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#librerie dell’usato
gregor-samsung · 2 years
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“ Moby Dick è il romanzo a cui sono tornato più spesso. A ogni lettura mi sorprende la cialtronaggine, il genio imbroglione, la noia mortale di una costruzione romanzesca che non ha eguali. Appoggiato alla finestra qualche giorno fa mi chiedevo chi, oggi, sarebbe in grado di sopportare la noia di certi capitoli. Io! direi al professore. È la quarta volta che lo sopporto, me ne dia un’altra! Tagli di carne, squartamenti, spiegazioni dettagliate degli squartamenti; navi che passano sopra a banchi di pesci che ignorano i banchi di navi che si incontrano per urlarsi dietro offese e poi brindare assieme. Pesci che ignorano queste navi. Piccoli pesci sui fondali; ma anche enormi pesci sui fondali totalmente indifferenti alla monomania di Ahab, di Ishmael, di Stubb. Il cielo sopra di loro è indifferente ai loro dolori. Non c’è dolore in Moby Dick, né patimento. C’è solo l’enorme sofferenza degli esseri umani di fronte al buco nero della natura e del loro destino. L’esaltazione positivistica per il corpo della balena, per lo scheletro della balena, le sue misure, non è altro che il taglio perfetto della dismisura dei desideri degli uomini del Pequod, abbandonati per quarantotto mesi al largo delle coste di ogni continente per fare profitto, per portare a casa olio e spermaceti a costo della loro stessa vita, e a costo delle follie di un capitano che pianta una gamba sul ponte ogni notte per scrutare il mare e trovare il suo mostro, quel mostro che, quella gamba, gliel’ha portata via con un balzo, e che renderà orfani tutti. “
Giovanni Spadaccini, Compro libri - anche in grandi quantità. Taccuino di un libraio d’occasione, UTET, 2021. [Libro elettronico]
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Studenti non frequentanti: istruzioni per l’uso.
Inizia la mia personale guida per gli studenti non frequentanti e, in particolare, per quelli che oltre a studiare, lavorano. Partiamo da prima del principio.
FASE 1: Avete deciso di iniziare l’università anche se al momento state lavorando.
1.       Verificate che la vostra università non includa corsi a frequenza obbligatoria (lo stesso vale per laboratori, tirocini, esercitazioni, seminari, ecc.) Potete farlo consultando il sito dell’università. Se non riuscite a trovare questa informazione allora:
2.       Iscrivetevi ai gruppi sui social. Gli studenti si organizzano specialmente su facebook (e whatsapp, ma qui dovrete farvi invitare da qualche collega) quindi usate il motore di ricerca e iscrivetevi a tutti i gruppi degli scorsi anni. Ci vorrà un po’ per farvi accettare in alcuni di questi gruppi (anche diversi mesi, ma in quel caso forse il gruppo non è molto attivo), quindi iniziate per tempo. Una volta entrati chiedete informazioni ai vostri senpai sul tipo di università: siate gentili e concisi, non fate mille domande rischiando di non ricevere alcuna risposta.
3.       Avete scoperto che questa è proprio l’università che fa per voi? Ottimo! Verificate come si fa ad iscriversi e, se c’è un test d’ingresso, quando si tiene e le modalità per parteciparvi. ATTENZIONE: leggete bene il regolamento del test, potreste scoprire risvolti inaspettati (es: nel mio test serviva un punteggio minimo per evitare di dover frequentare obbligatoriamente uno dei corsi. Ovviamente in quel caso non mi sarei potuta iscrivere).
4.       Preparate bene il test d’ingresso. Questo è ovvio, ma intendo sottolineare l’importanza di studiare con metodo: scoprite come è strutturato l’esame, quali argomenti saranno presenti e valutate di comprare un manuale per prepararvi in maniera più accurata (si trovano anche nelle librerie dell’usato, è un investimento che mi sento di consigliare). ATTENZIONE: controllate accuratamente le scadenze per pagamenti e iscrizioni!
5.       Avete passato il test! Congratulazioni! Ora non vi resta che completare l’iscrizione e passare alla fase successiva!
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pangeanews · 6 years
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“Mai comprato un libro perché lo devo leggere… comunque, oggi è quasi tutta fuffa”: dialogo con Luigi Mascheroni, l’uomo da 20mila libri
Ogni tanto mi manda le fotografie delle sue ultime ‘prede’. Pochi giorni fa mi invia la copertina de Il solstizio di giugno di Henry de Montherlant. Sa che mi morderò gli alluci per l’invidia. Quando mi dice che lo ha pagato due euro, mi disintegro le falangi con il ‘Meridiano’ del Doctor Faustus di Thomas Mann. Io e Luigi Mascheroni, micidiale firma de il Giornale, siamo agli antipodi: lui ama il contenitore io il contenuto, lui la forma io il senso, lui la copertina del libro io cosa c’è scritto dentro. Posso passare ore alle fatidiche bancarelle dei libri tormentato dall’amletica domanda, lo leggerò? non lo leggerò?, senza comprare nulla; Mascheroni invece, Diabolik della bibliomania, afferra e va via. Ha ragione ‘Gigi’, ovviamente, l’estetica è tutto, io sono un bilioso reazionario che ancora pensa alla scrittura… Così, quando mi dice che “sono arrivato a 20mila libri!”, gli dico, fermi tutti. Faccio qualche rapido calcolo a mente. 20mila libri diviso 30 anni (suppergiù) di devota ‘caccia’ libraria fa un numero magnetico, diabolico, anzi: 666,6 libri all’anno, cioè una media di due libri comprati – o rubati – al giorno. Esulto – il numero diabolico mi stimola l’estro – facciamo una intervista! Quella di ‘Gigi’, in effetti, mi pare una ossessione che sfocia nel romanzesco. Mascheroni, uomo tutto d’un pezzo, alto, elegantissimo fino allo snobistico cinismo, raffinato fino allo sfottò, intelligente come una faina, editore per sfizio e per vanto, devoto al libro – che è lì, chiuso, una seduzione di innumerevoli possibilità – più che all’uomo – che è sempre lo stesso: banale, corrotto, mentitore – pare una creatura libresca che si libra per il mondo sorniona, l’incarnazione di un fulminante epigramma di Carlo Dossi. Se non fosse che sono certo che già ce l’ha, nei precordi della sua biblioteca infinita, regalerei a Mascheroni un Sellerio del 2006, Delle tesorerie dei re, firmato John Ruskin: il grande inglese, che non aveva molta fiducia nella facoltà intellettuale umana (“le menti della maggior parte degli uomini sono invero poco più che lande desolate di sterpaglie… la prima cosa da fare, per il bene loro e per voi stessi, è di appiccarvi subito il fuoco, bruciare tutta la giungla, sì da renderla un fecondo mucchio di ceneri”), sapeva che “il libro, nella sua essenza, non è una cosa che parla, ma una cosa scritta; e scritta non con la finalità della mera comunicazione, ma della permanenza”. Con 20mila libri, in fondo, Mascheroni si garantisce un viaggio di 20mila leghe sotto l’ottusità dominante, si prenota l’immortalità: la sua casa ne contiene altre 20mila, la sua vita si riverbera in migliaia – un libro chiuso, emblema dell’unica perfezione possibile nel mondo corrotto, è l’avvio di una avventura, il precipizio nell’avvenire, l’unico tempo degno di essere perduto; il mondo corre e tu sei lì, avvinghiato in una festa ferale di frasi, simili a pitoni, a desiderare il prossimo libro, una leccornia. (d.b.)
Ventimila volumi: dove li tieni? Cosa pensano di te i tuoi eredi? Come può sopportarti tua moglie?
Li tengo in casa, perlopiù: un’unica libreria rigorosamente in legno di ciliegio cileno. Calcoliamo 150 libri a scaffale, in doppia fila, per sette pareti su due piani di appartamento, sotto la sala e sopra lo studio, in tutto fanno 140 scaffali, aggiungendo tre grandi armadi strapieni in redazione e la parte di libri sul cinema nella vecchia casa di famiglia, siamo a ventimila libri. Millennio in più, Meridiano in meno… Cosa dicono i miei figli? Quando torno a casa, ogni giorno, con uno, due, tre libri nuovi, davanti ai loro sguardi di rassegnata disapprovazione cerco di giustificarmi dicendo “Lo faccio per voi! Vi lascerò un patrimonio economico (più che culturale…) straordinario! Vi renderò ricchi!”. Ma non ci credono, naturalmente. Meno di tutti mia moglie. Ma con lei è più facile: se mi rinfaccia la mania dei libri io faccio lo stesso con la sua. Le scarpe.
Immagini in esclusiva della fatidica libreria privata di Luigi Mascheroni. Al momento, è impedito l’accesso al pubblico.
Ventimila volumi: ti ricordi il tuo primo libro? E il libro numero 100? E il millesimo? E il decimillesimo? E l’ultimo che hai comprato?
Avendoli tutti accumulati personalmente, senza aver ereditato alcunché – soltanto rubato qualcosa a mio fratello maggiore, essendo il furto da sempre la fonte di approvvigionamento principale della mia biblioteca… – certo che mi ricordo il primo libro, o comunque uno tra i primissimi, sul quale ho fondato la mia collezione. Era alla fine del liceo: il “Manfred” di George Gordon Byron nell’edizione dei Quaderni della Fenice della Guanda. Gliel’aveva fatto leggere il suo professore di inglese al Liceo, che da lì a poco sarebbe stato anche il mio. Franco Buffoni, insegnante straordinario peraltro. Un bell’inizio, no? Tra l’altro la veste grafica di quei Quaderni è meravigliosa, se ne trovo qualcuno in giro lo compro. Il numero 100, mille, diecimila, no… quelli non me li ricordo. Anche perché non li ho mai contati, solo fatto calcoli approssimativi. L’ultimo invece è di stamattina: Il solstizio di giugno di Henry de Montherlant, edizioni Akropolis del 1983. Ho una certa predilezione per la letteratura della collaborazione… i Brasillach, i Céline, i Drieu, i Rebatet… Comunque l’ho pagato due euro a un bouquiniste di piazza Cordusio, qui a Milano.
Dove li compri i libri? Ti guida il masochismo bibliografico, il sadismo, il feticismo, cosa? Ma poi: t’importa ciò che c’è scritto dentro?
Li compro sulle bancarelle, appunto. Poi nelle librerie dell’usato o antiquarie, qualcosa su Maremagnum o eBay – dove si possono trovare ancora cose belle a pochi euro, la gente spesso non sa cosa vende – poi alle fiere e ai mercatini, il posto più divertente: è dove i libri trovano te, non tu i libri. Poi molto, e parlo delle novità, mi arriva dalle case editrici per il mio lavoro di giornalista, ma tengo davvero poco. La maggior parte di quello che esce oggi, diciamo nove libri su dieci, è fuffa… Cosa mi guida nella scelta? Nella stragrande maggioranza dei casi l’eleganza o la particolarità della veste editoriale. Possiedo decine e decine di libri della Rizzoli e della Mondadori degli anni Settanta e Ottanta che mai mi verrebbe in mente di leggere, ma che colleziono perché hanno le copertine disegnate da John Alcorn o Ferenc Pinter… Oppure, cito a caso, i libri delle vecchie edizioni Fògola di Torino, quei libri con la sovraccopertina muta in carta velina… Gli autori erano Vintilă Horia, Astolphe de Custine, Guido Ceronetti… L’importante è che siano copie perfette: senza strappi, segni, tagli. Altrimenti non li considero. Anche per questo motivo il contenuto è secondario. Mai comprato un libro perché lo devo leggere. Lo compro prima di tutto perché mi piace come oggetto, poi posso anche sfogliarlo… Sì, credo sia puro feticismo.
Un gioco. Il libro che ti è costato di più e quello che hai pagato due centesimi.
La mia è una collezione di quantità, prima che di qualità. È un accumulo malato, irrazionale, disorganico e disordinato. Non ho mai speso tantissimo per un solo libro, è più facile che lo stesso giorno spenda moltissimo per diversi libri. Sì, certo. Ho pagato un po’ per una copia immacolata della prima edizione Corbaccio del 1938 di Bagattelle per un massacro. Che peraltro non ho mai letto. E anche per una copia con dedica del Poema a fumetti di Buzzati. Che ho soltanto sfogliato. È molto più divertente pagare pochissimo i libri rari o introvabili. Mi succede spesso. Qualche settimana fa – per dire – ho trovato in una libreria famosa di Milano, specializzata in modernariato, una copia del libro di Oreste Del Buono La nostra età, in edizione comunissima, la collana Nuovi Coralli di Einaudi, anno 1974. Niente di che. Però io tutto quello che trovo di Del Buono lo compro – non chiedermi perché – e istintivamente l’ho preso in mano, anche se ce l’ho già. E nel foglio di guardia c’era un elaboratissimo disegno a penna Bic di Del Buono, una caricatura molto curata e molto bella, siglata OdB. Il libro era prezzato cinque euro, perché il libraio non se ne era accorto. Io correttamente – e non è da me – gliel’ho fatto notare. Ma lui correttamente me l’ha fatto pagare come l’aveva valutato. Ma devo dire che sono un suo cliente fedele. Un’altra volta un amico mi ha chiesto di valutargli la biblioteca del nonno, che voleva vendere. Io l’ho messo in contatto con un antiquario, che poi gli ha rilevato tutto in blocco. Però prima mi sono fatto regalare una cinquantina di pezzi. I più pregiati, ovviamente. Lì sono stato molto meno corretto…
Il libro che ami di più. E quello che non sopporti, ma di cui non puoi fare a meno.
Il libro che amo di più – dal punto di vista editoriale – è il “Libro illeggibile” di Bruno Munari stampato nell’officina grafica di Giorgio Lucini. Lucini peraltro è appena morto, qualche giorno fa… Quando andavo a trovarlo nel suo studio-laboratorio finivo che stavo male. Avrei voluto possedere tutto. Come quando andavo nello studio di Franco Sciardelli, altro maestro stampatore… Poi alla fine cercavo di evitare, mi veniva mal di testa, cattivo umore, depressione… Vedere cosa c’era in quegli scaffali, senza poterlo avere, era come essere in una pasticceria senza soldi. O alla finale di un concorso di bellezza senza non potere toccare le miss… Meglio stare a casa. Ah, il libro che non sopporto… La conosci la storia della prima edizione italiana de Il codice da Vinci di Dan Brown? Esce nel novembre 2003 per Mondadori. Nel retro della sovraccopertina c’è una foto di Dan Brown seduto con alle spalle un quadro raffigurante una maschera elaborata. Poi anni dopo si sparge la voce che questa prima tiratura del libro sia diversa dalle successive in cui la foto dell’autore è cambiata: Dan Brown è in piedi, con dietro un orologio. Non è che sia rarissima quella copia, però in futuro potrebbe diventarlo. La tengo, con pochissima convinzione. E comunque non ho mai letto il romanzo. Sono il tipico intellettuale snob. Detesto per principio tutto ciò che vende, ha successo o è di moda.
L’autore defunto di cui ti vanti di possedere l’opera omnia. Meglio. L’autore defunto a cui sei devoto. E il vivente che ti piace di più leggere.
Il defunto più vivo di tutti è Sua Magnificentia Carlo Emilio Gadda. Ho tutto ovviamente, anche se non tutto in prima edizione… Dovessi leggere e rileggere solo un autore nella vita, è lui. Poi compro anche ogni edizione che trovo delle opere di Kafka: tra brossura e tascabili i Racconti ad esempio li avrò in venti edizioni diverse, anche di più. Perché? Non lo so. Ma continuo a comprarle… Tra i viventi? Parlo degli italiani. Arbasino, Ceronetti e il primo Busi, diciamo fino a Sodomie in corpo 11. Al massimo Altri abusi… Dopo basta. Per il resto, non credo di avere finito di leggere con soddisfazione un solo premio Strega dopo Sillabario di Parise, anno 1982. Sì, dài: La chimera di Vassalli, 1990…
Senti, ma… ti dessero da dirigere Tempo di Libri, la prima cosa che faresti è…?
“Tempo di Libri” temo purtroppo che non si rifarà… Esperienza finita. Siamo praticamente a settembre e ancora nessuno ha detto niente della prossima edizione… strano, no? Secondo me vogliono chiuderlo. Peccato, io ci avevo creduto tantissimo. Milano quando si muove è micidiale: un paio d’anni per rodare e poi sarebbe diventato un evento che avrebbe reso obsoleto il polveroso, stanco e sempre uguale a se stesso Salone del Libro di Torino. E invece le vecchie logiche del culturame italico, le abitudini rassicuranti, le paure degli editori e soprattutto l’ideologia progressista – in realtà il massimo del conservatorismo – che avvolge fino all’asfissia il mondo intellettuale italiano, hanno fatto passare l’idea distorta che Milano fosse il simbolo negativo di un libro succube del Mercato e dei manager mentre il salone di Torino il simbolo esemplare del libro come vera Cultura degli scrittori e dei lettori. Con risultato che, affossato Tempo di libri, si perde l’occasione di una vera grande fiera per tutti, moderna efficiente e internazionale: non ideologica, pesante e provinciale come Torino, che può portare al Lingotto anche venti premi Nobel eppure resta sempre una manifestazione con una mentalità casalinga che non riesce a uscire dal tinello Einaudi-Radio3-pagine culturali di Repubblica-talk show de La7… Ma tant’è. Mentre il Paese sta andando da tutt’altra parte, il salottino del libro rimane fermo alla prima Repubblica. Intesa non solo come forma di governo…
L’editore del passato che ti piace di più. E quello di oggi. 
Gli editori di ieri sono tanti: la Longanesi quando era di Longanesi, ovviamente. E la collana i “Centolibri”. L’Einaudi che si inventava la collana “Centopagine” con la grafica di Bruno Munari. Il vecchio Saggiatore (e un po’ anche il nuovo) delle Silerchie, ad esempio. La Rusconi di Cattabiani. La vecchia Vallecchi. La vecchia Bietti che ora è rinata e fa ancora cose molte belle. E tra gli editori di oggi, dal punto di vista dell’attenzione alla qualità materiale oltre che dei testi, il più bravo è Vincenzo Campo con la sua Henry Beyle, anche se volutamente resta una casa editrice per bibliofili e lettori fortissimi. Poi ci sono sigle molto ben strutturate dal punto di vista imprenditoriale che portano avanti progetti editoriali interessanti, come Sur per la letteratura latino-americana. E poi ci sono piccoli editori molto agguerriti, e coraggiosi. Mi vengono in mente Historica o Gog, che ritirano fuori cose molto belle per la saggistica, la politica e certa letteratura dimenticata del ’900, Raffaelli per ciò che riguarda la poesia, e poi Italo Svevo, Giometti & Antonello…
Il libro che vorresti fosse studiato nelle scuole. E quello scolasticamente sopravvalutato. 
Vado controcorrente: e cito quello che moltissimi reputano scolasticamente sopravvalutato e che io invece vorrei fosse continuamente studiato nelle scuole. E sono I promessi sposi. Come mi disse una volta in un’intervista Cesare De Michelis, gli scrittori italiani ormai scrivono un romanzo ogni due anni. Manzoni scrisse un romanzo solo perché sapeva che lì dentro c’era tutto.
Ho un vago presentimento. I libri che non riesci a trovare li fai stampare: o dai raffinati tipi De Piante – casa editrice che hai fondato con due amici – o da Aragno, per cui curi una anomala collana. Ergo: cosa fai stampare prossimamente?
Sia la De Piante editore sia Aragno ragionano in modo inverso rispetto al mercato editoriale. Tutti dicono: faccio libri che vendono, cercando di farli anche belli. Noi invece facciamo libri belli, poi se vendono meglio. Nino Aragno mi dice sempre, e non è solo una battuta: “Mascheroni, mi raccomando! Se i libri che decidiamo di fare poi vendono anche, abbiamo sbagliato tutto… Se piacciono a troppi, non sono buoni libri!”. A lui non interessa fare business, a lui interessa restare nella storia dell’editoria. E infatti lo è già… Mentre il pay off della De Piante editore è: “Pochi libri per pochi”. E ho detto tutto. Comunque, per Aragno, dopo aver ripubblicato gli elzeviri di Emilio Cecchi, Firenze, e l’Ideario di Giuseppe Prezzolini, usciremo a breve – tra l’autunno e l’inverno – con i reportage di viaggio di Piero Chiara per la prima volta raccolti in volume, e una straordinaria raccolta di tutte le interviste italiane di Ezra Pound… Mentre con De Piante pubblichiamo a breve alcune lettere inedite di Leonardo Sciascia, con in copertina una foto del grande Ferdinando Scianna, e poi un elogio del vino di Gianni Brera, ritrovato dal figlio Paolo… Ti piace l’idea?
L'articolo “Mai comprato un libro perché lo devo leggere… comunque, oggi è quasi tutta fuffa”: dialogo con Luigi Mascheroni, l’uomo da 20mila libri proviene da Pangea.
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acquagalaxies · 6 years
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7, 13, 32, 77 💖💖
7 .Luogo preferitoLe librerie dell’usato, assolutamente (se non si era capito, le librerie sono il mio habitat naturale™️). Non so, hanno sempre esercitato un certo fascino su di me ahahah Vi è una ad esempio nei pressi di una città vicina a dove abito io, ed il bello di questi posti non è solo che costa tutto relativamente poco (ed infatti ogni volta che ci vado tento di arraffare il più possibile), ma anche perchè si trovano testi/edizioni che difficilmente trovi in altri posti ormai (difatti molta della roba che trovo laggiù risale ai tempi di quando si usava ancora la lira).
13. Rapporto con i tuoi genitoridirei che è abbastanza profondo. Ci confidiamo, parliamo molto tra noi (benedetta mia mamma che ha la pazienza di sorbirsi i miei discorsi sui classici della letteratura/poeti) e ci confrontiamo su vari argomenti, e con loro sento di potermi confidare su certi problemi e chiedere consiglio. Certo, i litigi non mancheranno comunque, mai ahahah
32 Se potessi incontrare qualcuno, chi sarebbe?- Carsten Lepper, uno dei musical actors che adoro in assoluto, e Thomas Hiddleston (vederli in scena è sempre fantastico). Incontrarli di persona e poter parlare con loro sarebbe meraviglioso (se ci scappa l’autografo ancora meglio lol).- Ma sopratutto vorrei incontrare le meravigliose persone che ho trovato qui su tumblr (compresa te 💖🌈)
77 Sono lisci o ricci i tuoi capelli?Sono lisci :D
(ti ringrazio tantissimo per l’ask ❤)
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Come riutilizzare le casse di vino: alcune facili idee di riciclo creativo!
Come riciclare le casse di vino con il fai da te per creare elementi utili ed originali
A volte basta davvero poco per personalizzare la propria casa e realizzare mobili ed elementi fai da te personalizzati che le conferiscano carattere. Uno degli elementi più adatti da riutilizzare per creare oggetti di arredamento esclusivi sono le casse di vino in legno. Belle, eleganti e resistenti, vediamo come riutilizzare le casse di vino con qualche semplice nozione di fai da te.
Come riutilizzare le casse di vino in legno
Per riutilizzare le casse di vino non serviranno grandi rielaborazioni; la cassetta andrà sicuramente trattata con la carta vetrata per rimuovere eventuali schegge di legno e se inserita all’esterno andrà rivestita con uno spray protettivo per il legno. Sostanzialmente avrete bisogno di carta vetrata, chiodi e martello se avrete intenzione di appendere le cassette e vernice acrilica adatta per il legno se vorreste dipingere il fondo della cassa.
Come dipingere le cassette di legno
Dopo aver levigato le casse di vino, sarà giunto il momento di colorarle a piacimento. Le alternative sono molteplici; è possibile colorarle con tonalità pastello per ottenere uno stile più moderno, utilizzare una finitura per legno a base olio, ricoprirla con la tecnica decoupage o dipingerla con l’effetto decapato tipico dello stile Shabby Chic. Nel caso si scelga una finitura a base olio saranno necessarie 24 ore per far asciugare e assorbire la pittura. Personalmente trovo funzioni molto l’accostamento di più colori in sintonia suddivisi in triangoli o forme geometriche. A scelta anche se dipingere interamente la cassetta di legno oppure solo una sezione della stessa, come il fondo o i lati.
Arredare con cassette di vino
Librerie, mensole, composizioni per l’ingresso di casa, comodini, tavolini…creare mobili con cassette di vino è un’idea sempre utile e d’impatto. Ad esempio si potrebbe creare una libreria con cassette di vino, un progetto fai da te tanto semplice quanto geniale. Per realizzare una libreria con le casse di legno basterà munirsi di 3 casse di vino di dimensioni differenti, bloccarle una sopra l’altra alternando posizione orizzontale con posizione verticale e se necessario dipingere il fondo con i colori per il legno. A scelta ovviamente, si potranno impiegare più casse di vino per ottenere una libreria più grande. Nello stesso modo si potranno creare mensole con cassette di vino, (o cubi pensili), ideali per contenere piantine, piccoli oggetti decorativi oppure piatti e tazze se posizionate in cucina. Un’idea che trovo decisamente interessante consiste nel realizzare un mobile d’ingresso low cost assemblando varie casse di legno di dimensioni diverse. Una cassa sarà destinata a contenere lo specchio, su un’altra cassa potrete applicare 4/5 gancetti all’estremità superiore per appendere le chiavi di casa, su un’altra potrete semplicemente riporre gli ombrelli o posizionare i soprammobili che più vi piacciono.
Creazioni con cassette di vino
Le cassette di vino saranno ideali per realizzare elementi utili nel quotidiano. Ad esempio, aggiungendo due manici in pelle al coperchio di una scatola di vino si potrà ottenere un pratico vassoio in legno, perfetto per servire un drink agli amici. Oppure, se avete a disposizione una cassetta di legno abbastanza grande potrete trasformarla in una panca, una cuccia per gli amici a 4 zampe, un portariviste personalizzato o un contenitore utile per riporre gli asciugamano in bagno.
Dove trovare le cassette di legno del vino
Per trovare le preziosissime cassette del vino vi consiglio di rivolgervi a qualche enoteca nei pressi di casa, oppure andare a fare un giro nei mercatini dell’usato, o se proprio non le trovate da nessuna parte potranno essere acquistate online ad un prezzo abbastanza contenuto. Altrimenti toccherà aspettare che qualche amico ci regali un vino pregiato per poi riutilizzare la cassetta che lo contiene!
Se stavate cercando alcune idee originali con le cassette di legno siete finiti nel posto giusto! Lasciatevi ispirare e iniziate a pensare a come riutilizzare le casse di vino per arredare casa!
via Blogger http://bit.ly/2BCPatx
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kindlyasocial · 6 years
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Buongiorno #readers! Oggi rispondo allo #step2 della #novemberunicornbookchallenge! 🦄 Oggi si parla di libri neri ⚫️ 📖 #twilightsaga 📖 #laragazzadeltreno 📖 #shoppingconjaneausten 📖 #milkandhoney 📖 #tredici 📖 #ilmetodo1533 - Rispondo anche alla #10thingsthatmakemehappy in cui sono stata taggata da @martinatodini, che ringrazio 😘 🔹 Librerie dell’usato 🔹 leggere 🔹 leggere in lingua 🔹 i miei fratelli 🔹 i miei gatti 🔹 i miei cani 🔹 fare fotografie 🔹 dormire fino a tardi 🔹 il Natale 🔹 nuotare - I tag sono in foto - Un bacio e ci leggiamo al prossimo post😘 #bookgeek #bookstagram #bookish #booklover #bookblogger #bookblog #nikonphotography #bookphotography #likeforlike #followme
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mariantranslature · 7 years
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Ricordo che quando visitai la cittadina inglese di Oxford per la prima volta mi sembrò enorme, elegante, affascinante, piena di vitalità; forse mi sarebbe piaciuto viverci, magari anche solo per un po’.
Ma da allora è passato tanto tempo, più di un decennio. Quando vi sono ritornata in tempi molto più recenti, non per un viaggio di piacere, mi è sembrata molto più piccola di quanto ricordassi, coperta da una nube grigiastra, e ho avuto la sensazione che quasi tutta la vita cittadina fosse concentrata attorno all’antico e affermato centro accademico. A parte questo, quasi nient’altro che mi abbia colpito. Persino quello che chiamano il Castello mi ha dato l’impressione di essere poco più che una  fortezza non ben amalgamata con l’ambiente circostante. Ma sono sicura che non sia così. Sono certa che le sensazioni, le percezioni e le esperienze guidino il nostro modo di vedere e conoscere le cose, le persone, i frammenti del mondo. Sono certa che quella nube grigiastra sia venuta fuori da me, almeno in parte. Forse è anche colpa del fatto che io non veda né osservi più le cose e le persone con il filtro dell’essere “straniera”, non perché non lo sia più in questo paese ma perché lo sono in modo diverso rispetto a come lo ero prima.
Di certo Oxford rimane una delle piacevoli tappe per i lettori, un luogo da visitare. Qui i libri e le librerie abbondano. Vale la pena passare dalla Blackwell, forse il negozio di libri più grande del posto (ma non ne sono sicura), per perdersi fra scaffali, titoli e volumi di vario tipo. Tuttavia, camminando per una delle vie principali piene di negozi  con le solite insegne, mi sono infilata in una stradina e ho trovato una piccola libreria indipendente, piena di carte e nastrini colorati, fiori, profumi e suppellettili. Lo spazio è abbastanza limitato, vi si trovano non molti libri nuovi ma c’è una discreta selezione dell’usato, soprattutto di antiche o rare edizioni, pezzi da collezione, alcuni tenuti meglio di altri e accuratamente incellofanati. Si vendono persino cartoline da usare come segnalibro ad un modico prezzo, nuove o vecchie. Nel secondo caso queste avranno il timbro di una data del passato e vi si leggeranno messaggi altrui, poiché saranno state inviate da e per luoghi lontani nello spazio e nel tempo. Ne ho prese in mano alcune e ho letto quello che vi era scritto sopra, ho fatto finta che qualcuno le avesse inviate a me, quasi appropriandomi di un frammento della vita di qualcun altro. È possibile che su una di queste io abbia letto una frase, qualcosa che sembra essere stata presa in prestito da un libro di Tabucchi. Non c’era nessuna firma, nessun nome, solo una lettera, forse un’iniziale.
Saluti. Stremati dalla fatica, non sappiamo dove andare,  estranei nelle nostre città.
A presto. A.
È possibile che io abbia letto questa frase, oppure che l’abbia appena immaginata.
  Lettori per strada: Oxford Ricordo che quando visitai la cittadina inglese di Oxford per la prima volta mi sembrò enorme, elegante, affascinante, piena di vitalità; forse mi sarebbe piaciuto viverci, magari anche solo per un po'.
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effemerideitalia · 7 years
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Piccola guida alle librerie antiquarie e dell’usato di Roma
Piccola guida alle librerie antiquarie e dell’usato di Roma
Nel 1929 Stefan Zweig scrisse il racconto Buchmendel (Mendel dei libri) per rendere omaggio alla cultura e raccontare uno dei pilastri della società di allora: il libro. Il personaggio, Jacob Mendel,trascorreva le giornate all’interno del Caffè Gluck leggendo (conosceva tutti i libri ed era in grado di procurarseli) e ignorando la vita circostante, al punto di non rendersi conto dello scoppio…
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downtobaker · 7 years
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In ricordo di Giovanni Arpino
In ricordo di Giovanni Arpino
di Alberto Schiavone
Nel gennaio 2017, a Milano, dove si vende il venti per cento del totale dei volumi in Italia, la quantità dei libri di Giovanni Arpino in giacenza nelle librerie cittadine è di circa trenta pezzi. Arrivano a sessanta comprendendo il canale dell’usato. L’indagine, allargata alla città adottiva dello scrittore, Torino, raddoppia il risultato. Nel caso di quest’ultima sono le…
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gregor-samsung · 2 years
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“ Avevo sedici o diciassette anni, lo ricordo perfettamente, e timidissimo giravo per le vie della città dopo la scuola con il libro che stavo leggendo al momento e che mi sarei portato in autobus, sottobraccio, ma con la copertina girata verso di me, in modo che risultasse invisibile al curioso. Il pudore e la timidezza si univano a una forma di vanità e di civetteria neanche troppo sottile, dalla grana grezza e grossa. Mi chiedevo se qualcuno si sarebbe mai chiesto cos’era quel tascabile Einaudi, o quel piccolo Adelphi, ragionavo domandandomi quello che altri avrebbero potuto domandarsi. Magari in quel modo mi sarei fatto un amico, o avrei conosciuto una ragazza. E se avessi portato in giro un libro di un formato appena più grande, uno di quelli che allora costavano caro, cosa si sarebbero chiesti?, mi chiedevo. Ora, se capita, la tengo dritta invece la copertina, dritta in faccia (cioè sul fianco, camminando) a chi vuole sapere cosa sto leggendo, se mai esiste qualcuno curioso di un tale piccolo particolare, perché ormai ho imparato che non interessa a nessuno, se non a quelli che ancora guardano le copertine dei libri per la pura curiosità di farlo. Ho imparato con gli anni a far cuocere la posa nel pragmatismo, e a dissolverla quanto più possibile. Più cultura, meno erudizione, come avrebbero detto i Romantici tedeschi. Ma, a ben vedere, no: meno erudizione e anche meno cultura. Tutto meno, o quasi. Meno posa, meno erudizione, meno cultura, meno pragmatismo – però più luce, amici, più luce. “
Giovanni Spadaccini, Compro libri - anche in grandi quantità. Taccuino di un libraio d’occasione, UTET, 2021. [Libro elettronico]
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gregor-samsung · 2 years
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“ Quest’uomo di cui conosco solo il cognome e lo status di pensionato mi racconta di aver comprato un appartamento sopra a quello dove hanno abitato tutta la vita solo per metterci i suoi libri, che sono quasi ventimila. Vorrei darne via un po’, dice, stanno lassù a prender polvere e a marcire e non mi sembra giusto. Venga quando vuole, conclude. Subito!, dico io. E così ci troviamo in strada, io e lui, un pomeriggio d’inverno, in marcia verso una legione di ventimila volumi. Un ascensore per invalidi ci porta direttamente dentro al secondo appartamento, che lui, forse per umiltà o forse per la ragione che scoprirò dopo, non chiama mai biblioteca, come forse sarebbe opportuno, ma solo appartamento, anzi, l’appartamento. Gli unici mobili che potrebbero ricordare un appartamento, tuttavia, sono un grosso tavolo tondo da pranzo (pieno di libri in alte file) e un lungo divano da salotto (occupato per due terzi da enormi volumi d’arte e biografie di santi e politici del passato). Il resto della casa, che è grande, cinque stanze ampie, è occupato solo da scaffalature di legno chiaro con le ante a vetri e la serratura. È una raccolta splendida e molto varia, con centinaia di prime edizioni e di libri di pregio, intere collane e volumi in tiratura limitata di minuscole case editrici. Mi racconta che per un periodo di circa vent’anni non passava giorno in cui non comprasse un libro, e più spesso non era uno solo, ma cinque o persino dieci nei giorni di grande fame, ma che poi restavano lì, e il lavoro e la moglie e la suocera gli impedivano di leggerli. Ne ho letto qualcuno, mi racconta, qualche romanzo e dei saggi di storia, ma li ho presi con la promessa di leggerli tutti un giorno e adesso eccomi qui a venderli. Guardi: di Goethe, per esempio, ho tutte le opere in quattro edizioni diverse, e così di Shakespeare e di Leopardi, ma a parte L’infinito e il Werther non saprei dire cosa contengono. Gadda: ho le opere complete nella Spiga Garzanti e tutti i libri singoli in prima edizione, tutti comprati da librai come lei o da antiquari sparsi per l’Italia. Mai letto uno. Lì c’è tutta la Biblioteca della Pléiade Einaudi, completa: ho iniziato Chateaubriand ma poi mia suocera si è ammalata e non volevo portarmelo dietro in ospedale perché è un libro piuttosto raro, dice. In uno scaffale più basso che non avevo notato c’è la filosofia: da Platone a Wittgenstein. Ci sono testi che ho inseguito per anni senza avere i soldi o l’occasione per comprarli, testi classici con commenti di filosofi celebri e qualche prima edizione rara. Dimenticavo di dire, anche se forse si sarà capito, che tutti i libri erano – sono – perfetti, assolutamente come nuovi, proprio perché mai sfogliati. Questa biblioteca, sogno di ogni collezionista-­lettore di libri del Novecento, è un monumento alla pigrizia e alla procrastinazione, una dichiarazione di amore e di fastidio. Guardandomi intorno, mi chiedo se forse questa raccolta non sia il risultato del lavoro di un suggeritore, perché davvero non rie­sco a capire come si possa conoscere la storia delle edizioni di così tanti libri senza minimamente avere idea di ciò di cui quei libri parlano. Di fronte alla collezione completa dei Centolibri di Longanesi, mi racconta una serie di aneddoti sui consulenti che l’avevano messa in piedi, sul numero esatto dei volumi in programma, sulle traduzioni, salvo poi alla fine confessare di averne aperti solo uno o due per controllare che non avessero segni. Ma, poi, la cosa che assolutamente mi lascia stupefatto è che quando arriva a dire mai aperto mai letto non so che sia non lo fa con tono dispiaciuto o rassegnato ma al contrario, quasi con orgoglio. Continuiamo a parlare per un’altra mezz’ora e lui, che ha una voce sottile e un accento emiliano fortissimo, mi porta in giro per le stanze e ogni tanto estrae un volume dagli scaffali e lo appoggia da qualche parte. È un uomo lento, anche nei ragionamenti, ma lo seguo senza fretta, e lo assecondo. Dentro di me spero, ma so che non sarà così, di portarmi a casa un bel po’ di belle cose, quelle che lui con quello strano orgoglio mi mostra, o non mi fa nemmeno vedere. Per esempio, un bellissimo Montaigne di Adelphi non me lo fa nemmeno toccare, salvo poi dire come sempre: ah, mai aperto, non so che sia. L’Estetica di Croce, prima edizione Laterza, me la sventaglia davanti al naso ma poi la ripone subito, e chiude la piccola anta di legno con la chiave. Io continuo a girare per l’appartamento e lo sento armeggiare di là. Non riesco a staccare gli occhi dagli scaffali, pieni dei libri che mi piacciono di più, e che non trovo mai. Nel frattempo, lui mi ha preparato alcune cose che vorrebbe vendere. C’è il Marx della NUE Einaudi (Il Capitale, 4 volumi in cofanetto), i Diari di Dostoevskij di Garzanti, i Quaderni di conversazione di Beethoven e diverse prime edizioni italiane. Cerco di prendere terreno, di portare via altro, ma lui è irremovibile: voleva vendere e ora, di fronte al fatto quasi compiuto, non vuole vendere più. Mia moglie per tutta la vita mi ha rimproverato per questa biblioteca, dice, mi ha sgridato ogni sera per vent’anni e per vent’anni mi ha tenuto il muso ogni volta che rientravo con un sacchetto di libri a casa. Ho dovuto prendere questo appartamento per non farmi vedere ed evitare così il conflitto quotidiano e i litigi, che mi snervano. Ma il problema è che questi libri marciranno, non li vorrà più nessuno, e mia moglie li butterà via quando sarò morto, e ormai, sa, non ho più molto tempo, nemmeno per leggere, e venire su costa fatica. Ma poi, diobono, quando mai leggerò La guerra del Peloponneso, le Lezioni di filosofia della storia, Guerra e pace? Ho anche un garage pieno di altri libri, li vuole vedere? “
Giovanni Spadaccini, Compro libri - anche in grandi quantità. Taccuino di un libraio d’occasione, UTET, 2021. [Libro elettronico]
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gregor-samsung · 3 years
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“ Maicol riunisce tutto quello che considera libro in un’area precisa del magazzino appena davanti alla porta, e l’impressione è quella di una totale disgrazia, di un mucchio di spazzatura accumulata senza ordine o logica. Alle mie spalle noto solo ora una vecchia toilette con lo specchio e le bacinelle crepate e lo smalto arrugginito ed eroso. Sotto di essa, un piccolo esercito di bambole di plastica senza occhi e vestiti sorveglia cieco notte e giorno quella piccola discarica di oggetti abbandonati e recuperati per essere venduti. Maicol ha l’aria del ragazzo buono di campagna, quello a cui nemmeno dieci anni in una grande città potrebbero scalfire le opinioni e le abitudini ormai cristallizzate. È più giovane di me, ma se dice che ormai sono quindici anni che raccoglie cose vuol dire che non ha finito la scuola o che non l’ha frequentata affatto, ma non sarebbe questo il punto. Quello che mi colpisce di lui, e che tradisce più volte durante la nostra visita, è una forma di calma indifferenza a tutto. Muove come un giocoliere la sua caterva di oggetti, di fronte a due potenziali acquirenti, con assoluto disinteresse: non gli importa che, mentre sposta un cartone facendolo strisciare sul pavimento, un fascicolo anni trenta del Touring Club va così completamente stritolato e strappato contro il cemento; così come non pare interessargli che in quel mucchio di manifesti ce ne siano anche due di Adriano Spatola, rarissimi, buttati a terra a prendere umidità. Non gli interessa, e non vuole interessarsene. Parrebbe quasi una forma di regressione, come se l’aver passato gli anni decisivi nella vita di un uomo a raccogliere gli scarti altrui avesse trasformato lui stesso in uno scarto, in un rottame da maneggiare senza cura e indifferentemente. Se penso a lui non riesco a immaginarmelo con degli amici, che so, a una serata in un ristorante chiacchierando del più o del meno; non riesco neanche a figuramelo mentre esce con una ragazza o la accompagna per qualche commissione. Se mi concentro su di lui, ora che è passata qualche settimana da quell’unica volta in cui ci siamo incontrati, riesco chiaramente a vedere il suo stato di assoluta solitudine ed estraniamento: non ci sono amici per lui, o una compagnia di frequentazioni, o dei genitori da cui tornare nei momenti di difficoltà, ma solo clienti, quelli da cui preleva gli oggetti che andrà ad ammucchiare e quelli ai quali li venderà. “
Giovanni Spadaccini, Compro libri - anche in grandi quantità. Taccuino di un libraio d’occasione, UTET, 2021. [Libro elettronico]
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