Tumgik
#il comune senso del pudore
misswarmnights · 6 months
Text
The fabulous Dagmar Lassander in 'Il comune senso del pudore alberto sordi' 1976.
Tumblr media Tumblr media
0 notes
haiku--di--aliantis · 1 month
Text
Tumblr media
Siamo schiavi di abitudini mentali che costruiamo noi stessi, per darci un'identità. Sbarre di liquirizia. Ma le cose, le persone, i sentimenti, il gusto, il senso del pudore e il comune sentire cambiano di continuo. E la tua identità te la dai solo essendo vero. È arduo e comunque sciocco ricercare e magari anche ottenere il consenso adattandoti alle mode o a ciò che viene ritenuto accettabile dalla media al momento. Se vuoi essere considerato "accettabile", allora persegui il consenso. Conoscerai il vero sapore della frustrazione. E il vuoto dentro di te.
Tumblr media
Se vuoi vivere da persona libera invece, segui le tue inclinazioni, i tuoi gusti e la tua stella polare interiore. A dispetto di chi ti tira per la giacca, di chi ti punta il dito contro. Le abitudini mentali, invece di darti sicurezza ti indeboliscono dall'interno. Ti danno un falso senso di appartenenza di cui non hai bisogno. Tutto si sgretola. Allora tu vivi davvero alla ricerca dello stupore. Ogni giorno. Cambia idea, se necessario, ma sii coerente con quello in cui credi adesso. È l'unico modo di esistere da persona veramente libera.
Aliantis
Tumblr media
-----
Deborah's theme (Ennio Morricone da 'C'era una volta in America')
youtube
24 notes · View notes
gregor-samsung · 11 months
Text
“ Mia cara Francesca, le tue lettere arrivano, per lo più, alla sera. Verso le nove. Una mano entra nel buco, dicono "posta", poi le aprono e me le danno. Così le tue parole sono le ultime che ricevo: e me le porto in sogno. [...] Ho lavato i piatti (una ciotola di plastica, un piatto di plastica, delle posate idem) e le pulizie le farò nel pomeriggio, nell'interminabile viaggio che va dalle 15 al mattino dopo. Oggi è giorno di doccia (qui ci si lava un giorno sì e uno no) e aspetto il mio turno. Poi mi vestirò, e andrò all'aria. Girerò in tondo fino alle 11. In questa giostra assurda s'incontra ogni genere di uomini: falsari, spacciatori, zingari, bancarottieri; è un mondo tutto suo, credimi. E pieno di assurde favole, di storie incredibili; è impressionante il numero di giovani, di ragazzi, quasi. Da fuori, non si ha la sensazione di quello che accade qui, e di come enormi siano oggi i problemi della giustizia. Mi chiedi se desidero un libro. Sì. Di Dostoevskij "Memorie da una casa morta": attenzione, non "Memorie dal sottosuolo", che è un altro suo libro. Dico quello (alcuni lo traducono "M dalla casa dei morti") che parla della sua prigionia a Semipalatinsk, in Siberia. Lo lessi anni fa, e siccome è pieno di pensieri sulla pena, la prigione, e altro, vorrei rileggerlo. Davvero. Va bene? E io che posso restituirti? Senti, sbaglio o con Renata sei in freddo? Non so, mi è parso di capire che, in quel suo tirarsi indietro ti desse della pena. Guarda: succede, e alle volte è meglio che un amico dica francamente il suo pensiero piuttosto che vederlo accettare per forza. E il resto del lavoro? E la vita? E Milano? Io sono disgustato all'idea che esistano "giornalisti" del tipo attualmente in circolazione: criminali della penna, analfabeti della vita, irresponsabili, folli. Adesso è di moda chiamare questo "il carcere dei vip": perché non vengono, per sette giorni, a questo Portofino delle manette? Credimi: il nostro non è un Paese. Ho gioito al ritrovamento delle reliquie del tuo S. Francesco: non avevo dubbi, credi, che il finale fosse quello. E troveranno il resto. Vuoi scommettere? Mi chiedi dei sogni? Beh, sono molto teneri, dolcissimi. Mi pare di essere accanto a te, e di perdermi nei tuoi occhi. È delizioso. Anche se è la sbiadita, pallida immagine del vero. Ma ti sogno spesso. Ti ho detto: ora sono sereno, niente può più toccarmi. Mi metterò a studiare storia, che e la mia passione. Storia italiana. Poi, mi interessa enormemente la "comune coscienza del peccato", che è cosa ancora più debole, da noi, del "comune senso del pudore". Parlo con delinquenti veri, Cicciotta: e mi interessa la loro psicologia, la loro relatività, il loro codice, che è, in molti casi, anche se patologico, regolato da leggi ferree. Sì, ho vissuto molte vite: so e conosco cose che nessun viaggiatore vede e vedrà mai, avrò da riempire sere e sere d'inverno. Non andrò mai più allo zoo: l'idea di una gabbia mi darà, per sempre, un fremito di disgusto. Tu dici che sono forte: io non lo so, Cicciotta. Sento che mi sentirei indegno di vivere, se fossi diverso. Non si può concedere loro niente: sono dei bari, capisci? Questo Paese ha sempre piegato la schiena, baciando la mano di chi lo pugnalava. E non ci sarebbero tiranni, se non ci fossero schiavi. Il vero patrono d'Italia (e non capisco perché non lo facciano) dovrebbe essere Don Abbondio. San Francesco poteva nascere benissimo in qualunque altra parte del mondo. Solo Don Abbondio è irresistibilmente, disgustosamente italiano. A me spiace parlar male del mio Paese: ma deve cambiare. È l'"odi et amo" di Catullo (traduzione di Ceronetti): e se vuoi un ritratto, che condivido, dell'Italia, leggi, sempre di Ceronetti "Viaggio in Italia" (Einaudi). È una barca cariata, un guscio vuoto, pieno di vermi, che galleggia su un mare inquinato. E per le anime, è peggio. Ti abbraccio, Cicciotta. Tanto tanto Enzo [Bergamo, domenica 9 Ottobre '83] “
Enzo Tortora, Lettere a Francesca, Pacini Editore, 2016¹; pp. 82-84.
37 notes · View notes
blacklotus-bloog · 5 months
Text
Tumblr media
Siamo vittime di una cultura ipocritamente contenutistica che, oltre a non riconoscere al sesso la stessa nobiltà di altre materie, ha perso il senso della forma e del bello per un inesorabile analfabetismo del gusto. Alcuni, valori come pudore e la castità (nel 90% dei casi falsi), sono virtù inventate dal potere per farci vergognare dei nostri istinti naturali, per reprimerli, opprimerli, sopprimerli, perché il potere stesso continui imperterrito a fotterci. La bellezza del sesso sta nell’equilibrio che ingloba tutto ciò che vedi e tocchi, nell’armonia delle linee, delle imperfezioni, degli odori che porti addosso e senti tuoi. Tutti pronti a criticare ad inneggiare allo scandalo perchè molti pensano che il lercio del pregiudizio sia più pulito di un atto fisico. In realtà pochi sono capaci di accettare il fatto di farsi apprezzare e conoscere anche per l'inclinazione a dare il meritato peso e valore al sesso. La maggior parte delle persone tende a mettersi in mostra, a farsi apprezzare per le proprie peculiarità, ma non dimentichiamo una cosa, l'esaltazione di sé stessi, la voglia di farsi adulare e a tutti i costi primeggiare, il criticare gli altri per lo spiccato senso di esaltazione del sesso, sono peccati degni dell'apostolica via di Gomorra, dal canto mio preferisco il vicolo sconsacrato di Sodoma, un vicolo, che se vogliamo dirla tutta è anche pudico, perché attraverso il sesso l'uomo riserva una parte nobile del proprio essere , un luogo non comune non il solito transito di informazioni sulla propria rispettabile apparenza, ma un vicolo che tiene lontana la mente dallo spiffero dell'ipocrisia, un qualcosa di talmente autentico da cui trarre piacere...
.
.
.
TINTO BRASS - Una passione libera
13 notes · View notes
ama-god · 1 year
Text
Primo Levi
La tregua
La Liberazione di Auschwitz da parte dei soldati dell’Armata Rossa sovietica
27 gennaio 1945
Nei primi giorni del gennaio 1945, sotto la spinta dell’Armata Rossa ormai vicina, i tedeschi avevano evacuato in tutta fretta il bacino minerario slesiano. Mentre altrove, in analoghe condizioni, non avevano esitato a distruggere col fuoco o con le armi i Lager insieme con i loro occupanti, nel distretto di Auschwitz agirono diversamente: ordini superiori (a quanto pare dettati personalmente da Hitler) imponevano di «recuperare», a qualunque costo, ogni uomo abile al lavoro. Perciò tutti i prigionieri sani furono evacuati, in condizioni spaventose, su Buchenwald e su Mauthausen, mentre i malati furono abbandonati a loro stessi. Da vari indizi è lecito dedurre la originaria intenzione tedesca di non lasciare nei campi di concentramento nessun uomo vivo; ma un violento attacco aereo notturno, e la rapidità dell’avanzata russa, indussero i tedeschi a mutare pensiero, e a prendere la fuga lasciando incompiuto il loro dovere e la loro opera. Nell’infermeria del Lager di Buna-Monowitz eravamo rimasti in ottocento. Di questi, circa cinquecento morirono delle loro malattie, di freddo e di fame prima che arrivassero i russi, ed altri duecento, malgrado i soccorsi, nei giorni immediatamente successivi.
La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla: stavamo trasportando alla fossa comune il corpo di Sómogyi, il primo dei morti fra i nostri compagni di camera. Rovesciammo la barella sulla neve corrotta, ché la fossa era ormai piena, ed altra sepoltura non si dava: Charles si tolse il berretto, a salutare i vivi e i morti. Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi. A noi parevano mirabilmente corporei e reali, sospesi (la strada era piú alta del campo) sui loro enormi cavalli, fra il grigio della neve e il grigio del cielo, immobili sotto le folate di vento umido minaccioso di disgelo. Ci pareva, e cosí era, che il nulla pieno di morte in cui da dieci giorni ci aggiravamo come astri spenti avesse trovato un suo centro solido, un nucleo di condensazione: quattro uomini armati, ma non armati contro di noi; quattro messaggeri di pace, dai visi rozzi e puerili sotto i pesanti caschi di pelo. Non salutavano, non sorridevano; apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontà buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa. Così per noi anche l’ora della libertà suonò grave e chiusa, e ci riempì gli animi, ad un tempo, di gioia e di un doloroso senso di pudore, per cui avremmo voluto lavare le nostre coscienze e le nostre memorie della bruttura che vi giaceva: e di pena, perché sentivamo che questo non poteva avvenire, che nulla mai piú sarebbe potuto avvenire di così buono e puro da cancellare il nostro passato, e che i segni dell’offesa sarebbero rimasti in noi per sempre, e nei ricordi di chi vi ha assistito, e nei luoghi ove avvenne, e nei racconti che ne avremmo fatti. Poiché, ed è questo il tremendo privilegio della nostra generazione e del mio popolo, nessuno mai ha potuto meglio di noi cogliere la natura insanabile dell’offesa, che dilaga come un contagio. È stolto pensare che la giustizia umana la estingua. Essa è una inesauribile fonte di male: spezza il corpo e l’anima dei sommersi, li spegne e li rende abietti; risale come infamia sugli oppressori, si perpetua come odio nei superstiti, e pullula in mille modi, contro la stessa volontà di tutti, come sete di vendetta, come cedimento morale, come negazione, come stanchezza, come rinuncia. Queste cose, allora mal distinte, e avvertite dai più solo come una improvvisa ondata di fatica mortale, accompagnarono per noi la gioia della liberazione. Perciò pochi fra noi corsero incontro ai salvatori, pochi caddero in preghiera. Charles ed io sostammo in piedi presso la buca ricolma di membra livide, mentre altri abbattevano il reticolato; poi rientrammo con la barella vuota, a portare la notizia ai compagni. Per tutto il resto della giornata non avvenne nulla, cosa che non ci sorprese ed a cui eravamo da molto tempo avvezzi.
Il comandante sovietico Georgj Elisavetskj ricorda così quel 27 Gennaio 1945
“Ancora oggi, il sangue mi si gela nelle vene quando nomino Auschwitz; Quando sono entrato nella baracca ho visto degli scheletri viventi che giacevano sui letti a castello a tre piani. Come in una nebbia, ho sentito i miei soldati dire: «Siete liberi, compagni!» Ho la sensazione che non capiscano e comincio a parlargli in russo, polacco, tedesco, nei dialetti ucraini. Mi sbottono il giubbotto di pelle e mostro loro le mie medaglie … Poi ricorro allo yiddish. La loro reazione ha dell’incredibile. Pensano che stia provocandoli; poi cominciano a nascondersi. E solamente quando dissi: «Non abbiate paura, sono un colonnello dell’Esercito sovietico e un ebreo. Siamo venuti a liberarvi» […] Finalmente, come se fosse crollata una barriera … ci corsero incontro urlando, si buttarono alle nostre ginocchia, baciarono i risvolti dei nostri cappotti e ci abbracciarono le gambe. E noi non potevamo muoverci; stavamo lì, impalati, mentre lacrime impreviste colavano sulle nostre guance”
29 gennaio 1945 - Telegramma del Generale dell'Armata Rossa Konstatin Vasilevich Krainiukov a Georgij Maksimilianovič Malenkov, membro del Comitato di difesa dell'URSS: "Liberata la regione dei campi di concentramento di Osvenzim (Auschwitz-Birkenau). Orribile campo di morte. A Osvenzim ci sono 5 campi. In 4 erano tenute persone di tutti i paesi d'Europa, il 5° era un carcere. Ogni campo è composto da un terreno enorme,circondato da diverse linee di filo spinato, su cui passa alta tensione elettrica. Dietro si trovano innumerevoli baracche di legno. Tra i sopravvissuti di questo campo di morte ci sono ungheresi, italiani, francesi, cecoslovacchi, greci, romeni, danesi, belgi, iugoslavi. Tutti sono in stato pietoso,ci sono vecchi giovani e bambini, quasi tutti sono seminudi. Ci sono molti cittadini sovietici, da Leningrado, Tula, regione di Kalinin, Mosca, da tutte le regioni dell'ucraina sovietica. Molti sono mutilati, hanno segni di torture, segni di bestialità nazifascista. Dalle prime testimonianze dei prigionieri in questo posto sono state torturate,bruciate,fucilate centinaia di migliaia di persone. Chiedo l'invio della Commissione Speciale Governativa per le indagini sulla bestialità nazifascista."
NELLA FOTOGRAFIA
Soldati dell’Armata Rossa liberano e curano i sopravvissuti di Auschwitz
Tumblr media
39 notes · View notes
solovedreidue · 10 months
Text
Tumblr media
Il posto delle fragole, Ingmar Bergman, 1957
Le fragole e il comune senso del pudore
C'è un bosco, al limitare del grano, uno di quelli come sarebbe la Pianura Padana se non ci fossero gli uomini. È nel terreno dei Meregalli, incolto da anni, abbandonato dalla tradizione contadina e donazione inconsapevole alle fratellanze amorose di paese.
C'è un angolo segreto tra pioppi, cespugli e frasche di canale. Ci vanno sempre quei due, li vedo che si infrattano lenti mano nella mano, giocano, intrecciano, si baciano e ridono. Saltellano, ballano, in braccio!
Premeditano negli occhi complici, condividono e si chinano docili, si adagiano nel sottobosco, a spogliarsi e mangiar fragole nascoste, mentre ascoltano lo sciacquio del canale e delle dita tra la cosce.
Si spremono i frutti, nelle bocche e sulla pelle e ne leccano lo zucchero rosastro, tra sangue e ambrosia nel sudore profumato di pelle.
Hanno gli occhi belli, quando si guardano.
Fanno piano, sempre, hanno profondo rispetto per il silenzio, per i rumori del loro amarsi. Cresce, mugola, respira affannata, fino a quelle urla strozzate di voglia, che restano nell'intimità della vergogna, attutite dal pudore del bosco.
Scherzano su quello sperma nella terra fertile, cercando un baobab ogni volta che tornano. Sempre.
14 notes · View notes
Text
e poi le cose vanno per come devono andare...
diritti e doveri
piaceri
sì ma in genere fanno ingrassare
bisogna essere morigerati
se sono morigerati allora si tratta di
piacerini
piaceretti
già le vedo le labbra strette
tutte le rughette
il viso dell'antipatia
e chi vuol essere lieto sia
ma senza strafare
allora è meglio essere ben educati:
piacere, Maria Carmela,
il piacere è tutto mio
il piacere della vita
biglietto intero accanto al finestrino
il resto andrà
come deve andare
o forse non andrà
starà fermo da qualche parte
attendendo istruzioni
seguendo le indicazioni del senso comune
senso di marcia a destra
niente inversioni a U
con il rosso si sta fermi
oppure si tira il dado
e vedi di quante caselle avanzi
ah! le carte degli imprevisti
e lì deve andare di culo
non è maleducazione
è quel regalo inatteso
la liberazione di un peso
una fortuna desiderata
un messaggio dell'amata
ma può essere una malasorte
una disgrazia, a volte
una tassa da pagare
un tributo da versare
a chi è indisponente
a chi non merita niente
ma il gioco, quello è
non c'è trucco e non c'è inganno
come il tempo che passa anno dopo anno
e inizia un altro giro
la cosa stupida è
che nessuno ti chiede se vuoi giocare
c'è un segnaposto con il tuo nome
e non sai da dove cominciare
nessuno ha il tempo di spiegare
e prima che ti metti a domandare
qualcuno ti dice: tocca a te
ti ritrovi con i dadi in mano
ci soffi sopra con convinzione
e mentre rotolano sei già alla stazione
nessuno scende e inizia un altro giro
qualcuno sorride
qualcuno batte le mani
e vai avanti guardando la meta
e rotolano quelli, dalle facce numerate
come i giorni con le date
ci incitiamo, ci invidiamo,
talvolta non ascoltiamo
quella voglia di barare
anche se si vorrebbe sorpassare
scansare quella pedina
tirare ancora per correggere il tiro di prima
si potrebbe fare di tutto per arrivare
si bara
si bara alla bell'e meglio
senza battere ciglia
senza pudore
facendo gli indifferenti
come chi fa le puzzette in ascensore
e fa finta di niente
perché tutti e nessuno
alla fine sono la stessa cosa
e inizia un altro giro di mano
come gli auguri a Natale
gli auguri d'ufficio
spolverati e corretti
sorrisi professionali
da umani professionisti
una coppia di sei
doppia fortuna
ripasso dal via e ci guadagno
"sei innamorato. stai fermo un giro"
e gli altri girano e sembra tempo sprecato
"guardi il tramonto. vai in prigione"
e se non paghi stai a guardare
e quelli girano senza voltarsi
tutti accaniti verso la meta
"compro una chiave. fatemi uscire"
i dadi rotolano indifferenti
non hanno amici e neanche parenti
"regalo due alberghi, vi faccio le strade
ma per favore non mi mollate"
giocano
giocano i giocatori
quelli improvvisati
quelli intenditori
i saggi e i bevitori
chi calcola i raggi
chi disegna soli
chi certifica menzogne
chi canta preghiere
chi cerca la formula in un bicchiere
ciascuno ha un proprio rito
peccato che arrivati al traguardo
il gioco... è finito
Tumblr media
m.c.m.
12 notes · View notes
espadamiura · 2 years
Text
Tumblr media Tumblr media
Vicentino atipico, non amato abbastanza.
Chi non è passato per la sua libreria forse lo ha intravisto in qualche film anni 70, come Signore & signori, il commissario Pepe, il comune senso del pudore.
2 notes · View notes
basidellislam · 1 year
Text
ISLAM 101: Il Tuo Abbigliamento
I vestiti sono uno fra i benefici che Allah ha riservato agli esseri umani: “O figli di Adamo, abbiamo fatto scendere su di voi un abito che nascondesse la vostra vergogna e per ornarvi, ma l’abito del timor di Allah è il migliore. Questo è uno dei segni di Allah, affinché se ne ricordino!” (Corano 7, 26).
L’abbigliamento secondo l’Islam
L’abbigliamento del credente deve essere bello e pulito, particolarmente nelle relazioni sociali e per l’esecuzione della preghiera, come ha detto Allah l’Altissimo: "O Figli di Adamo, abbigliatevi di bei vestiti prima di ogni orazione” (Corano 7, 31).
Allah ha stabilito che gli esseri umani testimonino i benefici ricevuti da Allah anche rendendo belli i loro vestiti ed il loro aspetto esteriore: “Dì: “Chi ha proibito gli ornamenti che Allah ha prodotto per i Suoi servi e i cibi eccellenti?”. Dì: “Sono leciti per i credenti in questa vita terrena e soltanto per essi nel Giorno della Resurrezione” ” (Corano 7, 32).
I vestiti servono diversi scopi ed utilità per l’uomo.
I vestiti assolvono a diversi scopi:
1) Proteggono dallo sguardo alcune parti del corpo, in ottemperanza al comune senso del pudore, come ha detto l’Altissimo: “O figli di Adamo, abbiamo fatto scendere su di voi un abito che nasconda le vostre parti intime” (Corano 7, 26).
2) Proteggono il corpo dal freddo, dal caldo e dai malanni in generale. Caldo e freddo sono fenomeni naturali che possono nuocere all’uomo. Ha detto l’Altissimo a proposito delle vesti: “Vi ha concesso vesti che vi proteggono dal calore e altre, che vi proteggono dalla vostra stessa violenza. Ha in tal modo completato la Sua benevolenza su di voi, affinché siate sottomessi” (Corano 16, 81).
Regole generali riguardanti l’abbigliamento
L’Islam è la religione che meglio risponde alle necessità degli uomini, quindi le sue regole sono in tutto adeguate alla natura umana (fitrah), alla razionalità ed alla logica evidente. 
Dunque la regola generale è che ogni tipo di abbigliamento modesto è lecito.
Seppure l’Islam non prescrive una forma specifica di abbigliamento, i vestiti devono assolvere al loro compito senza eccedere i limiti stabiliti. Il Messaggero di Allah (pace e benedizioni di Allah su di lui) era solito indossare gli abiti in uso dove abitava e non ordinò né vietò un tipo particolare di abbigliamento. Soltanto vietò alcune caratteristiche particolari nei vestiti; dunque la regola generale negli affari umani – come l’abbigliamento – è che siano tutti permessi, fino a prova contraria. Al contrario degli atti di culto, come la preghiera e il digiuno, dove la regola generale è che nulla si può compiere ad eccezione di quanto è espressamente sancito dalla legge islamica.
Ha detto il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui): “Mangiate, offrite elemosine e abbigliatevi senza eccessi o arroganza” (Nasa’i 2559).
Nonostante l’Islam definisca un codice di modestia non ci sono standard stabiliti rispetto al tipo di abbigliamento che i musulmani devono indossare. I musulmani possono indossare gli stessi tipi di abiti in uso nei loro rispettivi paesi ad eccezione di quelli che l’Islam ha dichiaratamente proibito.
I tipi di vestiti vietati:
1) Vestiti che rivelano le parti intime. Il musulmano deve coprire con i vestiti le sue parti intime: “O figli di Adamo, abbiamo fatto scendere su di voi un abito che nasconda le vostre parti intime” (Corano 7, 26). L’Islam ha stabilito quali siano le parti da tenere coperte (‘awrah) tanto per gli uomini che per le donne. La ‘awrah per gli uomini va dall’ombelico sino alle ginocchia, mentre la ‘awrah della donna, dinanzi agli uomini estranei alla sua famiglia, è tutto il suo corpo, eccetto il volto e le mani. Non è consentito abbigliarsi con vestiti troppo stretti e aderenti, né trasparenti in modo da rivelare le parti del corpo. Per questo motivo il Messaggero di Allah ha ammonito quanti indossano vestiti che rivelano le parti del corpo che si devono tenere coperte: “Due categorie di persone andranno all’Inferno: […] e le donne che sono vestite ma sono come nude”.
2) Le vesti che rendono l’uomo simile alla donna e viceversa: Indossare tale tipo di vestiario costituisce uno fra i peccati maggiori, come pure parlare o atteggiarsi come una donna se si è un uomo o all’inverso. Il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui) ha maledetto l’uomo che indossa vestiti femminili, come pure la donna che indossa abiti maschili (Abu Dawud 4098). Come pure il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui) ha maledetto gli uomini che vogliono apparire come donne e le donne che vogliono apparire come gli uomini (Bukhari 5546). Per maledizione si intende il rifiuto e l’allontanamento dalla misericordia divina. Quindi l’Islam vuole che l’uomo rispetti la sua natura e le sue peculiarità maschili come pure la donna le sue caratteristiche femminili; questo nel rispetto della naturale disposizione (fitrah) che Allah ci ha dato e nel rispetto della razionalità.
3) Gli abiti che imitano i vestiti particolari dei miscredenti, come quelli che indossano i monaci ed i preti; indossare la croce o qualunque altro simbolo di un’altra religione o di un gruppo deviato. Ciò in base alla parola del Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui): “Chi imita un popolo, diventa parte di esso” (Abu Dawud 4031). L’imitazione di questo tipo è un segno evidente di smarrimento e debolezza di carattere e mancanza di fiducia nella verità che si possiede. Non fa parte invece dell’imitazione l’indossare abiti acquistati nel paese dove si vive, anche se tali abiti sono utilizzati in larga misura da miscredenti. Infatti il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui) vestiva allo stesso modo dei politeisti fra i Quraysh, ad eccezione di quanto è espressamente vietato.
4) Le vesti che si indossano per manifestare orgoglio ed arroganza. A tal proposito ha detto il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui): “Non entrerà in Paradiso chi ha anche solo un atomo di arroganza nel suo cuore” (Muslim 91). Perciò l’Islam vieta agli uomini di trascinare i vestiti e di avere vesti lunghe oltre le caviglie, facendo questo in segno di orgoglio ed arroganza. Ha detto il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui): “Nel Giorno del Giudizio, Allah non rivolgerà lo sguardo a chi trascina le sue vesti con orgoglio” (Bukhari 3465, Muslim 2085). L’Islam vieta ugualmente gli abiti chiamati libaas ash-shuhrah, cioè vestiti troppo eccentrici e che attirano l’attenzione della gente per la loro stravaganza o provocano repulsione per la loro forma o per i colori o che vengono indossati per farsi notare e per orgoglio. Il Messaggero di Allah (pace e benedizioni di Allah su di lui) ha detto a tal riguardo: “Chi indossa abiti stravaganti per attirare l’attenzione della gente, nel Giorno della resurrezione Allah lo vestirà con abiti umilianti” (Ahmad 5664, Ibn Majah 3607).
5) I vestiti in cui ci sia oro o seta naturale sono vietati agli uomini, come ha chiarito il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui): “Questi due elementi [oro e seta] sono vietati agli uomini della mia comunità, mentre sono leciti alle donne” (Ibn Majah 3595, Abu Dawud 4057). La seta vietata agli uomini è quella pura naturale, prodotta dai bachi da seta
6) Gli abiti prodotti con eccesso e spreco. Ha detto il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui): “Mangiate, bevete e vestitevi senza sprechi né arroganza” (Nasa’i 2559). Tuttavia vanno considerate le diverse situazioni, per cui il ricco può acquistare abiti che il povero non può permettersi, visto il diverso livello di ricchezza e rango sociale. Perciò un tipo di abito può essere adatto per un ricco, ma diventerebbe uno spreco per un povero.
1 note · View note
lamilanomagazine · 1 year
Text
Campobasso: "La vita di chi resta", Ti racconto un libro ospita Matteo B. Bianchi
Tumblr media
Campobasso: "La vita di chi resta", Ti racconto un libro ospita Matteo B. Bianchi. Presentato al Premio Strega 2023 Matteo B. Bianchi è il protagonista del secondo appuntamento della rassegna a firma dell’Unione Lettori Italiani e del Comune di Campobasso. Con lui si apre il ciclo di incontri “Scritti di cuore – l’amore e le parole per raccontarlo”. Storia di una vita che se ne va e di una che resta. Un addio che per venticinque anni risuona nella testa, e che rende chi resta un sopravvissuto. Matteo B. Bianchi fa ai suoi lettori un dono di straordinaria gravità, che trasuda futuro e speranza da ogni pagina nonostante provenga dalle pieghe di un dolore indicibile. La vita di chi resta è un libro di rara bellezza e straordinario coraggio che inaugura il ciclo di incontri Scritti di cuore – l’amore e le parole per raccontarlo, nell’ambito di Ti racconto un libro 2023, il laboratorio permanente sulla lettura e sulla narrazione promosso e realizzato dal Comune di Campobasso e dall’Unione Lettori Italiani, con la direzione artistica e organizzativa di Brunella Santoli e il patrocinio della Provincia di Campobasso, dedicato all’amore e ai sentimenti. Nei mesi che seguono la morte di S., Matteo scopre che quelli come lui, parenti o compagni di suicidi, vengono definiti sopravvissuti. Ed è così che si sente: protagonista di un evento raro, di un dolore perversamente speciale. Rabbia, rimpianto, senso di colpa, smarrimento: il suo dolore è un labirinto, una ricerca continua di risposte – perché l’ha fatto? -, di un ordine, o anche solo di un’ora di tregua. Per placarsi tenta di tutto: incontra psichiatri, pranoterapeuti, persino una sensitiva. E intanto, come fa da quando è bambino, cerca conforto nei libri e nella musica. Ma non c’è niente che parli di lui, nessuno che possa comprenderlo. Lentamente, inizia a ripercorrere la sua storia con S. – un amore nato quasi per sfida, tra due uomini diversi in tutto -, a fermare sulla pagina ricordi e sentimenti, senza pudore. Ecco perché oggi pubblica questo libro, perché allora avrebbe avuto bisogno di leggere un libro così, sulla vita di chi resta. Ma c’è anche un altro motivo: “In me convivono due anime” scrive, “la persona e lo scrittore”. La persona vuole salvarsi, lo scrittore vuole guardare dentro l’abisso. Per vent’anni lo scrittore che c’è in Matteo ha cercato la giusta distanza per raccontare quell’abisso. E quando si è trovato nel punto di equilibrio, da lì, da quella posizione miracolosa, ha scritto queste parole, che, seppur lucidissime, sgorgano con la forza e la naturalezza dell’urgenza, dimostrando ancora una volta come la scrittura possa ancora salvare. L’incontro con l’autore è in programma giovedì 27 aprile alle ore 18.30 nel Circolo Sannitico di Campobasso. Con lui dialogherà Sabrina Lembo. Il prossimo appuntamento con Ti racconto un libro è con Marco Drago, scrittore, musicista, e giornalista che venerdì 12 maggio, alle ore 18.30 nella Sala Alphaville di via Muricchio a Campobasso, presenterà Innamorato un romanzo che mette a nudo la passione e i sentimenti maschili, attraverso una confessione sincera che non cede mai all’autocommiserazione e che con lucidità e distacco non sfoca le ragioni e la potenza degli altri personaggi e del mondo attorno. Un affresco asciutto e ironico sull’essere adolescenti nella profonda provincia italiana degli anni Ottanta, accompagnato dalla musica, la moda e gli stili di vita di un decennio indimenticabile per chi l’ha vissuto.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
0 notes
canalugi · 1 year
Text
comune senso del pudore
Ormai io son navigato, ho visto tanti mari politici in questo disgraziato paese, ma ho ancora voglia di mettermi nei panni di un/una giovane e sbirciare attraverso questo sguardo nuovo: ho visto le sconcezze Renzi-Calenda e mi son vomitato pure l’anima. Dio! Ancora che provo nausea di fronte a dei politici! Non basta tutto il vomito versato?! Allontanate da me questo calice amaro per favore e…
View On WordPress
0 notes
io-pentesilea · 5 years
Text
Tumblr media
Spudorato!!!
Pentesilea
10 notes · View notes
toscanoirriverente · 3 years
Quote
In un’epoca nella quale l’ideologia fondamentale del mondo progressista è divenuta il politicamente corretto, e il politicamente corretto stesso è diventato il verbo dell’establishment, non stupisce che la censura di ogni espressione disallineata sia diventata una tentazione per la sinistra, e la lotta contro la censura una insperata occasione libertaria per la destra. Ma è un errore in entrambi i casi. Silenziare, oggi, chi viola il politicamente corretto non è più nobile di quanto lo fosse, ieri, silenziare chi offendeva “il comune senso del pudore”. Le idee e gli atteggiamenti che non ci piacciono si combattono con altre idee e modi di essere, non impedendo agli altri di esprimersi. Una società moderna, aperta e non bigotta, non può lasciare a una sola parte politica l’esclusiva della difesa della libertà di espressione. Perché la libertà non è né di destra né di sinistra, ma è il principio supremo del nostro vivere civile.
Luca Ricolfi e Paola Mastrocola, “Manifesto della Libera Parola“
41 notes · View notes
abr · 3 years
Text
I Neo BenPensanti (legge) Zen
Quelli che bisogna esser buoni, corretti e bene educati per legge, ohhh yeahhh, se no qualcuno potrebbe rimanere offeso... allora lo Stato sanzioni ohhh yeaaahhh ...  
chissà come protesterebbero se ci fosse (ancora) la galera per chi bestemmi, ohhh yeahhh ...  
Sono i NEO BEN-PENSANTI REAZIONARI: rispetto ai loro nonni cambia solo il contenuto, cioè i canoni del “comune senso del pudore” corrente da difendere assolutamente, mentre le pratiche FASCISTE che li caratterizzano non cambiano. 
Nell’estetica del KITSCH in cui sono immersi, il non conforme va fatto tacere, va tolto dalla vista, eliminato con le buone (la famosa “AUTOCRITICA”)  o con le cattive. 
Sarebbero solo problemi loro se non fossero autentici FASCISTI IGNORANTI quindi VIOLENTI, contro chi non la pensi come loro. Come il Gran Sacerdote del Sinedrio, prototipo del REPROBO REAZIONARIO, appena incrocino il disallineato che deneghi o anche solo si distragga o scordi i NUOVI MANTRA DEL LINGUAGGIO APPROVATO DI GENDER, SEX AND RACE (= “comune senso del pudore corrente”), si stracciano le vesti, s’offendono, diventano aggressivi come BEGHINE. E chiamano la Forza Pubblica che li tuteli, essendo incapaci di ribattere per ignoranza e paura (da pecore). 
24 notes · View notes
corallorosso · 3 years
Photo
Tumblr media
Minority Report di Marco Travaglio L’altra sera, mentre guardavo la tragicomica puntata di Report sulle gesta di un piccolo traffichino, l’Innominabile, e di un grande criminale, il Pregiudicato, pensavo a ciò che accadrebbe in un altro Paese subito dopo una trasmissione così. Il presidente della Repubblica diramerebbe una nota per comunicare che mai più in vita sua riceverà i due soggetti in questione per motivi di igiene personale. Il premier, a stretto giro, li inviterebbe a lasciare la maggioranza e il governo con i loro ministri, sottosegretari, portaborse, boiardi, boiardini, per evitare che seguitino indisturbati a inquinare le istituzioni, la vita pubblica e il comune senso del pudore. A cominciare dalla cosiddetta ministra Gelmini, che ancora il 30 giugno 2020, nell’aula della Camera, rilanciava la bufala del giudice Amedeo Franco costretto dai colleghi cattivi a condannare B. contro la sua volontà, con queste parole: “Quella contro Berlusconi non fu una sentenza ma un’esecuzione politica, molto probabilmente pilotata da chi voleva estromettere il leader di Forza Italia dalla vita italiana”. L’Ordine degli avvocati convocherebbe l’esimio professor Coppi per sapere se risponda al vero ciò che afferma il suo cliente B. in un audio da lui registrato, e cioè che nell’estate 2013 il noto principe del foro si recò in compagnia di Gianni Letta dal primo presidente della Cassazione Giorgio Santacroce per parlare dell’imminente sentenza definitiva del processo Mediaset; e, in mancanza di adeguate spiegazioni difficili da immaginare, lo espellerebbe dall’albo. Poi, ove mai esistesse, l’Ordine dei giornalisti prenderebbe la combriccola di pennivendoli al servizio dei Servizi e/o del Caimano beccati da Report a dossierare e contar balle, e li iscriverebbe in blocco all’Ordine dei Camerieri (senza offesa per questa incolpevole categoria). Il Copasir convocherebbe su due piedi il Rignanese per domandargli che ci facesse il 23 dicembre, dopo una visita a Verdini a Rebibbia e un appello a Conte perché mollasse la delega ai Servizi, nella piazzola dell’autogrill di Fiano Romano in compagnia dell’alto dirigente del Dis Marco Mancini, scampato due volte alla giustizia grazie al segreto di Stato (apposto anche dal suo governo) nei processi sul sequestro Abu Omar e sui dossieraggi Telecom, essendo la sua versione sui “babbi natalizi” alla crema e al cioccolato credibile quanto quella su Bin Salman. E, siccome Salvini l’ha difeso dicendo che lui di 007 ne incontra a decine, verrebbe convocato pure lui, sempreché il presidente abusivo del Copasir, il salviniano Raffaele Volpi, che non schioda per non cedere il posto a FdI, fosse d’accordo. Ma per fortuna siamo in Italia. Novità su Fedez e su Pio e Amedeo?
5 notes · View notes
raffaelealbo · 3 years
Text
Patel et al., "Beauty and the Mask"
Capita spesso che in coda alle casse ci si perda un po' via. La musichetta indistinta che fa da sottofondo alla ricerca degli sconti, le liste semi-infinite da cui scappano sempre beni fondamentali, il tripudio di prodotti di pulizia che mi lasciano sempre perplesso. Se poi, come spesso capita, la lista è fatta da altri familiari, Google deve correre in aiuto. Per capire cosa fossero "le svizzere", o strane marche che hanno smesso di essere prodotte nel '95, spesso nemmeno Google basta, e la solenne massima "chiedi e ti sarà dato" diventa la maledizione dei commessi e delle commesse. Così, alla fine delle capitalistiche fatiche di destreggiarsi tra sconti-non-così-sconti e la tentazione di nascondere un amaro per le lunghe sere d'inverno nelle altrettanto lunghe pieghe dello scontrino, la mente placidamente vaga nei pensieri più stupidi, e capita di soffermarsi ad ascoltare le conversazioni tra chi sta in cassa e i clienti. La cosa bella di un piccolo paese è che, conoscendosi un po' tutti, si può tranquillamente indugiare in chiacchere e racconti anche imbustando con cura le uova. Di solito si parlava del più o del meno, del tempo, delle offerte a punti, della presunta bontà della zucca in offerta. Da marzo scorso, vuoi perché l'unico luogo di socialità a lungo concesso è stato appunto la corsia del supermercato, vuoi perché dopo quaranta anni che fai la spesa nello stesso posto di che cazzo vuoi parlare ancora e la zucca ti fa pure un po' cagare, la pandemia è entrata di rigore nelle brevi ciacole tra le zucchine pesate male e i surgelati di cui non si legge il codice a barre. Una volta, mentre vagavo pensando alla situazione geopolitica della mensole (o meglio, il livello di entropia che potevo permettermi prima che "Una democrazia possibile" mi cadesse in testa), la discussione cominciò a vertere sui "vantaggi delle mascherine". 
Poter sbadigliare in pubblico, facile, veloce, senza l'imbarazzo di mostrare le vergogne che solo un gastroenterologo o un dentista dovrebbero vedere. Poter combattere la brevità della pausa pranzo continuando a masticare con lieve pudore mentre si rientra a lavoro. Un buon modo per proteggersi dal freddo senza sembrare un ladro in passamontagna o un motocilista fallito. Un notevole risparmio in rossetto, lucidalabbra e burro cacao. Mentre tornavo a casa, carico di borse e già pentendomi dell'amaro alla liquirizia in offerta, ci riflettei meglio. Da marzo, tra social distancing e mascherine, addio all'alito cattivo altrui e all'ansia repressa del "forse ho sbagliato a mangiare aglio olio e peperoncino prima di uscire". O arrivederci alla fatica di dover decifrare i segni imbarazzati che altri ti fanno per segnalare la scomoda presenza di un pezzettino di prezzemolo tra i tuoi denti. Ma soprattutto, addio alla fatica di perfezionare i sorrisi finti incontrando persone. Basta un ghigno alla Joker che in qualche modo arrivi fino agli occhi e hai vinto. Tu gli auguri la morte e lui non se ne accorgerà nemmeno. Oppure il poter, con un labiale degno dei migliori film muti, insultare Sant'Ableberto, vescovo di Cambrai e Arras, senza che l'eventuale interlocutore se ne accorga, soprattutto se ti sta chiedendo per la decima volta "Scusami, sai per caso dov'è il LavaInCera leggero al Cedro?". O il poter canticchiare per strada senza che un seriamente preoccupato automobilista si fermi ad accertare le tue condizioni psicofisiche, soprattutto dal momento in cui l'ala di psichiatria fa da sfondo alle tue perfomance canore. Poi, sì, sono scomode come la merda e chi porta gli occhiali credo passi metà del suo tempo a insultare lo sventurato che, mangiando un pangolino, ci ha condannati a tutto questo. Però dai, alle volte sono anche belline. Da quelle un po' imbarazzanti col Leone di San Marco (di cui una è da me gelosamente conservata come prova del nazional-provincialismo veneto) ci siamo evoluti. Paiette e macchie di leopardo per le signore che non temono la propria età, squadre del cuore per vecchi aficionados, loghi aziendali per i dipendenti modello, personaggi dei cartoni animati per i bambini. Ogni tanto capita che ti dimentichi pure di averla addosso, e finisci a tentare di riscaldarti le mani con il fiato, ritrovandoti pieno di vergogna e ringraziando il cielo che solo la tua mascherina e le brutte azalee che ci sono ritratte sopra ti hanno visto. E ha pure reso felici i chirurghi estetici. Uno potrebbe pensare che le operazioni alla parte bassa del volto siano aumentate. Nelle settimane dopo un'iniezione di botox, di solito, le labbra non sembrano belle e levigate canoe venezuelane, ma petroliere texane che si sono un po' lasciate andare. Prima, indossare una mascherina così a caso per strada ti faceva sembrare un igienista dentale uscito di fretta da lavoro. Ora, con il botox ben nascosto dal Leone di San Marco, sei solo un bravo cittadino che rispetta i DPCM. E dopo la pandemia potrai dare il merito a impacchi di zenzero o ad altre cure naturali miracolose. E invece no. Essendo gli occhi l'unica parte visibile agli estranei, è proprio lì che si stanno concentrando le operazioni. C'è un altro vantaggio mascherato. Molto tempo fa, nel breve periodo in cui le biblioteche sono tornate aperte, stavo facendo pausa con un altro studente, in un momento di comune disperazione. Commentando la nuova bibliotecaria, se da parte mia il "è un sacco carina" stava a significare, da bravo omosessuale che alle volte si dimentica che per un etero le parole hanno altri significati, la sua disponibilità, la gentilezza, la simpatia, per l'altro "carina" era nel suo vero significato etimologico. "Si ma no". Nel senso, con la mascherina, era figa, senza, no. E mi raccontò di quante altre volte questa stessa situazione si era presentata. E a quanto pare, è vero. Accompagnato dal liquore alla liquirizia (fa schifo, ma piace), ho scovato questa ricerca in cui dimostrano che, con mezza faccia coperta, siamo tutti più fighi.
6 notes · View notes