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#raccolta di racconti
gregor-samsung · 6 months
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“ Nel giro di 24 ore Yuri è diventato libero, ricco e possessore di un autoveicolo. Le leggi della DDR, la Repubblica Democratica Tedesca, cioè la Germania est, non permettevano di visitare i paesi occidentali; prima dell’età della pensione si poteva viaggiare solo nei cosiddetti paesi fratelli, del blocco orientale, e neanche in tutti. A partire dall’ottobre del 1989 le grandi manifestazioni di protesta a Lipsia e a Berlino costringono alle dimissioni il primo ministro Honecker, e in seguito l’intero governo. Il 4 novembre la Cecoslovacchia apre le frontiere con la Germania ovest, creando cosí un corridoio che verrà subito attraversato da decine di migliaia di tedeschi dell’est. Il 9 novembre cade il Muro di Berlino, ma Yuri quasi non se n’è accorto. Come tutti ascoltava le notizie, alla radio e in televisione, ma il giorno prima si erano aggravate le condizioni di suo zio Hannes, che viveva da solo. La madre l’aveva pregato di prendersi un permesso per stargli vicino; nonostante si muovesse ormai a fatica, lo zio non aveva mai voluto farsi ricoverare. Yuri non ha chiesto il permesso, tanto in quei giorni non lavorava nessuno. Aveva le chiavi; è salito dallo zio la mattina presto, e l’ha trovato seduto per terra con la schiena contro il divano. Respirava a fatica, aveva rovesciato sul pavimento delle pastiglie e non era riuscito a raccoglierle. Yuri ha raccolto le pastiglie, ne ha date due allo zio con un bicchier d’acqua e ha chiamato l’ambulanza. Siccome però in quei giorni non lavorava nessuno, l’ambulanza è arrivata due ore piú tardi. Intanto, lo zio Hannes aveva fatto in tempo a rivelare a Yuri dove teneva nascosti i suoi risparmi, convertiti al mercato nero in marchi occidentali (in una cartellina sul tavolo; lo zio aveva letto Edgar Allan Poe); a consegnargli le chiavi della sua Trabant verde pisello; a dirgli che per lui era stato come un figlio, il figlio che non aveva avuto; e a morire. Yuri ha atteso l’ambulanza carezzando i capelli dello zio, ancora folti e quasi neri. Poi, rimasto da solo, ha aperto la busta. Gli è sembrato che i soldi fossero parecchi. Ha passato lo sguardo sulla libreria, enorme, in cui per decenni lo zio aveva conservato, insieme ai grandi capolavori della letteratura mondiale, uno sterminato archivio di riviste, anche qualcuna russa, polacca o cecoslovacca. «Kultur im Heim»; «Eulenspiegel»; la «NBI», la «Neue Berliner Illustrierte»; «Film und Fersehen»; «Frischer Wind»… Le aveva raccolte per tutta la vita, dio sa per farsene cosa, e adesso era morto. A Yuri è venuto prima da piangere, poi un attacco di rabbia. Per metri e metri di scaffali, quelle riviste denunciavano in maniera insopportabile che lo zio, e lui stesso, e tutti, avevano sprecato la vita in mezzo a tante sciocchezze che non contano niente. Cosa se ne faceva lo zio, adesso, dei grandi successi sportivi della DDR, delle grandi conquiste sociali a cui nessuno credeva tranne, forse, lui? Meglio bruciarle, quelle riviste, e subito. Yuri ha aperto la finestra perché voleva buttarle in cortile, ma lo sguardo gli è caduto sulla macchina, parcheggiata lungo il muro; adesso era sua. È andata subito in moto, cosa che non si poteva mai dare per scontata, con una Trabant. Lo zio la teneva bene, teneva bene tutto: i suoi libri, le camicie che si stirava da solo. Trattava con rispetto tutto quello che gli stava intorno, povero zio Hannes, cosí onesto, cosí convinto della bontà delle sue idee, evaporate nel giorno della sua morte. Il serbatoio era pieno. “
Guido Barbujani, Soggetti smarriti. Storie di incontri e spaesamenti, Einaudi (collana Super ET Opera Viva), febbraio 2022¹; pp. 150-151.
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muatyland · 3 months
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Amore, raccontami | a cura di Eleonora Marsella
“Amore raccontami” è il concorso letterario nato per festeggiare il primo compleanno di Be Strong Edizioni, e questo volume mette insieme i diciotto migliori elaborati presentati dagli autori partecipanti. Una felice selezione di racconti e poesie nella quale si ritrova il meglio della sensibilità e della creatività di vari autori emergenti contemporanei. Acquista su Amazon ->…
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stilouniverse · 1 year
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"Americana. Raccolta di racconti" a cura di Elio Vittorini, presentazione
“Fu grazie all’introduzione di Emilio Cecchi, proposta qui in appendice, che il libro poté essere ristampato dopo il primo sequestro a opera della censura fascista. Le introduzioni di Vittorini alle sezioni, proibite a suo tempo dal regime, insieme alle immagini e alle didascalie originali, costituiscono un’affascinante interpretazione dello sviluppo letterario americano e una guida alla scoperta…
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vadaviaaiciap · 3 days
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CRIMINI COMUNISTI DURANTE IL SECONDO CONFLITTO MONDIALE. Ecco i liberatori.
Questa pagina è dedicata alla raccolta di testimonianze, aneddoti, racconti, ed episodi inerenti al bagno di sangue che si è verificato nelle nostre zone nell’immediato dopoguerra, successivamente al 25 aprile del 1945, a guerra finita, e alla loro presentazione.
Sul finire dell’ultima guerra mondiale, nel 1945, e anche a guerra già finita, l’Italia ha assistito sul proprio territorio ad una vera e propria escalation di delitti, di stragi, e di vendette, tutti a sfondo politico, che hanno raggiunto punte di ferocia e di malvagità molto elevate.
I responsabili di questa lunga catena di omicidi e di efferatezze, furono i partigiani comunisti, che vollero così imprimere un triste e indelebile segno nella storia dell’Italia, incidendolo con il sangue delle loro vittime.
I partigiani spesso hanno prelevato le persone direttamente dalle loro case e le hanno uccise senza neanche offrire loro un processo sommario, depredandole e infierendo sui corpi con ferocia.
Molti di questi carnefici furono riconosciuti e arrestati, ma a causa dell’amnistia di Palmiro Togliatti furono rimessi in libertà, e spesso si ritrovarono faccia a faccia con i parenti delle loro stesse vittime, potendo così irriderle e dileggiarle impunemente.
Possiamo oggi affermare, nonostante i tentativi degli eredi di Togliatti di nascondere o dissimulare la realtà criminosa, che la vastità dei fatti di sangue imputabili ai partigiani comunisti induca a credere che essi siano stati realizzati seguendo un preciso disegno, uno schema pianificato e organizzato a tavolino, scientemente e criminalmente.
Non è un caso che interi gruppi familiari siano stati sterminati, spesso aggiungendo l’efferatezza della tortura e dello stupro agli omicidi, e che poi i partigiani si siano appropriati dei beni materiali delle vittime.
Non è un caso che dopo la guerra, ci si sia trovati davanti a partigiani improvvisamente diventati ricchi, che poterono così iniziare delle attività imprenditoriali usando i soldi sporchi del sangue delle loro stesse vittime.
La scure comunista si è abbattuta con violenza anche sui rappresentanti del Clero, nel tentativo di decapitare coloro che potevano guidare i cattolici verso destinazioni e percorsi diversi da quelli previsti dal comunismo.
Lo storico Roberto Beretta ci segnala nel suo studio del 2005, “Storia dei preti uccisi dai partigiani”, che il numero dei sacerdoti uccisi dall’odio comunista è stato in totale di 130 vittime !
Dopo aver condotto una vera e propria “caccia alla tonaca”, prodromica ad una lunga serie di esecuzioni, compiute appunto dai partigiani, divenne chiaro il tentativo dei comunisti di impadronirsi “politicamente” della società, mediante la forza e l’intimidazione.
Questa tesi fu sostenuta anche dal Cardinale di Bologna, sua Eccellenza Giacomo Biffi, nel 1995, in occasione del cinquantenario della Resistenza, riprendendo e amplificando ciò che già era stato affermato in precedenza da Don Lorenzo Tedeschi, un coraggioso sacerdote che citò la frase di un comandante partigiano comunista :
"Se dopo la liberazione, ogni compagno avesse ucciso il proprio parroco e ogni contadino il padrone, a quest’ora avremmo risolto il problema. "
Il Partito Comunista Italiano ha provveduto poi a mantenere una totale disinformazione sulle stragi, omettendo di parlarne e di pubblicizzare qualsiasi cosa fosse inerente a tutto ciò, stendendo un velo di minacciosa omertà sull’argomento.
Lo dimostra il fatto che ancora oggi si riferiscano a Togliatti come a : “il Migliore” !!!
i stima che gli uccisi, dopo il 21 aprile 1945 nel bolognese, ammontino a 773, di cui 334 civili (fra cui 42 donne).
Vorrei tentare di dare il giusto ricordo alle vittime, attraverso una serie di rievocazioni storiche, di racconti e di aneddoti, che permetta di collocarle in un contesto non più dimenticato.
Vorrei far riaffiorare le ignobili circostanze attraverso cui sono state messe in atto vere e proprie stragi contro persone spesso innocenti, perpetrate comunque a “sangue freddo”, e cioè a guerra finita, ad armi deposte.
La vigliaccheria è stato il motivo trainante che ha permesso al comunismo di approfittare della violenza insita nei suoi sostenitori per appropriarsi dei beni, oltre che della vita, di centinaia di vittime delle nostre zone.
Sono rimasti in pochi i superstiti, o i figli dei superstiti, o delle vittime, che potrebbero oggi dare luce alle pagine buie degli stermini effettuati dai partigiani nel 1945.
Il 25 aprile non deve essere celebrato per la liberazione dell'Italia perché nella realtà dei fatti passammo dall'occpazione tedesca a quella americana. E, nella sconfitta, ci andò bene perché a Yalta avevano deciso le sfere d'influenza dei vincitori e i comunisti furono esclusi.
(Il sangue dei vinti un bellissimo libro di Pansa)
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kyda · 5 months
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allora recap di fine fine settimana perché non interessa a nessuno ma a me sì: ho dato una lettura velocissima a tutti i saggi che mi ha prestato il prof, selezionando i capitoli e i paragrafi che fotocopierò perché mi serviranno più avanti; mi mancano ancora 3 racconti di pietroburgo di gogol' e in più dovrei leggerne qualcuno della raccolta veglie presso la fattoria di dikan'ka o una cosa del genere e mirgorod perché mi sembra essenziale visto il tema che ho deciso di trattare; sono andata avanti spedita di circa 50 pagine sulla vita di charlotte brontë e ho ripreso le memorie di adriano così posso partecipare all'incontro finale del club del libro e, che ci crediate o no, ho anche letto molte pagine di slewfoot, che è la mia attuale unica lettura libera (the night circus abbandonato da molto ma solo perché non ho trovato il tempo). non leggerò cuore di cane di bulgakov perché se non me lo spiega prima il prof temo di non capire niente. sto per finire girl with dove, grazie al dio in cui non credo, aggiungerei, ma il fantasy di 800 pagine che volevo da una vita e che finalmente ho comprato è nascosto in un angolino perché per ora non me lo posso permettere. sono tanti libri? sì. sono troppi? sì. ho fatto altro questo fine settimana? più o meno. vorrei avere meno cose on my plate? ni
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l1beramente · 3 months
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Charles Bukowski, estratto da Una poesia quasi per finta. (Dalla raccolta di racconti poetici: L’amore è un cane che viene dall’inferno.)
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libriaco · 3 months
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L'🐘 Bianco
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Nel BURrino di Mark Twain che ho letto qualche settimana fa, c'è un racconto che si intitola My Late Senatorial Secretaryship [ca. 1867], tradotto in italiano come: Il mio ex-impiego di segretario di un senatore [Quello che è nel titolo della raccolta a qualche cinéphile potrebbe ricordare un episodio del film "Il fantasma della libertà" di Luis Buñuel]. A un certo punto del racconto si trova una poesiuola di poche righe:
Cecco Bilecco infilzò in uno stecco: lo stecco si rompe e Cecco va sul ponte; il ponte va in rovina e Cecco s'infarina: la farina si staccia e Cecco si sculaccia
Canzoncina per bambini che mi recitavano (nonno? mamma? nonna?) tenendomi seduto sulle gambe e facendomi sobbalzare. La prima frase però era: "Cecco Bilecco infilato in uno stecco"; da quanto ho cercato rapidamente sembra essere una cantilena toscana.
Controllando l'originale di Mark Twain si legge invece:
Jack and Gill went up the hill To draw a pail of water; Jack fell down and broke his crown, And Gill came tumbling after.
La traduttrice dei racconti, nel 1952, era Oriana Previtali neé Gui (1912-1997), figlia di Vittorio, direttore d’orchestra e fondatore del Maggio musicale fiorentino e moglie di Ferdinando Previtali, come il suocero direttore d'orchestra e compositore.
Ho decisamente apprezzato che la Previtali non si limitasse a volgere in italiano l'originale ma lo sostituisse con un'omologa nursery rhyme nostrana!
Mark Twain, Il furto dell'elefante bianco e altri racconti, Milano, Rizzoli, 1952 [Trad. O. Previtali]
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comicover · 1 year
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Joseph Michael Linsner è noto soprattutto per DAWN, la sua personale dea pin-up. Dopo il suo debutto sulla copertina di CRY FOR DAWN #1 nel 1989, Dawn ha colpito migliaia di fan a livello internazionale. Attualmente è pubblicata in sei lingue e ha preso vita sotto forma di statue, action figure, t-shirt, litografie, scatole per il pranzo e carte collezionabili. , tra cui Wolverine, Justice League, Conan e Vampirella. Uno dei suoi momenti più orgogliosi è stato quello di illustrare un racconto scritto da Stan Lee per "Actor Comics Presents". Il prossimo appuntamento per Linsner è "The White Phoenix & Other Stories", una raccolta di racconti di Dawn, prima che inizi a lavorare alla quarta graphic novel di Dawn prevista per il 2013.
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Novità (ma non solo...)
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Fonte: pixabay.com
Il vostro affezionato staff delle Biblioteche di Milano vi imbandisce un piccolo antipasto letterario, prima delle pantagrueliche proposte natalizie.
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Di Geoffrey Holiday Hall si sa soltanto che fu giornalista e scrittore. Elogiato da Leonardo Sciascia che lesse La fine è nota nel 1952, pubblicò solo due gialli e poi scomparve praticamente nel nulla. La fine è nota (uscito per la prima volta in Italia con il titolo La morte alla finestra) fu premiato in Francia nel 1953 come miglior poliziesco in lingua non francese. Il titolo originale (The end is known) deriva dal Giulio Cesare di Shakespeare: “Oh, se fosse dato all’uomo di conoscere la fine di questo giorno che incombe! Ma basta solo che il giorno trascorra e la sua fine è nota”. Un giallo di classe, strutturato come un viaggio a ritroso nella vita del protagonista di cui si ricostruisce la storia passo per passo, testimonianza per testimonianza, come un misterioso puzzle che si completa, ovviamente, solo nel finale. Molto godibile è anche il secondo titolo Qualcuno alla porta, dai toni più leggeri, nonostante gli omicidi e l’atmosfera della Vienna sotto l’occupazione sovietica nel secondo dopoguerra che non ricorda neppure lontanamente gli splendori dell’impero asburgico. “Sembra uno di quei soggetti che piacevano a Hitchcock (e non è detto che il pressoché ignoto Holiday Hall, scrivendo Qualcuno alla porta, non avesse in mente le figure di James Stewart e Doris Day, o di Cary Grant e Grace Kelly)”. La frizzante coppia americana che si trova, suo malgrado, a gestire le indagini ricorda anche il duo Tommy e Tuppence di Agatha Christie. Doppio colpo di scena sul finale: cosa chiedere di più a un libro giallo?
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Ha un solo difetto Un volto nella folla di Budd Schulberg: è troppo breve. Parliamo ancora dell’autore di Perché corre Sammy? e I disincantati per questo racconto appena uscito e finora inedito in Italia, da cui Elia Kazan trasse il film omonimo con protagonista Andy Griffith (l’indimenticabile avvocato Matlock della fortunata serie televisiva, per intenderci). Il tema, fin troppo attuale, è quello della manipolazione del pensiero e dei comportamenti (e quindi del voto) delle masse da parte dei personaggi dello spettacolo: in questo caso si tratta di un finto sempliciotto proveniente da un paesino dell’Arkansas che, in virtù della sua sconcertante capacità di coinvolgimento, diventa il paradigma dell’America intera. Grazie alle sue canzoni folk, a vecchi luoghi comuni sulle tradizioni popolari e a un indubbio carisma, il nostro eroe riesce a condizionare il pubblico e ad arricchirsi con i lauti proventi della pubblicità. Cambia il tema negli altri due racconti della raccolta: i ‘dietro le quinte’ del mondo del cinema in Questa è Hollywood, che l’autore, sceneggiatore e figlio di un tycoon della Paramount, non solo conosceva bene, ma sapeva anche descrivere con agile penna, e L’imbonitore, sul mondo della boxe. Ricordiamo che per la sceneggiatura di Fronte del porto (che è anche un romanzo), celebre film con Marlon Brando, Schulberg si aggiudicò l’Oscar nel 1954.
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Per la serie i grandi classici hanno sempre qualcosa da dire è stato ripubblicato da Mondadori e da Sellerio Brighton Rock di Graham Greene. Una lettura da consigliare sotto tutti i punti di vista: un giallo ben costruito con protagonisti tratti sia dalla malavita, sia dal caso che fa di un personaggio del tutto inaspettato un accanito segugio alla ricerca del colpevole, come fosse Porfirij Petrovic che insegue Raskolnikov o Javert che perseguita Jean Valjean, ma con uno spirito diverso, fresco e originale. “Nello specchio inclinato sopra il lavabo si poteva vedere riflesso, ma gli occhi si distolsero rapidamente da quell’immagine di guance livide e mal rasate, di capelli lisci e occhi da vecchio. Non lo interessava. Era troppo orgoglioso per preoccuparsi del suo aspetto”.
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Nuova ristampa anche per Le vittime di Norwich (1935) uno dei gialli più famosi (insieme a The House of Dr. Edwardes che ispirò il film Io ti salverò diretto da Alfred Hitchcock) fra i 31 composti dalla coppia britannica John Leslie Palmer e Hilary Aidan St. George Saunders sotto lo pseudonimo di Francis Beeding.
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Da La regina degli scacchi di Walter Tevis, lo scrittore di Lo spaccone e Il colore dei soldi, è stata tratta una miniserie televisiva di grande successo. Accade spesso che i geni abbiano avuto una vita difficile, siano dei disadattati, spesso asociali, in perenne conflitto con se stessi, il prossimo e il mondo che li circonda. È anche questo il caso della protagonista, la piccola Beth, cresciuta in orfanotrofio, che trova una riscossa alla sua grigia esistenza grazie alla passione per la scacchiera. Una curiosità sul ‘caso letterario’ di Tevis: dopo il successo dei primi libri, fu dimenticato anche a causa dei problemi con l’alcol. Quando decise di riprendere a scrivere, lo fece seguendo un corso di scrittura all’Università dove fu riconosciuto dal poeta Donald Justice che, stupito, gli chiese cosa ci facesse un grande autore come lui in mezzo agli studenti, quando avrebbe invece dovuto salire in cattedra. Breve fu purtroppo la sua seconda stagione creativa: Tevis morì a soli 56 anni per un tumore.
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Il voyeurismo è il tema principale dell’ultimo romanzo di Simenon pubblicato da Adelphi, Delitto impunito: composto nel 1953 durante il soggiorno dello scrittore a Lakeville nel Connecticut, fu edito l’anno successivo in volume e a puntate sul settimanale «Les Nouvelles littéraires». Il secondo tema del libro è l’invidia, quella di chi non ha nulla, né bellezza né fascino nè denaro ed è stato defraudato perfino dell’affetto dei genitori, nei confronti di chi invece ha tutto questo e ne mena vanto, e gode nell’esibirlo senza ritegno. Una lotta accanita tra due personalità, che è la lotta atavica tra gli uomini per la supremazia. “A Élie non era mai successo di trovarsi davanti un uomo completamente felice, felice in tutto e per tutto, sempre e comunque, in ogni momento della giornata, e che approfittava con candore di tutto quel che lo circondava per accrescere il proprio piacere”.
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Una nuova indagine per l’improbabile detective di Partanna Giovà, metronotte per caso, coinvolto in un duplice omicidio di stampo mafioso insieme a tutta la scombinata famiglia Di Dio. Sarà ancora una volta l’anziana madre, autentica virago arroccata alle salde tradizioni popolari e armata di un cervello dalla logica “acuminata”, ad avviare le indagini verso l’inevitabile conclusione. Ma cos’è La boffa allo scecco? Questo, almeno, ve lo possiamo svelare: si tratta di un gesto simil-apotropaico (in realtà un autentico sopruso) che a tutti è occorso di subire almeno una volta nella vita, ovvero lo schiaffo di rimando, come sfogo per un’ingiustizia patita che non si è in grado di vendicare altrimenti. Roberto Alajmo non delude le aspettative.
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Per quanto riguarda Sarà assente l’autore di Giampaolo Simi, si può dire che, se esiste una sana via di mezzo tra assecondare a priori i gusti dei lettori meno esigenti e scrivere in modo che solo l’autore possa comprendere i propri contenuti, Simi l’ha sicuramente trovata e ce la propone in queste succulente paginette. Dedicato a chi ha la voglia, la necessità, l’urgenza di ridere a crepapelle.
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Nell’ultimo nato della serie del BarLume di Marco Malvaldi, La morra cinese, gli inossidabili vecchietti sono alle prese con l’omicidio niente di meno che di un giovane filologo romanzo alle prese con un carteggio appartenente alla famiglia di un nobile “arci-decaduto” del luogo, in cui, pare, compariva addirittura un’epistola inedita di Giacomo Leopardi. Ma questo non è l’unico movente per un delitto che non resterà a lungo irrisolto.
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riflussi · 7 months
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"La leggenda di Atiya" - S. Bakr
Libro davvero carino e veloce, finito durante la terapia di cortisone (e vi assicuro: leggere in ospedale/casa della salute/quel che è non è così semplice come vogliono farvi credere).
All'inizio ero scettica. È un libro che mi è capitato per caso tra le mani diversi anni fa, pagato la modica cifra di un euro, svenduto per colpa probabilmente della sua copertina un po' triste (è davvero bruttina) e del nome da noi sconosciuto di Bakr.
Inutile dire che vorrei facessero un corso universitario per analizzare i racconti della giornalista. I racconti non sono solo ben scritti, tanto che sentivo quel bisogno di leggere ogni pagina con avidità come non mi capitava da tanto (e badate bene, non è così semplice che una raccolta di racconti faccia questo effetto), ma il bisogno di continuare a leggere di scontra con la necessità di fare ricerche per andare più a fondo alla situazione descritta. Si sente dal suo stile che è una giornalista (non perché si "veda" dalla narrazione, quanto più dalla sua abilità di incuriosire i lettori. E se traspare in lingua tradotta non oso immaginare in originale quanto sia meraviglioso il suo stile; sicuramente la traduttrice ha fatto un lavoro ottimo). Volevo anche portare alla luce un aspetto di questo libro, che mi sta particolarmente a cuore. Recentemente mi sono dedicata alla decostruzione dell'aspetto religioso e spirituale della mia (dell'occidente?) educazione. Questo percorso è nato anche grazie a questo libro, che si apre con il suo racconto più lungo: un'inchiesta fittizia sulla tomba di Atiya (da cui il titolo), da molti ritenuta una santa, ma il cui sepolcro, forse, nasconde qualche segreto inconfessabile. Il racconto, sebbene non credo fosse l'intento dell'autrice, mi ha fatto porre diverse domande in merito a cosa credo sia vero o falso, reale o meno. Soprattutto, mi sono domandata: chi sono io per dire a queste persone di non credere ai propri occhi e al proprio istinto. Se capitasse a me? Come reagirei? E da qui una serie di lunghe riflessioni che continuano anche oggi in merito alla religiosità, che però non starò a descrivere qui. Vorrei passasse solo questo messaggio: il libro è di una potenza inaudita, nonostante le poche pagine. Porta a riflettere sugli aspetti più disparati della vita e a volersi informare a livello storico di ogni avvenimento.
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abatelunare · 5 days
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Pentimenti e ri-trovamenti
Da ragazzo non avevo una gran consapevolezza letteraria. Giudicavo noiose opere di cui all'epoca mi sono scioccamente liberato. Per fortuna sono riuscito, in un modo o nell'altro, a ritrovarle. Posso farvi ben tre esempi. Per cominciare, le poesie di Marino Moretti (la mia edizione non è ovviamente quella che potete vedere nella scansione: si trattava di un Oscar Mondadori, che mi dicono essere ormai introvabile).
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Poi una raccolta di racconti di Mario Tobino, lo psichiatra narratore il cui capolavoro è senza alcun dubbio Le libere donne di Magliano.
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Infine, uno dei più famosi romanzi dell'americano Ernest Hemingway (l'avevo trovato indigesto).
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Ricordo abbastanza bene i titoli di altri libri che mi farebbe molto piacere ritrovare. E sono sicuro che prima o poi... Fortunatamente non sono cambiato solo come persona. Ma anche come lettore.
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gregor-samsung · 10 months
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“ Non sono nata per essere ragionevole. Sono nata per amare, per essere felice, per odiare, per immaginare, per inventare, per capire e anche, di tanto in tanto, per essere ragionevole, ma non devo essere ragionevole. Essere ragionevole vuol dire adattare i propri pensieri a quel che gli è contrario; modificare e distorcere la propria intelligenza per assecondare i desideri altrui. La mia ragionevolezza è diversa da quella di un altro. La ragione pretende la felicità. La ragionevolezza tende al possibile. La felicità non può essere catturata dal possibile. La felicità è l’avvento del miracolo. Il miracolo produce la virtú e la grazia, non viceversa. “
Patrizia Cavalli, Con passi giapponesi, Einaudi, 2019¹; p. 132.
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muatyland · 1 year
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Recensione "Scarafaggi e altri racconti" di Fabrizio Valenza
Quattro racconti horror per quattro angoli della paura… ABRIZIO VALENZA, nato a Verona nel 1972, è scrittore, filosofo e insegnante. Conosciuto per il suo romanzo fantasy Storia di Geshwa Olers e per i numerosi romanzi horror (l’ultimo è L’isola dei morti, una storia gotica ambientata nel 1885), propone con Scarafaggi e altri racconti un nuovo volume pulp della serie Albero del mistero. Titolo:…
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theladyorlando · 25 days
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Il gioco del silenzio
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La solitudine è una roba brutta. Me lo hai detto l'altro giorno, e tu hai due figli, un bel compagno e pure un cane che non è decisamente di taglia piccola: quindi non sembri molto sola. Eppure non c'è niente da fare: siamo tutti soli, e la solitudine è una roba brutta, hai ragione. Brutta proprio. Mentre me lo scrivevi su un messaggio, io mi aprivo una bottiglia di vino bianco, da bere a pranzo, da sola. La mia fiaschetta, mi sono detta, non è questa però: io per sentirmi meno sola in realtà non bevo ma compro libri. Loro sono la mia fiaschetta. Innanzitutto perché comprare -convieni con me?- dà sempre un certo senso di sollievo, di finalità, di proposito: un certo senso, insomma. Una borsa, una maglietta, un paio di orecchini, un reggiseno: se hai voglia di comprarmi, vuol dire che sei vivo, no? Eppure tra tutti gli articoli di consumo il libro non sembrerebbe un simulacro di vita, piuttosto un oggetto che di vita è fatto, c'è qualcuno lì dentro: un libro nuovo è una promessa di compagnia. E invece a volte penso che anche il libro sia un oggetto di solitudine. Forse il peggiore in assoluto. Ci cammini dentro e te lo godi, ti assapori le voci, la compagnia, ma cosa succede quando la fiaschetta piange? Cosa succede quando finisce un libro? Le poesie, quelle sembrano forse rivolerti indietro se te proprio non sai più come fare senza di loro. Ma la prosa? Un romanzo?
C'è questo libro di Patrizia Cavalli, una raccolta di saggi e di racconti, l'unica che lei abbia scritto in prosa: tu lo sai che quella è una bottiglia pregiatissima, la assapori con questa straordinaria consapevolezza, e ti inebria più di una qualsiasi raccolta di poesie perché -tu lo sai- la sua struttura, la sua complessità, il suo bouquet, sono unici, sono irripetibili, sono, in effetti, irripetuti. E allora, legittimamente, ti ci ubriachi, ci perdi la testa. Ma che succede quando finisci l'unico libro in prosa di Patrizia Cavalli? Che succede quando la fiaschetta piange? A quel punto arrivano i postumi e ti senti come un fucile sparato. Qualcuno lo ha detto, una volta, un fucile sparato: scarico, pieno soltanto di fumo, inutile. Io esco proprio così dal libro, come da una sbornia, e tocco con le mani il fondo della mia fiaschetta, di quell'oggetto di solitudine, tocco la copertina chiusa sopra la sua ultima pagina, la prova inconfutabile che il mio tempo con Patrizia Cavalli è scolato, la sua compagnia, la sua voce è ostinatamente chiusa dentro la sovraccoperta lucida della mia edizione Einaudi. E questa è una roba davvero brutta, questa è la solitudine. Questo è esattamente il momento in cui io voglio buttare via tutti gli autori e tutti i libri, perché loro mi fanno sentire come uno stupido fucile sparato.
Il piano allora è quello di allontanare ogni fiaschetta e riabilitarmi: il piano è quello di vivere da astemia e non bere mai più. Il problema è che non l'ho mai capito fino in fondo, quando uno ti dice "non bevo, sono astemio": è una condizione o un'elezione? Io nel dubbio è da un po' di tempo che lo chiamo il gioco del silenzio: andare per le cose della vita giocando a non sentire, a non vedere, a non saper leggere, a non aver mai letto: a non aver mai bevuto. Allora vado in giro così, riabilitandomi, e ad ogni passo che faccio mi sento più intera, meno alcolista, più radicata nella vita vera, quella degli obiettivi concreti, delle spese da fare, dei referti da ritirare, delle assenze da giustificare, delle bollette da pagare, dei caffè da offrire. Poi a un certo punto, quando meno me lo aspetto, quanto più intera mi sento, arriva come una coltellata alle spalle, come un assalto, un'imboscata. Salgo le scale di casa e mi fermo un secondo a guardare di sotto, il quartiere che all'imbrunire cambia faccia, gli alberi che da quassù sembrano altri alberi, e allora succede che lo sento:
"Camminavo nella gioia del presente quando, svoltando un angolo o attraversando una strada, un odore mi colpiva con violenza e quasi mi atterrava. Era l'odore dell'aria. Poteva essere un qualsiasi odore, un profumo e persino una puzza: era semplicemente l'odore della città. D'improvviso le mie gambe si facevano molli e dopo qualche passo prodotto dalla forza d'inerzia mi fermavo del tutto e poi tornavo indietro per cogliere di nuovo quell'odore, come qualcuno che abbia intravisto una persona conosciuta torna indietro per guardare meglio. Risentivo quell'odore, e allora il mio corpo sbandava ed ero costretta ad appoggiarmi a un palo o a un muro, e cosí restavo appoggiata contro quel palo o quel muro senza piú poter muovere un muscolo, se non quelli delle narici che aspiravano quell'odore come fosse diventato l'unico tramite della coscienza."
Cos'è questa cosa che mi sta succedendo? È una ricaduta o è un'epifania? Questa qui, signori miei, è Patrizia Cavalli in cima alle scale di casa mia. L'ho sentita, e proprio lì sopra si è rotto il gioco. Lì in cima ho sentito voglia di ridere e piangere insieme -questo il sintomo del vero, per me- perché è vero, è semplicemente vero, io lo so, anche se gioco ad essere astemia: che i poeti hanno ragione, conoscono il vero. L'unica verità perfetta che conosco io è quella che apprendo da loro, dai poeti, e quando la incontro la riconosco subito, proprio perché mi fa ridere e piangere allo stesso tempo, questo il sintomo: rido perché finalmente riconosco la benedizione dei miei più ridicoli e inconfessabili sentimenti -qualcuno li ha già provati esattamente così- li vedo finalmente legittimati dal loro esistere prima di me, fuori da me, accanto a me: qui con me c'è Patrizia Cavalli, in cima alle scale di casa mia, e con lei io ho sentito l'odore dell'aria. Allora non sono sola. E piango perché quell'odore non è per niente una buona notizia: mi colpisce con violenza e quasi mi atterra, e il mio corpo sbanda ed è infine costretto ad appoggiarsi alla ringhiera per non crollare. Un'immagine su tutte, quella con cui si chiude il documentario: Patrizia Cavalli che -ancora- cammina come può per le strade della sua adorata città. Così sento che il mio corpo è colpito dalla precisione della sua parola, più fedele di un'immagine diagnostica, più puntuale del dettaglio di una bolletta o di uno scontrino:
"Cosí restavo appoggiata contro quel palo o quel muro senza piú poter muovere un muscolo, se non quelli delle narici che aspiravano quell'odore come fosse diventato l'unico tramite della coscienza. Quella felice e compatta certezza del presente che fino a poco prima spingeva i miei passi, quella leggerezza ariosa che andava incontro al mondo per festeggiarlo, la musica, le parole, tutto si spegneva e al suo posto c'era una fissità attonita, uno stupore doloroso. I miei sensi, tutti aperti e ingenui, si erano consegnati all'apparenza, e nel loro incauto aprirsi, avendo dimenticato ogni difesa e ogni organizzazione, avevano sguarnito una certa zona remota del cervello che da quell'odore veniva penetrata senza censure, mediazioni o filtri. Era la zona della memoria e del tempo, era il sancta sanctorum del dolore. E l'olfatto ne era l'officiante. Qui in una contemporaneità impossibile convergono le lontananze dello spazio e del tempo, creando mostruosi intrecci; qui si mischiano insieme il passato remoto e l'altro ieri, Asie mai viste e il cortile di casa. E mentre le memorie reali e frantumate si accoppiano confondendosi a vicenda, un'altra memoria, precedente alla nostra storia viene in questa baraonda spinta a entrare in gioco e ci rovescia addosso tutto il repertorio della specie. Quel che è che non è piú si disputano il campo vantando uguali diritti e altrettanto accade per quello che forse mai sarà. Una volta che la mischia è cominciata, senza piú gerarchie, la ragione, se è ragionevole, non dovrebbe neanche tentare d'intervenire, dovrebbe soltanto lasciare che si consumi il delirio, come quando nelle droghe o nell'ubriachezza, sapendo che il loro effetto avrà termine, lo si lascia a se stesso libero di manifestarsi."
I poeti conoscono il vero e lo sanno dire.
Cardarelli che prende la rincorsa per coprire l'amore di fiori e di insulti:
"Oggi che ti aspettavo non sei venuta.
E la tua assenza so quel che mi dice.
Dice che non vuoi amarmi."
Vero.
William Carlos Williams, il medico, che prima di raccontare onestamente di carriole in giardino e di prugne rubate alla moglie dal frigo, referta così l'amore:
"Dai tuoi occhi, da tutto ciò che dici, aggrovigliato come un uccello che canta su un albero verde, sei entrato e ti sei diffuso dentro di me tutto, così che io possa ancora far tesoro della mia vita, desiderare che non si allontani mai da me poiché essa non è mia ma tua,
da tenere al caldo, al sicuro,
dentro di me, per sempre."
Vero.
Pavese -il fucile sparato- che si dichiara oggetto da reclamare al suo ultimo amore:
"Non posso darti gioielli - ne meriti molti - ma in tempi antichi si diceva che il gioiello piú raro è un cuore sincero. Credilo. Sono tuo."
Vero. Fa ridere per quanto è vero -sono tuo- e fa piangere perché Pavese si è tolto la vita solo qualche mese dopo questa lettera, tanto era solo, tanto era da reclamare, tanto era vero.
Stavamo tornando insieme a casa, qualche mese fa con i cartoni della pizza in mano. Forse era una sera di gennaio, e mentre camminavamo che era già completamente buio io l'ho sentito: nell'aria fredda, quell'aria dell'inverno che sembra quasi anestetizzata ai profumi, che mi fa sentire così al sicuro e ovattata per tanti versi, io l'ho sentito. E non c'è riparo, bisogna riscoprirlo ad ogni nuovo anno, perché esiste un momento preciso, una sera tra tutte le sere in cui quell'aria fredda e sterile per la prima volta si lascia attraversare, si arrende come ritualmente al primo profumo di fiore. Un appuntamento - il sancta sanctorum del dolore: quella era una mimosa, l'ho sentita. È così che fanno loro, ormai l'ho imparato: ti danno un ceffone quando non guardi e poi si lasciano volere, si lasciano cercare. Quell'odore sono tutte le mimose -quelle vicine, quelle lontane, quelle che non ci sono più, quelle che non ci sono ancora: insieme in una contemporaneità impossibile, convergono dalle lontananze dello spazio e del tempo, creano mostruosi e meravigliosi intrecci e poi ti colpiscono e ti urlano: tu non sei astemia - Svegliati!
Sai che gusto sentirlo mentre cammino vicino a te, con i cartoni della pizza in mano? Io e te che ancora non sappiamo nemmeno che Patrizia Cavalli ha scritto un libro di prosa e che dentro ci ha sentito un odore, proprio il nostro, proprio allora siamo insieme, e non siamo sole. E questo mi fa sentire, finalmente, mi fa sentire ancora una volta ubriaca e felice.
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francyfan-bukowsky · 4 months
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JOHN MARTIN , l’editore che scopri e lancio Buk🖤wski……
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Cento dollari al mese per il resto della vita, per mollare il lavoro alle Poste e fare lo scrittore a tempo pieno. Nessuna noia, bega e seccatura con uffici stampa, reading e conferenze, o quasi. Alla distribuzione avrebbe pensato lui, la moglie Barbara avrebbe disegnato le copertine. Non ci volle molto a convincere Charles Bukowski, nel 1969, a partecipare all'impresa semifamiliare di John Martin: un atto temerario, un salto nel buio per entrambi. John si stava giocando un quarto delle sue entrate per mantenerlo e tentare una sfida dal cui esito sarebbe dipeso il loro futuro, ormai in condivisione. Per Charles non sarebbe stato facile rimettersi a bussare a 50 anni alle porte di magazzini, macelli e ditte di facchinaggio. Si dice che dietro ogni uomo di successo ci sia una grande donna (e viceversa). E questo è senz'altro vero per Bukowski, che s'accasò la sua Linda Lee dopo una lunga raccolta di Donne riassunte nel '78. Ma se oggi le frasi con cui lo scrittore americano semplicemente inframmezzava i dialoghi sono diventate aforismi stracondivisi in Rete, e se le case editrici continuano a raschiare il fondo dei cassetti delle stamberghe in cui ha soggiornato per pubblicare l'impubblicato, bisogna ringraziare un mite, sobrio, discreto ingegnere - perfino un po' bacchettone - che la sera, tornato a casa da lavoro, dopo aver cenato con moglie e figlia, si rilassava sul divano leggendo su riviste underground racconti border line che non riuscivano a vedere la luce della rilegatura. «Questo tizio è troppo bravo, non può continuare a uscire su questi giornalini amatoriali» pensava John. Finché una sera, 50 anni fa, la decisione: lasciare tutto e fondare la Black Sparrow Edition, solo per pubblicarlo. A consentirgli di realizzare il sogno, il ricavato del business messo in piedi a Los Angeles nel settore degli uffici e una maxi raccolta di prime edizioni di D.H. Lawrence, vendute alla UC Santa Barbara per 50mila dollari (era un appassionato collezionista di libri originali fin da quando aveva 20 anni). Prima di tutto però, toccava contattare il postino poeta.
«Non l'ho mai visto ubriaco» è il titolo choc di un’intervista di Jonathan Smith, l'unica mai tradotta in italiano, pubblicata online da Vice nel 2014. Per forza: i due si sono incontrati di persona una manciata di volte in tutta la loro carriera, sentendosi principalmente al telefono o scrivendosi. E in quelle occasioni, in cui bisognava parlare d'affari, Bukowski si faceva trovare evidentemente meno sbronzo del solito. L'amico ideale per il misantropo Charles, secondo cui il miglior dono che potesse fargli un fan era quello della sua assenza. Niente di più semplice, per cominciare, che prendere un po' di scritti sparsi e riordinarli in un diario. «Mi mandava il manoscritto man mano che lo scriveva, e dopo aver letto ogni capitolo dovevo sedermi, ricompormi e sperare che non fosse tutto vero - racconta in quell’intervista -. Credevo in lui quanto credevo in me stesso: una fede quasi religiosa, una cosa a cui non si può smettere di credere». Nacque così Taccuino di un vecchio porco (o sporcaccione, secondo le traduzioni), il primo vero libro di Bukowski. Fu preceduto da un piccolo opuscolo nel 66, True Story, pubblicato in appena 30 copie: una sorta di prova generale per amici e parenti. Convinto che avrebbe attirato più dei racconti, Martin si fece scrivere anche un romanzo da tenere di scorta: Post Office, in realtà un "concept" di disperate istantanee biografiche sul mortificante mestiere appena abbandonato. Potrà pubblicarlo con comodo due anni dopo: il successo del Taccuino sarà folgorante, almeno per le aspettative da cui erano partiti. Sarà sempre la moglie di Martin a escogitare anche l'originale impaginazione: il formato da 10x24 cm, più grande delle misure standard e adatto allo scaffale, divenne una nota distintiva della casa. Anche questo contribuì alla vittoria, immediata, della scommessa: quasi da subito il personaggio di Henry "Hank" Chinaski, detto "Gambe d'elefante", divenne il fenomeno letterario e culturale di livello mondiale, che ancora conosciamo. E il compenso passerà a 10mila dollari ogni due settimane.
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kyda · 4 months
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e allora, eccomi qui
ho deciso e calcolato che finirò assolutamente oggi girl with dove ed entro venerdì the life of charlotte brontë perché in totale per entrambi mi mancano più o meno 200 pagine; la raccolta di racconti di gogol' che ho iniziato continuerò a leggerla con calma anche oltre questo mese ma in queste settimane voglio leggere almeno i due racconti di natale giusto perché sono nel mood (anche se ci sono streghe che banchettano con il sangue dei bambini, il che non è natalizio AFFATTO ma vedremo, avrò sicuramente un'opinione più accurata quando li avrò letti); continuo poi blackwater, anche questo senza troppa fretta, anche se comunque sono audiolibri e sicuramente finirò la saga molto presto visto che in questi giorni devo pulire tipo tutta la casa; se riesco e mi va finisco anche sorcery of thorns, che sto leggendo sul cellulare molto alla leggera soprattutto quando mi viene il sonno e sono a letto, e poi mi godo la raccolta che mi ha regalato ieri mamma perché penso che sia perfetta per questo periodo e direi che può bastare così per ora dai
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