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#de vecchi editore
cassettoicecream · 5 months
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La coda/correct tail
dal 'Il Siberian Husky' di Jessica Vallerino
1997
De Vecchi Editore
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katnisshawkeye · 1 year
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Le Dame di Grace Adieu e altre storie
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Scheda informativa
Titolo originale: The Ladies of Grace Adieu Autore: Susanna Clarke Editore: Fazi Editore Prima edizione: ottobre 2022 Pagine: 270 Prezzo: € 10,00
Trama
Molti mortali hanno vagato per le campagne inglesi senza farne più ritorno. Questo perché tra i boschi silenziosi e le verdi colline si celano dei confini invisibili, al di là dei quali il mondo reale si ripiega su dimensioni assai più magiche e ricche di insidie. Lo sanno bene i protagonisti di queste storie, che si ritrovano a interagire con creature impertinenti e maliziose che giocano con la superficie delle cose, scompigliando il buon senso e l’ordine della realtà. Da una vita di campagna solo apparentemente tranquilla fino ai castelli dove è stata scritta la storia dell’Inghilterra, in questi racconti maghi e fate si intromettono nelle esistenze assolutamente comuni di vicari di campagna e fidanzate gelose, ma anche nei destini di figure storiche come Maria di Scozia e il duca di Wellington.
Recensione
Se Jonathan Strange & il signor Norrell è uno dei libri di storia che gli studenti e le studentesse della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts studiano in classe, Le Dame di Grace Adieu e altre storie può essere considerato al pari de Le Fiabe di Beda il Bardo, ovvero un libro di favole, pur con verità storiche, che maghi e streghe conoscono fin da bambini. Con Le Dame di Grace Adieu e altre storie, Susanna Clarke è in grado di unire l’ironia vittoriana ai temi classici del folklore britannico, tessendo le fila di un mondo fantastico dove storia e magia si intrecciano riportando il lettore alle vecchie conoscenze provenienti da Jonathan Strange & il signor Norrell.
Valutazione
★★★★★ 5/5
Della stessa autrice
Piranesi, Fazi Editore, 2021 Jonathan Strange & il signor Norrell, Fazi Editore, 2021
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東京 EYES ON THE CITY – TOKYO from Federico Mazzarisi on Vimeo.
"AD OF THE DAY" Premiered on BOOOOOOOM
Official Selection Milano Fashion Film Festival 2018
tv.booooooom.com/2018/04/02/ad-of-the-day-eyes-on-the-city-tokyo/
The fourth chapter of Eyes On The City explores the streets of Tokyo and the Japanese tuning scene through the eyes of Akira Nakai.
eyesonthe.city/
Director – Federico Mazzarisi Creative Director – Roberto Merlini Production Company – BASEMENT DP – Tommaso Terigi Executive Producer – Francesco Crespi Line Producer – Mio Nishitani Brand Producer - Lorenzo Osti 1AC – Keivan Salehpour 1AC - Tom Slemmons 2nd Camera Operator – Andrea Munafò Editor – Francesco Caroselli Sound Design & Music– Daniele de Virgilio Colorist – Daniel Pallucca VFX – Alessio De Vecchi
All languages: youtube.com/watch?v=FWsSTdb7Lmo
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lamilanomagazine · 1 year
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Fano (PU): al Passaggi Festival libri vista mare e premi a Franco Cardini e Lucia Annunziata.
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Fano (PU): al Passaggi Festival libri vista mare e premi a Franco Cardini e Lucia Annunziata. Saranno oltre duecento gli ospiti dell’undicesima edizione di Passaggi Festival, la manifestazione dedicata ai libri di saggistica e non-fiction in programma a Fano, nelle Marche, dal 21 al 25 giugno 2023, con ingresso gratuito a tutti gli eventi. A ricevere il Premio Passaggi sarà lo storico Franco Cardini (25/6), uno degli intellettuali europei più apprezzati, che presenterà il saggio “Le vie del sapere”, edito da Il Mulino. L’altro riconoscimento del festival, il Premio giornalistico “Andrea Barbato”, sarà assegnato, d’accordo con Ivana Monti Barbato, alla giornalista Lucia Annunziata (22/6) che porterà a Fano il suo ultimo libro “L’inquilino. Da Monti a Meloni: indagine sulla crisi del sistema politico” (Feltrinelli). Tanti saranno gli argomenti affrontati nelle nove sedi del festival, disseminate fra centro storico e lungomare. Si parlerà della guerra in Ucraina e sul palco salirà l’inviato Luca Steinmann, che presenterà il suo libro edito da Rizzoli, offrendo il punto di vista di giornalista al fronte con i soldati russi. Altro tema centrale quello della legalità e a parlarne sarà Nando dalla Chiesa col suo “La legalità è un sentimento” (Bompiani). L’appuntamento col mondo dello sport sarà con Pippo Inzaghi, che ha raccontato la sua vita nell’autobiografia “I miei primi 50 anni” (Cairo). Non mancherà la politica: Piero Ignazi presenterà “Il polo escluso. La fiamma che non si spegne: da Almirante a Meloni” (Il Mulino) e si confronterà con l’ex presidente della Camera e ‘padre’ della svolta di Fiuggi, Gianfranco Fini. Tornerà a Fano il giornalista e conduttore televisivo Mario Giordano con la sua inchiesta “Maledette iene. Quelli che fanno i soldi sulle nostre disgrazie” (Rizzoli), un viaggio documentato nelle ricchezze accumulate con inganni e frodi, alle spalle dei più deboli, e di soldi si parlerà anche con Carlo Cottarelli, autore de “I misteri della giungla nera. Viaggio guidato nei pericoli dell'economia” (Feltrinelli). Sul palco anche l’immunologa Antonella Viola che porterà a Passaggi Festival il suo “La via dell’equilibrio. Scienza dell’invecchiamento e della longevità” (Feltrinelli); insieme con l’antropologa Cristina Cassese, autrice de “Il bello che ci piace. Antropologia del corpo in 10 oggetti” (Enrico Damiani Editore), ripercorreremo la storia di dieci oggetti, dai tacchi a spillo ai gioielli, analizzandone il significato sociale; Annarita Briganti ci farà, invece, conoscere una donna celebre, nella biografia “Gae Aulenti. Riflessioni e pensieri sull’Architetto Geniale” (Cairo); Elena Di Cioccio racconterà come ha sconfitto il tabù della malattia parlandoci di ‘Cattivo sangue’ (Vallardi); Simonetta Sciandivasci affronterà la questione, dibattuta spesso con astio e rabbia, della scelta di non essere madre nel suo “I figli che non voglio” (Mondadori), mentre Amani El Nasif presenterà “Sulla nostra pelle. Un libro contro la violenza sulle donne” (Piemme). Filosofia, scienze sociali, arte, scienza sono altri temi affrontati nelle diverse rassegne. Ci saranno Igor Sibaldi col suo pungente “La specie nuova. Tutti possono scoprirsi diversi. Solo alcuni ne hanno il coraggio” (Roi Edizioni); il popolare storico dell’arte Flavio Caroli con “Voi siete qui. Discorso sull’arte intorno a noi” (Rai Libri); la psicoterapeuta Stefania Andreoli con “Perfetti o felici. Diventare adulti in un’epoca di smarrimento” (Rizzoli); il conduttore di Mattino Cinque Francesco Vecchi e il suo libro ‘Non dobbiamo salvare il mondo. Dall’auto elettrica al bio, tutti i falsi miti della religione green’ (Piemme); Paolo Pagani col saggio “Citofonare Hegel. I filosofi del passato rispondono alle grandi domande del presente” (Rizzoli); Massimo Mugnai che spiegherà “Come non insegnare la filosofia” (Cortina Editore); Armando Massarenti col saggio per bambini “Aristotele, amico mio” (La Spiga Edizioni); Beatrice Balsamo con “Saggezza gentile. In una scia di parole” (Mursia); Francesco Morena che ci farà scoprire “Gli impressionisti e il Giappone” (Giunti); Lucia Cataldo e Marta Paraventi con “Il museo oggi” (Hoepli). Intelligenza artificiale e tecnologie digitali saranno argomenti di attualità affrontati dal filosofo Silvano Tagliagambe con “Metaverso e gemelli digitali. La nuova alleanza tra reti naturali e artificiali” (Mondadori); Simone Severini “Nella terra dei qubit. La fisica quantistica e i confini dell'informatica” (Trefoglie); Massimo Mantellini “Invecchiare al tempo della rete” (Einaudi); Giovanni Boccia Artieri, “Comunicare. Persone, relazioni, media" (Laterza). Spazio anche alla musica con i ritmi folk rock della Bandabardò che presenterà la biografia “Se mi rilasso collasso. Trent’anni di storia di una band improbabile” (Baldini+Castoldi), Davide Morresi e il suo “LIVE! Racconti di vita e concerti” (Arcana edizioni) e Bruno Casini che ci racconterà di “Tondelli e la musica” (Edizioni Interno4). Dalla musica ai fumetti e graphic novel, con Valentina Rizzi e Luca Caimmi che presenteranno “Mondi” (Settenove) e Paolo Bacilieri con “BACGLSP (Basta a ciascun giorno la sua pena)”, edito da Coconino press. Un capitolo a parte merita il tema dell’amore, con i libri di Ester Viola “Voltare pagina. Dieci libri per sopravvivere all’amore” (Einaudi); Daniela Collu “Bello l’amore, ma non ci vivrei. Un libro a cuore aperto” (Mondadori Electa); Flavia Novelli col suo “Amori diVersi. Le grandi storie d’amore tra poeti” (Porto Seguro) e Matteo B. Bianchi con il memoir “La vita di chi resta” (Mondadori), dove affronta il tema, sensibile e doloroso, di chi perde qualcuno che ama per suicidio. Libri di ogni genere, anche curiosi come quello di Sabina Guzzanti, “ANonniMus” (HarperCollins), distopico e illuminante, oppure di Umberto Ciauri “Se non puoi cambiare il vento, dirigi le vele. Guida astrologica alla crescita personale” (Baldini+Castoldi) e quello sui venti, quelli veri, di Fabio Fiori “Anemos. I venti del Mediterraneo” (Mursia); quello di Paolo Borzacchiello e Paolo Stella “Colleziona attimi di altissimo splendore” (Mondadori) per imparare a superare i momenti bui e trovare lampi di felicità oppure quello di Giovanna Olivieri, autrice che sta affascinando i lettori italiani con il suo “Ronzii. Storie di api e di altri impollinatori” (Pendragon); quello di Elena Ghiretti, “Hostaggio” (Accénto), che racconta avventure e disavventure di una host di Airbnb e quello di Mauro Pedone e Sergio Starace “Tarocchi dei Tre Sentieri” (Edizioni Mediterranee) su consapevolezza e riequilibrio energetico. Passaggi Festival, diretto dal giornalista Giovanni Belfiori, è organizzato dall’associazione Passaggi Cultura e Librerie.Coop e sostenuto da Comune di Fano e Regione Marche; main sponsor: Coop Alleanza 3.0 e Profilglass. Informazioni e aggiornamenti su www.passaggifestival.it.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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daniela--anna · 1 year
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ERRI DE LUCA
"I value every form of life, the snow, the strawberry, the fly.
I value the mineral kingdom, the assembly of the stars.
I consider wine worth while the meal lasts, an involuntary smile,
the tiredness of those who have not spared themselves, two old men who love each other.
I consider value what tomorrow will be worth nothing
and what is still worth little today.
I value all wounds.
I consider saving water, repairing a pair of shoes,
be silent in time, run to a cry, ask permission before sitting down,
feeling gratitude without remembering what.
I consider it worth knowing where north is in a room,
what is the name of the wind that is drying the laundry.
I value the wanderer's journey, [the solitude of others],
the patience of the condemned, whatever the fault.
I consider the use of the verb to love and the hypothesis that there is a creator to be valuable.
Many of these values ​​I have not known."
Work on water and other poems - Einaudi Editore 2002
ERRI DE LUCA
"Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente
e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo,[ la altrui solitudine],
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto."
 
Opera sull’acqua e altre poesie - Einaudi Editore 2002
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vm4vm0 · 2 years
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Johnnie Walker - Astronaut from Ian Ruschel on Vimeo.
ICONOCLAST ALMAP BBDO NASH Directors: Ian Ruschel + Gabriel & Quemuel Cinematography: Pierre de Kerchove VFX: NASH VFX Supervisor: Cirilo Bonazzi Editors: Felipe Thomé e Roberta Bonoldi Second Unit: Edvaldo Raw ADs: Flavia Meszberg, Nara Marinho e Renato Gommes Executive Producers: Francesco Civita, Alonso Sperb e Mariela Costa Production Coordinator: André Bauer Production Coordinator assistant: Carolina Loureiro Control: Fabiana Baptista, Lucas Pereira e Beatriz Soares Line Producer: Fabio Arisaka Production Designer: Marcelo Reginato Costume Design: Marina Vieira LED Projections: Carlos Vecchi, Diogo José da Costa Pinto e Leonardo Artur Martins da Silva Post Production Coordinators: Priscilla Paduano e Tutu Mesquita Post Production Assistant: Everson Martins In House Producer: Thiago Marra Color Grading: Osmar Junior Casting: Thais Lago da Silva e Gabriel Frohe Vianna Stauffer
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theo900 · 2 years
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東京 EYES ON THE CITY – TOKYO from Federico Mazzarisi on Vimeo.
"AD OF THE DAY" Premiered on BOOOOOOOM
Official Selection Milano Fashion Film Festival 2018
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The fourth chapter of Eyes On The City explores the streets of Tokyo and the Japanese tuning scene through the eyes of Akira Nakai.
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Director – Federico Mazzarisi Creative Director – Roberto Merlini Production Company – BASEMENT DP – Tommaso Terigi Executive Producer – Francesco Crespi Line Producer – Mio Nishitani Brand Producer - Lorenzo Osti 1AC – Keivan Salehpour 1AC - Tom Slemmons 2nd Camera Operator – Andrea Munafò Editor – Francesco Caroselli Sound Design & Music– Daniele de Virgilio Colorist – Daniel Pallucca VFX – Alessio De Vecchi
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pleaseanotherbook · 2 years
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Anncleire al Salone del Libro 2022
Sembra passato molto di più in realtà a malapena una settimana, dalla fine del Salone del Libro di Torino edizione 2022 e devo dire che non mi sarei mai immaginata che sarebbe stata così. Innanzitutto, non pensavo di essere ancora qui a scrivere sul blog e potermi ancora definire una book blogger (non che pensi davvero di esserlo a tutti gli effetti, ma dai ci provo) e poi perché insomma dopo due anni di pandemia non mi sono ancora riabituata a riprendere a pieno ritmo gli spazi un po' ristretti e sovraffollati come quelli del Lingotto in tempo di manifestazione.
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Ma il Salone del Libro è sempre molto più di una fiera e riassume in pieno le mie speranze e le mie aspirazioni. Fin da ragazzina mi sono sempre circondata di libri e ho sempre visto da lontano il Salone come un evento culmine di tutto l'anno che invidiavo tantissimo. Quando ci ho messo piede per la prima volta nel 2016 non potevo credere alla mia fortuna. Da allora ho sempre fatto in modo di esserci. La meraviglia ha ceduto il passo alla consuetudine ma la magia per me non si è ancora consumata. Dal 19 al 23 maggio gli spazi del centro fiere di Lingotto a Torino si sono aperti per ospitare gli oltre 900 espositori tra Case Editrici e addetti ai lavori e hanno contato oltre 168.000 visitatori, che ha raggiunto il picco di partecipazione proprio sabato 21 maggio. La sensazione è sempre quella di ritrovare dei vecchi amici, anche quando gli spazi sono stati rivoluzionati. 
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Ancora memore dell'esperienza di ottobre ero piuttosto titubante. Per questo ho deciso di accompagnare la mia adorata Amaranth de La Bella e il Cavaliere in una toccata e fuga il giorno dell'apertura, alle 18, in un Salone ancora in sordina che però mi ha regalato momenti molto interessanti. Ho fatto i miei acquisti più importanti proprio il primo giorno da ABEditore che aveva delle nuove uscite veramente interessanti e ho potuto vagare indisturbata tra i veri stand respirando l'aria di gioia e carta che contraddistingue l'evento fieristico.
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Ho anche potuto ammirare il Bosco degli Scrittori creato all'Oval dalla casa editrice Aboca Edizioni che conoscevo molto poco ma che offre nel suo catalogo un elenco molto lungo di saggi a tema natura, fossili, evoluzione, Terra. Ho lasciato il cuore su diversi titoli che spero di recuperare al più presto. Insomma, mi devo tenere in qualche modo. 
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Non contenta però sono tornata anche sabato. Purtroppo, la sensazione di annegare in mezzo alla gente è stata ahimè ancora presente, tant'è che sono uscita dagli spazi del centro fiere per ora di pranzo, ma devo ammettere che nonostante questa mia incapacità di riconciliarmi con la folla, vederci finalmente tornare a vivere eventi del genere è molto bello. Sabato però mi sono concessa il lusso di passare dagli amici di Safarà Editore, e di concedermi una lunga chiacchierata con Cristina che stimo immensamente e che è sempre così buona con me. Oltre ad aver acquistato ovviamente una delle loro ultime pubblicazioni che puntavo da un po' e che volevo assolutamente comprare direttamente da loro.
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Da menzionare come sempre lo stand di Ippocampo che quest'anno si ispirava ad un padiglione giapponese, vista anche la loro collaborazione con Tenoha e tutte le loro pubblicazioni a tema e che merita sempre una puntata per lasciarsi incantare dai loro volumi.
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Avevo puntato un libro molto bello da Add Editore, La Torre di Bae Myung-hoon, un libro di fantascienza di un autore coreano, dalla copertina sgargiante che mi ha subito catturata, ma sono contenta di sapere che l'autore passerà a Torino il 2 giugno in una presentazione alla Libreria Bodoni (una bellissima libreria del centro) a cui spero di riuscire a partecipare. Anche Il Saggiatore, un'altra delle case editrici di cui mi piace curiosare nel catalogo, aveva un sacco di nuovi titoli su cui avrei voluto mettere le mani sopra e che mi sono bloccata dallo svaligiare.
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Interessantissima anche l'offerta de L'Orma Editore di cui volevo andare a sentire Annie Ernaux, ma che effettivamente non mi sono sentita di affrontare. Menzione anche per lo stand de 66thand2nd una casa editrice indipendente che mi piace molto e che mi ha molto incuriosito.
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Come dicevo non ho partecipato a nessun evento anche se ce ne erano diversi che mi incuriosivano o mi interessavano perché effettivamente non sono stata in grado di gestire la folla e soprattutto volevo vivermi in tranquillità il weekend. Camminare tra gli stand, osservare tanti lettori uniti sotto lo stesso tetto in un costante scambio di arricchimento è forse la cosa che più mi rimarrà impressa anche di questa edizione del Salone.
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Molti passi avanti sono stati fatti ma vivere il Salone è sempre una sfida, una prova di resistenza e fortitudine, soprattutto quando ci si avventura nei suoi spazi nel finesettimana. L’offerta di incontri e autori è sempre molto valida e offre la possibilità di incontrare e ascoltare panel degli argomenti più svariati appellandosi a tipi diversi di lettori. Per me resta sempre l’occasione di incontrare amici e curiosare nei cataloghi e porre domande imbarazzanti sulle prossime uscite. E incantarmi ogni volta davanti alle pagine scritte.
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umblogemquadrinhos · 3 years
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Vez por outra, Ota fazia os desenhos da seção "Notícias em Quadrinhos", normalmente publicada no verso das capas das revistas da Ebal. Este, que reproduzo aqui, foi publicado em fevereiro de 1973 na revista O Judoka #47, e mostra que ele já se autocaricaturava. Três anos antes, em 1970, #Ota foi retratado na história em quadrinhos que comemorou os 25 anos da Ebal, publicada na revista "Epopéia – Chamada Geral", em um álbum de luxo desenhado pelo mestre Eugenio Colonnese. Ele se apresentou como Otacílio Costa D'Assunção Barros, o repórter-juvenil que foi o anfitrião dos grandes heróis que visitaram a editora nessa aventura com o mais incrível crossover já publicado. Depois o Ota foi retratado em muitas outras HQs quando foi o grande editor da Vecchi. Era natural: ele próprio era um personagem de quadrinhos nas histórias que criava, seja com a Garota Bipolar, seja ao lado do Edibar da Silva. Em breve poderemos rever o #Ota no álbum Em Busca do Tintin Perdido, que o designer e quadrinista Ricardo Leite finaliza. Essa busca levou Ricardo a fazer homenagens inesquecíveis aos grandes mestres dos quadrinhos. E o Ota é um deles. Ota era super!
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levysoft · 3 years
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Storia degli oli
Come rendere i paperi meno “cartoonosi”? Come renderli realistici? Come colorare il bianco piumaggio? Come dosare un misto tra bianco, grigio e giallo, in modo da avere il giusto impatto nella composizione complessiva del quadro?
A questi e ad altri problemi Barks si trovò di fronte quando, in maniera un po’ casuale, cominciò a realizzare quadri di paperi. Già nel 1955 aveva approcciato la pittura ma, essendo la produzione fumettistica impellente, non poté particolarmente concentrarvisi. Sua moglie Garé era la vera pittrice della famiglia, brava nel realizzare paesaggi montani che vendeva nelle fiere di paese. Fino al 1966, comunque, non ci fu tempo per questo. Barks vedeva la pittura, non necessariamente Disney, come un hobby, un piacevole divertissement da usare durante la pensione. La piega che prese fu invece del tutto diversa.
La prima fase fu decisamente di rodaggio. Da un lato, Garé forniva i contatti giusti per realizzare soggetti americani (indiani, paesaggi, chiese missionarie, l’America del tempo che fu), dall’altro Barks studiava per capire come usare gli oli, come dosare i colori, come sfruttare lo spazio della tela.
La svolta avvenne il 30 maggio 1971 quando l’appassionato di fumetti Glenn Bray, insieme con altri fan, andò a visitare Barks e, vedendo tanti quadri, gli propose di realizzarne uno a tema Disney. Il maestro dell’Oregon all’inizio rifiutò, schermendosi dietro l’inesperienza e sollevando il problema legale, dato che non aveva l’autorizzazione per usare Paperino e gli altri. Ma di fronte all’insistenza di Bray, e ad una proposta di 150$ (i quadri che Barks vendeva all’epoca andavano tra i 15 e i 50$), la ritrosia cadde e l’accordo fu suggellato da una stretta di mano. Barks contattò allora George Sherman, capo del Disney’s Publications Department, per chiedere una mano nell’ottenere l’autorizzazione. Nel frattempo, anche Donald Ault, un altro grande appassionato delle storie dei paperi disneyani, da tempo insisteva perché Barks realizzasse quadri con quei personaggi. Il Maestro dell’Oregon cominciò a capire che, al netto delle difficoltà tecniche e legali, poteva esserci un interessante mercato potenziale. E infatti, una volta ottenuta l’approvazione, la situazione cambiò radicalmente: in poco tempo piovvero numerosi ordini e la lista d’attesa divenne sempre più lunga. Il procedimento poteva prendere parecchio tempo, perché i committenti proponevano suggerimenti e migliorie, mentre Barks mandava preliminari da far approvare.
Garé, la vera esperta di quadri, era fondamentale nel giudicare quando si trattava di un buon lavoro oppure se c’era ancora qualcosa da sistemare. Barks si sentiva finalmente un artista, ed era a disagio nel dover realizzare ancora le sceneggiature delle Giovani Marmotte (nelle sue lettere le definiva in una maniera piuttosto colorita che qui preferiamo non riportare).
I quadri finalmente gli permettevano di avere un rapporto diretto con l’utente finale. Nei venticinque anni passati a realizzare fumetti Barks non ebbe mai i complimenti dei lettori, nessuna comunicazione, se non quella con il suo editor Chase Craig che, solo poco prima del suo ritiro, provò a fargli cambiare idea elogiando il lavoro di una vita. Con i quadri era diverso: nelle piccole fiere di provincia, o con i committenti che gli proponevano modifiche, sapeva per chi stava realizzando l’opera, dove sarebbe andata.
Nell’autunno 1972 la lista d’attesa era di 150 quadri. Né Barks né il suo “agente de facto” Ault sapevano come gestire la cosa: l’idea fu di alzare i prezzi – da 150$ a 200$ – vendendo i quadri solo tramite una ristretta mailing list.
La figura fondamentale per l’allargamento del mercato fu Russ Cochran. Commerciante di tavole originali, nel 1973 cominciò a pubblicare Graphic Gallery, un catalogo cartaceo in cui vendeva strisce, cel d’animazione e materiale originale. Barks ebbe subito il suo spazio. In parallelo, cominciavano a crescere le prime fiere del fumetto, da Houston a San Diego a New York, e Cochran chiedeva materiale da utilizzare per aste improvvisate, aste telefoniche e poi vere e proprie aste ufficiali. I prezzi salirono a 500$, mentre Barks lavorava su quattro priorità: qualità, velocità, profitto e ampiezza del mercato.
Se gli ultimi due aspetti miglioravano costantemente, era meno semplice soddisfare i propri standard qualitativi con i ritmi imposti dal mercato. Specie se i gusti del pubblico andavano su quadri con montagne di denaro, interni del deposito, gioielli, ori e preziosi: belli da disegnare, interessanti da ricercare nell’amato National Geographic, ma lunghi da realizzare. Gusti del tutto in linea con gli incombenti anni Ottanta dell’edonismo reaganiano. E l’aumento del pubblico portò a lasciare indietro i vecchi appassionati di fumetti, con budget ridotti rispetto ai nuovi collezionisti. Interessante l’aneddoto di Barks riguardo a This Dollar Saved My Life at Whitehorse, per il quale dovette spiegare il significato del titolo e il fatto che per Paperone ogni moneta guadagnata significhi qualcosa (si veda La disfida dei dollari).
In questo momento si rese necessario per Barks realizzare più modelli dello stesso soggetto, con poche differenze sostanziali (il colore su tutto). Col progredire della qualità, i dettagli aumentarono: si veda la ricercatezza di ogni singola moneta, oppure lo sfondo di Season to Be Jolly, pieno di fiocchi di neve, personaggi, gente che balla, avventori nel bar. D’altronde, i prezzi salivano (4.100$ per lo stesso Season to Be Jolly) e Barks voleva che i suoi quadri valessero quelle cifre. Ecco perché in parallelo cominciò a realizzare quadri più piccoli, senza sfondo o quasi, che potessero essere realizzati velocemente e venduti altrettanto rapidamente (come Banker’s Salad).
La New York Comic Convention del 1976 fu il trionfo degli oli di Barks per l’epoca, ma anche l’ultimo momento di quiete prima della tempesta. Per festeggiare il bicentenario della dichiarazione di indipendenza americana, venne realizzato July Fourth in Duckburg, in cui furono inseriti anche dei personaggi umani, tutte caricature dei collezionisti che avrebbero partecipato all’asta. Il quadro infatti arrivò a 6.400$. Un grande successo, ma due mesi dopo finirono sul mercato della San Diego Comic Convention delle litografie pirata del quadro Golden Fleece, ad opera della misteriosa società Nostalgia Enterprises. Barks allertò la Disney di questo problema, chiedendo sostegno. La risposta fu decisamente brusca: la licenza venne revocata.
Barks fu così libero di sperimentare nuovi mondi. Prima realizzò una serie di quattro quadri, Kings and Queens of Myth and Legend, con figure umane come protagoniste: un lavoro troppo gravoso e complesso da gestire. Ecco perché decise di realizzare disegni con paperi come protagonisti, ma diversi da quelli Disney: più alti, più sfrontati, anatomicamente più antropomorfi, con donne disinibite e provocanti. I soggetti erano parodie di personaggi storici come se fossero paperi, con una tecnica più vicina ai fumetti, con matita e acquerelli e meno oli. I clienti erano sempre presenti e molto interessati, ma Cochran, ora supportato dall’altro appassionato Bruce Hamilton, non restò con le mani in mano.
C’è sempre un altro arcobaleno
L’idea dei due dealer era di mantenere i rapporti con Disney, sperando in un rinnovo della licenza. Usarono come cavallo di Troia i quadri fin qui fatti, chiedendo a Disney di pubblicare un volume a loro dedicato. Si trattava di un’iniziativa di nicchia per un tale gigante, per cui l’azienda diede il beneplacito alla neonata casa editrice Another Rainbow Publishing, fondata dalla coppia Cochran-Hamilton riprendendo il titolo di un celebre quadro del 1974. Nacque così The Fine Art of Walt Disney’s Donald Duck, pubblicato nel 1981. Il libro, edito in 1.875 copie numerate e firmate, ottenne un grande successo di critica, con premi per l’editoria specializzata. La Disney fu molto contenta del risultato, e rinnovò la licenza, permettendo ai due imprenditori di realizzare anche delle litografie numerate.
Barks realizzò 18 nuovi oli per l’Another Rainbow, di cui 17 con Paperone. Era ormai evidente come il vecchio papero fosse uno dei principali motivi per l’acquisto e così, omaggiando diverse sue vecchie storie, introdusse il miliardario in un paio di “sequel“, come Return to Morgan’s Island e soprattutto Return to Plain Awful, che avrebbe fatto da molla per il seguito realizzato da Don Rosa. Si trattò di una fase decisamente più rilassata, in cui Barks prese tutto il tempo necessario per realizzare i quadri: dettagli, colori, oggetti, inquadrature, tutto è rifinito con precisione. Barks non si fece problemi a seguire le indicazioni di Hamilton, che conosceva meglio il mercato, e andò talmente nello specifico da proporre numerosi titoli opzionali per i dipinti: fino a 41 titoli per Wanderers of Wonderland!
Gli anni passarono e la produzione continuò, insieme anche alla realizzazione di preziose, e fragilissime, porcellane dedicata a celebri oli. Alla morte di Garé nel 1993, però, Barks decise di troncare la relazione con l’Another Rainbow e, con l’assunzione di due impresari, venne fondato il Carl Barks Studio, che firmò un nuovo accordo con la Disney. Vennero così realizzate statue in bronzo e nuove serigrafie, partecipando anche alle convention di materiale Disney nei due parchi di divertimento americani. Questa fase è simboleggiata da Surprise Party at Memory Pond, in cui ben 15 personaggi festeggiano il sessantesimo compleanno di Paperino, allacciandosi direttamente a The Wise Little Hen e con la presenza persino di Orazio e Clarabella.
Nel 1994 Barks fu guidato in un trionfale tour europeo, per il quale vennero realizzati disegni a matite colorate, più semplici da fare e più facili da trasportare. Negli ultimi anni di vita Barks non poteva praticamente più realizzare quadri ad olio: la vista indebolita e il tremore alla mano non permetteva più quel dettaglio, per cui utilizzò altri strumenti, come le matite acquarellate. Per il suo novantaseiesimo compleanno, nel 1997, realizzò ben 75 disegni, pubblicati in parte nel pretenzioso volume Barks Treasury, l’ultima opera completa di Barks.
I believe that as time goes by people will realize those paintings I’ve done are all based on stories. If they don’t know the story, the painting will be kind of meaningless, and so I believe the stories will be the thing that lives on into posterity.
Gli oli
Come abbiamo raccontato, gli oli di Barks si dividono tra il periodo 1971-1976 (122 quadri), più concitato e ricco di spunti, e quello 1982-1997 (28 quadri), più raffinato e dettagliato, sotto la direzione prima dell’Another Rainbow e poi del Carl Barks Studio. Periodi molto diversi, che affronteremo selezionando qualche tema e il generale approccio che Barks utilizzò.
Abbiamo visto come Barks si facesse guidare dalle proposte dei fan, che spesso selezionavano storiche copertine dedicate a celebri storie a fumetti. Appare quindi interessante vedere come il primo quadro ad olio sia una rielaborazione della copertina di Walt Disney’s Comics & Stories 108 del 1949: A Tall Ship and a Star to Steer Her By. Si tratta di una bella scena marinaresca con Paperino e i nipotini su di un piccolo vascello. Barks ne realizzò negli anni ben otto versioni, ed è interessante confrontare la prima con Sailing the Spanish Maindel 1982, usata da Another Rainbow come soggetto della prima litografia. Salta all’occhio il miglioramento qualitativo, a partire dall’uso della luce, sia quella del cielo che quella che arriva dal mare, dando leggerezza e dinamismo alle onde. Lo stesso vascello, da statico diventa quasi un ballerino sull’acqua. L’aggiunta di Paperone non appesantisce, mentre il polpo pirata e i tesori pescati permettono altri punti su cui l’occhio può posarsi.
In questa prima fase sono quattro i principali soggetti sfruttati (e che riepiloghiamo in una delle tabelle in appendice): Money Lake, Bullet Valley, Ancient Persia e Back to the Klondike. Vedendo le varie versioni notiamo come Barks si sforzasse di bilanciare in maniera diversa i colori, le sfumature, mantenendo sostanzialmente invariato il soggetto. A volte cambiava il titolo, a volte cambiava il tono predominante del colore (ad esempio Blue Persia contro Green Persia), a volte infine veniva aggiunto qualche personaggio, come Paperone, per venire incontro alle domande del pubblico.
A brillare per composizione inedita in questi anni sono gli oli dedicati alla vita nel deposito (che creano un filone inedito su cui torneremo dopo) e altri due quadri. Il primo di questi è Christmas Composition, in cui la dura avidità dello Scrooge di Dickens riverbera in una composizione spietata, tra Paperino e nipotini ridotti all’indigenza e Paperone che mercanteggia per un miserabile alberello. L’altro è Duck in the Iron Pants, il cui soggetto arriva da una deliziosa e esplosiva ten-pager in cui Qui Quo Qua e Paperino si sfidano a colpi di palle di neve e assurde armature (a sua volta ispirata da un corto scritto dallo stesso Barks). Nel quadro la luminosità della neve è resa alla perfezione, mentre la violenza dello scontro generazionale è tratteggiata con amabile arguzia.
Il periodo che comincia con il 1981 possiede contorni diversi. Non più pressato da liste di clienti e con la gestione commerciale dell’Another Rainbow, Barks realizza soggetti complessi, ricchissimi di dettagli e di personaggi. Questo rispondeva sia alle richieste dei clienti che alla vendita di litografie, che per funzionare doveva presentare soggetti degni di essere ricordati. Si tratta infatti di un periodo felicissimo, in cui Barks crea, spesso dal nulla, quadri avvincenti in cui i paperi si ritrovano in paesaggi fantasiosi e ricchi di natura e di tesori. Vale per tutti lo straordinario Wanderers of Wonderlands, in cui reminiscenze da Cibola si incontrano con le arpie del Vello d’Oro. Ovviamente, si tratta del risultato di una maturazione avuta negli anni precedenti e che ormai appare del tutto consolidata.
Si moltiplicano i quadri con folle di personaggi (A 1934 Belchfire Runabout!, Holiday in Duckburg, Mardi Gras Before the Thaw e Surprise Party at Memory Pond) e non mancano le rivisitazioni di celebri storie. Ma se prima Barks riproponeva la copertina originale, ora realizza nuove prospettive, rielaborando il materiale originale. Un perfetto esempio e Dubious Doings at Dismal Downs: il fantasma del vecchio castello appare in tutta la sua diabolica presenza, tra le brume scozzesi e le inquietanti lapidi del cimitero. Oppure Dam Disaster at Money Lake, che riprende La disfida dei dollari ricreando la celebre quadrupla del crollo della diga: la massa di denaro occupa quasi tutto il quadro, lasciando spazio però alle espressioni di disperazione dei paperi. Infine, per celebrare il centenario della corsa all’oro dello Yukon e i 50 anni di Paperone, a cavallo tra il 1996 e il 1997 venne realizzato Eureka! A Goose Egg Nugget!, quadro che sintetizza la carriera di pittore di Barks. Le tenue luci del tramonto illuminano le colline, mentre il volto di Paperone risplende della luce della pepita uovo d’anatra. Nonostante la semplicità del soggetto, i pochi tratti delineano l’iconicità del momento e del personaggio.
Tutti al deposito
Un capitolo a parte va dedicato ai quadri ambientati nel deposito. Barks dedicò al tema ben 19 oli, tutti a vario modo inediti, con una gag sempre varia a supporto. Il contesto, però, era sempre lo stesso: qualche stanza del deposito traboccante monete, tesori e gioielli, con Paperone, Paperino e i nipotini protagonisti. Si comincia con Pleasure in the Treasure nel 1972, il primo quadro in cui fu Barks a scegliere il tema da ritrarre.
Ed effettivamente il soggetto permette all’artista dell’Oregon di proporre scorci e idee che facevano capolino in numerose sue storie, oltre a mettere al centro il denaro, enormi masse dorate che tanto piacevano ai suoi clienti. Pleasure in the Treasure è paradigmatico per quasi tutti i quadri successivi, a partire dall’ambientazione: una grossa stanza piena di monete separata da un’apertura con una porta blindata rotonda o una cancellata a separare gli ambienti. A destra o a sinistra vediamo una scrivania, dove Paperone o Paperino contano denaro, leggono fumetti o archiviano monete. Dal lato opposto invece c’è una cassaforte, che può essere chiusa oppure aperta, mostrando rigurgitanti tesori.
I nipotini sono spesso sparpagliati in modo da riempire gli spazi vuoti, e sono motori di azioni di disturbo nei confronti del denaro di Paperone, usando libri contabili come slitte, oppure costruendo fortini (Time Wasters, 9-75), o lanciando ventose per disturbare le piogge di denaro. Paperino è spesso sullo sfondo, rotto dalle fatiche del deposito oppure intento a riposarsi, bevendo una gazzosa o leggendo Playduck. Infine, Paperone è quasi sempre centrale, intento nelle sue attività preferite, ad esempio scavare gallerie come una talpa, nuotare come un pesce baleno (Danger, Tycoon at Play, 10-74) o farsi cadere il denaro sulla testa come una pioggia (Time Out for Fun, 17-73). A volte, poi, Paperone ricorda il passato, come con le monete di Tralla La in Money Bin Memories (12-72), oppure in This Dollar Saved My Life at Whitehorse (24-1973) o ancora celebrando la sua Numero Uno in Much Ado about a Dime (18-73).
Con Sport of Tycoons (9-74), lo scenario cambia e si allarga. Entriamo proprio dentro il forziere principale, caratterizzato dalla barra di profondità ormai al culmine, dalle gru che muovono secchi ricolmi di gioielli e dalle ruspe che movimentano montagne di monete. Si tratta di uno dei quadri più iconici, che rimanda alla quadrupla iniziale della Disfida dei dollari, e che va a braccetto con A Binful of Fun (12-74).
Gli ultimi due quadri ambientati nel deposito ampliano ancora di più gli orizzonti, caricando il quadro di colori brillanti, di gioielli sfavillanti e di nuovi giochi di luce. In An Embarrassment of Riches (1983), la stanzetta originale si amplia enormemente, con prospettive ardite e paperi in movimento per aiutare Paperone ad alzare la barra che segna il livello del denaro, in vista di nuovi guadagni. Infine, con Rich Finds at Inventory Time (1994), vediamo la stessa stanza ormai sommersa di denaro, in cui Barks crea una miniera di denaro con binari e carrello, in cui Paperone possa giocare come il bambino che è.
Le matite
Abbiamo detto come, sul finire di carriera, Barks avesse ancora la prestanza fisica per disegnare, anche grazie all’aiuto della tecnologia, come le fotocopiatrici, che gli permettevano di fare degli ingrandimenti di vignette o immagini da usare. Con il grande tour europeo del 1994, Barks inaugura in maniera massiccia i disegni ad acquarello.
Essenziali, semplici, sempre ben costruiti, servivano come omaggio ai paesi ospiti: l’Italia patria della pasta tecnologica oppure i salti dell’arcobaleno con gli sci alla maniera norvegese. Si tratta di una felice combinazione per soddisfare i fan e non stancarsi troppo.
Si decide quindi di spingere su questo mezzo, con piccoli disegni a matite colorate e pastelli (33×25) che costruiranno il volume Barks Treasury. Si tratta di ben 75 disegni in cui, con molti soggetti ripetuti, Barks cita sue storie famose oppure declina le stesse idee con minime variazioni. Lo sfondo è spesso assente, e si nota ormai un tratto più tremolante, del tutto normale data l’età e la complessità del lavoro.
Il volume si divide in:
Disegni con Paperino a cavallo di un delfino (10);
Paperone e gli smeraldi giganti (3);
Paperone e il vento (8);
Paperino e Paperina che danzano (8);
Paperi e sport (4);
Avventure classiche (17);
Paperi in parata (5);
Paperi al deposito (7);
Paperone e un Bassotto (2);
Miscellanea (20).
Alcuni potrebbero definire queste matite come un canto del cigno. Invece noi le vediamo come piccoli segni d’amore nei confronti di un universo che Barks ha plasmato seguendo il suo stile ironico, usando la sua lente per leggere la società e trasporne le nevrosi e i difetti nei suoi paperi.
L’ultima matita, che mostra un malinconico Paperone che suona la cornamusa davanti al castello di Colle Fosco, è un vero saluto di commiato. Il titolo – Last Call for the Clan McDuck – risulta decisamente rilevatore. Salutiamo così anche noi un artista totale, che tra animazione, fumetto e pittura ha cavalcato il Novecento con incredibile capacità e talento.
Storia editoriale degli oli
L’elegante volume The Fine Art of Walt Disney’s Donald Duck del 1981 a cui abbiamo accennato resta tutt’oggi una delle opere di maggior prestigio dedicate alla prima parte della carriera pittorica di Carl Barks con i paperi.
Sempre negli Stati Uniti, degno di nota è anche Barks Treasury, pubblicato nel 1997 da Applewood Books in sole 1.000 copie e contenente quaranta disegni colorati a pastello realizzati dall’Uomo dei Paperi tra l’ottobre del 1996 e il marzo dell’anno successivo per celebrare il suo novantaseiesimo compleanno. Il volume viene presentato in un cofanetto ricolmo di carta simil-filigranata a ricordare i dollari.
Anche in Italia i dipinti a olio di Barks iniziano ben presto a comparire saltuariamente nelle pubblicazioni dedicate alla sua opera. Già nel 1981, l’allora ANAF (Associazione Nazionale Amici del Fumetto) aveva dedicato ai dipinti di Barks la quarta di copertina del saggio in grande formato Il Fumetto – Speciale Paperino, per poi riservare ad altri oli l’onore della copertina (un po’ come avverrà negli USA negli anni Novanta in alcuni comic book della Gladstone) in qualche albo della collana dedicata alla pubblicazione di tutte le storie a fumetti realizzate dal cartoonist dell’Oregon.
Non è che un antipasto di quanto riservato dall’ANAF ai propri soci nella prestigiosissima collana Donald Duck Special. Dopo un primo volume pubblicato nel 1988 contenente (oltre a saggi, cronologie, copertine, la versione non censurata di Paperino e le forze occulte) otto pagine dedicate agli oli di Barks (con sei di questi riprodotti a tutta pagina), e un secondo pubblicato l’anno successivo con altri quattro dipinti in grande formato (insieme ad altri approfondimenti e storie a fumetti), è con il terzo e il quarto volume della serie che gli appassionati italiani possono finalmente avere tra le mani un’opera vicina a quella che avevano conosciuti quasi dieci anni prima i loro omologhi statunitensi.
Distribuiti insieme nel 1990, dapprima in solo 200 copie con eleganti copertine telate rosse, e successivamente in una seconda edizione (identica alla prima ma con copertine blu), i due volumi riproducono rispettivamente 55 oli in formato “portrait” (Donald Duck Special 3) e 39 oli formato “landscape”(Donald Duck Special 4). L’edizione è chiaramente ispirata a quella Another Rainbow (anch’essa distribuita nelle medesime due colorazioni) ma con la felice intuizione di non sacrificare troppo le dimensioni dei dipinti orizzontali dedicando a questi un volume apposito. Un’opera tuttavia incompleta. Come riportato nell’introduzione: «In questi due primi volumi sono stati riprodotti 94 dei 122 oli dipinti da Barks e questo in quanto per i restanti 28 il materiale pervenuto non è stato giudicato utilizzabile. I 28 oli mancanti (per i quali solo recentemente si è acquisito materiale di qualità) nonché quelli ulteriori che sono serviti da base per le litografie, verranno proposti successivamente in un ulteriore volume».
Nella cronologia riportata in coda ad entrambi i libri, è indicato per ogni dipinto il volume in cui è pubblicato, indicando anche quelli previsti nel terzo. Nel 1991 il successivo volume della collana, dedicato alle storie natalizie di Carl Barks, viene pubblicato come Donald Duck Special 6, lasciando intatto il proposito di pubblicare un terzo volume di oli da collocare subito dopo i primi due.Purtroppo le librerie degli appassionati sono destinate a mantenere tale lacuna, visto che l’Associazione, poi diventata ANAFI (con l’aggiunta di “Illustrazione” nella denominazione) non ha mai colmato tale mancanza.
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Carl Barks – Die Ölgemälde: il miglior volume esistente sulla produzione pittorica dell’Uomo dei Paperi
Nel 1988 il The Duckie Comic Club dell’editore Luigi Olmeda aveva dato alle stampe il trentatreesimo ed ultimo volume della propria The Complete Carl Barks impreziosendolo (un po’ come avvenuto per i primi due Donald Duck Special), oltre che con cronologie, storie a fumetti ed altri contenuti, con una galleria di oli dell’Uomo dei Paperi.
Più recentemente è stato l’editore Panini Comics a riservare alle meravigliose opere di Barks una collocazione di rilievo pubblicando riproduzioni di quadri a olio (o parti di essi) nelle seconde e terze di copertina dei 40 numeri della collana Uack!, pubblicata dal 2014 al 2018. In maniera analoga, anche i 48 volumi della opera omnia di Barks pubblicata da Rizzoli per il Corriere della Sera nel 2008 si aprivano ciascuno con un quadro diverso.
Nessuna esperienza è tuttavia in alcun modo assimilabile all’edizione ANAFche, pur incompleta, resta a distanza di trent’anni la migliore pubblicazione italiana dedicata ai dipinti ad olio del Maestro dell’Oregon.
Ma all’estero c’è chi ha saputo fare di meglio. Nel 2012 infatti l’editore Egmont ha pubblicato in Germania (e poi in Norvegia, Svezia e Finlandia) Carl Barks – Die Ölgemälde un volume di oltre 400 pagine con tutta la produzione artistica del papà di Uncle Scrooge. Oltre ai dipinti a olio presenti in The Fine Art of Walt Disney’s Donald Duck trovano spazio anche tutte le opere successive, quindi acquerelli, disegni a pastello, bozzetti e studi preparatori. Non più in catalogo e non facilissimo da reperire al giorno d’oggi, ma certamente ben più “avvicinabile” rispetto alle pubblicazioni statunitensi in tiratura limitata, il volume rappresenta l’edizione “definitiva” per chiunque voglia avvicinarsi ai meravigliosi dipinti dell’Uomo dei Paperi.
Per ulteriori approfondimenti sul web, infine, rimandiamo all’analisi dettagliata e cronologica dei quadri di Barks sull’ormai storico The HTML BarksBase.
(via Gli oli di Carl Barks - Papersera)
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pedrop61 · 4 years
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IL GATTOPARDO
Giuseppe Tomasi di Lampedusa nasce a Palermo il 23 dicembre 1896. Una Palermo dove si incontravano i Florio, i Bordonaro, gli imprenditori inglesi del marsala Whitaker, gli ultimi baroni che avevano acquistato i feudi ecclesiastici dopo la secolarizzzazione del 1866 e realizzavano l’espansione edilizia lungo l’asse della via Libertà. La Palermo dei Lanza di Trabia, degli Alliata di Villafranca, dei Ventimiglia di Belmonte, tutti nobili proprietari di meravigliosi palazzi simili ai castelli della bella addormentata, un mondo incantato dal quale Giuseppe Tomasi non si sarebbe più staccato, un mondo condannato ad essere superato dalla volgarità dei tempi nuovi.
Consegue la maturità classica nel 1914 e l’anno dopo viene chiamato alle armi. Nel settembre 1917 viene inviato sull’altopiano di Asiago. Due mesi dopo viene fatto prigioniero. Nel 1918 evade, dopo un tentativo fallito, dal campo di prigionia Szombathely in Ungheria e nel novembre ritorna a Palermo.
Iscritto alla facoltà di legge prima a Palermo, poi a Genova, darà soltanto l’esame di diritto costituzionale. Tra il 1920 e il 30 viaggia per mezza Europa e nel 1932 si sposa con Licy Wolff Stomersee a Riga, in una chiesa ortodossa. La coppia si stabilisce a Palermo a palazzo Lampedusa. Nel 1934 muore suo padre e lui diviene principe di Lampedusa. Nel 1942, a causa dei bombardamenti su Palermo, si trasferisce nella villa dei suoi parenti Piccolo a Capo d’Orlando.
Nel 1957, tramite il libraio editore Flaccovio, “Il Gattopardo” viene inviato a Vittorini, direttore della collana I Gettoni della Einaudi. Una copia del romanzo viene consegnata ad Elena Croce. Il 23 luglio 1957 lo scrittore muore a causa di un carcinoma. La salma viene inumata a Palermo al cimitero dei Cappuccini. L’11 novembre 1958 il romanzo viene pubblicato da Feltrinelli a cura di Giorgio Bassani. Nel 1959 vince il Premio Strega.
Romanzo di rara bellezza, un autentico gioiello di cultura, saggezza, tristezza, consapevolezza, nostalgia di un mondo perduto. Come tutto ciò che è grande, sommo, alto, non viene compreso da molti e ancora oggi viene citato a sproposito da pessimi giornalisti e da pseudo politici da strapazzo.
“il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di “fare”. […] il sonno è ciò che i Siciliani vogliono… da quando il vostro Garibaldi ha posto piede a Marsala, troppe cose sono state fatte senza consultarci perché adesso si possa chiedere a un membro della vecchia classe dirigente di svilupparle e portarle a compimento […] ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagaglio… questo paesaggio che ignora le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l’asprezza dannata; […] questo clima che ci infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi; […] questa nostra estate lunga e tetra quanto l’inverno russo e contro la quale si lotta con minor successo…”
Non è un semplice romanzo storico ma casomai antistorico dove non si respira l’ottimismo di una concezione storicista e teleologica ma, al contrario, spicca la dolorosa consapevolezza che la storia degli uomini non procede verso il compimento delle magnifiche sorti e progressive. Si dice in modo chiaro e netto che il diritto alla felicità è una solenne sciocchezza. L’esistenza è durissima e la natura umana e gli uomini sono gettati in un mondo di inaudita violenza. Soltanto le arti e la conoscenza possono mitigare il dolore ma l’esito è comunque terribile: più comprendi e più resti isolato. L’influenza di Stendhal è molto forte, la delusione esistenziale e la consapevolezza del fallimento e dello scacco permeano tutto il romanzo.
In questa visione il Risorgimento diventa una rumorosa e romantica commedia e la Sicilia, resta una categoria astratta, immutabile metafisica. Il fluire del tempo, la decadenza e la morte (Marcel Proust e Thomas Mann) vengono esemplificati nella morte di una classe, quella nobiliare dei Gattopardi che viene sostituita dalla scaltra borghesia senza scrupoli dei Sedara, ma che permea di sé tutta l’opera: la descrizione del ballo, la morte di don Fabrizio, la polvere del tempo che si accumula sulle sue tre figlie e sui loro beni.
Un romanzo sicuramente decadente e struggente dove il vero protagonista è la nostalgia. Non mi stupisce che Vittorini non lo abbia compreso. Ancora oggi non viene compreso da quanti, assecondando logori luoghi comuni, lo interpretano esclusivamente in chiave politica.
Non è un caso che un grande intellettuale fin de race come Luchino Visconti ne abbia afferrato lo spirito traducendolo, caso raro di grande film tratto da grande libro, in un film sontuoso e affascinante.
Scandito dalla musica di Nino Rota il lavoro di Visconti offre quadri e dialoghi di rara suggestione. Don Fabrizio, il principe Salina, è un Bart Lancaster strepitoso affiancato dal nipote Tancredi (un giovanissimo e stupendo Alain Delon), da Angelica, di nome e di fatto (meravigliosa Claudia Cardinale) e da attori di consumata esperienza e bravura quali Paolo Stoppa (Calogero Sedara), Rina Morelli e Serge Reggiani.
Alcune citazioni da Tomasi di Lampedusa:
Io penso spesso alla morte. Vedi, l’idea non mi spaventa certo. Voi giovani queste cose non le potete capire, perché per voi la morte non esiste, è qualcosa ad uso degli altri.”[… ] In Sicilia non importa far male o far bene: il peccato che noi siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di ‘fare’. Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui noi abbiamo dato il ‘la’; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei Chevalley, e quanto la regina d’Inghilterra; eppure da duemilacinquecento anni siamo colonia. Non lo dico per lagnarmi: è colpa nostra. Ma siamo stanchi e svuotati lo stesso.”
“Il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; e, sia detto fra noi, ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagaglio. Tutte le manifestazioni siciliane sono manifestazioni oniriche, anche le più violente la nostra sensualità è desiderio di oblio, le schioppettate e le coltellate nostre, desiderio di morte; desiderio di immobilità voluttuosa, cioè ancora di morte, la nostra pigrizia, i nostri sorbetti di scorsonera o di cannella; il nostro aspetto meditativo è quello del nulla che volesse scrutare gli enigmi del nirvana. Da ciò proviene il prepotere da noi di certe persone, di coloro che sono semidesti; da questo il famoso ritardo di un secolo delle manifestazioni artistiche ed intellettuali siciliane le novità ci attraggono soltanto quando sono defunte, incapaci di dar luogo a correnti vitali; da ciò l’incredibile fenomeno della formazione attuale di miti che sarebbero venerabili se fossero antichi sul serio, ma che non sono altro che sinistri tentativi di rituffarsi in un passato che ci attrae soltanto perché è morto.”
Ho letto il romanzo la prima volta a 18 anni e ne sono rimasto affascinato al punto che esso ha permeato la mia vita nel bene e nel male. Ogni tanto lo rileggo e ne cavo fuori insegnamenti e riflessioni. Il Principe Salina, inconsapevolmente, è stato il mio modello (alla sua aristocrazia per nascita che mi interessa ben poco, ho tentato di sostituire l’unica forma di aristocrazia che mi convince, quella culturale ed educativa) e sino a quando mi sono attenuto ai suoi insegnamenti stoici e sensati ho vissuto con dignità, onore e, perché no, momenti di felicità. Posso essere accusato di non aver fiducia nelle umane sorti e progressive ma questo non mi ha impedito di aiutare chiunque abbia incontrato nella mia vita. Anche io ho pensato per lunghi anni di poter migliorare il mondo aiutando gli altri e l’ho fatto insegnando e col mestiere di professore e preside. Malgrado tutto continuo a pensare che l’insegnamento, la scuola seria e per tutti siano l’unica forma di crescita per un popolo. La cultura non elimina la sofferenza esistenziale ma ci consente di soffrire ad un livello più alto e di provare solidarietà leopardiana per il dolore altrui.
“Noi fummo i Gattopardi, i Leoni: chi ci sostituirà saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti, gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra.”
J.V.
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katnisshawkeye · 3 years
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Fairy Oak - La storia perduta
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Scheda informativa
Autore: Elisabetta Gnone
Copertina e illustrazioni: Claudio Prati, Valerio Turati
Editore: Adriano Salani
Prima pubblicazione: 22 ottobre 2020
Pagine: 391
Prezzo: € 18,00
Trama
Il tempo è passato e molte cose sono cambiate a Fairy Oak, e così capita di immelaconirsi riguardando vecchie fotografie davanti a un tè, ricordando vecchi amici e grandi avventure. Ma quando i ricordi approdano all’Anno della Balena, i cuori tornano a battere e i visi a sorridere. Che anno fu! Cominciò tutto con una lezione di storia, proseguì con una leggenda e si complicò quando ciascun alunno della onorata scuola Horace McCrips dovette compilare il proprio albero genealogico. Indagando tra gli archivi, le gemelle Vaniglia e Pervinca, con gli amici di sempre, si mettono sulle tracce di una storia perduta e dei suoi misteriosi protagonisti. E mentre il loro sguardo ci riporta nella meravigliosa Valle di Verdepiano, si consolidano vecchie amicizie, ne nascono di nuove, si dichiarano nuovi amori e si svelano sogni che diventano realtà.
Recensione
È un anno, o poco più, che l’autrice Elisabetta Gnone ha accennato alla pubblicazione di questo nuovo libro, tramite indizi che fin da subito non portavano immediatamente all’idea di una nuova storia nel magico mondo di Fairy Oak. Ma quando si è venuti a conoscenza certa che la sorpresa per il 15° Anniversario dalla Prima Pubblicazione del primo libro di Fairy Oak (Fairy Oak - Il segreto delle gemelle, 26 ottobre 2005): ho avuto paura. “Cosa racconterà questo nuovo libro?”. “Sarà un tuffo nel passato, magari sul terzo volume de Il Libro Antico?”, “O, magari, racconterà dei nuovi bambini di Fairy Oak?” erano alcuni tra i miei dubbi che, una volta immersa nella lettura, si sono dissolti completamente. Ebbene sì, questa nuova avventura nella quale la Banda del Capitano trova nuovi Amici, è il “Ritorno a Fairy Oak” perfetto, passato tra i ricordi di Pervinca e Vaniglia e fatina Sefeliceleisaràdircelovorrà, anche per chi - come me - Fairy Oak non l’ha mai veramente lasciata, dal momento che quasi ogni anno almeno una volta l’anno sono sempre tornata in questo mondo magico dalla prima volta che ne ho fatto conoscenza. A ogni modo, entrando nel merito del nuovo libro. Non ne sono rimasta delusa. Temevo che la storia originale venisse stravolta, ma così non è stato affatto. Pervinca, Vaniglia, Flox, Shirley, Grisam, Acanti, Tommy, Francis, Billy, Robin, ... e tutti gli altri ragazzi sono sempre gli stessi. Cresciuti, diventati adulti, invecchiati, sono diventati tutti delle persone sagge, i cui genitori, nonni e zii possono andare fieri. Tra stralci di racconti sui figli delle protagoniste, emergono i loro ricordi in merito all’“Anno della Balena”, l’anno in cui la balena della l’antica leggenda ritorna a salutare gli amici di Fairy Oak. Proprio come il lettore, immedesimato nel racconto delle gemelle Periwinkle e della fatina Felì, saluta i suoi eroi d’infanzia.  Ed è così che rimane, Fairy Oak, al contempo uguale e cambiata, e sempre lì ad accoglierti a braccia aperte, felice che tu abbia fatto ritorno nel luogo magico dove hai passato giorni gioiosi con gli amici. Ci sarà un altro libro dopo a questo? Non si sa, probabilmente no. Ma mi piacerebbe che ce ne fosse almeno uno, visto il finale con cui questo è terminato...
Valutazione
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wolfhowls · 4 years
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You're my best friend - Vecchi e nuovi eroi (on Wattpad) https://my.w.tt/dvn58Qo6F9 Il seguito di Principessa, l'altra Fanfiction che ho scritto dedicata ai personaggi di Miraculous. Adrien e Marinette iniziano a sospettare qualcosa sulle rispettive identità segrete e su cosa provano l'uno per l'altra, finché una serie di avvenimenti li rendono evidenti ai due ragazzi. Un altro segreto da mantenere? Anche per questa devo ringraziare Jess e Giulia per le idee che ci siamo scambiati sulle rispettive Fanfiction e per il proofreading. Grazie a tutte e due! Immagine della cover di https://www.instagram.com/kika.cosplay.ph/ con https://www.instagram.com/martaaiala/ (Ladybug) e https://www.instagram.com/gx_cosplay/ (Chat Noir). Miraculous: le storie di Ladybug e Chat Noir - Zagtoon, Method Animation, Toei Animation, SAMG Animation, De Agostini Editore, Nelvana, Cartoon Network Studios Tutti i diritti appartengono ai rispettivi proprietari.
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lamilanomagazine · 1 year
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Roma, da I Quaderni del Bardo Edizioni la raccolta di poesie “I versi migliori si sciolgono nell’aria” di Bel’skij
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Roma, da I Quaderni del Bardo Edizioni la raccolta di poesie “I versi migliori si sciolgono nell’aria” di Bel’skij.   Continua la tradizione editoriale de I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno con le uscite di poesia internazionale: arriva tradotto e a cura di Paolo Galvagni I versi migliori si sciolgono nell’aria di Stanislav Bel’skij. La tremenda guerra, dispiegata dalla Russia in Ucraina, ha una vittima poco notata. Proprio adesso cessa di esistere la poesia russofona di Ucraina. Gli autori, che nell’ultimo decennio l’hanno trasformata in un fenomeno unico, particolare – lo spazio del dialogo tra due tradizioni nazionali ricche ed eterogenee – uno dopo l’altro passano alla lingua ucraina, ammettendo che il dialogo non è riuscito. Ma se questo dialogo è destinato a svuotarsi, Stanislav Bel’skij probabilmente sarà colui che lo lascerà per ultimo e chiuderà dietro di sé la porta. In parte ciò è dovuto al fatto che proprio Bel’skij è stato il più attivo in Ucraina a tradurre in russo i poeti contemporanei ucraini, e anche oggi sulla sua pagina Facebook i più recenti versi militari dei leader della poesia ucraina appaiono in lingua russa alcune ore dopo la pubblicazione degli originali. Ma non si tratta solo di questo. Uno dei progetti poetici più interessanti di Bel’skij è un interminabile ciclo poetico, di cui di tanto in tanto pubblica nuovi testi: si intitola “Conversazioni amichevoli coi robot”. Il titolo non è del tutto esatto: nei versi di questo ciclo non l’autore o l’eroe lirico conversano coi robot. No, i robot e le reti neurologiche parlano l’uno con l’altro, si scrivono lettere, non nascondono le emozioni. Il dialogo è possibile. Il dialogo di per sé è un valore, anche se non c’è nessuno che lo condurrà, né nessuno con cui condurlo. La poesia di Bel’skij degli anni ‘10 – quella prima della guerra e quella dell’epoca della “piccola guerra” dopo il 2014 – è tutta costruita su simili paradossi. È il surrealismo e l’assurdo, ma domestico, comodo. Il mondo è impazzito, ma in questa follia si può vivere quasi spensieratamente, amare la moglie e osservare una ragazza simpatica sul treno. Il quieto edonismo di questi versi è permeato di stoicismo: della disponibilità, col susseguirsi degli eventi, ad accettare il mondo come dato di fatto, a vederne la coerenza. La guerra di ampio raggio sprigiona questo stoicismo: l’assurdo irrompe nell’esistenza quotidiana come una cerniera lampo, che ti esaspera, proprio quando occorre scappare nel rifugio. Parafrasando il celebre aforisma sugli atei, si potrebbe dire che nelle trincee non ci sono avanguardisti, ma è inesatto: la precedente esperienza creativa del poeta Bel’skij, che ha cercato l’umano nel disumano, è servita ora per tenere quello stesso tono uniforme e la serena osservazione di fronte a quanto di disumano accade nel mondo: l’odio e l’avversità umana. E non sorprende che possiamo leggere i versi precedenti di Bel’skij attraverso il prisma della catastrofe, rovesciatasi sul suo paese: “in un giorno simile scompare / un vecchio ramo ferroviario / il campanile sul fiume / o qualcuno dei vecchi conoscenti”. C’era un tempo in cui le scomparse potevano essere pacifiche, e ora... O forse la scomparsa pacifica anche prima era un’illusione, e la catastrofe dormiva sempre in essa? Non lo sappiamo: a differenza di alcuni autori, esteticamente vicini (il russo Andrej Sen-Sen’kov, o, diciamo, l’ucraino Michajlo Žaržajlo), Bel’skij non allude mai a nulla. Ma quando parla direttamente, come nel 2022, non c’è nulla da obiettargli. Dmitrij Kuz’min è un celebre critico letterario ed editore russo. Nato nel 1968 a Mosca, dove ha operato come editore, da anni ormai risiede in Lettonia. Info link: https://posts.gle/jLPWTv Mail: [email protected]  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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pangeanews · 4 years
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“Il problema cinese da solo è così vasto che nessuna nazione può permettersi ormai di ignorarlo”. Il libro fondamentale di Ezra Pound: “Cathay” (tranquilli, in Italia non c’è più)
Nel 1915 Ezra Pound pubblica a Londra, in una bellissima edizione in coperta azzurra – che ricorda, col senno del dopo, i volumi Scheiwiller – per Elkin Mathews, Cathay, silloge – all’apparenza – di poesie cinesi del canone classico. Per lo stesso editore Pound aveva pubblicato Personae (1909), Exultations (1909), Canzoni (1911). Sono gli anni in cui il poeta fonda riviste – “Blast”, ad esempio, con Wyndham Lewis – e avanguardie, che nascono e subito muoiono – l’imagismo, il vorticismo –, anni, cioè, in cui cerca la propria voce. Con Cathay, prima di tutti, ad esempio, il poeta insegna che la vera avanguardia è scavare nei recessi di civiltà perdute. Pensate a Picasso ispirato dall’arte africana, a Van Gogh sedotto dalle stampe giapponesi: Pound trova in Cina il suo linguaggio. Autentico. Autonomo. Perché è attraversando qualcosa che si approda a se stessi. Per alcuni, Cathay è la più bella raccolta di poesie di Pound. Non è un puzzle critico: sappiamo che il poeta, quando traduce, crea – un esempio nostrano: Quasimodo che piglia e modella i lirici greci. Sentite che bellezza i versi dell’apocrifo Rihaku (la traduzione è di Alfredo Rizzardi):
A settentrione delle mura monti azzurri, Bianco fiume che serpeggi intorno ad essi; Qui dobbiamo separarci E andarcene per miglia e miglia di erba morta.
La mente simile ad ampia nuvola ondeggiante, Il tramonto simile all’addio di vecchi amici Che di lontano s’inchinano al di sopra delle mani congiunte. I cavalli nitriscono l’un l’altro Mentre partiamo.
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Quando è estetico, l’interesse di Pound è soprattutto ‘scientifico’, infine etico. Pound aveva scoperto la grandezza della poesia cinese antica e del teatro giapponese Noh (amore, quest’ultimo, condiviso con William B. Yeats) attraverso gli studi di Ernest Fenollosa, insigne studioso americano, orientalista entusiasta, già professore all’università di Tokyo, morto a Londra nel 1908. Pound vedeva nell’ideogramma cinese – usato con continuità nei Cantos – un “mezzo di poesia”, come scrive, con indole profetica, come sempre, nel saggio dedicato a Fenollosa: “Il secolo ventesimo non solo apre una pagina nuova sulla storia del mondo, ma schiude anche un nuovo sorprendente capitolo. Orizzonti di strani futuri si aprono all’uomo: culture che abbracciano il mondo intero… Il problema cinese da solo è così vasto che nessuna nazione può permettersi ormai di ignorarlo”. Non solo Pound impone il tema della grande poesia classica orientale, poi di moda (in Italia, fu sdoganata anche da Montale), con forza (“Abbiamo degradato i Giapponesi al rango di plagiari. Abbiamo ritenuto stupidamente che la storia cinese non presentasse alcun barlume di cambiamento nell’evoluzione sociale, nessun’epoca saliente di crisi morale e spirituale… Disgraziatamente in America e Inghilterra si è fatta strada l’idea che la poesia cinese e giapponese sia quasi un gioco futile, senza importanza nel complesso delle grandi letteratura”), ma gl’interessa l’ideogramma come dispositivo linguistico. L’ideogramma infatti è concreto, visivo, molteplice. È immagine che diventa suono e che crea, con forza sintetica, ineguagliata, molti sensi. L’ideogramma sembra rispondere all’utopia di Rimbaud (le parole che si odorano, si vedono, si toccano) e ai criteri dell’imagismo (che postula di “trattare direttamente la ‘cosa’”, non usare parole di troppo, definire un ritmo). L’ideogramma è un amuleto: sei tu a farlo parlare.
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Insomma, Cathay è il punto di snodo della poetica di Pound. Negli States la Fordham University Press, per la cura di Timothy Billings, ha pubblicato una critical edition del libro, che va trattato come testo poetico di Ezra Pound più che come abbecedario del sinologo dilettante. Nel mondo spagnolo, Buenos Aires Poetry ha da poco partorito una versione di Cathay per la cura di Juan Arabia, poundiano di platino. Anche noi avevamo una bella edizione di Cathay, nella collana ‘trilingue’ Einaudi curata da Valerio Magrelli: in quel caso le poesie di Pound furono ‘trattate’ da Maria Rita Masci e Alessandra C. Lavagnino. Naturalmente quel libro, edito nel 1997, così importante (e bello!, pura poesia desunta da nuvole e pietre), ora risulta “non disponibile”.
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Certo, non che vada meglio in altri mondi all’apparenza ‘avanzati’, più colti. In un saggio pubblicato sulla rivista del “The Russell Kirk Center”, J.L. Wall usa miniere di preservativi per dirci sapide ovvietà, cioè che Pound è “una delle figure cardine della letteratura del XX secolo”. Prima però dobbiamo sorbirci un pippone retorico e puritano (“Cosa dovremo fare di Pound? Una risposta sarebbe ‘cancellarlo’, gettare la sua statua nel fiume e attendere che l’acqua la cancelli. Un gesto del genere non è privo di fondamento: definire ripugnante la sua politica e la sua personalità è un eufemismo. Ma sarebbe anche troppo semplice. Le impronte di Pound sono ovunque: su The Waste Land, ma anche sulle carriere di Yeats, Frost, William Carlos Williams e H.D.; sulla pubblicazione dell’Ulisse di Joyce; sull’imagismo, il vorticismo, la ‘nuova poesia’ del secolo scorso”) e una proposta critica inaccettabile (“È stato poeta di talento, innovativo, fino ai trentacinque anni. I Cantos, sui quali ha scommesso la propria reputazione, sono stati un fallimento”: idiozia al cubo, Pound è poeta implacabile perché imperfetto, imperituro proprio nelle ultime poesie, della vecchiaia, nitide come profezie mutilate, al vento, come uno che vada a bracciate nello stellato). Amen. Affrettiamoci a ripubblicare Cathay.
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L’impegno di Pound dentro la letteratura cinese, come detto, continuò, con l’ostinazione dell’avventuriero. Quando fu arrestato, prese con sé i libri di Confucio, consolazione al St. Elizabeths. Nel 1954 la Harvard University Press pubblica la sua versione di The Classic Anthology Defined by Confucius, tradotta per Scheiwiller da Carlo Scarfoglio nel 1964 (“È questo il tesoro di voci e di vite umane che ci è stato tramandato dal fondo degli ultimi tremila anni; che Confucio, secondo i cinesi, ha non creato, ma messo nella sua vera luce e che Ezra Pound ha reso accessibile a tutti coloro che sanno legger l’inglese”). Nel 1951 aveva tradotto gli Analecta, specificando che “lo studio della filosofia confuciana giova maggiormente di quella greca in quanto non si spreca tempo in vane disquisizioni sull’errore”. Di “ricerca etica e linguistica” più che di traduzione parla Mary de Rachewiltz, che di quel libro ha curato la versione italiana, sempre per Scheiwiller. Sulla copertina gialla, adornata da ideogramma in rosso, l’autore risulta “Pound-Confucio”. Anche quei libri sono difficili da trovare, va da sé, e sono un autentico tesoro.
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“Non conoscere le parole significa non possedere il fluido necessario per conoscere gli uomini” sentenzia Confucio attraverso Pound. Nell’educazione canonica, per chi volesse raggiungere ruoli di governo, in Cina e in Giappone, all’epoca, era necessario superare prove che dimostrassero la conoscenza della lirica, in tutti i suoi generi, nelle sue forme cangianti. Non si doveva diventare poeti, ma saper scrivere poesia: cioè conoscere l’arte dell’allusione, riposare all’ombra di alcune lettere, distinguere la logica dall’ispirazione. Ignari della grammatica, del ritmo, della presenza retorica sarebbe stato impossibile condurre un popolo, dare leggi agli uomini, capire la parola del cielo e quella della terra. (d.b.)
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Il nostro spirito è un abisso che si compiace degli abissi. Bambini, uomini, vecchi, siamo sempre golosi di misteri, sotto qualunque forma si presentino.
Honoré de Balzac, Louis Lambert, trad. it. di Paola Dècina Lombardi, L'orma editore, 2017
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