al castello di Badminton House al ricevimento formale, prima di giungere al picnic presso la Golden Valley Nature Reserve, passando per la Chiesa di Giovanni Battista, Old Sodbury Church, ogni ubicazione portava la firma della nobiltà, del lusso ma anche della classe e ricercatezza che da sempre contraddistinguono la nobiltà. Una schiera di amici e parenti hanno presenziato ad ogni parte dell'evento con commozione, lacrime che avrebbero sciolto il più strutturato dei make up per raggiungere la gioia di una celebrazione che ancora oggi, a distanza di tempo, scalda il cuore dei fortunati presenti. Diversi poi sono stati i particolari che non sono passati inosservati agli occhi dei più attenti, come il diadema indossato dalla sposa, durante la cerimonia. Si tratta infatti di una tiara risalente alla fine dell'ottocento, ereditata dalla Regina Madre Elisabetta I nel 1937 e appartenuta alla Principessa Maria Adelaide di Cambridge. Un pezzo unico che ha impreziosito il volto di porcellana della sposa e la sua pelle d'alabastro, abbinato ad abiti di Givenchy che l'hanno resa la protagonista indiscussa, come la tradizione richiede. La commozione e il senso di amicizia che s'è avvertito durante il lungo weekend non ha fatto altro che porre l'accento su quanto siano le persone a fare i veri legami, con i loro atteggiamenti, con i loro comportamenti, con le loro emozioni. Galeotta fu poi una delle più prestigiose università della Ivy League, la Columbia University, scenario del primo incontro della coppia, come entrambi hanno raccontato nell'intervista rilasciata esclusivamente per Vogue. Dal rapporto professore/studentessa alla realizzazione di un amore che diventa via via più forte, in cui la coppia è la rappresentazione del vero amore, degli sforzi che trovano luce per sovrastare ogni ostacolo, facendo sognare chi sogna il più reale dei sentimenti e donando speranza che tutto è possibile. Una fiaba che ci auguriamo di poter leggere e vivere, ancora e ancora, spettatori di un'amore che si coronerà con l'arrivo della più soave delle notizie, un bimbo. Tanti sono stati gli ostacoli che si possono interporre in una storia d'amore, ma con dedizione e affetto, William e Margot hanno mostrato al mondo che tutto è davvero possibile. Un matrimonio che siamo certi abbia toccato anche gli animi più duri, più rigidi e algidi, che ha fatto smuovere desideri sopiti anche nei cuori più freddi, e che in qualche modo segna l'ammodernamento di una nobiltà che man mano sta raggiungendo tutte le casate reali più importanti. Nonostante non sia una reale a tempo pieno, la Duchessa di Beaufort, ha già preso parte ad appuntamenti pubblici come il Giubileo di Platino che si è tenuto il giugno scorso a Londra, mostrandosi regale, attenta ed elegante, e ben più che accettata da un mondo così ancora distante da noi. Un Royal Wedding che ha segnato ognuno di noi, che ha rinforzato l'affetto dell'amicizia con tutti gli invitati presenti, i quali non hanno mancato di dar loro un augurio in questo evento così speciale, ma che ha rinforzato anche l'amore più puro, terreno e divino come quello descritto da Dante per Beatrice. Le aule del college non saranno più viste come semplici luoghi di studio, di aggregazione e di insegnamento, ma avranno la possibilità di diventare albe degli amori più puri. Chi siamo noi per non sognare ancora un poco? Siamo certi che questo sarà solamente il primo di numerosi articoli dedicati a questa coppia, e con un grazie da parte di tutta la redazione di Vogue, auguriamo le nostre più sincere felicitazioni alla coppia, e all'arrivo del primo erede... Il primo di tanti, ci auguriamo.
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tiseguiro · 1 year
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Nacque nell'anno 1427, probabilmente in Thouars (Francia). A quindici anni passò sposa a Pietro II, duca di Bretagna, insieme al quale fu incoronata nella cattedrale di Rennes nel 1450. Rimase vedova nel 1457, non volle le seconde nozze, e si orientò anzi verso la vita religiosa. A tale scopo costruì nel 1463 un Carmelo femminile a Bondon, sotto consiglio del Beato Giovanni Soreth, Priore Generale dei Carmelitani.
Però il suo ingresso in quel monastero si attuò solo nel 1468. Passò poi nel 1477 al monastero di Nantes, anch'esso sua fondazione. I documenti ce la presentano nell'ufficio della priora di carattere forte, dotata di materna comprensione e di senso psicologico. Si conserva copia delle sagge esortazioni con cui essa alimentava lo spirito delle sue religiose. A lei si deve l'introduzione della Comunione frequente (quotidiana per le malate) e il quarto voto di stretta clausura. Morì il 4 novembre 1485. Il suo testamento furono le parole più, volte pronunciate in vita: "Su tutte le cose fate sì che Dio sia sempre il più amato!" Il suo culto liturgico fu approvato nel 1863 da Pio IX, in premio dell'attaccamento dei bretoni alla Chiesa cattolica e alla loro duchessa. E' considerata come la fondatrice delle monache carmelitane di Francia. Fu beatificata da Pio IX nel 1866.
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storiarte · 2 years
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L'arte fiamminga
Di seguito sono riportate altre opere fiamminghe coerenti con le caratteristiche illustrate nel precedente post.
Lo studio del ritratto (seconda parte)
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Il Ritratto di giovane donna è un dipinto olio su tavola (37x27 cm) di Rogier van der Weyden, databile al 1460 circa e conservato nella National Gallery of Art di Washington.
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La Ritratto di un certosino è un dipinto del pittore fiammingo Petrus Christus (pseudonimo) realizzato circa nel 1446 e conservato nel Metropolitan Museum of Art di New York negli Stati Uniti d'America.
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Il Ritratto di uomo con turbante rosso è un dipinto a olio su tavola (25,5x19 cm) di Jan van Eyck, datato 1433 e conservato nella National Gallery di Londra. Piuttosto diffusa è l'ipotesi che si tratti di un autoritratto ancorché nessuna prova sia possibile al riguardo. Tra gli argomenti più spesso citati a favore di questa ipotesi vi è la circostanza che sia nel ritratto dei coniugi Arnolfini che nella madonna del canonico Van der Paele, Van Eyck ha raffigurato il riflesso di se stesso (nel primo caso in uno specchio, nel secondo sulla superficie di uno scudo) con un copricapo rosso. Di qui l'ipotesi che il maestro prediligesse questo indumento e lo abbia indossato anche in occasione del proprio autoritratto.
Lo studio del paesaggio e delle miniature
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“ Paesaggio da codice miniato”, libro d’ore  di Maresciallo di Boucicaut
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“Libro d’ore del duca di Berry"  fratelli Limbourg (pagina con il mese di giugno)
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“Ore di Torino”, pagina che illustra la nascita di San Giovanni Battista
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Sant'Ivo, Rogier Van Der Weyden, 1450-1460. Collocazione: National Gallery, Londra.
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Il Polittico dell'Agnello Mistico, o Polittico di Gand, è un'opera monumentale di Jan van Eyck (e del misterioso Hubert van Eyck), dipinta tra il 1426 e il 1432 per la cattedrale di San Bavone a Gand, dove si trova tutt'oggi. Si tratta di un polittico apribile composto da dodici pannelli di legno di quercia, otto dei quali sono dipinti anche sul lato posteriore, in maniera da essere visibili quando il polittico è chiuso. La tecnica usata è la pittura a olio e le misure totali sono 375x258 cm da aperto.
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sinapsinews · 3 years
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Operazione “Provinciale” Mafia, estorsioni e droga nella Città di Messina
A Messina, nel corso della notte, Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato hanno eseguito un’operazione antimafia congiunta che ha portato all’arresto di 33 persone e al sequestro di beni, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Messina, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Messina, per i reati di associazione di tipo…
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derearchiviatoria · 3 years
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Pilotta palace 1602–1611 Parma, Italy Genesio Bressani (1524–1610), architect Simone Moschino (1553–1610), architect Smeraldo Smeraldi (1553–1634), architect Valerio Poltrini (1996–), drafter, photographer Quando Ottavio Farnese sposta la capitale del ducato a Parma, dopo l’uccisione del padre nel 1547 e le seguenti negoziazioni tra chiesa e impero che lo confermano duca solo nel 1559, si pone il problema di dove insediare la corte, data l’assenza di un edificio apposito. Nel 1561 Ottavio incarica Jacopo Barozzi da Vignola di costruire un palazzo con giardino annesso nell’area dell’oltretorrente. Il palazzo del giardino sarà la prima sede delle residenze ducali. Quando si rendono necessari nuovi spazi per la corte, la scelta ricade su un nucleo di edifici privati affacciato sull’attuale strada Garibaldi, nei pressi della chiesa di San Pietro Martire e della rocchetta viscontea. L’isolato viene acquisito nel 1564 e ristrutturato internamente, prendendo il nome prima di palazzo ducale e poi di palazzo del governo. Tra il 1580 e il 1588 per rendere più rapidi e sicuri gli spostamenti dei Farnese tra il palazzo del giardino e il palazzo ducale, Ottavio commissiona un corridore sopraelevato di collegamento tra la rocchetta e le residenze. Costruito da Giovanni Boscoli probabilmente su progetto di Francesco Paciotto, è il primo elemento del futuro cortile di San Pietro Martire. Nella pianta di Parma dello Smeraldi risulta articolato in due gallerie parallele, ma la più settentrionale non ci è pervenuta, forse demolita negli anni immediatamente successivi o rimasta sulla carta. Nei primi anni del Seicento si manifesta l’esigenza di nuovi spazi a servizio delle residenze ducali. Ranuccio I, nipote di Ottavio Farnese e quarto duca di Parma, amplia il nucleo originale della Pilotta con un vasto complesso architettonico organizzato intorno a due cortili, quello di San Pietro Martire e quello del Guazzatoio. Il progetto, diretto da Smeraldo Smeraldi, Simone Moschino e Genesio Bressani tra il 1602 e il 1611, contiene funzioni di servizio, tra cui una sala d’armi, delle scuderie, una cavallerizza e una legnaia. Le residenze continuano a essere ospitate nell’isolato più meridionale, al quale i nuovi fabbricati si addossano. A seguito di quest’ampliamento la chiesa di San Pietro Martire viene circondata dal cortile della Pilotta. Nonostante la volontà di demolirla, i Farnese non riusciranno mai a imporsi sull’ordine domenicano, e la chiesa col suo chiostro rimarrà fino all’Ottocento una scomoda presenza all’interno del palazzo. Valerio Poltrini, Il Novecento alla Pilotta. Progetto per l'ampliamento del complesso della Pilotta a Parma, 2021, pp. 63–67
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jacopocioni · 6 months
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Gonfaloni di Compagnia: Quartiere Santo Spirito
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PARTE PRIMA Suddivisione degli antichi Quartieri fiorentini
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Nel Medio Evo, le città erano divise sia per effetti amministrativi sia per quelli militari: in Sestieri, Quartieri, Terzieri e in suddivisioni minori. Queste in Toscana, avevano nomi diversi. A Siena, Montepulciano e in altri luoghi si chiamavano Contrade, nella città di Pisa avevano il nome di Cappelle, a Prato si riconoscevano dal nome delle porte cittadine ad esempio: Porta al Serraglio. In Firenze si chiamavano Gonfaloni. Al tempo della Contessa Matilde di Canossa, nel 1078, essendo la città cresciuta enormemente di popolazione, fu deciso la nuova costruzione di mura al posto delle preesistenti costruite dai Bizantini, per inglobare i nuovi insediamenti. Vennero chiamate “Matildine” o “Antica Cerchia di Cacciaguida”. Si procedette alla divisione in Sestieri assumendo il nome di: Oltrarno, San Piero Scheraggio, Borgo, San Pancrazio, Duomo, San Piero, divisi in seguito in venti Gonfaloni. Quando tra gli anni 1282 e il 1333, venne una nuova cerchia muraria con il nome di “Arnolfiana” dal nome del costruttore Arnolfo di Cambio, la città venne divisa in Quartieri, prendendo il nome delle quattro porte principali: Porta al Vescovo o del Duomo, Porta Santa Maria, Porta San Piero e Porta San Pancrazio o Brancazio. Dopo la cacciata del Duca di Atene, nell’anno 1343 fu deciso di tornare alla vecchia divisione della città; in quattro Quartieri: Santo Spirito, Santa Croce, Santa Maria Novella, San Giovanni dal nome delle quattro chiese principali. Ognuno venne a sua volta diviso in quattro Gonfaloni, ciascuno possedeva un suo territorio, in determinate parti della città, separato dagli altri da un muro, dal fiume Arno e da strade principali. Ogni divisione, aveva carattere amministrativo e militare. Erano tenute ad eleggere un Gonfaloniere o Capitano assumente il titolo di “Compagnia”. La nomina durava quattro mesi. Ad esempio: dal I° di aprile al 31 luglio. Inoltre, aveva il compito di radunare una compagnia di Milizia cittadina, formata dai residenti nel Gonfalone destinati alla difesa del Palazzo dei Signori e della libertà popolare. Tutti e sedici erano una specie di Consiglio, insieme al Gonfaloniere di Giustizia e i Priori di Libertà discutevano gli interessi della Repubblica. In ogni Quartiere i quattro Gonfaloni possedevano un nome di emblema o segni araldici che apparivano nella loro bandiera. Quartiere Santo Spirito
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1) Gonfalone Scala – Era confinato: dall’Arno, dalle mura cittadine fra Porta San Niccolò e la Porta San Giorgio, dalla quale per il Poggio dei Magnoli scendeva fino a Santa Felicita e per un tratto di Via dei Guicciardini arrivava fino al Ponte Vecchio. Vi facevano parte le seguenti parrocchie: San Niccolò, Santa Lucia dei Magnoli, Santa Maria Soprarno (soppressa), San Giorgio e una porzione di Santa Felicita;
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2) Gonfalone Nicchio – Dal Ponte Vecchio al Ponte Santa Trinita, il confine era con il fiume Arno: dalla Piazza dei Frescobaldi entrava in Via del Presto di San Martino, allora facente parte di Borgo Tegolaio, giungeva fino alla Via de’ Michelozzi. Traversava via Maggio e lo Sdrucciolo dei Pitti passava dietro Palazzo Pitti e risalendo il Poggio, giungeva alla Porta San Giorgio. Vi si trovavano le seguenti parrocchie: San Iacopo Soprarno (soppressa) e parte di quelle di Santa Felicita e San Frediano:
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3) Gonfalone Sferza – Dal Poggio di Boboli andava alla Porta Romana, comprendeva la parte orientale di Via de’ Serragli e verso Via Sitorno (oggi Via della Chiesa), si infilava fra le case sboccando in Via Sant’Agostino all’entrata di Piazza Santo Spirito, comprendeva un lato della Piazza fino a trovare il confine del Gonfalone Nicchio in Via de’ Michelozzi. Comprendeva le parrocchie di: San Felice in Piazza e San Pier Gattolini;
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4) Gonfalone Drago Santo Spirito – Comprendeva il rimanente territorio del Quartiere di Oltrarno fino alle mura fra Porta Romana e l’Arno, con le parrocchie di San Frediano e parte di quelle di San Felice in Piazza e di San Iacopo Soprarno. Nel Corteo della Repubblica Fiorentina, sfilano con il Quartiere di Santo Spirito, dopo il nobile Commissario il Bandieraio con la bandiera con l’insegna del Quartiere: Colomba bianca raggiata in campo azzurro. Sono presenti i quattro Gonfalonieri di Compagnia, con i quattro bandierai che portano l’insegna del Gonfalone.
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Alberto Chiarugi Read the full article
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lamilanomagazine · 1 year
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Sassari: Gli eventi per Sa Die de sa Sardigna
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Sassari: Gli eventi per Sa Die de sa Sardigna. Venerdì 28 aprile in occasione del trentennale di “Sa Die de Sa Sardigna” anche Sassari presenta un ricco cartellone di eventi . La città celebra la festa del popolo sardo e i suoi “Vespri”: l'insurrezione popolare del 28 aprile 1794 con la quale si allontanarono da Cagliari i piemontesi e il Vicerè Balbiano. Il programma è organizzato dalla compagnia Teatro Sassari in collaborazione con la compagnia S’Arza con il patrocinio della Regione Autonoma Sardegna e del Comune di Sassari. I movimenti insurrezionali partirono da Cagliari per poi coinvolgere le altre città sarde. A Sassari schiere di contadini provenienti da tutto il Logudoro, tumultuarono contro i feudatari all'inno "Procurade'e moderare, barones sa tirannia" dell'ozierese Francesco Ignazio Mannu. Fu allora che per sedare i tumulti venne inviato da Cagliari a Sassari Giovanni Maria Angioy col grado di Alternos, cioè con poteri uguali a quelli del Viceré, per convincere i riottosi cittadini e in particolare i suoi feudatari, a piegarsi al "nuovo corso". La compagnia teatro Sassari a partire dalle 18 presenta lo spettacolo itinerante“1796 “Alternos Giovanni Maria Angioy” di Michele Pio Ledda, che ripercorre le tappe più importanti della folgorante e disperata avventura di Angioy . Lo spettacolo si suddivide in 3 quadri ambientati in altrettanti spazi cittadini. Primo quadro Palazzo di Città - teatro civico dove si potrà rivivere l’incontro dei notabili sassaresi con la popolazione in attesa dell'arrivo di Giovanni Maria Angioy. La vicenda proseguirà in Piazza Tola (Palazzo del duca dell’Asinara) rievocando la fase in cui la popolazione rivoltosa tenta di prendere d'assalto il Palazzo e il suo proprietario, ma il Duca è già scappato, insieme ad altri nobili della Città. Il quadro conclusivo in Piazza Duomo - Cattedrale di San Nicola ricostruisce la festa di popolo per l'arrivo di Giovanni Maria Angioy ormai passato dalla parte dei rivoltosi, che lo accolgono in un bagno di folla come liberatore, mentre l'Arcivescovo lo benedice per il prosieguo della missione ed il clero gli dedica il “Te Deum”. Lo spettacolo nasce nel 1998 da un testo di Michele Pio Ledda, con la regia di Giampiero Cubeddu e l'attore Gianpaolo Poddighe nei panni di Giovanni Maria Angioy ed è stato rappresentato come spettacolo itinerante dalla Compagnia Teatro Sassari nel 1996 a Bono, nel 1998 e nel 2001 a Sassari , nel 1997 e nel 2000 al Verdi in versione teatrale. Il lavoro è diretto da Mario Lubino Coordinamento scenico Alfredo Ruscitto Fonica Grandiluci di Tony Grandi in scena 24 attori della Compagnia Teatro Sassari. In scena anche il Coro Logudoro Usini - Corpo di ballo S. Giorgio Usini, Polifonica Santa Cecilia - Direttore M° Matteo Taras, Banda Musicale "Luigi Canepa" - Direttore M° Michele Garofalo, Associazione Ippica Osilese. Sempre nella stessa giornata del 28 aprile alle 17 in Piazza Tola il Teatro S'Arza con la partecipazione del Coro Amici del Canto Sardo, “Sa domo de Totus”, “ Arvure's , PlaticFree”, “Assemblea Natzionale Sarda” e “ Intergremio città di Sassari ” commemorerà i fatti di Sa Die de sa Sardigna e i martiri angioiani, eroi che hanno sacrificato la loro vita per una Sardegna più giusta. Interventi di Fabio Madau, Presidente Intergremio e del prof. Federico Francioni “Sa sarda rivolutzione”. Alle 17,45 sempre in Piazza Tola - Teatro S'Arza presenta "Procurade 'e moderare", spettacolo itinerante che trae spunto dai fatti storici accaduti a Sassari, come la cacciata, nel 1688, dell’Inquisitore Juan Corvacho dal castello, sede dell’inquisizione sarda, descritta dallo storico Prof. Federico Francioni nel suo libro “La caduta dell’inquisitore”, e le vicissitudini sassaresi dei moti angioiani del triennio 1793-96. La regia dello spettacolo è di Romano Foddai. Lo spettacolo è impreziosito dalla collaborazione del Coro Amici del Canto Sardo diretto dal Maestro Salvatore Bulla e dalle basi ritmiche dei tamburi dell’Intergremio Città di Sassari. Il corteo proseguirà poi per Piazza Azuni - Largo Ittiri – Via Università, Via Cilocco - Via Torre Tonda. Alle ore 19,15 in via Quarto inaugurazione del Giardino della Sarda Rivoluzione e intitolazione bilingue (sardo e sassarese) di quest’area.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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docdm · 3 years
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I Cardinali Alessandro Farnese e Odoardo Farnese.
Odoardo era figlio di Alessandro Farnese, terzo duca di Parma, e della principessa Maria d'Aviz. Era anche conosciuto come Edoardo. Odoardo era discendente diretto di papa Paolo III e pronipote del cardinale Alessandro Farnese il giovane. Destinato alla carriera ecclesiastica, durante la sua gioventù, lo zio si occupò direttamente della sua educazione. All'età di sedici anni, nel 1589 era già abate commendatario di Grottaferrata. Due anni dopo, il 6 marzo 1591, fu creato cardinale diacono da papa Gregorio XIV, ricevette la berretta rossa ed il titolo di Sant'Adriano il 20 novembre 1591] e fino alla nomina del cardinale Giovanni Antonio Facchinetti de Nuce, effettuata da Innocenzo IX, è stato il porporato italiano più giovane.
Elettore nei conclavi del 1591, 1592, marzo 1605, maggio 1605, ha ricevuto i seguenti titoli ed incarichi:
Abate commendatario di Grottaferrata dal marzo 1589;
Cardinale diacono dal 6 marzo 1591 al 10 gennaio 1621;
Titolare di Sant'Adriano dal 20 novembre 1591 all'11 giugno 1595;
Titolare di Sant’Eustachio dal 12 giugno 1595 al 12 novembre 1617;
Governatore di Vetralla nel 1600
Legato a Viterbo dal 25 settembre 1600;
Titolare di Santa Maria in Via Lata dal 13 novembre 1617 al 2 marzo 1621;
Cardinale protodiacono l'11 gennaio 1621;
Cardinale presbitero dall'11 gennaio 1621 al 2 marzo 1621;
Cardinale vescovo titolare della sede di Sabina dal 3 marzo 1621 al 26 settembre 1623;
Cardinale protettore del Portogallo;
Reggente del Ducato di Parma dal 5 marzo 1622 alla morte;
Titolare della sede suburbicaria di Frascati dal 27 settembre 1623 alla morte.
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personal-reporter · 1 year
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Festa della Birra e di San Patrizio 2023 a Grazzano Visconti
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L’associazione Tipico Eventi propone la sesta Edizione della Festa della Birra e di San Patrizio nel pittoresco borgo di Grazzano Visconti, frazione di Vigolzone, in provincia di Piacenza,  il 18 e 19 marzo. Questo evento unisce l'atmosfera della Festa della Birra con il giorno di San Patrizio, celebrando la migliore birra artigianale italiana e internazionale e i partecipanti saranno immersi in una cornice suggestiva e folkloristica, circondati da addobbi a tema e gadget divertenti. Ci saranno molte gamme di birra artigianale, delizioso street food per soddisfare ogni palato, bancarelle di prodotti artigianali e spettacoli di artisti di strada sabato e domenica dalle 14  alle 18. Inoltre, ci saranno due concerti dal vivo, con I Cani della Biscia sabato sera alle 20.30 e Deja Vu  domenica sera alle 18.30. La prima volta in cui viene nominato il paese di Grazzano Visconti, situato a metà strada tra Milano e Piacenza, risale all’anno Mille, in una serie di documenti riguardanti alcune donazioni di terre al Monastero di San Savino di Piacenza. Nel 1414 l’Imperatore Sigismondo concesse a Bernardo Anguissola i castelli della Riva, Montesanto e Grazzano. Il privilegio non ebbe effetto fino a quando nel 1438 non fu confermato dal duca di Milano Filippo Maria Visconti assieme a un diritto di regalie che ne permise l’indipendenza dal Comune di Piacenza. Dopo una serie di controversie, nel 1459, il feudo venne affidato dal duca Francesco Sforza a Giovanni Anguissola e alla sua sposa Margherita Pallavicino. Nel 1576 il castello, con le sue terre e tutti i diritti feudali e giurisdizione, venne ceduto ai cugini Teodosio e Alessandro Anguissola, che già possedevano il feudo di Vigolzone. Verso il 1870 la morte di Filippo Anguissola lasciò tutti i beni di famiglia nelle mani della madre Francesca Visconti, che in seguito cedette tutto al nipote Guido Visconti Ma fu il figlio di Guido, Giuseppe, a concepire il progetto di edificare un complesso edilizio in stile quattrocentesco, assieme all’architetto Alfredo Campanini, con cui in soli due anni trasformò in realtà il suo sogno. Il castello, allora dotato di tre torri rotonde e una quadrata, divenne un edificio sviluppato su tre piani, con richiami gotici e varie merlature, mentre il fronte principale venne sormontato da un ingresso ad arco acuto con uno stemma in pietra con le insegne viscontee. Le aree che costituiscono il parco sono sviluppate secondo il modello del giardino all’italiana, con un viale che divide lo spazio in due prati decorati con viali e statue allegoriche, oltre a prati naturali, fontane barocche e un labirinto con all’ingresso due sfingi, mentre sul fondo troviamo un belvedere che si apre sulla campagna. Il borgo fu intermente rimesso a nuovo dal conte Giuseppe, che ne progettò personalmente l’impianto architettonico e la collocazione dei vari edifici. Tutti i muri merlati, cosi come le fontanelle e le varie decorazioni sono cosi ben integrate nel tessuto urbano da far dimenticare che tutto questo risale solo agli inizi del Novecento. Uno dei primi edifici del borgo a essere completato fu l’Albergo del Biscione, noto per la sua insegna in ferro battuto creata dal fabbro di una delle prime officine locali. Seguirono la palazzina dell’Istituzione, le botteghe artigiane, l’edificio delle “Regie poste e telegrafi” e la chiesetta in stile gotico, al punto che già nel 1915 il centro aveva l’attuale topografia. Negli anni successivi sarebbe stata completata la piazza del Biscione con una torre merlata, assieme a una fontana, con un pozzo in cotto e marmo rosa, e il Palazzo Podestarile sopra la palazzina dell’Istituzione. Dal 1946 il borgo fu curato dei figli di Giuseppe, Luigi e Anna Visconti con il marito Adolfo Caracciolo, e in seguito dai nipoti fino a oggi. Read the full article
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heyitsararts · 3 years
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ORE DI TORINO
Nome🌻: ore di torino (foglio con la nascita di San Giovanni Battista)
Autore🌻: vari artisti per la corte del duca du Berry
Data🌻: 1425
Materiale e tecnica🌻: miniature
Contesto originale🌻: il libro apparteneva appunto a Jean du Barry ed è stato smembrato in più parti.
Stile e descrizione🌻: il foglio è in latino e scrittura gotica. I fogli istoriati sono totale 28, di cui 25 con miniature di grandi dimensioni. Tra le miniature è importante il foglio numero 93, attribuito ad un giovane Van Eyck e che raffigura la nascita di San Giovanni Battista. Le figure qui si muovono coerentemente al paesaggio e la luce unifica lo spazio.
Collocazione attuale🌻: quattro fogli al Louvre e uno al Getty Museum.
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