Tumgik
#chi l���ha vista morire?
francesca-70 · 5 months
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DOVE VA A FINIRE L’ amore QUANDO FINISCE?
- Come faccio - mi chiese -
A lasciarlo andare ? Non vederlo piu’, non sapere piu’ niente di lui .
- perché devi figlia- rispose la curandera guardando verso l’antica quercia .
- vedi , nulla davvero ci appartiene ma chi abbiamo amato ha mescolato con noi il suo corpo astrale .
- che significa?
- che vi siete intrecciati come i rami dell’edera , ma non nel corpo , quello e’ momentaneo, nello spirito .
- ma a me non basta .
Sto male , voglio ancora vederlo e toccarlo e parlargli .
Non ce la faccio .
- non ce la devi fare - rispose sorridendo la donna di cui nessuno conosceva l’ eta’ .
- non ce la devi fare perché non sei tu a decidere : l’amore improvvisamente e senza merito arriva , come un canto di uccelli a mezzanotte .
E cosi’improvvisamente e senza motivo se ne va .
Ma non finisce mai.
Continua in quest’ altra dimensione .
- quale dimensione ?
Chiede la ragazza soffiandosi il naso avvolto dalle lacrime .
- la dimensione dell’invisibile. Dove vivono i maestri, i sacri spiriti, gli esseri di luce e le forze superiori .
I vostri spiriti congiunti e intrecciati salgono su fino a li , fino a diventare impercettibili e tuttavia continuano a vivere .
Vedi cara : l’umano non accetta che cio’ che può vedere e’ pari a un granello di sabbia a confronto dell’oceano.
- sto iniziando a capire ma fa ancora male .
- lo so bambina .
Non scacciare il demone del dolore : ogni volta che il cuore si spacca, si allarga un po’ di piu’ ma solo se lo lasci fare.
Se respingi, fingi , rigetti indietro, ti stordisci con le frivolezze , ritornera’ piu’ forte e ti chiudera’ il cuore .
E un cuore chiuso, e’ cio’ che di peggio puoi dare al mondo .
- gia’ in passato , Signora ho chiuso il mio cuore per non soffrire piu’ ed e’ stato sempre peggio !
- certo! Dimorare nelle tenebre e nella paura non e’ mai bene cara .
Non cercare di capire il dolore , lascia che ti travolga come un’onda, fatti lieve come piuma , lasciato attraversare come burro , ma se chiudi il cuore allora i demoni danzeranno sul tuo petto e ne’ gioia ne’ dolore toccheranno piu’ il tuo ventre .
E questo equivale a morire .
- si , ho capito .
Ho capito che essere forti significa stare 5 passi indietro.
Lo lascero’ andare ...
- domani sera , con la luna piena, da sola , vai in collina e pianta un ulivo .
Le sue foglie argentate saranno nutrite dalla tua leggerezza .
Qualcosa crescerà da questo strappo ma solo se lasci che la luce lo disinfetti .
E cosi sara’ per la pianta .
E la ragazza ando’ .
Con la luna calda di agosto a piantare il suo amore finito tra o cespugli di ginestra .
Scivolo’ dentro se’ per un po’
E la curendera non la perse mai di vista .
Da lontano, la vedeva con l’ occhio interiore e lei inviava ogni sera gli spiriti del bosco a vegliarle il sonno ...
Tumblr media
Testo originale di
ClaudiaCrispolti
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Tumblr media
Ai selvaggi, ai bizzarri, ai meravigliosi.
A coloro che cavalcano le onde del mare e perdono di vista la riva.
A chi si libera delle regole, dell etichetta, delle catene e parte alla ricerca della verità del proprio cuore.
A tutti i pezzi del puzzle scombinati, che non vengono invitati a partecipare al gioco della società, che restano indietro per imparare il proprio modo di volare, che nella sacra solitudine abbelliscono i cieli con le ali piene di libertà e la grazia del loro destino nato dall'anima incendiata.
Per i rari esseri ultraterreni che percorrono la strada meno affollata, che affrontano l' avventura con scopo e passione.
Ai ribelli, agli originali, alla solitudine che alimenta il loro spirito.
A chi non si conforma, nè torna indietro e non si fa da parte.
Per quelli che non sono nati per adattarsi ma per camminare gloriosamente altrove.
Per la tribù dei disturbatori che pensano fuori dagli schemi e sognano sui bordi dell'infinito.
A coloro che danzano anche se non conoscono i passi, che cantano anche se sono stonati e fuori sintonia.
Ai risvegliati il cui scopo è alimentare la propria anima e non morire di fame, il cui mantra è il battito del tamburo del proprio cuore e le infinite possibilità che scintillano all'orizzonte.
A quelli che hanno il coraggio di essere aperti, d'amare e vivere.
Ai maghi, ai mistici, agli incompresi.
Ai saggi che si muovono tra l'ombra e la luce.
A coloro che ululano alla Luna piena e danzano nudi nei ruscelli.
A coloro che seguono la bussola dei loro cuori e credono nella stella polare del loro spirito.
Per chi ha il coraggio di cadere, di rompersi e frantumarsi.
Ai cacciatori di tempeste, a voi anime antiche che camminate su questa Terra.
Allo spirito selvaggio...
Queste parole sono per te...
~ ara
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toscanoirriverente · 1 month
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Quelle che vogliono l’ergastolo anche per chi fa catcalling definiscono “resistenza” le violenze di Hamas e negano le violenze sessuali sulle ragazze ebree
Non ho vinto il Pulitzer. Il Pulitzer non lo ha vinto nemmeno Mondoweiss, Jezebel, c’è stata però nei giorni scorsi una menzione speciale per gli studenti di giornalismo della Columbia che raccontano l’Instafada. Il Pulitzer lo hanno vinto anche i giornalisti che coprono la guerra a Gaza, ma non si capisce se vale anche per quelli che fanno inchieste dalla zona giorno con cucina a vista.
Non lo ha vinto, purtroppo, il sondaggio di TikTok su chi le donne preferirebbero incontrare di notte in un bosco, se un uomo o un orso. Partirei da questo. L’anno scorso in Francia c’è stata una storia per cui Le Monde non ha vinto il Pulitzer.
Un elettricista di cinquantaquattro anni per dieci anni ha sistematicamente drogato la moglie e l’ha fatta stuprare da sconosciuti. L’elettricista ha filmato e catalogato ogni stupro. Nessuno degli uomini che si è presentato a casa sua si è mai rifiutato di violentare la donna. Quando l’hanno visitata aveva quattro differenti malattie veneree. Lei non si è mai accorta di niente. E questo è il motivo per cui le donne rispondono l’orso: gli orsi non stuprano.
Probabilmente, tuttavia, se chiedessimo alle donne che manifestano per i terroristi se preferiscono l’uomo o l’orso, risponderebbero l’orso, a meno che quell’uomo non sia uno di Hamas. Questo perché Hamas ha proprio tirato una riga: ok bruciare vivi i bambini, ok tagliare a pezzi la gente, ok sputare sul corpo di una ragazza portata in parata, ok fare sondaggi su internet su quale degli ostaggi deve morire, ma per carità di Dio lo stupro no.
E insomma è successo che quelle che vogliono l’ergastolo ostativo per gli uomini che ti fischiano per strada per il grave reato di catcalling, quelle che non hanno mai avuto bisogno né di una prova né di un processo perché «ti credo, sorella», quelle che considerano come una micro aggressione l’acqua troppo calda dal parrucchiere, insomma quelle lì, hanno deciso che a un certo punto tutto l’impianto di giustizia sociale non valeva più.
La motivazione è che non puoi accettare di manifestare per qualcuno che stupra; quindi, devi dire che quello stupro non è mai successo. Se fai dell’attivismo un lavoro, se grazie a quello ci costruisci una specie di prestigio sociale, se grazie a quello vai in tv e scrivi libri, non puoi rischiare di perdere tutto: se ti piace la tua vita dovrai fare in modo di manipolare la realtà in modo che le corrisponda.
Questo succede a tutto il branco che vuole sentirsi parte di una comunità, un branco che decide che una storia è falsa solo perché non gli piace. Quando su X l’account del Pulitzer ha annunciato la vittoria del New York Times per la copertura internazionale dell’attacco di Hamas contro Israele, leggendo i commenti ho pensato che nessun editoriale potesse valere più di quello. Metà ha pensato che il Pulitzer fosse per il pezzo “Screams without words” che era l’inchiesta sugli stupri, l’altra metà si è accorta che quel pezzo non era tra i premiati e ha così convalidato la tesi che fossero tutte puttanate. Tutto questo sempre gratuitamente dalla propria zona di interesse, soggiorno con cucina a vista.
Perché la questione degli stupri è la linea da cui non si torna indietro? Per lo stesso principio dell’orso e dell’uomo. Perché i campioni che chiamano Hamas “resistenza” non possono ammettere di stare dalla parte di quelli che stuprano, nessuno lo può ammettere senza poi volersi buttare giù dalla finestra.
La psicologia delle folle ci dice che quello che si fa nella folla il singolo non lo farebbe mai. Nella massa un individuo non ha responsabilità, e quindi se tutto l’internet ti dice che quegli stupri non ci sono stati anche se hai davanti alla faccia una donna che ti dice che è stata stuprata, anche se hai davanti alla faccia lo stupratore che ammette di averlo fatto, tu continuerai a dire che quello stupro non esiste. Mai come ora spero che alla domanda «ma se un amico ti chiede di buttarti giù da un burrone, tu lo fai?» la gente risponda sì, ma giusto per dignità.
Ho guardato il film documentario “Screams before silence”. Ci sono le testimonianze dei sopravvissuti al 7 ottobre, ci sono quelle degli ex ostaggi, ci sono quelle dei soccorritori, ci sono i filmati degli interrogatori dei terroristi. Ci sono persone che non si conoscono e che raccontano tutte la stessa storia. C’è una ragazza che era al Nova Festival che racconta delle urla di una donna che continuava a gridare a qualcuno di fermarsi.
L’intervistatrice le chiede come facesse a sapere che la stavano stuprando. «I know what it sounds», risponde lei. Lei sa cos’è perché ogni donna sa cos’è, sa com’è, sa come suona. A questa ragazza viene poi chiesto perché avesse deciso di parlare, e lei risponde che aveva sentito persone che dicevano che non era vero niente e lei non poteva permetterlo. C’è l’interrogatorio a uno dei terroristi a cui viene chiesto cosa avesse fatto a una ragazza. Descrive come l’ha spogliata e ricorda perfettamente di che colore aveva la biancheria intima. I poliziotti gli chiedono cosa le abbia fatto, e lui risponde: «Ho dormito con lei». Poi confessa.
Se proprio non vogliamo credere alle vittime, possiamo sempre credere agli stupratori. TikTok non ha vinto il Pulitzer perché ha posto la domanda sbagliata: preferisti incontrare un orso o uno di X che commenta i Pulitzer?
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"Oggi mi chiamano per una consulenza in un altro reparto.
Una delle solite e molteplici consulenze della giornata... ordinaria amministrazione.
Paziente con un tumore in fase ormai terminale con insufficienza renale da compressione degli ureteri.
Arriva con il letto una paziente tra i 70 e gli 80 anni, bianca bianca, capello rosso carota con due dita di ricrescita ma smalto rosa impeccabile.
-"Buongiorno signora".
-"Buongiorno a lei dottore".
Vedo la cartella, la visito e ripeto l'ecografia.
-Allora signora in questo momento i suoi reni hanno difficoltá a scaricare le urine per cui non potendo eliminare le urine per via naturale devo posizionare un tubicino, una specie di rubinetto che scavalca l'ostacolo cosi farà pipí da due tubicini nella schiena collegati a due sacchette...".
-"Scusi se la interrompo... avró un'altra sacchetta anche dietro?" (aveva la colostomia).
-"Si signora...".
Silenzio assordante di un minuto che sembrava interminabile.
Sorridendo mi dice:"Scusi dottore come si chiama?".
-"Deplano".
-"No il nome".
-"Marco".
-"Marco che bel nome...hai due minuti per me?".
-"Certo signora ci mancherebbe...".
-"Lo sai che io sono già morta?".
-"Scusi non la seguo... non è così immediato...".
-"Si... sono morta 15 anni fa".
Silenzio.
-"15anni fa mio figlio a 33 anni e venuto a mancare... ha avuto un infarto. Io sono morta quel giorno lo sai?".
"Mi spiace signora...".
-"Io dovevo morire con lui 15 anni fa, dovevo morire 10 anni fa quando mi hanno trovato la malattia e adesso io non devo più fingere per gli altri. I figli sono sistemati, i nipoti pure... io devo tornare da lui. Che senso ha vivere qualche giorno in più con sacchette soffrendo e facendo penare i miei cari... io ho una dignità. Ti offendi se non voglio fare nulla... io sono stanca e mi affido alle mani di Dio. Dimmi la verità soffriró?".
-"No signora... lei può fare quello che vuole... ma mettendo due...".
-"Marco ti ho detto no. La vita e mia e ho deciso cosi. Anzi fai una cosa sospendi la trasfusione che ho voglia di tornare a casa e mangiare un gelato con mio nipote".
Piano piano ogni parola mi ha spogliato come quando si tolgono i petali a una rosa.
Ho scordato la stanchezza, la rabbia e tutto quello che mi angoscia.
Non c erano piu gli anni di studio, le migliaia di pagine studiate, le linee guida... nulla tutto inutile.
Nudo e disarmato dinanzi a un candore e una consapevolezza della morte che mi hanno tramortito.
Mi sono girato per scrivere la consulenza per evitare che mi vedesse gli occhi lucidi e l'infermiera si è allontanata commossa.
Non sono riuscito a controllarmi e chi mi conosce sa che non è da me...
-"Marco ti sei emozionato?".
-"Si signora un pochino, mi scusi".
-" É bello invece, mi fai sentire importante. Senti fammi un altro favore. Se vengono i miei figli e ti prendono a urla chiamami che li rimprovero per bene. Tu scrivi che io sto bene cosí...Ok?".
-"Si signora".
-"Marco posso chiederti una cosa?".
-"Si signora dica".
-"Sei un ragazzo speciale io lo so e sei destinato a grandi cose. Me lo dai un bacio? Come quelli che i figli danno alle mamme".
-"Si signora".
-"Preghero per te e per mio figlio. Spero di riverderti".
-"Anche io signora... grazie.".
In quel momento era la donna più bella del mondo, luminosa, decisa, mamma, nonna... in una parola amore puro.
Forse é stata la volta in cui sono stato contento di fare una figura di merda.
Smontato, denudato e coccolato da chi avrei dovuto aiutare e invece mi ha impartito la lezione di vita piu toccante della mia vita.
La morte vista come fase finale della vita, senza ansia, paura, egoismo.
Consapevolezza che anni di studio mai ti insegneranno...il mio curriculum valeva meno di zero... Anni di studio, master, corsi... Il nulla.
Parlavano le anime.
Tutto é relativo e io sono piccolo piccolo davanti a tanta grandezza.
Tutto quello che riguarda la vita, quando la si cerca, quando la si ha o la si perde fino a quando finisce va vissuto intimamente nella massima libertà e discrezione.
L'unico momento che davvero unisce chi si vuol bene cancellando litigi e negatività.
Sembra paradossale ma il dolore che è un aspetto dell'amore unisce a volte più dell'amore stesso.
Io credo molto nell'accompagnamento in queste fasi: a volte una parola dolce ha più beneficio di molte medicine.
Comunque vada buon viaggio."
Marco Deplano, urologo dell'ospedale Sirai di Carbonia, in Sardegna
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susieporta · 5 months
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DOVE VA A FINIRE L’ amore QUANDO FINISCE?
- Come faccio - mi chiese -
A lasciarlo andare ? Non vederlo piu’,non sapere piu’ niente di lui .
- perché devi figlia- rispose la curandera guardando verso l’antica quercia .
- vedi , nulla davvero ci appartiene ma chi abbiamo amato ha mescolato con noi il suo corpo astrale .
- che significa?
- che vi siete intrecciati come i rami dell’edera , ma non nel corpo , quello e’ momentaneo, nello spirito .
- ma a me non basta .
Sto male , voglio ancora vederlo e toccarlo e parlargli .
Non ce la faccio .
- non ce la devi fare - rispose sorridendo la donna di cui nessuno conosceva l’ eta’ .
- non ce la devi fare perché non sei tu a decidere : l’amore improvvisamente e senza merito arriva , come un canto di uccelli a mezzanotte .
E cosi’improvvisamente e senza motivo se ne va .
Ma non finisce mai.
Continua in quest’ altra dimensione .
- quale dimensione ?
Chiede la ragazza soffiandosi il naso avvolto dalle lacrime .
- la dimensione dell’invisibile. Dove vivono i maestri, i sacri spiriti, gli esseri di luce e le forze superiori .
I vostri spiriti congiunti e intrecciati salgono su fino a li , fino a diventare impercettibili e tuttavia continuano a vivere .
Vedi cara : l’umano non accetta che cio’ che può vedere e’ pari a un granello di sabbia a confronto dell’oceano.
- sto iniziando a capire ma fa ancora male .
- lo so bambina .
Non scacciare il demone del dolore : ogni volta che il cuore si spacca, si allarga un po’ di piu’ ma solo se lo lasci fare.
Se respingi, fingi , rigetti indietro, ti stordisci con le frivolezze , ritornera’ piu’ forte e ti chiudera’ il cuore .
E un cuore chiuso, e’ cio’ che di peggio puoi dare al mondo .
- gia’ in passato , Signora ho chiuso il mio cuore per non soffrire piu’ ed e’ stato sempre peggio !
- certo! Dimorare nelle tenebre e nella paura non e’ mai bene cara .
Non cercare di capire il dolore , lascia che ti travolga come un’onda, fatti lieve come piuma , lasciato attraversare come burro , ma se chiudi il cuore allora i demoni danzeranno sul tuo petto e ne’ gioia ne’ dolore toccheranno piu’ il tuo ventre .
E questo equivale a morire .
- si , ho capito .
Ho capito che essere forti significa stare 5 passi indietro.
Lo lascero’ andare ...
- domani sera , con la luna piena, da sola , vai in collina e pianta un ulivo .
Le sue foglie argentate saranno nutrite dalla tua leggerezza .
Qualcosa crescerà da questo strappo ma solo se lasci che la luce lo disinfetti .
E cosi sara’ per la pianta .
E la ragazza ando’ .
Con la luna calda di agosto a piantare il suo amore finito tra o cespugli di ginestra .
Scivolo’ dentro se’ per un po’
E la curendera non la perse mai di vista .
Da lontano, la vedeva con l’ occhio interiore e lei inviava ogni sera gli spiriti del bosco a vegliarle il sonno ...
Testo originale di
_ClaudiaCrispolti_
Proprietà letteraria riservata:
NOTA BENE Primo: non ho mai letto la profezia della curandera
Secondo questo racconto breve e’ un Mio pezzo originale scritto nel 2020
Vi prego di NON spargerlo in giro sotto falso nome
I miei post sono firmati e protetti da diritto di autore.
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valentina-lauricella · 9 months
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In occasione della seconda visita della cugina Geltrude Cassi Lazzari a Recanati (colei per cui scrisse il Diario del primo amore - 1817)
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ELEGIA II
Dove son? dove fui? che m’addolora? Ahimè ch’io la rividi, e che giammai Non avrò pace al mondo insin ch’io mora.
Che vidi, o Ciel, che vidi, e che bramai! Perchè vacillo? e che spavento è questo? Io non so quel ch’io fo nè quel ch’oprai.
Fugge la luce, e ’l suolo ch’i’ calpesto Ondeggia e balza, in guisa tal ch’io spero Ch’egli sia sogno e ch’i’ non sia ben desto.
Ahimè ch’io veglio, e quel che sento è il vero; Vero è ch’anzi morrò ch’al guardo mio Sorga sereno un dì su l’emispero.
Meglio era ch’i’ morissi avanti ch’io Rivedessi colei che in cor m’ha posto Di morire un asprissimo desio:
Ch’allor le membra in pace avrei composto; Or fia con pianto il fin de la mia vita, Or con affanno al mio passar m’accosto.
O Cielo o Cielo, io ti domando aita. Che far debb’io? conforto altro non vedo Al mio dolor, che l’ultima partita.
Ahi ahi, chi l’avria detto? appena il credo: Quel ch’io la notte e ’l dì pregar soleva E sospirar, m’è dato, e morte chiedo.
Quanto sperar, quanto gioir mi leva E spegne un punto sol! com’egli è scuro Questo dì che sì vago io mi fingeva!
Amore, io ti credetti assai men duro Allor che desiai quel che m’ha fatto Miser fra quanti mai saranno o furo.
Già t’ebbi in seno; ed in error m’ha tratto La rimembranza: indarno oggi mi pento, E meco indarno e teco, amor, combatto.
Ma lieve a comportar quello ch’io sento Fora, sol ch’anco un poco io di quel volto Dissetar mi potessi a mio talento.
Ora il più rivederla oggi m’è tolto, Ella si parte; e m’ha per sempre un giorno In miseria amarissima sepolto.
Intanto io grido, e qui vagando intorno, Invan la pioggia invoco e la tempesta Acciò che la ritenga al mio soggiorno.
Pure il vento muggia ne la foresta, E muggia tra le nubi il tuono errante, In sul dì, poi che l’alba erasi desta.
O care nubi, o cielo, o terra, o piante, Parte la donna mia; pietà, se trova Pietate al mondo un infelice amante.
Or prorompi o procella, or fate prova Di sommergermi o nembi, insino a tanto Che ’l sole ad altre terre il dì rinnova.
S’apre il ciel, cade il soffio, in ogni canto Posan l’erbe e le frondi, e m’abbarbaglia Le luci il crudo Sol pregne di pianto.
Io veggio ben ch’a quel che mi travaglia Nessuno ha cura; io veggio che negletto, Ignoto, il mio dolor mi fiede e taglia.
Segui, m’ardi, mi strazia, a tuo diletto Spegnimi o Ciel; se già non prima il core Di propria mano io sterpomi dal petto.
O donna, e tu mi lasci; e questo amore Ch’io ti porto, non sai, nè te n’avvisa L’angoscia di mia fronte e lo stupore.
Così pur sempre; e non sia mai divisa Teco mia doglia; e tu d’amor lontana Vivi beata sempre ad una guisa.
Deh giammai questa cruda e questa insana Angoscia non la tocchi: a me si dia Sempre doglia infinita e soprumana.
Intanto io per te piango, o donna mia, Che m’abbandoni, ed io solo rimagno Del mio spietato affetto in compagnia.
Che penso? che farò? di chi mi lagno? Poi che seguir nè ritener ti posso, Io disperatamente anelo e piagno.
E piangerò quando lucente e rosso Apparrà l’oriente e quando bruno, Fin che ’l peso carnal non avrò scosso.
Nè tu saprai ch’io piango, e che digiuno De la tua vista, io mi disfaccio; e morto, Da te non avrò mai pianto nessuno.
Così vivo e morrò senza conforto.
O sol, vedesti in tutto il mondo mai Tanto immenso dolor quant’io sopporto?
Ed ella m’abbandona; e tu che fai, Misero? come l’alma anco ti resta? Solo, in tanto desir come vivrai?
Gelo in mirar l’orribile tempesta Che m’aspetta, e gli affanni e i pianti e l’ire. O sventurato! Ei non può far che questa
Fera vita io sostenga: io vo’ morire.
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random-conspiracy · 7 months
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Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!
Tant'è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.
Io non so ben ridir com'i' v'intrai, tant'era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai.
Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto, là dove terminava quella valle che m'avea di paura il cor compunto,
guardai in alto, e vidi le sue spalle vestite già de' raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogne calle.
Allor fu la paura un poco queta che nel lago del cor m'era durata la notte ch'i' passai con tanta pieta.
E come quei che con lena affannata uscito fuor del pelago a la riva si volge a l'acqua perigliosa e guata,
così l'animo mio, ch'ancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo che non lasciò già mai persona viva.
Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso, ripresi via per la piaggia diserta, sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso.
Ed ecco, quasi al cominciar de l'erta, una lonza leggera e presta molto, che di pel macolato era coverta;
e non mi si partia dinanzi al volto, anzi 'mpediva tanto il mio cammino, ch'i' fui per ritornar più volte vòlto.
Temp'era dal principio del mattino, e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle ch'eran con lui quando l'amor divino
mosse di prima quelle cose belle; sì ch'a bene sperar m'era cagione di quella fiera a la gaetta pelle
l'ora del tempo e la dolce stagione; ma non sì che paura non mi desse la vista che m'apparve d'un leone.
Questi parea che contra me venisse con la test'alta e con rabbiosa fame, sì che parea che l'aere ne tremesse.
Ed una lupa, che di tutte brame sembiava carca ne la sua magrezza, e molte genti fé già viver grame,
questa mi porse tanto di gravezza con la paura ch'uscia di sua vista, ch'io perdei la speranza de l'altezza.
E qual è quei che volontieri acquista, e giugne 'l tempo che perder lo face, che 'n tutt'i suoi pensier piange e s'attrista;
tal mi fece la bestia sanza pace, che, venendomi 'ncontro, a poco a poco mi ripigneva là dove 'l sol tace.
Mentre ch'i' rovinava in basso loco, dinanzi a li occhi mi si fu offerto chi per lungo silenzio parea fioco.
Quando vidi costui nel gran diserto, «Miserere di me», gridai a lui, «qual che tu sii, od ombra od omo certo!».
Rispuosemi: «Non omo, omo già fui, e li parenti miei furon lombardi, mantoani per patria ambedui.
Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi, e vissi a Roma sotto 'l buono Augusto nel tempo de li dèi falsi e bugiardi.
Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol d'Anchise che venne di Troia, poi che 'l superbo Ilión fu combusto.
Ma tu perché ritorni a tanta noia? perché non sali il dilettoso monte ch'è principio e cagion di tutta gioia?».
«Or se' tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar sì largo fiume?», rispuos'io lui con vergognosa fronte.
«O de li altri poeti onore e lume vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore che m'ha fatto cercar lo tuo volume.
Tu se' lo mio maestro e 'l mio autore; tu se' solo colui da cu' io tolsi lo bello stilo che m'ha fatto onore.
Vedi la bestia per cu' io mi volsi: aiutami da lei, famoso saggio, ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi».
«A te convien tenere altro viaggio», rispuose poi che lagrimar mi vide, «se vuo' campar d'esto loco selvaggio:
ché questa bestia, per la qual tu gride, non lascia altrui passar per la sua via, ma tanto lo 'mpedisce che l'uccide;
e ha natura sì malvagia e ria, che mai non empie la bramosa voglia, e dopo 'l pasto ha più fame che pria.
Molti son li animali a cui s'ammoglia, e più saranno ancora, infin che 'l veltro verrà, che la farà morir con doglia.
Questi non ciberà terra né peltro, ma sapienza, amore e virtute, e sua nazion sarà tra feltro e feltro.
Di quella umile Italia fia salute per cui morì la vergine Cammilla, Eurialo e Turno e Niso di ferute.
Questi la caccerà per ogne villa, fin che l'avrà rimessa ne lo 'nferno, là onde 'nvidia prima dipartilla.
Ond'io per lo tuo me' penso e discerno che tu mi segui, e io sarò tua guida, e trarrotti di qui per loco etterno,
ove udirai le disperate strida, vedrai li antichi spiriti dolenti, ch'a la seconda morte ciascun grida;
e vederai color che son contenti nel foco, perché speran di venire quando che sia a le beate genti.
A le quai poi se tu vorrai salire, anima fia a ciò più di me degna: con lei ti lascerò nel mio partire;
ché quello imperador che là sù regna, perch'i' fu' ribellante a la sua legge, non vuol che 'n sua città per me si vegna.
In tutte parti impera e quivi regge; quivi è la sua città e l'alto seggio: oh felice colui cu' ivi elegge!».
E io a lui: «Poeta, io ti richeggio per quello Dio che tu non conoscesti, acciò ch'io fugga questo male e peggio,
che tu mi meni là dov'or dicesti, sì ch'io veggia la porta di san Pietro e color cui tu fai cotanto mesti».
Allor si mosse, e io li tenni dietro.
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altezzereali · 2 years
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Uno degli ultimi ritratti della contessa Du Barry, di Elizabeth Louise Vigée Lebrun. Il dipinto fu iniziato nel 1789 e terminato postumo, nel 1805.
L'8 dicembre 1793, fu giustiziata Madame Du Barry.
Dalle Memorie del boia Charles-Henri Sanson, veniamo a conoscenza degli ultimi suoi momenti di vita.
****
17 Frimaio.
La signora Dubarry è stata condannata ieri sera e giustiziata questa mattina.
Eravamo, secondo l'ordine, alle nove nel carcere, ma dovevamo aspettare perché la condannata era rinchiusa con il cittadino Denizot, giudice, e il cittadino Royer, vice dell'accusatore, che hanno registrato le ultime confessioni. .
Alle dieci furono introdotti i cittadini Vandenyver: il padre ei due figli, tutti complici di Madame Dubarry, ei cittadini Bonnardot e Joseph Bruniot, falsificatori di assegnatari, condannati dal tribunale penale.
Mentre ci stavamo organizzando, Madame Dubarry è arrivata. Camminava, appoggiata alle pareti, perché le sue gambe si stavano flettendo sotto di lei. Erano passati vent'anni dall'ultima volta che l'avevo vista e non l'avrei riconosciuta; era sfigurata dalla carnosità come dal dolore e dall'angoscia. Quando mi ha visto dietro i condannati già legati, ha lanciato un grande "Ah!" nascondendo gli occhi sotto il fazzoletto e si è inginocchiata gridando "non voglio, non voglio".
Quasi subito si è alzata e ha detto "Dove sono i giudici, non ho dichiarato tutto, non ho confessato tutto!". I cittadini Denizot e Royer erano da Richard, con due o tre controllori, che erano stati curiosi di vedere passare la povera donna; sono arrivati ​​quasi subito, ma si sono rifiutati di entrare in anagrafe e le hanno ordinato di parlare subito. Dichiarò poi alcuni oggetti preziosi che erano nascosti nella sua casa a Louvecienne o affidati a vari privati, ma si fermò in ogni momento a lamentarsi e, in varie occasioni, percorse la campagna come se la sua mente fosse stata sviata dalla febbre.
Il cittadino Royer, che aveva in mano la penna, gli disse "È tutto?" E lui stava cercando di convincerla a firmare il verbale ma lei spinse via il foglio, si assicurò di avere qualcosa da aggiungere; si vedeva che stava cercando nella sua memoria.
Forse credeva che a causa delle immense somme che rinunciava, le sarebbe stato concesso il perdono e mai, nei suoi giorni felici, aveva desiderato così ardentemente ricchezze che ora, che le stava sacrificando per risparmiare qualche minuto sulla morte.
Alla fine, i cittadini Denizot e Royer si alzarono e gli dissero molto duramente che doveva sottomettersi ai decreti di giustizia e riscattare con il suo coraggio l'ignominia della sua vita passata.
Rimase come distrutta sulla sedia.
Un aiutante si avvicinò e pensò che fosse un buon momento per tagliarle i capelli, ma al primo taglio delle forbici si alzò e lo spinse via, e altri due aiutanti dovettero aiutarla a legarla.
Così ha lasciato andare, solo che ha pianto come non ho mai visto piangere.
C'era tanta gente sulla banchina quanto all'uscita della Regina (due mesi prima) e dei deputati dalla Gironda. Gridavano con decisione, ma le grida della vittima erano ancora più alte di quelle della gente. Non abbiamo camminato per cento passi finché non l'abbiamo sentita. Ha detto "Buoni cittadini, liberatemi, sono innocente. Io sono una persona come voi, buoni cittadini, non lasciatemi morire!!".
Non ci siamo mossi, ma i cittadini chinavano il capo e non le lanciavano più insulti.
Non riconoscevo più le persone della ghigliottina, eppure erano davvero le stesse persone che avevo visto per il cittadino Bailly.
A volte smetteva di gridare; dal viola che era il suo viso, la si poteva vedere diventare completamente bianca. Si abbandonò ai sobbalzi del carro come se fosse morta; barcollava qua e là; dieci volte sarebbe caduta se mio figlio non l'avesse sostenuta.
A volte si rivolgeva a me dicendomi: "No, giusto, non mi ucciderai?" Batteva i denti e la voce usciva dalla sua gola, rauca e agitata. Io mi sentivo addolcito come gli altri e più amaramente di chiunque altro, perché la vista di questa donna infelice mi ha ricordato la nostra giovinezza, che a malapena prediceva un simile destino, e il suo degno padre, la cui sollecitudine non poteva per toglierle né una grandezza così fatale né una caduta così terribile.
Nonostante tutti i miei sforzi per superare la mia emozione, il viaggio non era mai durato così a lungo. Una volta le ho consigliato di pregare, questo l'avrebbe sicuramente confortata. Le preghiere non le tornavano più e lei diceva "Mio Dio mio Dio mio Dio" senza trovare altro.
L'ordine era che sarebbe stata giustiziata per ultima, ma quando sono andato al piano di sotto, l'ufficiale giudiziario mi ha detto di organizzare per il meglio.
Come vedendo la ghigliottina che aveva ceduto, ho detto di montarla subito; ma non appena lei sentì le mani addosso, riprese conoscenza e, sebbene legata, spinse indietro gli assistenti gridando "Non subito; ancora un momento, signori carnefici, un altro momento, per favore." .
L'hanno trascinata via, ma lei ha lottato e ha cercato di morderli.
Era tanto forte quanto potente, perché sebbene fossero in quattro, passarono più di tre minuti a montarla. Se non li avesse scaldati spingendoli in giro, non so se li avrebbero superati, erano così sgomenti. Allo stesso modo, nessuno mormorò una parola e molti fuggirono da ogni parte come in rotta. Lassù è ricominciato, stava urlando; si poteva sentire da oltre il fiume, era molto spaventoso da guardare; alla fine sono riusciti a chiuderla, ed è stato fatto.
Poi abbiamo giustiziato gli altri.
18 Frimaio.
Oggi abbiamo ghigliottinato Jean-Baptiste Noël, deputato dei Vosgi, fuorilegge.
Lungo la strada, mi ha chiesto se era vero che Madame Dubarry aveva avuto tanta paura; e, un'altra volta, se avessimo pulito bene la lama, perché non era giusto che il sangue di un repubblicano venisse imbrattato dal sangue di una prostituta.
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calyentee · 3 years
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« tu sei strano »
E poi lo scruta meglio, cambiando totalmente espressione in una che effettivamente vorrebbe scoprire un arcano « sembri tutto puristello-modello e poi sei il primo a scoprire dei passaggi segreti » e si avvicina pure di un altro poco con sguardo diffidente « qualcuno ti ha portato sulla cattiva strada o la tua è solo un’immagine para-bolide? »
 Il viso spigoloso è ancora percorso da quell'aria vigile e divertita insieme, seppure in maniera vaga. « Ottima domanda. » Cattura una boccata d'aria fra le labbra, solo per trattenerla lì e gonfiare di poco le guance, finché i chelsea boots lo trasportano di ancora un paio di passi in là, rigorosamente all`indietro per non perderla di vista. Sembra anche sul punto di rispondere, regalarle un ragionamento sensato... ma no. Tutto accade in fretta – o così pare a lui; La mano ancora serrata sull'impugnatura del catalizzatore in noce si solleva, andando a mirare direttamente verso Ashley, sulla cui figura disegna un piccolo cerchio immaginario, in aria – rotazione in senso orario, ovviamente – mentre il fluire della volontà va a concentrarsi lì, nel desiderio di indirizzarle contro una spinta sufficientemente forte da rubarle l`equilibrio. « Impùlsus. » Che la sorpresa riesca o meno, come epilogo ci sarebbe un`alzata eloquente del sopracciglio, una domanda che pur non essendo stata pronunciata, aleggia: tu che ne pensi?
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Voilà. Un tonfo si fa udire per tutta la Dragonviola, prima che possa realizzare ancora il tutto. La sua espressione non è nulla di rassicurante però, perché da terra lo sguardo si riduce a due fessure. « LaLaurie, vuoi morire? » domandato in tutta sincerità, con tono acido e di chi si sta iniziando a scaldare troppo.
Davanti a quel tonfo sordo con cui l’altra cade, la chiostra di denti bianchi si scopre e cattura piccole scintille dalla luce che filtra attraverso le finestre della quinta sala comune. Tutto questo grazie al sorriso smaliziato con cui torna a fissarla, puntualmente dall’alto in basso. « Detto da te, in quelle condizioni » nell’accennare alla postura scomposta della Grifondoro a terra, la bocca gli si arriccia lievemente intorno all’arco di Cupido, in una nota tanto sprezzante quanto giocosa « Non suona un granché minaccioso, non credi? »
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trappole per gnomi;
Insomma lei continua a dondolarsi, arrivando così verso la fine di uno scaffale e poi gli occhi che si spalancano un po’ di più, frenando con le scarpe che raschiano un po’ sulle mattonelle della biblioteca. « Hhh—hhii. » è più il fiato che inspira, mentre tenta di appoggarsi all’angolino dello scaffale per non farsi vedere - per quanto visibile sia - dato che ha visto Daemon. Sbatacchia le palpebre, provando ad allungare il collo, da quella distanza, con la puerile speranza di poter capire cosa stia facendo, a parte l’ovvio studiare.
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« segui Aritmanzia anche tu? » nonostante non possa fare a meno di notare il leggero imbarazzo che Charlotte sembra manifestare proprio a causa sua, riesce lo stesso a tenere un tono tranquillo nella conversazione « siediti » un cenno svelto all`altra sedia accostata al tavolo, per quello che suona come un invito, non è che ci è costretta. « Ti faccio vedere, tanto stavo facendo una pausa. »
« Sì, la seguo anche io. » cosa che scriverà anche sul diario: io e Daemon anime gemelle perché seguiamo la stessa materia facoltativa. Vabè. Tira su col naso, provando ad allungare il collo come prima quando era dietro una pila di libri, per curiosare. Gli occhi ora si fanno davvero curiosi nel leggere quello che c’è scritto nei libri e nelle pergamene del sestino. All’invito ricevuto rimane un attimo interdetta strigendosi nelle spalle ma poi fa un cenno della testa, ringraziandolo « Ahm, grazie! » accomodandosi piano nella seggiolina libera, così tanto-troppo vicino a lui. « Sicuro? Perché non ti voglio cioè, disturbare troppo se devi continuare, ecco, sì. Tanto c’ho pure tante cose di Difesa e Incantesimi da vedere.. » si stringe nelle spalle, ma ormai tanto s’è messa lì seduta e non pensa di volersi alzare tanto presto.
« E` una trappola aritmantica » spostando lo sguardo dalla pergamena al viso della Serpeverde, prima che lei possa chiederlo. « è il campo di una trappola areale, ma ne esitono anche di altri tipo. Questa, però » punta il polpastrello dell`indice della mano destra al centro del disegno « sfrutta lo spazio, per costringere chiunque ci finisca dentro a vivere ciclicamente un`esperienza in cui ci si ritrova intrappolati all`interno di un ambiente che continua a restringersi: è come finire dentro una morsa che cerca di stritolarti, e comincia a mancarti l`ossigeno e non c`è modo di uscire » ok, detta così, con quel tono serio, sembra davvero qualcosa di orribile. Ma forse lo era davvero « abbiamo cominciato a studiarle all`inizio dell`anno, e il Professor Marshall » esita per qualche istante, come alla ricerca delle parole giuste. L`espressione che ha in volto ora mostra un cipiglio più severo e riflessivo « ...beh, lui ci ha fatto sperimentare cosa significa rimanerne vittima » li ha `chiusi nella scatola`, senza troppi giri di parole « credo volesse ci rendessimo conto di quanto può essere pericoloso riccorere a questo genere di magia, senza pensare alle conseguenze » finalmente interrompe il monologo, distogliendo lo sguardo dal foglio di pergamena per tornare a guardare Charlotte « ma se la cosa non ti spavente, te lo racconto » 
« E si può mettere, ehm, nella trappola un molliccio? Così quello che viene intrappolato se la passa male. Tanto mica lo sa. Diventerebbe una favolosa trappola.. com’è che si chiama? » domanda senza aspettare una risposta « Aerea? » non proprio. Favoloso che non sappia che è un molliccio, e si stringe nelle spalle. « Ma poi si muore? » il dubbio sul volto della Serpeverde, da come l’ha descritta lui sembra una cosa piuttosto seria. Sicuramente non sa cosa voglia dire fare questo genere di magie, anche se non sembra così ansiata, per quanto potrebbe anche morire se la facessero a lei. La risposta viene data con un po’ di leggerezza, per lo più si mostra coraggiosa solo perché è Daemon a dirglielo. « No-no, certo che non mi spaventa. » certo (…) « Raccontami, voglio sapere che è successo. Cioè, ehm, quali erano le conseguenze? »
« non può ucciderti no, anche se quando ne esci non sei proprio messo bene » tipo che un giretto in infermeria non si nega nemmeno ai cuori più forti. « E` cominciato all`improvviso, non sono neanche riuscito a raggiungere il mio banco e la trappola si è manifestata, perciò, una volta che è stata allestita, è sufficiente mettere un piede all`interno del suo campo di attivazione, questo le rende particolarmente insidiose » per capirlo non serve frequentare il corso M.A.G.O. della relativa materia, e poi, come tutte le `trappole` per definizione, anche quelle aritmantiche non fanno eccezione all loro caratteristica fondamentale. « se te lo stai chiedendo, non so se in classe sono rimasto del tutto sveglio, ma... dall`altra parte » all`interno dell`ambiente creato per effetto della Trappola Areale, intede « ero sicuramente cosciente. Ma non saprei per quanto sia andata avanti la cosa, anche perchè il tempo sembrava scorrere normalmente, il problema era lo spazio » tra parentesi, l`ultima cosa a cui ha pensato in quei momenti è stato dare un`occhiata all`orologio. Ma le ha già fatto presente che il vero elemento di disagio non era quello, bensì il luogo in cui è stato trascinato « prima di tutto, sono finito in un posto che non avevo mai visto prima, che nemmeno dovrebbe esistere, in verità » stringe lo sguardo per qualche secondo, assottigliando la fessura delle palpebre, mettendo meglio a fuoco il viso della Serpeverde « aveva qualcosa di familiare, in ogni caso » ricorda bene il colore degli arredi, così simile alla sala comune dei Grifondoro, e il corridoio del sesto piano che lui frequenta spesso, o ancora « c`erano i tavoli della Sala Grande, ma non era la Sala Grande quella che vedevo intorno a me, quindi è chiaro che la volontà della trappola sia quella di disorientare chi ne rimane vittima » a questa semplice conclusione ci è arrivato considerando che, cercare una via di fuga da un luogo che conosciamo bene, sarebbe certamente più semplice che non doverlo fare all`interno di un ambiente apparentemente sconosciuto. « Le pareti hanno iniziato a restringersi quasi subito - e ti assicuro che respirare non era facile, mi mancava davvero l`ossigeno, era... vero. Compreso il dolore, quindi la tua mente è vulnerabile sotto ogni punto di vista, mentre sei prigioniero, anche se non hai quelle ferite addosso quando il suo effetto si esaurisce » perciò non dovrebbe rivelarsi così potente e non può ucciderti, come le ha anticipato. Quella forse è l`unica nota positiva in tutto questo, se così si può definire. Lo scenario che le ha descritto fino a quel momento, ancora una volta gli conferma la sua ipotesi del perchè Marshall li abbia costretti a vivere quella situazione. « Il peggio, però » però?! Cioè, tutto questo non era già sufficiente di per sè, manca ancora il colpo di grazia, per cui si schiarisce la voce con un colpetto di tosse che graffia gutturale sulle corde vocali « è che ti priva della magia: quando sei dentro la trappola, non riesci ad utilizzare gli incantesimi » 
« Come le trappole degli gnomi. » nei gardini di casa loro c’è pieno di quelle trappole il cui meccanismo funziona proprio quando la creatura entra dentro alla trappola. Semplice. « Oh Morgana mia, non puoi.. fare incantesimi? Ma è terribile. » una mano al petto e lo sguardo angosciato. Perché avere tutto intorno che ti si chiude, non poter respirare bene è tremendo ma non poter fare magie è la cosa più brutta del mondo. Alla fine si porta una mano alla bocca, spaventata all’idea di una magia assente e di una sopravvivenza forzata. Lo guarda, lo ascolta.. prova a rilassarsi un po’ di più dopo questo racconto angoscioso. « E tu come hai fatto? Cioè.. hai avuto paura? »
Gli sfugge piuttosto un mezzo sorriso, che serve a stemperare un po` la tensione del suo volto, a sentire quel paragone con le trappole per gli gnomi « sinceramente non ci avevo pensato » trattenendo quella curva più allegra e giovale sulle labbra per qualche istante ancora « ma in un certo senso, è così » [...] « all`inizio sì, anche perchè ero abbastanza confuso e disorientato » cioè, sta praticamente dicendo che la trappola ha funzionato benissimo. 
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Translation into Italian after the presentation in English
Work proposed by the artist Artale for participation in the presentation in images of Dante Alighieri’s Divine Comedy (for the 700th anniversary of the death of the Supreme Poet), concerns the subject of Pia de ‘Tolomei.   “Oh, when you have returned to the world and rested from the long way “, followed the third spirit to the second, “Remember me, who am the Pia; Siena made me, undone Maremma: salted the one who ‘nnanellata first arranging me with his gem ”. (Divine Comedy, Purgatory. V, 130-136)  “Come on, when you have returned to Earth and rested for the long journey”, a third spirit continued after the second, “remember me, I am the Pia, I was born in Siena and I was killed in Maremma; the one who, after asking me to marry, gave me the wedding ring well knows this. “ Canto V Purgatorio. Leap 2, negligent, violent deaths. The setting is that of the antipurgatory island. Pia’s story is essential and elliptical. Pia raises her feeble voice to ask Dante to be remembered with a prayer that can shorten the time of atonement, only after she has rested from her long journey. Pia’s tenderness is fixed in her memory with her maternal concern, and with the education and respect with which she turns to Dante. She feels sincere awareness of guilt but also a deep sense of gratitude for a free forgiveness, fruit of divine goodness. She is in the anti-purgatory because before dying she repents of her sins, poor! She who is killed repents of futile sins when compared to the sin of those who snatched her from her life.   Choice of subject  The artist Artale chooses this woman made immortal by the Supreme Poet, as she is considered current because she is a female figure victim of a femicide. Then as today some men through violence destroy, violate and try to cancel the feminine essence. Pia de 'Tolomei belonged to the noble family of Siena. She married Nello di Inghiramo dei Pannocchieschi who held the position of mayor of Volterra and Lucca towards the end of 1200. Pia died either killed by her husband or made to kill on his behalf. She was thrown from the balcony of her home, because in those days there was no divorce, and her husband who wanted to rebuild a life with her lover decided to eliminate her accusing her of adultery. Dante Alighieri was deeply touched by this story. Sensitive and attentive, he was able to grasp the injustice of the innocent victim; thanks to her sensitivity, today more than ever the figure of Pia de 'Tolomei encloses ancient time in a sort of limbo from which even today the woman is an unaware victim of circumstances. The past centuries were not enough, there is almost rooted in some men this destructive and malignant sense that must destroy the woman: mother, lover, daughter, niece, cousin, girlfriend. Today’s chronicles are overflowing with chilling stories of women killed by miserable men and unable to manage healthy relationships with them. Throughout the Divine Comedy, only Pia de 'Tolomei represents the sweetness, feminine sensitivity and tenderness of a woman who, even if trampled on, possesses that resilience of the soul that will make her immortal in just 6 poignant verses (vv. 130-136). Like her none.   Description of the work  Pia de 'Tolomei is represented in the center of the work, when she introduces herself to Dante Alighieri. She is dressed in a dress of her time, as a noblewoman. Her hand is clearly visible in showing the gem of the one who ” ringed “ it, married and killed it. Her face is serene, she possesses the features of those women who, after so much horror, no longer even carry anger or resentment. Her scene is softened by a slight haze that reveals her, where some flowers drop in front of her petals, almost as if to pay homage to her arrival. In addition to representing, the artist wants the observer to remember these immortal verses so that he can reflect deeply on the concept of femicide that Dante was able to masterfully grasp and express. An explicit reference to the city of Florence is represented by the lily-shaped pendant, which decorates the neckline and expresses a clear reminder of the artist’s love for the land of Tuscany and the Supreme Poet. WORK: 100x100 cm, technique: acrylic, surface: cotton canvas, style: figurative, year: 2021, (March 23).  P.S. : dutiful and heartfelt public thanks to the historian and art critic Giorgio Gregorio Grasso and to the Contemporary Art Foundation
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Opera proposta dall’artista Artale per la partecipazione della presentazione in immagini della Divina Commedia di Dante Alighieri (per i 700 anni dalla morte del Sommo Poeta), riguarda il soggetto di Pia de’ Tolomei.
“Deh, quando tu sarai tornato al mondo
e riposato de la lunga via”,
seguitò ‘l terzo spirito al secondo,
“ricorditi di me, che son la Pia;
Siena mi fé, disfecemi Maremma:
salsi colui che ‘nnanellata pria
disposando m’avea con la sua gemma”.
(Divina Commedia, Purgatorio. V, 130-136)
“Orsù, quando sarai tornato sulla Terra e avrai riposato per il lungo cammino”, proseguì un terzo spirito dopo il secondo, “ricordati di me, che sono la Pia, nacqui a Siena e fui uccisa in Maremma; lo sa bene colui che, dopo avermi chiesto in sposa, mi aveva dato l’anello nuziale”.
Canto V Purgatorio. Balzo 2, negligenti, morti di morte violenta. L’ambientazione è quella dell’isola dell’antipurgatorio. Il racconto di Pia si presenta essenziale ed ellittico. Pia leva la sua voce flebile per chiedere a Dante di essere ricordata con una preghiera che possa abbreviare il tempo dell’espiazione, soltanto dopo che si sarà riposato dal suo lungo viaggio. La tenerezza di Pia si fissa nella memoria con la sua materna sollecitudine, e per l’educazione ed il rispetto con cui si rivolge a Dante. Ella, avverte sincera consapevolezza della colpa ma anche un profondo senso di riconoscenza per un perdono gratuito frutto della bontà divina. Ella si trova nell’antipurgatorio perchè prima di morire si pente dei suoi peccati, povera! Lei che viene uccisa si pente di peccati futili se confrontati al peccato di chi l’ha strappata alla vita.
Scelta del soggetto
L’ artista Artale, sceglie questa donna resa immortale dal Sommo Poeta, in quanto viene considerata come attuale perché è una figura femminile vittima di un femminicidio. Allora come oggi taluni uomini attraverso la violenza distruggono, violano e cercano di annullare l’essenza femminile.
Pia de’ Tolomei apparteneva alla nobile famiglia di Siena. Andata in sposa a Nello di Inghiramo dei Pannocchieschi che ricoprì la carica di podestà di Volterra e di Lucca verso la fine del 1200.
Pia morì uccisa dal marito o fatta uccidere per conto di costui. Venne gettata dal balcone della sua abitazione, perché a quei tempi non esisteva il divorzio, ed il marito che voleva rifarsi una vita con l’ amante decise di eliminarla accusandola di adulterio.
Dante Alighieri venne toccato profondamente da questa storia . Sensibile e attento seppe cogliere l’ingiustizia della vittima incolpevole; grazie alla sua sensibilità, oggi più che mai la figura di Pia de’ Tolomei racchiude il tempo antico in una sorta di limbo da cui ancora oggi la donna è vittima inconsapevole delle circostanze. Non sono bastati i secoli trascorsi, vi è quasi radicato in certi uomini questo senso distruttivo e maligno che deve distruggere la donna: madre, amante, figlia, nipote, cugina, fidanzata. Le cronache di oggi sono stracolme di storie agghiaccianti di donne uccise da uomini miserabili e incapaci di gestire delle relazioni sane con esse. In tutta la Divina Commedia, soltanto Pia de’ Tolomei rappresenta la dolcezza, la sensibilità femminile e la tenerezza di donna che se pur calpestata possiede quella resilienza dell’ anima che saprà renderla immortale in soli 6 struggenti versi ( vv. 130-136). Come lei nessuna.
Descrizione dell’ opera
Pia de’ Tolomei viene rappresentata al centro dell’opera , nel momento in cui si presenta a Dante Alighieri. Ella è vestita con un abito del suo tempo, da nobildonna. La sua  mano è bene in vista nel mostrar la gemma di colui che la ‘’inanellò’’, sposò e uccise. Il suo volto è sereno ,lei possiede i tratti di quelle donne che dopo tanto orrore, non portano nemmeno più né rabbia né rancore.
La scena  è  resa tenue da una lieve foschia che la svela, dove alcuni fiori lasciano cadere al suo cospetto dei petali, quasi come a volerle rendere omaggio al suo arrivo. L’artista oltre che rappresentare, desidera che l’osservatore rammenti questi versi immortali affinchè si rifletta profondamente sul concetto di femminicidio che Dante aveva saputo cogliere ed esprimere magistralmente. Esplicito richiamo alla città di  Firenze è rappresentato dal  pendente a forma di giglio, che decora la scollatura ed esprime un chiaro richiamo dell’ amore per l'artista nei confronti della terra di Toscana e del Sommo Poeta.
OPERA: 100x100 cm, tecnica: acrilico, superficie: tela di cotone, stile: figurativo, anno: 2021, (23 marzo).
P.S. : doverosi e sentiti ringraziamenti pubblici allo storico e critico d'arte  Giorgio Gregorio Grasso ed alla Fondazione Arte Contemporanea.
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Ai selvaggi, ai bizzarri, ai meravigliosi.
A coloro che cavalcano le onde del mare e perdono di vista la riva.
A chi si libera delle regole, dell etichetta, delle catene e parte alla ricerca della verità del proprio cuore.
A tutti i pezzi del puzzle scombinati, che non vengono invitati a partecipare al gioco della società, che restano indietro per imparare il proprio modo di volare, che nella sacra solitudine abbelliscono i cieli con le ali piene di libertà e la grazia del loro destino nato dall'anima incendiata.
Per i rari esseri ultraterreni che percorrono la strada meno affollata, che affrontano l' avventura con scopo e passione.
Ai ribelli, agli originali, alla solitudine che alimenta il loro spirito.
A chi non si conforma, nè torna indietro e non si fa da parte.
Per quelli che non sono nati per adattarsi ma per camminare gloriosamente altrove.
Per la tribù dei disturbatori che pensano fuori dagli schemi e sognano sui bordi dell'infinito.
A coloro che danzano anche se non conoscono i passi, che cantano anche se sono stonati e fuori sintonia.
Ai risvegliati il cui scopo è alimentare la propria anima e non morire di fame, il cui mantra è il battito del tamburo del proprio cuore e le infinite possibilità che scintillano all'orizzonte.
A quelli che hanno il coraggio di essere aperti, d'amare e vivere.
Ai maghi, ai mistici, agli incompresi.
Ai saggi che si muovono tra l'ombra e la luce.
A coloro che ululano alla Luna piena e danzano nudi nei ruscelli.
A coloro che seguono la bussola dei loro cuori e credono nella stella polare del loro spirito.
Per chi ha il coraggio di cadere, di rompersi e frantumarsi.
Ai cacciatori di tempeste, a voi anime antiche che camminate su questa Terra.
Allo spirito selvaggio...
Queste parole sono per te...
~ ara
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lilgjey · 3 years
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Sentirai l’odore del mare
“Cosa intendi fare adesso?” le chiesi,
“non ne ho idea” mi rispose lei. Rimasi in silenzio ad osservarla, abbozzò un mezzo sorriso, sicuramente stava pensando a qualcosa di estremamente sarcastico.
Eravamo in una panchina di Villa Pamphili, nel silenzio e nella quiete di una mattinata di pandemia primaverile, eppure riuscivo a sentire il caos dei suoi pensieri.
Davanti a noi una collina ma sembrava guardasse oltre, verso un orizzonte intangibile, immaginario, ricco. Era li ma la sua mente era altrove e cosi anche la mia, cercavo di capire quale potesse essere la sua prossima mossa, era il mio punto di riferimento, aveva sempre dei piani b,c,d  e per tutto il resto dell'alfabeto, ma in quel momento non ero sicura ne avesse uno.
“Sai, mi sento svuotata” interruppe il silenzio. Entrai nel panico! Come svuotata? E come facciamo adesso?
E poi vedemmo A arrivare da lontano, non mi era mai piaciuta e compare sempre nei momenti meno opportuni.
“Dobbiamo uscire da questa situazione, dobbiamo fare qualcosa!” dissi frettolosamente mentre la stronza era quasi da noi.
A arrivò e si sedette al suo fianco, al lato opposto al mio, mi lanciò un'occhiata di disprezzo, sapevo di non piacerle ma non mi interessava, era reciproca la cosa.
“Hai ragione, dobbiamo fare qualcosa, avevo idee e stimoli ma ora sono come paralizzata, non riesco a pensare a nulla e ogni cosa mi spaventa, ogni tanto penso che vorrei dire sticazzi a tutto e fuggire via, prima questa idea mi dava conforto ma a oggi, anche questa sembra l'ennesima pessima idea, piuttosto che un sogno intangibile”disse sospirando mentre continuava a guardare oltre la collina.
Non l'avevo mai vista cosi, eppure di momenti bui ne passammo insieme; ma lei si era sempre presa cura di me, ero certa e sicura che oltre quella stramaledetta collina c'era la sua eldorado. Che il peso delle responsabilità che oggi la schiacciavano, erano cose che aveva sempre portato con se con leggerezza, e che se oggi pesavano era solo perchà la vita l'avrebbe ricompensata con lo stesso peso di gioie prima o poi. Volevo prenderla per mano e farle vedere quanto sono belli i fiori in primavera, volevo mostrarle quanto è bello il sorriso che nasce dalle lacrime perchè il più genuino.
Non volevo quel silenzio pieno di grigiore e pensieri assordanti, volevo riempirlo con risate schioccanti.
Poi intervenne A “A questo giro siamo fottute amica mia, niente che tu possa fare può cambiare la situazione, l'unica è rimanere qui ed aspettare”, dopo questa frase vidi il suo sguardo diventare sempre più vitreo.
“Quando mangi il gelato non pensi che possa congestionarti no? Pensi a quanto sia dolce!” intervenni prontamente e ottenni un accenno di sorriso quando mi guardò.
“Beh dovresti pensarci alla congestione, altrimenti poi stai male, e rimpiangi di averlo mangiato.. al dolce poi chi ci pensa? Tu?” ribattè A.
“E allora cosa fai? Non lo mangi?” risposi.
“No” disse A.
Ormai la conversazione era solo fra me e A, come al solito trasformata in una grande discussione mentre lei si era totalmente estraniata da tutto.
“Impossibile. Con questo ragionamento, non dovresti fare nulla che ti possa portare piacere, non dovresti neanche sentire il vento fra i capelli” ribattei.
“Esattamente!! E no neanche il vento perchè potrebbe portarti un raffreddore o un'otite”.
Ero incredula! Eravamo li per discutere un piano ed è arrivata A a rovinare tutto e la cosa che più mi feriva era che vedevo che lei ascoltava quella stronza e si incupiva sempre di più.
“Stai sbagliando sai?” dissi, aggiungendo: “Quando pensi a qualcosa, a volte non ti riesce, a volte cadi ma poi ti rialzi, e lei lo ha sempre fatto.. tu cosi la stai trattenendo. Non c'è gusto nella riuscita se non si mette un minimo di rischio in gioco. Nulla di grande è venuto giocando sul sicuro! Ma quanto è bello investire in qualcosa emotivamente, fisicamente e mentalmente ed essere li che fremi nella realizzazione? Le mani si ti tremano e a volte anche le gambe.. ma quando ci riesci? Come ti senti felice? Quella gioia è insostituibile, quindi bisogna provare e cadere! Perchè nessuna battaglia è stata vinta senza combattere! Io non mi arrendo e non lo farà neanche lei, quindi smettila di tapparci gli occhi, perchè un aquila può sempre volare libera anche se non sa esattamente dove sta andando, il suo istinto è più forte affinerà gli altri sensi in volo, sentirà il vento in faccia senza ammalarsi, sentirà il freddo delle montagne e il profumo del mare, può anche essere addomesticata ma in gabbia non sarà mai felice!”
A tacque e se ne andò; cosi guardai lei ancora in silenzio.
Sorrise! Si girò verso di me mi accarezzò il viso, quando vidi il suo era pieno di lacrime e mi disse “non preoccuparti! Mi prenderò cura di te, ti proteggerò!”.
Ricambiai il sorriso ma sentivo anche io che mi stavo indebolendo, quel giorno vinsi solo un match di una partita interminabile che era iniziata da quando A era diventata un ruolo maggioritario delle nostre vite. Dicono che io sia l'ultima a morire, mi prese per mano e ci incamminammo verso casa. Vivevamo bene io e lei nei nostri sogni, nella spensieratezza, nella purezza della mia essenza, ma non ero più forte come prima da quando lei lascio entrare A-Ansia nelle nostre vite. Ogni tanto mi invocava, la speranza, la purezza del suo cuore; ma più che proteggermi mi aveva messa in una teca di cristallo ero diventata irraggiungibile mentre l'Ansia prendeva sempre più spazio.
Cosi sono le nostre giornate, a volte vinco io a volte vince lei, questa lotta non ci porta da nessuna parte però.. finirà il giorno in cui A si lascerà abbracciare da me e capirà che andrà tutto bene.
Andrà tutto bene...
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merrowloghain · 4 years
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01.09.76
« Pistaaaaaa » l’urlo belluino di un quintino, probabilmente mezzo troll, è quello che sentiranno alle loro spalle chi ha appena attraversato la barriera magica. E se ALLISTER si sentirà colpito alla spalla in modo pesante, tanto da perdere l’aggancio alla maniglia del suo carrello, sotto lo sguardo impotente di una in avvicinamento TASHA, TRISTAN addirittura vedrà traballare pericolosamente le due gabbie coperte da teli scuri che porta sul suo - e quella più grande, in effetti, pare stia per sganciarsi con un miagolio confuso che andrà a mischiarsi con quel « SCUSA » davvero poco sentito. WILLIAM, distratto dal cercare amici, si vedrà la nonna fin troppo vicina dopo il passaggio del ragazzo che corre veloce come il vento « SCUSATE, PERMESSO, DEVO ANDARE IN CODA » la giustifica mentre salta da BLYTHE, poggiando la mano sul suo baule, a WILLOW con un « hop! », spingendo loro ad arretrare di qualche centimetro per la spinta prodotta e dando una spallata anche al povero LUKE di passaggio. SOPHIA, che emozionata se ne va per la sua strada si vedrà fiancheggiare questo bolide troppo cresciuto al fianco, ma che potrà appurare essere una persona vera nel momento esatto che lo vedrà saltellare impotente dietro NEERA e i suoi familiari, almeno fin quando non troverà quel varco per poter riprendere la propria corsa verso... ROY, piccola stella, che si sentirà un « HEY NANO, LARGO » urlato direttamente dietro l’orecchio, prima di scartarlo veloce e fare la medesima cosa con una famiglia particolarmente numerosa di maghi, posizionata a mo di catena umana per far levitare i tanti bauli della prole in partenza per Hogwarts. E infine s’arresta, solo un attimo, con uno sguardo di apprezzamento alla Strega che accompagna MERROW, lasciando fuoriuscire un sottile fischio dalle labbra, prima di rendersi conto che c’è anche il marito al suo fianco e, forse, solo forse, non è il caso di trovarsi a tiro di una bacchetta adulta. Eppure non riesce a non staccare gli occhi dalla donna, ritrovandosi a sbattere con il muso dietro il nonno di SEAN. Mani al volto, a tamponare la botta presa al naso « mi sgusi, mi sgusi, non bolevo dambonarla signhore sé sciolo… HEEEEERB » verso un ragazzo che si è appena sporto dal finestrino dell’ultimo vagone, forse proprio cercando quel pazzo furioso « CUI, AMICO, SON- sgusi angora eh! » e via, sparito alla volta delle scalette più vicine.
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«Scusa un momento.» direbbe all`indirizzo di William, proprio quando quel ragazzo sconosciuto, parte a tutta burrobirra creando diversi incidenti sulla via. E se Will e sua nonna si ritrovano vicini, lei cerca di riguadagnare terreno verso il suo carrello ed in direzione di Tristan, assistendo però a tutta la scena dove quel povero malcapitato, si ritrova a fischiare in apprezzamento. A. Sua. Madre. Per poco non vomita. Cosa che invece Ondine prende con estremo diletto, limitandosi a fissare il ragazzo con le iridi verdi che vanno a provocare quello schianto contro la schiena d`un vecchio, mentre Angus porta la mano destra sulla parte bassa della schiena della moglie, che civettuola gli carezza in maniera casuale il petto, in un semi abbraccio fatto di possessiva complicità. Inutile dire che l`aura che emana il Padre della Grifondoro, è tossico istinto omicida, in un fuoriuscire d`espressione da perfetto e controllatissimo psicopatico. Merrow si blocca li, a vedere la scena, con un terrore in viso che non riesce a nascondere, almeno per quegli istanti in cui il ragazzo fortunato, non muore sotto lo sguardo sadico di Angus, e lei si ritrova a praticamente mezzo correre in direzione di Tristan «E-he..» un verso gutturale, mentre ancora ha il viso contratto in un`espressione spaventata che cerca via via di ricomporre «Delation» no, niente, non ha quella solita verve «Ciao Tris.» il tono adesso sembra corrispondere alle parole, ma quello che cerca di fare subito dopo, ha dell`assurdo a dir poco: braccia che si sollevano, mani adornate al migliolo sinistro dalla fedina in oro bianco, dalle dita affusolate e femminili, che cercherebbero i bicipiti altrui per cercare di raggiungergli la camicia e tentare di dargli una piccola spinta in sua direzione. Prima che possa dire o fare qualcos`altro. E` un abbraccio. O meglio, una sorta di richiesta di tale, completamente ignara del dove siano o con chi. Sembra un atteggiamento automatico e quasi incontrollato. Il cuore che pare volerle far fare un infarto a quattordici anni.
ora che l’avvicinarsi di Merrow devia la sua attenzione su una figura nettamente più gradevole ai suoi occhi. « Merrow, ciao. » Le labbra che si piegano in un sorriso lieve e lo sguardo che fa per spostarsi verso la figura paterna, magari per una qualche presentazione che però, non avverrà. E poi si lamenterà di essere sballottato in giro in maniera così inadeguata, ma per ora si ritrova a fare un passetto avanti, e a circondare con le braccia la figura della grifondoro seguendo un istinto che non sapeva di possedere. Un abbraccio di cui non capisce la natura e per cui sembra chiedere per un secondo aiuto al padre, lo sguardo che si sposta sull’adulto con un misto di confusione e sorpresa, prima che mormori uno « stai bene? » che sembra forse strano pronunciato dalle sue labbra. Quelle che si piegano in un sorriso certese all’arrivo di Will, che Merrow sia ancora fra le sue braccia o meno. « Buongiorno Dent, tutto bene le vacanze?» Non che gl’interessi ma, quindi bisogna fare conversazione.
* W: Merlino incoronato, grazie. Delation abbraccia Merrow e continua a tenerla abbracciata. Il passo di William si fa meno teso e frettoloso, ma comunque continua ad avvicinarsi, presumibilmente seguito da Allister e forse Tasha quando avrà smesso di sbavare. Forse. «Tutto bene. Le tue?» replica con garbo a quella sua domanda. Anche Luke li raggiunge, e lui, da ragazzo beneducato, procede alle presentazioni. «...non so se avete avuto modo di conoscervi, lui è Tristan Delation, un nostro compagno di classe» suo e di Merrow. E poi rivolto a Tristan «Loro sono Luke Pyrangelus, Tasha Odinsbane ed Allister Fralker.» accennando garbatamente a ciascuno. L`etichetta vuole la sua parte. Anche se dentro si sente morire per come percepisce Merrow in quel momento. Ma continua a parlare. Per farle sapere che è lì. Non potendosi permettere altro nel marasma della stazione. «...e se ci levassimo da questa bolgia infernale?» propone con una certa gentilezza, accennando al treno col capo. Angus non vede, Merrow non duole. Si spera. In effetti a meno di un metro da loro sta una porta aperta del treno, pronta ad accogliere gli studenti. Se loro accettassero, aiuterebbe CIASCUNO a caricare in fretta i bagagli, prima di occuparsi dei propri. E presumibilmente, appena in tempo per il fischio assordante. Ed a quel punto, salterebbe su anche lui. *
No, niente presentazioni, non c`è tempo: lei si aggrappa alla camicia firmata Hawthorne, per quei brevi istanti che precedono qualcosa che ha un che di miracoloso. Tristan l`abbraccia, senza strani tic, senza allontanarla, senza schifarla, e lei riesce a prendere un vero e proprio respiro di sollievo. Le mani passano alla sua schiena, stringendo il tessuto poco sotto le sue scapole, cercando di deglutire e di calmarsi un poco. La Loghain: che mai si è vista spaventata in pubblico, oppure stringere a quella maniera nessuno. Ora sta là, praticamente fusa con il petto del giovane Delation, contro il quale il suo cuore sbatte con la furia d`un animale in gabbia. Annuisce piano al sussurro che il Serpeverde le rivolge, stringendo in tutta risposta di più la presa «Dammi... un momento, ti prego.» vabbè, ora l`inferno si ghiaccia ed I Thestral diventano unicorni rosa volanti. Sente le parole di William, ne sente la voce, sente la risposta di Tristan, ma purtroppo non riesce ancora a separarsi da quella stretta, che poco a poco le sta ridando aria ai polmoni. Chiude gli occhi, li stringe, ed è con una violenza inaudita auto-inflitta, che si costringe a separarsi da quel contatto, solo dopo che Dent abbia presentato praticamente lo squadrone della morte dei suoi amichetti. Alza il capo e cerca lo sguardo del Serpeverde, in un moto di scuse sincero che solo ora si rende conto dei familiari li vicini, mentre lei si guarda bene dal cercare i suoi anche solo con gli occhi. L`elfo di famiglia sta già facendo levitare i bagagli in direzione dell`apertura più vicina del treno, proprio quella proposta da Dent, che la Loghain si ritrova a rivolgere un mesto saluto ai genitori del povero Tristan in un accenno di presentazione «Scusate... Merrow Loghain, molto lieta.» perfetto inchino, perfetto sorriso, espressione tornata sotto controllo, ed in generale parrebbe davvero un`educatissima Purosangue che si è solo spaventata per un pazzo col carrello ed il fischio facile. Guarda Gregor salutarli tutti, poi, volgendo il medesimo gesto di capo educato, prima di guardare di nuovo Delation e chiedergli in muta richiesta, di salire con loro. Eccola quindi, salutare proprio nessuno lì sul binario, intrufolandosi dentro il treno prima che altro possa accadere, cercando di mettere più distanza possibile tra lei e quello che è stato il suo Molliccio per un po` troppo tempo. La sinistra che sposta la riga laterale della chioma, la destra che pizzica la gonna e la tira un poco su per aiutarsi a salire i gradini, ed infine, occhi che cercano William in un ringraziamento silenzioso, a cercare di sancire la fine di quella folle stramberia da cardiopalma.
(...) l’arrivo di Merrow cambia notevolmente il tono di quel giorno di partenza. L’ha abbracciata spinto da un riflesso incondizionato che non sapeva di possedere, ma non l’allontana per scelta. Anzi. A quelle parole reagisce portando un braccio a cingerle le spalle, mentre l’altro rimane più basso in vita, quasi volesse proteggerla da qualsiasi cosa riesca a farla sgretolare in quel modo e nascondere quel momento di debolezza agli occhi del mondo. Ed è per quello che, nonostante l’incongruenza di tutto, si rivolge a Will con indifferenza, come se non avesse fra le braccia la grifondoro sotto lo sguardo curioso del padre. « Molto bene. Fra il Dover e New York. » Due posti che non potrebbero aver meno in comune, se non esponenti delle due famiglie di cui porta i cognomi. « Howthorne Delation » Due cognomi, appunto, per quanto scolasticamente abbia scelto di attenersi unicamente a quello materno, più ‘conosciuto’ in terra inglese, rispetto a quello americano tramandatogli dall’uomo al suo fianco. « Tasha, ciao. » L’unico saluto effettivo, mentre gli altri rimediano un cenno lieve del capo, appena oltre la testa di Merrow, giusto in tempo perché questa si tiri indietro, le braccia del serpeverde che per un attimo sembrano restie a lasciarla andare e a rivolgersi al padre come se nulla fosse accaduto. Il ‘Miss Loghain, è un piacere.’ pronunciato dall’uomo è abbinato ad un sorriso che si sposta poi sul figlio per recapitare uno ‘Scrivi a tua madre quando arrivi’ accompagnato da una stretta leggera della mano sul retro del collo e un lungo sguardo fra i due, un saluto che nonostante tutto potrebbe essere uno dei più calorosi nelle vicinanze e che termina con un cenno ai vari presenti prima di allontanarsi. E con lui, l’elfo di famiglia che si è premurato di sistemare i suoi bagagli sul treno in perfetto ordine, forse per ingraziarsi almeno un po’ il ‘padroncino’ inviperito nei suoi confronti. « Sì, saliamo. » E nonostante siano dirette a Will quelle parole, in risposta alla sua proposta, è Merrow che torna a guardare prima di sistemargli una mano bassa sulla schiena per condurla verso il treno, il suo corpo posizionato in parte dietro quello della ragazza e lo sguardo che corre intorno a loro, quasi cercasse qualcosa.
Totale e profonda riconoscenza, per coloro che sono accorsi a farle da scudo verso il mondo, ma è uno sguardo più intenso che rivolge a Tristan, abbandonando le sue braccia con la stessa reticenza sperimentata dall`altro. C`è un minuscolo momento di stasi, di consapevolezza del momento e dell`atto appena conclusosi, dove anche lei pare realizzare un bisogno che nemmeno sapeva d`avere. Si presenta al padre di Delation, con tutta l`eleganza che le hanno insegnato, rispondendo al suo dire con un sorriso un po` meno sghembo ma affilatamente complice «Il piacere è tutto mio, scusate l`intrusione.» non dà ulteriori spiegazioni però, salutando quindi l`uomo e volgendosi al treno. Quel contatto sulla parte bassa della schiena, ha uno stranissimo effetto su di lei, che inconsciamente s`avvicina maggiormente al corpo altrui, pur sempre muovendosi per montare sul treno. Il secondo fischio sancisce il loro distacco dalle famiglie, e lei può prendere un segreto sospiro di sollievo «Ssi..» un poco titubante, in risposta al dire ed allo sguardo di William «Cerchiamo uno scompartimento tutti assieme? Vi va? Tanto Becks ci raggiungerà sicuramente. Sarà a cercare Lance.» mormora lentamente, prima d`adocchiare oltre la porta d`uno scomparto poco più in là, un paio delle sue valige issate dall`elfo domestico di famiglia «Lì.. lì ci sono le mie.» niente soggetto, ma è chiaro ciò a cui si riferisca, indicando quindi la seconda porta a destra, per poi voltarsi in direzione di Tristan e mormorare leggermente «Dopo.. se hai un momento.» comincia con voce bassa, roca e calda, in maniera da venir udita solo da lui «Volevo darti il tuo regalo.» gli parla vicino, nonostante non ci sia più bisogno di stare così appiccicati, dato il corridoio un poco più largo e sgombro del binario su cui erano prima. Eppure la percezione spaziale sembra appena andata a farsi benedire. Pochi attimi e si muove in direzione dello scompartimento «Non vedo l`ora di cambiarmi. Non ne posso più di questi vestiti.» e che se lo strapperebbe di dosso con rabbia, è evidente a tutti.
Ma ascolta, saluta e si comporta con tutta l’eleganza e la cortesia imposta dall’educazione ricevuta, anche quando abbracci inaspettati giungono a destabilizzare interiormente l’animo di chi non gradisce nessun tipo di contatto fisico. E se lo sguardo confuso di Mr Howthorne è scivolato in silenzio sull’arrendevolezza del figlio, lo stesso avrà a che fare con tutto ciò presto o tardi. Perché si ritrova a poggiare con delicatezza la mano sulla vita di Merrow in un gesto che, nonostante tutto quello appena successo, parla di una confidenza che ancora difetta ai due e al comportamento di lui. Così come il fatto che li segue, apparentemente concorde al condividere lo scompartimento con loro, ascoltando i loro discorsi senza però intromettersi in alcun modo. Almeno fino a che Merrow non si rivolge a lui direttamente. « Sì, va bene. » Annuisce piano, fissando per un momento lo sguardo sul volto della ragazza, quasi fosse alla ricerca di qualcosa di preciso, prima che questa si allontani di punto in bianco. E se la guarda andare via, lo fa con attenzione, prima di spostare lo sguardo su Will per un lungo momento, lasciando che lo stesso saetti nuovamente sulla grifondoro in una tacita richiesta di tenerla d’occhio forse. Qualcosa che lui non farà, a giudicare come non sembri voler muovere passi verso lo scompartimento pieno, piuttosto diretto altrove. Magari semplicemente a trovare i suoi bagagli, finiti chissà dove.
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tashaodinsbane · 3 years
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3.12.76                              Sostegno morale
T:«Dai,Chris.Dacci dentro e non pensarci più». Si,chi prima inizia prima finisce «Che poi ci penso io a ricordartelo» Ah no «A vita» Sì,proprio tenera. Ovviamente la serpetta sghignazza senza remore mentre entra nell’aula della tortura. «Oi,Kael!»esclama nel vedere il compagno di classe nella stanza «Anche tu non vuoi perderti lo spettacolo?»
K:«Ciao.Sono qui perché volevo copiare le tavole in realtà.» accenna a quelle appese ai muri dell’aula con una mano «Non mi è riuscito bene l’incanto oggi e non mi va di rischiare, quando ci va il mio famiglio di mezzo.»
Cr:« Beh, ammettetelo che siete venute solo per svolgere la punizione al posto mio»
T: «Ti piacerebbe» K:«No, la punizione è tua. Io non ti disturbo,fai pure tu.» Cr:«Fossi in te prenderei quel roditore che ti porti appresso e farei un po’ di pratica piuttosto che stare a copiare delle stupide tavole»
K: «La pratica su Acrobata la faccio quando sono sicuro di non fargli del male.» 
T:«Ma qui hai la possibilità di vedere il nobile Sir Lock che si sporca le mani. E invece ti metti a studiare?»  K: «Non sapevo l`avessero fatto pure cavaliere» scherza di rimando con uno sbuffo divertito. T:«Oh sí» risponde a Kael con un tono serio accompagnato da un occhiolino divertito «I grifi hanno il loro Sir Nick Quasi Senza Testa. E noi serpi abbiamo il nostro Sir Lock Senza Punti» 
Cr:«che schifo» dice fra se e se ma ad alta voce mentre si appropinqua a guardare una per una le gabbie degli animali… «beh penso inizierò da te» dice avvicinando le mani all’apertura della gabbia contenente il topino grigio chiaro con l’orecchia mozzata che aveva scelto durante la lezione
T: «Toh guarda.Nemmeno un minuto di punizione e già comincia a parlare con loro»osserva con tono quasi tenero.
Cr:«Petrìficus Totàlus. Bene,così non scapperai ovunque mentre pulisco la tua… robaccia» T:«Eddai,così non vale»commenta saltando giù dal banco e avvicinandosi per osservare il povero roditore «Dovevi farti mordere:è più divertente».
Cr«… che cattivo odore…ma qui non vi pulivano le gabbie dai tempi di Merlino»
T:«Eh beh,si chiama punizione per un motivo»ridacchia e allunga una mano per dare qualche pacca affettuosa sulla schiena del biondino «Una punizione di me...rlino»
Cr:«la cosa ti diverte vero, Tash?» T:«Potrei mentirti e dirti che sono dispiaciuta per te.Ma siccome non mento agli amici...»aggiunge con una faccia da schiaffi « Mi sto divertendo da morire. Sei proprio un bello spettacolo!». «Forse avrei dovuto fare una bozza delle tavole anche io»dice a voce alta mentre si china su Kael per sbirciarne gli appunti «Magari poi mi passi i tuoi» Approfittando della posizione si avvicina all’orecchio di lui per sussurrare piano «Il tuo Acrobata» dice puntando lo sguardo sul topino «deve fare la pupù?»Ma che domanda è?
K:«Non so, di solito me lo dice quando gli scappa.» replica alla compagna tornando con gli occhi azzurri su di lei e scrollando infine le spalle. «come mai?»
Cr:«hey voi due… non è che state confabulando qualcosa?» T:«Nah,cose tra f...»un istante di esitazione in cui evita la gaffe per un pelo. Scusa,Kael ma ogni tanto ci impappiniamo. Dobbiamo abituarci. «Tra amanti degli animali». Si china nuovamente su Acrobata esclamando a voce alta «Proprio carino il maglioncino!Lo hai fatto tu?» e poi aggiunge in un sussurro «Non è che gli scappa tipo, adesso?» indaga,un sorriso furbo che fa strada sul suo viso «Sai,potremmo fargli lo shampoo »E alza una mano ad altezza pancia,sfruttando il proprio corpo per puntare un dito nella direzione del concasato senza farsi vedere da lui.
K: «In realtà no, lo ho comprato. Gli sta benissimo, no? E poi è natalizio!» risponde seriamente, senza cogliere che quella fosse una copertura. «Mmh» arriccia le labbra osservando Acrobata a lungo e con attenzione e poi scuote il capo 
T:«Peccato» dice fingendo delusione. Chissà se avrebbe veramente maneggiato della pupù a mani nude solo per lanciarla in testa a Chris...
K:«però aspetta…» lampo di genio, un sussurro «ho qualcosa nella borsa» e ringraziamo la scorta quasi infinita vinta quest’estate da Scherzi da Mago per questo. Una mano va a recuperare la tracolla e la mette sulle gambe e, dopo aver abbandonato la piuma nel calamaio, entrambe le mani iniziano a ravanare. «Eccola!» un sussurro condito di eccitazione nel momento in cui estrae un pacchetto di caccabombe e ne porge una a Tasha «Fai veloce»  Se la ricorda ancora la caccabomba che proprio Christian ha tirato contro di lui quest’estate. Una piccola vendetta, un innocuo scherzo alla fine.
Ma ecco il lampo di genio di Kael e su Tasha ricompare il ghigno malefico. Si china sul ragazzo,prendendo la caccabomba con la mano destra mentre tiene la sinistra ben in vista, a beneficio di Chris, e la allunga verso Acrobata per accarezzarlo. Apparentemente quindi si è fermata a fare le coccole al roditore ben vestito,mentre invece sta attivando la bomba con una mano sola. Una volta fatto,lesta lesta, si volta di scatto prendendo di mira un punto vicino a Chris e lancerebbe la Caccabomba vicino ai piedi del concasato «Toh!»urla indicando poi con la mano sinistra l’uccellaccio gigante nella gabbia in alto «Ha sganciato una puzzetta!» Cr: «ma che diavolo fai!» urla a Tasha ma in men che non si dica un odore orribile si disperderà vicino al serpeverde.
T:«Ma è stato il pennuto!» protesta mentre batte le mani una volta e si piega in avanti per assecondare le proprie risate. 
Cr:«io sappiate che questo odore non lo sistemo» 
T:«Eddai,per un po’ di cacca in più» Cr:« Anzi sapete che vi dico… che mi avete rotto i boccini» dice togliendosi i guanti e sbattendoli per terra, tira quindi un calcio al secchio d’acqua rovesciandolo a terra T:«Ooooooh» commenta spalancando gli occhi e fingendo un tono sconvolto «Siamo due rompiboccini,Kael» 
Cr:«sappiate che me la pagherete!» dice recuperando la tracolla e sbattendo la porta e uscendo dall’aula... il piccoletto è un po’ permaloso a quanto pare…
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corneliaharris · 4 years
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Più tempo passa, più punti guadagna Corvonero.
«Se avete almeno idea di come si cominci un duello» schiocca la lingua contro il palato, passa lo sguardo da Christian a Cornelia, senza temporeggiare troppo, e solleva la mano non armata di bacchetta per far loro cenno di «fatemi vedere.» che, enigmatico, non detta neanche delle regole. Alla selvaggia maniera, proprio. Avete da esercitarvi, d`altronde.
Christian si avvicina a lei e le porge un inchino in segno di rispetto, infondo è pur sempre una ragazza « non piangere troppo…» le sussurra ma il tono non è abbastanza basso quindi Helios potrebbe aver sentito.
Non dà segni d’aver capito le parole dell’amico, anche se in realtà le sono arrivate forte e chiare. Un’occhiata al suo avversario, prima che il braccio protratto in avanti, leggermente morbido, esegua un movimento rapido, fendendo l’aria con il catalizzatore in biancospino. Ruota il polso in senso orario disegnando un cerchio e esclama ben attenta a pronunciare correttamente gli accenti «Impùlsus» con la chiara intenzione di spingere il primino indietro per farlo cadere. Mica ha tempo da perdere, lei.
«Uno a zero.» è finalmente la voce di Helios a sentirsi dall`oltretomba (?), dichiarando un punto, ahimé, per la Corvonero «Lock, il miglior modo per morire è dare le spalle ad un avversario.» cosa che magari gli hanno insegnato a lezione, poverino, ma ad Helios non sembra importare più di tanto «Cosa sei, un Tassorosso?» è rivolta a lui la domanda, mentre gli fa un cenno con il capo che vuol dire solo una cosa: alzati. Fesso. Non lo dice ad alta voce, ma, insomma. Non ha bisogno di parole per esprimere cose che gli si leggono in faccia. «Più tempo passa, più punti guadagna Corvonero.» dichiara, inarcando entrambe le sopracciglia in uno scatto e facendo scivolare lo sguardo su Cornelia, che non avrà di certo mollato la sua bacchetta, né la sua motivazione a voler strappare Christian Lock alla vita prematuramente.
E, con la giusta concentrazione atta a mettere un po` più di pepe a questo duello, sussurra un «Nubilàbus.», ben attento a farsi sentire quanto meno possibile da entrambi. Vorrebbe evocare un bel banco di nebbia, fitto, che cali per un po` sull`ambiente circostante, disorientando i due primini e facendoli perdere di vista tra loro. Ma, soprattutto, facendo loro perdere di vista l`arredamento. Chi si nasconde, adesso? «Continuate pure.» decreterebbe.
La bacchetta di Christian rivolta verso la sagoma di Cornelia compie una veloce ruotata in senso orario completando un piccolo cerchio, terminando poi dritta rivolta verso la di lei «Impùlsus!» pronuncia in modo deciso Christian immaginandosi che un flusso di energia venga catalizzato fuori dalla bacchetta dritto al petto della compagna dandole come uno spintone facendola cadere a terra. «mi piace aumento della difficoltà» dice rivolgendosi a Helios successivamente.
Il banco di nebbia che le appare davanti la fa pensare velocemente con tanto di fronte corrugata, le labbra premute l’una sull’altra quasi in una smorfia e le iridi fisse davanti a sé ma non può comunque vedere niente o quasi. E l’opzione che ha le sembra solo una «Fùlmen!» il tono è deciso mentre indirizza il catalizzatore verso l’alto con la chiara intenzione di accecare il coetaneo.
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«Salazar, nana..» brontola, affibbiando alla Corvonero di cui non conosce il nome un soprannome sibilato tra i denti. Lo odia, quell`incantesimo. Ma quantomeno, Cornelia raggiunge pienamente il suo obiettivo: Christian è lì. Nello stesso posto dove l`aveva lasciato, attaccabilissimo, perché da bravo furbo non s`è mosso di un passo. Corvonero non si smentisce - quasi - mai, a quanto pare. Il prefetto, dal canto suo, riaprirebbe gli occhi solo una volta sicuro di poterlo fare o - nel caso - una volta ripresosi dall`accecamento a seconda di quanto intenso sia stato. E, sempre in tal caso, muoverebbe alla Corvonero un cenno con la mano, come per chiederle: che stai aspettando?
E quindi impossibilitato nel poter castare un incanto a sua volta, deve trovare il modo per guadagnare tempo intanto che l’effetto del fulmen svanisca così si lancia per terra a mo’ di balenottera arenata sulla sua sinistra, muovendosi a terra, nel tentativo di ripararsi da un possibile incantesimo lanciato dalla coetanea «questa me la paghi Harris!» brontola tenendosi coperti gli occhi.
È quasi pronta a castare quando questo si butta a terra tipo balenottera spiaggiata ma quell’imprevisto non sembra sconvolgerla più di tanto, cambia i suoi piani con nonchalance, puntando il catalizzatore verso le gambe di Lock per poi eseguire un piccolo fendente orizzontale «Locomòtor Mòrtis» pronuncia decisa, con la solita attenzione agli accenti, l’intenzione è quella di rendere rigide le gambe del ragazzo e mettere fine a quella scena impietosa che è il suo rotolare a vuoto.
« Accio bacchetta di Lock.» che si visualizzerebbe precisamente in mente, visto che ce l`ha ancora sotto gli occhi, cercando di richiamarla a sé. «Questa la tengo io, Lock, finché non ti rialzi da solo.» quindi, tra un po` «Non provarci neanche a fargli un controincantesimo, nana.» ce l`ha con Cornelia subito in coda, perché gli deve servire di lezione. E se lei l`aiuta, non fa nessun effetto. Torna con lo sguardo su Christian, rigirandosi eventualmente la sua, di bacchetta, tra le dita «Tanto, ho visto che ti è piuttosto inutile.» il commento tagliente, ma così stranamente educato da non sembrare neanche offensivo - magari solo altezzoso.   «Abbiamo finito?»
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