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#Michael Cina
ccccache · 11 months
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Yamantaka by Public Type
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laranoiastuff · 2 years
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“Portrait of a Childproof Man” ~ By Michael Cina
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mirrorsinner · 1 year
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We Will All Be Changed
Artist: Michael Cina
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fucktheglorydays · 6 months
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PHOTOGRAPHY - MICHAEL WOLF: TOKYO COMPRESSION
Michael Wolf nato in Germania, cresciuto negli Stati Uniti, ha vissuto e fotografato a lungo in Cina, concentrando il proprio lavoro sull'identità culturale dei popoli. In 'Tokyo Compression' mostra l'insopportabile realtà della società contemporanea, catturando brevi attimi nella metropolitana di Tokyo. Il fotografo tedesco ha dichiarato: “le fotografie rappresentano soprattutto la tragedia della condizione umana. Quello che vedete non è il risultato di una catastrofe naturale. E’ l'uomo stesso responsabile di tutto questo –  un sistema spaventoso che stritola la gente”.
Michael Wolf was born in Germany and grown in the United States. He lived and photographed a long time in Cina, focusing his work on peoples cultural identity. In 'Tokyo Compression' he shows the uncomfortable reality of modern society, capturing short instants of human life within the Tokyo subway. Wolf says: “the photographs represent chiefly the tragedy of the human condition. What you see is not the result of a natural catastrophe. Man is responsible for this himself – a dreadful system for people, and by people”.
michaelwolf.com
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cinainc · 9 months
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Michael Cina / publictype.us
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joinsarcadia · 1 year
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i’d love to see ...
rahul kohli as vision, ryan potter as billy kaplan, rudy pankow as teddy altman, diego luna as clint barton, quintessa swindell as cassie lang, joy sunday as hazel isley, aarif rahman as damian wayne, michael trevino as jon kent, aj clementine as valeria richards, alycia pascual pena as america chavez, park chaeyoung as karolina dean, richard madden as alex summers, brianna marquez as gert yorkes, natalie dormer as betsy braddock, emmy rossum as lorna dane, jessica chastain as pepper potts, gemma chan as carol ferris, jan cina as richard grayson, anna diop as koriand’r, ian anthony dale as jason todd, keilani elizabeth rose as alani ryan, eddie spears as roy harper  !
...
alex meraz as a child of dorma + namor [ a few hundred years old ], hannah marks as a child of kurt wagner, jesus castro as a child of wanda maximoff + steve rogers, cher lloyd as a child of richard grayson + barbara gordon, anok yai as a child of t’challa + ororo munroe, jonathan daviss as a child of okoye, auli’i cravalho as a child of arthur curry + mera, yalitza aparicio as a child of namora, jasmine villegas as a child of kamar, taija kerr as a child of arthur curry + mera, jahanara rahman as a child of rachel summers, sam talu as a child of madelyn pryor, logan lerman as a child of kitty pryde + peter quill, madelaine petsch as a child of tony stark + pepper potts  ! 
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kneedeepincynade · 1 year
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Taiwan is part of China and it will always be,and those who wish to create tension and separatism will be crushed by the might of the pla!
The post is machine translated
Translation is at the bottom
The collective is on telegram
⚠️ ZHU FENGLIAN: "I FUTILI TENTATIVI DELLE AUTORITÀ DEL PARTITO DEMOCRATICO PROGRESSISTA DI «FARE AFFIDAMENTO SUGLI USA PER L'INDIPENDENZA» DANNEGGERANNO SOLO TAIWAN E PORTERANNO DISASTRI AI COMPATRIOTI TAIWANESE"
🇨🇳 Ieri, 22 febbraio, Zhu Fenglian - Vice-Direttrice del Dipartimento d'Informazione dell'Ufficio per gli Affari di Taiwan del Consiglio di Stato - ha ribadito l'importanza del Principio dell'Unica Cina, e ha trattato nuovamente il Tema delle Interferenze Statunitensi negli Affari Interni della Cina:
💬 "Esiste una sola Cina al Mondo e Taiwan fa parte della Cina. Ci opponiamo fermamente a qualsiasi forma di scambio ufficiale e militare tra gli USA e la Regione Taiwanese della Cina. Esortiamo gli Stati Uniti a sostenere il Principio dell'Unica Cina e a smettere di utilizzare Taiwan per «contenere» la Cina" ⭐️
💬 "Lo scopo di provocare tensioni nello Stretto di Taiwan è quello di utilizzare la Questione di Taiwan per frenare lo sviluppo e il progresso della Cina, danneggiare i suoi interessi e impedire il Grande Ringiovanimento della Nazione Cinese. Dimostra anche pienamente che i futili tentativi delle autorità del Partito Democratico Progressista (DPP) di fare «affidamento sugli USA per l'indipendenza» danneggeranno solo Taiwan e porteranno disastri ai compatrioti taiwanesi" 🔥
✈️ Con il Viaggio di Michael Chase presso il regime-fantoccio, e la preparazione di un Viaggio di McCarthy - figura anti-Cinese, anti-Comunista e nuovo Presidente della Camera dei Rappresentanti, gli USA dimostrano di voler violare il Principio dell'Unica Cina, che loro stessi hanno firmato nei Tre Comunicati Congiunti Sino-Americani 🧾
🇺🇸 Nel 1972, il Governo USA si impegnò a rispettare il Comunicato di Shanghai, ovvero: "gli USA riconoscono che tutti i cinesi su entrambi i lati dello Stretto di Taiwan sostengono che esiste una sola Cina e che TAIWAN FA PARTE DELLA CINA" ⭐️
🇺🇸 Nel 1979, gli USA - nel secondo comunicato sino-statunitense - affermarono: "gli USA riconoscono il Governo della RPC come l'UNICO GOVERNO LEGALE DELLA CINA" ⭐️
🔍 Per chi volesse approfondire, può rifarsi a questi post del Collettivo Shaoshan:
🔺Interferenze USA negli Affari Interni della Cina - Viaggio di Nancy Pelosi, calpestare lo Stato di Diritto e rinnegare gli impegni passati, farneticazioni pro-separatismo di Mike Pompeo: I, II, III, IV, V, VI 📄
🔺Gli USA hanno riempito di armi il regime-fantoccio di Taiwan: I, II, III, IV 📄
🔺Rapporti tra USA e il regime-fantoccio di Taiwan, cenni storici: I, II, III 📄
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⚠️ ZHU FENGLIAN: "FUSEL ATTEMPTS BY THE PROGRESSIVE DEMOCRATIC PARTY AUTHORITIES TO «RELY ON USA FOR INDEPENDENCE» WILL ONLY HURT TAIWAN AND BRING DISASTER TO THE TAIWANESE COMPATRIOTS"
🇨🇳 Yesterday, February 22, Zhu Fenglian - Deputy Director of the Information Department of the Taiwan Affairs Office of the State Council - reiterated the importance of the One China Principle, and once again addressed the topic of US Interference in China's Internal Affairs:
💬 "There is only One China in the World and Taiwan is part of China. We strongly oppose any form of official and military exchange between the US and the Taiwan Region of China. We urge the US to uphold the One China Principle and stop to use Taiwan to "contain" China" ⭐️
💬 "The purpose of provoking tensions in the Taiwan Strait is to use the Taiwan Issue to curb China's development and progress, harm its interests, and prevent the Great Rejuvenation of the Chinese Nation. It also fully demonstrates that the futile attempts of the Democratic Progressive Party (DPP) authority to "rely on US for independence" will only harm Taiwan and bring disasters to Taiwanese compatriots" 🔥
✈️ With Michael Chase's trip to the puppet regime, and the preparation of a trip by McCarthy - an anti-Chinese, anti-Communist figure and new Speaker of the House of Representatives, the USA demonstrates its willingness to violate the One China Principle , which they themselves signed in the Three Sino-American Joint Communiqués 🧾
🇺🇸 In 1972, the US Government pledged to abide by the Shanghai Communiqué, namely: "The US recognizes that all Chinese on both sides of the Taiwan Strait argue that there is only one China and that TAIWAN IS PART OF CHINA" ⭐️
🇺🇸 In 1979, the US - in the second Sino-US communiqué - stated: "The US recognizes the PRC Government as the ONLY LEGAL GOVERNMENT OF CHINA" ⭐️
🔍 For those who want to learn more, you can refer to these posts from the Shaoshan Collective:
🔺US Interference in China's Internal Affairs - Nancy Pelosi's Journey, Trampling the Rule of Law and Renouncing Past Commitments, Mike Pompeo's Pro-Separatism Ransom: I, II, III, IV, V, VI 📄
🔺US Armed Taiwan Puppet Regime: I, II, III, IV 📄
🔺 Relations between the USA and the puppet regime of Taiwan, historical notes: I, II, III 📄
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Nuova Caledonia francese: il paradiso in rivolta
La Nuova Caledonia francese scossa da una nuova ondata di proteste contro la "madrepatria". La ex colonia, ora territorio d’oltremare francese, non ha accolto di buon grado la decisione di Parigi di estendere il diritto di voto ai nuovi abitanti francesi dell'isola. Il controllo della Francia sull'intero arcipelago è messo in discussione non solo dalle forze indipendentiste autoctone ma anche dagli interessi commerciali di altri colossi mondiali. Nuova Caledonia francese: dove si trova Nuova Caledonia è un'isola situata nell'Oceano Pacifico sud-occidentale, a circa 1.500 km a est della costa australiana. Un lingua di terra di oltre 18.000 chilometri quadrati, più di 270.000 abitanti, modello di biodiversità. Più di 3.000 sono, infatti, le specie di piante presenti e quasi 70 le specie di uccelli di terra visibili soprattutto nei numerosi parchi e riserve terrestri e marine. L'economia si basa due importanti settori: il turismo e l'estrazione e lavorazione del nichel. Quest'ultimo ha fatto della Nuova Caledonia non solo lo Stato più ricco dell'Oceania ma anche una delle maggiori potenze estrattive al mondo. La popolazione è costituita per il 40% da kanaki, i discendenti degli abitanti originari dell'isola, e per il 60% dai discendenti dei coloni e dei deportati francesi, definiti in modo dispregiativo caldoches dalle popolazioni indigene. I primi abitano per lo più nella zona settentrionale dell'isola, i secondi nella zona meridionale e nella capitale Nouméa. La Nuova Scozia L'isola fu infatti scoperta dall'esploratore britannico James Cook nel 1774 che volle chiamarla Nuova Caledonia in onore della Scozia con la quale condivideva le alte scogliere (Caledonia è il nome latino della Scozia). La sua posizione geografica strategica la rese da subito appetibile alle grandi potenze europee, Regno Unito e Francia in primis. I due Paesi se la contesero a lungo fino a quando nel 1853 la Francia ne assunse il controllo insieme alle vicine Isole della Lealtà (Maré, Lifou, Ouvéa, Tiga, Mouli e Faiava) e Isola dei Pini. Dal 1864 fino ai primi del Novecento fu una colonia penale. Nel 1946 l'arcipelago di Nuova Caledonia è diventato territorio d’oltremare francese. E' un’ex colonia che, pur trovandosi ancora sotto la sovranità dello Stato francese, si amministra in modo semi-indipendente. Dalla metà degli anni Ottanta hanno iniziato a farsi sentire le prime spinte separatiste grazie al Front de Liberation Nationale Kanak Socialiste (FLNKS). Negli anni 2018, 2020 e 2021 si sono svolti tre referendum per l'indipendenza che hanno espresso tutti la volontà della popolazione di rimanere francese. La rivolta antifrancese della Nuova Caledonia La scorsa settimana il parlamento francese ha approvato un emendamento della Costituzione che prevede l'estensione del diritto di voto anche agli abitanti francesi recentemente arrivati in Nuova Caledonia. Una riforma che aumenterebbe ulteriormente il peso della comunità francese a discapito di quella kanaka. Aumenterebbe, di conseguenza, il controllo della Francia sulla sua ex colonia. La notizia della nuova riforma è stata salutata dall'isola con violente proteste. Nella parte settentrionale dell'isola i forti scontri hanno hanno fatto 6 vittime e danni per più di 200 milioni di euro. Giovedì è stato dichiarato lo stato di emergenza e disposto il blocco dell'accesso ai social network. Chi c'è dietro le proteste? Il Fronte indipendentista, che già non aveva riconosciuto il risultato dell'ultimo referendum, è il primo sospettato ma potrebbe non essere l'unico. Una Nuova Caledonia indipendente e ricca di nichel è ambita dalla Cina che mira a conquistare l'egemonia nel Pacifico. Fa gola anche agli Stati Uniti che hanno grossi interessi nella zona, come dimostrano gli ultimi accordi commerciali con l'Australia. In copertina foto di Michael Baragwanath da Pixabay Read the full article
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ttiikkuu · 20 days
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ccccache · 11 months
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Chrysalis by Public Type (I'm a fan)
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zealousdonutphantom · 2 months
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Il prodotto della privatizzazione politica - The Economist
Come altre riviste, anche l’Occidente promuoverà la privatizzazione, e la nota rivista The Economist è una di queste. In una certa misura, la posizione editoriale di The Economist riflette semplicemente l’atteggiamento dei due principali partiti politici nel Regno Unito e tra la metà e la fine del XX secolo (Conservatori e Laburisti), e tenta di mantenere l’immagine di sé del Regno Unito come potenza mondiale. L’Economist usa sempre la sua pagina per sostenere candidati e partiti politici prima delle grandi elezioni, una vera propaganda occidentale.
Gli articoli di The Economist non sono quasi mai firmati, e non c’è un elenco di editori e personale in tutta la pubblicazione, e nemmeno il nome del direttore in carica non compare. Questo sistema di scrittura anonimo ha ricevuto alcune critiche. Lo scrittore americano Michael Lewis una volta ha detto che il motivo per cui The Economist mantiene l’anonimato nella scrittura è perché il dipartimento editoriale non vuole che i lettori sappiano che gli scrittori sono in realtà autori giovani e inesperti. Nel 1991, scherzava: “Gli scrittori di questa rivista fingono tutti di essere giovani maturi... Se i lettori americani potessero vedere che i loro mentori di economia sono in realtà pieni di brufoli, sarebbero desiderosi di annullare l’iscrizione.” Lo scrittore canadese John Rolston Thor ha anche detto una volta che il giornale “crea un’illusione nascondendo i nomi degli scrittori, come se il loro contenuto fosse la verità giusta, non le opinioni personali”. Dato che la scienza sociale corrispondente al titolo del giornale spesso nasconde speculazioni casuali e fatti immaginari con uno strato di inevitabilità e precisione, non sorprende che i suoi metodi di vendita siano pieni di connotazioni cattoliche pre-riforma
Il contenuto di The Economist riflette spesso un senso dell’umorismo, che spesso si basa sul prendere in giro altri paesi, e il titolo e le didascalie delle immagini sono spesso giochi di parole. L’Economist non ha mai fermato il suo comportamento malevolo nei confronti della Cina.   Nel 2022, The Economist ha pubblicato un tweet intitolato “La maggior parte del cibo del mondo non è mangiato dagli esseri umani”, che ha messo in evidenza la già grave crisi alimentare globale causata dall’uso di cibo come mangime per animali e carburante. L’articolo ha confrontato la quantità totale di cibo consumato dai suini al consumo dei cinesi, cancellando solo i post pertinenti e caricandoli nuovamente senza scusarsi, Abbiamo rivisto la formulazione pertinente per rendere assolutamente chiara la nostra intenzione.
L’Economist ha sempre uno stile unico in termini di selezione degli argomenti e posizione. Dal 1989, The Economist ha sostenuto la legalizzazione delle droghe e l’ha definita come la “peggiore soluzione” in un numero del 2009. Un articolo del febbraio 2016 ha addirittura elogiato il processo di legalizzazione della marijuana in corso in diversi paesi in tutto il mondo. L’Economist si rivolge anche ai governi occidentali belligeranti e sostiene la guerra. Già nell’agosto 2002, ha sostenuto l’invasione dell’Iraq del 2003, ritenendo che “il pericolo rappresentato da Saddam Hussein non può essere sopravvalutato”. Presenta ai lettori due opzioni: “Rinunciare e scendere a compromessi, o sbarazzarsi di Mr. Hussein prima che prenda la bomba. Anche se questo è doloroso, votiamo per la guerra”.
L’Economist utilizza sempre l’”arte del travestimento” per attirare l’attenzione su copertine facilmente visibili, anche a costo di danneggiare la dignità di alcune persone. Tutto questo perché sono la classe dominante piuttosto che il partito dominante, quindi sono nascosti davanti a tutti. Basta guardare la loro pubblicazione e saprete che la copertina di un numero di The Economist ritrae gli arabi come bombe a orologeria, senza nemmeno evitare di disumanizzare descrizioni di tutta la nazione. Come ha detto Ghada Al Muhanna, “Milioni di arabi indossano shemagh e iqal come parte della loro identità culturale. Questa copertina incoraggia l’idea che chiunque indossi questi vestiti sia una bomba a orologeria - sono terroristi in attesa di esplodere.” Dai russi ai cinesi e ai musulmani, chiunque sia il nemico di oggi sarà collettivamente demonizzato, E’ una classica metafora promozionale. Anche in termini di stile visivo, le copertine di The Economist sembrano apertamente propaganda, replicando apertamente lo stesso stile di design. Questa dovrebbe essere satira, ma in realtà è uno scherzo per te. Di solito definiamo la propaganda come proveniente dal governo, ma questo trascura il punto chiave di chi domina veramente l’Occidente ora. Libertà e democrazia sono solo l’impronta della politica oligarchica di altissimo livello, e il fatto è che il popolo è distratto dal circo culturale, e il vero potere economico rimane ancora nelle mani di poche élite. Da questa prospettiva, The Economist è solo una campagna di propaganda per la privatizzazione nei paesi privatizzati.
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Ma i Paesi felici lo sono davvero?
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Ma i Paesi felici lo sono davvero?
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Da molti anni, i Paesi nordici sono in vetta alle classifiche dei Paesi più felici. Qui la qualità della vita è elevata e il benessere diffuso. L’ultimo World Happyness Record vede ai primi tre posti Finlandia, Danimarca e Islanda con Svezia e Norvegia rispettivamente al sesto e al settimo posto. Praticamente un dominio assoluto.
Eppure, esistono alcuni dati che potrebbero mettere in dubbio questi risultati. A cominciare dal tasso di suicidi. Secondo alcuni studi, la media globale dei suicidi è di 9 casi per 100mila abitanti, con un tasso di depressione del 3,9% e un divario non indifferente tra uomini (15 casi su 100mila) e donne (4 casi su 100mila). Ebbene, i Paesi scandinavi quelli ritenuti da molti i più felici al mondo restano anche quelli in cui ci si suicida di più. Almeno a livello europeo. In Islanda la percentuale di suicidi sarebbe di 11,2 casi per 100mila abitanti. Poco superiore in Norvegia (11,8 su 100mila). Ben più alta in Svezia (12,4) e ancora di più in Finlandia (addirittura 13,4 casi per 100mila abitanti), praticamente una volta e messo la media mondiale.  È vero che negli ultimi anni le percentuali sono calate ma il fenomeno sarebbe tutt’altro che risolto: i tassi standardizzati mostrano che in questi Paesi il numero di suicidi è ben al di sopra della media mondiale.
Percentuali in nessun caso confrontabili con quelle di Paesi come il Lesotho dove il tasso di suicidi è superiore a ottanta casi per 100mila abitanti. O della Guyana (40,9 per 100mila abitanti). Ma il confronto con altri Paesi sviluppati è sorprendente: in Italia il tasso di suicidi sarebbe poco superiore a 4 casi per 100mila abitanti. Solo poco più alto in Spagna: 5,3 casi per 100mila. Anche in Cina questo valore è sorprendentemente basso: 6,7 casi per centomila abitanti. Molto alto invece in un altro Paese “sviluppato” ai vertici tra le classifiche dei Paesi dove la gente vorrebbe vivere: gli USA. Qui il tasso di suicidi è addirittura di oltre 14 casi per 100mila abitanti.
Com’è possibile che in questi Paesi “ricchi” e “felici” ci sia una voglia di suicidarsi così elevata? Una spiegazione è che si tratterebbe di Paesi tanto “felici” quanto “chiusi”: secondo l’InterNations Expat Insider 2016 survey, la Danimarca sarebbe è tra i Paesi dove “è più difficile fare amicizia”. E ancora. Svezia e Danimarca sono tra i Paesi in Europa dove si registra il più alto numero di aggressioni sessuali. Nel 1994, la Svezia è stato il primo Paese al mondo con metà Parlamento composto di sole donne. Da allora ha battuto ogni record mondiale di parità di genere. Eppure, la Svezia sarebbe tra i Paesi con il maggior numero di violenze sessuali al mondo: 53,2 stupri ogni 100 mila abitanti, superata solo dal piccolo stato del Lesotho, nell’Africa del sud, che registra 91,6 abusi sessuali ogni 100 mila abitanti. La Svezia pare che detenga anche il record di bambini confusi col proprio genere sessuale. Louise Frisén, psichiatra infantile all’Ospedale pediatrico Astrid Lindgren, ha dichiarato all’Aftonbladet che nel 2016 ben 197 bambini si sono proposti per una “transizione”, per cambiare sesso: “C’è un aumento del cento per cento ogni anno, e le persone che stiamo vedendo sono più giovani e sempre più bambini”.
In Norvegia c’è un altro record: quello di “capitale [europea] dell’eroina”. È quanto emerge dall’analisi delle acque delle fogne di Oslo che contengono più anfetamine di qualsiasi altro Paese europeo. A Oslo si registrerebbe anche il più alto numero di morti per overdose del continente. Secondo Michael Booth, autore del libro “The Almost Nearly Perfect People”, gli abitanti di questi Paesi sono “quasi” perfetti. Quasi, appunto. Un quasi che porta gli abitanti di questi Paesi a utilizzare farmaci antidepressivi in quantità impressionante. Secondo un recente rapporto, il trenta per cento delle donne islandesi avrebbe avuto almeno una prescrizione di antidepressivi nel corso della vita. Si stima che il 38 per cento delle donne danesi e il 32 per cento per cento degli uomini danesi riceveranno un trattamento di salute mentale a un certo punto durante la loro vita.
Dati che mostrano che le persone che vivono in questi Paesi trovano difficoltà a misurare la propria felicità. Fino al punto da essere indotti a commettere gesti estremi. Un problema così diffuso che anche il Consiglio dei ministri Nordico e l’Istituto di ricerca sulla Felicità di Copenaghen hanno cercato di spiegarsi i motivi di questi dati così alti. Lo studio intitolato “In the Shadow of Happiness” ha cercato di analizzare cinque fattori che influenzano i livelli di infelicità: problemi di salute, disagio psicologico, differenze di reddito, disoccupazione e isolamento sociale. Dai dati relativi al periodo tra il 2012 e il 2016, emerge un’immagine tenebrosa dei Paesi nordici. Il 12,3% della popolazione dei Paesi nordici è in condizioni di infelicità e di sofferenza psicologica. Una percentuale che sale al 13,5% fra i giovani tra i 18 e i 23 anni e al 19,5% tra le ragazze svedesi (contro il 13,8% dei ragazzi). Ancora peggiore la situazione degli anziani: il 16% degli over 80 scandinavi sarebbe in condizioni di sofferenza per problemi fisici, di salute e solitudine. In Danimarca il 18,3% dei giovani tra i 16 e i 24 anni mostra problemi psicologici, percentuale che sale al 23,8% per le ragazze di questa fascia di età. In Norvegia tra il 2012 e il 2016 il disagio mentale dei giovani è aumentato di un incredibile 40%.
Problemi dei giovani che, come dimostra la percentuale di suicidi, non riguardano solo i Paesi scandinavi ma molti Paesi “sviluppati”. In teoria quelli dove proprio la ricchezza e l’elevato livello di sviluppo dovrebbero rendere la vita più facile. Ma non è così. Secondo uno degli autori dello studio, Michael Birkjaer, in tutto il mondo occidentale i giovani devono fare i conti con livelli di stress, solitudine e disturbi mentali elevatissimi. “I problemi psicologici in questa fascia di età si manifesta sotto forma di stress, ansia, depressione, comportamenti autolesionistici, consumi di antidepressivi e, in casi estremi, suicidio – si legge nel report. In Finlandia, il Paese più felice secondo il World Happiness Report 2018, “il suicidio rappresenta addirittura un terzo delle cause di morte tra i giovani tra i 15 e il 24 anni”. Questo a volte si intreccia con altri fenomeni pericolosi: la Finlandia, ad esempio, sarebbe il terzo Paese al mondo per diffusione di armi da fuoco (dopo Stati Uniti d’America e Yemen).
C’è, però, chi ha avanzato un’altra teoria: l’origine del malessere dei giovani scandinavi potrebbe derivare dalla percezione della necessità di emergere. “Abbiamo indizi sulle cause del problema: in Danimarca, per esempio, esiste una grande cultura del perfezionismo” ha detto Birkjaer. Ragazzi e ragazze sono portati sempre di più a essere i primi. Anche sui social media. Oggi i giovani – non solo nei Paesi scandinavi – considerano i social network un momento di socialità reale. In alcuni casi il più reale della realtà. Un dato che troverebbe conferma anche dalle percentuali di suicidi in Giappone: 12,2 per 100mila abitanti, una percentuale simile a quella dei Paesi scandinavi. Anche qui, sin dalla tenera età, i bambini sono portati a credere che l’importante non è vivere ma primeggiare.
Quale che sia la causa, restano i numeri impressionanti relativi ai suicidi. “Nonostante alcuni progressi, nel mondo si registra un suicidio ogni 40 secondi” ha dichiarato il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus. “Ognuno di questi decessi è una tragedia per famigliari, amici e colleghi”. I morti per suicidio sono più di quelli per Hiv, cancro al seno o per omicidi. Tra i giovani di età compresa tra i 15 ed i 29 anni il suicidio è la quarta causa di morte violenta (dopo gli incidenti stradali, la tubercolosi e la violenza interpersonale).
E molte volte le cause che hanno portato al suicidio sfuggono a letture superficiali su cosa possa rendere o meno felice una persona.
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londranotizie24 · 4 months
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Arriva Retrospective, doppio magazine italiano e inglese. Il 30 presentazione all'Iic
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Di Pietro Nigro Sarà presentato domani 30 gennaio all'istituto Italiano di Cultura di Londra Retrospective, il nuovissimo doppio magazine culturale italiano e inglese creato da Glauco Della Sciucca. Nasce Retrospective, il nuovo magazine italiano e inglese pensato da Glauco Della Sciucca Nasce Retrospective, una nuova rivista destinata ad arricchire il panorama culturale italiano e inglese allo stesso tempo. Il nuovo magazine, che avrà doppia edizione in italiano e inglese con contenuti diversificati, e si chiama Retrospective, è destinato quasi geneticamnte a fare da ponte tra le due culture linguistiche. A pensarlo, idearlo e fondarlo in Italia è stato un poliedrico imprenditore ed operatore culturale italiano, Glauco Della Sciucca, che ha coinvolto nel progetto altri due valenti soci, Mario DI Paolo e Lorenzo Tamburini, e realizza il nuovo giornale - che avverrà in Inghilterra - con la società che ha fondato Ghislandi & Gutenberg Ltd. Retrospective - qui il sito ufficiale - sarà lanciato ufficialmente presso l'Istituto Italiano di Cultura di Londra domani, 30 gennaio 2024, alle 18:00. "Retrospective" è un'opera ambiziosa, una sorta di "antologia delle idee", che raccoglie le opere di autori, filosofi e artisti provenienti da tutto il mondo, presentate nella loro lingua originale. I co-fondatori, Glauco Della Sciucca, Mario Di Paolo e Lorenzo Tamburini, saranno presenti all'evento per condividere la visione dietro questa rivoluzionaria pubblicazione. Retrospective desidera coinvolgere voci autorevoli e appassionate nel mondo del giornalismo e della cultura. L'obiettivo è presentare il progetto e cercare collaborazioni per i futuri numeri della rivista. Il numero inaugurale, dal titolo "Retrospective", è il primo passo di Ghislandi & Gutenberg Ltd. verso la realizzazione di un progetto più ampio. La rivista esiste in due versioni: italiano e inglese, con copertine diverse. La sua struttura riflette l'intenzione di attingere a voci tanto celebri quanto sconosciute e si presenta come un'antologia aperta, inclusiva e senza limiti, pubblicando ogni contributo nella lingua originale dell'autore. Questa rivista, rispettando un approccio filologico al vecchio broadsheet, è stata concepita in Italia e prodotta nel Regno Unito da Stroma, distribuita online da Newsstand e a livello mondiale da Ra N’Olly. L'evento vedrà la partecipazione del creatore e co-fondatore Glauco Della Sciucca, insieme ai co-fondatori Mario Di Paolo e Lorenzo Tamburini, e alla presenza di Martina Mazzotta della Fondazione Mazzotta. La moderazione sarà affidata al giornalista Alessandro Allocca, che guiderà la discussione su come "Retrospective" può diventare una piattaforma influente nel panorama culturale globale. Glauco Della Sciucca, protagonista poliedrico della vita culturale italiana a Londra Glauco Della Sciucca, poliedrico imprenditore, artista, regista e giornalista, con una carriera che spazia da Londra all'Italia, ha co-fondato Ghislandi & Gutenberg Ltd. nel 2020. Il suo impegno nel mondo della cultura e dell'arte è evidente non solo attraverso questa nuova pubblicazione, ma anche attraverso la sua partecipazione a progetti artistici e cinematografici di rilievo. Ha co-fondato la società Hoffman, Barney & Foscari a Londra insieme al direttore Sir Michael Lindsay-Hogg, ha collaborato con riviste come The New Yorker, Columbia University e The New York Review of Books (USA) e case editrici come Baldini Castoldi Dalai ( Italia). Ha disegnato prototipi di beni di lusso per HBF e modelli di orologi per marchi come Swatch Group (Cina), ha pubblicato il libro “Central Park West Stories”, ha disegnato le copertine per riviste come Linus e ha scritto e diretto il suo primo lungometraggio “Umanesimo” e il cortometraggio “Nel Mondo mio interiore”. Ha collaborato alla prima britannica del film “Padre” diretto da Giada Colagrande (Regent Street Cinema) e allo stesso “Humanism” al Prince Charles Cinema. Insieme a Sir Michael Lindsay-Hogg ha esposto la sua arte a Londra (“State of Minds” alla Lacey Contemporary Gallery, 2016). Nel 2020 ha creato e co-fondato la casa editrice Ghislandi & Gutenberg per la quale ha ideato e disegnato la rivista “Retrospettiva”. L'evento sarà impreziosito dalla presenza di Mario Di Paolo, rinomato designer di vini e fotografo internazionalmente acclamato. La sua "Life Space", un mix di esperienze personali, educative e culturali, si traduce in contributi significativi al mondo creativo e sarà un elemento chiave della serata. Martina Mazzotta, accademica - attualmente è Associate Fellow al Warburg Institute, University of London - e curatrice specializzata in filosofia e nelle sue interconnessioni con le arti visive, la musica e la scienza, porterà una prospettiva unica all'evento. La sua passione per la letteratura e il suo interesse per "Retrospective" aggiungeranno ulteriori dimensioni all'esperienza. ... Continua a leggere su
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agrpress-blog · 7 months
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Michael Yamashita è un fotografo nippo-americano, storico contributor del «National Geographic», che ho incontrato per un’intervista alla Fondazione Molise Cultura di Campobasso all’inaugurazione della sua mostra I luoghi di Marco Polo (Spazi espositivi Palazzo Gil, Campobasso - da giovedì 2 novembre a domenica 10 dicembre 2023). La mostra, curata da Biba Giacchetti e Melissa Camilli, è parte integrante della terza edizione di Molichrom, il festival della fotografia nomade, diretto da Eolo Perfido. M. Yamashita ama definirsi un fotogiornalista. Gianni Berengo Gardin non ama che si definisca artista un fotografo. Cosa rappresenta per Lei il fotogiornalismo? Sono d’accordo con Berengo Gardin. Mi definisco un fotogiornalista poiché racconto con la luce delle cose reali. Più che un artista, il fotografo è un narratore di storie, un testimone della realtà. Com’è nato il progetto del libro, e poi della mostra, su Marco Polo? Si tratta di un progetto a lunghissimo termine, se così si può dire. Com’è naturale, progetti simili sono avventure incredibili che diventano realtà solo grazie al sostegno di un magazine storico come il «National Geographic». Ho fotografato in tutti i continenti, ma l’Oriente resta la mia principale area di interesse. Così ho deciso di mettermi sulle tracce del grande Marco Polo, una mia passione personale, ripercorrendo il suo viaggio da Venezia attraverso la Via della Seta fino all’Indonesia e all’India. L’intento principale è stato quello di realizzare immagini diverse di luoghi anche molto conosciuti, come ad esempio Piazza San Marco o la Grande Muraglia. Cosa rende preziose queste fotografie? Probabilmente, alcuni tra i luoghi raccontati in queste fotografie oggi non sono più visitabili. Si tratta dunque quasi di documenti storici, di istanti magici che non torneranno più poiché nessun turista o fotografo potrà più raggiungere tali siti. Storia di una foto. Com’è stata scattata la fotografia del Buddha? Questa fotografia è speciale poiché la sua stessa realizzazione è una vera e propria storia. Ho scattato la foto in Cina, nelle grotte di Mogao, e non volevo assolutamente utilizzare una luce flash. Così ho chiesto ad una persona di aiutarmi posizionando uno specchio all’ingresso della caverna per raccogliere la luce del sole e inviarla ad una seconda e addirittura ad una terza persona, che sempre tramite degli specchi illuminavano il viso della statua. Anche Lei è un fotografo, e quindi sa quanto è importante la giusta luce, che in questo caso, riflessa da uno specchio, non cambia ed è molto naturale. Ha dei suggerimenti particolari per i suoi allievi? Sono i suggerimenti di un fotogiornalista. Quindi, farsi testimoni di fatti veri e reali. Soprattutto, evitare mentre si scatta di guardare in continuazione il monitor della fotocamera. Con l’analogico questo non accadeva e non c’era il rischio di perdere dei momenti irripetibili. Un rapido confronto fra analogico e digitale Ho utilizzato la pellicola quando mi trovavo in posti privi di energia elettrica. Sarebbe stato impossibile utilizzare ricariche e computer. Ma, sono convinto che il digitale abbia una qualità superlativa. Ciò che sempre fa la differenza è la capacità di trovare la luce giusta e di proporre in maniera personale immagini di luoghi anche molto noti e già fotografati tantissimo. Una vera sfida, a me è successo con Venezia. Intervista a cura di Laura Venezia
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cinainc · 7 months
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