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#Giardino delle Rose
lbk-photography · 10 months
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veggiechannel · 1 year
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Il mese di maggio ci fa pensare ai fiori e in particolare alle rose, protagoniste dei nostri giardini. C’è un perché che va oltre la fioritura e fa sì che questo mese sia considerato a tutti gli effetti il mese delle rose. Scopriamolo insieme.
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chouncazzodicasino · 3 months
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In tempo per il mio compleanno il giardino si sveglia, fiorisce e si fa bello. Quando ero piccola mia madre, in tempo per quel giorno di marzo (una bellissima scusa), riempiva le fioriere di primule, margherite, rose, gerbere e tanto altro. In quei giorni lungo tutti i bordi del giardino svettano i tulipani che ha piantato mia nonna materna, delle sequoie di tulipani che hanno 25-30 anni almeno. Così il mio compleanno è sempre stato colorato.
Il mio giardino è un po' più selvaggio ma parte del mio orgoglio sono due bei vasi grandi che mi accompagnano nella fioritura del mio compleanno, da tanti anni. Una fioriera con delle gerbere colorate che sembrano dopate e un grande vaso pieno di narcisi, narcisi nani, giacinti e anemoni. Aaaa questo vaso, dovreste vederlo...dovevate vederlo. Parlo al passato perché tre giorni fa Att'la canaflagggellodiddio ha deciso che quel vaso non doveva più esistere e quindi non solo lo ha sventrato ma ha anche mangiato ogni singolo bulbo. I miei bulbi. I miei bulbi preferiti. I miei bulbi amorosi. I miei bulbi primaverosi.
Stasera mia madre si è presentata a casa mia bussando con i piedi, così:
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Ogni mattina nel luogo in cui vivo casa mia, mi alzo molto presto, appena apro la porta finestra del mio giardino, già il profumo delle Rose e dei Gelsomini, per me sono il linguaggio dell'esistenza. Ringrazio ogni giorno questo tipo di esperienza perché effettivamente la natura ancora oggi, con tutte le schifezze che ci stanno annullando, è rimasta intatta nella sacralità cioè è l'unica realtà oggi che ti fa risentire, come fossimo nel primordiale, la bellezza dell'esistenza.
Franco Battiato
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giankamoverona · 1 year
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#buongiornoinarte Gustav Klimt, Il giardino delle rose, 1911 https://www.instagram.com/p/Clxp4uronlM/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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princessofmistake · 19 days
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Lo studio era pervaso dal ricco profumo delle rose e, quando la brezza estiva frusciava lievemente tra gli alberi del giardino, dalla porta aperta penetrava l’intenso effluvio dei lillà o la fragranza più delicata delle rose canine. Dall’angolo del divano di cuoio orientale sul quale era sdraiato, fumando come suo solito innumerevoli sigarette, Lord Henry Wotton intravedeva lo scintillio dei fiori dei maggiociondoli – del colore e della dolcezza del miele –, i cui tremuli ramoscelli parevano appena in grado di sopportare il fulgore di tanta bellezza. A tratti, fantastiche ombre di uccelli in volo guizzavano sulle lunghe tende di seta tirate davanti all’ampia finestra, e creavano un fuggevole effetto giapponese che gli ricordava quei pittori di Tokyo dal viso di pallida giada che, con i mezzi di un’arte fatalmente statica, tentano di esprimere sulla tela il senso del movimento e della velocità. Il cupo ronzio delle api – che si facevano largo tra i fili d’erba alta non falciata o roteavano con monotona insistenza intorno agli aghi impolverati d’oro dei caprifogli sparsi in terra – rendeva la sensazione d’immobilità ancora più opprimente.
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curiositasmundi · 2 months
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Quadrifogli
… vedi, disse Flavio brandendo il quadrifoglio appena colto, questa non è fortuna. I quadrifogli non si trovano perché si è fortunati. Si trovano perché si sa guardare. In mezzo a migliaia di trifogli, il quadrifoglio spicca chiaro solo a un occhio acuto. Per questo io trovo sempre un quadrifoglio, quando ne ho voglia. Ecco, pensavo seduto su una sedia di ferro nello splendido giardino di Flavio, ecco perché io non riesco mai a trovarne uno. Non so guardare, non ho una vista abbastanza acuta; non sono abbastanza acuto. E mentre Flavio continuava una delle sue solite tirate che, dall’arte del ritrovamento dei quadrifogli, si espandeva all’arte della conduzione di uno studio di architettura di successo, per arrivare infine all’arte ancora piú difficile consistente nella costruzione e poi nella gestione di una vita di successo, quale certamente era la sua, mi guardavo intorno e non vedevo che cose belle: il ciliegio giapponese pieno di fiori di un rosa delicato, la siepe di alloro di un verde rigoglioso, il prato inglese ben curato digradante con grande dolcezza fin sulle rive del Bacchiglione e, al lato opposto, il giardino all’italiana pieno di rose proprio di fronte alla sua splendida casa. Non lo ascoltavo piú. Guardavo attraverso le grandi vetrate l’interno dell’abitazione che Flavio aveva ricavato da una vecchia limonaia. Un progetto molto bello, pensavo, un raffinato esercizio di architettura d’interni, una casa che non si poteva fare a meno di ammirare, pubblicata piú volte in varie riviste di arredamento, ma che non aveva perso per questo il suo carattere, restando una casa «vera» in quanto vissuta nel modo giusto, adatta in tutto e per tutto all’uomo che l’aveva progettata e l’abitava. Un uomo che certo sa quello che vuole, pensavo, un uomo che ha quello che vuole, un uomo che sa trovare i quadrifogli… Mi voltai verso di lui. Stava ancora parlando, ma il suo sguardo, chissà perché, si era fatto malinconico. Mi ero perso buona parte delle sue parole, e non so dire come e attraverso quali stanze egli fosse passato per arrivare a dirmi ciò che mi disse. Vedi, disse, ho tutto quello che voglio, tutto quello che ho sempre voluto, eppure… eppure, disse stringendomi un braccio, darei tutto quello che ho per essere bello. (1996)
Vitaliano Trevisan - Shorts
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ambrenoir · 10 months
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Il testamento di un cane 🐕
1. I miei beni materiali sono pochi e li lascio tutti a te.
2. Ti lascio il mio collare rosicchiato su una delle punte, un letto disordinato e un contenitore d’acqua che ha il bordo rotto.
3. Ti lascio metà della palla di gomma (l’altra metà l’ho mangiata e digerita), una bambola rotta che troverai sotto il frigorifero, un topo di gomma dietro la credenza, in cucina e molte ossa sepolte nel vaso di rose nel giardino e vicino alla mia cuccia.
4. Inoltre, ti lascio i miei ricordi, che sono molti e molto belli.
5. Ti lascio un piccolo promemoria: i miei enormi e amorevoli occhi marroni, una coda corta e appuntita e un debole guaito dietro la porta, quando andavi al lavoro.
6. Ti lascio anche una macchia sul tappeto nel soggiorno, vicino alla finestra.
L’ho fatta quando, nelle sere d’inverno, mi sono appropriato di quel posto, come se fosse il mio. D’estate, invece, mi piaceva rotolarmi lì come una palla per prendere un po’ di sole. Ti lascio anche quel raggio di sole.
7. Ti lascio un tappetino goffo di fronte alla tua poltrona preferita… l’ho masticato io quando avevo 5 mesi di età, ti ricordi?
8. Ti lascio solo per te, il rumore che facevo correndo sulle foglie dell’autunno quando camminavamo in mezzo ai boschi.
9. Ti lascio anche, il ricordo dei bei momenti al mattino, quando uscivamo insieme a passeggiare sulla sponda del fiume e mi davi i biscotti alla vaniglia.
10. Ti lascio il ricordo delle tue risate quando non riuscivo a raggiungere quel gatto impertinente.
11. Ti lascio in eredità la mia lealtà, la mia simpatia, il mio sostegno quando le cose non andavano bene e il mio abbaiare quando sentivo strani rumori…
12. Non sono mai andato in chiesa e non ho mai sentito un sermone. Tuttavia, anche se non ho mai detto una parola in tutta la mia vita, ti lascio il mio esempio di amore, pazienza e comprensione.
13. Non posso, però, lasciarti la cosa che per me era la più preziosa di tutte… non posso lasciartela perché eri proprio TU !!! Ma sono sicuro che capirai
14. Ti lascio i miei grazie e spero che la tua vita sia stata più felice… con me al tuo fianco.
Autore sconosciuto
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ma-pi-ma · 11 months
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Coltiviamo i nostri dubbi come rose nel giardino che non abbiamo.
Carlos Drummond de Andrade,Il rovescio delle cose
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pataguja61 · 1 year
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23 dicembre
Non sono quasi mai riuscita a dare un senso profondo alle festività natalizie.
È successo una sola volta, secoli fa, quando insieme alla compagnia teatrale amatoriale "Il teatro del Penduto", trascorsi la serata dell' antivigilia insieme ai pochi ricoverati dell' ex manicomio di Collegno. Persone senza una casa, ma soprattutto senza una famiglia disposta a non permettere l'umiliazione di un abbandono, la sofferenza della solitudine, il futuro senza spiragli di luce.
Li allietammo suonando, io con la tastiera di Roberto e lui con la chitarra. Roberto cantava, il resto della compagnia invitava gli ospiti a danzare il valzer. Passi strascicati e lenti, timidi sorrisi e occhi lucidi. Qualcuno seduto raccontava la propria vita, qualcuno perfettamente sano di mente era entrato in quel posto per curare una semplice depressione e non ne era più uscito.
Mille storie diverse, ognuna uno spaccato di vita vera. Alla fine lo spumante e il brindisi.
Ripenso ogni anno a quel 23 dicembre, ripenso alla gioia che avevo provato vedendo gli ospiti felici. E ora ripenso a Roberto che non c' è più, o meglio, grazie a un carissimo Amico ho scoperto il giardino in cui si trova.
Si chiama "Il roseto" , forse perché in primavera si riempie di rose, forse.
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miruvolp · 3 months
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Un Candido Segreto (Camelia)
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Un Candido Segreto
Guardava fuori dalla finestra, sospirando; i lunghi capelli ondulati le ricadevano sulle spalle e la vestaglia bianca in morbide onde dorate. Gli occhi di un leggero verde primaverile, scrutavano il paesaggio al di fuori delle mura calde, mentre i fiocchi di neve si accumulavano sul terreno, creando una vasta distesa bianca e candida, che poteva essere considerata pari, a un telo di morbida seta. Seta… lo stesso materiale di cui era fatta la rosa datale dal suo amato in un giorno innevato proprio come questo… si, esattamente come questo tuttavia con una piccola differenza, la luce che faceva brillare la neve appena caduta come un mare di cristalli di ghiaccio, non era quella del sole invernale che splendeva con una luce più fievole e gelida rispetto all’autunno o l’estate, ma era la luce della luna piena immutabile nel passare del tempo, delicata ed elegante nel lasciare un velo di oscurità lieve abbastanza da poter celare segreti in sua presenza.
Quella notte la giovane fanciulla colma di entusiasmo, curiosità e senso di ribellione, era sgattaiolata fuori di casa all’insaputa di suo padre che l’avrebbe sicuramente ripresa per avventurarsi all’esterno della dimora a notte fonda, tuttavia alla ragazza nella quale straboccava lo spirito della gioventù interessava ben poco l’opinione del padre in questi casi. I suoi passi che risuonavano leggeri sulla superficie soffice, erano nascosti dalla mantella di velluto verde che le volteggiava intorno mentre percorreva a passo spedito il giardino fino al boschetto di ciliegi; si arrestò per un momento e fu allora che lo intravide, alto e robusto stava appoggiato con il dorso contro la corteccia di un’albero, i capelli color carbone leggermente nascosti da un berretto trasandato, e le mani infilate nelle tasche della giacca blu notte mentre gli occhi color ghiaccio osservavano le nuvole formate respiro che si congelava a contatto con l’aria.
«CHRIS!» Il grido di lei fu sufficiente affinché il ragazzo portasse tutta la sua attenzione su di lei che con foga si gettò tra le sue braccia facendolo sbilanciare e sprofondare nella neve assieme a lei. «Camelia… ti saresti potuta ferire!» disse Christopher preoccupato per la sua amata mentre le scostava dalle guance rosee rimasugli di quel candido e freddo bianco. Camelia rise accarezzando le guance di lui sentendo con i polpastrelli la ruvidità di una barba leggera; mentre lei si perdeva nell’oceano degli occhi di lui, lui si immergeva prendendo a pieno la vista degli occhi di lei, come se fossero la prima giornata di piena primavera, ipnotica e inebriante.
Il bacio fu passionale, focoso, talmente da fargli dimenticare il freddo circostante, ma non durò a lungo, dovevano lasciare il perimetro della casa alla svelta senza essere scoperti, dopotutto la notte era ancora giovane; lui le prese la mano aiutandola ad alzarsi ed insieme iniziarono a correre verso l’oscurità della foresta, lasciandosi dietro le orme dei loro passi che sprofondavano nella distesa fredda.
Ora Camelia guardava di nuovo fuori, sorridendo al ricordo di quella notte, al ricordo di lui e il loro segreto, al ricordo della loro passione, era divertita inoltre dalla bufera che cancellò completamente le orme del loro passaggio, del loro amore proibito e della loro avventura notturna.
«Milady, la vedo alquanto pensierosa.» disse Ingrid la sua dama di compagnia, scrutandola con i suoi grandi occhi castani,«È per caso colpa della neve Milady?»
Camelia rise lievemente voltandosi verso la ragazza con occhi sorridenti ed espressione divertita, «È sempre colpa della neve Ingrid, perché in un modo o nell’altro in inverno si ritorna sempre alla neve.»
Camelia però tenne per sé una piccola informazione, una preghiera di gratitudine che la riportava con il pensiero a lui e a quella notte, “La neve, la mia unica complice e l’unica a conoscere il segreto di quella notte, poiché lei cancello le nostre tracce.”
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🌷 Una fioritura da UN MILIONE DI TULIPANI è tornata al Parco Giardino Sigurtà a Valeggio (Verona), riaperto con l'arrivo della primavera.
Uno spettacolo assoluto della natura, che nulla ha da invidiare alla Keukenhof olandese.
A pochi chilometri dal lago di Garda, la Tulipanomania 2023 è l’appuntamento floreale più atteso dagli appassionati di tulipani, giacinti, muscari e narcisi! 🌺
Ma a Sigurtà si può godere anche dei laghetti fioriti, del Viale delle rose che da maggio a settembre ospita 30.000 rose rifiorenti, dei Giardini acquatici vicino alla foresta nera, del Giardino delle piante officinali da cui si vede l'anfiteatro scaligero, della 'Pietra della giovinezza' vicino alla Grande quercia, della Grotta votiva, del Castelletto e del Labirinto.
DA VISITARE!
🔗 Info: www.sigurta.it
☎️ + 39.045.6371033
@parcosigurta
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stephmood · 2 years
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What are your fave spots of Firenze? Like cafes and bars and stuff 💞
I have sooo many
markets: - santo spirito  - sant ambrogio
food:
-la vecchia bettola - osteria san niccolo  - trattoria sabatino - hosteria da fulvio 
best paninis: - antico formo giglio  - da nerbone  - all’antico vinaio
gardens: - boboli  - bardini  - giardino delle rose
-giardino delle iris
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bright-star7 · 1 year
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12 Settembre 1966
Sei comparsa al portone
in un vestito rosso
per dirmi che sei fuoco
che consuma e riaccende.
Una spina mi ha punto
delle tue rose rosse
perché succhiassi al dito,
come già tuo, il mio sangue.
Percorremmo la strada
che lacera il rigoglio
della selvaggia altura,
ma già da molto tempo
sapevo che soffrendo con temeraria fede,
l'età per vincere non conta.
Era di lunedì,
per stringerci le mani
e parlare felici
non si trovò rifugio
che in un giardino triste
della città convulsa.
~Giuseppe Ungaretti
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danilacobain · 1 year
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Selvatica - 31. La bellezza salverà il mondo
Corinna scese dalla macchina e si spostò sul marciapiede, dal lato di Ante. Lui la guardava con curiosità, pieno di aspettative. Lei era tesa, aveva paura che il posto potesse non piacergli, che potesse trovarla troppo noiosa e magari troppo sentimentale.
Aveva un legame particolare con quel posto, aveva avvertito una connessione speciale sin dal primo momento in cui vi aveva messo piede ed era diventato il luogo dove si rifugiava quando aveva bisogno di calmare i pensieri, quando le preoccupazioni e le ansie cominciavano a schiacciarla.
Non era stato piacevole vedere Ante e Federica parlare da soli come se avessero chissà quale segreto da custodire. Si era sentita improvvisamente esclusa ed era rimasta immobile quando aveva visto lei seguire Ante in bagno. Ma poi non ce l'aveva fatta più a sostenere lo sguardo curioso di tutti su di sé e li aveva raggiunti, anche a costo di fare la figura della ragazza gelosa che non lasciava libero il fidanzato di avere delle amiche.
Non credeva che tra loro non ci fosse stato niente in passato ma del passato non le interessava, d'altronde era l'ultima persona a poter fare una predica a Ante perché le stava nascondendo delle cose. Si trattava di sciocchezze in confronto a quello che nascondeva lei.
Intrecciò le dita a quelle di lui e lo guidò verso un cancelletto mal ridotto, coperto da una pianta rampicante che lo faceva passare quasi inosservato.
Ante la guardò mentre armeggiava con la serratura e forzava il lucchetto arrugginito dal tempo.
«Stiamo entrando in una proprietà privata?»
Lei sollevò lo sguardo. «Più o meno.»
«Cazzo, sei proprio una ragazzaccia.»
«Non ti preoccupare, non ci vedrà nessuno.»
«Quindi sei una scassinatrice abituale di lucchetti? Quante doti nascoste hai.»
Il cancello fece una piccola resistenza poi si aprì. Corinna entrò seguita da Ante. Rischiarato dalla luce della luna e dalle luci della città, davanti a loro si apriva un giardino, che conservava intatta tutta la magia e il fascino degli anni in cui era stato realizzato. Lei si voltò a scrutare il volto di Ante, nella penombra i suoi occhi erano scuri ma riusciva a scorgere un luccichio divertito.
«Siamo in una villa?»
«È un posto pubblico, non siamo a casa di nessuno, anche se in questo momento è chiuso ai visitatori.»
«Non per te, piccola Lupin. Dove siamo?»
«Alla Vigna di Leonardo.»
«E chi è Leonardo?»
«Leonardo Da Vinci.»
Ante l'abbracciò da dietro e sorrise, dandole un bacio sulla testa. «Avrei dovuto immaginarlo. Siamo nei giardini di un museo, quindi?»
«Una specie.»
Fecero alcuni passi sulla ghiaia, attraversando il giardino per andare a sedersi dietro una siepe che faceva da base a tre statue logorate dal tempo. Un minuscolo faretto ne illuminava la base nella parte davanti, rami di rose rampicanti le stringevano in un abbraccio perpetuo. Si sedette sull'erba fresca e rasata e invitò Ante a fare lo stesso. Lui dapprima si sedette al suo fianco, poi si distese, poggiando la testa sulle gambe incrociate di Corinna. Afferrò una ciocca dei suoi riccioli lunghi e cominciò a giocarci. Corinna accarezzò i suoi capelli e la barbetta corta.
Per un po' rimasero senza dire niente, facendosi cullare dalla quiete della sera, dai rumori della città che giungevano distanti, come se quel luogo si trovasse in un'altra dimensione.
Ante accarezzò il braccio di Corinna. «Quando smetterai di studiare vorrai lavorare in un museo?»
«In una galleria d'arte, come curatrice di mostre. Mi piacerebbe molto anche occuparmi di restauri.»
L'aria profumava di fiori primaverili ed era dolce, quasi tiepida. L'erba era umida sotto le gambe ma lei non se ne curava. Le era sempre piaciuto quel punto particolare del prato, esposto al sole di giorno ma riservato, il luogo perfetto in cui potersene stare da soli senza essere disturbati. «Ti piace questo posto?»
«Si sta molto bene. Ci vieni spesso qui?»
«Ci vengo quando ho bisogno di pace.»
Ante afferrò le dita di Corinna che giocavano con la sua barba e se le portò alle labbra. «Mi dispiace per stasera.»
Lei accennò un sorriso. «Non è successo niente.»
«Però se mi hai portato qui vuol dire che avevi bisogno di pace.»
«Ti ho portato qui perché prima hai detto che volevi conoscere tutto di me. Questo posto è una parte di me, è uno dei miei luoghi del cuore, il posto in cui vengo per ritrovare la pace e per ritrovare me stessa.»
Ante le cinse la vita e affondò la testa nella sua pancia. «Grazie.»
«Ha un che di magico, non ti sembra? Non ci ero mai venuta di notte.»
Corinna spostò lo sguardo tutt'intorno per poi riportarlo su di lui. Le labbra perfette erano incurvate in un sorriso, gli occhi luccicavano. Tutto era ancora più magico perché c'era lui. C'era Ante che le faceva battere forte il cuore e le faceva agitare lo stomaco come se volesse esplodere da un momento all'altro e tracimare felicità.
«Quindi sono io che ti porto sulla cattiva strada.»
Corinna sorrise e si chinò per baciarlo. «La prima volta ci sono venuta con papà, alla prima riapertura al pubblico dopo i lavori di restauro.»
Ante le accarezzò la guancia con le dita. «È stato lui a trasmetterti la passione per l'arte?»
«Credo di averla sempre avuta, lui l'ha solo assecondata.» Sospirò, avvertì una lieve stretta al petto e un senso di malinconia. Era con suo padre che andava sempre a vedere le mostre, con lui restava ore intere davanti a un dipinto senza dire niente, in silenzio ad ammirare la bellezza. «Tu invece, quando hai capito che volevi fare il calciatore?»
«Da quando ho iniziato a stare in piedi.» Attorcigliò le dita attorno ai suoi riccioli. «Ho sempre saputo che sarei diventato un calciatore. Tu vedi la bellezza nelle statue e nei quadri, io la vedo nell'erbetta del campo di calcio e in un pallone.»
Sorrise e fece sorridere anche lei, immaginando cosa potesse significare per un bambino sognare di diventare un calciatore e poi arrivare a realizzare il proprio sogno. «Sai cosa diceva Dostoevskij? La bellezza salverà il mondo. E io credo che sia così. Se tutti noi ci fermassimo per un secondo ad ammirare la bellezza di quello che ci circonda, a emozionarci di fronte ad essa, saremmo delle persone migliori.» Ante la guardava come rapito e lei non poté fare a meno di rimanere intrappolata in quello sguardo che sapeva arrivarle dritto al cuore e fargli fare le capriole. «La bellezza salverà il mondo» ripeté.
«Sicuramente l'ha detto pensando a te.»
Corinna accarezzò i lineamenti di quel viso perfetto. «Solo perché non aveva ancora visto te» sussurrò, in preda a un'emozione forte, simile a quella che provava quando veniva catturata dalla bellezza di un dipinto.
Ante si tirò su avventandosi sulle sue labbra. La baciò con una passione che non aveva mai mostrato, era diversa, era impetuosa e carica di sentimento, il sentimento che lei stessa stava provando in quel momento, un sentimento che andava a unirsi al desiderio di essere un tutt'uno.
Ante la spinse a terra e lei ridacchiò. Le dita di lui scivolarono verso la scollatura del top.
«Voglio vedere la mia sorpresa.»
«Che fai? Siamo in un parco pubblico.» Ma non lo fermò, non poteva rinunciare alle sue mani sulla propria pelle.
«Non c'è nessuno, lo hai detto tu. Non vorresti farlo proprio qui, adesso?» Ante le sollevò la maglietta e poggiò le labbra calde sulla pancia. Le dita armeggiarono con il bottone dei jeans.
«Ante...»
Il rumore di una porta che veniva sbattuta li fece immobilizzare, seguito da passi sulla ghiaia e un fischiettio. Ante si sollevò sulle ginocchia per sbirciare oltre la siepe. Corinna afferrò la borsa.
«È il custode, porca miseria! Dobbiamo andare, Ante. Se ci scopre è un casino.»
Ante non sembrava preoccupato come lei, sembrava calmo e distaccato. Le prese la mano. «Al mio tre corri più veloce che puoi.»
Si spostarono carponi verso il limitare della siepe. «Sei pronta?»
Lei annuì, col cuore a mille e le mani che cominciavano a sudarle.
«Uno. Due. Tre!»
Ante scattò in piedi e se la trascinò dietro.
«Ehi! Chi c'è? Fermi, fermi!»
La voce del custode li rincorse mentre attraversavano il giardino in un lampo. Ante strattonò il cancello che cedette e si aprì con facilità. Poi se lo rischiuse velocemente alle spalle e corse con lei lungo la strada fino a raggiungere l'angolo e fermarsi a riprendere fiato. Corinna si piegò in due.
«Corinna, però se vuoi continuare con le violazioni di proprietà privata devi allenarti. Ti ho dovuto trascinare come un peso morto.»
Lei alzò lo sguardo. Ante aveva le mani sui fianchi e sembrava avesse solamente passeggiato. Si affacciò sulla strada, sbirciando verso il cancello. Corinna scoppiò a ridere. Rideva e non riusciva a fermarsi, la paura che aveva provato in quegli attimi stava lasciando il posto a una folle euforia. Ante rise con lei e la abbracciò.
«Ti è piaciuto, vero?»
Corinna gli prese il viso tra le mani, i loro occhi si mescolarono. «Sono felice, Ante.»
Le labbra si trovarono con veemenza, si strinsero come a volersi fondere e diventare un'unica entità, dimentichi di stare su un marciapiede nel centro di Milano.
Solo loro due, mani che si cercavano, anime che si accarezzavano.
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vecchiorovere-blog · 2 years
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“Alberto Sordi ebbe 18 cani, di tutte le razze: li teneva in casa, dormivano sui letti, facevano vita di famiglia. Alla loro morte, li seppelliva nel giardino della sua villa romana. Su ogni sepoltura piantava delle rose a memoria di quelli che lui definiva amici veri e compagni fedeli. Tra Alberto e i cani c’era un rapporto di piena libertà e rispetto tanto è vero che lui li definiva persone."
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