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#spazio temporale
capitanharlock78 · 1 year
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all the works of leiji matsumoto
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arreton · 1 year
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Sanno di mentire, ma non sanno che stanno mentendo.
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Il desiderio sessuale, quando è reciproco, dà vita a un complotto di due persone contro il resto dei complotti in atto nell’universo.
È una cospirazione a due.
Il piano è offrire all'altro una possibilità di respiro in mezzo al dolore del mondo.
Non la felicità, ma una sorta di sospensione fisica davanti all’enorme responsabilità dei corpi nei confronti del dolore.
In ogni desiderio c’è tanta compassione quanto appetito. Entrambe le cose si complementano. Il desiderio è inconcepibile senza la ferita.
Chi vive senza ferite, vive anche senza desiderio.
Il desiderio si propone di proteggere il corpo desiderato dalla tragedia che lo raffigura, e ancor di più, si sente in grado di farlo.
La cospirazione consiste nel creare insieme uno spazio, un luogo, necessariamente temporale, per esimersi dalla ferita inguaribile della carne.
Questo luogo è l'interno dell’altro corpo.
I cospiratori si perdono, ciascuno dentro dell’altro, dove nessuno potrà mai scovarli.
Il desiderio è uno scambio di nascondigli.
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John Berger, "My beautiful"
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nusta · 4 months
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Si avvicina la fine dell'anno ed è sempre un periodo pieno di pensieri. Sono come le nuvole dell'altro giorno, che arrivano veloci su un cielo che fino a pochi minuti prima era azzurro. Poi magari se ne vanno altrettanto rapidamente, ma a volte restano lì a fare massa critica e il temporale si scatena.
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Sono giornate di alti e bassi. Ieri ho fatto una scorpacciata al ristorante giapponese con due mie care amiche, ci siamo scambiate i regali e mille chiacchiere, ma ce ne vorrebbero un milione per averne abbastanza. Oggi ho saputo che una mia collega, l'ennesima, è incinta. Stasera ho fatto i biscotti dopo tanti anni che non li facevo. Qualcuno si è bruciato sul fondo, gli altri sembrano venuti bene, vedremo quando si raffreddano: quando si sperimenta qualcosa può andare storto e vabbè.
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Ho sempre voglia di fare e poi mi limito a pensare, e forse ormai certe porte sono chiuse. Chissà. Scommetto che se vado a prendere la lista dei buoni propositi i soliti noti sono ancora in attesa. Forse devo essere più pragmatica, le buone intenzioni lasciano troppo spazio di manovra al mio istinto di procrastinatrice cronica. Vedremo.
Vorrei leggere di più, cucinare cose nuove, muovermi e rilassarmi. Le mie amiche lo sanno e si capisce dai regali che ho ricevuto.
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Chissà cosa mi porterà l'anno prossimo, chissà cosa riuscirò a prendere tra ciò che sarà alla mia portata, chissà se troverò il modo di arrivare oltre. Chissà.
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thetasteofthesoul · 3 days
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Il desiderio sessuale, quando è reciproco, dà vita a un complotto di due persone contro il resto dei complotti in atto nell’universo.
È una cospirazione a due.
Il piano è offrire all'altro una possibilità di respiro in mezzo al dolore del mondo.
Non la felicità, ma una sorta di sospensione fisica davanti all’enorme responsabilità dei corpi nei confronti del dolore.
In ogni desiderio c’è tanta compassione quanto appetito. Entrambe le cose si complementano. Il desiderio è inconcepibile senza la ferita.
Chi vive senza ferite, vive anche senza desiderio.
Il desiderio si propone di proteggere il corpo desiderato dalla tragedia che lo raffigura, e ancor di più, si sente in grado di farlo.
La cospirazione consiste nel creare insieme uno spazio, un luogo, necessariamente temporale, per esimersi dalla ferita inguaribile della carne.
Questo luogo è l'interno dell’altro corpo.
I cospiratori si perdono, ciascuno dentro dell’altro, dove nessuno potrà mai scovarli.
Il desiderio è uno scambio di nascondigli.
John Berger, "My beautiful"
(Trad. Milton Fernández)
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caoticoflusso · 5 days
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oggi in autobus fra la calca ho posato lo sguardo su una coppia, avranno avuto trentasei anni a vicenda su per giù. due bambini, di cui uno era seduto in braccio alla mamma, aveva la mano adagiata teneramente sul vetro e con gli occhi esplorava un po’ le macchine ferme al semaforo, indicando qualche cane al loro interno. ho pensato a quanto splendore abbiano le cose se viste da una prospettiva diversa, una prospettiva temporale decisamente opposta alla nostra: quella di un bambino, o una bambina.
la voce del più piccolo esclama: ‘che bella città!!’ come se non ci fosse stato mai, come se non sapesse neanche lui dove si trovasse. l’ingenuità delle sue parole, miste a quelle del più grande che con disinvoltura, guardava il resto dei passeggeri. talvolta pensiamo che ingenuità equivalga a stupidità e che, una volta cresciuti, è un bene lasciar spazio a consapevolezze e astuzia. io la penso sempre in modo diverso, il candore e l’innocenza devono far parte di noi per mantenere quello sguardo mai perso che possedevano quei bambini/quelle bambine che non abbiamo mai smesso d’essere. (sono quasi sicura che io abbia espresso una teoria del fanciullino rivisitata da me, un po’ moderna e meno intellettuale)
i due bimbi, infine, decidono di tirare la catena della borsa che avevano fra i due sedili, ho dedotto fosse della madre. il più piccolo, sorride. e così fa anche il più grande, con tanto di: ‘continua, stiamo facendo musica’ e c’ho trovato poeticità.
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patriziacavalleri · 8 months
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"Mi piace la parola “altrove” perché definisce un luogo che non c’è ancora, un mondo che non ha una collocazione precisa nel tempo o nello spazio, ma proprio per questo ne definisce l’essere. “Sono qui” implica un collocarsi, un situarsi, uno stare immobile. Al contrario “sono altrove” implica la consapevolezza che non tutto è evidente, ma vive e si estrinseca in un futuro che non è soltanto una dimensione temporale, ma soprattutto un contorno dell’anima."
Guido Mazzolini
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SENSI DELL'ARTE - di Gianpiero Menniti
LA VIOLENZA DELLA TRADIZIONE
Non è mai semplice, per il nostro tempo, comprendere l’opera d’arte che risale nei secoli, la sua origine, la sua ragione, la sua finalità. Si dimentica che l’artista solo tra Ottocento e Novecento ha realizzato la propria libertà d’espressione e soprattutto di scelta dell’oggetto rappresentato. E si tralascia anche la sottile distanza che ha sempre connotato il contenuto, frequentemente richiesto e riproposto, dallo stile della composizione: il medesimo “oggetto” muta attraverso pochi cenni delle figure, la scena, lo sfondo, la luce, i colori. Così, l’oblio della memoria consuma anche il vero significato della tradizione: non pedissequa ripetizione dell’immutabile ma sempre il riflesso di un’interpretazione. L’interpretazione configura il tradimento: la stessa etimologia del tardo latino lascia scivolare la “consegna” in un passaggio che altera di per sè la cosa rimessa. Si tratta di un tradimento necessario, pena la fine stessa dell’espressione d’arte. Ma un tradimento che poggia le sue radici su un’interpretazione che precede: ermeneutica di un’ermeneutica. Non importa che sia un testo letterario o un testo pittorico: lo sguardo abbraccia sempre un’immagine. L’origine scompare. Così, al “Parnaso” (1495 - 1497, Louvre, Parigi) di Andrea Mantegna (1431 - 1506) che trasuda esibita regalità, si contrappone il “Festino degli dei” (1514, National Gallery of Art, Washington) di Giovanni Bellini (1429 - 1516) dal quale emerge il riflesso sorprendente di una nascosta “ricreazione” delle figure divine: appartate, finalmente lontane dagli occhi mortali, abbandonano la loro funzione regale, la partecipazione alle vicende umane fino a raccogliersi nella modestia dei gesti. Pochi anni dividono questi due dipinti. Eppure, lo spazio temporale non giustifica l’abisso della dissonanza. Tra i due, il “Parnaso” (1510 - 1511) della Stanza della Segnatura (Musei Vaticani), l’affresco realizzato da Raffello (1483 - 1520) che mostra dei e mortali uniti nella celebrazione della poesia. Ecco l’anello di congiunzione. Ma è di nuovo un tradimento. Ancora la violenza dell’interpretazione. Il trascendimento della tradizione è, infine, il segno di un passaggio d’epoca. Che fa violenza al passato. A similitudine del processo naturale di nascita e di morte. Nulla permane. Niente è mai assoluto. Nella vita come nell’arte.
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tiaspettoaltrove · 2 months
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Ti aspetto altrove.
“Ti aspetto altrove”, perché solo lì potrei farlo: in un’altra vita, in un’altra epoca, in un altro mondo. Siamo incatenati, e mi è impossibile essere totalmente me stesso al 100%. Viviamo una vita viziata dal condizionamento altrui, da direzioni stabilite in modo predeterminato, da decisioni che calano dall’alto di un potere materiale. Siamo schiavi e vittime di una realtà artificiale che ci ha irrimediabilmente ingabbiato per sempre, qui. Siamo parvenza di verità, bugie celate male, paure preponderanti. Siamo pedine di un sistema arzigogolato che però svolge egregiamente il suo lavoro. Siamo sempre meno umani, e sempre più involucri. Tu troverai sempre un ragazzo normale nella tua vita, non me. Perché io non posso essere trovato, io m’impedisco di farmi trovare. Mi celo dietro un’aura da bravo ragazzo che mi compete, mi caratterizza, ma al contempo mi limita anche. Ti aspetto altrove perché qui non potrei trattarti come vorrei. Non potrei dettarti la linea, non potrei tenere il polso della situazione, non potrei amarti follemente come vorrei. Finirei invece col far sbiadire la lucidità che serve per sopravvivere, col non rispettare i limiti del buon senso, col tenermi a bada ancor più di quanto faccio, naturalmente, di già. Sfocerei nel totale estremismo che qui e ora mi delinea e basta, sullo sfondo, marginalmente. Ma la carne che brucia può farlo davvero solo altrove, col dolore lancinante che diviene il piacere più ricercato ma (qui) negato. Con la propensione all’esplorazione totale, e non parziale. Con l’annullamento della negazione, del rifiuto, del rinvio. “Quando e come voglio”, e qui non è possibile. Non è una sconfitta, non mi sento vinto. È un cielo cupo, che non sfocia mai in un temporale. Un perenne stato di inquietudine, nel quale il sole non s’affaccia quasi mai. Il mondo è una grande distesa, ma dove può esserci realmente spazio per due spiriti che voglion sfuggire a tutto? Donne che odiano gli uomini, uomini che riescono a farsi odiare molto bene, discriminazioni, princìpi violati. E ancora ruoli confusi, tabelle di marcia non rispettate, libertà fittizie che si sostituiscono a quella unica e vera. Ci nascondiamo dietro ai silenzi, e alle parole che usiamo per cercare di non farci cogliere in flagranza, mentre andiamo a caccia di silenzi. Un fiume di frasi sprecate, inutili, sciocche, ripetute, retoriche, inconsistenti. Suoni che nulla aggiungono alla melodia della vita. Ma mai è la verità, quella che si tocca davvero. E quindi io ti aspetto altrove perché è solo altrove, che potrei farti quello che voglio. Solo lì, potresti vedermi davvero senza compromessi, senza taciti accordi, senza che debba sempre precisare e puntualizzare tutto. Solo lì potrei sciogliermi, e donarti tutto me stesso. Solo lì, potrei dare vita all’amore più grande di sempre. Questo blog è un modo per riflettere su ciò che non va, e che di fatto non può essere cambiato. Il muro non sarà abbattuto, è troppo resistente. Come la mia corazza. E voltiamo pagina.
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Esiste uno spazio temporale tra le persone, uno spazio neutro che prende la forma di chi siamo e di chi sono stati molti prima di noi. È il luogo dell’espressione e della bellezza, del silenzio e della non luce, della comprensione. Vivere è attesa e accettazione ma mai sacrificio, mai dimenticanza di sé. Tutto vuole ricordarti che è nel credo di ciò che è variabile e impermanente, che si raffigura la crescita e l’evoluzione, la possibilità e la fioritura. Vuole ispirarti a ricordare che è affidarti, che non è trattenere, che è avere cura tu di te e a prescindere.
tizianacerra.com
(Foto Jojo Yuen, unsplash)
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ross-nekochan · 10 months
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La mia sensazione delle diverse linee spazio-temporali si è fatta sentire fortissimo stavolta.
Mi sento come se fossi ancora la ragazza di 23 anni di 5 anni fa, senza ancora nemmeno una laurea in mano e una sola amica.
Che fine hanno fatto 5 anni interi?! È come se fossi saltata via da questa linea spazio temporale per viverne altre e adesso sono risaltata sullo stesso punto. Non è cambiato niente e invece è cambiato tutto: ho 28 anni, 2 lauree, non sono venuta per studiare, ma per lavorare, non per 1 anno solo ma forse 5.
È tutto così alienante che non capisco niente. Sembra tutto un deja-vu, ma non lo è.
5年間後、ただいま東京 ❤
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aitan · 3 months
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Beato Angelico, "Cristo deriso" , affresco del convento di San Marco a Firenze (195x159 cm) risalente al 1438-1440.
Quello nella foto è un dettaglio di un'opera spettacolare di grande sinteticità ed essenzialità che riassume come su un palcoscenico teatrale le offese inferte al corpo di Cristo. Tutto narrato in un'unità spazio-temporale che la rende surreale.
Non l'ho mai visto da vicino, questo affresco.
Spero di ricordarmene la prossima volta che passo per Firenze.
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t-annhauser · 7 months
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Milano Centrale - Archivio Storico Istituto Luce
Quando alle viste appare la Stazione Centrale ti senti subito attratto dalle sue grandi tettoie che ti si fanno incontro come cornucopie da cui entrano ed escono i treni come gli zecchini della dea fortuna, ti tengono all'asciutto quando piove, ti scaldano per bene sotto il sole, sono come dei teloni di una serra agricola, però fatta di putrelle imbullonate. Un intrico di binari decide il destino dei treni in misteriose traiettorie, ci sono stati casi di treni avvistati da lontano al binario 2 che si sono arrestati dopo lungo zigzagare al binario 41, alcuni di loro non si sono più ritrovati, finiti chissà dove in una piega del continuum spazio-temporale all'interno di un tesseratto a cinque dimensioni in cui ancora adesso vagano recuperando all'infinito il loro ritardo di 17 minuti.
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garadinervi · 1 year
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Grazia Varisco, Dilatazione spazio-temporale di un percorso, 1969 [© Archivio Grazia Varisco, Milano]; in Valentina Bartalesi, Accendere lo spazio. Grazia Varisco, Gianni Colombo e Marinella Pirelli, «Flash Art» 358, Fall 2022
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parolerandagie · 2 years
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Ragionamento da due soldi...
I ragazzi e le ragazze che hanno ancora da compiere 30 anni, in palestra, hanno le cuffie ed anche qualcuno che i trent’anni li ha già compiuti ha le cuffie, nonostante ci sia musica in sottofondo, quindi le cuffie non servono ad ascoltare la musica, ma ad evitare che qualcuno ti parli insieme (a parte qualche rara, ma sicuramente esistente, eccezione di chi, se non ascolta jazz latino degli anni 60 remixato in Bulgaria PROPRIO non riesce ad allenarsi, ed è vero, in palestra, in sottofondo, di  jazz latino degli anni 60 remixato in Bulgaria non ne passa tanto).
Però poi, i ragazzi e le ragazze che hanno ancora da compiere 30 anni, in palestra, quelli e quelle con le cuffie, passano gran parte del tempo dedicato al riposo tra un esercizio ed un altro a messaggiare, chattare, scambiarsi opinioni, faccine, vignette buffe, e chi sa che altro, tramite la loro app di messaggistica preferita  tramite un sòcial, con qualcuno (magari anche qualcuno che è lì, in palestra); ed anche qualcuno che i trent’anni li ha già compiuti fa altrettanto.
Cioè, ne deduco, non è che le cuffie messe su per evitare che qualcuno ti parli insieme siano l’evidenza di una voglia di isolarsi e non comunicare con l’umanità tutta, non sono, le cuffie, il sintomo del rifiuto ad interagire, no, sono la prova che  i ragazzi e le ragazze che hanno ancora da compiere 30 anni (o buona parte di essi ed esse) hanno una gran paura delle comunicazioni spontanee, non filtrate, quelle che si fanno parlandosi direttamente, quelle che subiscono la dura legge del Metastasio (vóce del sén fuggita pòi richiamàr non vale, ricordate?) quelle che, a differenza dei messaggi da mandare, non possono essere rilette e corrette prima di inviarle, e di cui quindi poi ci si deve assumere una immediata responsabilità, quelle che, a differenza dei vocali, potrebbero subire obiezioni ed interruzioni in diretta.
Ne deduco anche che, questo contatto continuo, anche quando non si condivide lo stesso luogo fisico, con un (certo e selezionato) gruppo di sodali, se all’apparenza potrebbe sembrare un’espansione del confine dettato dal corpo e dalla sua collocazione spazio-temporale, è in realtà un sottrarsi al nuovo, all’inaspettato, a quello che non si conosce, rifugiandosi sempre e comunque nello sperimentato, nel conosciuto e nel riconoscibile, anche quando è lontano da dove sono: è una fuga.
E se la mia deduzione mai fosse corretta, anche solo parzialmente, non sarebbe una bella cosa.
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scienza-magia · 2 months
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Interazione fra tempo relativistico e quantistico
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Un ponte tra due mondi: la rivoluzionaria scoperta del tempo quantistico. Questo è un concetto profondamente diverso dalla nostra intuizione quotidiana del tempo come una grandezza uniforme e assoluta. Abbiamo appurato che la coscienza è soggetta ai fenomeni quantistici ed è, di conseguenza eterna, ma cosa significa eterno? Il tempo esiste anche nel mondo quantistico o è un nostra invenzione? Le divergenze concettuali tra la relatività generale e la meccanica quantistica hanno prodotto una frattura epistemologica significativa, mettendo a dura prova la nostra comprensione dell’universo. Questo scisma concettuale ha posto una sfida monumentale: conciliare due visioni del tempo apparentemente inconciliabili. Da un lato, la relatività generale, dall’altro, la meccanica quantistica, con la sua visione rivoluzionaria della realtà. Un conflitto di visioni La relatività generale ha introdotto il concetto di “spaziotempo“, unificando lo spazio e il tempo in una singola entità geometrica e riconoscendogli una simmetria e una connessione senza precedenti. Secondo questa teoria, il tempo non è semplicemente una dimensione indipendente, ma è intrecciato inestricabilmente con lo spazio, plasmando la struttura stessa dell’universo. In questo contesto, il tempo diventa una sorta di “quarta dimensione”, equiparabile alle tre dimensioni spaziali e in grado di influenzare e di essere influenzato dalla gravità e dalla materia. Dall’altro lato, la meccanica quantistica ha presentato una prospettiva completamente diversa sul tempo. Secondo questa teoria, il tempo è trattato come un parametro esterno, una sorta di sfondo su cui si svolgono gli eventi fisici, ma che non fa parte integrante del tessuto stesso della realtà. In questo contesto, il tempo non ha una natura intrinseca, ma è piuttosto una convenzione umana, un’illusione soggettiva che emerge dall’interazione tra osservatore e sistema osservato. Questa dicotomia concettuale ha generato un profondo scisma nella nostra comprensione dell’universo, aprendo la strada a dibattiti filosofici e scientifici di vasta portata. Un ponte fra due mondi Nonostante le apparenti incongruenze tra le due teorie, il lavoro condotto dal gruppo di ricerca dell’Istituto dei Sistemi Complessi del Cnr-Isc e dell’Università di Firenze ha dimostrato che è possibile superare questo conflitto concettuale e costruire un ponte fra le due visioni del tempo. Lo studio propone una descrizione completamente quantistica del tempo, in grado di unificare le equazioni che governano l’evoluzione temporale dei sistemi fisici, sia nella fisica classica che nella meccanica quantistica. Questo approccio innovativo si basa sul “meccanismo di Page and Wootters“, che associa l’idea di tempo allo stato di un orologio. Secondo questa proposta, il tempo è intrinsecamente legato allo stato di un sistema fisico e può essere definito in relazione alla sua evoluzione nel tempo. Questo concetto si basa sull’idea che il tempo è una nozione intrinseca alla natura stessa della realtà e non può essere considerato come un semplice parametro esterno. Secondo questa prospettiva, il tempo è intrecciato inestricabilmente con lo spazio e la materia, plasmando la struttura stessa dell’universo e influenzando il suo sviluppo nel corso del tempo. Il meccanismo di Page and Wootters Il meccanismo di Page and Wootters, introdotto circa quarant’anni fa da fisici pionieristici nel campo della meccanica quantistica, è una proposta rivoluzionaria che getta le basi per una nuova comprensione del tempo. Il meccanismo di Page and Wootters si colloca nel contesto della meccanica quantistica, un ramo della fisica che descrive il comportamento delle particelle subatomiche e dei sistemi microscopici. In questa teoria, i sistemi fisici sono descritti da funzioni d’onda quantistiche che evolvono nel tempo secondo le equazioni di Schrödinger. Il punto chiave del meccanismo di Page and Wootters è che suggerisce che il tempo, anziché essere una grandezza esterna o indipendente, è piuttosto legato allo stato quantistico dei sistemi fisici stessi. Immaginiamo di avere un orologio quantistico, cioè un sistema fisico che obbedisce alle leggi della meccanica quantistica. Secondo questo meccanismo, il tempo sarebbe definito da uno stato quantistico specifico di questo orologio. Ma cosa significa “stato quantistico“? Nella meccanica quantistica, gli stati dei sistemi sono descritti da funzioni d’onda che rappresentano la probabilità di trovare il sistema in uno stato specifico quando viene misurato. Queste funzioni d’onda possono essere complesse e coinvolgere una grande quantità di informazioni sui sistemi. Quindi, il meccanismo di Page and Wootters suggerisce che possiamo interpretare lo stato quantistico di un sistema come una sorta di “registro” che contiene tutte le informazioni necessarie per descrivere l’evoluzione temporale del sistema stesso. Il tempo, quindi, non sarebbe una grandezza separata o distinta, ma piuttosto emergerebbe dall’evoluzione dello stato quantistico del sistema nel tempo. Questo è un concetto profondamente diverso dalla nostra intuizione quotidiana del tempo come una grandezza uniforme e assoluta. Invece, suggerisce che il tempo è intimamente legato alla dinamica dei sistemi fisici stessi, offrendo una nuova prospettiva sulla sua natura e sul suo significato all’interno della meccanica quantistica. Un modello senza tempo Il modello proposto dai ricercatori consiste in un orologio e un sistema quantistico, fortemente correlati attraverso l’entanglement, ma non interagenti direttamente. Questo modello, che potremmo definire un “modello senza tempo“, cerca di cogliere l’essenza stessa del tempo, oltre le convenzioni e le illusioni umane. Aggiungendo al meccanismo di Page and Wootters la descrizione del “quantum-to-classical crossover“, i ricercatori dimostrano l’esistenza di un parametro temporale per il sistema, indipendentemente dalla trattazione quantistica o classica. Facciamo chiarezza. Quantum-to-Classical Crossover Il quantum-to-classical crossover è un concetto chiave nel comprendere come i sistemi macroscopici, come quelli che osserviamo nel mondo quotidiano, possano essere descritti dalle leggi della fisica classica, nonostante i loro costituenti microscopici obbediscano alle leggi della meccanica quantistica. Questo fenomeno si verifica quando un sistema macroscopico diventa così grande che gli effetti quantistici diventano trascurabili e il sistema inizia a comportarsi in modo simile a un sistema classico. In altre parole, su larga scala, le particelle che costituiscono un sistema macroscopico interagiscono tra loro in modo tale da comportarsi come particelle classiche, obbedendo alle leggi della fisica classica anziché alla meccanica quantistica. Questo fenomeno è fondamentale per la nostra comprensione del passaggio graduale dalla meccanica quantistica alla fisica classica quando consideriamo sistemi su larga scala. Questo significa che, nonostante il sistema sia governato dalle leggi della meccanica quantistica, sulla scala macroscopica può essere descritto in termini classici. In altre parole, il modello suggerisce che anche quando non siamo consapevoli dei fenomeni quantistici, come nel caso della nostra esperienza quotidiana del tempo, il sistema può ancora manifestare comportamenti che riflettono la sua natura quantistica. Questo è fondamentale per comprendere come, nonostante la complessità della meccanica quantistica, possiamo ancora percepire e interagire con il mondo intorno a noi attraverso il filtro della fisica classica. Il tempo non è una mera convenzione umana, ma una caratteristica intrinseca della realtà stessa, che può essere compresa solo attraverso un’analisi approfondita dei fenomeni quantistici. Le implicazioni tangibili Questo studio ha unificato le due teorie del tempo, quella classica e quella quantistica, fornendo un quadro teorico che integra entrambe le prospettive. Tradizionalmente, la fisica classica e la meccanica quantistica hanno offerto interpretazioni divergenti del concetto di tempo. I ricercatori hanno superato questa dicotomia, dimostrando che il tempo non può essere separato in una manifestazione quantistica e una classica, ma piuttosto rappresenta un’unica entità che emerge dall’entanglement quantistico dei sistemi fisici. In altre parole, il tempo è una manifestazione dell’entanglement stesso, estendendosi sia ai sistemi quantistici che a quelli classici. Questa unificazione delle due visioni del tempo è stata resa possibile dall’introduzione del “modello senza tempo” proposto dai ricercatori. Questo modello ha fornito una nuova prospettiva sulla natura del tempo, suggerendo che sia una caratteristica intrinseca della realtà stessa, emergente dall’interazione dei sistemi fisici attraverso l’entanglement. Read the full article
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