Tumgik
#occhio secco
kon-igi · 3 months
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Ieri notte ho sognato che, in una casetta con all'interno una cascata di acqua sulfurea, c'eravamo io, te, la tua compagna, uno spagnolo losco, sui tuoi documenti c'era scritto che sei nato a Parigi ma nome cognome e tutti gli altri dati anagrafici erano oscurati. Alzandoci dalle brande potevamo buttarci direttamente in acqua e nuotare.
E comunque avevo mangiato leggero, fatto la passeggiata con Cana e maritemu prima di andare a dormire, niente caffè e non assumo sostanze psicotrope da talmente tanto tempo da averne nostalgia.
Ah, buongiorno.
Allora eravate te e tuo marito al Bullicame!
Guarda, io mi volevo godere una giornata di riposo dopo essere scappato frettolosamente dalla Francia e aver percorso a piedi mezza Italia ma Gonzalo non ha fatto altro che cercar rissa praticamente in tutte le città che ci fermavamo, da Genova fino a Napoli.
Naturalmente Gonzalo Salamanca non è il suo vero nome ma quando siamo dovuto scappare dal Messico imbarcandoci su una nave merci diretta verso l'Europa, lui si è voluto fermare in Spagna 'a far baldoria' (parole sue) mentre io mi son rifatto un'identità in Francia grazie all'aiuto di alcune conoscenze a Marsiglia.
Avevo aperto da meno di un anno una coltelleria artigianale a Île Saint-Louis nel IV arrondissement di Parigi e gli affari stavano andando benissimo, quando una mattina di maggio me lo vedo entrare con una vistosa benda su un occhio e con il suo solito tono nasale e strafottente urlare davanti a tutti i clienti
NON INDOVINERAI MAI COSA M'E' SUCCESSO A MADRID!
Considerando di chi stavamo parlando, non potevo certo avere così tanta fantasia da indovinarlo... ma da immaginarlo sì, purtroppo.
Viene fuori che il coglione ha cercato di fregare dei grossisti di stupefacenti dei Barranquillas di Vallecas, un posto poco raccomandabile a sud-est di Madrid.
Praticamente ha provato a fottersi un carico di marijuana nascosto dentro alcune casse di caffè, scambiandole con alcune simili ma piene di rametti di basilico secco, solo che quando i compratori hanno aperto le casse per controllare credete che il problema sia stato il basilico?
No... il problema è stato il caffè, visto che aveva usato quello solubile in polvere e quando i tizi hanno capito della sostituzione, la sua risposta è stata
CHE CAZZO NE SAPETE VOI DI CAFFE', VISTO CHE VI MANGIATE LE PALLE DEI TORI?!
Come al solito, è riuscito comunque a cavarsela, sebbene con un occhio in meno, e quando gli dico che non ha imparato nulla da quella storia della cantina a Ixtlán del Río in Messico, lui mi risponde
-Nella mia biografia c'è scritto che sono onnipotente, onnipresente e che vedo tutto... non credi che riuscirò a farlo anche con un occhio solo?
E poi vi stupite perché lo bestemmio sempre.
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lovesickshanties · 6 months
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OFMD Ficlet - XVI
Birds of a feather Izzy
Per lunghi anni, ogni mattino nella vita di Israel Hands si era svolto così. Al primo sospetto di aurora apriva gli occhi, uscendo da un sonno buio e denso come piombo; e come prima cosa, controllava se il proprio amore per Edward Teach fosse ancora lì.
Ci conviveva come con una vecchia ferita. Da tempo non sperava più che potesse smettere di dolere; semplicemente, aveva imparato a sopportarne la muta, costante presenza.
Dopo che con stanca rassegnazione aveva dovuto constatare che, sì, gli importava ancora di quella fottuta bestiaccia, si alzava sospirando e andava nella cabina del capitano.
A volte, entrando, Izzy doveva guadare una distesa di bottiglie vuote; a volte trovava Edward sveglio, imbronciato davanti a una finestra, a guardare il mare con l’aria di non aver chiuso occhio.
A volte, ed erano le mattine più dure, Israel entrava e lo trovava addormentato, riverso sulla branda o con il capo sullo scrittoio, in una nube di capelli sciolti che si confondevano nella barba come quelli di un San Giovanni Battista. Era facile dimenticarsi di quanto Edward fosse indisponente, quando dormiva con l’innocenza di un bambino, i lineamenti resi più dolci dal sonno e il respiro così quieto da fare appena rumore.
Izzy riscuoteva entrambi da quell’incantesimo con un secco battito di mani, e Edward si svegliava di soprassalto come un gatto spaventato. Una volta aveva fatto un balzo tale da sbattere contro l’ennesimo, inutile trofeo appeso proprio sopra il suo letto, un palco di corna ritorte che si erano poi staccate crollandogli addosso. Izzy aveva riso così tanto che era finito per terra.
…Anche quando non dormiva, però, nella sua tana piena di gingilli che non servivano ad altro che a riempirsi di polvere, Edward non si decideva a cominciare il giorno a meno che non fosse Izzy a chiamarlo.
Una volta dato il via al tran tran quotidiano, però, le ore scorrevano facili come un meccanismo ben oliato; un saccheggio di seguito all’altro, un’isola dopo l’altra, finché all’apice della loro fama non dovevano neppure più sguainare la spada per far capitolare intere flotte.
Se questo da un lato aveva reso la crescita della leggenda di Blackbeard una marea inarrestabile, dall’altro aveva precipitato Edward in una noia così profonda da trasformarlo sempre più di frequente in un gremlin dispettoso e crudele.
Qualche volta, la stupida violenza che accartocciava uno dentro l’altro i loro giorni aveva fatto illudere Israel che l’amore per Edward fosse stato corroso da amarezza e disillusione.
E invece ogni mattina guardava fra le ceneri, e lo ritrovava lì.
///
Quando era andato a salutarla per l’ultima volta, sua madre dormiva.
Era sera, ed erano soli in casa, e Israel non avrebbe più avuto un’occasione come quella per scappare. Doveva fare presto, prima che sorgesse la luna, tagliare correndo fra il granturco ancora alto.
Ma sua madre stava morendo.
Così Israel, col suo piccolo fagotto già sulle spalle, era entrato nella sua stanza. Il lume ardeva così fioco che appena si distinguevano il riflesso dello specchio sulla credenza, il luccichio del bicchiere vicino al letto, e gli occhi febbrili di sua madre, quando li aveva aperti lentamente su di lui.
Nel suo volto smagrito parevano enormi. Erano dello stesso colore dei suoi.
Non appena l’aveva visto, aveva capito subito; e gli aveva sorriso.
“Vieni qui, pulcino,” aveva sussurrato, con il luccichio nello sguardo di quando da bambino lo afferrava per fargli il solletico. Israel si era avvicinato al suo capezzale con la gola serrata.
Sua madre aveva preso le sue mani fredde fra le proprie, brucianti di febbre, e con solennità lo aveva benedetto. Poi si era sfilata dal dito l’anello nuziale e glie lo aveva premuto sul palmo. “Ti vorrò per sempre bene come oggi,” aveva bisbigliato; non aveva le forze di sollevarsi dai cuscini, così tremando Israel si era chinato per permetterle di baciargli la fronte. “Non dimenticarlo, bambino mio.”
Quella notte, mentre correva nei campi bagnati dalla luna piena, Israel aveva imparato l’esistenza di un amore che segna come fuoco, e che nessuna distanza, nè il tempo, nè la morte possono toccare.
///
And so no longer live I in fear Them are too greedy to pay my asylum bills This is my life and freedom's my profession This is my mission throughout all flight duration
There is a core and it's hardcore All is hardcore when made with love The love is a voice of a savage soul This savage love is undestructable
Gogol Bordello - Undestructable
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spartiumjunceum · 1 year
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Memorie
Di questa sera abbi memoria,
anima mia.
Di quanto fossi sola,
ricorda.
Che il bene di cui avevi immeritato omaggio,
circondava il tuo cuore, in un abbraccio,
ma anima mia,
ricordati quanto tu fossi sola.
Andava una canzone troppa di malinconia,
ma non per quello,
non per la casa di voci vuota,
non perché nulla
di consolazione fosse il piacere,
che tu anima mia fossi sola.
Invece perché nessun occhio
su te posato come l’avresti tu,
di nulla riconoscenza ti sentssi,
d’alcuno specchio d’un 'altra anima
potessi dire:
c’è.
Allora, anima mia,
stasera dormiremo,
forse domani ancora
uno spazio ci sarà, al nostro appello,
e noi ci saremo,
uno stelo,
il fiore pronto al secco,
del nostro stesso abbraccio fermi,
con quello che si possa offrire offerto.
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Occhio secco, scopri i rimedi naturali
Per leggere i rimedi naturali adatti a questo fastidioso problema clicca per leggere l’articolo Occhio secco rimedi naturali
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discobar · 2 years
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Autunno e temperature in calo: i trucchi per avere la temperatura ideale in casa o in ufficio ai primi freddi
Autunno e temperature in calo: i trucchi per avere la temperatura ideale in casa o in ufficio ai primi freddi
I suggerimenti degli esperti di Airzone per mantenere temperature confortevoli, con un occhio al risparmio e alla sostenibilità Questo autunno sarà più caldo e secco della media.  Per quanto durante il giorno continuerà a fare caldo, questo non vuol dire che di sera le temperature non saranno nettamente più fresche, con escursioni termiche anche notevoli. In diverse regioni d’Italia di notte si…
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lignanolanotte · 2 years
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Autunno e temperature in calo: i trucchi per avere la temperatura ideale in casa o in ufficio ai primi freddi
Autunno e temperature in calo: i trucchi per avere la temperatura ideale in casa o in ufficio ai primi freddi
I suggerimenti degli esperti di Airzone per mantenere temperature confortevoli, con un occhio al risparmio e alla sostenibilità Questo autunno sarà più caldo e secco della media.  Per quanto durante il giorno continuerà a fare caldo, questo non vuol dire che di sera le temperature non saranno nettamente più fresche, con escursioni termiche anche notevoli. In diverse regioni d’Italia di notte si…
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ivanvell · 2 years
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Per bere un Barbaresco buono non necessariamente si deve far fondo ai propri risparmi. Sapendo scegliere si ottengono comunque buoni risultati. Oggi vi parlo del Barbaresco della Cantina Vignaioli (Nervo) di Treiso del 2018, un prodotto che mi è molto piaciuto per la sua semplicità ma anche per rispettare a pieno i dettami di un così blasonato vino. È sempre e solo Nebbiolo ma con meno affinamento del Barolo: dodici mesi in botte (contro i nove del disciplinare) invece dei diciotto del Barolo. Il colore è il tipico bellissimo granato del Nebbiolo. Non bello come il rubino ma senz’altro più imponente. Nel bicchiere è trasparente e vivace. Così trasparente che quando si prende il bicchiere in mano si rimane meravigliati. Portandolo al naso il vino regala tantissimi odori, tutti molto distinti e consequenziali. Per primo arrivano i frutti rossi in confettura, poi ribes e more; poi arriva il sottobosco, quindi il cacao e le spezie come i chiodi di garofano, la cannella e il ginepro; poi le tostature, il pellame, il tabacco. Infine una lieve balsamicità. Sentori tutti ben definiti che ne fanno un vino più che complesso e più che fine. In bocca e fresco ma anche secco e sapido così come caldo tanto da fornire un senso di avvolgenza totale. Un vino che non è morbido ma nemmeno spigoloso. Certo ha una tanninicità pronunciata ma non aggressiva. Ha una persistenza lunga ma non fastidiosa (occhio però agli abbinamenti perché richiede piatti con adeguata persistenza). Un vino strutturato e bilanciato direi che necessità di una apertura almeno un’ora prima di essere bevuto. Costo della bottiglia di assoluto rilievo: 18,5€ (acquistato presso la Enoteca Giovane Bacco di Latina) #vinovino #vino #vinorosso #vinoitaliano #vinonebbiolo #barbaresco #barbarescowine #vinopiemontese #wine #winelover #winetasting #winetime #winepassion #winelovers #winenot #winenot #winetastings #winetasting🍷 #wineporn #wineporn🍷 #sommelier #wineoftheday #wineinfluencer #wineislife #wein #redwine #redwinelover #redwine🍷 #wineinstagram #wineinstagram #winery #suggestionidivino (presso Lungomare Latina) https://www.instagram.com/p/CYg7TL5sTT-/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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guidagenitori · 6 years
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Prurito, bruciore, arrossamento e poche lacrime: è la sindrome dell’occhio secco un problema che spesso colpisce i bambini, soprattutto se passano troppo tempo sullo smartphone
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coachdonne · 4 years
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Stropicciati fin dal mattino. Costretti a stare davanti al computer per ore e poi incollati su smartphone e tablet. Appesantiti dal trucco, nel caso delle donne. Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, non si può dire che si tenga in grossa considerazione entrambi.
E l’ambiente che ci circonda non fa che peggiorare questa condizione: fumo, inquinamento, schermi digitali e aria condizionata sono nemici della salute dell’occhio...
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😖 Sensazione di sabbia negli occhi,
💧 occhi che lacrimano,
☀️ sensibilità alla luce,
👀 occhi rossi,
✨ vista offuscata.
Spesso questi sono i sintomi dell'𝐨𝐜𝐜𝐡𝐢𝐨 𝐬𝐞𝐜𝐜𝐨.
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megmacgillivray · 2 years
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«Hai rovinato tutto»
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« - stai di nuovo male »
« io non starò mai meglio. Non posso guarire. » è un sussurro, il suo. Andando a trattenere appena il respiro e facendosi man mano sempre più piccolo, avvicinando le gambe al proprio busto e piegando appena la schiena in avanti.
« è… è una cosa grave? » in un tono che se voleva essere neutrale nelle intenzioni, è ampiamente sporcato da un qualcosa di molto simile a un misto tra preoccupazione e paura della risposta stessa.
« mh » qualche secondo e finisce per stringere i pugnetti forte, scaricando poi tutta la tensione in quello che è un gesto brusco e impulsivo: la schiena che va a sbattere all`indietro. Stringe i denti e le labbra, e pare non riuscire ancora a rispondere alla domanda. Le manine ora in grembo, con l`elastico che finisce tra le dita e lo sguardo abbassato su questo. E sono istanti lunghissimi che passano, sia soggettivamente che oggettivamente parlando. Istanti nei quali va a fare dei respiri lenti, calcolati, il petto che si alza e abbassa mentre sembra stia quasi prendendo consapevolezza di quello che andrà a dire. « sono un Mannaro » così, di botto. Che appare serio e appunto razionale, così tanto che sarebbe impossibile pensare che possa star scherzando. Pronunciato con una certa fretta e ad un tono basso ma estremamente chiaro, e ci vuole qualche attimo in più per far sì che il suo stesso dire arrivi al cervello con conseguente reazione. Nemmeno la guarda con la coda dell`occhio, e qualsiasi cosa succeda « io » il respiro che va a farsi più veloce, con quel dolore acuto al petto e il tremore che prende tutto il corpo. La vista che va ad appannarsi e la schiena che torna a piegarsi un poco in avanti, forse per nascondere quegli occhi che diventano prima rossi e poi lucidi, o solo in un gesto - ancora una volta - istintivo « mi dispiace Meg » detto in un affanno, andando ad appoggiare la mano a terra mentre le gambe cadono come un peso morto, lateralmente. Apparendo ora come se gli mancasse realmente il respiro.
Svuotata. Inerme. Senza alcuna parola formulabile. Occhi che si sgranano e nocche che impallidiscono per la forza con cui si è aggrappata ai suoi stessi pantaloni. Non dice nulla. È dopo qualche istante che semplicemente inizia a scuotere la testa. No. Il volto impassibile e la testa che non sembra voler cessare di muoversi. Quelle scuse le arrivano come un eco lontano, nonostante Seb sia a qualche centimetro da lei. Non dice nulla. Non ancora. Per lunghi istanti, mentre nella sua testa rimbombano quelle tre parole, in un loop infinito e senza un vero e proprio senso. Senza che assumano davvero il significato che hanno. « No » secco. Ecco tutto ciò che ha da dire dopo un tempo troppo lungo. No. Non è possibile semplicemente. « Non è vero » dura nel tono, e anche nel volto, che rimane fisso davanti a sé, senza il minimo accenno a voler guardare il ragazzo. Anche se la serietà altrui non può essere fraintendibile, Maegan sarebbe capace di negarlo a vita. Perché semplicemente non può essere un Mannaro. Non Sebastian.
Lei dice che non è vero e lui pare stufo delle sue stesse bugie. E i pugni si stringono, le palpebre calano e « E` VERO » arrabbiato, lo urla, seppur ancora dia le spalle a Meg. La stessa che comunque riuscirà a vedere - o almeno sentire - il pugno sbattere per terra, seguito da un girarsi di scatto, verso di lei. Finendo seduto sulle ginocchia, di fronte a lei, incastrando il suo sguardo in quello altrui - se possibile « è vero » ad un tono ora leggermente più pacato, seppur il corpo intero fremi di rabbia e di voglia di spaccare qualcosa. Il respiro che si mantiene veloce, gli occhi arrossati e lucidi, seppur ancora riesca a trattenere le lacrime. « sparisco una volta al mese Meg. Sto di merda per l`Antilupo prima e dopo per la Muta. E` vero » le sputa in faccia la verità in una parlantina veloce ma sempre chiara, preso però da quelle emozioni estremamente amplificate dalla Piena, insieme all`impulsività alla quale probabilmente si pentirà di aver dato corda. Un peso sul petto che gli spezza la voce, rendendola appena tremolante « questi » e si indica le nocche arrossate, quei piccoli graffi « sono perché non riesco a gestire la rabbia » mordicchiandosi con lo stesso nervosismo il labbro inferiore, ma tenendo lo sguardo puntato in quello chiaro di lei; pretendendo pure, in qualche modo, che questo venga ricambiato. « i graffi del mese scorso, quelli sul braccio, erano per la Muta. Il caldo » e alza una mano, mostrando il palmo sbiancato, lì dove ci sono solo i segni delle unghie che ha infilato poco prima « sempre colpa dell`essere un Mannaro. » andando a deglutire, con il petto che ancora si alza e abbassa troppo veloce. E con le mani che riprendono a tremare torna ad abbassare lo sguardo « se non fosse vero non lo direi »
« STAI ZITTO » urlato, mentre gli occhi si fanno lucidi nel giro di un secondo. Le mani che vanno alle orecchie, e gli occhi che vengono strizzati forte, mentre si concentra semplicemente sulla respirazione.
Non pone chissà quale attenzione all`altra finché non è quell`urlo ad arrivargli dritto in faccia. A zittirlo davvero, a far sì che tutta la sua attenzione vada ora su di lei, bloccandolo a favore di un andare ad osservarla. E il tutto è come un coltello dritto nello stomaco. Fa più male vederla così che sentire quelle che sono le sue colpe. Con il respiro che torna ad essere irregolare, più veloce, mentre le lacrime seguono quelle di lei. I pugni stretti mentre si allontana appena, andando a sedersi e mettere distanza tra i due, quasi avesse paura di farle un ulteriore male.
Gli occhi azzurri cielo, hanno assunto una sfumatura più rossastra, e due grandi lacrime solcano le rispettive guance. « Tu » e un piccolo singhiozzo la interrompe « Tu- mi hai fatto innamorare di te » e se queste sono le parole più dolci che abbia mai riferito al Quartino, il tono è carico di dolore e rabbia. « E’ passato un anno Sebastian » dal loro primo momento alla Rimessa. « IN UN ANNO NON HAI MAI TROVATO UN GRAMO DI MOMENTO PER DIRMELO? » ed ecco altre lacrime che cadono inesorabilmente, ma non sembra abbia finito di parlare. « MI HAI INGANNATA PER UN ANNO » e questo se possibile lo urla ancora più forte. « Sei un cazzo di mannaro » e questo lo dice quasi in un sussurro, come se dovesse ripeterselo ancora un volta per metabolizzarlo meglio. « Sei classificato come Creatura Oscura dal Ministero e non ti sei nemmeno preso la briga di farmelo sapere? »
Parole che fanno male, seppur non quanto gli procuri dolore vedere l`altra in quelle condizioni. « io - » ed è troppo difficile proseguire, con quelle lacrime che continuano a scendere, il respiro mozzato, qualche singhiozzo mentre il dolore allo stomaco aumenta man mano. Un dolore acuto alla testa nel sentire tutti quegli odori, i rumori, il suo cuore battere come se dovesse uscirgli dal petto e la nausea che prende posto insieme a tutto il resto « non volevo. Non volevo farti del male. Io te lo giuro Meg. »
« LO HAI FATTO PERO’ » le hai fatto male, anche se non volevi. « COME TI SEI PERMESSO DI AVVICINARTI COSI’ TANTO A ME?! ». Il tempo di raccogliere per lo meno lo zaino, e lasciando sul pavimento di pietra piume e bigliettini vari, ed eccola pronta ad uscire dal casotto, che è diventato troppo stretto. Passi svelti, e pesanti, ma è all’uscio che si blocca, mentre le lacrime scendono. Ancora e ancora. « Hai rovinato tutto »
I'm the newest member of the broken hearts club We hate every little thing about the people that we love
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levysoft · 3 years
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I cento metri sono la gara perfetta. La competizione umana indiscutibilmente migliore di qualsiasi altra. Sono abbastanza veloci da poter tenere il fiato lungo il suo svolgimento ma non durano così poco da non rendersi conto di cosa stia accadendo. Non finiscono in modo improvviso con un colpo da KO e non bisogna neanche aspettare che succeda qualcosa che rompa l’equilibrio. Non sono un esercizio a cui si possa aggiungere né togliere niente, bisogna uscire dai blocchi, spingere, alzare il busto, spingere ancora un po’, e poi sono finiti. Non si possono fare i calcoli, non ci si può inventare niente per essere migliori di quello che si è. Ci saranno senz’altro state innovazioni nei metodi di allenamento, e magari nella tecnica di corsa, ma i cento metri piani nel 2020, anzi nel 2021, si corrono grossomodo come si correvano alla fine dell’ottocento. Se allunghi la distanza la questione si complica, persino nei duecento dove comunque si vola entra in gioco un minimo di resistenza. Si direbbero una gara monotona, i cento metri piani, ma qualcosa succede sempre in quella decina di secondi (qualche centesimo o decimo in meno per pochissimi esseri umani sul pianeta), in quella decina di battiti del cuore di chi guarda (qualcuno in più se emozionato), anche se è difficile capire cosa. Possono esserci rimonte e colpi di scena, ma vai a capire cosa è successo davvero. Si può partire, ad esempio, e non essere il più veloce in assoluto, e avere due o tre persone davanti dopo trenta metri, ma poi recuperare e vincere in modo netto con quattro centesimi di distacco sul secondo, una testa e una spalla cioè, senza che apparentemente sia cambiato niente. Anche per questo sono incommentabili, ti lasciano senza parole, i cento metri mantengono intatto il loro mistero.
[…] Se un italiano aveva un tempo che al massimo avrebbe potuto fargli superare la prima qualificazione per lui poteva strappare un posto per la finale. Eppure non l’ho mai sentito dire che si poteva ambire a una finale nei cento metri. Mai l’ho sentito parlare di medaglie nei cento metri. Se gli avessi chiesto se, secondo lui, sarebbe mai stato possibile, mi avrebbe riso in faccia. Anzi, non mi avrebbe risposto. Che era quello che faceva mio padre quando gli facevo una domanda stupida.
[…] Purtroppo mio padre si è perso un sacco di cose. Non ha fatto in tempo a vedere, il 22 giugno 2018, Filippo Tortu scendere sotto i dieci secondi nei cento metri, primo italiano della storia. Sarebbe stato un grande momento per lui, me ne avrebbe parlato, mi avrebbe costretto ad approfondire. E si è perso anche la fulminante ascesa di Lamont Marcel Jacobs, il 1 agosto 2021, primo italiano ad arrivare a una finale olimpica nei cento metri, primo vincitore delle Olimpiadi nei cento metri. «Non possiamo chiedergli niente di più», ha detto Francesco Panetta, al commento su Eurosport, prima che cominciasse la corsa. Ci dovevamo accontentare del tempo che aveva già fatto, del record europeo battuto in semifinale con cui si era qualificato per la finale pur arrivando terzo, al limite si poteva sperare in un buon piazzamento. Mio padre, fosse stato a fianco a me, probabilmente avrebbe detto che con un po’ di fortuna ci sarebbe potuta scappare una medaglia, un bronzetto, ma sarebbe servito un mezzo miracolo. Invece abbiamo assisto a un miracolo intero, fatto e finito. Qualcosa di impensabile, di incomprensibile razionalmente, anche dopo che è accaduto. Come può un atleta italiano di quasi ventisette anni che fino allo scorso maggio non aveva mai corso sotto i dieci secondi, migliorare ancora, per tre volte, il proprio tempo (9”94, 9”84, 9”80) nel giro di pochi giorni, e proprio durante i Giochi? Come si spiega il fatto che sia un italiano il successore di Usain Bolt, addirittura con un tempo migliore di quello che Bolt aveva fatto a Rio? Soprattutto: che parole avrebbe trovato mio padre per descriverlo?
[…] Forse è stato Bolt ad abituarci male, a farci pensare che l’eccezionalità umana sia una cosa così visibile anche a occhio nudo, evidente al primissimo sguardo anzi, una superiorità così manifesta che si può anche ridere mentre si vince. Non posso sapere le qualità umanamente uniche che avrebbe intravisto mio padre in Marcell Jacobs, ma qualcosa mi dice che gli sarebbe piaciuto per quell’aria imperturbabile che ha mantenuto anche dopo aver camminato sulle acque. Per quel fisico che non sembra da velocista, quasi da uomo grosso, anzi, la versione michelangiolesca di uomo grosso ovviamente, e lo sguardo sereno così in contrasto con quello da duro di Fred Kerley, l’americano arrivato secondo, lui sì con un corpo che si sarebbe detto fatto per tagliare l’aria. Per quella corsa precisa e ordinata, in contrasto con il fascio di muscoli avvolto attorno alla struttura ossea di As Su, l’atleta cinese trentunenne che arrivava alla finale con il tempo migliore e una forza esplosiva spaventosa nei primi metri, ma che è arrivato ultimo dei sei che hanno corso la finale e pareva correre come se lo inseguissero delle persone armate di bastone.
[…] Il corpo di Jacobs non è quello alieno di Bolt, il suo tronco da pugile non poggia su zampe lunghe da ragno, le sue gambe sono vere gambe, anche se lunghe, c’è comunque una tensione verso l’alto che lo fa sembrare leggero, sempre sulle punte, come se i suoi muscoli fossero fatti di panna montata. Forse è quel mento sempre alto, l’orgoglio che lo spinge da dietro come un vento a favore, a dargli un’aria nobile. E qualcosa mi dice che nel momento esatto in cui Jacobs sembra staccarsi dal tartan della pista e appoggiare le punte su un cuscinetto d’aria, più o meno dopo i primi trenta metri, fino a poco dopo i settanta, mio padre si sarebbe alzato in piedi e avrebbe detto, in leggero anticipo sui commentatori a cui parlava volentieri sopra: «Ha vinto». Poi sarebbe rimasto in piedi e, forse, avrebbe battuto le mani una volta sola, rappresentando con un suono secco tutto il suo stupore. Questo era il massimo che avrebbe potuto fare, ma sarebbe stato già qualcosa.
Sarebbe stato uno degli eventi più stupefacenti della sua vita. E mio padre ha visto Neil Armstrong mettere piede sulla luna e il Muro di Berlino cadere pezzo a pezzo. Il che dovrebbe rendere l’idea della portata dell’evento di cui stiamo parlando. Per giunta nella stessa mattinata in cui Gianmarco Tamberi ha vinto l’oro nel salto in alto e in cui Yulimar Rojas ha battuto il record del mondo nel salto triplo femminile. Mio padre ha visto l’Italia vincere due Coppe del Mondo di calcio, ha visto Maradona e persino la Lazio e la Roma vincere lo scudetto l’una dopo l’altra, ma sono sicuro che avrebbe barattato tutto per vedere un italiano vincere i cento metri piani. Ha visto la Dolce Vita al cinema, e 2001: Odissea nello Spazio. Ha ascoltato i Beatles quando sono esplosi, The Wall più o meno quando è uscito. Eppure se ci fosse arrivato (oggi avrebbe avuto quasi ottant’anni) e qualcuno glielo avesse chiesto, tra le cose più incredibili a cui aveva assistito sono certo che si sarebbe ricordato di menzionare Lamont Marcell Jacobs. […]
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kon-igi · 4 years
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MA DAVVERO PENSAVATE CHE NON SAREMMO STATI TUTTI CONTAGIATI DAL CORONAVIRUS?
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Non so se per vile volontà o sapida insipienza dei media ma mi sono reso conto solo adesso che voi tutti vi state focalizzando sull’argomento coronavirus come se ci fosse davvero un modo per arginare quella che sarà un’inevitabile pandemia e mi accorgo come non ci sia nessuno che sia sufficientemente onesto a livello scientifico da ammettere che questo, ora, non è il vero problema.
Probabilmente qualcuno di voi è gia malato o comunque ha avuto a che fare con un soggetto infetto. Pace. Mettetevi. Il. Cuore. In. Pace.
I problemi ci saranno fra qualche settimana, quando la fila per il pronto soccorso di gente immotivatamente in panico partirà dalla nostra soglia di casa (e noi si abita lontani dall’ospedale) e allora dovrete solo sperare che non vi venga un infarto oppure di cappottarvi con la macchina perché in pronto soccorso saranno tutti troppo stremati e fuori di testa per pensare al vostro cuore o al vostro femore.
Tutti hanno voluto il tampone e non ci saranno più né tamponi per fare diagnosi differenziale da altre infezioni né più tecnici di laboratorio sani di mente perché gli avrete fatto scoppiare il culo di doppi e tripli turni.
La gente sarà avvelenata e marcia nel cuore perché non potrà farsi un aperitivo in centro o avere il pezzo di ricambio della macchina e passerà il tempo a guardarsi in giro sospettosa per individuare un untore, con occhi a mandorla o accento lombardo non importa più.
(Comunque le battute sui milanesi che gli ritorna nel culo hanno fatto ridere per i primi cinque minuti. Ora sono più vecchie e stantie del Grumpy Cat)
Tutti saremo untori, letteralmente, perché questo virus sarà ubiquitario - QUESTO vuol dire pandemia e il termine non riguarda minimamente la letalità o meno dell’infezione) e noi italiani saremo finalmente reiettati da tutto il resto del mondo per un qualcosa che non riguardi la supremazia del nostro bidet o il nostro saccente talebanesimo culinario. 
Verremo contagiati in migliaia (decine di) e in poco meno di migliaia (decine di) guariremo, come sta succedendo ovunque.
Non mi piace semplificare e spiegare per dicotomica contrapposizione ma
POCO 
PIÙ
DI UNA 
BANALE
INFLUENZA
Vorrei tanto, però, che foste voi a notare il rapporto tra gli infettati, i morti e i guariti senza che fossero i media a fare retromarcia - su suggerimento degli economisti e dell’ente del turismo - passando da 
LO STIVALE AFFONDA NELLA MERDA INFETTA! 
ANDATE A SPENDERE! CIRCOLATE! NON C’È NESSUN VIRUS DA VEDERE!
Vi voglio pensare più intelligenti e razionali di così.
E so che lo siete o comunque che lo potete tornare a essere.
Quindi ora recitate con me:
Non devo avere paura, la paura uccide la mente. Il mio sistema immunitario è valente, per quanto io fossi solo preparato all’influenza stagionale.Guarderò in faccia la mia paura e mi prenderò cura degli immunodepressi con un comportamento responsabile. Aprirò il mio occhio interiore per guardare oltre il populismo egoistico di questa paura e quando questa sarà passata scruterò il percorso della mia rinnovata consapevolezza e tenderò la mano a chi è rimasto indietro, sano o convalescente che sia.
Vi lascio col mio solito augurio, che il vostro coltello colga sempre il cuore immeritevole e che il mio coltello sia sempre lontano dal vostro.
P.S.
Il mio amico che sta per immunodeprimersi con l’ultimo ciclo di chemio - sloghiamoci le dita su questo a forza di incrociarle - vi ringrazia dal profondo del suo linfoma quasi secco.
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popolodipekino · 3 years
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Gisperto e il Diavolo "Ci sei o non ci sei?". Gisperto sentì quel grido rotolar giù dai pendii dei Groppi assieme a uno sferragliar di catene e al rumore secco di ginepri e frassini spezzati. Impallidì. Si fermò sul sentiero appena abbozzato dalla luna. Ad una trentina di passi scorse qualcuno che, abbattuti arbusti e ginestre, spariva nelle gole del Tassaro. Pensò subito al diavolo o a qualche folletto e si pentì di essere andato a donne a Crovara. Iniziò a correre tra i castagneti di Rossigneto senza voltarsi indietro fino alla piana di Vetto. Gli gelava il sangue quando pestava un ramo o gli scoppiava sulla testa il verso di un gufo. Arrivò a casa trafelato e si mise a letto con la moglie che oramai era abituata a non chiedergli dove andava e con chi. Non chiuse occhio. Quando stava per addormentarsi sentiva quel grido che aspettava invano una risposta e si rannicchiava tra le coperte. All'alba andò a lavorare nella vigna. "E' scappato il vitello a Battista. Ha rotto la catena della greppia. L'hanno trovato affogato nel Tassaro" gli disse suo cognato Arnaldo che era venuto a portargli la colazione. A Gisperto si sciolse il nodo che aveva allo stomaco. Mangiò di gusto pane e salame. La sera, sarebbe tornato a trovare la Lina a Crovara. da A. Nobili, L. Menozzi, Racconti di fiume e di valle
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dinonfissatoaffetto · 4 years
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Se devo vivere senza di te, che sia duro e cruento,
la minestra fredda, le scarpe rotte, o che a metà dell’opulenza
si alzi il secco ramo della tosse, che latra
il tuo nome deformato, le vocali di spuma, e nelle dita
mi si incollino le lenzuola, e niente mi dia pace.
Non imparerò per questo a meglio amarti,
però sloggiato dalla felicità
saprò quanta me ne davi a volte soltanto standomi nei pressi.
Questo voglio capirlo, ma mi inganno:
sarà necessaria la brina dell’architrave
perché colui che si ripari sotto il portale comprenda
la luce della sala da pranzo, le tovaglie di latte, e l’aroma
dl pane che passa la sua mano bruna per la fessura.
Tanto lontano ormai da te
come un occhio dall’altro,
da questa avversità che assumo nascerà adesso
lo sguardo che alla fine ti meriti.
- Julio Cortazar
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t-annhauser · 4 years
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Vita prima del covid, memorie (I)
Prima della grande pestilenza, quando la gente ancora usciva e te lo faceva pesare, come fosse quella la salute, la certificazione di sana e robusta costituzione fisica e mentale, già io me ne stavo in casa, uscivo ogni tanto e principalmente per godermi il paesaggio, perché vivevo in una bella città, con un bel lago, facevo il turista, non uscivo per andare in giro con gli amici, sempre avuti pochi di amici, il minimo indispensabile. Bisognava davvero essere in pace con se stessi per andare in giro da soli senza sentirsi in colpa, senza uno scopo o qualcosa da fare, uscire semplicemente per il gusto di uscire, osservare il mondo e le cose come in un acquario, o un documentario sulla vita dei terrestri.
La viabilità urbana, a quei tempi, era regolata dalla luce dei semafori: luce rossa non si passa, luce verde via libera, è consentito attraversare. Semaforo nel linguaggio degli etimi significa portatore di segni, allo stesso modo in cui il tedoforo è portatore di fiaccola. Come fu possibile che gli uomini accettassero di farsi dare ordini da una cosa inanimata, così ottusamente automatizzata, è presto detto: a passare col rosso si avevano buone possibilità di venire falciati, e non da una, ma da un gran numero di auto che sfrecciavano perpendicolarmente al moto dei pedoni, in modo da centrarli per bene e farli piroettare tre o quattro volte in aria, all'occorrenza, con perdita praticamente certa della vita. Del resto i pedoni non avrebbero mai accettato in cuor loro altra autorità che la forza bruta dell'acciaio e dei cavalli motore. Alcuni di loro, infatti, gli avanguardisti, avevano l'ardire di attraversare con il rosso giudicando ad occhio la distanza dei veicoli, qualcuno di loro ci rimaneva pure secco ma il gioco valeva comunque la candela: quale oltraggio più grande per l'amor proprio dell'homo erectus e sapiens sapiens dell'attesa del verde con la strada praticamente spianata davanti a sé? L'evoluzione comporta una quota di rischio che i rispettosi delle regole non si vogliono accollare contribuendo così a ritardare l'impetuosa avanzata del progresso. Ma sono questi dei grattacapi che oggi, se vogliamo, ci fanno anche un po' sorridere essendo stati scavalcati dalle ben note circostanze della storia.
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