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#stai sul pezzo
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Calma e sangue freddo - Luca Dirisio
È stata la mia colonna sonora di ogni mattina delle superiori, l'unica canzone in grado di calmarmi prima delle verifiche e interrogazioni
Grazie Luca 🎧
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shashashina · 1 year
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Me and Danny
Avvertenze: 18+, sesso non protetto, nsfw, masturbazione, i miei personaggi sono all'ultimo anno delle superiori e hanno entrambi 18 anni.
Trama: Tu e Danny passate dall'essere sconosciuti ad amici fino a diventare fidanzati, e un pomeriggio, durante una sessione di studio, le cose prendono una piega diversa.
Conteggio parole: 2.745
So che ci ho messo un po' a postare e mi dispiace, ma sono stata impegnata e non sapevo come scrivere un pezzo della storia, ma oggi ho trovato un po' di tempo per completarla. Spero davvero che vi piaccia, mettete mi piace o commentate, mi scuso anche se ci sono degli errori, in tal caso fatemelo sapere e cercherò di correggerli.
Prima che qualcuno possa prendermi in giro, Danny è completamente un ragazzo in questa storia, non perché sminuisca il suo essere un ragazzo trans o qualcosa del genere, solo perché semplicemente non sono ancora in grado di scrivere storie che trattino adeguatamente l'essere transessuale e io non voglio essere offensivo in nessun modo, spero che possiate comprendere la mia scelta e mi scuso se qualcuno si sentirà offeso, non è mia intenzione. 
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Prima di fidanzarci io e Danny eravamo semplici conoscenti, nella stessa scuola fin dalle elementari, ma mai così vicini da essere amici o da salutarsi nei corridoi della scuola, ma qualcosa è cambiato all'inizio dell'ultimo anno delle superiori scuola. C'era la pausa pranzo e io stavo mangiando seduto sul palco del teatro scolastico, lontano da tutti gli altri studenti che erano a mensa, non mi piaceva molto stare con gli altri, preferivo a volte la solitudine, e infatti Ero solo, almeno finché Danny e i suoi 3 amici irruppero in teatro ridendo e chiacchierando, quando si accorsero della mia presenza abbassarono di qualche tono la voce, sembrava che stessero confabulando qualcosa, era insolito che all'ora di pranzo ci fosse qualcuno nel teatro lontano da me, così hanno attirato la mia attenzione, ho provato ad ascoltare di cosa stavano parlando ma ho avuto davvero difficoltà a capire, finché uno di loro non ha urlato "Certo, questo sarà lo scherzo più epico mai, ne parleranno per anni nelle navate laterali” risero tutti. In quel momento ho incrociato gli occhi con Danny, ho sempre pensato che fosse carino, ma in quel momento, con la luce fioca del teatro e il suo sorriso sfacciato, il mio cuore ha saltato qualche battito e le mie guance sono arrossate. "Ehi tu, vuoi unirti a noi per preparare lo scherzo del secolo?" quella domanda univa le nostre strade e i nostri cuori, nessuno di noi due poteva sapere che quelle due lettere che pronunciai dopo ci avrebbero uniti in quel modo… “Sì” dissi saltando giù dal palco e avvicinandomi “Che cosa avevi in ​​mente ?” Passarono i successivi 15 minuti a spiegarmi il piano e gli occhi di Danny finivano su di me troppo spesso, me ne accorgevo visto che anch'io ogni tanto lo guardavo con la coda dell'occhio... Alla fine il piano non è riuscito e anzi tutti e 5 abbiamo ricevuto una bella punizione per un mese intero per pulire le aule della scuola, in quel mese io e Danny abbiamo legato molto, parlavamo spesso durante i compiti, era inevitabile che prima o poi uno dei due si sentisse il bisogno di chiedere un appuntamento, ero io “Ehi, um, Danny? Mi chiedevo se ti andrebbe di uscire con me qualche volta..." Ripetevo questa semplice frase nella mia testa per almeno 10 minuti, provando tutto il tono di voce che avevo, cercando di prepararmi per ogni possibile scenario, da lui ridendo di me a lui che accetta… mi sono ritrovata davanti al suo armadietto senza nemmeno rendermene conto, lui era lì a ridacchiare con i suoi amici, appena mi ha visto ha sorriso e mi ha fatto segno: “Ehi, come va? Stai bene? Hai la faccia tutta rossa…” Ha provato a portarmi la mano in faccia ma involontariamente mi sono scansato con un po' troppo fervore, “Sì, sto bene, alla grande” ho detto guardando la sua espressione perplessa, “Mi chiedevo se Potrei parlarti un attimo in privato…” Alla mia richiesta sembrò ancora più confuso, ma non esitò ad allontanarsi dall'armadietto e dai suoi amici, afferrandomi per il polso e quasi trascinandomi in un'aula vuota, "COSÌ? Di cosa si tratta? Sei sicuro di stare bene?" Lui e il suo dannato modo di essere così gentile e premuroso, mi mandano la mente in tilt e il mio cuore in subbuglio. "Sì, sto bene, volevo chiederti, beh, se vuoi... ti piacerebbe uscire con me?" La mia voce è uscita molto più forte di quanto avrei voluto, quasi urlavo, ero imbarazzato, mi sentivo completamente nervoso, finché non ha risposto... “Sì ok, ma non urlare, sento perfettamente” mi mette una mano sulla testa, che fino ad allora era piegato, per poi spostarlo sulla guancia spingendomi ad alzare lo sguardo per guardare i suoi occhi, occhi azzurri nei quali i miei sono totalmente immersi: “Quindi è un appuntamento?” Chiese con un sorriso tra l’imbarazzato e l’arrogante… “Sì, immagino che si possa chiamarlo così”. Uscimmo quello stesso fine settimana, andammo al cinema e poi alla sala giochi, prendemmo degli hot dog e una coca cola e lui mi accompagnò a casa: "È stato divertente, mi è piaciuto uscire con te, è bello incontrarci in un posto così diverso da a scuola qualche volta” dico “Sì, mi sono divertito molto anche io, mi piace stare con te, sei molto simpatico e carino, dovremmo uscire più spesso insieme, magari la prossima volta scelgo il film” dice affrontando il fatto che sono stato io a scegliere il film da vedere al cinema, “Ok va bene, la prossima volta scegli il film” “Buonanotte” mi ha dato un bacio sulla guancia e nemmeno il tempo di realizzare l'azione che stava facendo stava già andando via, penso che anche lui non si fosse reso conto di quello che aveva fatto e abbia agito d'impulso, il che spiega perché sembrava stesse scappando "Buonanotte Danny!" Ho urlato in giro per il vicinato, lui ha alzato la mano in risposta... Le settimane passano e il nostro rapporto cresce sempre di più, finché una sera durante una passeggiata nel parco, mano nella mano, avviene il nostro primo bacio. Mentirei se dicessi di non aver immaginato le sue morbide labbra sulle mie almeno un centinaio di volte da quando mi ha chiesto di unirmi a lui e ai suoi amici nello scherzo del secolo. Le sue labbra erano migliori di quanto immaginassi, il nostro bacio è durato solo pochi secondi, ma è stato fantastico, ho avuto altri baci in passato, ma nessuno batteva questo. Da quel momento ci siamo fidanzati e adesso lui è nella mia stanza, sul mio letto, a fare il ripasso per gli esami che ci saranno a breve, sembra molto tranquillo, per lui è facile, è molto più bravo di me all'esame, mentre io sono in ansia, studio da giorni ma faccio fatica a memorizzare quello che leggo… Mancano due giorni e non ho più speranze: “Ehi, non credi che te la prendi un po' troppo sul serio? Ti ammalerai se continui a studiare così tanto e a stressarti in questo modo” dice prendendo il mio libro di testo dalle sue mani e appoggiandolo sul comodino accanto al letto. “Lo so, e hai ragione, ma mi sembra che più leggo e meno capisco, non voglio che gli esami vadano male, ho bisogno di voti alti per entrare in una buona università e se potrei anche ottenere la borsa di studio, sarei meno peso per i miei genitori” dico cercando di prendere il libro dal comodino “Sì, ma devi anche capire che stai studiando da giorni e che il tuo cervello ha bisogno di una pausa per poter memorizzare meglio, che ne dici se andiamo a prenderci un frappè?” Mi prende la mano e mi costringe ad alzarmi dal letto, mi spinge leggermente verso la porta e a quel punto non ho proprio né l'energia né la voglia di reagire, sa essere davvero testardo e sinceramente non lo farei mente un frappè, usciamo dalla porta e la consapevolezza di non essere uscita di casa da un giorno e mezzo mi colpisce subito, sono felice di avere Danny che si prende cura di me e mi incoraggia a stare meglio. Andiamo a prendere il frappè e nel frattempo mi godo la passeggiata, quando torno a casa mi sento molto meno stanco di quando sono uscito, mi ha fatto bene prendere una boccata d'aria e andare a fare una passeggiata. Torno sul letto e quando sto per riprendere in mano il libro Danny si mette in mezzo “Eh no, è l'ora delle coccole, quasi non mi calcoli da quando sono qui, ho bisogno i miei 20 o 30 minuti di attenzione” “Uffa, ok, ma poi niente più interruzioni” dico fingendomi scocciato, in realtà ha ragione, ero troppo occupato a studiare che non gli ho nemmeno parlato, merita tutta la mia attenzione , almeno per 30 minuti. Mi fa sdraiare sul letto e si mette tra le mie braccia, il suo viso nell'incavo del mio collo, percepisco il suo respiro caldo e poi anche le sue labbra, mi dà piccoli baci sul collo, si muove lentamente, ora mordicchiando e succhiandomi la pelle, un piccolo gemito esce dalle mie labbra, sento il calore farsi strada attraverso il mio corpo. Si sposta dal collo alla clavicola sinistra, sposta la mano sul mio fianco, non l'abbiamo mai fatto prima, i miei genitori non sono nemmeno a casa adesso, quindi penso che stia prendendo l'iniziativa, mi guarda con uno sguardo profondo e mi bacia, i suoi baci restano sempre i migliori, ma questa volta c'è di più, non so cosa abbia creato questa situazione, ma non mi dispiace. La sua lingua e la mia si uniscono e ancora una volta gemo, lui si allontana da me e mi fissa “Se continui a gemere non credo che riuscirò a fermarmi” “Non credo di volere che tu smetta” Dico prendendogli il viso tra le mani e avvicinando nuovamente le sue labbra alle mie, la sua mano si sposta sull'orlo della mia camicia. Ci infila le dita sotto e le sento fredde sulla mia pelle, lui è sempre stato un tipo da freddo, in contrasto con la mia sempre calda, mi vengono i brividi e l'eccitazione cresce, continuiamo a baciarci e le mie dita, invece, si fanno aggrovigliata tra i suoi capelli, tirandoli appena un po', è il suo momento di gemere. Ci allontaniamo lentamente dal bacio e lui si siede in ginocchio, sembra che stia cercando di capire la sua prossima mossa, mi guarda negli occhi e a quel punto capisco che entrambi vogliamo oltrepassare quel limite e fare il passo successivo . Imito la sua posizione e mi siedo anch'io in ginocchio, ricomincio a baciarlo e le mie mani si appoggiano con fermezza sull'orlo della sua maglietta e la sollevo, gli tolgo la maglietta e inizio a baciarlo sul mento, poi sul collo e poi sulla clavicola lascio dei succhiotti, le mie mani si spostano sulla sua cintura, la slaccio e gli sbottono i jeans, sento il suo respiro farsi più pesante… torno a baciarlo e le sue mani scivolano ancora una volta sotto la mia maglietta e mi afferra dolcemente i fianchi, intanto lui mi solleva la maglietta, io mi ritrovo davanti a lui in reggiseno. Lui mi osserva come se guardasse un quadro “Sei bellissima” dice e mi bacia, le sue mani tornano sul mio corpo, con una mano mi afferra il sedere e con l'altra me lo porta dietro al collo per approfondire la Bacio ancora di più… Le mie mani corrono tra la sua schiena e il suo petto, “Danny” sussurro il suo nome in un gemito. Ci separiamo dal bacio “Sei sicura di voler continuare? Se vuoi cambiare idea puoi dirmi...” “Sono sicuro, sei sicuro?” "Stai scherzando? Sogno questo momento ormai da mesi” sorridiamo alla sua risposta. Mi slaccio il reggiseno e lui ancora una volta mi guarda come se fossi un quadro, ma lui mi slaccia i jeans e mi aiuta a toglierli, io mi sdraio sul letto mentre lui si toglie i jeans e rimaniamo entrambi in mutande. Si posiziona su di me e così facendo sento la sua erezione, le sue mani finiscono sul mio seno mentre inizia a mordermi il collo e passa lentamente al mio seno, succhia e lecca, inarco un po' la schiena per l'eccitazione, uno dei le sue mani scende ad esplorare e si ferma sul pizzo delle mie mutandine, poi scivola più in basso, la mia umidità trasuda da esse e lui che prima era intento a succhiarmi il capezzolo lo sento sorridere sulla mia pelle. Le sue dita premono sul clitoride massaggiandolo dolcemente, mi esce un gemito dalle labbra e d'istinto afferro i cappelli di Danny, lui mi guarda e sorride in modo impertinente, con lo sguardo di chi sa di fare la cosa giusta, mi bacia, ma Onestamente non voglio essere l'unico a continuare a provare piacere, la mia mano si sposta verso la sua erezione massaggiandola un po' "YN" anche lui geme adesso, e il suo respiro pesante manda scosse attraverso il mio corpo, lasciami continuare a toccarlo mentre lui continua a toccarmi, ci guardiamo negli occhi mentre continuiamo a darci piacere a vicenda. Sento che sto per raggiungere l'orgasmo e credo che se ne sia accorto anche lui, continua a strofinarsi le dita ma aumenta la velocità, raggiungo l'orgasmo e lo trattengo, ho avuto un orgasmo intenso che dura almeno 15 secondi, secondi in cui non ha smesso di stimolarmi. Lo bacio, un bacio sciatto, ne voglio di più adesso. “Danny, sono pronto, ti voglio” “Ti voglio anch'io” si libera delle mutande e mi aiuta a liberarmi delle mie, si posiziona ancora una volta su di me e preme la sua erezione sulla mia entrata, si posiziona meglio e spinge finché non mi entra dentro “Fa male? Che domanda stupida, certo che fa male” dice “Ehi, no, non è una domanda stupida, fa male, ma non quanto pensavo, vai avanti” fa, spinge ancora più a fondo e io afferro i fogli, lui inizia a muoversi, lo sento dentro di me, pensavo sul serio che facesse più male, ma no, in poco tempo sento il piacere aumentare. Mi tengo alle spalle di Danny e questo lo incoraggia ad aumentare l'intensità, le mie gambe si avvolgono intorno alla sua vita e questo finisce per spingerlo più profondamente dentro di me "YN, cazzo, mi sento benissimo" geme nel mio orecchio, questo mi fa stringere ancora di più, sento che mi sto avvicinando di nuovo all'orgasmo e penso che anche lui si stia avvicinando. Mi gira e mi spinge a sedermi su di lui, ora siamo tutti e due seduti, lui sul letto ed io su di lui, la posizione lo fa andare ancora più in profondità, ora sono io che mi muovo e lui regola l'intensità spingendo i miei fianchi, noi bacio, tra gemiti e respiri pesanti mi avvicino molto più velocemente alla fine, lui si stacca dal bacio e inizia a baciarmi il collo e ad afferrarmi il seno tra le sue mani, io invece tengo le dita tra i suoi capelli. “YN, cazzo, sto arrivando” “Anch'io Danny” Non ho nemmeno il tempo di dirlo sento l'orgasmo investire i miei sensi e subito dopo sento Danny liberarsi dentro di me. Ci guardiamo negli occhi per qualche secondo, con i nostri respiri irregolari quasi sincronizzati, poi lui decide di sdraiarsi portandomi giù con sé, esce e mi bacia, un bacio dolcissimo, mi sorride e poi “Io ti amo YN, sono felice di averti chiesto di unirti a me e ai miei amici quel giorno a teatro” era la prima volta che diceva ti amo, ed ero così felice di ciò “Ti amo anch'io Danny” I guardalo negli occhi, i suoi occhi sono i più belli che abbia mai visto, e ho la sensazione che possa vedermi nella mia anima, mi sento bene con lui, ho imparato ad apprezzare la compagnia delle persone e a socializzare di più, mi sostiene per me molto più di quanto possa ammettere a me stesso. Mi tiene tra le sue braccia e ci addormentiamo così, in totale beatitudine. Passano due giorni e arriva il fatidico giorno delle prove, lo superiamo entrambi, lui con ottimi voti, io con voti decisamente più alti di quanto mi aspettassi, c'è da dire che Danny mi ha aiutato molto ad imparare e memorizzare e che le coccole sessione è stata uno stimolo incredibile per spingermi a studiare di più. Sono felice di averti chiesto di unirti a me e ai miei amici quel giorno a teatro” era la prima volta che diceva ti amo, e ne ero così felice “Ti amo anch'io Danny” Lo guardo negli occhi , i suoi occhi sono i più belli che abbia mai visto, e ho la sensazione che possa vedermi nella mia anima, mi sento bene con lui, ho imparato ad apprezzare la compagnia delle persone e a socializzare di più, mi sostiene molto di più di quanto sono in grado di ammettere a me stesso. Mi tiene tra le sue braccia e ci addormentiamo così, in totale beatitudine. Passano due giorni e arriva il fatidico giorno delle prove, lo superiamo entrambi, lui con ottimi voti, io con voti decisamente più alti di quanto mi aspettassi, c'è da dire che Danny mi ha aiutato molto ad imparare e memorizzare e che le coccole sessione è stata uno stimolo incredibile per spingermi a studiare di più. Sono felice di averti chiesto di unirti a me e ai miei amici quel giorno a teatro” era la prima volta che diceva ti amo, e ne ero così felice “Ti amo anch'io Danny” Lo guardo negli occhi , i suoi occhi sono i più belli che abbia mai visto, e ho la sensazione che possa vedermi nella mia anima, mi sento bene con lui, ho imparato ad apprezzare la compagnia delle persone e a socializzare di più, mi sostiene molto di più di quanto sono in grado di ammettere a me stesso. Mi tiene tra le sue braccia e ci addormentiamo così, in totale beatitudine. Passano due giorni e arriva il fatidico giorno delle prove, lo superiamo entrambi, lui con ottimi voti, io con voti decisamente più alti di quanto mi aspettassi, c'è da dire che Danny mi ha aiutato molto ad imparare e memorizzare e che le coccole sessione è stata uno stimolo incredibile per spingermi a studiare di più.
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hope-now-and-live · 8 days
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Ispirato a: Foglie Morte, Remedios Varo, 1956
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Ti sei perso, vero? Dove sei? Cosa stai facendo della tua vita? Stai tirando a campare, non è così? Sì. È questo ciò che stai facendo. Stai tentando di sopravvivere, lasciandoti trasportare ora da questo, ora da quello. Si può dire che tu abbia davvero costruito qualcosa? Forse no, alla fine dei conti. Forse sei solo un fallito. Un fallito che...
- Eccomi, sono qui, - una voce familiare - scusa il ritardo, mia nonna voleva raccontarmi a tutti i costi quello che Perla ha combinato oggi.
Ora stava connettendo. Perla, il gatto. E lei era Arianna. Bella, ma soprattutto piena di vita, con i capelli rossi e uno sguardo sempre affettuoso e vivace.
- Che ha combinato Perla? - si costrinse a chiedere.
- Ha rovesciato la fruttiera dalla tavola, per giocare. Come abbia fatto nessuno l'ha capito, perché pesa un quintale, quella fruttiera. Allora, dove andiamo?
Forse non era stata una buona idea, o forse sì. Il fatto era che stava davvero male da troppo, da settimane, e non credeva proprio di avere le energie e la concentrazione per stare accanto ad una persona come Arianna. Uscivano da qualche mese e lui l'adorava, pensava fosse perfetta, ma era stanco, davvero troppo stanco di sentirsi sempre fuori posto, indegno, incapace. Era una sensazione costante ormai, e non per colpa di lei. Era semplicemente l'acqua stagnante in cui era immerso. L'energia degli altri era certamente una meraviglia, ma lo faceva sentire ancora peggio, ancora più lontano da loro e dalla normalità.
- Andiamo, andiamo...- era veramente faticoso rispondere alla sua domanda. Aveva già pensato a qualcosa da un pezzo, ma cosa? Doveva concentrarsi - andiamo al parco. Che ne dici?
Le foglie morte svolazzavano attorno a loro, sospinte dal vento freddo di un pomeriggio di novembre. Mentre camminavano si sorprese a cercare un modo, delle parole, per poter mettere fine alla loro frequentazione. Mentre ci pensava si sentiva morire, ma era peggio pensare alla prospettiva di fingersi normale, interessato, simpatico, sul pezzo, quando invece la realtà era così diversa.
- Ma va tutto bene? - chiese Arianna.
- No.
Si fermarono di fronte alle strisce pedonali. Il semaforo dei pedoni era ancora rosso.
- Che succede? 
- Non posso farlo, Arianna. 
Non si aspettava che sarebbero uscite così facilmente, le parole. Le macchine continuavano a passare, creando sbuffi di vento che facevano ondeggiare i capelli della ragazza. Ed era così bella, cavolo.
- Cosa? Cosa non puoi fare?
- Non posso continuare ad uscire con te, - rispose senza guardarla negli occhi - perché non sto bene.
Aveva forse l'influenza? Voleva tornare a casa?
- No, no, il corpo sta bene. Non sto bene...dentro.
Arianna spostò lo sguardo sulla strada, seria. Il sole era già sparito dietro al profilo delle case e iniziava lentamente ad arrivare il buio.
- Sì. Me n'ero accorta.
Se n'era accorta? Nonostante tutta la fatica che aveva fatto per sembrare la persona più normale di questo mondo? Forse era inevitabile che trapelasse qualcosa. La guardò disperato. Non avrebbe mai voluto iniziare quella conversazione, ma non aveva scampo.
- Mi dispiace Arianna, non avrei dovuto iniziare ad uscire con te in queste condizioni. Ti prego, perdonami. Pensavo che forse...
Nel frattempo era scattato il verde e i due si erano mossi per attraversare.
-Pensavo...che non fosse così grave. Pensavo di potercela fare...mi capisci?
-A me va bene lo stesso. Non ho pretese verso di te, non devi essere perfetto, - la sua voce tremava – desidero solo starti accanto, perché...
Una parte di lui riuscì a percepire l'ultima frase, ma la accantonò in un angolo lontano della sua coscienza. L'ultima cosa che vide furono gli occhi lucidi della ragazza. Anzi no, fu il colore cupo del cielo che si specchiava nella pozzanghera a bordo strada. L'ultima cosa che udì fu l'urlo di lei. Poi il buio, il buio per un bel pezzo.
Quando aprì gli occhi, era perso. Sì, la sensazione era quella, di smarrimento totale, come se non avesse idea neppure di che tipo fosse il terreno sul quale stava camminando. Aveva infatti la sensazione di camminare, ma i suoi piedi erano fermi. Ad un certo punto si percepì come se stesse correndo, fuggendo via. Da cosa? Da sé stesso? Non lo sapeva, ma mentre credeva di fuggire, non riusciva a staccarsi dal punto in cui si trovava. Respirava affannosamente, ma non ne sentiva il suono. Piangeva, ma niente stava bagnando le sue gote. Il suo corpo c'era, ma non c'era. Reagiva, ma non sentiva.
C'era un silenzio assoluto. Forse fluttuava, sì, era staccato da tutto e fluttuava nel vuoto. O forse non era vuoto, sembrava una materia grigiastra o color seppia, nella quale si trovava invischiato. Vedeva in lontananza qualcosa di bello e luminoso, sembrava un giardino, un parco. Cioè, in realtà non lo vedeva, ma sapeva che era là fuori, a poca distanza. Impossibile raggiungerlo però, perché si era perso. Non sapeva quale fosse la via d'uscita dal labirinto, quel labirinto grigio, nel quale ogni passo sembrava pesare una tonnellata, e lui si trovava esattamente al centro. O meglio, lui era il centro. Il labirinto era lui. O forse sarebbe stato più corretto dire che il labirinto era dentro di lui.
Un filo verde smeraldo. Lo vide con la coda dell'occhio. Al limite del suo campo visivo c'era un filo verde, sottile, sembrava uno di quei fili di cotone che sua nonna usava per cucire e rammendare i calzini. Allungò una mano e tastò intorno per riuscire a sfiorarlo, ma questo movimento fece fluttuare il suo corpo e roteare tutto il labirinto. Ebbe all'istante un forte senso di nausea. Muoversi costava una fatica immensa, faceva male. Ma quel filo...quel filo era attraente. Sentiva che era importante afferrarlo, in qualche modo. Bastava un altro movimento solo. Avrebbe probabilmente avuto un conato di vomito, ma sentiva che doveva farlo.
In quel momento, un enorme e orrendo uccello scarlatto si staccò da lui e volò via gridando con un'agghiacciante voce umana piena di paura. Sparì, inghiottito dal labirinto e dall'ovattata e vischiosa materia color seppia. Un peso enorme se n'era andato. Adesso sì, adesso poteva farlo, muoversi era improvvisamente più semplice di prima. Un uccellino bianco si posò sulla sua spalla. Era leggero, piccolo come il suo dito mignolo e pigolava dolcemente. Sembrava quasi che lo stesse incoraggiando. Il filo ondeggiò impaziente e sentì chiamare il suo nome. Riconosceva quella voce, sapeva benissimo chi lo stava chiamando.
Continuò ad aggrapparsi al filo e si arrampicava, tirava, andava avanti lungo le strade del labirinto. L'uscita era lontana, ma c'era: il filo verde stava indicando la via, la distanza dalla luce del giardino era sempre più breve e il richiamo di quella voce era sempre più nitido e vicino. Fu davvero faticoso, ma riuscì ad arrivare in un punto in cui vedeva perfettamente l'uscita. L'uccellino svolazzò di fronte a lui, sempre più felice, cinguettava euforico.
Improvvisamente la vide: era meravigliosa, più bella che mai, tendeva le braccia e in una mano teneva saldamente l'altro capo del filo verde. Lo guardava con il più gioioso degli sguardi.
-Arianna...
Lei continuava a gridare il suo nome. Mentre la guardava negli occhi e continuava ad avanzare con l'aiuto del filo, sentì che lentamente gli tornavano le parole, stavano risalendo la sua gola e finalmente non era più un peso lasciarle uscire.
-Scusa Arianna, io ti voglio nella mia vita con tutte le mie forze, non volevo allontanarti...
-Non ho pretese verso di te, non devi essere perfetto, desidero solo starti accanto, - rispose Arianna con le lacrime agli occhi, la sua voce tremava – perché...ho capito che voglio te.
Mentre ascoltava quelle parole che riemergevano dall'oscurità della coscienza, pensò che ci sarebbe voluto del tempo e sicuramente un aiuto, ma poteva ricominciare daccapo. E senza escludere Arianna dalla sua vita. Adesso che stava piangendo finalmente sentì il calore delle lacrime bagnare la sua pelle. Sentì il peso del suo corpo, non fluttuava, percepì il terreno con chiarezza sotto di lui. Quel mondo ovattato e oppressivo sfumò lentamente, lasciando posto alla luce, una luce bianca. Gli occhi di Arianna lo accolsero nuovamente nel mondo. Fu questa la sensazione, quel giorno fu come nascere per la seconda volta.
-Ehi...sei tornato, - disse lei, a voce bassa, poi si girò indietro raggiante – si è svegliato!
Lui non disse niente, solo sorrise. Nel suo campo visivo entrarono sua madre, suo padre e un paio di volti sconosciuti.
-Si riprenderà, signora. No certo, non si preoccupi. Un paio di settimane. Non ci saranno conseguenze a lungo termine. Suo figlio è stato molto fortunato.
@hope-now-and-live
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libero-de-mente · 3 months
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Un sabato sera dai minuti contati questo.
Raggiunta casa di mia madre, entro in silenzio e come immaginavo lei è già a letto. Le chiudo la porta della camera per non disturbarla, mentre sistemo la spesa che le ho fatto, controllo nel frigorifero le confezioni di alimenti scadute. Le rimuovo buttando il contenuto negli organici.
Lei puntigliosa su queste cose, ora non le riesce più di controllarle.
Un rapido riassetto alla casa, ma non le metto a posto tutto. So quanto ci tenga a dimostrare di saperci ancora fare con le pulizie, diciamo che pulisco dove c'è da spostare o alzare qualcosa di pesante.
Mi giunge la telefonata di figlio 2 "Papà ci sono le pizze da infornare, sai che dopo devo uscire".
Mi avvio a casa, dopo aver avuto cura di sistemare le medicine dentro il porta pillole settimanale, in modo che mia madre non sbagli.
La frase di mio figlio "...sai che dopo devo uscire" era incompleta.
La verità è che lo dovrò accompagnare io. In auto raccogliendo tre suoi amici.
Le pizze sono uscite molto buone questa sera, forse la pioggia che insiste me le farebbe gustare meglio se Gabriele non uscisse. Se ancora per un sabato sera fosse il mio scricciolo a casa. Ma non sarebbe giusto per lui.
Appuntamento sotto lo stadio cittadino, poi seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino, poi la strada la trovi da te, porta a una pensilina dove c'è un altro amico per voi tre. Anzi quattro, maledetta rima.
Li ascolto parlare, mi fanno sorridere e anche ridere. Non hanno nulla che non vada bene. Sono ventenni con la voglia di vivere e divertirsi. Lo ero anche io. Forse non sentendomi mai amico al pari degli altri.
Tipo strano "il Rino", sempre assorto e spesso assente.
Li lascio alla pensilina concordata dove il quinto amico li aspetta, e si fanno i nomi di altri che arriveranno più tardi. Forse.
Li saluto, Gabriele inaspettatamente mi saluta baciandomi. "Non ti preoccupare pa' sarò bravo e starò attento, come vuoi tu".
Non ho nulla da obiettare, riparto. Alla prima rotatoria inverto il senso di marcia, un'ultima occhiata a qui sorrisi, a quella complicità di amici che legano le proprie vite in un patto di sangue, di quelli indissolubili che se ben curate, come relazioni, potrebbero durare davvero a lungo.
Nel mio ritorno solitario penso alle mie amicizie perse, al fatto che mi sento solo ed estraneo anche in mezzo ad altre persone.
Ho sempre pensato che la mia vita non avesse un senso, ma un senso l'ho trovato. Sono i sorrisi dei miei figli, la gioia dei loro successi, gli occhi innamorati di chi sceglieranno come persone con cui condividere la vita.
Questo non me lo voglio perdere. Mi madre e mio padre queste cose non le hanno mai viste. Mai. Io le voglio assaporare.
E mentre alla radio passa il brano "I love my life" di Robbie Williams, le sue parole:
I love my life
I am wonderful
I am magical
I am me
I love my life
Mi squarciano il cuore, e la pioggia è come se battesse direttamente sui miei occhi, e non sul parabrezza.
Sono solo, ovvero mi sento solo, ma dovrò aspettare. Aspetterò i successi e le gioie dei miei figli, prima di mollare.
Piove, vedo centinaia di ragazzi che si avviano alla discoteca.
Poco dopo incontro le ragazze sfruttate per dare del sesso a pagamento sui bordi delle strade.
Vorrei fermarmi, dare loro una coperta che le ripari, qualcosa di caldo da bere e la possibilità di dire loro: vai, sei libera. Puoi fare altro nella tua vita, perché hai forza di volontà da vendere.
Solo durante questi pensieri mi accorgo che in radio passa Sweet Disposition un pezzo che trovo meraviglioso dei The Temper Trap
A moment, a love
A dream, aloud
A kiss, a cry
Our rights, our wrongs
A moment, a love
A dream, aloud
A moment, a love
A dream, aloud
Stay there
'Cause I'll be coming over
And while our blood's still young
It's so young, it runs
Won't stop 'til it's over
Won't stop to surrender
Avere la forza, di superare, di aspettare chi è un passo indietro.
Mi sento maledettamente solo, anche se non lo sono. Sto male.
Ma in questo sabato sera i miei figli, chi in un modo e chi nell'altro, si divertiranno. Questo conta. Ne basta uno anomalo in famiglia. E quello sono io.
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canesenzafissadimora · 11 months
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Che fortuna abbiamo avuto noi che abbiamo incrociato e da allora per sempre provato ad essere all’altezza della tua discrezione, della tua sincerità, del rigore che non perde mai l’ironia, la capacità di chiedere come stai e poi ascoltare attento, di esserci sempre quando c’era bisogno, a volte all’improvviso, proprio all’ultimo momento, altre volte prima, così tanto prima che uno ti diceva: Andrea, è presto. C’è tempo. Va bene, ma intanto cominciamo – diceva quella tua voce fonda, autorevole, accogliente. Intanto prepariamoci. La cura delle piccole cose, l’ostinazione nella ricerca e l’esercizio permanente del dubbio- sempre, sempre: il dubbio anche di sé, della propria capacità di aver inteso, la conferma negli occhi degli altri, in altre fonti, in altre prove. La tenacia tante volte solitaria, la risata sempre all’erta, in bilico sul buio. Che fortuna chi ti ha letto per anni, ti ha seguito in tv da casa, ha imparato e compreso, ha saputo. Chi ti ha accompagnato nelle più divertenti avventure, incredibili proprio, quando nessuno capiva dove stavate andando ma voi sì, tu più di tutti sempre. Chi ha fatto notte con te a parlare di cinema, i tuoi film amatissimi, le giornate infinite al Lido, e poi a discutere di politica, ne sapevi sempre scorgere la rotta, la preveggenza nitida, il bandolo dei grandi misteri: c’è sempre un dettaglio che deve essere sfuggito, dicevi alle redazioni di ragazzi adoranti. Cerchiamolo. L’eleganza. Quel modo di parlare, di camminare, di occupare lo spazio nel mondo. Inconfondibile, eppure a volte invisibile. L’amore, dato e ricevuto in quantità fuori misura. Ti portiamo. Poco poco, un pezzo ciascuno. Ce la faremo, fidati. Abbiamo imparato dal migliore.
dalla rubrica di oggi su @larepubblica
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kon-igi · 1 year
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In questa nostra foto del pranzo di Natale ci sono tante cose che si vedono e molte altre che sono invisibili.
Intanto ciò che è ben visibile è la mia solita camicia da boscaiolo a scacchi che nemmeno quest’anno le mie donne sono riuscite a nascondere, poi la mia bottiglia di Donosu Cannonau direttamente da Conca Sa Raighina per il mio sonnellino disintossicante sul divano e infine un sacco di gente.
Alcuni sono presenti solo nei ricordi perché nel lungo cammino della vita ci hanno superato per andare oltre (talvolta davvero troppo presto), altri invece sono con noi per la prima volta, perché ‘famiglia’ non significa solo legami di sangue.
Famiglia è il fuoco del camino a cui si aggiunge un pezzo di legna tutta la volta che la nostra porta viene aperta per far entrare qualcuno, famiglia è la risata condivisa per scherzi antichi con cui salutiamo i nuovi arrivati, famiglia è l’invito a ritornare nella nostra casa a chi la famiglia ce l’ha lontana... oppure non ce l’ha più. 
Questi siamo noi.
Non brave persone perché accogliamo e accudiamo ma persone che, come te che mi stai leggendo, possono fermarsi e aspettare chi è rimasto indietro qualche passo, l’unico grande potere concessoci per tenere a bada l’oscurità.
<3  
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ragazza-whintigale · 11 days
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𝖄𝖆𝖓𝖉𝖊𝖗𝖊 𝕵𝖚𝖉𝖊 𝕯𝖚𝖆𝖗𝖙𝖊 𝖝 𝖗𝖊𝖆𝖉𝖊𝖗 𝖝 𝖄𝖆𝖓𝖉𝖊𝖗𝖊 𝕮𝖆𝖗𝖉𝖆𝖓 𝕲𝖗𝖊𝖊𝖓𝖇𝖗𝖎𝖆𝖗
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𝔒𝔭𝔢𝔯𝔞 ➵ Cruel Prince
𝔄𝔳𝔳𝔢𝔯𝔱𝔢𝔫𝔷𝔢 ➵ Comportamento Yandere, fem Reader, contenuto sessuale esplicito e implicito, rapporti sessuali impliciti, minaccia , manipolazione emotiva, squilibrio di potere a danni di Mc, contenuto Lgbt, Dom Jude, Soft dom Cardan, Sub Reader.
𝔓𝔞𝔯𝔬𝔩𝔢 ➵ 1461
⟢𝙿𝚛𝚎𝚌𝚎𝚍𝚎𝚗𝚝𝚎 / 𝚂𝚞𝚌𝚌𝚎𝚜𝚜𝚒𝚟𝚘 ⟣
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Per l’Alta Corte girava voce che l’Alto Re e l’Alta Regina avessero un amante. Una persona che i due condividevano, tuttavia non si sapeva chi fosse.
Alcuni supponevano fosse un mortale, altri dicevano fosse uno del Popolo.
Poi si facevano supposizioni sul sesso di detto amante. Femmina o Maschi.
In tutto questo lady (nome), che assiste da lontano un qualche Fae del palazzo, era tutto fuor che impressionata o sorpresa.
Lei è la così detta ‘amante’ dell’Alto Re e dell’Alta Regina. Nessuno avrebbe mai potuto sospettare di qualcuno che non aveva neppure l'occasione di interagire con i due regnanti. Forse era quello il motivo per cui era stata scelta. Qualcuno - non poteva ricordare chi esattamente - glielo aveva detto: Lei era la persona meno probabile. Il fatto che ancora nessuno era riuscito a scoprire chi fosse aveva reso le supposizioni della Regina più che corrette, beh… almeno fino a qualche settimana dietro.
Sfogliò il foglio ingiallito. Non sapeva di cosa era fatto e non era sicura di volerlo sapere, ha smesso di cercare una ragione negli usi qui ad Elfhame, in ogni caso non sarebbe rimasta a lungo in questo posto, aveva intenzione di andarsene il prima possibile.
Non appena il suo debito sarebbe stato saldato.
Le parole scritte con la magia ritraevano l’esistenza di un compagno di letto dei due sovrani, tuttavia nessuno aveva capito chi fosse.
Quando ha letto per la prima volta quel foglietto, aveva riportato i suoi dubbi a Jude e Cardan che risero alla sua preoccupazione lanciandole scuse poco più che al limite della rassicurazione. Poi hanno mandato tutto al vento nel loro crescente piacere. Il discorso non fu più aperto e lei non continuò a esporlo e veniva ancora segretamente scortata ogni giorno nelle loro stanze per riempire il loro tempo.
Facendo un veloce calcolo, passava più tempo con i due di quanto qualsiasi altro membro della corte a parte Jude e Cardan stessi. Oggi era una di quelle infinite giornate.
❝ Per Mab, (nome) non hai freddo vestita così.❞ I passi di Jude erano vicini, troppo vicino. Precisamente dietro di lei, la conferma arrivò quando le posò qualcosa sulle spalle sottili. Il pezzo di stoffa era grande e lungo, questo le faceva supporre appartenesse a uno dei due, forse a Jude stessa. O forse era semplicemente una coperta.
A volte aveva l’impressione di fasciarsi troppo la testa, e forse veramente per loro lei era più di un animale da compagnia. Ma poi era facile confondersi quando la vostra distanza di età era di oltre 10 anni.
Lady (nome) ha dovuto imparare molto presto che tutto questo era nella norma qui se non anche meno del normale.
Esiste molto di peggio, le aveva assicurato una volta Cardan mentre le faceva cerchi sulla schiena. Era la prima notte che era stata scortata da loro.
Jude l’ha tirata verso sé, schiacciando il suo petto con la schiena della mortale, chiudendo intorno alla sua figura la coperta che le aveva poggiato poco prima. Questa era una delle situazioni ‘normali’ a cui non poteva ancora smettere di arrossire e a Jude sembrava piacere questa semplice innocenza. L’avevano messa in situazioni molto peggiori di queste e ancora cose così semplici l’avrebbero imbarazzata a tal punto.
Piccoli elogi le caddero dalla labbra aumentando l’imbarazzo, facendo sentire (nome) - per l’ennesima volta - più al pari di un animale domestico che un amante.
❝Cosa stai leggendo di così interessante da ignorarci? ❞ Le dita di Jude componevano cerchi concentrici sul suo fianco mentre si sporgeva per leggere il contenuto. Cardan era uscito dal bagno con quel comportamento arioso e placido che lo contraddistingue, accentuato dalla doccia calda e dal rossore provocato dalla bottiglia di vino che aveva scolato. (Nome) si riteneva fortunata che i Fae non avessero lo stesso modo di reagire mortale all'ubriachezza. Sei mai quella poteva essere definita ubriachezza.
Lady (nome) abbassò il foglio abbastanza da permettere una facile lettura, consapevole che non sarebbe servito a nulla nasconderlo, lo avrebbero scoperto ugualmente. ❝ Ancora con questa storia? ❞ Cardan si era avvicinato per leggere, e il suo brusco commento non ha fatto molto per allentare la tensione. L’imbarazzo svanì completamente lasciando spazio a dubbio e timore ❝ Non è normale che io abbia paura? ❞ I lati del foglio si sono stropicciati sotto la tua presa. ❝ Nessuno ci rimetterebbe più di me in tutta questa storia. ❞ Un sospiro lasciò le labbra della Regina, poi le stesse labbra posarono un bacio sul retro dell’orecchio mandando brividi lungo tutto il corpo della ragazza. ❝ Mi sembra di averti già spiegato che ho tutto sotto controllo. Alla fine era inevitabile avrebbero scoperto dell’esistenza di qualcun altro…❞ Cardan si è seduto sul letto, (nome) non l’ha visto ma lo ha sentito. Il peso al suo fianco era aumentato, le mani del Re spostarono le gambe della mortale sopra le proprie, accarezzando la pelle nuda.
Per la prima volta erano calde le mani di Cardan. Era una sensazione piacevole e disgustosa allo stesso tempo. Il suo corpo rispondeva ormai a comando ai loro tocchi e questo la ripugnava abbastanza da cercare di ritrarre la gambe inutilmente. Le mani del sovrano strinsero la presa in una silenziosa minaccia a rimanere dove era. Non c’era il solito conforto che di solito lui rappresentava.
Decise di abbandonarsi nuovamente a loro.
Un sorriso tirò le labbra del Re e poco si poteva intuire cosa gli passasse per la testa. ❝ C-cosa intendi…? ❞ Il dubbio si insinuò persistente in lei. Se fosse stati loro a far trapelare la notizia come avvertimento. Per darle la consapevolezza del loro potere, capacità e influenza. Del diritto che avevano su di lei ma soprattutto del fatto che ancora gli apparteneva.
Loro avrebbero potuto tranquillamente mettere la voce di un amante per farle capire quanto lei necessitasse di loro o che non era ancora uscita da quella situazione abbastanza da poter fare una qualsiasi acrobazia azzardata.
(Nome) avrebbe voluto ritirarsi su se stessa con le gambe abbastanza vicine da poterle abbracciare e farsi più piccola in confronto alle due potenze che la circondavano.
Non riusciva a vedere Jude ma dallo sguardo di Cardan si poteva dedurre che sicuramente qualcosa era leggibile nella sua espressione.
Non ebbe il coraggio di girarsi
❝ Oh cara sei così carina quando fingi di non capire. ❞ Cardan rise con ironia e leggerezza mentre accarezzava, in un vago intento di tranquillizzarla, la pelle nuda. Eppure (nome) non ci trovava niente di divertente in quella situazione, anzi il tutto era sempre più inquietante. Non stava nemmeno fingendo come lui supponeva. Non tutti nascondevano la propria intelligenza sotto un velo di ignoranza come avevano fatto loro.
Lei non era stata presente durante la loro storia, ma conosceva il finale. ❝ Pensi che nessuno abbia sentito le tue dolci urla. ❞ Non si era accorta di aver mai urlato così forte da essere sentita . Un rossore si diffuse sul viso della ragazza nella consapevolezza delle scorsi notti. I due risero inteneriti mentre Jude si alzava dal suo posto. Il foglio di cronaca che aveva prima tra le mani era caduto a terra, e Jude lo raccolse. Lo lesse velocemente e lo strappo in 4.
(Nome) guardò sconcertata l’azione seguendo ancora la regina con lo sguardo, mentre si spostava verso il caminetto. In un attimo, prima ancora che qualcuno potesse obiettare, i pezzi di carta sono stati gettati nel fuoco.
❝ Cosi va molto meglio, ora non avrai più motivo di pensarci. ❞ Lo sguardo della Regina di Elfhame era su di lei, mentre lei guardava il foglio diventare cenere davanti ai suoi occhi.
Si chiese se avessero ragione, se veramente era solo paranoica. Forse si poteva godere tutto questo senza che diventasse un pericolo. Ma non era stata Jude stessa a dirle di non credere a niente che era offerto dalla corte? Lei e suo marito erano la corte. Modellata e governata da loro per loro, lei era una pedina su cui giocare.
La mano di Cardan posava sulla sua guancia ora, guidandola a distogliere lo sguardo dal fuoco per averlo per se. Gli occhi color mezzanotte con l’anello dorato intorno alla pupilla erano quasi ipnotici. Si trovò quasi a chiedersi se qualcuno potesse mai sospettare che ci fosse qualcuno che lui avrebbe guardato con lo stesso ardore e desiderio con cui guardava sua moglie.
❝ Ora ricominciamo da dove ci siamo interrotti.❞ Niente li aveva interrotti in realtà e lui era ancora in bagno quando era arrivata. Tuttavia non disse niente. Non disse che era ancora dubbiosa. Non disse che nonostante il foglio fosse stato bruciato il problema persiste. Non disse nemmeno che in quel momento voleva rimanere da sola, come tutte le altre sere prima di queste. Ma giustamente nessuna di quelle cose trovò posto per essere dette o ascoltate.
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lunamarish · 2 months
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Spiego il bourn-out.
Hai la vita che ti piace, fai ciò che ami, sei realizzata. Hai i tuoi amici, la tua routine, i tuoi hobby. Vivi nella città che ami e che ti emoziona ogni volta che cammini per strada.
Ti innamori. Ti fidanzi. Lui viene trasferito per lavoro in un'altra regione. "Vieni con me?" E che fai? Non vai? Vai. "Tanto sono solo sei mesi." Tu fai sei mesi la pendolare. 2 ore di treno andata e 2 al ritorno. Ti svegli alle 5 e torni a casa alle 9. I mesi diventano 9. Poi un anno e mezzo. Poi 4.
Dopo 4 anni di pendolarità, decidi che se non c'è possibilità di ritorno e devi lasciare il tuo lavoro, i tuoi amici, la tua città. All'inizio è stimolante, poi frustrante. Non trovi nulla che sia nelle tue corde. Accetti il colloquio di una multinazionale molto famosa. Ti prendono subito. Non vorresti ma accetti lo stesso.
Dopo sei mesi di gavetta, ti promuovono subito. Odi il lavoro, ma i colleghi ti piacciono. Ti spostano di ruolo perché un collega se ne va. Ti mettono in un ufficio strategico anche se tu non vuoi. "Sono solo tre mesi". I mesi passano, il capo ti abbandona, ti riempie di attività, ti dice di andare a delle riunioni al posto suo con clienti importanti avvisandoti all'ultimo e tu vai senza avere idea di cosa dire ma qualcosa ti inventi, ti mandano all'estero da sola, ti danno altre attività. Tu lo dici, lo ammetti, "io non ce la faccio." Il CEO viene a parlare direttamente con te. "Tu ti sottovaluti, certo che ce la fai."
Inizi a dover essere reperibile 7/7. Ti scrivono dal Giappone, dal Messico, dalla Thailandia. Devi rispondere. Da te dipende il fatturato. Di giorno fai riunioni, la notte lavori. E piangi. Inizi a soffrire di coliti, gastriti, mal di testa. Non hai più voglia di niente, vuoi solo lavorare, fare tabelle. Mentre cucini controlli le mail, mentre sei a fare un aperitivo rispondi alle mail, mentre sei in spiaggia di domenica fai una call. Non vai ai compleanni dei colleghi, non fai ferie, perché sai benissimo che se non lavori mezz'ora della tua vita resti indietro e tu non puoi restare indietro.
Inizi a soffrire di insonnia, dormi tre ore a notte (se va bene) e sei contenta, perché così puoi lavorare. Prendi 10 kg in un anno, perché mangi male e ciò che mangi sono solo patatine o pane con maionese e crudo. Mangi cioccolato e biscotti. Inizi a prendere delle pastiglie per dormire. La pressione aumenta e ogni tanto ti si annebbia la vista, ma continui a rispondere alle mail. Sei stanca, vorresti solo dormire per una settimana di fila, ma non puoi. Continui a fare call, tabelle, tabelle, ancora tabelle e call. Poi le riunioni. Tabelle. Call.
Gli occhi diventano opachi, la pelle si decolora, inizi a vestirti sempre di scuro, perdi il sorriso. Ti devono operare al dente del giudizio e tu la prima cosa a cui pensi è "sì, però facciamo presto, che devo lavorare." Un'ora dopo l'intervento sei già in ufficio. "Vai a casa." dice il tuo capo, ma tu stai lì, a rispondere ai colleghi, mail, telefono, con due antidolorifici presi contemporaneamente, anche se sul foglietto illustrativo dice di non farlo assolutamente. Senti che non ti può succedere più niente. Questa non puoi essere tu, non ti riconosci più.
Vai a casa e mentre guidi hai un mancamento. Sbandi. Ti riprendi subito. La prima cosa che fai non è chiederti se stai bene, ma controllare le mail sul cellulare. Capisci che vuoi cambiare lavoro.
Inizi a cercare un lavoro che sia meno stressante. Non trovi nulla. Troppo qualificata. Troppo laureata. Troppo giovane. Troppo vecchia.
Hai un mutuo da pagare di una casa che non volevi comprare in una zona dove non volevi stare, un marito accanto felice e realizzato, amici lontani che vorresti avere vicino, una famiglia che invecchia senza che tu possa vederli ancora giovani, e inizi a pensare che l'unica soluzione sia la morte. O un miracolo. Questa non è la tua vita, ti dici, è sicuramente quella di un altro. Continui a essere sempre sul pezzo, ad essere un passo avanti a tutti, puntuale, precisa.
Iniziano a preoccuparsi per te. Sai che devi rallentare, ma non puoi, non riesci più. Sei risucchiata in un vortice e non sai come uscirne. Non ti ricordi più com'è la vita "prima", anzi, a volte dubiti che ci sia stata. Ti sei snaturata a tal punto che non sai più cosa ti piace, e quello che ti piaceva non ha più nessun gusto. Non vuoi più fare niente. L'aria aperta, il sole, la musica, non ti bastano più. Quello che ti riusciva bene, non ti riesce più. Hai la memoria più corta. Non riesci a seguire un film per più di sei minuti. Sei distratta, sei seria, sei senza energia. Non hai più paura del vuoto, perchè ci sei dentro.
Vuoi solo chiudere gli occhi. E spegnerti.
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intotheclash · 11 months
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“Mi dovrai scusare”, gli ho detto. “Ma non ci riesco proprio a spiegarti com’è fatta una cattedrale. Non ne sono proprio capace. Non posso fare meglio di così”. Il cieco è rimasto seduto immobile e mi ascoltava con la testa abbassata. Ho detto: “Il fatto è che le cattedrali non è che significhino niente di speciale per me. Niente. Le cattedrali. Sono solo cose da vedere in tv la sera tardi. Tutto lì”. È stato a quel punto che il cieco si è schiarito la gola. Gli è venuto su qualcosa. Ha tirato fuori un fazzoletto dalla tasca di dietro. Poi ha detto: “Ho capito, fratello. Non è un problema. Capita. Non stare a preoccupartene troppo”, così ha detto. “Ehi, sta’ a sentire. Me lo fai un favore? Mi è venuta un’idea. Perché non ti procuri un pezzo di carta pesante? E una penna. Proviamo a fare una cosa. Ne disegniamo una insieme. Prendi una penna e un pezzo di carta pesante. Coraggio, fratello, trovali e portali qua”, ha detto. E così sono salito di sopra. Mi pareva di non avere più un briciolo di forza nelle gambe. Me le sentivo come dopo aver fatto una corsa. Ho rovistato un po’ nello studio di mia moglie. Ho trovato delle penne a sfera in un cestino sulla scrivania. E poi mi sono sforzato di pensare a dove potevo trovare il tipo di carta che mi aveva chiesto. Sono sceso in cucina e ho trovato una busta di carta del supermercato che aveva ancora delle bucce di cipolla in fondo.
L’ho svuotata scuotendola per bene. L’ho portata di là in soggiorno e mi sono seduto per terra vicino alle gambe del cieco. Ho spostato un po’ di roba, ho allisciato la busta e l’ho stesa sul tavolino. Il cieco si è tirato giù dal divano e si è seduto accanto a me sul tappeto. Ha passato le dita sulla busta. Ne ha sfiorato su e giù i margini. I bordi, perfino i bordi. Ne ha tastato per bene gli angoli. “Perfetto”, ha detto. “Perfetto, facciamola”. Ha trovato la mia mano, quella con la penna. Ha chiuso la sua mano sulla mia. “Coraggio, fratello, disegna”, ha detto. “Disegna. Vedrai. Io ti vengo dietro. Andrà tutto bene. Comincia subito a fare come ti dico. Vedrai. Disegna”, ha detto il cieco. E così ho cominciato. Prima ho disegnato una specie di scatola che pareva una casa. Poteva essere anche la casa in cui abitavo.
Poi ci ho messo sopra un tetto. Alle due estremità del tetto, ho disegnato delle guglie. Roba da matti. “Benone”, ha detto lui. “Magnifico. Vai benissimo”, ha detto. “Non avevi mai pensato che una cosa del genere ti potesse succedere, eh, fratello? Be’, la vita è strana, sai. Lo sappiamo tutti. Continua pure. Non smettere”. Ci ho messo dentro finestre con gli archi. Ho disegnato archi rampanti. Grandi portali. Non riuscivo a smettere. I programmi della televisione erano finiti. Ho posato la penna e ho aperto e chiuso le dita. Il cieco continuava a tastare la carta. La sfiorava con la punta delle dita, passando sopra a tutto quello che avevo disegnato, e annuiva. “Vai forte”, ha detto infine. Ho ripreso la penna e lui ha ritrovato la mia mano. Ho continuato ad aggiungere particolari. Non sono certo un artista. Ma ho continuato a disegnare lo stesso. Mia moglie ha aperto gli occhi e ci ha fissato. Si è tirata a sedere sul divano, con la vestaglia tutta aperta. Ha detto: “Che cosa state facendo? Ditemelo, voglio sapere”. Non le ho risposto. Il cieco ha detto: “Stiamo disegnando una cattedrale. Ci stiamo lavorando insieme, io e lui. Premi più forte”, ha detto, rivolto a me. “Sì, così. Così va bene”, ha aggiunto. “Certo. Ce l’hai fatta, fratello. Si capisce bene, adesso. Non credevi di farcela, eh? Ma ce l’hai fatta, ti rendi conto? Adesso sì che vai forte. Capisci cosa voglio dire? Tra un attimo qui avremo un vero capolavoro. Come va il braccio?”, ha chiesto. “Ora mettici un po’ di gente. Che cattedrale è senza la gente?” Mia moglie ha chiesto: “Ma che succede? Robert, che cosa stai facendo? Si può sapere che succede?” “Tutto a posto”, le ha detto lui. “E adesso chiudi gli occhi”, ha aggiunto, rivolto a me. L’ho fatto. Li ho chiusi proprio come m’ha detto lui. “Li hai chiusi?”, ha chiesto. “Non imbrogliare”. “Li ho chiusi”, ho risposto io. “Tienili così”, ha detto. Poi ha aggiunto: “Adesso non fermarti. Continua a disegnare”. E così abbiamo continuato. Le sue dita guidavano le mie mentre la mano passava su tutta la carta. Era una sensazione che non avevo mai provato prima in vita mia. Poi lui ha detto: “Mi sa che ci siamo. Mi sa che ce l’hai fatta”, ha detto. “Da’ un po’ un’occhiata. Che te ne pare?” Ma io ho continuato a tenere gli occhi chiusi. Volevo tenerli chiusi ancora un po’. Mi pareva una cosa che dovevo fare. “Allora?”, ha chiesto. “La stai guardando?” Tenevo gli occhi ancora chiusi. Ero a casa mia. Lo sapevo. Ma avevo come la sensazione di non stare dentro a niente. “È proprio fantastica”, ho detto.
Raymond Carver - Cattedrale
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Il gioco è aperto a chiunque dal 10 Novembre fino al 31 Dicembre, giorno in cui metterò le soluzioni di tutti i livelli!
Per partecipare basta iscriversi nella chat del seguente post indicando il nickname che si vuole utilizzare.
Le varie manches saranno collegate alle canzoni da scegliere mediante dei link
Una volta scelta la canzone da completare bisogna mandare in chat privata alla sottoscritta @persa-tra-i-miei-pensieri la vostra soluzione
Le soluzioni corrette ribadisco usciranno solo il 31 Dicembre così da avere un largo margine di tempo per giocare
GIOCHI:
1° manche:
2° manche:
3° manche:
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senzalimitiblog · 2 years
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Ho amato senza condizioni solo una volta nella mia vita, era un’amore folle, al di sopra di tutto, con il destino ed il mondo contro. Un’amore che ci ha messi entrambi alla prova, il destino di due anime che si volevano ad ogni costo ma che non furono abbastanza forti per tenersi. Il nostro era un’amore iniziato male e finito allo stesso modo, anche se non era mai una fine la nostra, ma diventava ogni volta un “ti lascio qui per un attimo ma poi ti rivengo a prendere” , un amore un po’ tossico, malato, per noi i limiti non esistevano, saremmo andati contro chiunque pur di non perderci. Era un litigio continuo, mi lasciava andar via e tornava, un loop ogni giorno, secondi fatti di “ti amo, ti sposo” e altrettanti di “vaffanculo, sparisci dalla mia vita”. Noi due sognavamo una vita intera, come quella nei film o le favole che si raccontano; mi ricordo che avrebbe voluto due bimbi, una casa con un grande giardino e il cane che ci piaceva così tanto. Non eravamo perfetti, anzi eravamo troppo sbagliati, troppo diversi, insomma eravamo sempre troppo, però ci amavamo. Avevamo due vite diverse, la sua era trascurata, piena di guai e dolore la mia esattamente l’opposto. Ci hanno sempre messo l’uno contro l’altro perché il nostro amore era così invidiato da tutti che nessuno poteva sopportare di vederci così felici, noi emanavamo felicità dappertutto ogni volta che passavamo le giornate insieme e il nostro sorriso era la prova di tutto. L’ho amato dal primo giorno che l’ho visto, era la mia spalla destra, la mia arma, la mia casa, il mio rifugio, la mia droga, il mio piacere, il mio dolore, era tutto, ma le mie dimostrazioni non bastarono, al punto di arrivare a perderci definitivamente. È successo tutto così in fretta, ma, nel momento in cui ho capito che ognuno sarebbe andato per la sua strada ho sentito il mio cuore rompersi in mille pezzi, pezzi che sta volta lui non avrebbe più aggiustato. Ho lottato da sola con tutte le mie forze per riprendere il mio pezzo felicità, mi sono distrutta mentalmente e fisicamente per riavere quelle emozioni, ma non servì più a niente, se ne andò e non si voltò più. Mi ci sono serviti mesi per metabolizzare che lui non era più al mio fianco, che alla mattina sullo schermo del telefono non avrei più letto “buongiorno amore mio, stai bene stamattina?”, che non mi sarei più ritrovata i suoi occhi color cioccolato a guardare i miei blu mare, mi ci è voluto un anno per far passare un pizzico di nostalgia ma in ogni caso il dolore aveva preso il suo posto, poteva diminuire da un giorno all’altro come poteva aumentare sempre di più. Mi ci sono voluti due anni per capire che l’amore non era dolore, stavo meglio, non mi mancava più, ma purtroppo ero consapevole che non avrei mai dimenticato un pezzo della mia vita così importante. Lui mi ha cresciuta come una bambina e amata come una donna, mi ha aperto gli occhi sul mondo, mi ha fatto capire cose che prima nemmeno sapevo che significato avessero, mi ha insegnato che la vita non sempre ti porta quello che vorresti, mi ha insegnato ad inseguire i propri sogni, ad amare , ha insegnato il significato di lealtà, di rispetto, di amicizia, di famiglia e io lo ringrazio ancora oggi, anche se lui questo non lo potrà mai sapere. È stato un’amore indimenticabile, non dimenticherò mai niente, perché mi ha segnato il cuore e la cicatrice rimarrà sempre a suo posto. Il dolore che mi ha causata mi ha portato ad essere la persona che sono, determinata, ribelle, coraggiosa, e soprattutto senza limiti.🌹. -senzalimitiblog
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symphony-of-seduction · 2 months
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Purtroppo il treno ha tardato molto,quindi sei arrivata di notte fonda,sono venuto a prenderti alla stazione ed eravamo entrambi troppo stanco per divertirci così abbiamo deciso di dormire.
Non riesco a prendere sonno,al contrario di te che riposi beatamente,il pensiero di averti lì non mi fa chiudere occhio e, anzi,la testa fa mille pensieri diversi.
Non potendo più sopportare le fantasie che mi passano per la mente decido di assecondarle,così mentre dormi ti lego e ti bendo,per poi caricarti in macchina.
Durante il viaggio tu ti svegli,e sei un po' spaventata,ma io ti rassicuro facendoti capire che è tutta opera mia e appoggiandoti una mano sulla gamba.
Arriviamo in una campagna un pochino sperduta,ti faccio scendere per fare un pezzo di strada a piedi.
Dopo poco arriviamo,tu non puoi vederlo quindi ti descrivo io dove siamo;
C'è una porta nascosta dalla vegetazione sul fianco della collina,apro la porta e ti accompagno dentro con la torcia del telefono accesa,sulle pareti iniziali è pieno di lumaconi...bleah,ci inoltriamo nel tunnel dentro la collina,il terreno non è lineare e completamente sabbioso, l'aria è viziata e si respira a fatica.
Andiamo sempre più infondo,tu non dici niente,ti fidi di me,ma io ti dico ugualmente che siamo in una vecchia grotta scavata dai partigiani durante la guerra.
Quando penso che siamo arrivati abbastanza in profondità ti fermi e ti giro verso di me,comincio a sfiorarti il viso con le dita,fino alle labbra,dove mi soffermo per più tempo,tu ne approfitti per succhiarmi un dito,subito lo tiro fuori e ti afferro la mascella facendo in modo che la tua bocca non possa chiudersi, poi ti dico:" ti ho forse detto che potevi prendere l'iniziativa?"
Tu non rispondi,così ti do uno schiaffo molto leggero per poi riafferrarti la mandibola
"Se sei così ansiosa di assaggiarmi,è meglio che tu lo faccia come si deve"
Ti afferro per i capelli e ti trascino verso il basso facendoti inginocchiare sulla sabbia,non appena sei all' altezza giusta spingo il mio cazzo infondo alla tua gola non una volta,non due volte ma di continuo.
Ad un certo punto mi stanco e ti faccio rialzare,ti prendo in braccio e lo metto dentro;
Mentre ti scopo tu provi a non farmi sentire quanto ti piace tenendo la bocca chiusa,così scelgo di cambiare gioco,ti do 5 minuti di tempo per trovare l'uscita e scappare,dopo di che se dovessi raggiungerti e prenderti,non mi tratterrei più.
Scatta il tempo,passano circa 3 minuti,trovi l'uscita e provi a scappare,finito il tempo esco anche io,ti vedo in lontananza così ti corro dietro come un matto con gli ormoni a palla,ti raggiungo,mi butto su di te bloccandoti a terra,una mano sulla testa per tenerti ferma e l'altra sul collo stringendo il più possibile,te lo faccio sentire un po' sul culo,la voglia cresce sempre di più,finché non riesco più a trattenerla,lo metto nella tua figa completamente bagnata di colpo,e continuo senza sosta,tu provi ad ansimare ma il piacere di blocca in gola impossibilitato ad uscire per colpa della mia mano,non manca molto,lo tiro fuori,è tutto zuppo della tua essenza,così inizio a spingere nel culo,ma non entra.
Spingo sempre più forte,con più insistenza finché,penetrò dentro di te e,a quel punto si che ti sento,il piacere che stai provando trova il modo di farsi sentire,non ti do tregua,ti scopo il culo come se non avessi mai scopato in vita mia,fino a venirti dentro e riempirti.
Ti carico in macchina,ti porto a casa, ti lavo e ricomincio a divertirmi con te.
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lamargi · 10 months
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Da dieci anni mancavo da casa. Me ne ero andata a vivere all’estero, seguendo mio marito. Ora, vedova, ero tornata. Tante cose erano cambiate introno a me. Quella festa per la laurea di mio nipote, per esempio, dove in tanti facevano fatica a riconoscermi e io a stento mi ricordavo chi fossero.
Mio nipote, il figlio di mia figlia, non faceva eccezione. Lo avevo lasciato bambino, adesso era un bel ragazzo, appena uscito dall’adolescenza, ma decisamente bello…e …insomma….un bel pezzo di maschio, niente da dire.
Lui stesso non sapeva bene come comportarsi con me, la nonna che non vedeva da così tanto tempo. - Posso fare un ballo con mio nipote?, gli dissi andandogli vicino, quando finalmente il disc jockey aveva messo della musica un po’ più adatta alla mia età… era impettito, per nulla rilassato, anche un po’ rosso, mentre mi faceva ballare. Quando lo strinsi più a me, in un gesto che per me era solo da nonna affettuosa, quale non fu la mia sorpresa nel sentire qualcosa di duro che premeva contro la mia coscia….si sdivincolò subito e non ci fu più verso di ballare con lui quella sera….
Ma non ero rimasta indifferente a quella erezione che avevo sentito, e sorridevo fra me quando ci ripensavo nei giorni successivi: ero lusingata che una donna della mia età, ben sopra i 60, potesse ancora attrarre un giovanotto….e trovavo eccitante che quel pensiero proibito riguardasse …mio nipote.
Finii con l’invitarlo a cena a casa mia, con la scusa di parlare un poco, di conoscerci meglio…visto che ero la sua nonna.
- A che stai pensando?, mi dissi mentre mi truccavo, con un rossetto un po’ troppo rosso, un po’ troppo acceso (e lo sapevo benissimo)
- perché proprio questo?, mi chiesi mentre indossavo un vestito un po’ troppo corto (e me ne rendevo conto)
- - perché reggicalze e non dei collant?, mi disse una voce mentre infilavo calze velate (e sapevo che sarebbero state molto sexy sotto quel vestito)
- e queste scarpe?, la mia coscienza ancora parlava, mentre sceglievo le scarpe più rosse e con il tacco più alto che avessi (ma ormai, dopo tutti quegli altri strumenti di seduzione, avrei dovuto frenarmi proprio sulle scarpe?)
La cena fu splendida e lui dolcissimo. Un po’ di vino lo rese meno rigido e impacciato di quanto fosse all’inizio….quando intrecciai le dita della mia mano con le sue, lo sentii sobbalzare…..ancor più quando più volte sfiorai le sue ginocchia con le mie sotto il tavolo…
Fu così dolce quando mi confessò impappinandosi dei suoi problemi con le ragazze…
Era ancora il mio dolce nipotino, quando dopo la cena lo invitai ad accomodarsi sul divano, sedetti vicino a lui e gli offrii qualcosa di forte….
Ma io ero già sempre meno sua nonna quando presi la sua mano per guidarla tra le mie cosce sotto la gonna e al tempo stesso lo attiravo a me per baciarlo mettendogli la lingua in bocca…
Eravamo una nonna è un nipote incestuosi già mentre lo tenevo per le mani portandomelo in camera da letto……ma quando in camera gli tolsi i vestiti di dosso e salii su di lui anche l’ultimo sussurro della mia coscienza si era zittito, e al posto di nonna c’era solo una femmina piena di voglia…..
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melancomine · 1 year
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BREATHE | peter parker x lettrice
trama: sei ad un'importante cena di famiglia quando peter parker, il tuo amico d'infanzia, si siede vicino a te e la cena passa in secondo piano.
pairing: peter parker x lettrice y/n (mi riferisco a tasm ma può essere qualsiasi peter se lo desideri)
avvertenze: smut esplicito, sesso non protetto, cose in luogo pubblico
word count: 2,3k
masterlist | wattpad
"È il compleanno di Tim, devi venire. Sai quanto ci tiene." ti rimprovera tua mamma mentre si mette il rossetto, un banalissimo color rubino che svanirà al primo boccone di cibo. "Ci saranno tutti."
Le cene in famiglia. Sempre così caotiche, ti ritrovi ogni volta a dover mangiare con un falsissimo sorriso sul volto e a rispondere a domande scomode. Tim è un lontano cugino che vedi pochissimo, infatti non ricordi neanche quanti anni compie.
Sbuffi e ti dirigi in camera tua. Hai aspettato fino all'ultimo per prepararti nella speranza che potessi rimanere a casa. Il vestito nero delle occasioni lo trovi in fondo all'armadio e ci abbini dei semplici collant. Ai piedi un paio di anfibi.
Dopo il sollecito di tua madre, prendi la borsa e scendi rapidamente le scale. Siete in ritardo, la cosa non ti sorprende.
Arrivate al ristorante e al tavolo sono già tutti seduti, vi stavano aspettando. Scruti attentamente l'intera sala, riservata a voi solo per l'occasione, per trovare il posto vuoto che occuperai. Le luci sono soffuse per regalare a chi mangia l'idea confortevole di casa. Il lungo tavolo occupa un'intera parete e visto che siete in molti, continua e fa angolo con l'altro muro. Il tuo corpo si congela improvvisamente quando scopri che ti siederai vicino a Peter Parker. Lui sembra avere la stessa reazione appena ti vede.
Sorridi e vedi che il gesto è ricambiato. Peter è il tuo amico d'infanzia, purtroppo lo vedi solamente una volta ogni paio di anni perché abita lontano. Ricordi che sua zia, May, è una cara amica di tuo zio, il padre del festeggiato. 
Ringrazi il cielo, insieme sapete sempre come divertirvi. Come quella volta che a dieci anni siete saliti in cima ad una pila di balle di fieno. Il povero Tim vi urlava dal basso di scendere ma voi non gli davate ascolto. Vi sentivate come Jack e Rose, i re del mondo. Oppure come quella volta in cui, a sedici anni, siete spariti per un paio di giorni. Avevate semplicemente trovato una casa abbandonata e deciso di rimanerci.
Ti accomodi, "Sono felice che ci sia anche tu." Le uniche occasioni che avete per vedervi sono appunto queste riunioni di famiglia.
Peter ti appoggia una mano sulla spalla. "Anche io. Sei stupenda, comunque."
Arrossisci e lo ringrazi. L'ultima volta che hai visto Peter, aveva gli occhiali e un corpo esile. Non sai cosa sia successo in due anni, ma ora non solo non porta più gli occhiali, ma sembra persino più alto. Il suo fisico è decisamente cambiato. La sua camicia verde scuro risulta più stretta sulle braccia evidenziando i suoi muscoli.
Di certo non ti aspetti che un ragno radioattivo lo abbia morso donandogli i super poteri.
Anche tu sei cambiata, sei cresciuta, e Peter non riesce a toglierti gli occhi di dosso. Le tue spalle sono scoperte e lo scollo del vestito è profondo il giusto da non risultare volgare. Le tue gambe armoniose sono coperte dal leggero strato dei collant, accavallate per comodità mentre aspetti la prima portata.
Durante l'antipasto avete parlato di tutte le novità della vostra vita, riso e scherzato. Tutti sono occupati con il proprio vicino oppure con il festeggiato e come previsto tu e Peter vi siete completamente isolati. C'è solo lui, tutto il resto è scomparso.
All'arrivo del primo, batti le mani contenta, un piatto fumante di lasagne ti sta fissando. Lo stesso per Peter, che in un batter d'occhio divora e finisce, mentre tu stai gustando ogni boccone. Sei troppo concentrata ad assaporare la buonissima lasagna quando all'improvviso senti qualcosa che ti tocca il ginocchio, ti spaventi e il pezzo di cibo cade dalla forchetta. Tiri su la tovaglia per vedere che Peter ti aveva appoggiato una mano proprio lì. Lui sembra far finta di nulla quando ti giri per vederlo e sorridergli. Lo trovi un gesto dolce, quasi a ricordarti che il tuo amico è lì e di non preoccuparti.
Sussulti quando la sua mano inizia ad accarezzarti la coscia, dopo averti spostato leggermente la gonna. Trovi conforto in quel tocco ma la mano si sta alzando, dirigendosi sempre più vicino alla tua zona proibita. Il tuo respiro è diventato più pesante e il cuore sta battendo come non ha mai fatto prima. Ti piace, non riesci a fermarlo. Peter si attacca all'interno coscia e te lo stringe. Il dolore muta in piacere. Hai capito le sue intenzioni e allarghi le gambe per facilitargli l’arrivo alle mutande, coperte dai collant. Riesce a sentire il calore che emani, sei bagnata, tanto da inumidire entrambe i tessuti. Peter ammicca un sorriso alzando solo un lato della bocca e continua a non rivolgerti lo sguardo.
Hai la forchetta in pugno, ma non riesci a mangiare. Ti guardi intorno, tutti i parenti sono impegnati in chiacchiere e nessuno si accorge del tuo cuore che sta per uscire dal petto. Le tue guance sono arrossate e con la mano libera strizzi il tovagliolo sul tavolo.
Lasci scappare un gemito silenzioso appena il ragazzo seduto affianco a te inizia a muoversi sotto la gonna. Sta creando movimenti circolari sul tuo clitoride e stai facendo di tutto per mantenere un’espressione seria.
“Peter...” sussurri. Quello che state facendo è sbagliato sotto ogni punto di vista ma è proprio questo che rende la cosa ancora più eccitante di quanto non lo sia già. 
Peter avvicina il suo volto a te, le sue labbra sfiorano il tuo orecchio, “Respira.” bisbiglia e ti lascia un bacio veloce sul collo. Torna seduto composto e i movimenti circolari mutano in su e giù. Quelle maledette calze velate stanno impedendo il diretto contatto con la tua intimità. 
Non resisti un minuto di più. Afferri il suo polso, fermandolo. Ti alzi dalla sedia e i parenti che sono seduti nelle vicinanze si accorgono di questa improvvisa azione. “Qualcosa non va?” qualcuno chiede.
E ora cosa ti inventi?
Guardi Peter in cerca di aiuto. Per fortuna il ragazzo è bravissimo ad improvvisare. “Y/N mi stava dicendo che non si sente tanto bene. L’accompagno al bagno.” afferma e si alza anche lui. Tu stai al gioco, ti accarezzi la pancia e assumi un’espressione sofferente. 
“Infatti ti vedo un po’ sconvolta. Andate, andate.” dice un tuo zio.
Vi allontanate entrambi dalla tavolata vagando in cerca di non sapete bene cosa, ma che sia privata. Camminando, Peter si sistema il cavallo dei pantaloni che nel frattempo erano diventati stretti. Te ne accorgi e nascondi un ghigno divertito.
Una porta con scritto “Solo Personale” e con le chiavi attaccate alla serratura vi sembra il luogo perfetto. Entrate e chiudete a chiave. Si tratta di un piccolissimo sgabuzzino con un armadio aperto contenente le divise dei camerieri e dei cuochi.
Non fai in tempo a dire qualcosa che Peter ha già le sue labbra sulle tue, un bacio pieno di foga e passione, eccitazione repressa. Le tue mani finiscono tra i suoi capelli mentre le sue sono avvinghiate sui tuoi fianchi. Peter si stacca dal tuo viso per concentrarsi sul tuo collo, poi sul seno che, abbassandoti le spalline del vestito libera ed espone all’aria. Si inginocchia e ti sfila gli stivali. Abbassa insieme alle mutandine i collant, fino a sfilarteli completamente. Le sue dita stanno tracciando linee invisibili sulle tue gambe nude. La sua testa finisce sotto la gonna del vestito e la sua lingua trova dimora in mezzo al tuo sesso. Assaporandoti dolcemente, spalanchi la bocca e abbassi le sopracciglia. È così bravo.
Peter si alza e ricomincia a baciarti. Lo aiuti a sbottonarsi la camicia che lascia aperta ma non toglie. Ti piace accarezzare il suo torso scoperto, è liscio e muscoloso. Gli abbassi la zip dei jeans ed esibisci la sua possente erezione pulsante. Un gemito esce dalla sua bocca: la stava tenendo prigioniera da troppo tempo.
Senza alcuna fatica, Peter Parker ti solleva e ti sbatte contro la parete libera dagli scaffali. Ti stupisci della sua forza e avvinghi le gambe intorno a lui. Peter avvicina la punta del suo pene sulla tua entrata bagnata e lentamente lo inserisce. Lo guardi negli occhi e, gemendo per il piacere e per la sensazione di riempimento che stai provando, ti accorgi di quanto sia bello e attraente. I suoi capelli sono sempre arruffati e senza una forma precisa ma adesso hanno motivo di esserlo e quel motivo siete voi due, dentro lo sgabuzzino, uniti dalla stessa eccitazione che invade i vostri corpi accaldati. Le sue gonfie labbra sono umide e rosee, non si toccano, sono leggermente aperte per far uscire i silenziosi sospiri che si mischiano ai tuoi quasi all’unisono.
“Non faccio altro che- che pensare a te. Esci dalla mia testa.” afferma appoggiando la sua fronte alla tua.
Le spinte sono violente e piene zeppe di passione. Ognuno cerca l’altro disperatamente come se non vi aveste già in pugno. Peter stringe talmente forte il tuo culo che sta lasciando dei segni violacei a forma delle sue dita. 
Peter si ferma un attimo e in un batter d’occhio ti gira. Con il suo aiuto sollevi una gamba che poi mantiene da sotto il ginocchio, ti pieghi leggermente e ricomincia a scoparti in quella nuova posizione. Volti la testa quel tanto che serve per guardarlo con la coda dell’occhio, non esiste che tu perda quella celestiale visione che è Peter Parker mentre ti fotte. Il lato destro del tuo viso è incollato al muro e rischi di sfondarlo per via della foga che il ragazzo dietro di te ci sta mettendo. La tua schiena è coperta dal vestito ma la gonna è alzata per mettere il tuo culo tondo in bella vista. 
Usi tutte le forze che possiedi per non urlare, Peter porta una mano al tuo collo e stringe leggermente, soffocando i gemiti che minacciano di uscire rumorosamente. I tuoi occhi ruotano all’indietro.
Il tessuto dei suoi jeans, che non aveva abbassato, sfrega contro la tua pelle nuda mentre gli scaffali che vi circondano colmi di divise piegate tremano, come il tuo corpo per colpa dell’orgasmo che, piano piano, è sempre più vicino. Lo senti nella pancia, farfalle in preda ad un attacco epilettico si rivoltano nel tuo stomaco. Lo senti nei palmi delle mani, nelle punte delle dita dei piedi, nudi e che toccano il pavimento. Lo senti persino nei capelli e Peter sembra rendersene conto perché li afferra dalla base della nuca e ti tira verso di sé. Ora la tua schiena è a contatto col suo petto e riesci perfettamente a sentire il suo battito accelerato. Le vostre figure sono legate in una sola e vi sentite entrambi al settimo cielo.
Qui non serve il senso sviluppato da ragno per sapere che sei nel bel mezzo dell’orgasmo più potente della tua vita.
“Cazzo, io sto per-” Peter ti avverte e fa per allontanarsi ma tu glielo impedisci, avvolgendo un braccio intorno alla sua schiena e obbligandolo a rimanere dov’è. 
“Non provare a fermarti.” ti imponi e Peter obbedisce. 
l suo caldo respiro contro il tuo orecchio, il suo naso sfrega sulla tuo zigomo colorato di rosso. Peter ti riempie di baci sul collo, talmente tanti che è impossibile contarli. Mordicchia e lecca un punto particolare sotto al lobo, ma è bravo e non ti lascia il segno. Per tenerlo più vicino, appoggi una mano sulla sua guancia e provi a baciarlo nonostante la posizione a sfavore.
I suoi movimenti diventano sempre più veloci, i suoi fianchi sbattono contro i tuoi rumorosamente e armoniosamente con un ritmo accelerato e con un’ultima spinta raggiunge il suo apice dentro di te. Le tue umide pareti si imbrattano del suo liquido seminale e riesci a sentire che cola lentamente lungo le gambe non appena si toglie da te. 
Siete sfiniti, la parte del tuo corpo sotto la gonna è ricoperta di segni vivaci. Il mascara è sfumato intorno ai tuoi occhi dopo che qualche lacrima era scesa tanto era la lussuria che hai provato. Non ti aspettavi tutta questa potenza da parte del tuo amico. A dire il vero, non ti aspettavi neanche di finirci in intimità dentro lo sgabuzzino di un ristorante. Non c’è tempo per riposare, i vostri parenti saranno in pensiero per voi. La vostra assenza sta durando anche troppo. Peter prende una delle divise nell’armadio e si pulisce, poi te la passa per far sì che tu possa fare lo stesso.
I vostri fiati si stanno regolarizzando. Vi guardate e sorridete. Peter si avvicina per baciarti di nuovo mentre ti rivesti dei collant e degli anfibi. Ti stringe più vicino a sé in un abbraccio diverso da prima e privo di foga, ma ami questo tipo ti contatto e ti accorgi che la cosa che più ti piace è che lo stai ricevendo da Peter Parker. Questa cosa ti fa aprire gli occhi su tutto quello che avete passato, da quando vi siete conosciuti fino ad oggi. C’è sempre stata questa connessione fra voi due e finalmente avete scoperto cos’è.
Lui si riabbottona la camicia e si sistema i pantaloni.
“Secondo te è già arrivata la torta? Ne ho una voglia matta.” domandi a Peter e gli sorridi calorosamente. Con un po’ di fretta ti sistemi, per quel che puoi, i capelli.
“A chi lo dici.” Peter ridacchia mentre apre la porta. Vi fermate di colpo quando “E voi cosa state facendo lì?” vi chiede un cameriere che proprio in quel momento sta passando con un vassoio vuoto in mano. Vi guarda un po’ perplesso, squadrandovi dalla testa ai piedi.
“Ehm... Noi-” provi a dire, ma “Stavamo cercando un bagno. Possibile che tutte le porte siano uguali?!” ti interrompe Peter, salvandovi dall’imbarazzante momento.
“È proprio là.” vi indica il cameriere.
“Grazie!” risponde facendo il finto offeso. Prendendoti la mano, Peter ti porta via di lì. Trattenete una fragorosa risata e tornate nella sala privata che ospita i vostri parenti.
Con un tempismo perfetto, tornate ai vostri posti, come se non fosse successo nulla.
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omarfor-orchestra · 10 months
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Okay nuovo prompt stupidino:
Manufe e simobale che si ritrovano a fare da babysitter alla pupattola di nina (diciamo che in questa situazione mimmo è fuori dai giochi già da un pezzo e m e n sono diventati amici)
Caos ensues
"Manuel! Stai attento- Dio santo, mi farai venire un infarto".
"L'infarto te viene perché nun te stai fermo".
E Manuel tutti i torti non li ha, se si considera il sole cocente che batte allegro sulle loro teste e il solco profondo che Simone sta tracciando sul bordo della piscina della villa, per le innumerevoli volte che lo ha percorso nel giro di una manciata di minuti.
È che quando ha accettato di aiutarlo a tenere la bambina non si aspettava di certo che al genio venisse la brillante idea di usare la piscina appena riempita per buttarcisi dentro e farla giocare con l'acqua. E se uno dei due annega, Simone non vuole assumersi responsabilità, grazie tante.
"Tienila però".
"Simó questa sa nuotare meglio se te. Non che ce voglia molto".
"Ma che stronzo!"
"Le parole!"
Simone s'imbroncia il giusto per farlo ridere, incrocia le braccia al petto e borbotta qualcosa che dovrebbe assomigliare a un ha parlato quello che c'ha il repertorio de 'n camionista.
Il suo fingersi offeso dura il tempo di una risata di Manuel. Fare finta di non essere felice è più dura del previsto quando davanti a sé ha la prova tangente che non tutti i sogni sono destinati a rimanere tali, che le difficoltà sono spesso soltanto segno di ciò che di meraviglioso si può trovare superandole.
Davanti a sé ha la prova tangente dell'amore, che ha gli occhi schiariti dal sole e i capelli bagnati appiccicati alla fronte. Che tiene tra le braccia una cosa così fragile con una delicatezza tale da togliergli il fiato, a cui lei si affida con una fiducia che le può comprendere.
Manuel è stupendo, e Simone è irrimediabilmente fottuto.
"Dai, vieni dentro pure te".
"No, grazie".
"Guarda che ce la faccio a salvarte se anneghi, eh. Pure se c'ho lei in braccio".
"Simpatico".
Se i mesi passati insieme - ad essere amici, ad essere qualcos'altro, ad essere fratelli, ad essere uno - gli hanno insegnato qualcosa oltre alla resilienza e al non arrendersi neppure quando hai la certezza quasi assoluta che ti convenga di più farlo, è che quando le labbra di Manuel si aprono in quel preciso sorriso beffardo e appare la sua miglior faccia da culo, tutto il bel discorso su quanto ne valga in realtà la pena verrà messo da parte per un secondo, uno solo, nel quale si pentirà amaramente di essersi fatto quel tatuaggio.
"Briciolè, fai 'n po' vedere a Simone che t'ha fatto vedere Manuel tuo prima".
Fa appena in tempo a intenerirsi per il nomignolo. Quando si trova bagnato dalla testa ai piedi, di epiteti da urlare a Manuel gliene vengono in mente parecchi, e tutti poco adatti ad essere sentiti da una bambina di poco più di due anni.
[Schifezza? Non saprei, però è tratta da una storia vera (mio nipote oggi ha lavato tutta la cucina con l'acqua usata per sciacquare la frutta)]
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puzzleofnina · 6 months
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Ciao
Volevo farti sapere che non mi sono scordata di te, che un pezzo così importante di vita non si dimenticherà mai
Volevo dirti che molte notti prima di dormire penso di essere fortunata, e che tu lo sia stato un po’ meno, penso che io mi lamento e brontolo sempre della mia vita ma tu la sera non Poggi la testa sul tuo cuscino comodo o nel tuo letto
Penso a quanto sicuramente ti pesi non poter sentire il vento addosso mentre sfrecci con la tua moto o provare quell’Andrea Lina che provavi ogni volta guidando la tua auto
Penso a quanto ti manchi mangiare i dolci che preferisci o andare a cena nei migliori posti
Penso che ti manchino i tuoi amici ma soprattutto la tua famiglia
E volevo dirti che a volte tu manchi a me
Mi piacerebbe sapere che nel negativo, stai ugualmente bene per quello che si possa condiderare bene
Vorrei farti sapere che nella data del tuo compleanno con il pensiero ma un augurio ti sia stato fatto
Vorrei farti sapere che mi sarebbe piaciuto averti dentro casa ancora a parlare notti intere
Vorrei dirti che infondo mi maledico sempre un po’ per averti ignorato le ultime volte che hai cercato un contatto con me
E volevo ringraziarti per quanto sei stato importante nella mia vita, più passano gli anni e più mi rendo conto di quanto io oggi sia il frutto di ciò che tu hai cresciuto
Perché nel bene e nel male lo hai fatto
Spero che questi anni passino in fretta soprattutto per te, che il tuo orologio interiore non sia lento come quello di qua fuori
Che vorrei solo arrivasse presto quel giorno e abbracciarti per poi anche ri sparire nel nulla
Ne ho passate un po’ qua e non sai quante volte avrei voluto averti accanto per un consiglio e spero di sentirti da tanto
Ed è dal giorno in cui ho saputo che dico a me stessa “domani gli scrivo una lettera” ma quel domani non lo faccio arrivare mai e continuo a rimandare e tu continui a entrare nei miei pensieri
E magari questa è la volta buona che deciderò di inviartela davvero
E chissà se risponderai, se sentirmi possa farti piacere o meno
Ma credo che sapere che c’è qualcuno che ti vuole bene davvero sia sempre bello e in alcune situazioni più che in altre possa rendere felici e strappare un sorriso anche se per poco
Ti voglio bene
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