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#dialetti
aitan · 3 months
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"Generalmente, un dialetto è molto meno codificato di una lingua. Infatti, dei dialetti esistono numerose varianti, nessuna delle quali si impone sull’altra come “corretta” o preferibile; anche perché tutte le lingue vernacolari e i dialetti sono insofferenti alle regole, alle classificazioni, alle accademie ed alle grammatiche normative. In genere, non esiste nemmeno un sistema unico e standardizzato che permetta tutti di scriverlo allo stesso modo.
Se si cominciasse a insegnarlo a scuola (come hanno fatto in Spagna con il catalano, il gallego e il basco) si dovrebbe scegliere uno standard che costringerebbe le comunità di parlanti a utilizzare un unico codice scritto e orale. Cosa che a me, personalmente, non farebbe affatto piacere. Il dialetto è per sua natura anarchico e insofferente a briglie e regole fisse."
Questo scrivevo un paio di anni fa e questo credo ancora oggi, a prescindere (ma non troppo) dal caso geolier.
Aggiungo che Geolier non lo conosco, ma mi sta incuriosendo tutto questo parlare del suo napoletano scritto e orale; tuttavia, so bene che anche i rapper afroamericani scrivono spesso in un inglese difficilmente comprensibile da chi non conosce lo "Jive English" (U, B4, thru, Yo, what's crackin', homie? We chillin' on the block, keepin' it real, ya feel me?).
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jaettps · 1 year
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langsandlit · 2 years
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E’ ineccepibile che la decisione di barrare le porte della scuola ad un plurilinguismo millenario è antistorica per definizione, e quindi una delle cose più artificiali che esistano.
E’ ineccepibile inoltre che un sistema scolastico che si è da sempre ostinato a parlare ed insegnare solo ed esclusivamente il dialetto toscano (anche se con il rebranding di “lingua italiana”) a bambini non toscanofoni non ha nulla di naturale.
Così come non c’è nulla di naturale nello spingere i genitori a non parlare la loro lingua madre con i propri figli. Semmai, parlare la propria lingua madre con i figli è la cosa più naturale che esista, mentre parlare loro una lingua imparata attraverso le bacchettate e i quiz di Mike Bongiorno è tanto artificiale quanto grottesco.
E’ ovvio dunque che il procedimento che sta portando la morte della diversità linguistica in Italia ha ben poco in comune con la presunta “morte naturale” e molto con una condanna a morte.
A sobering article. It’s a good reminder that denial and promotion of linguicide is engineered by nation-states to enforce cultural and linguistic imperialism.
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gregor-samsung · 2 years
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Doppo l’elezzioni
Nun c’era un muro senza un manifesto, Roma s’era vestita d’Arlecchino; ogni passo trovavi un attacchino ch’appiccicava un candidato onesto, cór programma politico a colori, pe’ sbarbajà la vista a l’elettori.
Promesse in verde, affermazzioni in rosso, convincimenti in giallo e in ogni idea ce se vedeva un pezzo de livrea ch’er candidato s’era messa addosso, co’ la speranza de servì er Paese… (Viaggi pagati e mille lire ar mese).
Ma ringrazziamo Iddio! ‘Sta vorta puro la commedia è finita e in settimana farà giustizzia la Nettezza Urbana, che lesto e presto raschierà dar muro l’ideali attaccati co’ la colla, che so’ serviti a ingarbujà la folla.
De tanta carta resterà, se mai, schiaffato su per aria, Dio sa come, quarche avviso sbiadito con un nome, de un candidato che cià speso assai… Ma eletto o no, finché l’avviso dura, sarà er ricordo d’una fregatura.
(Trilussa, 1913)
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roraitoeru · 2 years
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Tu sî na' mala penzat.
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omarfor-orchestra · 4 months
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Ma che cazzo dici lombardo
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klimt7 · 3 months
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POETI
Raffaello Baldini ( 1924 - 2005 )
Le sue poesie sono vere e proprie narrazioni, immagini, in versi, spesso così taglienti da far male.
I personaggi sono coloro che non avrebbero mai voce, popolari, a volte fino al grottesco. Soli. Insoliti. Di una solitudine che si esprime in monologhi chiusi, di un’umanità spesso sghemba.
Frammenti di vite, ritratti in versi, spesso visionari, a volte struggenti.
Una su tutti, la mia preferita: in un dialetto che è il mio - il Romagnolo - (ma non è il mio, per una questione di suono, perchè ogni zona, in Romagna, ha pronunce e accenti diversi, oltre a differenti varianti della stessa parola) e che comprendo ma non saprei replicare con le stesse sonorità ma con le mie, [dialetto cesenate].
LA MAESTRA DI SANT'ERMETE
La mèstra ad Sant’Ermèid
dal vólti, e’ dopmezdè,
la s céud tla cambra e la zènd
una Giubek. La n fómma.
Stuglèda sòura e’ lèt
la guèrda ch’la s cunsómma.
U i pis l’udòur.
Dal vólti u i vén da pianz.
Traduzione:
La maestra di Sant’Ermete
delle volte, il pomeriggio,
si chiude in camera e accende
una Giubek. Non fuma.
Sdraiata sul letto
la guarda consumarsi.
Le piace l’odore.
Delle volte le viene da piangere.
(Raffaello Baldini, in La Nàiva Furistír Ciacri, Torino, Einaudi 2000, p. 14)
Quante volte ho immaginato quella sigaretta
Una sigaretta, come la solitudine, come la vita che consuma... che si consuma.
Amo questo tipo di poesia asciutta.
Che dice, che sa raccontare, che ti regala una storia a partire da una immagine.
A volte, con una sequenza di immagini che hanno la grazia dell’essenziale.
Come le fotografie.
Come una Mostra Fotografica.
Silenziosa sì,
ma che sa raccontare storie.
.
.
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mchiti · 5 months
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non so come spiegare ma il mio dicembre musicalmente è diviso tra un rapper marocchino chiamato elgrandetoto e a vuo frnì di matteo paolillo ed è come se fosse la stessa cosa. È proprio vero che darija e napoletano sono due facce di una medaglia
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killiandestroy · 3 months
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ah sì dovevo parlare del fatto che i dialetti mutano nel tempo come (guess what) qualsiasi lingua e che i dialetti moderni sono in molti casi mooolto italianizzati perché sono L1 in persone bilingui italiano-dialetto e robe così
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aitan · 3 months
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Ancora sul caso geolier (ne leggo tante, che non riesco a tacere)
[...] Quanto al testo incriminato, quello che Geolier canterà a Sanremo, analizzandolo con un po’ di attenzione, si nota che il tentativo fatto dai trascrittori è quello di far leggere (e cantare) il napoletano ai non parlanti annullando le vocali indistinte del napoletano. Cosa che fanno anche i ragazzi che provano a scambiarsi messaggi sui social in dialetto napoletano.
Ho provato a trascrivere di nuovo la prima strofa della canzone mettendo uno schwa (ə) laddove nel testo originale incriminato c’è il vuoto e aggiungendo qualche accento e qualche apostrofo dove mi pareva necessario.
Il risultato (un po’ mostruoso, magari) è questo:
"Nuijə simmə doije stellə ca stannə precipitannə
Tə stai vestennə consapevole ca t’ia spuglia’
Purə o’malə cə fa benə insiemə io e te
*Ancora sul caso #geolier (ne leggo tante, che non riesco a tacere)*
[...] Quanto al testo incriminato, quello che Geolier canterà a Sanremo, analizzandolo con un po’ di attenzione, si nota che il tentativo fatto dai trascrittori è quello di far leggere (e cantare) il napoletano ai non parlanti annullando le vocali indistinte del napoletano. Cosa che fanno anche i ragazzi che provano a scambiarsi messaggi sui social in dialetto napoletano.
Ho provato a trascrivere di nuovo la prima strofa della canzone mettendo uno schwa (ə) laddove nel testo originale incriminato c’è il vuoto e aggiungendo qualche accento e qualche apostrofo dove mi pareva necessario.
Il risultato (un po’ mostruoso, magari) è questo:
"Nuijə simmə doije stellə ca stannə precipitannə
Tə stai vestennə consapevole ca t’ia spuglia’
Purə o’malə cə fa benə insiemə io e te
C’iammə spəratə e sta pə sempə insiemə io e te"
Non so se questo mio tentativo semplifichi o complichi, ma forse prova a spiegare.
Per il resto, basta leggere questa sola strofa per capire che il napoletano di Geolier ha risciacquato i panni in Arno per risultare più comprensibile ai più. Nessun dizionario napoletano credo che registri il lemma “consapevole” come dialettale. Ma questo, in qualche modo, lo faceva pure Eduardo. [...]
Da aitanblog.wordpress.com/2024/02/02/il-caso-geolier/
Non so se questo mio tentativo semplifichi o complichi, ma forse prova a spiegare.
Per il resto, basta leggere questa sola strofa per capire che il napoletano di Geolier ha risciacquato i panni in Arno per risultare più comprensibile ai più. Nessun dizionario napoletano credo che registri il lemma “consapevole” come dialettale. Ma questo, in qualche modo, lo faceva pure Eduardo. [...]
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Il dialetto è l'antisesso
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circes-grotto · 2 months
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leggere ste stronzate giuro mi toglie dieci anni di vita ma io perché devo studiare sta roba e sperare di arrivare a fare una magistrale fighetta se questo è l'atteggiamento di superiorità fin dai più basici libri di testo
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gregor-samsung · 10 months
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“ Il dialetto gaddiano, il romanesco del Pasticciaccio tanto spesso avvicinato a quello pasoliniano, entra in un rapporto ludico complesso con la lingua, con i suoi differenti livelli, e nel gioco quello che conta è la scrittura, l'artificio della scrittura come suprema abilità di maneggiare (e magari di distruggere, ma dall'interno) il registro del simbolico, la comunicazione (e la tradizione) letteraria. Al contrario il romanesco pasoliniano vuole prima di tutto essere puro suono, nasce indifferente ai significati, esterno alla comunicazione, posto al servizio di un progetto di ipnosi, di trance. È un dialetto "brutto", rigorosamente privo di tensioni formali, tutto concentrato sulla propria noia. Se nei primi racconti di Alí l'artificio letterario tradizionale, inteso come abilità ed eccezionalità linguistica, era ancora ben presente, col dialetto dei romanzi passa in secondo piano e ci sembra di leggere semplici registrazioni vocali. La letterarietà dell'operazione si è spostata, ha cambiato scopo. L'« intervento dello scrittore in quanto tale »* non si indirizza piú al perfezionamento interno della scrittura, ad esibire gli artifici, le astute scelte, a molare e render "bello" il pezzo testuale; ma punta piuttosto all'effetto finale, pratico, del testo: non interessa la tenuta estetica ma il potenziale di fascinazione che il testo può produrre. Perciò i romanzi pasoliniani, nonostante le apparenze spesso alessandrine, possono anche mostrare rozzezze, e trascuratezze di scrittura. Il romanesco non è affatto un registro "d'arte", viene adottato e trascritto in una chiusa brutalità che lavora efficacemente come un suono addormentatore. Tale vistosa modifica della letterarietà testuale chiarisce le profonde differenze tra l'operazione dialettale romana e il precedente friulano. Nel Friuli il dialetto funzionava come metafora della dimensione immaginaria ma conservava tutti i segni "letterari" del gergo ermetico. L'immaginario era messo in gioco per via di metafora, proprio attraverso la strumentazione raffinata dell'artificio: la cantilena ipnotica del fantasma era prima di ogni altra cosa una scrittura, un'elaborazione testuale, e fingeva abilmente di essere il suo contrario, l'oralità liberata di un registro pre-linguistico. Ora invece l'esperimento pasoliniano è diverso, molto piú radicale. Ora il dialetto dei romanzi, appiattito nella ripetizione, è letteralmente quella oralità dell'immaginario. Se volessimo servirci di una sottile distinzione potremmo dire che il friulano era una « scrittura », il romanesco è invece una « trascrizione » del fantasma.** Certo, anche nel caso del romanesco il dialetto è prima di tutto linguaggio, quindi interno alla generale dimensione della comunicatività; ma Pasolini ne fa un uso così speciale, così limitato (fatto di formule, di indifferenza, quasi di cecità linguistica), che il salto dal dialetto-linguaggio al dialetto-fantasma è facilissimo. Il romanesco, così ridotto e impoverito, è una catena di significanti, senza semantica, e una tale catena non riesce neppure a localizzarsi come sistema di opposizioni, di simboli, di segnali riconoscibili e produttori di senso: insomma, il puro significante di questo dialetto non riesce a diventare organizzazione, griglia simbolica dentro la quale ordinare le cose. “
*Si veda la dichiarazione pasoliniana: « Per assumere nel romanzo il colloquio in dialetto occorre perciò un intervento dello scrittore in quanto tale molto piú accentuato e dichiarato che in una pagina scritta nell'italiano letterario ». Cfr. F. Camon, Il mestiere di scrittore, Milano, 1973, p. 107. **Ci serviamo di una distinzione enunciata da Lacan, a proposito dei suoi seminari, nella Postface a J. LACAN, Le séminaire livre Xl. Les quatre concepts fondamentaux de la psychanalyse, Paris 1969, pp. 251-254.
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Rinaldo Rinaldi, Pier Paolo Pasolini, Ugo Mursia Editore (collana Civiltà letteraria del Novecento - Profili N. 40), 1982¹; pp. 145-46.
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omarfor-orchestra · 5 months
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Però un po' fa ridere GG che cerca di parlare romano
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unwinthehart · 3 months
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a volte penso che l'italiano non ha senso: non si corre in corridoio, non battere sul battiscopa, io dico, come mai non posso fare delle cose se è proprio la lingua italiana a volerle, tipo correre in corridoio, ma se lo dice la parola stessa
E perchè tutto attaccato si scrive staccato, ma staccato si scrive tutto attaccato?
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falcemartello · 5 months
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Riportiamo il post di un belga rimasto anonimo che sul nostro Paese ha scritto:
"L' Italia è come quella tipa che ha più talento di tutti, perché è nata bella, più bella di tutte.
È quella più ingegnosa, che si inventa mille cose, perché è piena di risorse.
Sa discutere di storia, di mare, di montagne, sa di cibo, di buon vino, di dialetti, di pittori, di scultori, di scrittori, di eccellenze nella scienza, non c'è niente che non sa.
E quando questa tipa bella e talentuosa inciampa e cade, la platea delle sfigate esulta.
È la rabbia delle povere gelose, quelle al buio, perché lei è comunque bella anche quando cade a terra.
L'Italia è una tipa con stivale tacco 12, che nessuna sa portare meglio di lei... solo il tempo di rialzarsi.”
(Enrico Farabollini)
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