Tumgik
#l’unica frase bella della canzone
illsadboy · 1 year
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E mi è tornato in mente che non avevamo niente, nelle tasche solamente le mie mani fredde, qualche sogno infranto e le sigarette.
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delizabethan · 4 years
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FAKE LOVE
N.B.  Prima di iniziare, specifico che con questo post ho voluto condividere la mia interpretazione personale del testo di questa canzone. Ovviamente l’interpretazione è soggettiva, perciò possono esistere diverse teorie per ognuno di noi. Detto questo, spero che la lettura di questo post possa essere di vostro gradimento. Borahae <3
Il testo di questa canzone analizza quelle che sono le caratteristiche di un "falso" amore, o meglio.. di un amore apparentemente perfetto dietro al quale, però, si celano bugie, dolori e lacrime, descrivendo anche la presa di coscienza di questo falso amore di una delle due parti coinvolte in questa relazione.
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Il testo dell’intera canzone non è altro che un dialogo interiore tormentato che il protagonista di questa vicenda conduce con il proprio “io”, e dal quale è possibile comprendere tutta la sua sofferenza nel non riuscire a trovare una via d’uscita da tutto ciò.
Ciò di cui si parla, infatti, non è altro che un amore (a senso unico.. per capirci) talmente grande ma, allo stesso tempo, anche talmente "tossico", per certi versi, da portare la persona, che prova questi sentimenti, ad annullarsi per col*i che ama, assecondandol* in tutto e creando, così, un'immagine di se stessa che non rispecchia la sua persona.
"Se fosse stato per te, avrei potuto fingere di essere felice anche quando ero triste
Se fosse stato per te, avrei potuto fingere di essere forte anche quando stavo soffrendo"
Come il video, anche la coreografia è molto legata al testo della canzone. In questa sequenza, infatti, è possibile vedere le varie sfaccettature che la persona, protagonista di questo testo, ha creato nel corso della sua vita a causa di questo falso amore che l’ha resa schiava. Come se la sua anima si fosse frantumata in tante piccole parti, ognuna diversa dall’altra. Non a caso, infatti, questa prima parte della coreografia è associata alle precedenti strofe, nonché le prime della canzone.
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“Sperando che questo amore si perfezioni con il solo amore
Sperando che tutte le mie debolezze restino nascoste
in questo sogno che non potrà mai essere realizzato
ho coltivato un fiore che non riuscirà mai a sbocciare” 
In queste strofe, che si ripeteranno anche alla fine della canzone, convergono la sofferenza, ma anche la consapevolezza della persona, di non riuscire a liberarsi di questo amore che l’ha resa burattino nelle mani dell’altro.
(Non a caso, durante l’introduzione delle performance live di fake love, i ragazzi vengono rappresentati con le maschere e legati a dei fili dai quali cercano di divincolarsi).
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La persona protagonista del testo spera, infatti, che questo amore “imperfetto” possa, col tempo, perfezionarsi lasciando invariata la situazione (”sperando che tutte le mie debolezze restino nascoste”). Qui, tutte speranze nate dalla disperazione del protagonista, vengono subito mandate in frantumi dai versi successivi in cui si riscontra un’evidente presa di coscienza di questo falso amore e la rassegnazione del protagonista nel cercare di trovare una via di fuga da questa situazione, paragonando le sue stesse speranze ad un “sogno che non potrà mai essere realizzato” e l’amore che lo lega all’altra persona come un “fiore coltivato che non riuscirà mai a sbocciare”.
“Sono così stufo di questo falso amore, falso amore, falso amore Mi dispiace così tanto ma è un falso amore, falso amore, falso amore”
Nel ritornello, la presa di coscienza di cui abbiamo parlato prima, sfocia in un urlo di disperazione che risulta essere quasi una richiesta di aiuto.
Nella coreografia, infatti, durante il ritornello, i ragazzi giungono le mani come se stessero pregando (affinché qualcuno li aiuti).
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“Volendo essere un uomo buono, solo per te
ho dato il mio mondo, solo a te
ho cambiato ogni cosa, solo per te
ma ora non mi riconosco più, chi sei tu?
Ho dimenticato la strada da cui sono venuto,
sono persino insicuro su chi ero
farfugliando allo specchio, chiedo: - Chi diavolo sei tu? -”
Con queste strofe ha inizio la narrazione di questo amore falso. Il protagonista ha dato tutto se stesso per l’altra persona, arrivando a modificarsi nel suo modo di essere, nel suo modo di fare, nel suo modo di agire, a tal punto da non riconoscersi più. (chi sei tu?: domanda che lui pone a se stesso vedendosi cambiato). Abituato ormai a cambiare se stesso per la persona che ama, ha dimenticato chi fosse veramente (”ho dimenticato la strada da cui sono venuto”), com’era prima di adesso (”sono insicuro su chi ero”) ed è proprio questo che lo porta ancora una volta a chiedersi davanti ad uno specchio “chi diavolo sei tu?”.
Questa metafora dello specchio è rafforzata dalla coreografia durante la quale Hoseok e Jungkook si mettono uno di fronte all’altro replicando gli stessi movimenti proprio come se uno dei due fosse lo specchio dell’altro.
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“Ti amo di brutto, ti amo di brutto
plasmo una bella bugia per te
L’amore è così folle, l’amore è così folle
provando a cancellarmi, voglio fare di me la tua marionetta”
Nel ritornello, cantato prima da Jungkook e Taehyung e poi da Jungkook e Jimin, emerge il tormento della persona: ama così tanto l’altra persona da “indossare una maschera” annullando se stesso e facendo di sé la sua marionetta pur di stare con lei (”l’amore è così folle. Provando a cancellarmi, voglio fare di me la tua marionetta”).
“Perché sei triste? Non lo so, non lo so
Sorridi e dì ‘Ti amo’
Guardami, ho rinunciato a me stesso,
persino tu non puoi capirmi”
In questi versi, il dialogo interiore del protagonista fa emergere la persona diversa che è diventata: non riesce più a ad essere felice e non ne comprende il motivo, ma sorride e dice ‘ti amo’ perché quelli sono i “comandi” imposti dalla persona amata oppure dalla relazione stessa con quella persona.
Questo concetto di diversità viene evidenziato nel video dalla scena in cui Namjoon, specchiandosi, vede un’immagine diversa da quello che è realmente. Vede infatti l’immagine della persona in cui si è trasformato annullando se stesso.
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Riprendendo i versi precedenti, silenziosamente urla all’altro di essere visto, di riconoscere ciò che lui ha fatto per amore, ciò che lui è diventato per la persona che ama, tanto da rinunciare a se stesso. Questo suo bisogno disperato di essere visto, di essere compreso si scontra, però, con la realtà dei fatti: “persino tu non puoi capirmi”, ovvero persino tu, persona amata, che dovresti amarmi almeno quanto io amo te, non riesci a comprendere il mio amore.
“Dici che sono poco familiare, cambiato da quello che ti piaceva
Dici che non sono più quello di prima che conoscevi bene
Che cosa intendi con quello? Sono stato cieco
Amore? Ma quale amore! è tutto un falso amore
In questi versi si ha la piena consapevolezza, da parte del protagonista, di stare vivendo una bugia. Per questo motivo, mosso dalla volontà di non voler più essere schiavo di questo falso amore, si “ribella” tornando se stesso, facendo svanire le numerose maschere che ha dovuto indossare per stare accanto alla persona amata (”Dici che sono poco familiare, cambiato da quello che ti piaceva, dici che non sono più quello di prima che conoscevi bene”). Riconosce di essere stato cieco per tutto questo tempo, di non aver voluto vedere ciò in cui questo continuo mascherarsi per fare piacere alla persona amata l’avrebbe portato a diventare. Non si trattava di amore, ma di un falso amore.
“Non so, non so, non so perché
Nemmeno io, nemmeno io mi conosco bene
So solo, so solo, so solo perché
perché è tutto un falso amore, falso amore, falso amore”
Qui è come se il protagonista esprimesse il suo stupore nel prendere coscienza del punto in cui questo suo amore sconfinato per la persona amata lo ha portato. Come se si stupisse di essere arrivato addirittura ad annullare se stesso per amore dell’altro, cosa che, probabilmente, non avrebbe mai pensato di fare (”nemmeno io mi conosco bene”). L’unica cosa di cui è certo adesso che ha aperto gli occhi è che a tenerlo vicino alla persona che ama non è il filo rosso dell’amore, ma catene che lo tengono imprigionato in questa bugia.
A questo punto, questa presa di coscienza del protagonista si trasforma in un effettivo grido di aiuto: (adesso che ho aperto gli occhi e riesco ad avere una visione più chiara, ho bisogno di uscire da questa situazione.. ma come? qualcuno mi aiuti!).
A rafforzare questo concetto, nel video, lo sono le scene in cui Taehyung cerca di scappare dalla stanza piena di telefoni, alla fine della quale è rappresentata la scritta “save me”.
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N.B.
L’intera abitazione rappresentata nel video, dalla quale ognuno dei ragazzi cerca di fuggire, potrebbe, a mio parere, rappresentare la gabbia all’interno della quale l’”io” interiore del protagonista è imprigionato a causa di questo falso amore. I telefoni appesi alle pareti potrebbero a loro volta rappresentare la “maschera” creata e indossata dal protagonista per annullare se stesso. (Rappresentano quindi il falso “io”, la persona che realmente non è). A rafforzare questa tesi lo sono i quadri vuoti appesi alle pareti insieme ai telefoni. I quadri, infatti, potrebbero rappresentare i ricordi o i momenti della vita reali, ovvero quei momenti che scegliamo di ricordare, ai quali vogliamo dare particolare importanza perché hanno segnato la nostra vita. Il fatto che, però, di quei quadri siano appese solo le cornici, simboleggia ciò che abbiamo affermato prima: in una relazione caratterizzata da un amore falso, per la quale si deve abbandonare il proprio “io”, nulla è reale. Non esisteranno momenti di pura gioia perché saranno tutti creati dalla volontà del singolo e non della coppia.
Per questo motivo, alla fine di questo “corridoio”, Taehyung troverà la scritta “Save me”.
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N.B.
Anche qui è necessario fare una nota. La scritta “save me”, se capovolta, compone la frase “I’m fine”. Il messaggio che, a mio parare, questa scritta vuole rappresentare è: “a volte, dietro un sorriso si nasconde la sofferenza più grande”
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ed il fatto che di questa scritta venga mostrata solo la richiesta di aiuto (”save me”) anziché “I’m fine”, sta ad indicare proprio quanto abbiamo affermato prima: l’intero testo della canzone è una vera e propria richiesta di aiuto silenziosa e dato che, a questo punto della canzone, il protagonista ha già preso coscienza di trovarsi in una vera e propria gabbia, ecco che ciò che precedentemente era stato scritto come un “sto bene”, improvvisamente si trasforma in un “salvatemi”.
Da qui si ripete, poi, il ritornello.
“Sperando che questo amore si perfezioni con il solo amore
Sperando che tutte le mie debolezze restino nascoste
in questo sogno che non potrà mai essere realizzato
ho coltivato un fiore che non riuscirà mai a sbocciare”
I versi che prima sembravano un grido disperato di aiuto, adesso vengono letti quasi come una richiesta di aiuto senza speranza (”in questo sogno che non potrà mai essere realizzato”), in attesa che qualcuno venga a salvarlo.
Anche in questa parte del testo, il video ci viene in soccorso aiutandoci ad interpretare meglio il tutto.
Ciò che ho affermato precedentemente, infatti, viene rappresentato nella scena sottostante, in cui è ben visibile la rassegnazione del protagonista dell’intero testo della canzone (in questo caso rappresentato da Jungkook) nel cercare a tutti i costi di riuscire a liberarsi dalle catene di questo falso amore, trovandosi quindi costretto ad indossare la maschera che lui stesso ha creato per stare accanto alla persona amata. In questa scena, infatti, è raffigurato Jungkook che, non riuscendo a trovare una via di fuga dall’abitazione in cui si trova (la gabbia, il falso amore), alla fine della sua corsa e dei suoi disperati tentativi, si ritrova davanti una persona con una maschera sul viso. La persona mascherata, a mio giudizio, potrebbe rappresentare, quindi, se stesso, o meglio, la persona che il protagonista è diventato cancellando se stesso. “La maschera” (il falso “io”) creato da lui stesso per la persona amata.
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Questa volta, però, è necessario prestare attenzione all’ultima frase.
“ho coltivato un fiore che non riuscirà mai a sbocciare”
L’intera storia d’amore che il protagonista ha con l’altra persona viene rappresentata dalla figura di un fiore. Affinché questo fiore possa sbocciare, quindi necessiterà dell’amore e delle attenzioni di entrambi i soggetti innamorati, ma purtroppo in questa relazione non è così. Il fiore viene coltivato solo dal protagonista, la persona che ha dato veramente amore (”ho coltivato”), ed è proprio per questo che quello stesso fiore non riuscirà mai a sbocciare, ovvero perché l’amore di cui esso è nutrito non è autentico (proveniente da entrambe le parti), ma un falso amore (amore a senso unico, caratterizzato da “apparenze” piuttosto che “sostanza”).
La metafora di questo fiore che non riesce a sbocciare ce la mostra la coreografia dei ragazzi esattamente in corrispondenza di questi ultimi versi della canzone.
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In questa parte della coreografia, infatti, i ragazzi si uniscono a formare il terreno, o meglio, le radici di questo fiore. Solo due di loro (Jin e Jungkook) si distaccano dagli altri, unendosi a formare il fiore vero e proprio (rappresentato dalle loro braccia unite verso l’alto).
Nella parte finale della canzone, però, Jungkook ritira il braccio lasciando sollevato solo quello di Jin. Ed è proprio questo gesto che sta a rappresentare “il fiore coltivato che non fiorirà mai”.
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N.B.
I due ragazzi, infatti, potrebbero rappresentare anche le due parti coinvolte in questo falso amore:
Jin: colui che ha amato veramente, che ha cambiato se stesso per la persona amata, arrivando a non riconoscersi più. L’unico che abbia veramente coltivato questo amore.
Jungkook: l’altra parte. Colui che non ha avuto cura dell’altro. Che ha “dettato legge” affinché l’altro apparisse “perfetto” ai suoi occhi e che, quindi, si è “innamorato” della maschera che l’altro ha indossato affinché potesse piacere alla persona amata.
Spero che questo post vi sia piaciuto. Ho intenzione di scriverne altri di questo tipo, ma non so quando avrò il tempo per farlo. I purple you <3
Ascolta qui la canzone
Video ufficiale
- Il testo della canzone è stato preso dalla traduzione di  Sakura Channel -
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insuperficie · 4 years
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Tinder: istruzioni per l’abuso
Da circa una settimana ho la gioia di scorrazzare per la prima volta in vita mia su Tinder. Non so cosa mi abbia spinto a cominciare a usarlo, ma sicuramente c’entra un qualche spirito d’avventura, il desiderio di solcare i mari di internet ed esplorarne l’ennesimo anfratto. Questo, ovviamente, senza contare il banale desiderio di conoscere persone e magari di avere qualche conversazione interessante, desiderio finora brutalmente mortificato dalla realtà dei fatti. 
Alcuni punti in ordine sparso: 
- La maggior parte delle presentazioni può essere riassunta in tre tipologie: 
a) La presentazione/annuncio, in cui la donzella scrive con precisione ciò che desidera come se stesse scegliendo dei biscotti al banco di un supermercato. Quasi sempre in questa descrizione compare l’altezza, che per carità, va benissimo per uno alto più di due metri, ma rimane un aspetto enigmatico del gusto estetico della donna contemporanea. 
b) La presentazione pazzerella, nove volte su dieci composta da una frase inflazionata rubata a qualche film o qualche canzone, e dall’avviso che la proprietaria del profilo è come si suol dire ad alto mantenimento, è difficile, è speciale, ha bisogno di attenzione.
c) La presentazione/lagna, in cui la virgulta lamenta la scarsa presenza di persone interessanti. Solitamente, chi scrive una cosa del genere riesce a malapena a formulare una proposizione semplice, ed è completamente incapace di reagire a qualsiasi stimolo intellettuale. 
In poche parole, è rarissimo che una presentazione sia davvero una presentazione. In alcuni rarissimi casi c’è anche una perla di sincerità e schiettezza, che scrive direttamente di non aver niente da dire, o di non sapere cosa scrivere. In uno spazio in cui l’unica cosa che si può fare è parlare, direi che non è un ottimo inizio. 
- Circa un profilo su tre esordisce con la scritta “no psicopatici” o “no pervertiti”. Sogno una società in cui sia finalmente chiaro che scritte del genere equivalgono a “no froci” e “no negri”, e che dunque non offrono propriamente una bella immagine di sé. 
- C’è una certa soavità nell’impegno con cui molte ragazze chiariscono che cercano “storie serie” e non vogliono perditempo. Tinder, una app che si concepisce strutturalmente come un luogo per perdere tempo cercando storielle facili, diventa così una specie di ballo delle debuttanti, un correlato postmoderno delle grandi occasioni romantiche della donzella ottocentesca. Non sembra stranissimo che questa strategia non funzioni. 
In una società sempre più disagiata, non stupisce che l’educazione sentimentale dell’individuo risenta della crisi simbolica, spirituale e materiale che investe ogni altro aspetto della vita. Su Tinder si fa spettacolo della vita interiore smozzicata di quasi-soggetti che hanno disimparato a parlare e a sentire, che non sanno più nemmeno rendere conto del proprio desiderio. 
Eppure alcuni visini sono così carini. 
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parloavanvera · 5 years
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Elogio alla perdita
Premessa
Mio padre ha più volte affermato che l’unica certezza che abbiamo in questa vita é la morte. Credo si fosse dimenticato di dirmi che si può morire diverse volte in una sola vita. Sembra assurdo, ma dopo diverse ore di psicoterapia ho scoperto che la dipartita ha un significato più profondo della reale fine della vita. Il lutto, per essere affrontato, ha bisogno di far fronte a diverse fasi diversificate e che seguono un ordine temporale che parte dalla rabbia e il rifiuto, per passare poi alla negoziazione, alla tristezza e infine all’accettazione.
Negli ultimi anni, quelli dell’adolescenza e del passaggio all’età adulta, mi é più volte capitato di prendere coscienza di diversi concetti, idee e convinzioni, per poi arrivare a capire che vivere sembrerebbe essere la cosa più rara al mondo. La maggior parte di noi trova più comodo sopravvivere e basta, o, peggio ancora, semplicemente esistere.
Spesso mi sono sentita persa, in una sorta di oblio, impantanata in una posizione di stallo che non mi permetteva di crescere. Ho imparato col tempo che il segreto per andare avanti é semplice: bisogna creare un nuovo inizio.
Ma cosa significa davvero? Per iniziare qualcosa prima deve finirne una, o forse più. E la fine, di qualsiasi cosa si tratti, nient’altro é che un lutto. La fine di un amore, la perdita di ruolo in una relazione, la morte di un famigliare, un trasloco, un contratto giunto al termine. Tutto può coincidere con una perdita, e ognuna di queste situazioni ci obbliga ad affrontare diverse fasi che, forse per caso, o peggio ancora, per uno scherzo del destino, prendono le sembianze delle fasi del lutto.
Succede a volte, ci si spezza qualcosa dentro, e dopo un momento di shock e stordimento riprendiamo coscienza e iniziamo a negare e rifiutare la realtà dei fatti. Ad un certo punto, senza nemmeno rendercene conto, diamo la possibilità alla rabbia di sopraffarci e per uscirne dobbiamo riuscire a parlare con noi stessi, negoziare e fare i conti col proprio dolore. Il dolore a volte é sano, altre é così insistente che la tristezza ci porta a sentirci depressi, impauriti dalla vita e da quello che verrà. Solo grazie a nuovi punti di vista si riesce a chiudere il cerchio e ad accettare quello che verrà. Creiamo nuove prospettive, nuove strade da intraprendere e impariamo a mettere in pratica il perdono, a volte nei confronti degli altri, della vita, e altre nei confronti di noi stessi.
Questi capitoli non hanno una base scientifica, e non sono nemmeno delle nozioni di psicologia. Si tratta solo del percorso personale di un’anima spesso tormentata e sopraffatta dagli eventi che ha trovato conforto e ordine grazie alla scrittura. L’unica logica esistente é rappresentata dai titoli dei capitoli, che sono un semplice susseguirsi delle fasi del lutto citate in precedenza, con un’approfondita ed esaustiva, anche se breve, prospettiva personale.
Ciò che segue ha il diritto di essere letto con quella che reputo la più alta forma di intelligenza umana; la capacità dell’assenza di giudizio.
Capitolo 1. Shock e stordimento
La lucidità mentale é senz’altro un atto di fede in tempi difficili come quelli in cui viviamo oggi. Spesso affrontiamo ogni situazione con leggerezza o estrema amplificazione data da una società basata sul bello e l’apparenza che però sottolinea giornalmente il brutto e il negativo dell’esistenza. In ogni caso la realtà viene alterata, che sia dall’immaginazione personale o quella di ciò che ci circonda.
Lo shock dato da una brutta notizia si presenta in concomitanza alla delusione di un’aspettativa, o a causa di un’orribile sorpresa, uno scherzo del destino, o un incidente. Ma ciò che sciocca davvero é il modo in cui corpo e mente reagiscono alla batosta. Il cuore, la circolazione, il respiro, gli ormoni, le facoltà mentali, subiscono delle alterazioni tali da rompere gli equilibri, e nella maggior parte dei casi é in grado di spaccare in pezzi anche noi stessi.
Il malessere ad un certo punto passa. Il battito cardiaco si stabilizza. Il respiro torna ad essere regolare. La vista non é più appannata e la testa non ti esplode più. Ma é qui che inizia il peggio.
Capitolo 2. Negazione e rifiuto
Nonostante si dica in giro che a nessuno é concesso presenziare al proprio funerale ho avuto la sensazione di aver spesso perso e cosparso il mondo di pezzi di me che non hanno più fatto ritorno. Una serie di micro lutti che non hanno mai avuto l’importanza che meritavano. E ad ogni momento di shock il susseguirsi é stato un continuo periodo di negazione e rifiuto. È per questo che ogni volta che qualcosa giunge al temine possiamo mettere il vestito nero e iniziare a dannarci. Quindi ecco ciò che é successo. Mi sono presa la mie batoste e ogni volta ho dato il via all’evento più macabro possibile; il mio funerale.
Quando ci penso, e diciamocelo, lo abbiamo fatto tutti, la mia mente lo immagina pressapoco così:
Sono al mio funerale, e piango da far schifo. Penso di essermi lasciata alle spalle un passato che non può tornare più. Mi sto quasi pentendo di essere morta, ma ho scelto di elaborare li lutto e quindi mo’ so’ cazzi. Prendersi le responsabilità delle proprie azioni non è cosa facile, ma se c’é una cosa da cui proprio non posso scappare è la morte. Hai voluto la bara? Ora mettitici dentro. Verrò bruciata, così magari scaldo qualche cuore. Dico qualche perché immagino che qualcuno a piangere per me possa esserci. E magari ci ascoltiamo tutti insieme una bella canzone, Wake me up di Avicii, ironia della sorte.
Rifiutare e negare l’evidenza per l’essere umano è semplice e pura difesa. E allora eccomi, io con la mia armatura. Pronta a fingere che una volta passata la sintomatologia dello shock tutto sia tornato alla normalità. Ed eccolo qui il vero rifiuto. Eccola qui la vera negazione.
Iniziamo inconsciamente a mentire a noi stessi. Convinciamo, attraverso un armadio pieno di maschere, anche gli altri. Il problema é che poi per quanto ci sforziamo le maschere cadono e le bugie si svelano. Ed é qui che iniziamo ad incazzarci davvero.
Capitolo 3. Rabbia
Un po’ come per i pezzi di me di cui parlavo prima, la rabbia é stata un sentimento che ho per lungo tempo sfruttato e utilizzato come scusa per giustificare il mio comportamento da stronza. Non credo di essere la sola a farlo. Vi é mai capitato di dare una risposta di cui vi pentite e usare la frase “scusa, é stata una brutta giornata, é un periodo stressante, sono solo nervosa, non ce l’ho con te.”?! Ho sempre avuto l’impressione di avere dentro di me una sorta di molla pronta a scattare all’occorrenza. Purtroppo ho più volte avuto l’occasione di constatare che non si tratta di un’impressione, ma di una continua ricerca di risposte a domande che nemmeno ricordo più. E mi é ormai chiaro che se metti la tua pazienza alla prova, il tempo spesso la trasforma in rabbia.
Nel lutto la fase della rabbia si mostra, più che verso se stessi, nei confronti degli altri, o della vita. O almeno, é stato cosi per me. Per dannarci meno abbiamo la brutta abitudine di incolpare terzi, e avere qualcuno con cui prendersela é meglio che fare i conti con se stessi. Io per esempio, e qui so che farò incazzare qualcuno, ho il brutto vizio di prendermela con un Dio in cui ancora non so fino a che punto credere. Non può rispondermi. Non può difendersi. E quando si affronta un lutto o una perdita, rendersi le cose facili sembra la soluzione migliore. Non dico che sia giusto farlo. Ma é stato giusto per me. Ho una scusa anche per questo: se non sei in pace con te stesso la Guerra la fai col mondo intero.
Col tempo ho capito che non sono stronza, sono solo una persona fragile. E quella che si presenta durante questa fase é una rabbia che non ha nulla in comune con la cattiveria. È solo il modo più comodo di chi usa quest’arma come scudo per proteggersi dalle proprie fragilità.
Ad un certo punto comprendi che la rabbia, se mal gestita, può diventare pericolosa. Non so se ho davvero colto il modo corretto di “fare qualcosa” per andare avanti, ma per me funziona il pianto. Sono una di quelle che non piange per tristezza, ma per rabbia. Alcune volte me ne sono vergognata, ma oggi so che sta peggio chi non piange. Per mia fortuna col le lacrime non solo bagno il viso, ma lavo via la collera e do inizio alla negoziazione.
Capitolo 4. Negoziazione
È giusto iniziare a parlare di negoziazione dicendo che non sono in grado di fare affari nemmeno coi venditori ambulanti alle bancarelle di un mercato o sulla spiaggia. Ho sempre l’impressione di barattare qualcosa che ha a che fare con l’umiltà e la giustizia. Ho sempre pensato ci fosse qualcosa di poco corretto nel baratto. Quindi forse se lo shock, il rifiuto e la rabbia sono processi veloci e meno ardui da affrontare, sottolineo per me, il problema si presenta quando nella fase di una perdita mi tocca negoziare.
Arriva per tutti il momento in cui si catturano le forze e si tenta di reagire. Il problema é che di fronte a una perdita, dopo essersi fatti passare la rabbia, ci si sente impotenti. Così dobbiamo, in un modo o nell’altro, darci delle risposte, trovare delle soluzioni, analizzare ciò che é accaduto e dargli la spiegazione migliore possibile.
Purtroppo siamo fatti di carne e anima, e la maggior parte delle volte il cuore ha bisogno di tempo per darsi delle risposte, per sviscerare i danni, e darsi dei chiarimenti. Ma succede poi che la mente tutto ciò che ricerchiamo lo conosce già, ed é qui che la negoziazione prende forma; é la lotta tra mente e cuore. Con gli anni ho deciso che per me questa fase doveva diventare il momento e l’occasione per sperimentare il dolore fino in fondo.
Ne abbiamo il diritto. E forse a volte, per noi stessi e per gli altri, diventa anche un obbligo morale.
Capitolo 5. Sperimentare il dolore
Per quanto possa sembrare assurdo il dolore psicologico, o psichico, dato da una perdita, é, a confronto del dolore fisico, un gran bastardo. Non puoi toccarlo con mano, non puoi localizzarlo, é quasi impossibile da descrivere e il più delle volte ti colpisce all’improvviso. Come diamine ci si può difendere da un male simile? E come cavolo lo curi?
Credo che l’unica risposta possibile sia che tocca viverlo. Magari anche in questo caso, come per la rabbia, dovremmo provare a piangerci su. È come se in ogni caso, come mi é capitato di sentire, finisse tutto in acqua salata: mare, sudore e lacrime.
Non credo di avere il diritto di scrivere ulteriori parole. Sfrutto il caro William Shakespeare e ne esco fuori con una frase ad affetto:
“Tutti gli uomini sanno dare consigli e conforto al dolore che non provano.”
E su questo, passo e chiudo.
Capitolo 6. Depressione
La depressione, nell’elaborazione del lutto, é l’arrendersi alla situazione in maniera razionale ed emotiva. In questo momento non solo ti senti impotente, ma ti fai assalire dalla tristezza, ti isoli e ti imponi la solitudine iniziando a sentire un vuoto che ti divora, come se dentro avessi una voragine pronta a risucchiare quel poco di buono che la rabbia ti ha lasciato.
In questo momento non hai più modo di negare la perdita, qualsiasi cosa tu faccia é solo un passo in più verso la stanchezza. Non hai più le forze nemmeno di sperare che quel dolore prima o poi prenderà una strada diversa rispetto ai tuoi pensieri.
Nel corso di questa fase spesso le persone provano conforto, chi ci sta attorno inizia a coccolarci e a motivare ogni nostro atteggiamento riferendo “soffre per la perdita”, e un po’ la compassione ci fa comodo. A lungo andare tutti gli scudi e le maschere indossate fino a questo momento vengono portare per inerzia. Chiunque avete accanto vi troverà diverso e presto o tardi ve lo farà sapere. E poi arriva il peggio; tocchi il fondo. !
Ora hai due valide alternative. O sul fondo ti sdrai, o usi il fondo per darti la spinta che ti porterà ad accettare la perdita, qualunque essa sia.
Si pensa sia facile. Chi ci guarda da bordo piscina si aspetta che la spinta ci porti in superficie prima possibile, per prendere una boccata d’aria e respirare a pieni polmoni. Ma non é sempre così. Non é così scontato. La differenza sta in un unico elemento; il tempo.
Spesso chi rimane sul fondo non ha fiato a sufficienza, ha semplicemente perso energie e voglia di tornare a respirare. Si dice che se questo stato dura più di un anno la depressione può essere diagnosticata e conclamata, mentre se prima di questi 365 giorni tornate a respirare potete iniziare ad affrontare l’ultima fase: l’accettazione.
Capitolo 7. Accettazione
Abbiamo perso qualcosa. Perderlo ci ha portato ad uno stato di shock e di stordimento. Abbiamo provato a negare la realtà dei fatti e a rifiutare ciò che ci é accaduto. Non ci siamo riusciti per troppo tempo e abbiamo iniziato ad incazzarci per questo. Abbiamo provato a patteggiare con la rabbia e forse ci siamo quasi riusciti, ma abbiamo assaggiato qualcosa di peggiore, il dolore. Ne abbiamo fatto indigestione e ad un certo punto la tristezza ha preso il sopravvento. Ma siamo forti. Non si sa come, non si sa grazie a chi, non si sa il perché, ma ci siamo impegnati e abbiamo affrontato anche la tristezza e ora siamo pronti, finalmente, ad accettare tutto ciò che é successo.
Accettare la realtà dei fatti significa semplicemente che siamo desiderosi di riconciliarci con la realtà. Finalmente siamo preparati a raccogliere tutti i cocchi di quel passato che ci ha spaccato. Siamo quasi impazienti di riprenderci noi stessi e di riunire i pezzi della nostra anima.
Questo non elimina in maniera assoluta la rabbia, e nemmeno la tristezza. Ogni tanto i ricordi e le emozioni avranno voglia di romperci le palle e allora staremo ancora a chiederci “perché é successo a me?”, e altre volte nel silenzio di una stanza ci verrà voglia di piangere. Quando accetti una perdita non stipuli un contratto con la felicità. Ma sicuramente inizi a scrivere un nuovo capitolo della tua vita. Finalmente riuscirai a perdonare chiunque tu abbia colpevolizzato, che si tratti di te stesso, o di terzi. Oppure semplicemente metterai da parte il rancore e grazie a nuovi punti di vista sarai in grado di ricostruirti.
Il posto di lavoro che hai perso ti ha dato la possibilità di donarti un futuro professionale nuovo, e probabilmente ti piace più di quello vecchio. Il ragazzo che ti ha lasciato ora sta con una zozza che gli fa le corna e tu ti godi la bellezza di una vita da single e dai a te stessa la possibilità di essere amata da qualcuno che ti meriti davvero. Il famigliare a cui hai dovuto dire addio ti ha insegnato che ogni giorno é importante, é prezioso e non va sprecato. Di te stessa hai iniziato ad apprezzare ogni singolo difetto, e ora, finalmente, capisci che amarti é la base per la più lunga e bella storia d’amore della tua vita.
Capitolo 8. Epilogo
Sono ore che scrivo. Ciò che avete letto fino ad ora é stato tracciato sullo schermo del mio computer in un solo pomeriggio. Non so il motivo di questo mio vomito di parole, ma di me stessa negli anni ho imparato una cosa: scrivo per ritrovare la serenità che a tratti mi sembra persa. E può apparire ridicolo, ma anche questo a volte é un lutto, e ripercorrere ciò che stiamo affrontando può aiutarci a fare ordine nel caos.
Non avevo, e non ho tutt’ora, nessuna pretesa. Ma scrivendo mi sono resa conto di dover andare da papà e dirgli che c’é un’altra “cosa” che possiamo considerare inevitabile quanto la morte, e credo sia la vita.
Succede così, si rompe un equilibrio, e se sei bravo, ti si aggiusta l’esistenza. Nel caso in cui tu non eccella nelle lezioni di vita potresti non riuscire ad averla vinta, ma potresti imparare tanto, e forse dovresti importi di farlo.
Questa é la mia esperienza personale, non deve diventare la vostra. Anzi, abbiate la motivazione necessaria per riuscire, dopo una perdita, a pretendere da voi stessi il successo; fate di voi stessi ciò che desiderate. Perché in realtà affrontare le perdite non deve per forza dire che bisogna ritrovare se stessi. Nella vita che volete potete anche decidere di ricreare voi stessi e diventare chiunque desiderate.
Io non sono un esempio da seguire. Faccio quotidianamente a pugni col passato. E se per certi versi credo di essere arrivata ad accettare determinate avvenimenti, per altri so che la strada é ancora lunga e che prima o poi mi toccherà incavolarmi e piangere per un passato che non ha voglia di passare.
Non importa l’età anagrafica riportata sui tuoi documenti, e nemmeno la tua maturità. Non si fa capo alla cultura, o alla propria religione. Usi e costumi, come tradizioni e celebrazioni, non contano nulla. Davanti al dolore di una perdita siamo tutti uguali.
Capitolo 9. Epilogo nell’epilogo
Non ho potuto risolvere tutte le mie nevrosi in un unico pomeriggio. Mi tocca condividere con voi la tragedia e il disagio che vivo con i numeri pari, e per questo non ho potuto fare a meno di constatare che l’ottavo fosse l’ultimo capitolo.
Non ho intenzione di vivere il tormento per un semplice numero, e quindi ho dovuto inventarmi l’epilogo nell’epilogo e terminare questo elogio alla perdita col capitolo 9.
Per rendere giustizia a me stessa, e credo a molti di voi, ho voglia di scrivere la parola fine solo dopo questa breve citazione di Erich Fromm:
“L’uomo é l’unico animale per il quale la sua stessa esistenza é un problema da risolvere.”
Fine.
Ringraziamenti
Alla prima persona che ha letto queste pagine e ne ha capito l’essenza più di quanto potessi comprenderla io scrivendole.
La sua e-mail:
Ed io ringrazio te. Sempre.
Ancora.
Dalla parte più profonda della mia anima, che non aveva bisogno nient’altro che di queste tue parole.
Ho avuto bisogno ancora una volta io, di te. Vorrei capire come sia possibile, ma in realtà sono quelle risposte che non esistono, come il caso.
Ok.
Ho respirato e asciugato le lacrime.
C’è la tua anima, tra queste righe. Pulsa, e gioca a nascondino, ma solo un’anima può arrivare ad un’altra anima.
A tante anime per chi, come te, ha il dono che considero il più grande.
Pubblica.
Ad alcuni sicuramente non piacerai, ma l’accettazione, per chi si ritrova ad affrontare se stesso e le proprie perdite, arriva solo alla fine, no?
Grazie. A.
Ps: pensavo di essere l’unica matta ad odiare i numeri pari. Pubblica, se hai dubbi sul resto, solo ed unicamente per difendere i dispari da quei prepotenti tutti tondi e pieni di sé.
17 aprile 2019
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volevodirtj · 6 years
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Autobus!AU - parte uno
Dopo millenni sono finalmente tornata con un nuovo chilometrico headcanon a punti! Ci stavo rimuginando su da almeno due mesi, solo che la mia idea ha subito numerose trasformazioni e alla fine il mio cervello, a causa dei molteplici autobus presi nelle ultime settimane, ha partorito questo.
Breve contestualizzazione: Ermal studia lingue a Roma e, abitando piuttosto lontano dall’università, è costretto a muoversi con i mezzi pubblici. In un’ordinaria mattina di ottobre, a causa del suo coinquilino Marco, perde l’autobus ed è costretto ad aspettare il successivo. È così che il destino gli fa incontrare Fabrizio, che cerca di racimolare soldi mitigando da un lavoro all’altro e, di tanto in tanto, esibendosi in qualche locale notturno. Il resto è storia.
  Nonostante la corsa olimpionica dall’androne del palazzo fino alla pensilina della fermata, Ermal arriva giusto in tempo per vedere l’autobus ripartire e sfilargli davanti, senza che lui possa fare niente per fermarlo
In quel preciso istante il suo cervello sta già formulando improperi in tutte le lingue e i dialetti da lui conosciuti, oltre che un piano infallibile per vendicarsi di Marco, il suo sventurato coinquilino
“Io ho lezione alle nove, tu alle undici. Ergo, in bagno ci vado prima io”
Peccato che quella mattina Marco, dopo aver passato la nottata insonne, aveva deciso che necessitava di una lunga doccia fredda e aveva tenuto occupato il bagno per mezz’ora
E a poco erano serviti i pugni sulla porta e le velate minacce di morte: non era comunque riuscito a prepararsi, a mangiare quel tanto che bastava per non svenire in aula, a ritrovare l’abbonamento – che chissà come era finito in mezzo ai libri – e a non perdere il bus
Così adesso, seduto su una panchina con le braccia incrociate al petto e con uno sguardo omicida dipinto in volto, è costretto a prendere la corsa successiva. Sarebbe riuscito comunque ad arrivare in tempo, ma avrebbe dovuto rinunciare al solito caffè in compagnia di Dino e probabilmente sarebbe crollato dopo nemmeno la prima ora
Sono due le cose che Ermal odia di più in assoluto: arrivare in ritardo e rinunciare al caffè, soprattutto quando lo aspettano due ore di linguistica. E lui è in ritardo – almeno rispetto ai suoi standard – e non assume caffeina da più di dodici ore
La giornata è decisamente iniziata con il verso sbagliato e non può che finire col peggiorare
L’autobus arriva venti minuti più tardi, mentre Ermal sta scrivendo un messaggio a Dino e sta pensando ad un metodo per rasare il ciuffo di Marco senza essere scoperto
Perlomeno non è eccessivamente affollato e ci sono dei posti a sedere. Si fionda su quello più vicino, proprio di fronte ad un ragazzo intento ad ascoltare musica ad alto volume. È talmente forte che riesce a sentirla pure lui e questo lo scazza ancora di più
In realtà non è nemmeno troppo fastidioso, ma la giornata è appena iniziata e a lui già girano le palle, quindi gli urterebbe anche il ronzare di una mosca
Prima che possa scoppiargli un mal di testa atroce, decide di dirgliene quattro chiedergli gentilmente di moderare il volume, il tanto che basta per non ostentare i suoi gusti musicali a chiunque si trovi nel raggio di pochi passi
Ma quando si volta in sua direzione la sua bocca non riesce a produrre nessuna frase di senso compiuto, rimanendo semiaperta e conferendogli un’espressione a dir poco ridicola. Perché il ragazzo di fronte a lui è innegabilmente bello, tanto da fargli perdere ogni funzione cognitiva
Avrà qualche anno in più di lui, i capelli castani e gli occhi scuri, tra i più belli che avesse mai visto. Il naso è all’insù, contornato da una leggera spruzzata di lentiggini, e le labbra carnose e screpolate, che normalmente avrebbe considerato orrende ma che su di lui stavano d’incanto. Inoltre non può fare a meno di notare le braccia ricoperte da tatuaggi.
Ermal.exe non risponde
Non riesce a staccargli gli occhi di dosso. Sembrava essere stato scolpito dal più abile degli scultori. L’avrebbe volentieri fissato per ore ed ore, studiando ogni singolo particolare
Vabbè dai, possiamo anche dire che si è preso una bella sbandata per un perfetto sconosciuto
Manco nei romanzi rosa o nelle soap opera più scadenti
“Aò regazzì, che te sei ‘ncantato?”
Ermal è talmente andato che nemmeno si è accorto che il tipo si è tolto un auricolare e lo sta guardando abbastanza confuso. Probabilmente l’avrà anche scambiato per un pazzo o un maniaco
È stato beccato in pieno e non può camuffarlo in alcun modo. Infatti nemmeno si è premunito di abbassare o distogliere lo sguardo. Il suo unico intento è quello di non arrossire, almeno per mantenere un minimo di decenza
E la prima figura di merda della giornata è stata fatta
Non gli ci vuole molto per mettere su l’espressione più strafottente che conosca e fare sfoggio della sua tagliente ironia, l’arma più valida ed efficace che possegga. Anche perché l’unica cosa che può fare è buttarla sul ridere
“Scusa, ma è colpa tua. Ti hanno mai detto che sei tremendamente bono?”
Tanto la sua dignità l’ha già mandata a puttane un minuto fa, non ha niente da perdere
Il ragazzo sembra apprezzare il suo tentativo di battuta, perché ridacchia imbarazzato e si copre gli occhi con una mano
Ermal.exe è completamente fuso
“Pe’ caso ce stai a provà co’ mme?”
Ma no, cosa te lo fa pensare?
“È così che attacco bottone. Di solito funziona”
ErMarpione mode on
No davvero, ci manca solo che ammicchi
“Sono Ermal, comunque”
“Io so’ Fabrizio”
Ermal nota adesso che si era sfilato un auricolare, quindi si allunga per afferrarlo e se lo porta all’orecchio destro. Almeno così avrebbero avuto un argomento di conversazione – perché un’altra cosa che odia sono i lunghi silenzi imbarazzanti – ed è troppo curioso di sapere cosa stia ascoltando
Quando riconosce la canzone si illumina, ma cerca in ogni modo di non far uscire il fanboy che è in lui. Fabrizio l’ha ovviamente notato e il sorriso gli si allarga un po’ di più
“Non mi dire, anche a te piacciono i Radiohead?”
Tempo due secondi e già stanno discutendo di generi musicali, artisti e concerti vari. Ermal è a dir poco entusiasta: lui ama la musica, ma non riesce mai a parlarne con i suoi coetanei, perché, oltre ad essere terribilmente ignoranti in materia, hanno dei gusti alquanto discutibili e lontani anni luce da quelli che sono i suoi
Scopre inoltre che nel tempo libero Fabrizio suona e scrive canzoni, proprio come lui
Non solo è bellissimo, ma è anche un musicista. Ermal è a tanto così dal chiedergli di sposarlo
“Un giorno di questi devi farmi ascoltare qualcosa di tuo”
“Un giorno di questi? È il tuo modo pe’ chiederme ‘n appuntamento?”
“Forse”
“Ce sto, ma solo se me fai ascoltare pure qualcosa di tuo”
Questi due sono ormai dentro ad una bolla, potrebbero continuare a chiacchierare fino a che non si faccia sera. Tornano alla realtà solo nel momento in cui Ermal si accorge di essere arrivato alla fermata e finalmente ricollega i puntini: ha lezione all’università, è in ritardo e se non vuole arrivare fino al capolinea forse è il caso che si affretti a scendere
Ermal scatta in piedi, già pronto a correre a perdifiato fino alla sua aula pur di trovare un posto decente, ma Fabrizio lo ferma poggiandogli una mano sul braccio
“Ci vediamo domani mattina, Ricciole’?”
“Certo, a domani”
Inutile dire che questo è solo la prima serie di molti altri “ci vediamo domani”. Da questo momento, infatti, Ermal prende abitualmente l’autobus delle otto e un quarto col solo scopo di vedere Fabrizio almeno una volta al giorno. Egli, d’altro canto, gli occupa sempre il posto di fronte o, se è già occupato, gli cede con molta galanteria il suo
E quelle semplici chiacchierate si trasformano ben presto in molto altro: una colazione e una sigaretta smezzata in una fredda mattinata di novembre, una pausa pranzo passata insieme quando Ermal ha lezione al pomeriggio, interi weekend trascorsi a casa di Fabrizio ad ascoltare musica e strimpellare la chitarra. Senza dimenticare che, quando può, Fabrizio lo accompagna fino al campus universitario e si ferma con lui fino a che non cominciano le lezioni
“Avete la mia benedizione” aveva sentenziato Marco la sera in cui finalmente il suo coinquilino gli aveva presentato Fabrizio. Ermal l’aveva invitato a cena senza dirgli nulla, quindi era rimasto un attimino scioccato quando era rientrato a casa e aveva visto in cucina i due flirtare palesemente battibeccare come una vecchia coppia sposata e scambiarsi sguardi languidi. Subito aveva sentito il bisogno di ritirarsi nella sua camera, sentendosi di troppo, e di ripresentarsi solo una manciata di minuti più tardi
Marco ha capito da subito quanto Fabrizio sia importante per Ermal, l’ha capito da tutte le accurate descrizioni che gli fornisce e dal sorriso che mette su quando lo nomina – e quel sorriso ce l’ha solo quando parla di sua mamma e dei suoi fratellini
E insomma, è piuttosto palese che si sia preso una bella cotta, peccato che Ermal sia terribilmente cocciuto e, piuttosto che ammettere una cosa del genere, preferirebbe nuotare in acque infestate dai piranha
Ha provato anche ad affrontare l’argomento con lui, ma il suo coinquilino gli è letteralmente scoppiato a ridere in faccia
Va bene, non può negare che Fabrizio sia splendido e che gli provoca non pochi scompensi. Ed è vero anche che in pochissimi mesi abbia assunto un ruolo fondamentale nella sua vita. E sì, ama passare quanto più tempo possibile in sua compagnia e, quando non riescono a vedersi, sente un pochino la sua mancanza. E la sua voce lo fa impazzire, potrebbe ascoltarlo cantare per giorni interi senza mai stancarsi
Ma da qui a dire che si è innamorato che ne vuole, sebbene tutti quelli che conosce sostengano il contrario
E ne rimane fermamente convinto fino ad una fredda mattina di metà gennaio
Ermal ha un importante esame e, nonostante abbia studiato per tutte le vacanze di Natale, è più in ansia del solito. Sente di non essere abbastanza pronto e teme di dimenticare anche quelle poche cose che ha memorizzato
Si è svegliato con una fastidiosa sensazione di nausea e non ha nemmeno fatto colazione. Adesso se ne sta pentendo perché non solo si sente debole come uno straccio, ma il suo stomaco ha anche iniziato a brontolare. Una volta arrivato all’università avrebbe bevuto come minimo tre caffè
Fabrizio si è accorto che ha qualcosa che non va, l’ha capito quando era salito sull’autobus senza degnarsi di salutarlo e tenendo gli occhi fissi su quelle che sembravano pagine e pagine di appunti e schemi
“Non so un cazzo, Fabrì” esordisce Ermal, dopo aver passato gli ultimi cinque minuti a ripetere sottovoce lo stesso argomento a mo’ di cantilena
“Dai, mo’ non esse’ tragico. A me sembra che le cose le sai”
“Non sono tragico, sono realista. Non so davvero un cazzo”
E Fabrizio cerca di tranquillizzarlo, ma le sue parole sono completamente inutili. Ermal non lo sta minimamente ascoltando ed è tornato a concentrarsi su quei fogli
Quindi si sporge verso di lui, e gli appoggia una mano sulla coscia, col tentativo di rasserenarlo un po’
Quando Ermal se ne accorge, deve autoimporsi di mantenere un certo contegno e di pensare soltanto ai suoi appunti. Ripassare non è mai stata un’impresa così ardua
Senonché il pollice di Fabrizio inizia a tracciare dei cerchi concentrici sulla sua coscia ed è allora che Ermal compie un errore fatale: incrociare lo sguardo dell’altro
Nello stesso momento il cuore prende a battergli furiosamente nella cassa toracica e cerca di convincersi che no, questo non vuol dire che si sta innamorando
Poi Fabrizio gli sorride in un modo così puro ed adorabile e all’improvviso si sente mancare la terra sotto i piedi (in realtà sta seduto, ma dettagli). Non può fare a meno di ricambiare
E sì, forse si è un attimino perso in quegli occhi nocciola, perché ci mette un po’ a realizzare di essere arrivato
“Io… dovrei andare” bisbiglia Ermal, rompendo quell’attimo magico e deciso a mettere quanta più distanza fra loro, perché è fin troppo confuso
Così confuso che di primo acchito nemmeno si accorge che Fabrizio – che è molto meno stupido di Ermal e figuriamoci se lo fa scappare via proprio adesso! – è sceso con lui e gli ha poggiato una mano sulla spalla per fermarlo
 “Ti posso offrire una colazione? Me pari ‘n cadavere, non puoi affrontà l’esame in ‘ste condizioni”
“Ma non mi sembra il caso. E poi tu devi andare a lavoro…”
“Non ti preoccupà pe’ mme. Avverto che faccio ‘n po’ tardi. E poi te c’hai bisogno d’aiuto ed è a questo che servono gli amici, no?”
Sì sì, Fabrì, proprio amici siete
Venti minuti e due muffin al cioccolato dopo, Ermal si sente decisamente più carico e l’ansia opprimente sembra essere svanita quasi del tutto. E il merito è da attribuire solo a Fabrizio: quel ragazzo gli fa davvero tanto bene
Fabrizio si è anche offerto di aiutarlo a ripetere qualcosa – o meglio, di ascoltarlo mentre ripete, perché le sue conoscenze di inglese sono alquanto limitate
E infatti lascia che Ermal parli a ruota libera mentre lui rimane imbambolato, annuendo di tanto in tanto. Quell’insieme di suoni sono indecifrabili, ma di una cosa è certo: Ermal che parla in inglese è il sesso
“Guarda, non ho capito una mazza, ma secondo me farai un figurone”
“Grazie mille, Fabrì. Davvero. Senza di te, a quest’ora sarei già svenuto dalla fame”
“Ma figurati, Ricciole’, pe’ così poco!”
Senza pensarci troppo, Ermal allunga la mano verso quella di Fabrizio e gliel’afferra. Stretta che Fabrizio ricambia immediatamente, facendo intrecciare le loro dita
A questo punto, se avessimo a che fare con due persone normali, scatterebbe in automatico il bacio. Purtroppo, i nostri due eroi sono tutto fuorché normali, quindi niente. Si limitano solo a sorridersi come dei beoti
“Merda, si è fatto tardi!” esclama Ermal dopo quelli che sembrano secoli, controllando l’orario sul cellulare e scattando in piedi
Recupera tutti i fogli e li infila alla rinfusa nello zaino, mentre anche Fabrizio si alza e lo aiuta
“Chiamami appena finisci, va bene?”
“Sarai il primo a cui comunicherò il voto”
Fabrizio se lo abbraccia tutto e gli dà un bacio, che inizialmente avrebbe dovuto essere sulla guancia ma, siccome Ermal si era leggermente voltato verso di lui, finisce per poggiare le labbra sull’angolo della bocca
Error 404, Ermal.exe doesn’t work
È il primo a sciogliere l’abbraccio, imbarazzato fino alla cima dei capelli
“Ci sentiamo dopo, Bizio” gli dice in tono fin troppo soft e si allontana prima che l’altro possa vedere che le sue gote si sono graziosamente colorate di porpora
Okay, forse si è davvero innamorato di Fabrizio
  E fine! Almeno per il momento…
Non so, avrei una mezza idea per un continuo, ma non vi assicuro niente (già per scrivere questo ci ho messo due settimane). Fatemi sapere se può interessarvi.
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senzasterischi · 6 years
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Prisoner 709 è un romanzo del Novecento con un piede nel Duemila
Dai che una volta tanto un clickbait lo dovevo fare pure io. Forse ora state leggendo più che altro per scoprire con quali argomentazioni io voglia sostenere l’assurdità del titolo; frega niente, si deve parlare delle cose belle, si deve scrivere delle cose belle, bisogna ricordare le cose belle, e una di queste è Prisoner 709.
Intendiamoci: Caparezza è sempre stato un grande. Prenderò questa frase come assunto; se non siete convinti mandatemi un messaggio e ne discutiamo quanto volete, ma la sede adatta non è questo articolo. Quello che voglio sottolineare, però, è che Caparezza è sempre stato un grande e lo è stato parlando al cervello di chi ascolta. Ironico, irriverente, intelligente, tanto politico quanto non di parte, disgustato da buona parte della società ma sempre incrollabile in un’unica vera fede, che è la fede nella musica, o più strettamente nello scrivere la musica.
Ed è uno dei pochi cantanti che io conosca a fare seriamente le dichiarazioni di poetica, e per canzoni intere, ma là il mio amore incondizionato per le dichiarazioni di poetica in quanto tali (amore che non mi aspetto granché condiviso) potrebbe inficiare un attimo il mio giudizio. Per me le sue dichiarazioni di poetica sono sempre stati i testi più coinvolgenti, perché è per questo che seguo la legge dell’ortica che ogni giorno mi incita, perché [voglio] prendermi gioco di ogni tua certezza ma con leggerezza, perché io non so cantare, già, ma soprattutto non so piangere in pubblico per bucare lo schermo, perché jodellavitanonhocapitouncazzo, perché tutto quello che volete.
Sicuramente altri avranno apprezzato maggiormente testi più legati all’attualità, va bene; ma il fatto è che un po’ tutti lo apprezzavamo da un punto di vista principalmente intellettuale, che si parli di stima per le sue idee, ammirazione per la genialità dei giochi di parole o qualunque altra cosa.
Non è un caso se i momenti in cui ho più ascoltato Caparezza nella mia adolescenza sono stati quelli più strettamente cerebrali (il momento leggo Platone dei sedici anni, per esempio) e meno emotivi.
Io ascoltavo in loop Museica nel 2014, quando ancora vedevo un mondo intorno a me con una sua organicità e un suo senso. La notizia della morte di Hegel non mi era ancora arrivata, mi rotolavo nel mio ottimismo e mi potevo permettere (sic) di occuparmi di questioni esclusivamente intellettuali, esclusivamente sociali, senza mettere granché in gioco me come individuo perché prima di cadere a pezzi si esiste a malapena. Paradossalmente tutto il Caparezza fino a Museica è ottimista, in questo senso: sia quando si tratta di cambiare le cose, sia nei momenti di puro disprezzo e rassegnazione, comunque parte da una base solida – una persona, intera, stabile, e il suo rapporto con l’esterno che invece può essere anche molto complesso. Poi l’esterno a volte sono i bulletti delle superiori, a volte è la situazione politica di uno stato: non cambia la sostanza.
Una delle premesse stesse dell’anticonformismo, dopotutto, è un’incredibile coerenza interna.
Tra il 2015 e il 2016 l’ho ascoltato meno. Tra il 2016 e il 2017 mi sono crollate tutte le suddette certezze sul mondo e ho perso buona parte del mio ottimismo: per riassumere questo periodo per me basta ripensare a quando a novembre ho letto le Operette Morali con una certa disperazione, o a quando a febbraio ascoltavo musica elettronica perché stavo cercando suono puro al di là di quella cosa orrendamente logica che sono le parole. Basta per me, ripeto: per voi basteranno i ricordi di quando è successo a voi. Se non vi è ancora successo, buona fortuna.
In quel periodaccio, Caparezza era forse l’ultimo artista che mi sarebbe venuto in mente di ascoltare.
Poi, d’estate, è uscito Prisoner 709. E io mi sono detta: non posso ascoltare sempre artisti del Novecento. (Come avrete intuito da un pezzo, non sto usando le date in senso diacronico…)
Mi sono detta: è Caparezza, sarà geniale come sempre.
Ho ascoltato il singolo.
Il commento mio e di letteralmente tutti gli amici con cui ne ho parlato è stato all’incirca: “Non l’ho capita tanto bene, ma penso fosse profonda”. Seguito da: “Devo riascoltarla”.
Poi, almeno io, l’ho riascoltata solo dopo, insieme al resto dell’album. Non so gli amici cosa abbiano fatto.
La prima sorpresa dell’album è stata: non sei stata l’unica ad aver passato in crisi l’ultimo annetto.
E per quanto tremende le crisi possano essere, bisogna sempre tener conto del fatto che non si torna indietro, ci si passa attraverso e si vede cosa c’è dall’altra parte. E che c’è qualcosa di molto bello nell’essere in crisi: si diventa più veri. Mi rendo conto di quanto sia inflazionato citare  Italo Calvino su un blog, ma, forza, è ora di pagare anche questo pedaggio, dato che è chiaro che non arriverò tanto facilmente a spiegarlo con la stessa nitidezza:
“Ero intero e tutte le cose erano per me naturali e confuse, stupide come l’aria; credevo di veder tutto e non era che la scorza. Se mai tu diventerai la metà di te stesso, e te l’auguro, ragazzo, capirai cose al di là della comune intelligenza dei cervelli interi. Avrai perso metà di te e del mondo, ma la metà rimasta sarà mille volte più profonda e preziosa. E tu pure vorrai che tutto sia dimezzato e straziato a tua immagine, perché bellezza e sapienza e giustizia ci sono solo in ciò che è fatto a brani.”
Ognuno poi viene fatto a brani da qualche ragione personale; questa influisce molto all’inizio, ma, a crisi avviata, la ragione non è più neppure il cardine. In caso qualcuno non lo sapesse, per Caparezza la ragione è stata l’acufene.
Quanto il nuovo album faccia male si sente letteralmente al primo verso della prima canzone, a saper ascoltare. “Rullino i tambur, nuovi calembour”.
Eccolo là, lo strappo, chiaro da subito. Caparezza ha sempre fatto giochi di parole, ma ha mai detto che fa giochi di parole? I giochi di parole sono sempre stati la forma che prendevano i testi; ma ora il testo diviene cosciente di sé. È lo stesso che vedere coi propri occhi un cervello: tu sei un cervello, e guardi un cervello, ed è disgustoso, e lo è perché se un cervello è divenuto visibile qualcosa è andata molto storta. (Cit.)
Prisoner 709 ha i suoi precedenti. Ha i suoi precedenti nella musica-in-generale, perché un concept album sul tema della prigionia inevitabilmente a livello tematico si scontra col precedente di The Wall, e ha i suoi precedenti perfino nell’”ottocentesco” Museica, dove già canzoni come Fai da tela o Canzone a metà anticipavano alcuni temi del nuovo album. E non si può dire che Prisoner 709 non sia un album di Caparezza: sarà meno attento a temi sociali, sarà poco o per nulla politico, ma rimane alla base l’album di un artista in crisi che però rimane se stesso. Alcune canzoni, per esempio L’uomo che premette, ricordano più da vicino alcune degli album precedenti, tipo Il secondo secondo me o Cose che non capisco; altre sono qualcosa di profondamente diverso, come la title track o come quella che è la canzone più intima e, secondo me, la più bella: Larsen. In Larsen una delle cose più dolorose non è altro che uno scarto semantico: parlando della propria malattia, dice che è il “primo pensiero al mattino, l’ultimo prima di” scarto, terribile “buttarmi giù dal terrazzo”. Eppure, in uno dei momenti più intensi dell’album, eccolo: “Ho visto più medici in un anno che Firenze nel Rinascimento”. Eccolo: è sempre lui. Non è cambiato – si è arricchito. Ha una dimensione in più.
È diventato, in un modo non facile, in grado di parlare anche all’emotività, agli esseri umani in quanto esseri umani. L’ha fatto restando intellettualistico, fra una canzone su Ludovico di Baviera e un’interpretazione abbastanza opinabile de L’infinito; ma ora i giochi di parole e le citazioni diventano espressivi in modo nuovo. In Prosopagnosia, per esempio: “ogni volta mi riascolto e sono risentito”, “e non aspetto altro che avere un altro aspetto”.
Novecento. Pieno, purissimo Novecento, con tutto ciò che costa. Con il bisogno spirituale da colmare che si confonde come un poco d’acqua in mare (d’acqua in mare, d’acqua in mare), con la psicanalisi, le insicurezze, il dubbio improvviso che sia stata la tecnologia a creare l’uomo e non il contrario, i colloqui con il sé del passato, i colloqui con il sé del futuro.
Anche l’anticonformismo non è più possibile sulle stesse basi di prima: “non ha senso recitare la parte degli incompresi con tutti dalla mia parte, con tutti così cortesi”. Paradossalmente, la comprensione altrui è ulteriore fattore di crisi, perché l’anticonformismo era stato uno dei tratti che avevano reso solida l’identità.
Verrebbe da chiedersi se Caparezza ha rispettato le precedenti dichiarazioni di poetica. Era proprio lui a dire: “Parlare di emozioni, questo è il motto! Che c’è, non trovi emotivo il botto? […] Della poesia me ne fotto!”
A rigor di logica no. A questo punto il dubbio è: le varie dichiarazioni di poetica contro le canzoni che parlano di emozioni erano contro tutta la musica che riguarda le emozioni o solo quella affettata?
Se la risposta è la seconda (come credo, vedendo a quali gruppi attinge, per esempio, in Cover), il “cambio di rotta” acquisisce significati ulteriori.
Non so se possa considerare una vera evasione quella che chiude l’album: l’ultima canzone punta decisamente in questa direzione, ma dopo il percorso tutto mentale di Autoipnotica è anche legittimo dubitarne.
(A proposito di Autoipnotica: il suo ritornello comincia con due versi che mi hanno sinceramente stupita; stavolta poco da Caparezza, ma anche poco da chiunque in campo musicale. I versi sono: “La mia macchina è il cursore di una lampo su una linea tratteggiata/guardo nel retrovisore, dietro me si sta scucendo l’autostrada”. Le immagini emergono analogicamente, alla cerniera si sovrappone lo scorrere dell’autostrada nello specchietto, e quello scucendorichiama una suggestione ulteriore, quella di un tessuto che si sfilaccia, e tutto questo è condensato in una ventina di parole. È ben oltre le mie aspettative passate e future, ed è ben oltre, beh, tutto il resto dell’album. Quei due versi mi hanno ipnotizzata).
L’evasione vera – il piede nel Duemila – la possibile soluzione, l’antidoto, la fine della crisi, l’uscita dal tunnel (ah, ah, ah, bella battuta avete pensato) non è l’evasione, è l’ora d’aria.
Apro una parentesi: ogni tanto, da sempre, Caparezza se ne esce con qualche canzone più commerciale delle altre. Non tanto commerciale da non avere contenuto, ma abbastanza da darmi fastidio – ma capisco che le varie Non me lo posso permettere sono necessarie, e amen. In Prisoner 709 probabilmente una delle canzoni “mezze commerciali” è Una chiave; dico mezze perché Una chiave è probabilmente nata con le migliori intenzioni (descrivere un monologo con se stesso da giovane) ma è un po’ naturale che un tema del genere diventi immediata consolazione per adolescenti. Fino a che punto questa cosa sia cercata, io non lo so.
L’altra canzone considerata commerciale è Ti fa stare bene. E qua la mia opinione è: assolutamente no, cioè, non davvero: è orecchiabile, è passata per la radio decisamente più delle altre, ma il punto è che questa “commercialità” è dichiarata e anche motivata all’interno del testo: “questa canzone è un po’ troppo da radio, sticazzi finché ti fa stare bene”.
Si può pensare per certi versi a un ritorno al passato, alle dichiarazioni di poetica, alle canzoni più fastidiose di un nuvolo di pettegole che però rendono la tua vita più piacevole (al Cabaret Voltaire), però ripeto: dalla crisi non si esce che dall’altra parte, e infatti questa canzone è una proposta per il nuovo millennio. Non è l’unica proposta al mondo e non è detto che sia la più valida; io ultimamente intorno a me non cerco altro che queste proposte, timide quanto volete, ma visto che ormai il senso l’abbiamo perso, dovremo pur cercare qualcosa che ci tenga in piedi.
Stavolta è un coro di bambini, il rifiuto del malumore generalizzato, la scelta di un disimpegno che poi è meno disimpegnato di quello che sembra. C’è anche l’idea, sottolineata con alcune genialate musicali che io percepisco ma non sono la persona adatta a descrivere, della necessità di superare il superamento, di rallentare, di perdere di proposito. Possiamo discutere anche a lungo di quanto in questa proposta sia o non sia affatto nuovo, di quanto sia visto in ottica nuova, di quanto sia realizzabile: rimane una proposta, un camminare verso la via d’uscita. E abbiamo bisogno di proposte. Non chiedo a ogni artista nell’immediato una sua proposta esistenziale, perché non credo che i tempi siano maturi per una cosa del genere; però gli chiedo una proposta artistica, questo sì. Gli chiedo di essere consapevole del senso del proprio operato – o meglio, di trovare un senso nel proprio operato.
Anche in uno coro tipo Zecchino d’Oro. Soprattutto in un coro tipo Zecchino d’Oro.
Probabilmente mi avete scoperta: questa non è una recensione. Non è una recensione dell’album; non è neanche una recensione del concerto, del quale potrei dire molto in breve che è stato incredibile, e poi da lì mi partirebbero considerazioni sul suo essere stato spettacolo totale, sul suo essere paradossalmente collettivo (Diego Perrone, non so perché, ma tu ispiri simpatia a tutti e a me pure!) su parecchie altre cose. Il punto è che io non sono la persona giusta per parlare di musica, e lascio la musica a chi la conosce. Intanto ascolto, e per me è più che sufficiente (per il momento: chi può conoscere i Fati?).
Io volevo una scusa per sproloquiare a dovere sul Novecento (e sull’Ottocento, e sul Duemila), e mi sento meglio ora che l’ho fatto. E poi bisogna parlare delle cose belle, e delle cose che ti fanno stare bene. E no, non me la sento di chiudere con una frase a effetto un articolo del titolo così clickbait, quindi lo chiudo a casaccio. (Che bella la Ringkomposition! Pure Prisoner 709 è il Ringkomposition, in effetti).
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(Sì, ho scritto romanzo nel titolo per puro effetto scenico. No, non me ne vergogno.)
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Finisce così?
Tutto quello che c’è stato, buttato via come spazzatura. Sono stati cinque anni di sguardi, mani che si sfiorano e non sai mai se sia di proposito o per pura casualità. Non riesci a dare una spiegazione nemmeno ai tuoi pensieri, alle tue azioni, è tutto così irrazionale. Per quanto ti sforzi di agire con la testa, in quel momento ti lasci andare, ti abbandoni al cuore. Le sue mani che sfiorano la mia schiena, non mi hai mai attratta fisicamente, eppure stavo così bene in quei momenti. Era la cosa giusta. Eravamo le persone giuste al momento più sbagliato del mondo. video e foto stupide mandate solo a te, perché non mi sentivo giudicata, mai lo sarei stata. audio lunghi ore in cui raccontavo tutte le mie avventure, i viaggi infinti per andare dall’estetista, i giorni in cui prendevo in faccia pali e alberi, giorni in cui scivolavo per terra a causa della neve, o quando mi si rompevano tutte le buste della spesa in mezzo alla strada perché troppo sottili. E’ a te che raccontavo tutto questo. Non so bene perché, ma ogni cosa che ti dicessi mi faceva sentire si donna che bambina allo stesso tempo, tu mi facevi sentire al sicuro ma mi davi anche la voglia di farcela e crescere da sola. Tanto sapevo che se qualcosa fosse andata storta, c’eri tu a sorreggermi, a dirmi di ricominciare che sarebbe stata la volta buona. Ho sempre avuto paure con te. Abbiamo tanto idealizzato questo amore da renderlo pura immaginazione, e si sa che le cose non reali sono sempre troppo perfette, e noi avevamo paura di rovinare tutto. L’abbiamo dipinta come un’amicizia speciale. Mai oltre, mai un bacio, mai troppo contatto. Eppure quando i nostri sguardi si incrociavano c’era un mare palpabile di emozioni e sensazioni. Non sono stata coraggiosa, ho scelto una persona che nemmeno avrei voluto scegliere, l’ho fatto solo perché mi avrebbe allontanato definitivamente da te. Non ti ho dato gli auguri per il tuo compleanno quest’anno, sono passati mesi ormai ma ancora me ne pento, sento di aver ormai dato la mia vita in mano ad una persona che non so quanto realmente mia ami, avrei voluto dirtelo un ‘auguri scemo’. Ogni giorno combatto con l’impulso irrefrenabile di scriverti come va, sei realmente felice con lei? Non scorderò mai quel giorno in cui mi chiedesti di parlare e ci vedemmo ad una bar per prendere un caffè, cosa che non abbiamo mai fatto noi due, siamo sempre stati tipi da musica e tramonto. Ma quel giorno eravamo obbligati a farlo, il mio nuovo ragazzo era geloso di te, per nessun motivo al mondo avremmo potuto vederci in macchina tua ascoltando della musica e vedendo il nostro tanto amato tramonto. Come dargli torto, io non riuscivo a dirgli nulla, aveva ragione è te che amavo ed ho sempre amato. Con quale faccia avrei dovuto dirgli che non doveva essere geloso? Cosi’ lo ascoltammo. ricordo che tu prendesti un ginseng e mi dicesti di esserti fidanzato, con lei, proprio la ragazza di cui ero tanto gelosa quando parlavamo in chat, quando eravamo migliori amici. Ho dovuto raccogliere tutte le mie ultime forze per far uscire quel mezzo sorriso e dirti ‘sono molto felice per voi’, e tu ‘so che andrete d’accordo, siete davvero troppo simili’... e io dissi che se ti avesse reso felice lo sarei stata anche io. So che non sono riuscita per niente a fingere di essere felice, tu mi conosci e so che non ci hai creduto nemmeno un pò. Ma cosa ti aspettavi’ cosa potevo fare? io che per prima mi ero fidanzata con una persona che non volevo solo per allontanarmi da te, per paura di rovinare tutto tra noi, per paura che vivendo davvero la nostra storia d’amore non sarebbe stata così bella come la immaginavamo. Mi riaccompagnasti a casa e ci salutammo entrambi con il cuore a pezzi. Ma ciò che ci ha ucciso un pò dentro sono sicura che sia stata quella famosa videochiamata fatta durante la prima quarantena, il periodo delle grandi cazzate. Entrambi fidanzati, continuavamo a fingere che il nostro rapporto fosse uguale non fosse cambiato. Io, obbligata dal mio ragazzo, ti chiesi di fare una videochiamata per parlarti.  In realtà per questo lo ringrazio, in cinque anni non avevo mai avuto il coraggio di dirti ciò che provavo. Tu si, una volta, ma io ti ho respinto. Poi sono tornata come un cagnolino e non so spiegarmi i motivi. In quella chiamata ti dissi che nell’ultimo periodo avevo provato qualcosa per te, mi misi a nudo, dissi che non era più solo amicizia e che sicuramente sarebbe successo qualcosa che non fosse per lui che è arrivato e mi ha fatto innamorare e che ora stavo benissimo con lui e sapevo sarebbe durata per sempre. Spero ancora ogni a distanza di quasi due anni che tu non abbia creduto a una sola parola di quell’ultima frase. Io mi sento in gabbia e non ne esco. Non ne esco semplicemente perché non ha senso uscirne visto che l’unica persona che vorrei al mio fianco sei tu ma non posso averti. Messo piango quando guardo i tramonti. Non posso più ascoltare ultimo sai? a lui non piace, dice che lo deprime. noi che invece avevamo i biglietti per il suo concerto che chissà quando sarà, e so che nemmeno tu stai vendendo quel biglietto, perché vuoi davvero incontrarmi lì. E forse tu porterai lei, e io porterò lui perché vuole controllare la situazione, ma i nostri cuori saranno insieme in quel concerto. Ogni volta che metto una sua canzone ti penso. Quella che fa per noi più di tutte è ‘le stesse cose che facevo con te’. Ora continuerò a convivere con questa frustrazione finché uno dei due non troverà il coraggio di farsi sentire...  ormai non ci credo più così tanto, mi sembra quasi impossibile.
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chiamatemefla · 6 years
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impressioni a caldo sulla prima semifinale?
OMG anon sarà una cosa un po’ lunghetta ma proverò a dire tutto quello che penso.
Inizio con il dire che le quattro presentatrici mi fanno un cringe assurdo. Capisco voler puntare sul girl power, davvero, ed hanno probabilmente scelto le presentatrici più belle e brave che avevano ma…ho visto questa prima semifinale smorta dal punto di vista della conduzione, i siparietti degni di una RAI vecchia maniera dove “vecchia maniera” sta per demodé. Il problema non è quindi che son quattro presentatrici donne ma che son quattro presentatrici mosce. Capisco voler passare un messaggio ma almeno scegliete oculatamente chi mandare, persino quella del blue carpet sarebbe stata meglio. Ho però apprezzato questo tributo ad Anna Oxa negli anni 90 e la conduttrice giacca-pantalone che aveva un non so che della cara Turci.
Ora iniziamo con le canzoni (sì, ho la lista davanti e, no, non sono in ordine):
Albania: Allora, dovete sapere che io ho un po’ una simpatia non velata per Eugent Bushpepa. Perché, insomma, fa tutto il bad boy vestito di pelle e con i tatuaggi, poi pesa 35 kg, ha la faccia da orsetto abbracciatutti ed una voce d’angelo. Insomma, capite, penso di aver già spiegato come questo tipo di persone mi lasciano. La canzone, poi, mi è sempre piaciuta perché ha quel non so che che tantissime canzoni dell’Eurovision smollano alla ricerca dell’effettiva e subitanea recettività da parte del pubblico. Dicono “Poco show sul palco” ma mi è sembrata una qualsiasi performance sanremese quindi, almeno per l’italianissima me, non c’è stato chissà quale problema (e daje che dimentico che è l’eurovision e non sanremo).
Austria: Che Cesár sia uno dei miei preferiti penso di aver parlato già abbastanza. Ha una bellissima voce (calda, caldissima) e, di nuovo, il genere è uno che all’Eurovision /va/ ma non sempre va bene. Uniche cosa che mi ha lasciata un po’ interdetta è lo staging. Nel senso: non capisco la piattaforma rialzata con i coristi sotto tipo cameretta a soppalco, non appoggio assolutamente la scelta di quel pigiamino grigio che manco Måns Zelmerlöw con la maglia e il pantalone di H&M era così sciatto. Ma Ces è un pezzo di manzo caraibico quindi si può mettere quel che vuole, avete ragione.
Bulgaria: ALLORA, DEVO DIRLO: SONO STATI UNA PIACEVOLISSIMA SORPRESA. Ammetto che la loro canzone, quest’anno, mi era sfuggita malamente ma, oh, sul palco hanno cantato benissimo e l’unica cosa che non capisco è la scelta di far mettere alla cantante quella parrucca bionda che sa un po’ di Carrà, un po’ si Sia ed un po’ di scopa di saggina.
Cipro: Eleni è una bellissima ragazza ma per me, devo ammettere, sta canzone è no. Il suo balletto, nonché il “”vestito””, da Beyonce wannabe non mi convincono affatto. La canzone è la tipica canzonetta eurovisiva che, in una semifinale come si conviene, non sarebbe certo passata (canzoni simili sono state portate da spagna e portogallo, in passato, e sono state falciate male). Non ho molto da dire su di lei a parte che è bella ma, boh, io dell’occhio me ne faccio poco.
Rep. Ceca: Signori miei, Mikolas Josef è risalito nella mia lista, ebbene sì, Simon dei Chipmunks c’è riuscito! L’esibizione è stata godibile nonostante lui debba muoversi da automa. Avrei preferito avere il cammello ma mi rendo conto che, per scelte organizzative, poteva essere un po’ difficile. Quel che non capisco è il giochino con lo zaino che??? tbh ??? non ??????????? (Ho adorato la sua cartolina, però, una delle più spiritose fino ad ora).
Estonia: La voce di Elina è uno strumento ma canta senza alcuna espressività. Si capisce, inoltre, che canta in una lingua non sua e che non padroneggia minimamente perché le parole vengono cantate piegandosi alla musica e non al significato. Conosco il canto lirico, so che effettivamente spesso la grammatica della frase/gli accenti delle parole si spostano per /necessità/ di emissione della voce ma no, decisamente no, La Forza non è una canzone che ritengo valida. Ciò non toglie che, come già detto, la sua voce è spettacolare e se lanciava un altro acuto mi partiva l’antifurto della macchina probabilmente. Il vestito lo avrò anche pagato 65k euri ma il rumeno di non ricordo quanti anni fa se l’era fatto fare uguale (e pure più rock) per molto meno.
Finlandia: A me Saara Alto sta simpatica perché ha la faccia di quella con cui farei amicizia all’università. La canzone non è tra le mie preferite, semplicemente è senza lode e senza infamia, però mi ha fatto ridere la cosa che ha fregato ai russi il cantante rotante. Quello assicura sempre il passaggio alla finale, oh.
Irlanda: L’irlanda ripropone un episodio di Glee coverando Ed Sheeran ma con un tocco di Happy Pride che strizza l’occhio alla comunità LGBT+ che segue l’euroviscion. Non ho davvero niente da dir su di lui, la canzone è carina ma qualcosa di già ascoltato, i due ragazzi che ballano sul palco sono adorabili e su questo non c’è dubbio, Ryan è sveglio e simpatico ma stiamo votando la simpatia o la canzone?
Israele: La favorita che a me fa schifo al cazzo. In realtà un tempo era solo “non mi piace”, ora provo per lei una sorta di repellenza che non è dovuta alla povera Netta in quanto Netta (che mi starebbe anche simpy se non se la sentisse caldissima) ma alle leccate che tutti le fanno. Regà, chill, ma seriamente. Noi per un namastè s’è gridato alla cultural appropriation per sei mesi, questa porta il kimono, i mici dellall you can eat, e le ballerine con le tutine di evangelion e lei VA BENISSIMO, QUEEN INDISCUSSA, AMORE MIO? Ma scherziamo? La sua esibizione è pacchinissima, la gallina è la cosa meno girl power a cui io possa pensare, alcuni passi della canzone sono di un cringe spropositato. Però che energia. E il rosa le sta proprio bene.
Lituania: Cosa ci fa la Lituania tra i qualificati? Non capisco e non ho commenti perché sta canzone mi ha lasciata indifferente e volerle fare un complimento.
I NON QUALIFICATI
Qui andrò veloce e mi soffermerò solo su un paio che effettivamente ricordo.
LA GRECIA E’ STATA MALTRATTATA. La sua performance era calda, sentita, ed aveva qualcosa di /suo/ non era la tipica canzone impersonale montata su musica pseudo-americana. Sono così pissed che non ho neanche le parole giuste per esprimermi ma lei, la mia dea, sarà sempre la mia vincitrice.
Io capisco che Alekseev ha un musino A D O R A B I L E ma la performance era deboluccia e un po’ di cattivo gusto. Per la prima volta non ha preso manco una stecca live ma capite che non basta? Io gli auguro di migliorare, tornare e farmi cambiare idea perché per me lui era un no da inizio percorso proprio, sks per la unpopular opinion.
Il Belgio era una lagna vera, la Svizzera niente di che, l’Armenia non il mio genere e l’Azerbaijan pessimo. L’islandese mi era simpatico ma la canzone facilmente dimenticabile. Gli altri manco me li ricordo. La Macedonia vestita così male che manco io per andare a comprare il latte all’alimentari.
In generale c’è stato ritmo, poche o nulle ballad, ma sento che manca qualcosa. Questa prima semifinale è stata incredibilmente smorta rispetto a quelle che ho visto fino ad ora e, no, manco è colpa della mancanza di led e fuochi d’artificio, mi riferisco proprio alla sensazione che scorre. Ora vedremo la seconda semifinale ma, in generale, le canzoni che mi colpiscono sono pochissime e, quelle poche, non mi lasciano comunque la voglia di dire “Cavoli, questa devo averla in playlist!”. Vedremo.
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ilgrafico-2era · 3 years
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Gennaio 2021
Torniamo anche questo ennesimo anno a parlare della avvincente sezione F maturanda, forse, del Veronese e delle sue avventure nel trash amore. Una gioia per tutti i lettori.
 Forse questo sarcasmo nemmeno troppo velatamente passivo-aggressivo è arrivato prima del solito nell’entrata, ma arrivati a questo punto ce la si può concedere. Si può dire? È permesso? Ebbene ora lo esprimiamo a gran voce: che gran scassata di palle. Ormai la scusa della DAD non è nemmeno l’unica a cui addossare tutte le colpe riguardanti la mancanza completa di azione nel territorio, ma si può sempre sperare in un futuro più raggiante. Il desiderio di Capo d’Anno è stato utilizzato per cercare di avere un qualche avvenimento effettivamente interessante. Oltre che nella speranza di un quadrimestre degno di nota, il nostro desiderio è stato espresso anche a favore di una ship in decadenza, ma a cui nessuno vuole realmente rinunciare. 
Si sta parlando proprio della coppia che ha ormai solamente cinque mesi per diventare endgame secondo i piani, #anesh, la quale ad ogni post si fa sempre meno sentire. La coppia sopracitata è stata tenuta a galla, in questo mese, da Anaïs stessa, la quale ha cercato di mantenere alto l’interesse e ha chiesto a Leshi, durante una delle pause, se avesse tenuto la videocamera accesa per dar visione del suo fascino.
 È servito qualcosa questo straccio d’avance? Assolutamente no, in quanto l’unica reazione da parte del ragazzo dal pizzetto di fuoco è stata quella di disattivare la camera. Leshi però ci confonde, in quanto seguita a inviarle sticker di persone il cui volto era coperto da un cazzone commentando “tu.”
 Non ci si capisce più niente oramai, le nostre speranze stanno forse per infrangersi? Non vedremo mai nascere la famiglia Leshi-Marcolin con dieci figli e mille drammi come quella in TheSims? Ovviamente non ci arrendiamo ancora, ma di certo un altro scambio di messaggi fra i due non lascia molte strade aperte: i due futuri coniugi, anche se sembrano ignorare il proprio destino, si ritrovano a parlare delle previsioni circa una futura fiamma per Leshi e del suo tipo ideale in generale e la sua descrizione non recita nemmeno una volta “Anaïs” e quindi la faccenda si fa seria.
 In allegato le foto della chat, in quanto sinceramente sono informazioni che la presente dattilografa non ha la benché minima voglia di riportare:
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Fortunatamente si è scoperto un sotterfugio per raggirare le numerose richieste del ragazzo, quindi forse la nostra OTP ha ancora una speranza.
 In uno snap, riferitoci dalla coraggiosa Chiara Zilio che ci ha pure regalato uno screenshot che però non posteremo per risparmiarvi un po’ di secondhand embarrassment, Leshi condivide l’informazione che nessuno aveva realmente chiesto, ovvero la sua canzone “biricchella”.
 Nello snap, preso palesemente da uno dei template dei post di Instagram del 2014-2016, è scritta la frase: “se ascolti ---- con me finiremo così” accompagnata dal disegno di due persone decisamente non in procinto di fare attività fisica assieme, sempre che non la si consideri tale. Venne così rivelato che il sogno di culo di fërgesë è quello di appartarsi con una dolce fanciulla sulle note di Il fabbricante di chiavi. C’è davvero bisogno di esplicitare i nostri commenti a riguardo? Mi pare scontata la risposta. 
Se questo snap può sembrare totalmente inviato a caso, però, bisogna far sapere al gentil pubblico che ormai Leshi ha profittato della sua fama in questa versione poraccia del sito di Gossip Girl ed è diventato un influencer di Snapchat. No, non avete letto male, è scritto proprio quello che avete compreso. Infatti, nell’ultimo mese si è divertito a inviare le foto più a caso miste a Chiara Ferragni wannabe che potesse mai inventarsi, qui riportate le più salienti: uno snap in accappatoio [avendo probabilmente visto il successo che la mise ha ottenuto durante lezione lo scorso mese], un selfie con le mani sulle guance a con la bocca da pesce, degno di ogni profilo da ragazza alternativa del 2013 ed infine, per terminare in bellezza, una foto delle sue gambe verte, perdonate il francesismo, durante l’ora del bagnetto, con l’acqua trasparente vorremo sottolineare.
 La reclusione dettata dalla zona rossa sta dando alla testa e si vede. Probabilmente questa sua fuga nei social è una sua maniera di evadere dalla monotonia. Altri cercano, però, di distaccarsi dai social, anche se sempre con l’obiettivo ultimo di fuggire, come ad esempio la Giulia originale, ovvero l’unica e sola Ciulia Fontana.
 La nostra cara fanciulla si ritrova a versare lacrime amare come la sua compare fontana del Palazzo di Bachčisaraj causa del suo nuovo ruolo come volontaria in un associazione di prevenzione al suicidio. No, non sono le toccanti storie e tristi situazioni che la fanno commuovere, quanto più il suo pianto è causato dal dolore che prova nello sbattere costantemente la testa contro il muro. 
Giulia si trova, infatti, a dover vivere nel cliché più vecchio e noioso possibile, ovvero quello nel quale il capo ci prova spudoratamente con lei, ma in questo caso la situazione è anche peggiore perché il suddetto capo non solo è viscido, ma è pure cringe all’ennesima potenza, tanto che i suoi messaggi fanno piangere anche noi. 
Tale “Ale”, giusto perché apprezziamo sempre la vasta varietà di nomi presenti nel Grafico, deve aver imparato a flirtare dall’Antico Testamento, anche considerando il suo side-job di chierichetto a 22 anni, vedendo cosa considera mosse vincenti per conquistare una donna. Esordisce con un bacio come premio per la vincita di una scommessa, nella quale, giusto per sottolineare, la richiesta di Giulia erano dei calzini con la banane. Stessa lunghezza d’onda, proprio. 
Nonostante questo esordio non richiesto e sicuramente non gradito, anche per ragioni professionali, Giulia continua a conversarci, pentendosene ogni volta. Anche qui verranno pubblicati i vari screenshot perché a riscriverli tutti mi salirebbe personalmente lo sbocco, già solamente a leggerli sale un certo brivido lungo la schiena che se ne farebbe di certo a meno, ecco.
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Dopo queste foto è forse meglio chiudere, non ci si può riprendere da cose del genere ed è meglio lasciare che svuotare la mente nella speranza di auto-causarsi una bella amnesia. 
Con una scusa da parte del team del Grafico per aver condiviso questo scempio, si conclude anche l’entrata di gennaio e la prima del 2021. Le speranze per il prossimo mese sono sicuramente alte, con il ritorno in presenza [circa] e il fatidico girono di San Valentino, che si spera faccia risvegliare qualcosa fra i membri del Grafico, tutti tranne Ale, lui può stare zitto e fermo il più lontano possibile dalla nostra vista. 
Ci si risente a breve, espressione che non intende assolutamente alludere alla brevità del mese a seguire. 
Questa conclusione è stata ancora più sofferta del mese stesso.
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aetaenae-studyblr · 4 years
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ciao - domenica 4 ottobre 2020
Sono le 2.52 del mattino.
Ho in mente tante cose. Le scrivo qui perché qui forse qualcuno se le legge. 
Forse no. Comunque boh, mi va. E’ uno spazio mio, lontano da tutti, ma al tempo stesso potrebbe balzare sotto gli occhi di una persona a me totalmente estranea, e non me ne fregherebbe assolutamente niente, che sappia pure tutti i cazzi miei. Sono lontana ma vicina. Non se le cagherà mai nessuno ste cose. Però oh, meglio così. Se se le cagassero in tanti perderebbero la loro aura di mistero. 
Sono seduta a letto, sotto le coperte, è tutto buio e ho il pc davanti. Scrivo due parole, tanto per scriverle, la nostra generazione oggi ha tanto bisogno di essere sincera e non lo fa. Vi offro la mia sincerità, e invito anche voi ad offrirla. 
E’ tardissimo. Mia mamma mi ha rotto il cazzo. Ho diciotto anni e non posso tornare a casa all’ora che voglio. Che poi, parliamone, non sono tornata alle 6 del mattino. Sono tornata alle 2:30 anziché alle 2. Mi spiegate perché farne una tragedia?
Ma poi il fatto è che mentre ero ancora in giro mi ha scritto che sono una stronza. Poi sono arrivata a casa, sono andata a darle un bacio (ero incazzata ma quando torno vado sempre a darle un bacio) e lei mi ha respinta. Allora io incazzata ma rassegnata me ne sono andata in camera, e allora lei si è alzata, e con quel suo passo incazzato da cinghiale è venuta a farmi brutto. Mi ha detto “e comunque l’alito ti puzza di alcol” con quella sua faccia distorta dalla cattiveria. Ma ce la fa? Ho bevuto un bicchiere di birra in tutta la serata, mentre mangiavo il primo, e poi ho mangiato altri chili e chili di roba tra cui una fettazza di tiramisù e ho bevuto si e no una bottiglia d’acqua. Ma da dove cazzo se l’è cavato fuori l’odore di alcol? Ma ce la fa? Ma poi, dico io, che razza di madre scrive a sua figlia stronza? Ma stronza perché a 18 anni suonati decido di tornare a casa mezz’oretta più tardi?
zia ma svegliati, ti voglio bene ma mi hai rotto il cazzo 
Poi domani non oso immaginare la fatica che farò per cercare di mettere insieme due pezzi della mia vita. Da qualche parte ho letto la frase “Mi scompongo per ricompormi”, penso fosse Luis Sal. Mi si è incisa. Ce l’ho dentro. Mi scompongo per ricompormi. E’ una frase emblema della mia vita. Mi scompongo e mi ricompongo, come classicismo e fasi di ribellione che si alternano, come disse il buon vecchio Gianfranco Contini. 
In questi giorni adoro i Velvet Underground. Amo Nico che canta con loro e amo i biondi. 
Comunque il pezzo forte della serata è quella ventata di futuro che ho immaginato nell’arco di un paio di scrollate su insta appena litigata con mia mamma che mi da’ dell’alcolista perché un mese fa sono tornata a casa ubriaca marcia e ho vomitato fino a mezzogiorno del giorno dopo. Minchia, è successo una volta sola in tutta la mia vita e ormai mi etichetta così. Nico lo dice bene: don’t confront me with my failures, I had not forgotten them (la canzone è These Days, a me piace quella dei Velvet e Nico).
Cose che voglio fare
- vivere a New York per un periodo e fare arte/giornalismo
- vivere a Venezia per un periodo
- medicina e vivisezionare persone
- leggere tantissimo
- leggere libri di filosofia e storia e teorie politiche 
- scopare e godermi la vita sessualmente
La conosco la me ideale, ce l’ho lì, piano piano la tiro fuori. Tranquilli tutti. L’ultimo punto sarà il più difficile, sono bella ma non mi caga nessuno. E poi forse la vedo dura su Venezia. Ma è un cazzo di sogno. E’ parte di me quella città, e non so nemmeno perché non ci ho mai passato più di mezza giornata. Anche leggere sarà difficile: ma è l’unica certezza che fa sì che non tenga i piedi per terra che io sia viva che io ami ogni secondo della mia vita. Leggere è la mia benedizione. 
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To BTS Ebbene si sono già passati 4 anni, inutile dire che sono stati anche i più belli che io abbia mai passato e questo grazie a voi; penso di parlare da parte di tutte le ARMY ringraziandovi per il duro lavoro che avete svolto per renderci felici e per mandare avanti questo sogno che state pian piano realizzando lavorando insieme. Amo il fatto che nonostante le difficolta e la pressione delle fan e dei fan continuate ad andare avanti a testa alta per noi e beh, anche per voi stessi. Detto questo voglio dirvi (anche se questa lettera non arriverà mai a voi) ciò che penso e provo per voi : La prima volta che vi ho ascoltati è stato per caso , amavo gli anime e la musica giapponese e sotto un video di j-pop che stavo guardando c’era consigliata una canzone dei BigBang , la ascoltai felice di aver trovato qualcosa di nuovo e mi piacque molto ; mi avvicinai al mondo del k-pop e subito dopo aver scoperto i BigBang mi ritrovai una vostra canzone nella home di youtube (avevate appena debuttato) e ascoltandola provai una cosa mai provata prima ; amore si , ma per una canzone , mi piaceva proprio come se fosse una persona e ascoltandola mi sentivo come sfiorata da una mano che mi carezzava il viso e mi faceva sentire come nient’altro. Più vi continuavo a seguire e più amavo tutto di voi qualsiasi minimo particolare , anche il più insignificante. A colpirmi è stato Tae , il mio piccolo alieno teneroso, ed il suo bellissimo , anzi no mi correggo , e il suo perfetto sorriso rettangolare ; la prima cosa che ho amato di lui è stata la voce , se potessi paragonarla ad una cosa sarebbe probabilmente il mare o un pozzo per via della sua profondità , dopo di che ho amato anche il reato di lui come il piccolo neo che si trova sul suo naso oppure quello che si trova sulla parte sinistra del suo collo , i suoi occhi tanto belli quanto ipnotici e la sua pelle ambrata che marchierei molto volentieri. Poi c’è stato Jimin che non potrei non amare , quelle guanciotte rosa pesca e quelle manine paffute mi hanno fatto innamorare di lui così come la sua dolce vocina e il suo (come dice anche Tae) bellissimo sorriso che riesce a tirarmi su il morale. Poi come dimenticare il freddo Yoongi che in realtà è solo un po’ chiuso , scommetto che nella sua testa ci sono tante cose che vorrebbe dire e tanti sentimenti che vorrebbe mostrare ma forse la paura di essere ferito lo blocca ; il suo soprannome è suga, ricorda lo zucchero e secondo me proprio perché è la persona più dolce che esista. Poi lascio spazio al raggio di sole più caldo che esista , il piccolo J-hope , quella persona che mantiene la speranza del gruppo accesa e vivida , quella persona che ami incondizionatamente da ciò che fa perché è semplicemente perfetta (come gli altri membri d'altronde ). Poi il piccolo biscottino Kookie , il maknae del gruppo , il ragazzo a cui piace imitare e prendere un po’ in giro i suoi hyung , il ragazzo col sorriso da coniglio , fin troppo carino per essere reale . Infine Jin eomma e Namjoon appa , la mamma e il leader del gruppo, i due pilastri a cui il resto del gruppo fa riferimento perché per qualsiasi cosa loro sono sempre pronti ad aiutare gli altri membri , appunto come una mamma e un papa. Tutte le sere mi chiedo il perché della mia esistenza e pensando a voi tutto ha un senso poi , vorrei davvero abbracciarvi o anche solo incrociare per poco il mio sguardo col vostro ed anche se voi non lo notereste nemmeno io sarei più che felice , già il solo vedervi attraverso uno schermo mi riempie di gioia , se avessi la possibilitò di incontrarvi probabilmente morirei per un attacco di cuore prima ancora di intravedervi. Le vostre voci sono la mia guida e il mio supporto , le vostre canzoni sono la ragione per cui riesco a non lasciarmi andare e infine voi siete coloro che mi fanno andare avanti e che rendono il mondo … il MIO mondo un posto non  migliore ma perfetto, voi siete ciò che più amo e ciò a cui più tengo. Pensando a voi penso a me stessa , perché io sono vostra e un giorno ve lo dirò in faccia. Non ce la faccio ad aspettare e ho preferito scriverlo , per sfogarmi. La vostra esistenza è quasi surreale , come potrebbe non esserlo ? siete veramente la cosa più bella se non perfetta che io abbia mai visto , amo anche il vostro essere un po’ degli idioti , l’ unica cosa che mi spiace è il fatto che non saprete quanto importanti siete per me neanche se leggerete questa lettera perché non ho scritto neanche un  quarto di ciò che vorrei dirvi e se vi incontrassi non saprei esprimermi a parole per la troppa agitazione, probabilmente mi metterei a piangere come un’ idiota. Sapete guardandovi spesso mi chiedo perché non è toccato a me essere la sul palco e soprattutto mi chiedo perché non sono nata maschio , l’essere una femmina mi distrugge più di qualsiasi altra cosa perché ho la conferma che non potrò mai essere come voi , magari potrò arrivare ad essere un’idol di k-pop ma l’idea di diventare una puttanella che praticamente canta nuda non so quanto mi attiri , ma se mi farà aver qualcosa in comune con voi lo farò più che volentieri. Vorrei infine ringraziarvi , per i sorrisi spontanei che mi fate nascere , per le lacrime di gioia che  mi fate versare , per i brividi che mi fate venire cantando , per i batticuore che mi suscitate, per l’amore che dimostrate a noi ARMY , per il vostro essere presenti , per i vostri sforzi , per tutte le emozioni che mi fate provare , per i sentimenti nei vostri confronti che mi fate scoprire con i piccoli gesti.                                                                                                                                                                                        Grazie di tutto ciò che fate anche se banale perché per me sarà importante come nessun’altra cosa. Grazie.          Siete tutto ciò che per me conta qualcosa , vi amo. 내 일곱 오빠와 나의 일곱 개 좋아하는 미소로인사. 생일 내 사랑.   TO KIM TAEHYUNG “Io continuo a guardarti e so che non vedrò niente di più bello prima di addormentarmi”         Questa frase la dedico a Kim Taehyung , il mio bias nonché ultimate , beh ho scelto questa per motivi ovvi , sei la perfezione piccolo alieno , quello che fai , quello che dici , è tutto così perfetto ciò che fai. Persino il tuo essere innocente e infantile è così bello , i tuoi difetti hai miei occhi diventano pregi e la tua voce nelle mie orecchie risuona talmente tanto da farmi pensare che tu sia qui con me. TO PARK   JIMIN “Do you miss me like i miss you?”                                                                                                Questa frase la dedico a Park Jimin , l’ho scelta perchè mi manca la sua presenza nella mia vita , come se già lo conoscessi , questo perchè siamo simili , ho l’ impression di conoscerlo perchè siamo uguali , io credo di vedere I suoi pensieri quando guardo i video dove lui è presente , se nei video non c’è mi viene invece da pensare “Jimin avrebbe fatto questo”. Non sono di certo degna di assomigliarti ma questa è l’unica cosa che mi fa pensare di non essere un totale errore.     TO MIN YOONGI “I would destroy myself to fix you”                                                                                          Questa frase la dedico a Min Yoongi , l’ho scelta perchè mi fa pensare a lui , osservandolo mi fa venire in mente una persona pronta a tutto pur di proteggere le persone e le cose a cui tiene , una persona senza maschere ma con un muro che la divide dal resto del mondo perchè è questo l’effetto che mi fa Min Yoongi , sempre abbastanza serio e con la testa che vaga per tutt’altro mondo. Cosi forte ma in realtà tanto fragile. TO JUNG HOSEOK “Lo sai che le tue lacrime sono salate? E non posso baciarle tutte quindi non piangere “              Questa frase la dedico a Jung Hoseok , lui è un raggio di sole per questo l’ho scelta, ama consolare gli altri e sa sempre come tirare su il morale ad una persona che per qualsiasi motivo non sta bene , Hoseok è quel tipo di persona che ami incondizionatamente qualsiasi cosa faccia. È una persona premurosa e sempre presente a cui non puoi non voler bene. TO JEON JEONGGUK “Your smile is what makes me happy”                                                                                     Questa frase la dedico a Jeon Jeongguk , il suo sorriso che ricorda quello di un piccolo coniglietto riesce a farmi sciogliere come nient’altro ,amo il suo modo un po’ sfacciato di rivolgersi agli hyung , è un’ aspetto di lui che mi ricorda me stessa. Il suo sorriso mi rende felice e la sua voce mi fa attraversare il corpo da brividi , è il ragazzo più tenero che io abbia mai visto perché nonostante la sua sfrontatezza sa comunque come farsi perdonare. TO KIM SEOKJIN “Non posso prometterti di risolvere tutti i tuoi problemi , ma posso prometterti che non li risolverai da solo”                                                                                                                                          Questa frase la dedico a Kim Seokjin , il suo essere sempre protettivo e premuroso con gli altri fa pensare ad una mamma, ad una persona che c’è sempre e che si preoccupa per i suoi “bambini” , Seokjin è la persona più amorevole che io conosca , quella che in qualche modo rende il resto gruppo unito tenendolo a bada. Una persona speciale. TO KIM NAMJOON “Take the time to love yourself”                                                                                                   Questa frase la dedico a Kim Namjoon, l’ho scelta proprio perché lui non riesce a vedere del bello in se , nella canzone “Reflection” parla di quanto disprezzi se stesso , beh è una persona fantastica perché mai dovrebbe farlo ? è una persona più che onesta , la sua voce e il suo viso sarebbero capaci di ipnotizzare chiunque , non è lui che dovrebbe sprofondare ma io che guardandolo non riesco a non vergognarmi di me stessa più di quanto già non lo faccia , è difficile restare impassibili di fronte a tanta perfezione. Vi amo e mai smetterò di farlo.
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xxfayette · 7 years
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Comincio così la mia lettera, che poi tanto lettera non è perché tu non la leggerai, invece di sporcarmi le mani di inchiostro ho deciso di renderla pubblica.. Di renderla pubblica in un posto bellissimo, chiamato Tumblr, magari trovi il mio blog e lo leggi, e se in caso leggessi anche questo, voglio dirti che tutte le frasi che trovi all’interno sono per te, perché t’ho pure dedicato un blog. Non sono arrivata neanche a metà lettera e ho perso già il filo del discorso perché sai che sono così, devo dire tutto subito, forse è anche per questo che preferisco scriverti.. continuo a ripetere che quando ti ho incontrato, non immaginavo niente di tutto questo, non avrei immaginato mai che 8 mesi dopo mi sarei trovata a scriverti una lettera da sola in un lunedì che non ci sei, quando in realtà è da un bel po’ di lunedì che non ci sei. Ma tralasciando questo fatto, partiamo dall’inizio. Ci siamo conosciuti meglio d'estate, ad agosto me lo ricordo come se fosse ieri : snapchat per farmi i complimenti sui miei capelli rosa ahahha (pazzoooo) mi ricordo quando siamo usciti per la prima volta, ricordo il bar dell'acqua al limone che quel limone non c'è mai stato dentro il mio bicchiere, ricordo che eravamo in piazza tebaldo sulla panchina e tu scrissi le nostre iniziali, ricordo che dovevi partire per tre giorni con la squadra di pallanuoto per non so dove e non ci saremmo visti, ricordo che non sapevi quello che volevi (caratteristica che hai ancora❤️) Eri così strano, cinque minuti prima eri determinato e costante a fare quello che volevi tu, e cinque minuti dopo eri dagli altri a farti influenzare sulle scelte che avresti dovuto prendere. Ricordo che mi avevi scritto la stessa sera che ti eri trovato bene ma che non sapevi se fossi o meno la persona giusta per te, mi ricordo che le giornate seguenti ci vedevamo praticamente sempre da me a vedere la nostra serie TV preferita, ricordo tutte le coincidenze che sono successe ogni volta che parlavamo; come quando abbiamo visto una puntata in cui era suonato il telefono sia nel video che a casa mia e tu avevi detto la stessa identica frase che aveva detto Murphy… ricordo quando siamo saliti sul tetto di casa mia che il mio vicino ha chiamato la locale perché credeva che ci fosse l'isis sui tetti e aveva pure fatto le foto, ricordo quando era il tuo compleanno e sei venuto da me e abbiamo mangiato le pastine, ricordo quando eri ubriaco ed era la prima sera che uscivamo in centro e mi avevi salutato solo con un bacio a stampo… ricordo il primo bacio sotto casa della angelica, ricordo gli snapchat con la canzone di ed sheeran. Ricordo la prima volta che sono venuta a vederti giocare, manco avevi giocato ma cazzo ahahha, non sai quanto mi sarebbe piaciuto venire a vederti molto più spesso. Perché 6 mesi non sono pochi, sono tanti, almeno per me, sono tanti con te sono stati bellissimi e siamo stati bravissimi perché nonostante i litigi e tutte le volte che ci siamo detti basta noi abbiamo continuato, perché ci credevamo fino in fondo perché era vero il nostro rapporto, noi stavamo bene come eravamo, non avevamo bisogno di mille amici, eravamo uguali ma diversi e ciò faceva si che ci completassimo. Ricordo un sacco di cose straordinarie ma anche brutte, ricordo quando ci siamo presi una pausa ma una vera pausa non era, ricordo quando hai conosciuto i miei quando io ho conosciuto i tuoi, ricordo le farfalle nello stomaco a mille quando dovevo venire da te, ricordo le litigate a casa tua, i film mai visti interi perché finivamo sempre con il baciarsi e abbracciarsi, ricordo i baci di fretta in metro, sotto il portone di casa mia, a San Faustino, ricordo che tentavo sempre di non farti sentire solo perché non lo sei mai stato ma Io nonostante ciò non ci sono riuscita. Non sono riuscita a farti sentire la persona più importante della mia vita, perché è così, è quello che sei. Accettalo perché non lo decido io te lo posso assicurare, ma tranquillo, che se anche potessi decidere io sceglierei sempre te, vorrei solo il tuo di cuore senza sentire neanche quello degli altri. Il sapore della pizza mangiata a casa tua , stare sabato da me o da te perché di stare con gli altri fondamentalmente non ne avevamo bisogno, io lo so che non eravamo soli anche quando eravamo soli, ridevo e piangevo perché sono fatta così sono un'emotiva assurda e quando ti vedevo tutte le forze che ho mi vanno a pezzi perché tu mi mandi fuori circuito. Dopo tante avventure è arrivata la fine, avevo notato che non c'era più quell'entusiasmo di un tempo, avevo capito che ti eri stufato(come biasimarti…) ti vorrei dire che se ti ho fatto sentire inutile o ti abbia solo dato l'impressione che non mi sia mai preoccupata, non è così. Mi preoccupavo mi preoccupavo eccome, ti sto dicendo queste cose perché tu non le sai, perché tu eri con lei, mi misi su una panchina da sola ad aspettare, come ti sto aspettando adesso con l’unica differenza che poco lontano da me c’eri tu e lei e sapevo che prima o poi saresti arrivato mentre adesso intorno a me non c’è nessuno e so che non arriverai, ma non si sa mai, magari ti alzi un giorno e ti manco e magari hai il coraggio di scrivermi e magari potremmo concludere quella cosa che abbiamo iniziato ma non abbiamo portato a termine e magari potremmo andare alle feste insieme o girare il Sabato pomeriggio mano nella mano, e magari potremmo fare l’amore, baciarci fino a consumarci, potremmo andare al mare e poi al Mc magari potresti venirmi a prendere a scuola, magari un giorno ti alzi e capisci che mi vuoi ancora bene come io ne voglio a te..Questa lettera mio caro ****, va a te ma sopratutto a me, a NOI, va alle parole che non ti ho detto, alle canzoni che ti ho dedicato alle notti insonne che mi hai fatto passare, questa lettera va agli abbracci mancati e ai baci che non mi hai dato, ai sorrisi che hai fatto ad alte, va alle notti che avremmo potuto passare insieme, ai film che avremmo potuto vedere che alla fine io avrei sempre preferito vedere te, va alle volte in cui avremmo potuto andare a delle feste o semplicemente saresti potuto venire a casa mia, questa va a tutte quelle volte che avrei voluto scriverti ma non l'ho fatto, a quelle volte che mi facevo bella nella speranza di incontrarti, alle volte che aspettavo con il cellulare in mano, alle volte che mi mancavi ma non lo potevo dire a nessuno. Io non mi pento di quello che ho fatto ma di quello che non sono riuscita a fare, ma che in un futuro probabilmente faremo, perché c'è un futuro per noi, uno migliore pieno di sicurezze di baci di amore di affetto di pianti di risate di incazzature di gelosie, ma ci sara, perché se il nostro non è stato amore, dimmi adesso ti prego. Che cosa è stato?
Con affetto, beoz.
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sottolemiecoperte · 7 years
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Meraviglia dei giorni miei. Gioia di questi giorni nostri.
Come dicevamo oggi? Che la complessità della forma impedisce la fruizione ai più? Eppure è così difficile non essere difficili. E’ così difficile descrivere o almeno provare a comunicare sensazioni, eventi, sguardi senza ricorrere a complesse metafore e giri di parole. E’ difficile poterti dire “sai di pane”, è difficile riuscire ad avere lo stesso impatto di quella frase (e si, sicuramente unito anche alla musica e alla dolce voce di Lucio). Sono i contesti che ci emozionano, sono le persone con cui li viviamo che ci emozionano. Un libro letto al sicuro delle proprie coperte ci emoziona per il silenzio e l’attesa di ogni oggetto della nostra stanza, che freme di curiosità ed impazienza assieme a noi. Ci emoziona una canzone ed una musica ascoltata in macchina, con un panorama stupendo che contribuisci a costruire, muovendoti in quella macchina, andando avanti, accompagnando la giornata, accompagnando la strada nel suo concludersi. E’ ascoltare quella canzone con te accanto, impegnato a non prender fossi e ogni tanto voltandoti a guardarmi, veloce, quando la strada era sgombra, fugace per vedere che espressione avessi. Ci emozionano i contesti delle opere d’arte di cui scopriamo i segreti. Ci emoziona sentirci gli unici al mondo ad aver scoperto quel qualcosa, quel particolare, quella nota, quel significato nascosto dietro al semplice “sai di pane”. Ecco perchè io, la campionessa mondiale del pianto libero, non mi sono mai commossa in un museo. L’unica volta che ho provato una fortissima emozione fu davanti ad Amore e Psiche, al Louvre. Me lo ricordo bene e ricordo che restai talmente scioccata dalla bellezza di quell’opera da dimenticare i turisti attorno a me. Era bella, era vicino ad un’enorme finestrone da cui entrava la luce e la prendeva in pieno. Era bella, enorme, non me l’aspettavo così alta. Là riuscii a estrapolare quella splendida opera da quel contesto di miliardi di opere altrettanto famose, altrettanto belle, altrettanto fotografate, e riuscii a trascinarla mentalmente in un angolo della natura più vicino al silenzio, più fruibile alla mia sensibilità. Era metà in ombra e metà alla luce, ed era bellissima.  Ci emozionano i contesti, ci emozionano le parole accompagnate da immagini, suoni, sussurri, sospiri, fruscii e note, associazioni ed emozioni, semplici, banali emozioni di batticuore, groppo in gola, tachicardia, commozione, estasi. Ieri, e oggi ancora, due giorni di emozioni. Oggi, un tavolino, una piccola baita di legno, un panorama immobile, senza tempo. Io e te, senza scopo, senza necessità, una discussione, finita bene, una comunione, un’intesa, una complicità, un tè caldo, un cane assonnato, una vecchina dietro il bancone, la tua bassa voce, un’ora o forse meno o forse più a parlare, senza scopo, senza necessità, senza tempo, con tutto il tempo del mondo. Lì fuori il vento, il sole che non riusciva ancora a scaldarti e il silenzio dei posti soli, dei posti che sanno star soli senza far minimamente pena, neppure alla campionessa mondiale del pianto libero. Il silenzio della montagna, la sua fierezza, la sua enorme caparbietà di farsi ricoprire da qualsiasi tipo di fiore e pianta, e sassi. La sua immensa pace interiore. Un cuore colmo di gioia, e neppure il cuore, una pancia piena di gioia, anche se meno poetico, io lo sento nello stomaco, gonfio di tutto, soddisfatto fino all’orlo, ubriaco di meraviglie. I miei occhi hanno visto splendido blu, hanno tuffato lo sguardo in posti magnifici. Con te, con cui si parla del mare, della vita, della nostra enorme complessità e si cerca di raggiungere un nesso, una motivazione, un qualcosa di reale, di oggettivo, di provabile. Per poi tornare a far l’amore. 
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lorenzofalvino · 7 years
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quindi, per completare la scia positiva, se non sbaglio ho sentito che parlava con l’autista, e lui chiedeva allora quando partisse, e dove sarebbe andata... e parlando ho sentito dire che allora partiva la settimana prossima... allora, spero per me che non sia la settimana che inizia ora, perché minchia, mi stanno capitando tutte, 3 settimane che il mercoledì succede qualcosa, e 2 che il giovedì succede qualc’altra cosa... non sono un tipo scaramantico, ma diocane che sfiga di merda... e soprattutto dove andrebbe, e per quanto... un’altro mercoledì/giovedì così non lo sopporto proprio, ci sclero... me le tiro da solo proprio... e la cosa bella è che non posso chiedere niente, perchè si capisce che che ero presente nel momento della conversazione, e anche se c’erano 55 persone non è difficile capire un po’ chi sia... e soprattutto mi fa stare sempre più col pensiero su di lei, con i suoi stati in cui parla che aveva la solitudine e rabbia più vicina di molte altre persone, fa venire voglia di farti essere disponibile per lei... e per farglielo capire posso al massimo fare uno stato simile, dato che li guarda sempre, ma non sono il tipo che dice i propri cazzi così in pubblico, al massimo posso citarle qualche parte di canzone, scrivendola come immagine, come l’ultima che ho messo “hanging on the cliff let me go”, che poi ho pensato che uno che non sa il secondo significato di hanging, e lo attribuisce a hang out, che sta per “uscire/con gli amici”, mentre solo “hanging” significa impiccarsi, e quindi la frase significa “impiccandomi su uno strapiombo lasciami andare” uno la può intendere con “uscendo con gli amici sulla montagna, lasciatemi andare”... però suppongo che le avrà googlate, e il fidato big G l’avrà matchata con la canzone, che in questo caso è St.Peter di Lost Frequencies, in cui parla della ragazza che è andata via, e non riesce a farla ritornare, al punto di provarsi ad impiccare, non riuscendo a morire... addirittura all’inizio senza tradurmela completamente avevo capito che correndo in macchina avesse fatto un’incidente uccidendo la persona amata, è comunque una canzone bellissima per la sua tragicità... e se la ascoltasse per merito mio ne sarei felice... resta il fatto che è stato detto che parte “la settimana prossima” per non so dove e non so per quanto tempo... però io stavolta non ci arrivo in cucina, con l’obbligo di starci 5 ore, pensando che me la ritrovo in cucina con me, quando invece scompare, e l’unica cosa che rimane sono le mie bestemmie
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19/01/2017
Ciao papà. So di averti detto che non ti avrei più scritto, ma non so con chi parlare. Scrivo a te perché so che non mi risponderai. Scrivo a te perché so che non sai chi sono. Stasera non ti voglio parlare di noi, di quanto sia arrabbiata con te o quanto mi faccia male non poterti abbracciare ora che sento quella febbricitante voglia di amare. So già cosa succederà; spero avrai la pazienza di ascoltarmi. Ho passato mesi a chiudermi in me stessa, circondandomi di gente che non volevo avere intorno solo per costringermi a non sentirmi sola. Ho passato quest’ultima metà dell’anno a non credere più a nulla, nemmeno alle favole, anche se le ho sempre adorate. Ho impedito a me stessa di cadere, obbligandomi a oscillare fra scelte pessime e scelte sbagliate, giusto per non perdere l’istinto di proteggermi da qualcosa, da niente e da tutto. Giusto per potermi sopravvivere. Mi sono sentita profondamente sola, e mi sono resa conto che questo mio estenuante eccedere in tutto non era altro che una scusa per sentirmi ancora un po’ viva. Non so papà, se ti è capitato di pensarmi, di guardarmi da lontano senza vedermi. Se fossi stato qui mi avresti vista stremata. Saresti stato triste per me. Non mi piace quello che sono diventata negli ultimi tempi, ma mi è sembrato di perdere tutto, compresa me stessa. Sbagliare mi sembrava un'estenuante attaccamento alla vita, l’unica soluzione per me che non avevo motivi per farlo veramente. Sono sempre stata fermamente convinta che le cose più belle della vita si vivono di notte, ed è di notte che ho ricominciato a vivere. È stato destabilizzante. Non ho minimamente sentito il bisogno di droghe, alcol, e mi sono sentita al contempo fatta e ubriaca. Mi è sembrato per un momento di essere tornata quella che ero, piena di insicurezze che accettavo, piena di quella voglia di amare che ho smesso di sentire per un po’. So di essermelo cercato anche un po’ io, ma mi piace l’idea che sia stato lui a ricominciare. Mi piace l’idea di esserci cercati, di aver avuto (consciamente oppure no) sempre il bisogno di ritrovarci. È stato inaspettato ma inevitabile. È stata una delle cose più belle che mi sia capitato di sentire da non so quanto tempo. Papà, credo che in tutti questi anni sia la prima volta che ho la possibilità di dirtelo, ma mi sono sentita felice. E anche ora, a tratti, sfioro la felicità. Tu non lo sai, ma te l’ho già detto un sacco di volte che sono irruenta nell’amore, imprudente. È stato l’impulso di buttarmi, di essere felice. Probabilmente sto sbagliando tutto papà, sono quasi sicura che arriverà il momento in cui ti scriverò un’altra lettera e sarò arrabbiata perché non mi hai fermata, perché non eri qui nel momento in cui ho preso questa pessima decisione. Ma tu ricordami di questo. Ricordami dei brividi per la sua voce, per le parole scritte nei messaggi di notte, gli audio senza senso e le risate che mi fa fare. Ricordami dei sorrisi, quando la notifica è quella giusta, quando il nome è quello giusto. Ricordami la voglia di dormire che mi passa, il mio “non-bisogno” di fumare fino ad addormentarmi, ricordami di come mi sono sentita abbracciata anche con tutta questa distanza. Ricordami delle mie frasi fatte adolescenziali, i complimenti imbarazzanti e la voglia di amare senza riserva. Papà, se e quando soffrirò, ricordami di parlarti di lui. Di quando ha sbagliato e di quando mi ha chiesto scusa, in un'infinità di modi e nei modo più assurdi in cui l’ha fatto anche senza parlarmene esplicitamente. Ricordami dei dispetti e di tutta la voglia di vivere che mi sentivo addosso ogni volta che mi ritrovavo a pensare a lui. Ricordami di come ho ricominciato a sentirmi bambina, lontana dal mondo dei grandi che non ho mai amato troppo, lontana da ogni meccanismo di difesa possibile. Ricordami il modo in cui ride, e le vocine che fa se deve far ridere me. Le frasi sussurrate, e quelle dette così ad alta voce da sembrarmi surreali perché nessuno ha mai parlato con così tanto affetto di me. Parlami della paura che sentivo quando immaginavo di poterlo perdere, della fitta allo stomaco ogni volta sentico se vedevo la mia vita senza di lui. So che non puoi rispondere papà, so che nemmeno mi stai ascoltando, ma ti prego, prova a sentire come mi sento adesso e provaci tu a descrivere com’è. Ultimamente mi è tornata la voglia di disegnare, di suonare, di cantare e di ballare (ecco, questo puoi anche evitare di guardarlo), mi è tornata la voglia di avere dei progetti, di non ridurre tutto a un programma giornaliero. Se dovessi stare male, papà, parlami di quando anche solo a immaginarlo mentre mi sfiora la pelle sentivo i brividi dappertutto. Non so se questi discorsi sono da fare a un padre, ma alla fine non lo sei mai stato davvero e non voglio mettermi limiti. Non me ne hai mai dati (e forse è per questo che sono un po’ matta). Cantami le canzoni che mi ha canticchiato lui, quelle che mi ha fatto ascoltare, fammi sorridere come quando mi ha fatto scoprire che il cobra non è un serpente. E niente, poi basta, perchè di quella canzone si ricorda solo di questa frase. Papà, dovessi cadere per questo motivo, lasciami a terra, non farmi insistere nel volermi rialzare, non lo voglio fare. Lui è senza ombra di dubbio quello che c’è di più bello al mondo, e mi interessa sempre di meno che questo vada a coincidere con i concetti di “giusto” o “sensato”. Ho provato a spiegarlo anche lui, e non sono sicura di esserci riuscita, ma è per me una parte a cui non posso rinunciare. Non è una persona importante nella mia vita, è la mia persona. Non è una cosa bella che mi è capitata, qualcosa di cui potermi vantare con gli amici o da raccontare ai nipoti, lui è esattamente quello che mi manca per essere felice. Ah, tranquillo, di difetti ne ha anche lui, ma sinceramente non è che la cosa mi interessi molto. Inspiegabilmente mi piacciono anche quelli, e l’unica cosa che mi pesa è non conoscerli ancora tutti per poterli amare a pieno come tutti gli altri. Aspetterò. Tutto il tempo che sarà necessario. Ho smesso di cercare qualsiasi altra cosa nel momento in cui è tornato. Ho ritrovato tutto. Ho ritrovato me. E non so se questo potrebbe essere considerata una nota negativa nel mio bisogno di averlo con me, ma, egoisticamente, sento che stare con lui mi renda una persona nettamente migliore di quella che sia mai stata. Mi fa venire voglia di amare. E credo che non ci sia niente di più bello. Mi rendo conto che i nostri discorsi di anni fa sul trascorrere del tempo, si siano concretizzati in questo suo ritorno. Non è importante quanto ne sia passato. Non è importante quante cose siano state condivise o no, con lui si ferma tutto. Tutto è perfettamente immobile, perfetto. Tutto è arte. Tu sai quanto io ami l’arte. Mi rendo sempre più conto che tutto quello che c’è stato senza di lui non sia stato altro che una parentesi, che si, sai che mi ha fatto male, ma soltanto una parentesi, un’attesa. Lo stavo aspettando, mi stavo aspettando. Vorrei che fossi qui papà, perché per la prima volta credo, sento di voler condividere con te qualcosa di assolutamente opposto al dolore. Mi sento felice. E quando non mi sento felice è perché sento di essere così vicina alla felicità che mi fa male. Ti lascio andare ora, mi sono dilungata un sacco, cosa che già ti aspettavi, è che nessuna parola del mondo può descrivere quello che lui è per me, e mi rendo conto che nemmeno metterne insieme mille basterebbe. Grazie per avermi ascoltata, ti terrò aggiornato, pensa che sono così profondamente gelosa di lui che l’unica persona con la quale sono disposta a condividerlo sei tu. Il dono della sintesi non mi è mai stato concesso, ma proverò a riassumere il tutto semplicemente con “grazie, sono felice gli voglio bene ho bisogno di lui” neanche immagini quanto questa sintesi mi faccia paura, e che voglia ho di viverla. Grazie papà, buonanotte.
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volevodirtj · 6 years
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Io sono una fan dell'angst (ma a lieto fine)... pensavo a questo. Tra Ermal e Fabrizio c'è una notte di passione (a Sanremo o l'ultimo giorno a Lisbona), dopodiché Fabrizio ha un momento di distacco per via della confusione che sente, non essendo mai stato con un uomo prima di Ermal. Ermal, dal canto suo, che già aveva una cotta seria per Fabrizio, si sente usato da Fabrizio e si fa mille problemi (anche per lui era stata la prima volta con un uomo, e si era concesso a Bizio).
Ciaoanon!
Comepotevo non risponderti, da fan dell’angst a lieto fine quale sono?
Inutiledire che ho amato scrivere questo prompt, anche se forse una semplice lista perpunti non basta per esprimere tutto come vorrei (ed è venuta lo stessochilometrica) e servirebbe una bella fan fiction, una di quelle intense estrappalacrime. Magari un domani mi impegnerò per scriverla, chissà…
Bandoalle ciance e passiamo al succo della questione!
L’Eurovision è terminato da pocoe le celebrazioni si sono spostate all'ultimo piano dell’hotel in cui alloggianotutti i partecipanti
La maggior parte degli invitatisi sta congratulando con la vincitrice, appena arrivata, e Fabrizio puòfinalmente tirare un sospiro di sollievo
Fino a poco prima era impegnatoin una conversazione, di cui aveva capito sì e no quattro parole, con un membrodi chissà quale delegazione
Per fortuna l’alcol l’avevaaiutato ad essere più spigliato ma, a giudicare dalle grasse risate del suointerlocutore, doveva aver sparato qualche stronzata
Poi era stato distratto anche luidalla tipa di Israele e se n’era andato così come era venuto
La festa si sta rivelando fintroppo noiosa e Fabrizio si è decisamente rotto le palle
Vuole solo ritrovare Ermal estare un po’ in sua compagnia, prima di concedersi qualche ora di sonno
Non deve cercare a lungo, perchélo trova seduto al bar in compagnia della cantante di Cipro
Stanno sorseggiando un drinkalcolico mentre parlottano fitto fitto in albanese
Lei ha un sorrisone che leillumina il viso e sta fissando Ermal in un modo che a Fabrizio dà decisamentefastidio
Non riesce a comprendere perchéalla vista di quella scenetta provi qualcosa di molto simile alla gelosia
Sa solo che Ermal lo vuole tuttoper sé e deve trovare il modo di portarlo il più lontano possibile da quella
Così si avvicina con moltanonchalance e si siede affianco al suo compare
Dapprima prova a simulare uncolpetto di tosse, per attirare l’attenzione su di sé
Ma viene completamente ignorato
Allora si allunga versol’orecchio di Ermal e gli sussurra con tono eloquente: “Sono stanco, miaccompagni in camera?”
Ermal coglie al volo la richiestapoco eterosessuale di Bizio e avverte un fremito
E se da una parte si fingescocciato, perché la sua opera di rimorchio stava procedendo alla grande
Dall’altra non può negare chequella frase così esplicita gli abbia suscitato cose ed è curioso di vedere dove voglia andare a parare
Sta già cominciando a farsifilmini mentali
Così saluta Eleni e senza batterciglio lo segue fino a dentro l’ascensore
Le porte fanno appena in tempo arichiudersi, che Fabrizio gli è già saltato addosso bloccandolo tra il suocorpo e lo specchio
E insomma limonano
Il cervello di Ermal fa fatica adelaborare la situazione: un Fabrizio abbastanza brillo sta limonando con luiall'interno dell’ascensore di un hotel a Lisbona, a seguito della piùimportante manifestazione canora a livello europeo, dove si sono classificatiquinti
La parte razionale continua aripetergli che Fabrizio non è sobrio, che probabilmente non sa cosa stiafacendo
Gli suggerisce di scansarlo, dinon approfondire ulteriormente perché l’indomani si sarebbe sicuramente trovatodavanti una brutta sorpresa e ci sarebbe rimasto di merda
Peccato che Ermal stiaricambiando quei baci con altrettanta foga, sbattendosene alla grande di tuttiquei consigli
Perché, inutile negarlo, Ermal lacrush per Fabrizio ce l’ha da un bel pezzo e in quel momento non gliene freganulla di tutte le conseguenze
Vuole solo vivere il momento
Impegnati come sono, a malapenasi accorgono che le porte dell’ascensore si sono aperte
Fabrizio lo trascina sulpianerottolo e lungo il corridoio, fino alla porta della sua stanza
Si stacca da lui solo perprendere la chiave nella tasca dei pantaloni e infilarle con fatica nella toppa
Ermal ridacchia mentre lo senteimprecare in romano contro la serratura
Non appena riesce nel suointento, Fabrizio lo mette a tacere con l’ennesimo bacio e lo spinge conimpazienza dentro la camera
La mattina successiva il primo asvegliarsi è, sorprendentemente, Fabrizio
Ha decisamente dormito male e glisembra di non essersi riposato per niente
Per questo ci mette un po’ arealizzare la presenza di Ermal steso affianco a lui, completamente nudo
All'improvviso tutte le immaginidella sera prima gli riaffiorano alla mente e può sentire ancoraindistintamente le mani di Ermal sul suo corpo
Sente l’urgente bisogno diallontanarsi da lì
Quindi si riveste velocemente edesce fuori per fumarsi una sigaretta
Fabrizio è: confuso
Soprattutto perché non era maistato con un uomo prima d’ora
Lui ed Ermal erano andati d’accordosin da subito e avevano un rapporto speciale e Fabrizio non voleva di certomandare tutto a monte
Quindi meglio restare solo amici,no?
Eppure era stato lui a cercareper primo il contatto ieri sera e non può negare che gli sia piaciuto
Ma è piuttosto convinto che Ermalnon ricambi i suoi sentimenti, farebbe meglio a sopprimerli e far finta chenulla sia mai accaduto
Quando Ermal si sveglia, Fabrizioè andato via già da un po’
L’altro lato del letto èsgradevolmente vuoto, ma le lenzuola hanno ancora l’odore di Bizio
Questo fa sentire Ermal ancorapeggio
Per una volta ha deciso dimettere da parte la razionalità e ne è rimasto ustionato
Il bello è che lo sapeva, sapevache sarebbe andata a finire così, ma ha deciso di rischiare lo stesso
Ha un magone in gola e gli occhiiniziano a pizzicargli in maniera quasi fastidiosa
Fabrizio l’ha usato, è l’unicacosa a cui riesce a pensare
Scende a fare colazione e lo vedeseduto ad un tavolo assieme ad Andrea e Paolo
Fabrizio si accorge in fretta dilui e scatta in piedi, sotto gli sguardi straniti degli altri due
È costretto a passargli accantoper uscire dalla sala
Tiene lo sguardo basso e glimormora un saluto a denti stretti
Ermal vorrebbe urlargli con tuttoil fiato che ha nei polmoni un “brutto stronzo!”
Si limita a servirsi, ad occupareil posto in cui prima stava seduto Fabrizio e a consumare la colazione insilenzio
Andrea si azzarda a chiedergli setutto vada bene, ricevendo come risposta un “fatti i cazzi tuoi”
Le cose non migliorano per nientein aeroporto, qualche ora più tardi
Fabrizio cerca di dimostrarsifriendly, più che altro per destare i sospetti di tutta la delegazione italiana
Peccato che Ermal abbia deciso digiocare al gioco del silenzio e si comporta come se non esistesse
Fabrizio è leggermente incazzato,perché lui vorrebbe anche chiarirsi ma la testardaggine e l’orgoglio dell’altronon lo aiutano per niente
Anzi, si sente ancora più incolpa
E mezzo secondo dopo si ritrova apensare che Ermal abbia tutte le ragioni del mondo per avercela con lui
Decide di aver bisogno di un po’di tempo per mettere in ordine fra i suoi pensieri confusi
Quindi passano tutto il viaggiodi ritorno in silenzio
Nei giorni seguenti Ermal è aRoma per registrare il nuovo videoclip e, sebbene Fabrizio sia tentato diraggiungerlo sul set, si riguarda bene dal farlo
Non avrebbe avuto nulla da dirglio un motivo valido per giustificarsi e sarebbero finiti a discutere davanti atutti
Perciò si rintana in casa e passatutto il tempo a scrivere e riflettere
A malapena mangia
Esce di casa solo per provare conla sua band per il concerto all'Olimpico, ma anche durante le prove si ritagliaquanto più tempo possibile per stare solo
Una sera, dopo aver messo ibambini a letto, si siede al tavolo della cucina e termina gli ultimi versi diuna canzone
L’aveva scritta di getto, sitrattava di frasi alla rinfusa buttate nero su bianco e necessitavaurgentemente di una revisionata
Ma, mentre la rilegge, non puòfare a meno di notare quanto quella canzone confusa parli di Ermal, di comequel ragazzetto gli abbia cambiato la vita e del fatto che non credevaminimamente possibile che a quarantatré anni potesse innamorarsi di nuovo, comese di anni ne avesse ancora venti e l’intera vita davanti da vivere assieme
E Fabrizio non ce la fa più anegare i suoi sentimenti
Non vuole più essere solo il compare di Ermal
Perché lui si è seriamenteinnamorato e non è una cotta passeggera
È intenzionato a dichiararsi,vada come vada
Quel mercoledì si ritrova aguidare in direzione di Genova, perché ha promesso a Libero di fargli conoscereTotti
Stanno andando alla Partita delCuore, dove giocherà anche Ermal e Fabrizio sta mentalmente ripassando ildiscorso da rivolgergli a fine partita
Non vuole farsi vedere primadell’inizio, quindi cerca di evitare gli spogliatoi
La partita, quella sera, se lagode a bordo campo con Libero affianco, attento come non mai
Il suo occhio ogni tanto cade suErmal e “meno male che non canta come gioca a calcio!”
Fabrizio scoppia a ridere e gliscompiglia affettuosamente i capelli
In realtà della partita nongliene frega nulla, il suo cervello è completamente altrove
Dopo mezz’ora, finalmente, Ermalesce dal campo e trova una giornalista ad attenderlo per una breve intervista
Fabrizio ne approfitta e agiscedi impulso
Gli piomba alle spalle e gliafferra i fianchi, abbracciandolo da dietro per poi scansarlo in modo scherzoso
Ermal contrae i muscoli quando lotocca, ha già capito di chi si tratta e le parole dell’intervistatrice glienedanno conferma
Ermal gli sorride e risponde atono alle sue provocazioni, ma Fabrizio sta bene che sta solo recitando
Lo capisce dai suoi atteggiamenti
Fabrizio si spinge un po’ troppoin là, ma se ne accorge solo quando lo sente irrigidirsi per la seconda voltain una manciata di secondi
Lo attira verso di sé e gli dà unbacio sulla guancia, mentre l’intervistatrice commenta la scena estasiata
Subito si rende conto dellacazzata immensa
Così, quando Ermal si allontanain direzione degli spogliatoi senza rivolgergli una parola, decide dirincorrerlo per scusarsi
Chiude la porta alle sue spalle,per essere certo che nessuno possa sentirli, ed Ermal sussulta
Si volta a guardarlo e nei suoiocchi Fabrizio ci legge una freddezza e un’indifferenza che mai gli ha visto involto
Deve averlo ferito davvero tantoe non sa se riuscirà mai a perdonarselo
Ermal lo interrompe prima chepossa cominciare a recitare il suo discorso
“Risparmia il fiato, non vogliosentire nessuna delle tue stronzate”
Il tono di voce è tagliente, manon come quando deve rispondere a provocazioni poco velate di qualchegiornalista
È distaccato, come se nonprovasse più nulla nei suoi confronti
Fabrizio si sente ancora peggio eall'improvviso non sa più cosa dirgli, tutte le parole che si era preparatosembrano inutili
“Volevo solo scusarmi…”
“Quindi dopo avermi umiliato eingannato in quel modo tu vorresti scusarti! Senti…”
Ma le parole gli muoiono in gola
Ermal vorrebbe vomitargli addossotutto quello che prova, o quantomeno mandarlo a fanculo
Però la voce gli si spezza eresta in silenzio, perché teme di scoppiare a piangere proprio davanti a lui esarebbe una dura botta per il suo orgoglio
Fabrizio approfitta del silenzioper portare avanti il discorso, ma Ermal lo interrompe prontamente
“Ermal…” “Va’ da tuo figlio. Noinon abbiamo più nulla da dirci”
E allora Fabrizio decide dibattere ritirata e se ne ritorna mogio mogio da Libero
Si richiude la porta alle spalleed è solo allora che Ermal si sfoga
Non riesce più a fermare le lacrimeche gli solcano il viso e vorrebbe tanto urlare a pieni polmoni, esprimere inquel modo tutto il suo dolore
Si limita a prendere a pugni unarmadietto
La verità è che vorrebbe odiarlo,perché si è preso gioco di lui
E lui, come uno stupido, gli haofferto i suoi sentimenti su un piatto d’argento
E l’ha fatto sapendo benissimoche non avrebbe ricevuto nulla in cambio, se non l’ennesima fregatura e nuovilividi sul cuore
Quindi la verità è che odia piùse stesso che Fabrizio
Odia la sua ingenuità
E vorrebbe solo non vederlo maipiù
Magari col tempo le sue ferite sarebberoguarite e si sarebbe dimenticato di quella cotta stratosferica
Speranza vana perché quattrogiorni dopo lui è a Roma per la puntata di Amici e Fabrizio è ospite
È intenzionato a non incontrarenessuno prima dell’inizio della registrazione, quindi se ne resta rintanato incamerino fino a che qualcuno non lo viene a chiamare
Scambia qualche parola con glialtri membri della commissione esterna, ma si vede troppo che non ci sta con latesta
Lui continua a ripetere di starebene, ma vuole convincere più se stesso che gli altri
Perlomeno non ha ancora visto Fabrizio
La semifinale comincia con iduetti con gli ospiti ed Ermal trattiene il fiato ogni volta che annunciano unnome
Sa che Fabrizio è uno di quegli ospitiche si deve esibire con uno dei ragazzi in gara (in questo caso, Irama)
Non sa se riuscirà a reggere quel duetto
Finalmente è il turno di Irama,che comincia ad intonare i primi versi di Pensa
Ermal vorrebbe tanto scapparefuori da quello studio, quando Fabrizio fa la sua comparsa in cima allascalinata
Sapeva già bene che quel duettolo avrebbe destabilizzato, ma non immaginava così tanto
Ermal osserva attentamente l’interaperformance con gli occhi lucidi
Ogni singola parola di quellacanzone lo sta logorando dentro
E si ritrova a canticchiare avoce bassissima senza rendersene conto
Per un attimo ha la sensazioneche Fabrizio si sia voltato a guardarlo per un paio di secondi, ma deveesserselo immaginato
Peccato che Fabrizio lo abbiaseriamente guardato e che si sia accorto della sua condizione
La performance finisce e per pocoErmal non si alza in piedi per fare una standing ovation
Batte le mani il più forte possibilee ricaccia indietro le lacrime
Maria De Filippi sta domandando aFabrizio qualcosa sul concerto all'Olimpico ed è proprio in quel momento che luilo nomina
Stavolta non ci sono dubbi cheabbia occhi solo per lui e gli sta rivolgendo uno dei suoi sorrisi più belli
Ed Ermal è ben consapevole chequel sorriso lo rivolge solo ai suoi figli esolo a lui
E non può fare altro che sorriderglidi rimando ed è la prima volta in tre settimane che gli sorride in quel modo
Non è un sorriso finto, diconvenienza
È sincero, vero come poche altrecose
Fabrizio lascia lo studio edErmal vorrebbe tanto che corresse da lui e lo stringesse in un abbraccio
Ne ha bisogno
Ma sa che non lo farà, è statopiuttosto chiaro alla Partita del Cuore
Lo segue con lo sguardo fino ache non sparisce del tutto
Se non fosse che sono in direttanazionale, che la gara deve andare avanti, Ermal si sarebbe già alzato, l’avrebberincorso e lo avrebbe baciato
Sente il bisogno urgente dibaciarlo fino a togliergli il respiro
Perché all'improvviso si èdimenticato il motivo per cui ce l’abbia tanto con Fabrizio
Perché lui, dopotutto, ci aveva sperato che Fabrizio si facesse vivo in tutti quei giorni che aveva passato a Roma, che gli facesse una sorpresa
Perché già alla Partita del Cuoreaveva avuto il presentimento che Fabrizio fosse davvero pentito delle sue azionie stasera ne ha avuto la conferma
Quel sorriso aveva cambiatotutto, gli aveva sorriso come un innamorato sorride al suo amante
E magari sta solo fantasticando,sono i suoi sentimenti a parlare
Ma Ermal vuole davvero fidarsi diquel sorriso e di quello sguardo e stavolta ha la sensazione che Fabrizio nonlo farà più soffrire
E, in fondo, non ce la fa adavercela con Fabrizio per troppo tempo, quello stronzo sa sempre come farsiperdonare
Lo odia per questo
Ermal decide di approfittaredella prima pausa pubblicitaria per precipitarsi nel camerino di Fabrizio eaffrontare quel discorso che era rimasto in sospeso per troppo tempo
Peccato che Simona Ventura, HeatherParisi e Rudy Zerbi si siano coalizzati per vedere chi riuscisse arompergli più il cazzo e non riesce ad uscire da quello studio fino alla finedella trasmissione
Ermal corre verso l’uscita,ignorando tutto e tutti, e prega letteralmente Iddio che Fabrizio non siatornato a casa
Va un attimo in panico quando vedeche il suo camerino è completamente vuoto
Fortunatamente, però, è solouscito fuori per fumarsi l’ennesima sigaretta
Fabrizio non fa in tempo nemmenoad accorgersi della sua presenza, perché Ermal gli si è letteralmente fiondatotra le braccia e lo sta stringendo con tutta la forza che ha
“Ti odio Fabrì, non sai quantocazzo ti odi”
Lo dice tra un singulto e l’altro,tra una lacrima e l’altra
Fabrizio sa bene che intende l’esattocontrario e si sente il cuore più leggero, perché quella è la conferma cheErmal ricambia i suoi sentimenti
Allora lo stringe un po’ più asé, permettendogli di poggiare la fronte sulla sua spalla e di bagnargli lagiacca di lacrime
“Scusami, sono un coglione.Perdonami”
Fabrizio non riesce a fare altro se non scusarsi ripetutamente
Restano così fino a quando Ermal non si calma
Solo allora ha il coraggio diguardare Fabrizio negli occhi e di scoccargli un bacio a fior di labbra
È il suo modo di fargli capire chel’ha perdonato
E che anche lui si è innamorato
“Andiamo a casa?”
P.S. Ragascusate, lo so che il finale è una merda. Non so scriverli, sono incapace.
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