Post ansiogeno - a.k.a. Matrix IV Resfigated
Da un’idea di @mostri-ciattolo e uno spunto di @sinpleasuresworld, facendo una passeggiata nei boschi mi è venuto in mente questo post, sperando che possa essere una parentesi di risate per tutti, di riflessione per qualcuno e di sollievo per chi ne ha bisogno.
Come recita @notseriously-mica, questo post può contenere tracce di ironia e frutta a guscio.
Molte delle persone che leggo qui sono universitari o laureati da poco, quindi, siccome un Papero da fiume non ha nulla da dirvi riguardo alle sfighe dello studio, per semplificare il post ambiento il tutto all’istante dopo la laurea.
Ottimo, avete il vostro sudato foglio, tocca a voi, pronti a fare il mazzo a tutti. Mentre cercate lavoro su Internet, una notte vi addormentate sulla tastiera. All’improvviso vi trovate in una stanza verde, manette ai polsi, con due agenti che vi osservano, ed entra un terzo. Si siede, apre un faldone, e vi dice:
“Mr. Anderson, da quello che leggo qui, lei conduce due vite. In una, lei è stato uno studente modello, cresciuto in una famiglia normale, dove fa anche del volontariato e ha vinto la Coppa di Atletica del paesello. L’altra invece la passa su Tumblr, col nome di lassateme-perde, dove accusa la società che le abbiamo posto davanti di essere ingiusta, e continua a fare proseliti su come combattere il sistema. Una di queste vite ha un futuro ... l’altra, no.”.
Ovviamente la vostra risposta spavalda è:
“Io me ne frego dei suoi metodi da Gestapo del cazzo! Intanto le mostro il mio dito medio, e mi fa fare la mia fottuta telefonata”.
A questo punto, il nostro personaggio immaginario, che chiameremo con un guizzo di fantasia Agente Smith, vi infila una cimice, ma stavolta non per l’ombelico, ma su per il ... ok, se semo capiti.
All’improvviso vi risvegliate, e vi è arrivata un’email. Felicità top, vi chiamano per un colloquio dall’altro lato dell’Italia. Certo, vi mancherà mamma’, machisenefotte, io voglio essere indipendente e guadagnare schifosamente!
Belli felici, vi avviate al colloquio. Vi accoglie uno che è preciso preciso all’Agente Smith. Ma lì minimizzate, chi non ha un sosia nella vita. Lui apre un faldone, e chiede:
“Mr. Anderson, benvenuto. Mi racconti di lei.”
Snocciolate tutta la vostra cultura, Nikola Tesla vi fa una pippa, avete appena messo in discussione la Relatività Ristretta e il Time vi ha dedicato una pagina, che avete allegato al curriculum. Ma lui si guarda le unghie, risponde al cellulare, fa una battuta sessista alla ragazza gnocca della reception, si gratta pure il pacco, e poi vi interrompe con un:
“Va bene, le diamo 23.000 euro lordi all’anno, con un contratto a tempo determinato. Perché noi crediamo in lei, Mr. Anderson, so già che lei farà grandi cose.”
Al che voi chiederete maggiori informazioni ...
“Mr. Anderson, lei conduce due vite ...”
E voi, memori del trattamento:
“No, lasci stare, ho afferrato. Va bene così”.
Machisenefotte, avete un lavoro! Oh, cazz, 23.000 euro lordi, e chi li ha visti mai!
Realizzate sul posto che vi siete avviati così, alla cazzo, da casa, senza cercare un riparo per le intemperie. Sotto con gli annunci di casa, dicendo a voi stessi “ma col cazzo che torno a convivere con gli inquilini, adesso ho una vita!”. Durante la ricerca vi arrangiate da un amico.
Al primo giorno di lavoro, vi accoglie il vostro capo, pelato ma con i capelli ai lati della testa (sono tutti così), e questo è il vostro primo dialogo:
Lui: Cristo, un rifiuto dell’università, potrei pure morire ...
Voi: Come la devo chiamare?
Lui: Chiamami DIO!
(chi indovina da quale film è preso questo dialogo ha una birra pagata).
Inizia a mancarvi mamma’, ma siete troppo orgogliosi per tornare indietro.
Alla prima busta paga realizzate che tra IRPEF, TFR, contributi pensionistici a perdere, tassazione regionale, S.S.N., assicurazioni, spaludamento della Padana, contributo per salvare il Panda in estinzione e il lifting di Barbara d’Urso, non arrivate manco a 1.200 netti. Si torna a convivere.
Però siete ottimisti, e pensate “vabbè, gli inizi sono difficili per tutti, pure all’Uni era così, ma adesso ci rifacciamo. Un paio di anni di lavoro, e potrò avere una casa mia!”.
Dopo due anni avete messo qualcosa da parte, mangiando come uno scoiattolo e inventando problemi gastrointestinali quando vi invitavano ad andare al cinema.
Trovate un appartamento da 35 mq. netti, roba che l’ONU invocherebbe la Tortura e il Mancato Rispetto dei Diritti Umani, ma sticazzi l’ONU, chi cazz se l’è cagato mai, io voglio andare a vivere da solo. E’ perfetto.
Andate in Banca, vi accoglie il Direttore. Uguale uguale all’Agente Smith pure lui, iniziate a sentire odore di bruciato. Ma adesso avete altri cazzi per la testa, non c’è tempo per fare dietrologie.
“Mr. Anderson, così lei vuole aprire un mutuo...”
Voi spiegate che è necessario per costruire la vostra vita, per iniziare ad investire sul vostro futuro, che è importante per la società investire sui giovani, siete i futuri pilastri dell’economia. Ma lui si guarda le unghie, risponde al cellulare, fa una battuta sessista alla cassiera gnocca allo sportello 2, si gratta pure il pacco, e poi vi interrompe con un:
“Firmi qui per avere 100.000 euro a tasso fisso, da restituire in 20 anni, dietro consegna della sua vita, quella dei suoi genitori, il vostro casolare in campagna, e diritto di disporre del vostro corpo dopo la morte.”
Vi lamentate che le condizioni sono eccessive, visto il vostro magro stipendio, ma lui:
“Mr. Anderson, lei conduce due vite ...”
Ringraziate il Santo Direttore e vi avviate all’uscita, pensando “massì, fa il suo lavoro ... poi adesso chiedo l’aumento al capo, e un po’ alla volta lo ripago”.
Vi rivolgete al capo, dicendo “lavoro qui da due anni, mai una vacanza, mai una malattia, lavoro anche nei weekend, ho dato il massimo, credo che debba essere riconosciuto il mio contributo in azienda!”
Al che lui si incazza, vi molla 2.000 euro lordi in più all’anno (che il Governo si fotterà il mese seguente con una finanziaria Lacrime e Sangue), e vi dice
“Non mi piaci Mr. Anderson. Ricordati che da oggi ti tengo d’occhio ... ricordati che DIO TI GUARDA!”
Dio e la Madonna solo sanno come avete fatto, ma siete riusciti a trovare una auto usata d’occasione, e vi caricate di altre rate. Tanto chi non ha debiti in Italia!!!
Alla prima uscita, beccate in pieno una buca grande quanto l’Etna, spaccate il semiasse, cerchione e ruote. Andate dal meccanico bestemmiando tutti i Santi in maniera periodica. Non ci crederete, embe’, Agente Smith pure lui. Non è possibile, cazzo!
“Mr. Anderson, qui c’è da rifare la testata del motore.”
Vi lamentate che si è rotto solo il semiasse, non siete esperti di meccanica, ma che cazzo c’entra la testata, ma lui si guarda le unghie, risponde al cellulare, fa una battuta sessista alla segretaria all’accettazione, si gratta pure il pacco, e poi vi interrompe con un:
“Mr. Anderson, lei conduce due vite ...”
Vi fate mettere anche i neon sotto le ruote, erano in offerta.
Risolta la casa, l’auto, il lavoro, siete esausti. Non avete avuto 5 minuti per voi, vi meritate una vacanza. Che belli sarebbero gli USA! New York, il vostro sogno da piccoli. Agenzia di viaggi, massì, chissenefrega! Non si vive per lavorare, si lavora per vivere!
Ormai vi siete rotti il cazzo di vedere Agenti Smith dovunque, ma tanto, in qualsiasi agenzia viaggi andate, c’è sempre lui. Ma stranamente, stavolta, non ha quella solita faccia da stronzo, anzi, vi offre anche il caffè, vi fa sentire importanti, padroni delle vostre scelte. Sì, Broadway, Times Square, tutto fighissimo. Tornate a casa con i biglietti e un sogno.
Ad una settimana dalla partenza, con già il poster del Boss nella valigia, si abbatte un tifone di quelli che non si erano mai visti prima, si innalzano i mari, New York sotto 10 mt. d’acqua, un troiaio assurdo. Il telefono squilla:
“Mr. Anderson, noi avevamo fatto l’assicurazione contro lo scioglimento della calotta polare artica? No? Male. Beh, le vengo incontro, le propongo come ripiego un weekend a Venezia”.
Al che fate notare che un viaggio a New York non c’entra proprio un cazzo con un weekend a Venezia, ma lui (anche se non lo vedete perché al telefono) si guarda le unghie, risponde al cellulare, fa una battuta sessista alla tipa del video di Pornhub che sta guardando, si gratta pure il pacco, e poi vi interrompe con un:
“Mr. Anderson, devo ricordarle quante vite conduce?”
Prendete l’opzione All-You-Can-Gondola, con una differenza di altri 200 euro.
E l’Agente Smith lo ritroverete al CAF, sarà il vostro dottore che vi dirà che avete il colesterolo a palla e quindi niente più pecorino romano, fino al giorno che vi ritroverete a guardare una Mara Venier virtuale su Rai 1, con una copertina sui piedi e un infermiere Agente Smith, ma ormai non capite più nulla e vi ostinate a chiamarlo “mamma��.
-------
Ovviamente è tutto uno scherzo, anche se alcuni dei fatti elencati sono presi dalla mia vita, altri gonfiati esageratamente per renderli buffi. Giusto per dirvi che di sfighe ne abbiamo a mazzi, tutti, in tutte le fasi della nostra vita, e abbiamo a mio parere tre scelte: ignorarle, fasciarci la testa, o incazzarci un giorno sì e uno no. Io ho scelto la terza.
25 notes
·
View notes
Regali pelosi
Guardavo i libri negli scaffali della biblioteca di un amico, così, in una pausa della conversazione, senza tanto interesse da che lo so coltivare letture ben lontane dalle mie; e lo sguardo mi è caduto su un dorso colorato ben diverso dagli altri; ho piegato la testa di lato ed ho letto il titolo del libro: “Da una lacrima sul viso”. L’ho immediatamente estratto e mi si è presentata una copertina caotica, al limite dell’illeggibile, in cui mi è balzato agli occhi: “… canzoni + deprimenti del pop italiano”.
“Lo devo leggere! Me lo presti?”, ho chiesto al mio amico in un tono un po’ sopra le righe.
Lui mi ha subito risposto: “Certo!”; poi ha guardato, ha riflettuto qualche istante come a chiedersi cosa ci facesse quel libro nella sua biblioteca, ed ha aggiunto: “Me lo hai regalato tu..!”
“Non ricordo, sei sicuro?”
“Sì”, mi conferma. “Strano che non ti ricordi.”
“È possibile che te l’abbia regalato io, è il tipo di libri che potrei regalare… per farmeli poi prestare.”
“Ho provato a leggere qualche pagina ma non è roba per me; è di quelle cose che leggi tu.”
“Già… Ho spesso regalato cose adatte più a me che alla persona a cui erano destinate…”, ho ammesso con un certo senso di colpa.
Senza rifare due volte la stessa domanda, ho appoggiato il libro sul tavolino e vi ho messo sopra le chiavi della macchina, per non dimenticare di portarlo a casa. E difatti adesso è qui con me, in attesa di essere letto: finalmente, povera gioia…
È vero, a settant’anni posso ammetterlo: i regali che ho fatto erano essenzialmente cose che piacevano a me, che regalavo come per fare conoscere qualcosa di me, o per iniziare gli altri a cose che interessavano me e che erano una loro imperdonabile lacuna.
Ricordo i libri che ho regalato e che non ho nemmeno fatto a tempo a farmi imprestare, spariti chissà dove. Un prezioso Popeye dei primi decenni pubblicato dalla Milano Libri, una voluminosa storia del complottismo degna di miglior sorte di quella a cui l’ho destinata... E aggiungiamoci pure il trenino elettrico che regalai a mio figlio ad appena sei mesi di vita.
Un approccio deleterio, lo riconosco... Mi piace pensare di avere smesso, ma non ne sono molto sicuro. L’idea di regalare una cosa che non mi piace, non mi interessa o che addirittura detesto, continua a sembrarmi contronatura.
Uno di questi regali per così dire pelosi ha avuto una storia un po’ particolare che ha rimesso le cose giuste al posto giusto. Avevo regalato ad una amica La maschera di scimmia di Dorothy Porter, un poliziesco che capovolge gli schemi: scritto in versi, che è una forma “nobile” che nessuno penserebbe di applicare al genere, che ha come protagonista un detective donna e pure lesbica, come per dileggio allo stereotipo del detective maschio e irresistibile. Io lo avevo letto, mi era piaciuto molto, ma non ne ero in possesso, non ricordo come mai: strano, perché sono un feticista che ama possedere i libri che ama. Quel libro mancava nella mia biblioteca, non solo nel senso che non c’era, ma anche nel senso che avrebbe dovuto esserci. Lo comprai e lo regalai a questa amica, va’ a capire i lati oscuri dell’animo umano.
Qualche anno dopo capitò che incontrassi la mia amica con un paio di scatoloni di cartone in macchina; mi disse che erano pieni di libri che stava andando a buttare perché aveva avuto la casa allagata in una recente alluvione e si erano bagnati. “Fammici dare un’occhiata”, le dissi; “se del caso li butto io”; e me li feci dare.
Appena arrivato a casa iniziai l’inventario, direi con trepidazione. E questo è quanto: primo, non era vero che i libri fossero alluvionati, semplicemente stava andando a buttarli; secondo, erano essenzialmente stronzate, libri di narrativa e thriller “da supermercato”, robe scritte in serie da autori che devono tenere il passo con le scadenze di un contratto che ha l’unico scopo di garantirgli un alto tenore di vita, americanate di pessimo genere, insomma; terzo e più importante di tutti, c’era il “mio” libro, La maschera di scimmia: immacolato, e d’altronde con una che leggeva quelle stronzate non avrebbe potuto essere diversamente.
Contento di essere venuto in possesso del libro che mancava alla mia biblioteca, non ebbi nemmeno modo di risentirmi o di offendermi con la mia amica. Torna a casa, Lassie…
(... il che mi fa venire in mente quel cartello affisso ad un portone, a Torino: “Vendesi cani lessi”.)
0 notes
Il dilemma della giusta copertina
Sto ancora fissando una delle librerie della biblioteca privata all’Elysium di Amburgo per scegliere in quale nuovo racconto immergermi.
Saranno passate ore...forse è il caso di prenderne uno. Quello porpora? Quello intarsiato? Quello con la copertina che rimanda al colore delle foglie d’Acacia?
Difficile scegliere.
Sono sicuramente una di quelle persone che decide in base alla copertina.
So che c’è molto di più, ma ciò che vedi da fuori, al primo impatto, è essenziale per rendere attraente e accattivante un incontro con lo sconosciuto.
Se un involucro è antiestetico, mi crea del disagio.
Lo sento alla bocca dello stomaco, quell’organo rattrappito dentro la cassa toracica che però a volte ancora sembra funzionare, quando faccio fluire il sangue in esso per poter fingere di nutrirmi come gli umani.
E’ una delle cose che mi piace di più, assaggiare il cibo odierno.
Lo fanno con una tale cura! Soprattutto quella cosa strana...la cucina...Molecolare, credo si chiami. E’ così tecnologica come cosa, sentire il gusto di un vitello in una specie di zolletta di zucchero, o la marmellata in qualcosa che pare più che altro un uovo. Mi emoziona!
La presentazione poi è così estetica...mi piace. Mi ispira. Mi fa assaporare il bello ancor prima del buono, sì. Ritengo tutto ciò alquanto essenziale per rendere una giornata degna di ricordi positivi.
Anche quando ero giovane spesso giudicavo dalle apparenze.
Col tempo ho imparato a leggere gli individui, scrutarli nel profondo...credo che questa sia una di quelle cose che apprendi quando diventi più vecchio e saggio.
Molto me l’ha insegnato Sfinge.
Pur non sembrando, è uno che capisce la vera natura di una persona al primo sguardo e non si tira indietro in nessun caso, anche se colui che ha di fronte è l’opposto di ciò in cui crede. E’ molto bravo con la politica, glielo devo riconoscere.
E’ stato lui che, all’Università, ebbe per primo fiducia in me.
Ero ciò che nel mondo odierno si definirebbe come Nerd.
Piccoletto, mingherlino, capello riccio castano perennemente scompigliato, acne e naso incastrato nei libri.
Dato che non avevo più di tanti amici, avevo imparato nozioni su ogni cosa, sapevo tutto di tutto e mi guadagnavo il diritto d’esser lasciato in pace grazie agli appunti che puntualmente passavo a chi aveva bisogno.
Fare Giurisprudenza non è mai stata una passeggiata, soprattutto a Cambridge, ma potevo essere utile anche in materie economiche e scientifiche, oppure in storia e letteratura. Nessun problema.
Per il resto, però, non ero accattivante. Osservavo gli altri con sospetto, in disparte, non partecipavo ai convegni o alle feste né avevo una vita al di fuori della biblioteca...e non avevo il minimo tempo per il gentil sesso.
Mi sarebbe piaciuto essere un dongiovanni, e molto anche, ma come potevo essere interessante? Non volevo che mi si avvicinassero solo per il rango nobiliare o per il conto in banca, volevo che fossero affascinate dalla mia arguzia, dal mio savoir-faire e dal mio senso dell’umorismo! Quindi preferivo evitare conoscenze di cortesia, e mi tenevo alla distanza.
Eppure...Sfinge mi notò.
La sua proverbiale mancanza di senso dell’orientamento era già potente nella sua persona quando, il primo giorno dell’anno accademico (avevo solo 19 anni!), alle 16.35 mi corse incontro, trafelato.
Ricordo ancora le sue esatte parole: “TU! Tu che sembri uno con un’aria meno da coglione di tutti gli altri, aiutami a trovare la mia stanza, sono quattro ore che giro a vuoto per questo cazzo di campus!”
...avrei voluto scappare, ma non lo feci.
Forse per paura, o per fascino...quel ragazzo sapeva ammaliare con uno sguardo.
Scoprii che eravamo pure vicini, nello stesso corridoio!
Dopo avergli mostrato la via fino alla sua camera, volle a tutti i costi invitarmi a mangiare dei dolcetti che aveva fatto sua madre per lui (irlandesissimi...sospetto ci fossero quintali di whiskey lì dentro!) e mi fermai a fare due chiacchiere.
...si rivelò più che altro un interrogatorio, ma lui fu così simpatico e affabile che non me ne resi conto e conversai per la prima volta a cuore aperto, senza remore.
Da quel momento, siamo stati inseparabili.
Mi ha giusto mandato un messaggio sul cellulare.
All’interno c’è un disegno stupido fatto da lui, con una sorta di volpe col sedere sulla schiena di una scimmia, con scritto: “Culi per gli amici! Passa bene il tuo weekend ad Amburgo con quella frigida della tua cara Sire (potresti pensare a farle un regalo e scioglierla un po’, no? Poveretta...sempre senza peni con cui sfogarsi...sei crudele), poi porta le tue regali chiappe a Londra che voglio rifare il bagno del primo piano della Villa Argentea e mi serve il tuo parere professionale da Toreador del cazzo! TIVUBI faccia da schiaffi!”
Sempre così romantico.
...dov’eravamo rimasti? Ah sì!
Insomma, non so che libro scegliere. Penso che questa volta opterò per un classico: La Nausea di Sartre.
La copertina è di una carta ricercata, antica, con un’illustrazione verde sfumante in nero. Raffigura un cuore umano, dal quale partono rami d’un albero...
Leggo le prime righe e so già che lo amerò.
“ La miglior cosa sarebbe scrivere gli avvenimenti giorno per giorno. Tenere un diario per vederci chiaro. Non lasciar sfuggire le sfumature, i piccoli fatti anche se non sembrano avere alcuna importanza, e soprattutto classificarli. Bisogna dire come io vedo questa tavola, la via, le persone, il mio pacchetto di tabacco, poiché è questo che è cambiato. Occorre determinare esattamente l’estensione e la natura di questo cambiamento. “
0 notes