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#telegrafo
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Torino - RAI Museo della Radio e della Televisione
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Había una vez una pareja de jóvenes enamorados pero como en todas las historias románticas tiene que haber un perro Este pero era la familia de la muchacha quiénes no aceptaban en absoluto y la relación con el joven enamorado por lo que prohibieron su visita y cualquier tipo de contacto entre ellos dos vigilaban a la joven día y noche y no había momento en el que no sea custodiada pero el amor de ellos dos eran mucho más fuerte por lo que un día que la familia entera fue de viaje El joven enamorado aprovecho y se infiltró en el castillo de la joven era un muchacho muy inteligente y decidió conectar unos cables entre los aposentos de la joven y el castillo del pero que pudieran Conectarse a través de ondas sonoras tenía teniendo su propio lenguaje secreto esto era el telégrafo era una historia mucho más romántica y fantasiosa sin embargo el telégrafo si funcionaba mediante ondas sonoras transmitidas por estos cables de un punto al otro estos mensajes consistían en la emisión de ondas eléctricas largas o cortas que se representaban con una raya un punto dependiendo su duración sí bien el telégrafo no se hizo para salvar una relación de Dos enamorados sí pudo evitar muchas otras desgracias a lo largo de la historia y quién sabe tal vez alguna que otra historia romántica
Para saber más sobre el telégrafo
https://economipedia.com/definiciones/telegrafo.html
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deathshallbenomore · 7 months
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comunque è veramente un grande dramma avere una faccia anacronistica poiché, per come ho i capelli oggi, avrei fatto una degnissima figura in qualsiasi secolo che non sia quello corrente, e invece indovina un po’
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stefandreus · 2 years
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La gente che visualizza e non risponde è un conto, ma la gente che non visualizza proprio è proprio una dannazione.
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adrianomaini · 1 year
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Ho avuto un colloquio con Chiodelli dell’EIAR
Con la certezza che le sorti della guerra andassero ormai irrimediabilmente dirigendosi verso la definitiva disfatta italiana, si dovette assistere a una corsa irrefrenabile alla dismissione degli incarichi che fino a quel momento erano stati fonte di onori, guadagni e popolarità. E se le preoccupazioni erano fondate per i membri della classe dirigente, sulla quale certamente gravava un dolo…
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bagnabraghe · 1 year
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Ho avuto un colloquio con Chiodelli dell’EIAR
Con la certezza che le sorti della guerra andassero ormai irrimediabilmente dirigendosi verso la definitiva disfatta italiana, si dovette assistere a una corsa irrefrenabile alla dismissione degli incarichi che fino a quel momento erano stati fonte di onori, guadagni e popolarità. E se le preoccupazioni erano fondate per i membri della classe dirigente, sulla quale certamente gravava un dolo…
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redtnjalisco · 2 years
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Telecomm Telégrafos se convertirá en Financiera para el Bienestar, anuncia AMLO
#EconomiaEmRed #CG AMLO detalló que esta financiera será complementaria al Banco del Bienestar, ya que, de momento, este último se centrará en la dispersión de recursos
Telecomm Telégrafos, que hoy cuenta con más de 1,700 sucursales en todo el país y opera como uno de los principales corresponsales bancarios, se convertirá en Financiera para el Bienestar, entidad pública que, además de recibir remesas, como hoy ya lo hace, ofrecerá productos de ahorro y crédito, y fungirá como un centro de atención para migrantes que quieran regresar a México, anunció el…
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crazy-so-na-sega · 19 days
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10 MOTIVI PER CUI L'OMS VA FERMATA
1) L'OMS non serve A NULLA. Aveva un senso nel 1948 quando le informazioni sulle epidemie arrivavano con il telegrafo. Ora siamo in infodemia. Durante il covid l'OMS non ha fornito una singola informazione utile. Se non serve a quello evidentemente la sua reale funzione ora è un'altra.
2) L'OMS per pagare le sue ENORMI spese è in modo sostanziale pagata da privati. Tra essi i principali contributori sono la Bill Gates foundation, case farmaceutiche e associazioni pro diffusione vaccini, a loro volta pagate dai medesimi, come GAVI alliance.
3) A Maggio l'OMS cercherà di forzare tutti gli stati membri a firmare il cosiddetto "Trattato pandemico", una specie di MES DELLA MALATTIA, che garantirà ampi poteri all'organizzazione.
4) Se non riuscirà a compiere la forzatura del trattato pandemico, l'OMS tenterà di introdurre le stesse cessioni di sovranità via cambiamenti del "Regolamento Sanitario Internazionale", introdotto anni fa e già in vigore.
5) Un terzo del bilancio dell'OMS, oltre un miliardo di dollari, va negli stipendi del personale OMS sparso in sedi faraoniche in tutto il mondo. Lo stipendio MEDIO di chi lavora all'OMS, compresi i fattorini, è 120mila euro COMPLETAMENTE ESENTASSE.
6) Un altro terzo abbondante del bilancio OMS va in consulenze, strumento del tutto opaco per pagare a discrezione persone e organizzazioni in tutto il mondo.
7) La spesa in viaggi in giro per il mondo a carico dell'OMS è 160 milioni. I benefit futuri del personale sono un valore non desumibile dal bilancio, però la semplice oscillazione attuariale indica una cifra enorme.
8) La spesa TOTALE OMS per medicine e apparecchiature mediche in Africa è di soli 45 milioni. Tutta questa organizzazione enorme per una cifra minore del bilancio del comune di Urbino? Meno dei semplici costi di viaggio allocati a OMS Africa (53 milioni).
9) Il direttore OMS, l'Etiope di un partito comunista nazionalista, Tedros Ghebreyesus, mentre era ministro della sanità in Etiopia ha intessuto relazioni con la fondazione Bill Gates venendo nominato nel board di GAVI, the vaccine alliance, finanziatori complessivamente dell'OMS per quasi un miliardo.
10) L'Italia contribuisce in modo diretto e indiretto allo stipendificio OMS per circa 100 milioni l'anno.
Sarebbe il caso di smettere di pagare questi signori, magari allocando la cifra al nostro sistema sanitario nazionale. E' poco ma servirà sicuramente di più rispetto a quanto serve buttarli nella fornace OMS. Nel frattempo si deve ASSOLUTAMENTE non firmare il trattato pandemico e rifiutare ogni cambiamento al regolamento sanitario internazionale. Ho già provveduto insieme ad altri amici di maggioranza ad allertare il Governo per evitare il rischio di arrivare impreparati alla scadenza.
Fonti: Bilancio OMS:
https://who.int/publications/i/item/A76-17… Bozza testo trattato pandemico
https://apps.who.int/gb/inb/pdf_files/inb4/A_INB4_3-en.pdf… Alcune delle modifiche proposte al Regolamento Sanitario Internazionale
https://apps.who.int/gb/wgihr/pdf_files/wgihr1/WGIHR_Compilation-en.pdf… Un articolo ben scritto sui finanziatori OMS
https://ilbolive.unipd.it/it/news/chi-finanzia-lorganizzazione-mondiale-sanita… Un'intervista su OMS del celebre chirurgo Roy de Vita. Primario dell'Istituto dei tumori "Regina Elena" di Roma.
https://ilgiornale.it/news/politica/giusto-tagliare-i-finanziamenti-alloms-pi-utile-sostenere-i-2275818.html… Un'inchiesta di "Politico" sull'influenza di Bill Gates su OMS e risposta internazionale al covid.
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"Risuonano i cavi lirici della mia alta tensione.
Palo del telegrafo! Cos'altro - tanto celere? Finché ci sarà il cielo, la trasmissione di sentimenti - senza sosta, tangibili notizie di labbra...
Sappi: finché ci sarà il firmamento, finché ci sarà l'aurora all'orizzonte - sarai per certo, per sempre legato a me, per ogni dove.
In mezzo alla bufera del secolo, tra mucchi di menzogne - da un capo a un altro - i miei sospiri inediti, la mia passione intramontabile..."
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garadinervi · 3 months
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Salvatore Quasimodo, Alle fronde dei salici (1946) [from Giorno dopo giorno (1947)], in Claribel Alegría, La mujer del río / Woman of the River, Translated by D. J. Flakoll, University of Pittsburgh Press, Pittsburgh, PA, 1989
E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze sull'erba dura di ghiaccio, al lamento d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento. – Salvatore Quasimodo, Alle fronde dei salici (1946) [from Giorno dopo giorno (1947)]
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ma-pi-ma · 9 months
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Non la poesia d’occaso che plasmi quando pensi ad alta voce, con il suo tiglio in inchiostro di china e i fili del telegrafo sopra la rosea nube;
né l’interno tuo specchio, con le fragili spalle nude di lei che ancora vi balenano; non il lirico clic di una rima tascabile, il motivetto che ti dice l’ora;
e non le monetine e i pesi sui giornali della sera impilati nella pioggia; non i cacodemoni del tormento carnale; non la cosa che puoi dire assai meglio in prosa…
ma la poesia che piomba da altezze sconosciute quando attendi gli spruzzi dalla pietra laggiù lontano, e corri alla penna come un cieco, e dopo giunge il brivido e poi ancora…
nel viluppo dei suoni, leopardi di parole, insetti come foglie, ocellati uccelli si fondono formando una silenziosa, intensa trama mimetica del perfetto senso.
Vladimir Nabokov, La poesia, da Poesia n.55, ottobre 1992
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ALLE FRONDE DEI SALICI
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“E come potevano noi cantare
Con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
Salvatore Quasimodo, “Giorno dopo giorno”
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swingtoscano · 4 months
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Vorrei che tu venissi da me una sera d’inverno e, stretti insieme dietro i vetri, guardando la solitudine delle strade buie e gelate, ricordassimo gli inverni delle favole, dove si visse insieme senza saperlo. Per gli stessi sentieri fatati passammo infatti tu ed io, con passi timidi, insieme andammo attraverso le foreste piene di lupi, e i medesimi genii ci spiavano dai ciuffi di muschio sospesi alle torri, tra svolazzare di corvi. Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi verso la vita misteriosa, che ci aspettava. Ivi palpitarono in noi, per la prima volta pazzi e teneri desideri. “Ti ricordi?” ci diremo l’un l’altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento. Ma tu – ora mi ricordo – non conosci le favole antiche dei re senza nome, degli orchi e dei giardini stregati. Mai passasti, rapita, sotto gli alberi magici che parlano con voce umana, né battesti mai alla porta del castello deserto, né camminasti nella notte verso il lume lontano lontano, né ti addormentasti sotto le stelle d’Oriente, cullata da piroga sacra. Dietro i vetri, nella sera d’inverno, probabilmente noi rimarremo muti, io perdendomi nelle favole morte, tu in altre cure a me ignote. Io chiederei “Ti ricordi?”, ma tu non ricorderesti.
Vorrei con te passeggiare, un giorno di primavera, col cielo di color grigio e ancora qualche vecchia foglia dell’anno prima trascinata per le strade dal vento, nei quartieri della periferia; e che fosse domenica. In tali contrade sorgono spesso pensieri malinconici e grandi; e in date ore vaga la poesia, congiungendo i cuori di quelli che si vogliono bene. Nascono inoltre speranze che non si sanno dire, favorite dagli orizzonti sterminati dietro le case, dai treni fuggenti, dalle nuvole del settentrione. Ci terremo semplicemente per mano e andremo con passo leggero, dicendo cose insensate, stupide e care. Fino a che si accenderanno i lampioni e dai casamenti squallidi usciranno le storie sinistre della città, le avventure, i vagheggiati romanzi. E allora noi taceremo sempre tenendoci per mano, poiché le anime si parleranno senza parola. Ma tu – adesso mi ricordo – mai mi dicesti cose insensate, stupide e care. Né puoi quindi amare quelle domeniche che dico, né l’anima tua sa parlare alla mia in silenzio, né riconosci all’ora giusta l’incantesimo delle città, né le speranze che scendono dal settentrione. Tu preferisci le luci, la folla, gli uomini che ti guardano, le vie dove dicono si possa incontrare la fortuna. Tu sei diversa da me e se venissi quel giorno a passeggiare, ti lamenteresti d’essere stanca; solo questo e nient’altro.
Vorrei anche andare con te d’estate in una valle solitaria, continuamente ridendo per le cose più semplici, ad esplorare i segreti dei boschi, delle strade bianche, di certe case abbandonate. Fermarci sul ponte di legno a guardare l’acqua che passa, ascoltare nei pali del telegrafo quella lunga storia senza fine che viene da un capo del mondo e chissà dove andrà mai. E strappare i fiori dai prati e qui, distesi sull’erba, nel silenzio del sole, contemplare gli abissi del cielo e le bianche nuvolette che passano e le cime delle montagne. Tu diresti “Che bello!” Niente altro diresti perché noi saremmo felici; avendo il nostro corpo perduto il peso degli anni, le anime divenute fresche, come se fossero nate allora.
Ma tu – ora che ci penso – tu ti guarderesti intorno senza capire, ho paura, e ti fermeresti preoccupata ad esaminare una calza, mi chiederesti un’altra sigaretta, impaziente di fare ritorno. E non diresti “Che bello!”, ma altre povere cose che a me non importano. Perché purtroppo sei fatta così. E non saremmo neppure per un istante felici.
Vorrei pure – lasciami dire – vorrei con te sottobraccio attraversare le grandi vie della città in un tramonto di novembre, quando il cielo è di puro cristallo. Quando i fantasmi della vita corrono sopra le cupole e sfiorano la gente nera, in fondo alla fossa delle strade, già colme di inquietudini. Quando memorie di età beate e nuovi presagi passano sopra la terra, lasciando dietro di se una specie di musica. Con la candida superbia dei bambini guarderemo le facce degli altri, migliaia e migliaia, che a fiumi ci trascorrono accanto. Noi manderemo senza saperlo luce di gioia e tutti saran costretti a guardarci, non per invidia e malanimo; bensì sorridendo un poco, con sentimento di bontà, per via della sera che guarisce le debolezze dell’uomo. Ma tu – lo capisco bene – invece di guardare il cielo di cristallo e gli aerei colonnati battuti dall’estremo sole, vorrai fermarti a guardare le vetrine, gli ori, le ricchezze, le sete, quelle cose meschine. E non ti accorgerai quindi dei fantasmi, né dei presentimenti che passano, né ti sentirai, come me, chiamata a sorte orgogliosa. Né udresti quella specie di musica, né capiresti perché la gente ci guardi con occhi buoni. Tu penseresti al tuo povero domani e inutilmente sopra di te le statue d’oro sulle guglie alzeranno le spade agli ultimi raggi. Ed io sarei solo. E’ inutile. Forse tutte queste sono sciocchezze, e tu migliore di me, non presumendo tanto dalla vita. Forse hai ragione tu e sarebbe stupido tentare. Ma almeno, questo sì almeno, vorrei rivederti. Sia quel che sia, noi staremo insieme in qualche modo, e troveremo la gioia. Non importa se di giorno o di notte, d’estate o d’autunno, in un paese sconosciuto, in una casa disadorna, in una squallida locanda. Mi basterà averti vicina. Io non starò qui ad ascoltare – ti prometto – gli scricchiolii misteriosi del tetto, né guarderò le nubi, né darò retta alle musiche o al vento. Rinuncerò a queste cose inutili, che pure io amo. Avrò pazienza se non capirai ciò che ti dico, se parlerai di fatti a me strani, se ti lamenterai dei vestiti vecchi e dei soldi. Non ci saranno la cosiddetta poesia, le comuni speranze, le mestizie così amiche all’amore. Ma io ti avrò vicina. E riusciremo, vedrai, a essere abbastanza felici, con molta semplicità, uomo e donna solamente, come suole accadere in ogni parte del mondo.
Ma tu – adesso ci penso – sei troppo lontana, centinaia e centinaia di chilometri difficili a valicare. Tu sei dentro a una vita che ignoro, e gli altri uomini ti sono accanto, a cui probabilmente sorridi, come a me nei tempi passati. Ed è bastato poco tempo perché ti dimenticassi di me. Probabilmente non riesci più a ricordare il mio nome. Io sono ormai uscito da te, confuso tra le innumerevoli ombre. Eppure non so pensare che a te, e mi piace dirti queste cose.
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elorenz · 2 months
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Queen Jane Approximately di Bob Dylan mi suona nelle orecchie mentre la macchina che sta davanti allunga la curva prendendo un muretto inclinato e vola in aria nel sottopasso della città. Inchiodo e metto le quattro frecce, ti faccio segno di rimanere dentro. Spalanco lo sportello ed esco, la vettura continua a scivolare cappotata macchiando di vernice l'asfalto, un rivolo di benzina s'incanala nello scolo del sottopasso. Sento urlare ma la voce di Bob Dylan continua a strofeggiare le sue rime nei miei timpani. Estraggo il telefono e chiamo il 112. Ambulanza, situazione, posizione, feriti, assistenza. Telegrafo con la voce ciò che vedo ed il sole si inabissa dentro lo specchio del fiume, la gente si ferma ad osservare e noto la chiazza di sangue irrorare col suo rosso scuro i pezzi di vetro del parabrezza. Mi sveglio e una sensazione di pericolo si abbottona forte alla trachea.
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L’amore fra noi lo inventammo come in una prigione due detenuti inventano un telegrafo di segni mediante battimenti sul muro, strofette canticchiate da una finestra all’altra, messaggi sibillini scritti su rotolini di carta…
Così cercammo, così trovammo l’alfabeto e la grammatica di una lingua che non c’era.
Gesualdo Bufalino
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scorcidipoesia · 1 year
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Guardavo passarmi davanti le donne,
le presenti e le future,
i paesaggi
e i pali del telegrafo,
ho visto il giorno e la notte
succedersi in silenzio.
Scenderò giù a qualche stazione
pazzo di questi mutamenti di colori e linee
per comunicarti
che al cinquecentesimo chilometro dell’amore
ti amavo esattamente come al primo.
Izet Sarajlić
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