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nordend-91-blog · 6 years
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Picture of an old and abandoned textile factory in Valle Mosso (Bi), Piedmont. The textile production has been for centuries the main source of income for the economy of the province of Biella. These factories were built nearby mountain streams, where the use of fresh and clean water was possible for the industrial production
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nordend-91-blog · 6 years
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Grapevines in Zubiena, between the provinces of Biella and Turin, Piedmont, Italy. In the first picture, on the background, the Valle d’Aosta mountains, in the second the Viverone Lake.
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nordend-91-blog · 6 years
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The Bridge of Pistolesa, also called the Colossus, is the 10th highest bridge of Italy and the first permanent bungee jumping center of the country. It is located in Mosso, province of Biella, Piedmont (Northwestern Italy).
Height: 152 mt / Lenght: 350 mt / Built in 1968
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nordend-91-blog · 6 years
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Summer memories in Champoluc. Follow me on Facebook page NordEnd-91
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nordend-91-blog · 7 years
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Oltre un confine (parte 2)
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Il campeggio in cui alloggio è proprio sotto a l’Aiguille Noire. Una guglia imponente alta 3773 mt. Qui, davanti a me, il Bianco è un muro di roccia verticale. Ma dietro di me le montagne sono più dolci e rotonde, ricche di boschi dal verde intenso. La strada che percorre tutta la valle, da nordest verso sudovest, segue nel suo tratto pianeggiante il percorso della Dora di Veny. Da una parte c’è Courmayeur, dall’altra la valle è interrotta dalla collina morenica del Ghiacciaio del Miage. La strada prosegue su quest’ultima a tornanti e continua, prima asfaltata, poi sterrata, fino a collegarsi con il resto della valle, oltre la morena, presso il Lago Combal.
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Il mattino seguente al nostro arrivo prendiamo una navetta a pagamento che collega la Val Veny a Courmayeur. Con questa raggiungiamo la morena e dal capolinea proseguiamo a piedi lungo la strada. Raggiungiamo, senza correre, dopo circa 45 minuti il Lago Combal e l’omonima Capanna. Il primo giorno di cammino ha interessato un’esplorazione del Ghiacciaio del Miage. Seguendo il sentiero verso il rifugio Gonella, giungiamo sulla cresta della morena e tramite un tratto in forte pendenza entriamo sull’enorme ghiacciaio. Il ghiacciaio si presenta a noi come un’ enorme pietraia: in realtà il ghiaccio è nascosto sotto quest’ultima e talvolta compare laddove l’acqua ha creato dei piccoli canyon o in alcuni tratti dove si sono creati dei veri e propri scivoli ghiacciati.
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Con la dovuta cautela e attenzione (si tratta pur sempre di un ghiacciaio con i suoi crepacci e i suoi pericoli) seguiamo un percorso segnalato da alcuni omettini e da alcuni bollini gialli, purtroppo poco visibili al ritorno. Ogni tanto scorgo dei pozzi d’acqua dai quali mi tengo lontano. Proseguiamo verso il fondo della vallata,senza raggiungere il Gonella, arrivando fin dove ci era possibile date le nostre attrezzature. Il paesaggio è da favola. Da qui  si vedono bene i ghiacciai del Bianco e del Dôme.
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Il giorno seguente, tornati dal campeggio alla Capanna Combal, intraprendiamo il sentiero verso il Bivacco Rainetto (3047 mt). Il sentiero, segnato come EE, dopo i primi dieci minuti di falsopiano, sale ripido. Superato il primo tratto di prati, continuiamo sulle rocce e le pietre. Sopra di noi la montagna si stringe fino a creare un imbuto: il camminamento passa proprio lì in mezzo su un terreno di pietre e terra. Un fattore di pericolo, in questo caso, è costituito dal rischio di essere colpiti da un sasso caduto dall’alto, magari spostato e fatto cadere inavertitamente da qualcuno più avanti. Il sentiero prosegue su questo terreno franabile. Superato l’imbuto, si presegue su rocce. Io inizio ad aiutarmi anche con le mani. Ogni tanto, infatti, è necessario arrampicarsi per brevissimi tratti di due o tre metri metri. A sorpresa compaiono i primi stambecchi
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Seguendo i bollini gialli e gli omettini, finalmente, alzando lo sguardo, vediamo la croce e la parte superiore del bivacco dipinto di rosso. Giunti al Rainetto, dopo tre ore e mezza, ammiriamo le cime del Monte Bianco e la cima del Petit Mont Blanc 400 metri di dislivello circa sopra di noi. Ci fermiamo, anche in questo caso date le nostre forze e la mancanza di attrezzature, al bivacco: il panorama è esagerato.
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Sono qui, su quello che mi sembra un nido di aquile. Sono piccolo davanti a tutto quello che mi circonda, sono impotente anche di fronte a un cucciolo di stambecco. Dietro di me c’è il Monte Bianco, davanti il Gran Paradiso. Sotto di noi tutta la Val Veny. Un territorio finalmente lontano, almeno nella mia mente.
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nordend-91-blog · 7 years
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Oltre un confine (parte 1)
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Agosto 2017. Sono in casa e sto pensando a tutte le ultime camminate in montagna. Il ricordo mi mette in petto una sensazione impagabile di libertà: davanti ai miei occhi rivedo i grandi spazi, le cime, le nevi. Mi sembra, per un attimo, di percepire l’odore dell’erba dei prati e il vento fra i capelli. Poi d’improvviso un vecchio ricordo mi torna, ingombrante, nella testa. E’ il ricordo di amicizie e persone con le quali nel corso degli anni ho vissuto la montagna. Persone che non vedo più, ma che vivono al di fuori di me e della mia mente. ‘‘Chissà -pensavo- qualcuno di quei vecchi amici sulle Alpi ci sarà ancora, qualcuno avrà ancora piacere a salire e scendere. Qualcuno l’estate tornerà nelle roulotte nei campeggi, nelle baite piene di fiori sui balconi’‘. In poche valli, quelle che ho sempre frequentato sotto il Monte Rosa, avrei potuto incontrare molte persone di pianura.
Agosto 2017. La volontà di andare avanti e di lasciare il passato senza dimenticarsene a volte ci prende. E’ la volontà di vivere forse in una maniera più dignitosa in base ai nostri mezzi e di sfruttare le occasioni che ci passano davanti. Così mi sono ritrovato a dire di si a chi mi ha chiesto di passare qualche giorno sotto il Monte Bianco. Il Monte Bianco, ossia quel massiccio lontano, oltre Aosta, dove sicuramente non avrei visto nessuno legato a vecchie e bellissime amicizie e nessuno legato a più recenti  e tristissimi fallimenti. Mentre guardavo fuori dal finestrino, vedevo le uscite dell’autostrada, ciascuna associata a un ricordo recente: Ivrea, Quincinetto, Pont Sant Martin, Verrès, Chatillon-St. Vincent, Nus, Aosta.
Noi puntiamo oltre questi ricordi, qualche valle un po’ più in là, dove non ci siamo mai stati, verso qualche posto nuovo. Vedo comparire dietro agli alberi qualche cima innevata, mentre l’auto prosegue sulla strada lungo il suo viaggio che si concluderà in Val Veny, una valle ai piedi del massiccio del Bianco, immersa nelle bellezze naturali. La strada da Courmayeur è in salita. L’auto fa fatica, è vecchia. Il paese là sotto è sempre più lontano. Superiamo un tornante, un breve rettilineo, un’ultima curva e si apre ai nostri occhi il primo ghiacciaio: il ghiacciaio della Brenva. E’ enorme, altissimo, bianco e grigio. Sembra immobile ed eterno. Nasce oltre i 3500 metri e scende la montagna fino a 1300 metri.
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La nostra strada prosegue fino a uno dei campeggi della valle. Fa freddo fuori, il cielo è pieno di nuvole bassissime. Ogni tanto cade una goccia. Le cime non si vedono, sono coperte. ‘’Eccomi in un luogo lontano, nuovo e che non ho mai visto. Potrò giocare a fare l’esploratore’‘ pensai.
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nordend-91-blog · 7 years
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Have a nice Saturday!
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nordend-91-blog · 7 years
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Aiguille Noire, Mont Blanc, Val Veny, Courmayeur
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nordend-91-blog · 7 years
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Aiguille Noire, one of the most beautiful peaks in Italy
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nordend-91-blog · 7 years
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Aiguille Noire, Mont Blanc, Val Veny, Courmayeur
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nordend-91-blog · 7 years
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La mia salita al Guide d’Ayas (3420 mt)
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Domenica sera. Sono appena tornato da un breve viaggio. Sono le otto di sera e il cellulare squilla. Il messaggio è un invito che non riesco a rifiutare: ‘‘vieni su in montagna stasera, a casa mia. Dormi qua e domani si parte per il Rifugio Guide d’Ayas’‘. Per le otto e mezza avevo preparato tutto ed ero già in viaggio. Guardo fuori dal finestrino dell’auto. C’è il tramonto con i suoi colori rossastri: davanti a me il mare delle risaie in estate e poco più in là le montagne blu e nere.
Il mattino seguente, alle sette, usciamo di casa. Il mio compagno di viaggio, gentile nell’avermi ospitato, per primo guarda il paesaggio e, come se non l’avesse visto già centinaia di volte, esclama: guarda che meraviglia! E ha ragione. Credo che ci vorrebbero degli anni per abituarsi a quello spettacolo. Tutte le montagne sono verdi, cariche di abeti e pini. Il sole illumina le cime gialle e il cielo sopra di noi è completamente azzurro. La sera prima ero salito in valle completamente al buio, perciò non avevo potuto vedere alcunchè. Ma la mattina seguente erano tutte lì le montagne, come se fossero appena nate intorno alla casa. Usciti dall’uscio aspettiamo un terzo avventuriero.
La partenza è a Saint Jacques, una frazione del comune di Ayas conosciuta anche come Canton des Allemands  per via delle antiche migrazioni walser in quest’area. Il villaggio è raggiungibile grazie a una navetta gratuita che ha come capolinea un piccolo parcheggio vicino a una fonte dove subito mi rifornisco di acqua. Alle 8 meno venti partiamo. Lasciamo il villaggio di Saint Jacques e seguiamo prima una strada, poi un sentiero che ci conducono attraverso altre piccole frazioni composte da pochissime case raggiungibili a piedi. Il percorso si arrampica dolcemente in mezzo al bosco per poi raggiungere un tratto in piano in fondo al quale gli alberi finiscono. Come le tende di un teatro, i rami e le foglie fanno da contorno a una landa pianeggiante con alcune casette adagiate nell’ombra. Superiamo gli ultimi alberi e ci troviamo nello spettacolare Pian di Verra Inferiore.
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‘‘Qui vengono un sacco di turisti. Di solito mettono un chiosco a forma di limone gigante e moltissima gente si fa portare su con i mezzi. Moltissimi poi vengono qui giusto per andare al lago blu, appena sopra il bosco’‘ mi dice uno dei miei compagni. Ringraziando la fortuna che quel mattino non ci fosse nessuno, guardo il panorama. Sopra il bosco di pini vedo due morene, formatesi grazie agli spostamenti dei ghiacci in passato, e ancor più in là il Grande Ghiacciaio di Verraz coronato dalle sue cime: il Breithorn Orientale, il Roccia Nera, il Castore e il Polluce. Proseguiamo superando le case e rigettandoci nel bosco. Il sentiero taglia la strada sterrata che si arrampica a tornanti. Finalmente arriviamo alla base di una delle due morene, quella più verde e ricca di vegetazione. Qui il percorso torna a salire più ripido, puntando verso la cresta della morena dove il sentiero prosegue regalandoci la vista dell’opera dei ghiacciai.
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Il ghiaccio spostandosi ha accumulato rocce, le ha frantumate e rese lisce, ha scavato giganteschi solchi nella terra dove oggi scorrono i torrenti, ha creato le morene spingendo e ammassando i detriti giù per la montagna come una scopa con la polvere o con dei sassolini. Noi ammiriamo tutta l’opera del ghiaccio e ci sentiamo formiche. I nostri occhi si spalancano per ammirare ogni centimetro di quella bellezza. Un gruppo di stambecchi guarda nella stessa direzione nostra e si lascia ammirare. Continuiamo il cammino: il primo rifugio da conquistare è il Mezzalama (3036 mt). Lo si può vedere facilmente dalla cresta, ma non è così vicino come appare. Aguzzando la vista, in mezzo alle rocce, arroccato su uno sperone, si può già vedere anche il Guide d’Ayas brillare colpito dal sole.
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Al Mezzalama ci rifocilliamo. Le nuvole grigie che si sono accumulate nella Valle del Lys, a oriente della Val d’Ayas dove siamo noi, non riescono a superare la catena di montagne e rimangono lontane da noi. La minaccia della pioggia sembra essere rinviata ancora per qualche ora. Il sentiero prosegue molto diversamente: si passa sopra alle rocce, ogni tanto uso le mani per issarmi su una di esse, la vegetazione consiste in erba molto bassa. Mi sembra di essere in una specie di percorso a ostacoli e mi inizio a divertire sempre di più. La fatica è momentaneamente accantonata. Il nostro arrivo sembra lì, a un metro da noi, eppure c’è ancora tanto da camminare.
Una lingua di ghiaccio e neve, percorsa da piccoli canaletti d’acqua, scende dal ghiacciaio di Verraz e più si abbassa la quota e più affiorano sassi e pietre: noi la attraversiamo cercando il punto più agevole e meno scivoloso. Davanti a noi si staglia l’ultima salita: qui il sentiero passa su una petraia ed è segnato da ometti e bollini con il numero sette disegnati sulla roccia. Il pomeriggio è ormai vicino e noi iniziamo a incrociare lungo il cammino gli alpinisti che si sono avventurati la mattina presto sui 4000: scendono, ci vedono e ci salutano taciturni. Saliamo e io inizio a sentire la fatica. In moltissimi punti ormai salgo a quattro zampe, non per la necessità di arrampicarsi, ma per la mia stanchezza. La pietraia termina. Ma il rifugio è ancora lassù, su quello sperone di roccia. 
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Lo sperone è ripido. Per salire ci sono corde e ponticelli di legno che aiutano. La parte finale è sicuramente quella più divertente di questa avventura, penso mentre salgo. Impreparato finalmente arrivo con i miei compagni al rifugio Guide d’Ayas (3420mt) dopo 4 ore circa di cammino. Dico impreparato perchè ciò che ho successivamente visto davanti a me era qualcosa di completamente nuovo e magnifico ai miei occhi. Il ghiacciaio era tutto davanti a noi a pochi metri: pareti di ghiaccio alte decine di metri, crepe, neve, rocce, le cime imponenti, le nuvole veloci e sopra a tutto il cielo azzurro.
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Dopo aver mangiato un pezzo di gustosa focaccia ligure, decidiamo che è ora di iniziare la discesa. il tempo sta cambiando. Il rientro è magnifico, c’è il tempo per scattare qualche foto in più e per rivivere meglio certe parti del sentiero.
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Quella sera, mentre tornavo verso casa in auto dopo aver lasciato in valle i miei compagni d’avventura, mi è sembrato che dentro di me si fosse insinuato qualcosa: era la nostalgia che già mi colpiva a pochi chilometri dalla mia ripartenza. E io, in auto, ogni tanto mi giravo a guardare l’imbocco della Val d’Aosta e mi scoprivo pensare che già tutto quello che avevo vissuto poco prima mi mancava.
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nordend-91-blog · 7 years
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friends and mountains: così tanti sentieri da percorrere nell’amicizia
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nordend-91-blog · 7 years
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waiting for the next story, the next adventure
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nordend-91-blog · 7 years
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‘’Bandiere sulle montagne non ne porto: sulle cime io non lascio mai niente, se non, per brevissimo tempo, le mie orme che il vento ben presto cancella’‘ (Messner)
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nordend-91-blog · 7 years
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Piccola anticipazione della terza storia: salita al Rifugio Guide d’Ayas. Nella foto il Castore (4228 mt) visto dal Rifugio Mezzalama (3036)
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nordend-91-blog · 7 years
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Storia 2: Blinnenhorn
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Il primo lunedì del mese mi tornò alla mente quel mio amico con il quale mi ero ripromesso di andare a scarpinare su qualche tremila. Fortuna volle che avesse organizzato per il giorno seguente una gita in Val Formazza. Mi unii al gruppo.
Parto di casa alle cinque del mattino e faccio tutta la strada del Lago d’Orta per arrivare fino a Gravellona Toce evitando l’autostrada e i suoi costi. Le montagne che si vedono dalle sponde del lago sono un invito e in me la voglia di arrivare in cima aumenta. Per le sette ci ritroviamo tutti e, insieme, partiamo per Riale (1700metri), una frazione walser del comune di Formazza. Nel viaggio ci fermiamo al Forno Ossolano dove oltre al cibo necessario mi sono comprato, per golosità pura, due brioches bellissime a vedersi. Cari lettori non dimentichiamoci queste brioches perchè saranno importantissime.
A Riale sono le 8 e 15 del mattino. La luce del sole non è ancora arrivata a fondovalle. Noi proseguiamo con l’auto oltre il villaggio, fino a un parcheggio posto sotto la diga di Morasco. Dopo poco tempo iniziamo il cammino, superiamo la diga e, dopo aver costeggiato il lago omonimo arriviamo all’imbocco del sentiero. Il fondovalle è sempre all’ombra. Il verde alla base delle montagne è intenso e scuro. L’acqua del lago è nera. La luce è lassù, sulle cime acuminate grigie e rocciose. Lo spettacolo davanti a me avrebbe dovuto forse trasmettermi calma e incanto. Invece mi mise in soggezione e in ansia, forse, pensai, per il ricordo che quei luoghi mi suscitavano dall’ultima volta in cui, partito incautamente e stupidamente da solo, andai a scarpinare sui tremila in Val d’Aosta. Quell’avventura si concluse bene solo grazie all’intervento di un amico.
Il sentiero si divide in tre parti, una via è chiusa agli escursionisti, probabilmente per la pericolosità della montagna che sembra franargli sopra, la seconda via è la nostra. La terza va all’Alpe Bettelmatt. L’ansia che io nascostamente tenevo segreta agli altri richiamava nella mia mente sempre più pensieri negativi, ricordi tristi, persone di pianura e di montagna scomparse. Eppure, pensavo, davanti a me i miei compagni vanno avanti, nonostante i loro problemi. E io sono qui a sprecare il mio tempo e le mie energie in questi pensieri invece di rendermi conto che il mondo, la vita e il mio sentiero di bellezze e avventura sono tutti qui,stesi davanti a me, in attesa che i miei scarponi li calpestino.
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Dopo ogni tornante che supero l’energia torna. La voglia di esplorare le cime, di salire ricomincia a impossessarsi di me. La luce è ora alta e il calore inizia a far sudare. Il sentiero ci conduce nella valle laterale dove, dopo una camminata tra arbusti bassi e pietraia, vediamo spuntare la diga del lago Sabbione. Tutte queste dighe, immagino sfruttate per l’energia idroelettrica, sono delle mostruosità grigie, enormi. I laghi che contengono mi fanno paura: sono anch’essi grigi se la luce li colpisce, sono neri se nascosti all’ombra, e sembrano privi di vita come un’enorme colata di mercurio. Oltre la diga, oltre il lago ecco la Punta d’Arbola e la Punta Sabbione con il suo ghiacciaio: subito le nuvole coprono queste cime. Noi proseguiamo lungo le rive del lago. Il sentiero qui è più pianeggiante, più semplice.
Con facilità arriviamo al rifugio Claudio e Bruno (2710 mt.). La vista da qui è fantastica e io, affamato, mi mangio la prima brioches. Buonissima.
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Il Blinnenhorn (3374 mt), ossia il Corno Cieco, non si vede mai. Solo alla fine lo si può ammirare. Il cammino dopo il rifugio è interamente su pietraie e sabbia e sale molto più velocemente. E’ totalmente inutile cercare di capire dove sia la cima. Non si vede. Ma poi alzo la testa ed eccola lì la sommità. In alto sulla nostra testa c’è una cresta che proseguendo verso ovest porta alla vetta. Saliamo ancora, sempre più lentamente, ormai abbiamo superato i tremila e la testa inizia a ballare. Si fa fatica. Raggiunta la cresta vediamo che davanti a noi si apre tutto un ghiacciaio, stupendo, enorme ai miei occhi: il ghiacciaio del Gries. Giro lo sguardo a Ovest: la cima che vedevo dal basso era solo una collinetta di terra e sassi. La vera cima è ancora più in alto, sopra il ghiacciaio. Le nuvole le roteano tutte intorno. Il vento, comparso all’improvviso, è sempre più forte. In fretta ci vestiamo. Io mi mangio anche la seconda brioches. Buonissima.
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Il sentiero è poco segnato. Ci sono solo ometti posti a terra, qualche traccia, ma nessun cartello, nessun altro segnale. Quindi una parte dell’attenzione va a dove passare. Il cammino continua esterno al ghiacciaio. Qualche metro più in là la neve perenne, qualche metro più in qua il burrone. Io sorrido. Mi sembra tutto perfetto: le ansie quassù sono state dominate e io mi sto godendo quello che ho intorno. Giungiamo, in fila, su una piccola sella. Dall’altra parte, a pochi metri da noi c’è il vuoto. Una folata di vento forte fa sbandare prima il mio amico e poi me. Subito ci accucciamo tutti a terra, a quattro zampe come i neonati. L’improvvisa sferzata di vento alza la sabbia e la terra che mi finisce negli occhi. Aspettiamo che tutto sia finito per ripartire con più foga. Arriviamo in cima con un po’ di paura per l’avvenimento di poco prima. Scattiamo due foto e iniziamo la discesa correndo.
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Il tempo sta iniziando a guastarsi: è ormai pomeriggio inoltrato ed è Agosto. Il temporale è un evento da prendere per forza in considerazione in questo periodo. La discesa è veloce. Superiamo il rifugio, continuiamo la discesa. Abbandoniamo le pietraie. Ecco gli arbusti ed ecco la prima pioggia. E, improvviso, il primo lampo seguito da un tuono terribile in quella valle piccola e stretta. Ricominciamo a correre. Altri tuoni fortissimi sopra la nostra testa. Per la seconda volta nella giornata torno a sentirmi un neonato davanti alla natura. Fortunatamente passiamo per un alpeggio dove ci rintaniamo in una casetta aperta. Aspettiamo la fine del temporale. Una volta usciti ricominciamo il cammino, stanchi ma felici. I miei amici, i miei compagni alzano lo sguardo e sorpresi mi indicano un punto davanti a me.
Davanti a noi, alla nostra altezza, un arcobaleno.
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nordend-91-blog · 7 years
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Una piccola anticipazione della prossima storia sul Monte Blinnenhorn (3374 metri), Val Formazza.
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