Tumgik
#sotterri tutto
maledettadaunangelo · 4 years
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Quindi reprimi, soffochi, rimugini, piangi e poi sotterri tutto sotto strati di dolore. E così, arrabbiato e confuso, resti immobile, perché sai che una tua reazione rischia di provocare ciò che temi di più: rifiuto, abbandono, esclusione e vergogna.
Federica Bosco
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ventinovesettembre · 4 years
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Siamo pieni di una rabbia sorda che scaturisce dalla costante frustrazione per non essere compresi e per la difficoltà di esprimerci. Ma la rabbia è soprattutto rivolta nei nostri confronti, per essere diversi, per non essere come gli altri, per non essere quello che i nostri genitori desideravano, per essere troppo o troppo poco, per essere sempre considerati un problema, per la fatica che facciamo a sopravvivere con questa testa iperattiva che ci porta più guai che altro, per quello che non è stato, per l'infanzia che non abbiamo avuto e la leggerezza che non avremo mai, per le occasioni mancate. Questa rabbia però è lecita.
Perché se da sempre sei trattato da diverso, è chiaro che la normalità è qualcosa che non ti appartiene e la tua bussola di riferimento diventano gli altri e quello che ti dicono di fare e soprattutto di non fare. Quindi reprimi, soffochi, rimugini, piangi e poi sotterri tutto sotto strati di dolore. E così, arrabbiato e confuso, rimani immobile, perché sai che una tua reazione rischia di provocare ciò che temi di più: rifiuto, abbandono, esclusione e vergogna. Quindi, per evitare anche anche quel poco di normalità che ti è concessa, sei disposto a calpestare i tuoi sentimenti più profondi e scusarti. Scusati per come sei, per quello che hai detto, per aver esagerato, per aver frainteso...
La nostra è una vita permeata da sempre da questi tre sentimenti: rabbia per non essere ascoltati e capiti, paura dell'abbandono e dell'esclusione, e senso di colpa per come siamo e per come ci comportiamo.
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lis4001 · 4 years
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Vi capita mai che l’angoscia vi sotterri?
Che tutto attorno vi deprima
Di sentirvi nel posto sbagliato, nel paese sbagliato, con persone sbagliate.
Di voler cambiare vita , di voler andare via da ciò che vi ha sempre circondato.
Perché tutto ciò non mi appartiene, tutto ciò mi soffoca, voglio andare lontano. Lontano da chiunque e riniziare tutto . Non mi sento al mio posto, tutto ciò non mi appartiene e mi fa stare male.
Portami via.
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vitadimerdasblog · 4 years
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vita di merda
non avete mai pensato di ucciderti? Io si molte volte, perché sono stanco di questa vita di merda, di questi professori, sono stanca di essere succube di un voto, di un giudizio, sono stanco di questa cazzo di vita di merda! Le persone capiscono che non stai bene solo se ti vedono piangere.​ Le persone pensano che tu sia felice solo perché sorridi.​ E tu sorridi, cerchi sempre di sembrare felice, sorridi anche se dentro cadi a pezzi.​ Sorridi anche se in realtà vuoi solo piangere e urlare che fa tutto molto male.​ Fa male essere sempre, la persona che viene considerata solo quando serve.​ Fa male piangere la notte per persone che ti hanno abbandonata per una migliore di te, facendoti sentire sostituita, e non avere nessuno da abbracciare, se non il cuscino bagnato.​ Fa male accendere il cellulare e trovarsi zero messaggi, perché a nessuno importa realmente come stai.​ Fa male abbassare la testa perché hai appena passato un gruppo di ragazzi che ridevano, e pensare “stanno ridendo di me, chissà cosa c'è in me che non va” Fa male capire che non si è mai abbastanza, e fa ancora più male sentirselo dire, anche quando dicono “ma io stavo scherzando..”, e dover anche fingere un sorriso, per non fare capire che ci stai male.​ Fa male avere amici e quando girano l'angolo ti sparlano dietro E poi piangi, ma piangi disperatamente, con i singhiozzi, e non riesci a fermare quelle cazzo di lacrime che scendono.​ Pensi a quanto fai del male, a quanto te ne fai,  e a quanto te ne fanno.​ Le parole che ti prendi 24h su 24h dei tuoi genitori.​ Sei deficiente sei inutile mi deludi testa di cazzo non c'è la faccio più con te, non sei per niente responsabile e altre che fanno un male assurdo.​ Genitori che non riescono a capirti, che ti continuano ad urlarti in faccia e mai a chiedere un fottuto 'COME STAI?’, un fottuto 'Com'è andata a scuola?’ 'C'è qualcuno che ti sfotte?’.​ Che ti abbracciano, e che ti dicano 'la mamma e papà sono sempre con te’ e che non pensano solo alla scuola, alla stanza da sistemare, e puttanate varie.​ Di tutte le parole che ti dicono a scuola quelle o quelli che ti circondano.​ E tu non riesci a reagire, non c'è la fai e ti butti giù! Ti sotterri e rimani lì con le cuffie nelle orecchie.​ Tutte le litigate con i professori.​ Le amiche che se ne vanno e quelle che non riescono a capirti.​ Ti senti sola in questo mondo di merda e non puoi fare niente.​ Tremi e piangi.​ Ti metti nel letto e piangi, stringendo un peluche del cazzo che forse ti dà più affetto degli altri.
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sciatu · 4 years
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Cozze nella cucina siciliana
Inizia tutto con il profumo, forte e intenso dell’ aglio addolcito dal vin bianco, dell’acqua che le cozze tenevano stretta in se come fa l’anima con la vita e che nella cottura rilasciano inondando di gioia il mondo come fa la luce dell’alba; poi ecco una punta di peperoncino, malizioso e brillante, un dominante e delicato sentore di erbaceo prezzemolo, infine un velo di intenso, luminoso limone ad arrotondate, ad esaltare il senso mare che senti quando il pane abbrustolito si è ormai imbevuto e porti alla bocca quel piccolo universo di gusto che assapori con un desiderio a cui ti abbandoni, già gioendo al pensiero del prossimo bicchiere di dolce e freddo vino bianco con cui laverai la lingua prima di passare a lei, quella cozza nuda e languida invitante come una donna che sai per certo che ama l’amore e come carne di donna, la carne della cozza è morbida, delicata come una lingua che gioca con la tua e la imprigiona con il suo gusto forte e oscenamente languido per poi svanire lasciandoti un senso di mare, una voglia intensa e piacevole come dopo il bacio iniziale di una lunga notte d’amore. E tutto questo si ripete, anche se divori le cozze imprigionandole in un rotolo di spaghetti o le sotterri sotto il pan grattato perché il loro gusto dà senso agli uni e all’altro, ai nudi spaghetti che l’avvolgono come amanti che si stringono all’amata e al pan grattato che ne ha raccolto gli umori e l’intenso sensuale orgiastico profumo. Alla fine scoppia dominante il sapore marino, peccaminoso e dolcissimo delle cozze con tutto il loro voglioso abbandonarsi alla tua bocca, come amanti che all’amato concedono, senza inutili pudori, tutte se stesse. E tu ti perdi assalito da quel gusto, dalla sua totale disponibilità che sa di sesso e peccato e così muori, muori, muori, mille volte muori. Di piacere.
It all starts with the strong and intense fragrance of garlic sweetened by white wine, by the water that the mussels held tightly in, as does the soul with life and which in cooking release the world flooding with joy as does the light of ‘Sunrise; then here is a hint of chili pepper, mischievous and brilliant, a dominant and delicate hint of herbaceous parsley, finally a veil of intense, luminous rounded lemon, to enhance the sense of the sea that you feel when the toasted bread is soaked and you take it to your mouth that little universe of taste that you savor with a desire you abandon yourself to, already rejoicing at the thought of the next glass of sweet and cold white wine with which you will wash your tongue before passing on to her, that naked and languid mussel inviting like a woman you know for sure that she loves the Love and like a woman’s flesh, the meat of the mussel is soft, delicate like a tongue that plays with yours and imprisons it with its strong and obscenely languid taste and then vanishes leaving you with a sense of the sea, a intense and pleasant desire as after the initial kiss of a long night of love. And all this repeats itself, even if you devour the mussels imprisoning them in a roll of spaghetti or bury them under the breadcrumbs because their taste gives meaning to both of them, to the naked spaghetti that surround it like lovers who huddle together beloved and with breadcrumbs that has gathered the moods and the intense sensual orgiastic perfume. In the end the dominant marine flavor bursts, sinful and very sweet of the mussels with all their eagerness abandoning themselves to your mouth, like lovers who, without useless modesty, grant all of themselves. And you get lost assailed by that taste, by its total availability that smacks of sex and sin and so you die, die, die, die a thousand times. Of pleasure.
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marcopolani · 5 years
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Fai sempre così,
sotterri tutto
dentro il cuore
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solo-barbara · 4 years
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Pensiero della sera....
Si cerca di svuotare la testa e si cerca di dormire. Tutto il giorno lavori, ridi, sei ironica, sei simaptica, parli, scherzi..... ma dentro è tutta un’altra cosa! Dentro sotterri!
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Il mio sentimento verso te,non è cambiato molto.
Quando sotterri un seme o una piantina,e poi tutto ad un tratto non vuoi più che cresca,ma appena vede un po’ di sole...cresce.
Io mi sento un po’ così,continuo a sotterrare il mio sentimento verso te,perché in passato mi hai fatto troppo male..
Però quando ti vedo mi fa sempre quella sensazione,un vuoto,l’ansia e le solite domande”sto bene così?”
“Sembro carina?”
Anche se forse per te non è la stessa cosa..
MB
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La morte dell'anima Ti svegli e non sai che fare Ti sotterri nelle coperte di un letto troppo vuoto Ti alzi, poi, ma non sai camminare Ti chiedi perché ti ha smesso di amare Ma tu, esattamente, dove sei? Perché io vedo solo un fantasma Che piano piano avanza In quella che un tempo era la sua vita Ma tu, esattamente, cosa vuoi? Perché sembri pallida e sciupata Mangi poco o forse troppo Fingendo che tutto si stia aggiustando Ma tu, esattamente, chi sei? Dicevi di poter essere il sole Ma non sei neanche la pioggia Forse sei solo confusa e lontana come la nebbia
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pangeanews · 4 years
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Aiuto, vogliono igienizzare il canone! Decapitano Flannery O’Connor: è razzista!
La decapitazione delle statue ha galvanizzato i guru della pulizia etica – che di solito si tramuta rapidamente in etnica.  Attenzione: non parlo dei distruttori, dei fomentatori del caos; è corroborante, in effetti, per certi, azzerare più che mistificare, devastare. In ogni caso, nel caos c’è un gesto frontale – folle, ma frontale. Qui si parla di chi vuole rassettare la stanza, la vuole asettica, igienizzata, linda, limpida. Bianca. Attenzione, però, basta leggere Melville – uno che ancora si salva, prima che i paladini della tutela del capodoglio non lo mettano al bando – per ricordarsi che il bianco non è la tonalità dell’innocente, all’angolo sinistro del candore si nasconde il demonio.
*
Pulire la stanza affinché gli ospiti, qualsiasi, non si sentano offesi. Eccola, la grande azione in atto. Eppure, una casa ci piace perché ha una personalità: le case ingabbiate nella prigionia del bianco sono per nessuno, prive di vita, di sangue, neanche dimora dei morti. Sono aule dove rimbombano le buone intenzione – ma più sotterri il demone più lui ti morde, e prima o poi esploderà, perché l’uomo, signori, si nutre della sofferenza, fate attenzione. La vicenda, come si sa, ha portato Harold Bloom a partorire Il canone occidentale. Insomma, diceva Bloom, la Divina commedia è indiscutibile, anche se Dante piazza Maometto – e un paio di papi – all’Inferno e reca offesa ai musulmani; Shakespeare è il Bardo nonostante l’accusa di antiebraismo, idem Dostoevskij e perfino Eliot (due, tra i titani, verso cui Bloom nutriva poca simpatia). Il punto, ecco, non è stabilire chi è più bravo di chi – Leopardi, nel Parini, insegna che sono proprio i grandi, i maestri a dover essere messi in discussione – ma proteggere quelle opere che ci ricordano che cos’è un uomo, la sua magnificenza, la sua caduta. Non esistono opere perfette, opere pure, per fortuna: un’opera, se grande, porta scandalo e contraddizione. Noi italiani lo sappiamo: vaghi per Roma e quei monumenti che ci ostiniamo a pensare immortali raffigurano assassini, sono stati commissionati da laidi corrotti.
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Ora. Gli strumenti per fare le pulizie di casa si sono raffinati. Leggo sul “New Yorker” un preziosissimo articolo di Paul Elie, cresciuto alla Columbia, editor per Farrar, Straus and Giroux, cattolico, dal titolo inequivocabile, How Racist Was Flannery O’Connor?, dal sottotitolo esplicativo: “È diventata una icona della letteratura americana. Ora i lettori devono fare i conti con un altro lato della sua eredità”. L’articolo verte per lo più su un saggio pubblicato da poco, firmato da Angela O’Donnell, Radical Ambivalence: Race in Flannery O’Connor. Il tema del saggio è dichiarato fin dall’abstract. “Lo studio della corrispondenza, in parte inedita, dimostra che sebbene la O’Connor abbia superficialmente sottoscritto l’idea di una uguaglianza razziale, era diffidente nei confronti della desegregazione, pensando che ciò comportasse l’erosione della cultura del Sud, la scomparsa del codice di buone maniere che regolava le relazioni tra bianchi e Africani Americani”. Il saggio analizza “l’ambivalenza della O’Connor nei confronti della politica contemporanea, il suo linguaggio dispregiativo nel descrivere gli afroamericani… i modi in cui la scrittrice critica le pratiche razziali ingiuste del Sud nei suoi racconti mentre inconsciamente le sostiene”. Inconsciamente. Sintesi: la O’Connor sarà pure una grande scrittrice ma dalle lettere traspare che è una sporca razzista. Prendetene atto, fate il vostro gioco. Cautamente, delicatamente.
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Da notare: il sibilo giornalistico accade nel pieno del ‘Caso Floyd’. L’articolo la prende larga, a volo di falco. Non potendo dileggiare o danneggiare l’opera della O’Connor, il giornalista adotta uno stile ironico, a volte caustico: “Nel 1945 fece il primo viaggio a nord, si iscrisse allo Iowa Writers’ Workshop… e divenne Flannery O’Connor. Meno di due decenni dopo morì, a Milledgeville, di lupus. Aveva 39 anni, aveva scritto due romanzi e un libro di racconti. Un breve necrologio su ‘Times’ la definiva ‘una delle scrittrici più promettenti della nazione’. Alcuni lettori la liquidarono come ‘scrittrice regionale’; molti non sapevano neanche che fosse donna. Stiamo ancora imparando chi sia Flannery O’Connor”. Non è il migliore degli incipit, ma l’andazzo resta quello (“La O’Connor ora è canonizzata come Faulkner e Eudora Welty. Più che una grande scrittrice è una personalità culturale: una donna divertente con un cappello di paglia che si muove tra i pavoni, con le stampelle… La sua fattoria è aperta per le visite guidate, la sua faccia è sui francobolli”). L’eccentricità della O’Connor è più palese della sua eccellenza, ci porta a pensare il giornalista.
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Segue citazione di lettere oblique della O’Connor. Così nel maggio del 1964 a Maryat Lee: “A proposito di negri, il tipo che non mi piace è il profeta filosofo che pontifica, come James Baldwin. Molto ignorante, non sta mai zitto. Baldwin può dirci come ci si sente a essere un negro ad Harlem, ma vuole raccontarci alche tutto il resto. Non credo che Martin Luther King sia il santo del nostro secolo, ma almeno sta facendo quello che si può e si deve fare… Se Baldwin fosse bianco nessuno lo sopporterebbe. Preferisco Cassius Clay”. Per carità, Flannery è una scrittrice di talento, ci ricorda il giornalista, come se questo fosse accessorio, però… è inutile invocare i tempi e i luoghi. All’epoca della O’Connor, infatti, esistevano scrittori come Gabriel García Márquez, Ursula K. Le Guin, Tom Wolfe, Derek Walcott, che creano molti meno problemi di collocazione; esisteva, soprattutto, Toni Morrison, cattolica, dem, paladina di Obama, scrittrice straordinaria e più ‘utile’, in tutti i sensi. Per altro, ci viene ricordato, non è che in Georgia, dove è nata ed è cresciuta Flannery, fossero tutti razzisti, anzi. Insomma, la O’Connor non ha paracadute. Segue, citazione di una lettera vampira – come sempre, fuori contesto, un po’ come se facessero l’esegesi di certe nostre mail, adeguatamente selezionate – “Lo sai”, scrive ancora a Maryat Lee, drammaturga, ci avvisano le didascalie apposite, “dichiaratamente lesbica o bisessuale”, “per principio credo nell’integrazione, per mio gusto nella segregazione. Non mi piacciono i negri. Mi mettono tensione, più li vedo e meno mi piacciono. In particolare, il nuovo tipo”. Infine, il giornalista ritira la manina: “l’opera” della O’Connor “è più complessa e stratificata” delle sue scarne lettere (non proprio un Mein Kampf), “nessuno di noi è senza peccato e può permettersi di lanciare una pietra”. Se nessuno è senza peccato, non dovrebbe svenarsi per rivelare i peccati del caro estinto. Meglio lanciare una pietra o un guanto di sfida, a viso limpido, più che limitarsi, con balda viltà, a igienizzare il canone.
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La cosa obliqua, l’atto insopportabile, è separare l’uomo. Dire che della O’Connor amo l’opera ma disprezzo la persona significa mandarla al rogo, perché l’opera è l’esito di un uomo, di una poetica, di una umanità. Se mostro che fa schifo l’uomo, chi leggerà la sua opera? E poi: chi è che non fa schifo, che non è infetto, che non è un groviglio di virus, una cesta di malattie, concime per il sovrano delle mosche? E poi: cosa m’importa se uno scrittore è razzista, misogno, antisemita? Saprò giudicare la sua opera, la forma a cui ha dato vita, sperando che uncini il mio perbenismo, che mi fotta. La letteratura esiste per turbare, per promuovere la rivolta dentro di sé, per cauterizzare e lottare – è uno sputo in faccia, una rosa in gola, la nudità potente e l’atto impuro. Per questo, gli scrittori, i poeti – a cui non va perdonato nulla, perché niente è assolto e scrivendo si è martiri – vanno ospitati. Se non ci consentiamo la libertà di esprimere ed esplorare gli estremi nella scrittura, siamo destinati alla frustrazione, all’infatuazione per una pallida idea di purezza claustrofobica più che claustrale. Chi igienizza la stanza è degno del vuoto, del noto. (d.b.)
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o-gela-o-brucia · 5 years
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Non è mai troppo tardi
I 19 anni non sono paragonabili ai 18, bensì li paragonerei ai 17.
Sono una tappa intermedia che poi conduce ai tanto strani quanto importanti 20 anni.
Non sei più una neo diciottenne pronta ad affacciarsi al mondo, si presuppone che tu sia ormai leggermente più matura e che abbia collezionato un po’ di esperienze nel tuo bagaglio della vita.
A 18 anni non hai davvero contezza di ciò che ti aspetta però allo stesso tempo sei curiosa di ciò che ha da offrirti il mondo.
Così esci fuori tutti i sogni nel “cassetto” che si sono accumulati negli anni.
Con un pizzico di fantasia ti immagini a svolgere il lavoro dei tuoi sogni, a costruire il tuo futuro, tassello dopo tassello, pronta a tutto pur di raggiungere il tuo obbiettivo.
È facile viaggiare con la mente, riesci a fantasticare talmente tanto che poi ti dimentichi di rapportare il tutto alla realtà in cui sei immersa.
A 18 anni non puoi realmente sapere che la vita poi non è tutta in discesa, anzi.
È proprio a questa tappa che arrivano i primi ostacoli, le prime piccole sconfitte e non sempre si è sufficientemente preparati a farsi forza ed andare avanti.
A 18 anni si pensa di essere maturi a sufficienza per prendere decisioni importanti, per poter decidere cosa essere nella vita ma soprattutto “chi” essere.
Sono fatti di tante ( forse troppe) esperienze i 18 anni, molte di esse sono delle vere batoste e senza accorgersene ci si lascia modificare, cambiare da queste.
Come ho detto prima, non è affatto semplice raffrontarsi con la realtà, così preferisci rimanere nel tuo piccolo mondo da adolescente e farti un’idea tutta tua di ciò che ti circonda. Cominci a definire da sola cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, cosa sia moralmente corretto per te e cosa invece non lo è.
Strano vero? Però pensaci, quante persone hai visto cambiare una volta compiuta la maggiore età ?
Quante volte hai visto ragazzi e ragazze sbattere la testa sempre sullo stesso punto perché imperterriti continuavano a perseguire idee ed ideali effettivamente incompatibili con la realtà ?
Del resto, è difficile a 18 anni ammettere una propria debolezza, un proprio lato negativo. Si ha la voglia di divorarlo il mondo, di vincere la corsa contro il resto dei partecipanti.
Si ha la necessità di farsi vedere forti, quasi invincibili.
A 18 anni devi dimostrare prima di tutto ai tuoi genitori di sapertela cavare da solo e dopo di loro alla restante parte dei tuoi coetanei.
Sbagli, sbagli di nuovo e poi continui a sbagliare. E allora ? Tanto sei pienamente convinto che la strada che stai seguendo sia quella giusta perché é così che ha deciso la tua testa ed allora continui imperterrita a camminare, convinta di trovare la tua meta alla fine del tragitto.
E cosa succede se lasci qualcosa per la strada?
Magari occasioni importanti che sono scivolate tra le mani forse un po’ per menefreghismo o forse perché è difficile ammettere di averci messo davvero poco impegno.
E qual’è il problema ? Esistono pur sempre le scorciatoie. Sono più brevi, più semplici, più abbordabili, situazione risolta no?
Magari lasci lungo la strada non solo “cose” bensì anche persone.
Forse eri troppo impegnata alla scalata del “tuo” successo per avere cura di chi ti circondava. E se arrivassi addirittura a ferirle ? Che siano un padre, una zia, una migliore amica o magari un ragazzo importante nella tua vita, poco importa.
E se il piccolo mondo nel quale ti ostini a voler vivere lasciasse segni indelebili su queste persone ?
Poco importa alla fine, del resto i 18 anni aprono talmente tante strade che chissà quante altre nuove persone si potranno incontrare. Nessuno è poi una grave perdita no?
È troppo impegnativo ed “amaro” fermarsi un attimo a pensare e riflettere sul reale motivo che ti hanno condotta a ferirle.
Insomma, tutti soffrono, in fin dei conti gli passerà no?
Hanno tutta la vita davanti per dimenticarsi situazioni sconvenienti che inevitabilmente verranno cancellate dalla loro memoria.
Siamo troppo concentrati su noi stessi e sull’immagine che dobbiamo dare agli altri per poterci fermare a riflettere.
E così tra una scorciatoia e l’altra arrivi alla meta, alla tua meta.
E cosa ti sei ritrovata in mano?
Beh di certo non un “pugno di mosche” come si suol dire. Ti sei ritrovata il tuo posto, la posizione che hai sempre sognato di avere nella vita. C’è chi volendo perseguire la tua stessa strada non ce l’ha fatta, però tu, grazie alle tue scorciatoie sei riuscita in qualche modo ad apparire vincente agli occhi degli altri.
Nulla ti può scalfire ne abbattere, giusto?
Che poi è vero che in fin dei conti ti ritrovi qualcosa in mano, ma quanto valore ha ciò che ti ritrovi?
E quello che intendo dire è : quanto sei stata abile nel lasciar cadere tutto ciò che di prezioso avevi per paura di quanto fosse “pesante”?
In realtà sono un po’ una fregatura questi 18 anni alla fine.
Sono tanto belli quanto pericolosi.
Collezioni i momenti più belli della tua vita, quelli che comunque vada conserverai sempre con te nel posto più nascosto della tua essenza, dove nessuno potrà mai scovarli e da dove potrai tirarli fuori quando la notte non riesci a dormire.
Gli stessi momenti che forse con un po’ di malinconia racconterai ai tuoi figli quando sarai un po’ più grande.
E sai quanto ci vuole a 18 anni a rovinarli questi momenti? Non ci vuole niente.
Magari nella tua testa rimarranno intatti, così per come si sono presentati. Spontanei, originali, carichi di emozioni ma soprattutto momenti “veri”. Pochi attimi nei quali non hai avuto il tempo di indossare una delle tue solite maschere e ti sei mostrata così per come sei.
Nella realtà però a 18 anni questi momenti per quanto belli riservano sempre dei lati negativi. Arrivano pure a sfuggirti di mano, a diventare più grandi di quanto tu possa pensare e allora scappi. Scappi lontano dove non potranno mai venirti a cercare. Scappi e ti rifugi nella tua grande corazza fatta di menefreghismo, convinzione di aver ragione e superficialità.
Del resto a 18 anni hai un’idea tutta tua di “maturità” e preferisci di gran lunga accantonarli i problemi piuttosto che risolverli.
Sai qual’è il vero nocciolo della questione?
Che anche se sotterri tutto ciò che è difficile da affrontare quest’ultimo ti verrà comunque a trovare prima o poi.
Ti capiteranno sempre quei momenti nei quali avrai la sensazione di aver sbagliato qualcosa.
Magari mentre hai un paio di cuffie nelle orecchie e sei in viaggio verso una meta completamente sconosciuta e finalmente sola con te stessa, lasci che i pensieri fluiscano liberamente nella tua testa.
Forse è un po’ brutto no? Sentirsi un peso di sopra, sentire di dover confrontarsi con la realtà ed accettare in fin dei conti che non sempre ciò che è moralmente corretto per noi è la cosa giusta.
Però può anche darsi che a 18 anni tutto ciò puoi permettertelo. A 18 anni hai il diritto di poter sbagliare, ad una condizione però che è proprio da questi sbagli che riempi il tuo bagaglio di vita con tante esperienze.
Ed ecco che subentrano i 19 anni.
A 19 anni hai poco tempo per sbagliare, sei ad un passo dai 20 del resto, no?
A 19 forse é il caso di guardarsi attorno e fermarsi a riflettere.
Riflettere su tutte le volte in cui si è inciampati lungo il cammino della maggiore età e su tutte le volte in cui abbiamo scelto di non volerle curare queste ferite.
A 19 anni è ora di prendere in mano la propria vita.
È ora di mettersi davanti ad uno specchio e col proprio riflesso davanti a noi chiedersi “é davvero questa la persona che voglio diventare?”
Hai presente la frase “non è mai troppo tardi?”
Bene, i 19 anni sono proprio questo.
Sono la tappa che ti concede di rimediare a tutto ciò che hai lasciato incompleto o che hai rotto lungo il tragitto dei 18 anni.
Nessuno ti obbliga a farlo, chiariamoci.
Sei pienamente libera di continuare per la tua strada fatta di scorciatoie, tante maschere e poca sostanza.
Ma cosa ti resterà accanto alla fine dei conti? E soprattutto, chi?
E non è vero che ogni presenza nella nostra vita è superflua perchè si sa che ci sono persone che ricomprono ruoli che altre non possono minimamente ricoprire.
Ma è giusto che sia così, è giusto che si cerchi l’eccezione in mezzo alla convenzionalità.
E lo sai qual’è il vero problema ?
Che nessuna di queste persone che tu ritieni fondamentali nella tua vita sceglierà di rimanerti accanto se continui imperterrita a perseguire i tuoi ed esclusivamente tuoi ideali.
E non è vero che non ti importa minimamente se qualcuna di esse decide di allontanarsi e lasciare vuoto il posto che ha ricoperto per tanto tempo. Non è affatto vero.
La cosa ti logora maledettamente dentro perché ti senti più “nuda”, un po’ vuota senza di loro.
Ed a questo punto hai due modi per reagire: andartele a riprendere ammettendo i tuoi errori oppure lasciare che il dolore che ti logora dentro ti cambi tutta e ti renda peggiore di quanto tu non sia stata già.
Ed a discapito di ogni aspettativa, sono proprio i 19 anni il momento in cui si deve decidere di cambiare. E non cambiare per gli altri ma cambiare per se stessi.
Da maledettamente fastidio ammettere di aver fatto errori, lo sai? Ma talmente fastidio che ci impieghi un bel po’ ad ammetterlo a te stessa. Il punto è che quando finalmente lo realizzi e decidi una volta per tutte di prendere in mano la tua vita, stai bene. Stai maledettamente bene.
E chi ha detto che ciò che è rotto non può ripararsi? Nessuno.
Ed è proprio a 19 anni che bisogna incollare tutti i pezzi andati in frantumi e chi lo sa, magari quelle importanti occasioni che hai lasciato che ti cadessero tra le mani potrebbero ripresentarsi. Ed a quel punto non avrai bisogno di stupide scorciatoie ma potrai affermare con orgoglio e soddisfazione di esserci riuscita con le tue sole forze. Magari riuscirai davvero a studiare nell’università dei tuoi sogni, senza accontentarti di uno stupido ripiego per semplice orgoglio.
E chi lo sa, magari riuscirai a riprenderti quelle figure che un tempo hanno significato qualcosa per te e che hanno sopratutto contribuito a farti stare bene.
Sai forse è proprio questa la maturità di cui si parla tanto una volta compiuti i 18 anni.
La capacità di guardarsi indietro e prendere di petto tutto ciò che un po’ per paura un po’ per menefreghismo si è lasciato per terra lungo la nostra strada.
Insomma, questa non è una lettera ne tantomeno un semplice messaggio di auguri.
Questo è un testo di cui non è importante conoscerne l’autore. Un testo che a partire da questo giorno dovrai rileggere più e più volte.
Riparti da zero, prendi in mano la tua vita ed affronta le tue responsabilità.
Chiedi scusa se serve, fatti in quattro per riprenderti chiunque e dico chiunque tu abbia fatto stare male nella tua vita ma soprattutto cambia.
Cambia per te stessa. Cambia modo di pensare, di agire, rendilo più conforme con ciò che è realmente giusto e non con ciò che ritieni corretto tu.
Smettila di circondarti di persone “sostitute” nella tua vita, risultano solo superficiali e prive di importanza.
Mettiti sotto con lo studio e rendi orgogliosi di te i tuoi genitori entrando in una rinomata facoltà di medicina.
Ma soprattutto, smettila di essere ciò che non sei e di continuare a costruirti un’immagine che poi in fin dei conti non piace neanche a te.
Sai perché non è mai troppo tardi per rimediare ?
Perchè in quei pochi e piccoli attimi veri che hai vissuto a 18 anni, nei quali ti sei presentata per quello che eri e non con una delle tue solite maschere, qualcuno ci ha visto del buono in te.
Probabilmente non lo leggerei fino alla fine questo testo o arriverai addirittura a strapparlo perché la verità così per come ti viene presentata è un piatto amaro da digerire.
Però cerca di andare al di là delle parole, magari prova a pensare che non sono state buttate qui a caso o con l’intento di ferirti anzi sono esattamente l’opposto.
Non è mai troppo tardi per cambiare e per mostrare agli altri che in fondo quel piccolo lato “buono” che hai dentro in realtà riserva infinite sorprese.
Il mio augurio quindi per questi 19 anni è quello di prendere in mano la tua vita e ti far uscire fuori quei lati di te che senza dubbio non sono stati solo semplice apparenza.
Buon compleanno
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9itshardtobeme9 · 6 years
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Maledizioni e bugie
Ho mentito. In quella maledetta stanza dove facciamo il colloquio di terapia famigliare. Ho mentito spudoratamente e senza vergogna. Per tutelarli, direte, ma no. Io non l’ho fatto per loro. L’ho fatto per me. Per non sentire l’alito della loro ansia e preoccupazione addosso per non sentirli infilarsi sotto alla mia pelle come comici.
È stato un incidente, ho afferrato con gli avambracci il bollitore del the per evitare di rivescoarmelp addosso e questo è il smrisultato. Ustioni. Nessuna citazione sul grado delle ustioni, sulla gravità, sulla profondità ne l’estensione. A loro non frega, in fondo, a loro frega solo tirare il fiato perché la loro figlia non si è bruciata di proposito. Mi sono anche bruciata di peoposito, dico. Per evitare che la balla inventata non sotterri così del tutto il reale.
Si beh un po’ come i taglietti che ti fai, ok.. dice lei.
Taglietti. Sono arrivata a mettermi più di cento punti in tre soli tagli. Ma io mi faccio solo taglietti. Ho ustioni di terzo grado estese su tutti e due gli avambracci. Ma sai è stato solo un incidente.
L’importante è sapere cosa li fa stare calmi e sereni affinché non mi vomitino la loro ansia addosso.
Vogliono guardare le milioni di cicatrici profonde e larghe che ho addosso e chiamarle taglietti? Li fa stare più sereni? Va bene così. Li fa stare sereni fingere di non vedere? Va bene così. Li fa stare calmi credere a questa stronzata del bollitore del the? E allora che sia così.
Ma io ho mentito, e qui lo dico e lo sottoscrivo. E no, non mi è piaciuto affatto dover mentire al terapeuta perché in fondo io il coraggio di dire la verità ce l’ho sempre avuto e non mi devo nascondere da un cazzo di nessuno. Ma non è stata la paura a farmi fare questa mossa. So che non è stata la paura. Ma lautoconservazione. E allora va bene così. Che bollitore del the sia.
Fanculo a voi. Che se foste morti non dovrei mentire. Che se foste già morti potrei smettere di preoccuparmi di quanta aria entra tra le mura di casa. Smettere di occuparmi del piombo che intasa l’aria. Del fiato che manca. Degli occhi che si posano ovunque. Smettere.
Si. Fanculo a voi. E fanculo a me che ancora vi guardo e non vi uccido. Quando ammazzarvi sarebbe la via più facile. La via migliore. Sangue sul pavimento e Aria pulita.
Ammazzarvi e lasciar suonare la colonna sonora del magico mondo di amelie poulan.
Ammazzarvi.
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Fatti un incubo con me ti si rinforza corpo e mente o perlomeno ti posso avere corporalmente sì perché ti giuro, con quella c'è stato poco e niente ed è bastato per non essere più un essere vivente. Mi impegno per sognare e per non essere asociale, per fingere che un drink colmi il vuoto in un locale, le facce serene c'hanno qualcosa che non torna sembra che la loro stessa ombra affoghi nel catrame. Quanto ti capisco non lo immagini, sorrido e con la maschera che perde le tempere anche dai margini, gli argini ora stanno a puttane, ferma le lacrime con questa lapide. Sono il tuo fiume quindi piangimi. Non è che se lei ti lascia te la dimentichi, non la riprende manco la pietà che mendichi non la sotterri con l'ascia con cui ti vendichi amarsi un mese non vuol dire essere identici, specie se esci dal liceo alle tredici. Fai uscire un pezzo d'amore ancor prima di crederci anni fa io non sapevo dirmi "Credici!" e la crew dei sogni era sempre e solo l'ennesima equipe di medici iniezione come timbro, una barella d'ogni bimbo nella mia vita prendo le flebo e ci gioco al limbo i rappers sono i bambolotti di cui mi approfitto e scompaiono già dall'intro, giù di lì, Houdini. Vinco già dal primo giro ed il prossimo ve lo offro, so che chi perde dona tutto a quelli che non soffrono. Tristezza infinita, scrivo il futuro e scuoto il capo mentre penso ai migliori anni del nostro mitra.
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vitadimerdasblog · 4 years
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non avete mai pensato di ucciderti? Io si molte volte, perché sono stanco di questa vita di merda, di questi professori, sono stanca di essere succube di un voto, di un giudizio, sono stanco di questa cazzo di vita di merda!
Le persone capiscono che non stai bene solo se ti vedono piangere.​
Le persone pensano che tu sia felice solo perché sorridi.​
E tu sorridi, cerchi sempre di sembrare felice, sorridi anche se dentro cadi a pezzi.​
Sorridi anche se in realtà vuoi solo piangere e urlare che fa tutto molto male.​
Fa male essere sempre, la persona che viene considerata solo quando serve.​
Fa male piangere la notte per persone che ti hanno abbandonata per una migliore di te, facendoti sentire sostituita, e non avere nessuno da abbracciare, se non il cuscino bagnato.​
Fa male accendere il cellulare e trovarsi zero messaggi, perché a nessuno importa realmente come stai.​
Fa male abbassare la testa perché hai appena passato un gruppo di ragazzi che ridevano, e pensare “stanno ridendo di me, chissà cosa c'è in me che non va” Fa male capire che non si è mai abbastanza, e fa ancora più male sentirselo dire, anche quando dicono “ma io stavo scherzando..”, e dover anche fingere un sorriso, per non fare capire che ci stai male.​
Fa male avere amici e quando girano l'angolo ti sparlano dietro E poi piangi, ma piangi disperatamente, con i singhiozzi, e non riesci a fermare quelle cazzo di lacrime che scendono.​
Pensi a quanto fai del male, a quanto te ne fai, e a quanto te ne fanno.​
Le parole che ti prendi 24h su 24h dei tuoi genitori.​
Sei deficiente sei inutile mi deludi testa di cazzo non c'è la faccio più con te, non sei per niente responsabile e altre che fanno un male assurdo.​
Genitori che non riescono a capirti, che ti continuano ad urlarti in faccia e mai a chiedere un fottuto 'COME STAI?’, un fottuto 'Com'è andata a scuola?’ 'C'è qualcuno che ti sfotte?’.​
Che ti abbracciano, e che ti dicano 'la mamma e papà sono sempre con te’ e che non pensano solo alla scuola, alla stanza da sistemare, e puttanate varie.​
Di tutte le parole che ti dicono a scuola quelle o quelli che ti circondano.​
E tu non riesci a reagire, non c'è la fai e ti butti giù! Ti sotterri e rimani lì con le cuffie nelle orecchie.​
Tutte le litigate con i professori.​
Le amiche che se ne vanno e quelle che non riescono a capirti.​
Ti senti sola in questo mondo di merda e non puoi fare niente.​
Tremi e piangi.​
Ti metti nel letto e piangi, stringendo un peluche del cazzo che forse ti dà più affetto degli altri.
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