Tumgik
#follia profonda
frammenti-di-ametista · 6 months
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Infatti lei era soltanto un'ombra, un'ombra che voleva restare nascosta.
- Follia profonda - Wulf Dorn.
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rivoluzionaria · 1 year
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Jorge Luis Borges sosteneva che gli antichi greci furono i primi a pensare, ci hanno dato la poesia, la scienza, la filosofia razionale, che tutta la cultura a noi pervenuta nel corso dei secoli derivi dai greci.
I filosofi greci distinguevano l’amore in 12 tipologie diverse a seconda delle diverse emozioni umane e sfumature del sentimento:
Agape (αγάπη)
Agape è l’amore incondizionato, anche non ricambiato. Va al di là delle forze umane, è un amore puro e senza alcuna aspettativa. Viene utilizzato nei vangeli e nella religione.
Eros (έρως)
Eros è la tipologia di amore più conosciuta. Dio greco della fertilità, il suo tipo di amore rappresenta quello passionale, il desiderio carnale. Veniva definito in termini di irrazionalità, perché il desiderio ardente avrebbe potuto portare alla follia.
Philia (φιλία)
Philia indica un tipo di amicizia profonda. Amicizia come vincolo di fiducia e lealtà, come fondamenta di un rapporto solido e suggellato dalla bellezza della condivisione. Amare ed essere amati.
Storge (στοργή)
Storge è l’amore nei confronti della famiglia o dei parenti, tipico dei consanguinei, deriva da “stergo” che significa amare teneramente.
Philautia (φιλαυτία)
Philautia è l’amore per sé stessi, l’amor proprio, fonte di perfezionamento e benevolenza è definito come forma di egoismo positivo.
Mania (μανία)
Mania associato all’amore è il desiderio incondizionato di amare e possedere, l’amore tossico che vive (apparentemente) solo attraverso il possesso di ciò che brama, il partner come oggetto del desiderio. Distruttivo.
Charis (χάρις)
Charis è forse la tipologia d’amore più ambita tanto quanto appagante: idilliaco. Entrambi i partner si amano allo stesso modo, sia fisicamente che spiritualmente.
Himeros (ἵμερος)
Himeros è l’amore che arde di desiderio fisico, impulsivo, irrefrenabile, l’amore folle. Desiderio carnale, non ascolta ragioni e va appagato nell’immediato.
Anteros (αντέρως)
Anteros, fratello di Eros (si narra fossero inseparabili) è l’amore corrisposto con il rispettivo coniuge/compagno e indica la stabilità sentimentale.
Pragma (πρᾶγμα)
Pragma è associato all’amore maturo di lunga data, ma anche al compromesso e alla pazienza. Fare uno sforzo per dare amore piuttosto che solo per riceverlo.
Pothos (Πόθος)
Pothos è la personificazione del rimpianto e del senso di nostalgia che si prova quando una persona amata è lontana. È anche identificato con l’amore adolescenziale, l’infatuazione, il desiderio prima dell’incontro.
Thelema (θέλημα)
Thelema è l’amore nei confronti di ciò che si fa, il proprio lavoro, il piacere di fare qualcosa, il desiderio voler fare e non è rivolto quindi ad una persona.
— manuela g.
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surfer-osa · 23 days
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Ultimo attuale corpo sonoro.
Io: le canzoni d'amore spesso sono imbarazzanti, scontate e francamente limitanti.
Poi diversi anni fa ho sentito questo pezzo e ho cambiato idea.
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Una rosa per ogni verità che ho di Te, Amore mio.
Bufera, profonda, e della mia personale disgrazia pubblico tribunale. Sei la via delle nascite in seno all’infinito, nella bellezza infinita di ogni figlio che viene alla luce. Sei l’oblio dell’estasi di giugno, verginità cieca del primo ansimare, sei sussurro nell’ambra delle vene, costante. Unica verità di esistenza, sei tutta l’impazienza di libertà di questo mondo, Amore mio.
Amore mio, sei l’infarto della mia rabbia e il rancore acerbo del mio liquore: assassinio fecondo, in apocalisse, furia di vendetta e furore di cancro, sei alba al Tuo cancello nelle notti intrappolate, avviluppate alle reti bianche della memoria di Noi due, Amore mio. Amore mio, sei l’impero del male e la fonte di ogni bene; sei ripetizione di ogni mio gesto. In attesa di nuovo destino appartieni alla mia follia e alla mia anima come io appartengo all’Inferno.
Né santo né martire né padre sapranno spiegarmi; ma guardami, Amore mio, Amore mio che sei sempre stata l’unica parte di me disposta a migliorarmi. Guardami, e sarà gioia celeste il Tuo destino. Né santo né martire né padre sapranno spiegarmi; ma guardami, Amore mio, Amore mio che sei sempre stata l’unica parte di me disposta a migliorarmi. Guardami, per trovarTi, come fosse morire.
Una rosa per ogni verità che ho di Te, Amore mio: ma come quando la verità viene urlata e sembra non faccia più alcuna differenza.
Ora, Ora che sai, Dimentica.
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Da: SGUARDI SULL'ARTE LIBRO QUARTO - di Gianpiero Menniti
ATOPIA
Parola di origine greca, "ἀτοπία", può significare dislocarsi, essere fuori posto. Direi, essere al di là di ogni luogo. Direi ancora, lasciarsi trasportare in un "non luogo". Questa irrazionale dimensione, appartiene all'amore, la follia più profonda che l'essere umano possa ospitare. E la più seducente dalla quale farsi prendere, come Platone ammette nel "Simposio": «La follia dal Dio proveniente è assai più bella della saggezza d'origine umana». Perchè Dio? Per i greci e per la cultura religiosa antica, il divino è indeterminatezza. Pertanto, il sacro era un'espressione di separatezza, distanza, divaricazione: tale doveva mantenersi, poichè la contaminazione tra l'umano e il divino causa la perdita di ogni legame con la realtà. Tuttavia, come ogni follia, come ogni dimensione sacra, l'amore ci abita, resiste in un abisso enigmatico, oscuro, impenetrabile: non possiede parole che non siano infondate, deliranti, indecifrabili. Gli amanti s'immergono in un mare senza luce. Smarriscono ogni contatto con il luogo della presenza e scoprono il reale del pre-umano nel quale l'Io è inerme. La donna angelo, cantata nei versi del "Dolce Stil Novo", rappresentava la ripresa dell'ancestrale tramite tra l'umano e il divino: figura capace di indicare la soglia d'accesso alle stanze della follia. Ma indispensabile guida. Senza di essa, il poeta diviene colui che più rischia: passa la soglia, avendo per compagna solo la sua fragilità. Come il Socrate narrato da Platone: vittima dell'atopia in chi è chiamato, con verità, a evocare l'amore attraverso le parole. Sempre inadeguate. Sempre povere. Come Penìa, madre di Eros. Come l'immagine che coglie un istante di separatezza dal mondo. Come corpi che vibrano all'unisono. Come lo sguardo ormai perduto di colei che scelse la dolcezza della morte alla crudeltà dell'assenza. Sempre inadeguate. Sempre povere. Eppure, faticose tracce, scavate a mani nude in un baratro, terribile e meraviglioso.
- Robert Doisneau (1912-1994): "Bacio davanti all’hotel De Ville", 1959 - Egon Schiele (1890-1918): "L'abbraccio" o "Gli amanti", 1917, Österreichische Galerie Belvedere, Vienna - Amedeo Modigliani (1884-1920): "Ritratto di Jeanne Hébuterne", 1918, Collezione privata, Parigi - In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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donaruz · 19 days
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Un’armonia mi suona nelle vene” di Alda Merini
“Un’armonia mi suona nelle vene,
allora simile a Dafne
mi trasmuto in un albero alto,
Apollo, perché tu non mi fermi.
Ma sono una Dafne
accecata dal fumo della follia,
non ho foglie nè fiori;
eppure mentre mi trasmigro
nasce profonda la luce
e nella solitudine arborea
volgo una triade di Dei”.
Apollo e Dafne
Bernini
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pavel-strelnikov · 1 year
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Toni Bentley, The Surrender
"Prendendolo nel culo ho imparato davvero tanto, forse la cosa più importante di tutte: come abbandonarmi. Dall'altro buco, invece, ho imparato solo come sentirmi usata e poi lasciata. L’inculata trascende tutti gli opposti, tutti i conflitti (positivo e negativo, alto e basso, superficiale e profondo, piacere e dolore, amore e morte) e li unifica, li rende un tutt’uno. Chi l’avrebbe mai detto? Se mi chiedessero di scegliere un solo luogo dove essere penetrata per tutto il resto della vita, sceglierei il culo. La mia fica ha subito troppe ferite a causa di false aspettative e ingressi senza invito, di movimenti troppo egoisti, troppo superficiali, troppo veloci o troppo inconsapevoli. Il mio culo, che conosce solo lui, conosce solo la beatitudine. La penetrazione è più profonda, più completa: viaggia sull'orlo della follia."
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rioseight · 6 months
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: Non ci sono più barriere da attraversare. Tutto ciò che ho in comune con l'incontrollabile e la follia, la depravazione e il male, tutte le mutilazioni che ho causato e la mia totale indifferenza verso di esse; tutto questo ora l'ho superato. La mia pena è costante e affilata, e io non spero per nessuno un mondo migliore, anzi voglio che la mia pena sia inflitta agli altri, voglio che nessuno possa sfuggire. Ma anche dopo aver ammesso questo non c'è catarsi: la mia punizione continua a eludermi, e io non giungo a una più profonda conoscenza di me stesso. Nessuna nuova conoscenza si può estrarre dalle mie parole. Questa confessione non ha nessun significato.
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Jorge Luis Borges sosteneva che gli antichi greci furono i primi a pensare, ci hanno dato la poesia, la scienza, la filosofia razionale, che tutta la cultura a noi pervenuta nel corso dei secoli derivi dai greci.
I filosofi greci distinguevano l’amore in 12 tipologie diverse a seconda delle diverse emozioni umane e sfumature del sentimento:
Agape (αγάπη) - Agape è l’amore incondizionato, anche non ricambiato. Va al di là delle forze umane, è un amore puro e senza alcuna aspettativa. Viene utilizzato nei vangeli e nella religione.
Eros (έρως) - Eros è la tipologia di amore più conosciuta. Dio greco della fertilità, il suo tipo di amore rappresenta quello passionale, il desiderio carnale. Veniva definito in termini di irrazionalità, perché il desiderio ardente avrebbe potuto portare alla follia.
Philia (φιλία) - Philia indica un tipo di amicizia profonda. Amicizia come vincolo di fiducia e lealtà, come fondamenta di un rapporto solido e suggellato dalla bellezza della condivisione. Amare ed essere amati.
Storge (στοργή) - Storge è l’amore nei confronti della famiglia o dei parenti, tipico dei consanguinei, deriva da “stergo” che significa amare teneramente.
Philautia (φιλαυτία) - Philautia è l’amore per sé stessi, l’amor proprio, fonte di perfezionamento e benevolenza è definito come forma di egoismo positivo.
Mania (μανία) - Mania associato all’amore è il desiderio incondizionato di amare e possedere, l’amore tossico che vive (apparentemente) solo attraverso il possesso di ciò che brama, il partner come oggetto del desiderio. Distruttivo.
Charis (χάρις) - Charis è forse la tipologia d’amore più ambita tanto quanto appagante: idilliaco. Entrambi i partner si amano allo stesso modo, sia fisicamente che spiritualmente.
Himeros (ἵμερος) - Himeros è l’amore che arde di desiderio fisico, impulsivo, irrefrenabile, l’amore folle. Desiderio carnale, non ascolta ragioni e va appagato nell’immediato.
Anteros (αντέρως) - Anteros, fratello di Eros (si narra fossero inseparabili) è l’amore corrisposto con il rispettivo coniuge/compagno e indica la stabilità sentimentale.
Pragma (πρᾶγμα) - Pragma è associato all’amore maturo di lunga data, ma anche al compromesso e alla pazienza. Fare uno sforzo per dare amore piuttosto che solo per riceverlo.
Pothos (Πόθος) - Pothos è la personificazione del rimpianto e del senso di nostalgia che si prova quando una persona amata è lontana. È anche identificato con l’amore adolescenziale, l’infatuazione, il desiderio prima dell’incontro.
Thelema (θέλημα) - Thelema è l’amore nei confronti di ciò che si fa, il proprio lavoro, il piacere di fare qualcosa, il desiderio voler fare e non è rivolto quindi ad una persona.
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petalididonna · 1 year
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CALMA
 
 
Calma.
Permetti che le tue mani
incontrino i loro antichi rettili
perché scivolino
come serpenti
nella profonda foltezza dei miei capelli.
 
La cupola del mio tempio
è l’ambito che racchiude
la sacrosanta arca dell’alleanza.
Le mie orecchie, i minareti
per i cantici più umidi
della tua lingua.
 
Inverti l’ordine
dall’alto verso il basso
fai la tua strada di ladrone
scendendo dalla volta
appeso alla più lunga delle mie ciglia.
 
Sullo scivolo del collo
sdrucciola come il saggio che cerca inutilmente
la quadratura del cerchio
e lanciato fuori di te stesso
percorri la valle tesa
che giace tra i miei due seni
 
Nella sorgente del mio ombelico
deposita un bacio mercuriale
che s’ingarbugli nei labirinti profondi
per dove si arriva alla stessa memoria
del ventre di mia madre
 
Da lì in poi
lasciati guidare dalla follia
dall’avarizia del tuo palato
dalla tua vocazione di esploratore
in cerca del Centro della Terra
 
Sii il minatore che tentoni
scopre le venature del sale
che il mare dimenticò negli antri femminili
dove la vita ha il suo rifugio.
Afferrati all’umida rosa dei venti
più potente degli uragani dei Caraibi
o dei maremoti del Pacifico
 
Calma la tua sete e le tue furie in me
nel profondo del muschio e delle alghe
che gemendo ti restituisce
alla breve, eterna sicurezza
del paradiso perduto.
Gioconda Belli.
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La spiaggia, Cesare Pavese
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"La notte, quando rientravo, mi mettevo alla finestra a fumare. Uno s'illude di favorire in questo modo la meditazione, ma la verità è che fumando disperde i pensieri come nebbia, e tutt'al più fantastica, cosa molto diversa dal pensare. Le trovate, le scoperte, vengono invece inaspettate: a tavola, nuotando in mare, discorrendo di tutt'altro".
Pavese , come per i grandi autori e le grandi autrici, è senza mezze misure: una volta letto, o lo si ama alla follia, o lo si evita. Nel mio caso, posso dire che sia stato un amore a prima vista della mia prima gioventù, nato attraverso la lettura, tra le lacrime, prima delle sue poesie, poi, in età adulta, della prosa — di molte penne mi sono innamorata così, passando prima per la poesia che per la prosa. Non mi sono mai trovata d'accordo, infatti, con il buon Pasolini, che in una famosa intervista afferma come Pavese, per lui, non sia altro che uno scrittore mediocre. Mediocre ovviamente se si concepisce la scrittura come finalizzata all'impegno. Non che Pavese non lo faccia, al contrario: fine conoscitore dell'animo umano e delle sue passioni, tra le righe della sua scrittura, anche nei punti apparentemente più leggeri o frivoli, aleggia un costante senso di inadeguatezza; ai tempi, ma anche e soprattutto nei confronti delle persone. “L'esule in patria”, qualcuno l'ha definito: mai completamente parte di un tutto, troppo costretto nel tutto di quei rapporti umani deturpati da ipocrisia e perbenismo. Per questo è scappato, soprattutto dalla vita — e non solo dal Belpaese per inseguire, prima dei tempi, un istrionico sogno americano. Anche se, onestamente, nessuno possa dire cosa spinge una mente a lasciare la vita. Ce lo avrebbe dovuto dire lui. Quello che possiamo fare è provare a cercare risposte tra le pagine dei suoi libri, delle sue memorie, dei suoi schizzi poetici.
Per quanto sia a tutti gli effetti un bozzetto che sembra ricalcare le atmosfere de La bella estate , La spiaggia contiene, in piccolo, tutto questo. In piccolo perché si tratta di un racconto lungo che avrebbe potuto arricchire la raccolta, appunto, de La bella estate o di Feria d'agosto . Proprio per questo, la storia è semplice e assente di uno sviluppo o di qualche colpo di scena: un quadretto estivo che ritrae la villeggiatura del protagonista, professore di italiano in un liceo torinese, del quale non sappiamo il nome; Doro , suo amico d'infanzia, e Clelia, la moglie di quest'ultimo. Sullo sfondo, si alternano bagni al tramonto, quando la spiaggia è ormai quasi vuota e gli ombrelloni ormai quasi tutti chiusi, e cene con gli amici di una vita tra risate, ricordi delle stupidaggini commesse in giovinezza e pettegolezzi. Una fiera delle vanità versione riviera ligure. Lo sciabordio della risacca sembra nascondere le confidenze oggetto delle conversazioni tra i bagnanti che individuano il protagonista, un uomo pragmatico che sembra nascondere, dietro un certo distacco, un bisogno profondo di caloreumano. Per quanto sempre parte delle conversazioni o partecipe di ogni situazione mondana, se ne taglia sempre fuori con quell'occhio vigile “alla Pavese”, ovvero lo sguardo di chi coglie più i non detti e le parole sparse, che le parole retoriche e vuote. È quello che fa osservando Clelia e Doro. Coppia di novelli sposi, per lui non sembrano amarsi. Non ricorda, infatti, che tra loro ci sia mai stato l'amore vero. I due sembrano animati da una profonda individualità , dalla quale però sembrano non poter scappare. O non voler scappare. Con la schiettezza più semplice, il protagonista lo chiede, a Clelia, se siano innamorati, se abbiano litigato. Clelia lo guarda e sembra non capire. È la sorte degli animi sensibili, non essere compresi.
Quello tra i due, il protagonista e Clelia, è un rapporto che, nella sua semplicità , sembra essere autentico e non intaccato dall'ipocrisia sociale che tiene in piedi tutti gli altri rapporti di contorno di questa vacanza. A dirla tutta, il tempo sembra quasi cristallizzarsi , nei loro discorsi. È ciò che Pavese fa in ogni sua scrittura: cristallizza l'affetto per preservarlo ed evitare che si assottigli a mera cordialità. Sotto ogni loro dialogo si nasconde — e nenche troppo — un'arguta, e al contempo aspra, critica sociale: il matrimonio visto come la tomba di ogni passione, le donne come frivole e prive di spirito critico, i corteggiamenti come ragazzate.
Lo sa Berti , uno studente del protagonista, anche lui in villeggiatura in riviera ligure e invaghito di Clelia. Questo interesse rimarrà tale, non avrà un seguito, anche se sembra non spengersi, neanche a seguito di un evento che cambierà per sempre la vita dei due coniugi. È un romanzo piano , e ciò che colpisce non sono i dialoghi o la storia, ma ciò che rende, a mio modesto parere, Pavese un grande, ovvero la sua capacità di ritirare in ballo una sorta di romanticismo decadente , vale a dire una natura , quella del mare, in grado di farsi espressione del pensiero intimo dei suoi attori. Qui il mare è cosa ben diversa dalla spiaggia, perché la spiaggia non è altro che il palcoscenico della mondanità, dove si mettono in scena i giochi della socialità dei prossimi anni '50, il mare è, come si suol dire, la cosa giusta al momento giusto, l'unica entità , quasi dotata di pensiero anch'esso, dove i protagonisti si spogliano delle loro maschere e riescono ad essere liberi dalle convenzioni.
Lo dice anche Clelia: il mare è l'unico posto suo, dove si sente libera, dove vuole essere libera.
Dove può esserlo.
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frammenti-di-ametista · 6 months
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Quando era agitata, le capitava spesso di dimenticare il tempo e lo spazio intorno a sé.
- Follia profonda - Wulf Dorn.
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dilebe06 · 2 years
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Tokyo Revengers
Mi erano mancati. Mi erano mancate la serie giapponesi, quelle belle introspettive e cariche di significati botte e sentimenti come solo in made in japan riescono a tirar fuori.
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Ora, vedere questo live action è stato un parto. Lo pedinavo dalla sua uscita l'anno scorso, stalkerando qualsiasi fansub lo volesse subbare in italiano. Ma nulla. Mesi, giorni, ore... niente. Nessuno che lo prendesse nemmeno in considerazione. Angosciante.
Dunque ho deciso di trovare il modo di vedermelo per i fatti miei e dopo 2 giorni di bestemmie, imprecazioni, santi tirati giù dal calendario, ce l'ho fatta!
Due premesse importanti del perché questo film e non altri:
Yuki Yamada
Risse da gang
Io amo alla follia Yuki Yamada: esteticamente e recitativamente è uno dei miei attori giapponesi preferiti. Come amo il genere di drama di gang e botte. Potevo dunque perdermi un film che, sulla carta, mi dava queste due cose?!
Non ho letto il manga di Tokyo Revengers e non ho visto l'anime, motivo per il quale mi sono approcciata alla visione da vera e propria neofita.
E mi è piaciuto un casino. Seriamente.
Perché Tokyo Revengers non è solo botte -alla High and Low per intenderci - ma ha una storia di base, ricca di eventi: salti nel tempo, linee temporali, divergenze... sono rimasta piacevolmente stupita del perfetto mixer tra risse senza senso e trama orizzontale molto profonda e così interessante. Volendo ti ci puoi fare pippe mentali per ore.
Bellissimo inoltre il concetto legato al personaggio di Mickey: il suo cadere nell'oscurità o rimanere nella "retta via", questione questa centrale e leitmotiv di tutta la storia e che il film porta su schermo, a mio parere, in maniera encomiabile.
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Oltre a ciò, temi quali l'amicizia o credere nei proprio sogni tornano prepotentemente per tutta la storia, insieme a introspezioni e profondità.
Davvero buoni poi tutti i personaggi e i loro attori: di Yuki c'è poco da dire perché è perfetto. Il suo compare Mikey - Yoshizawa Ryo - l'ho trovato credibile e davvero bravo. Come " bravo" è anche Mikey appunto: le sue credenze, il suo rapporto con Draken e la facilità con cui fa amicizia con Takemichi mostrano il lato più bello di questo personaggio.
Mi è anche piaciuto Kitamura nel ruolo di Takemichi: le smorfie e le sue espressioni mi hanno fatto ridere un sacco. Ma ovviamente c'è di più oltre la sua espressività. Takemichi è chiamato infatti a compiere una missione "quasi impossibile" e che si complicherà sempre di più andando avanti con la storia. E sia il suo personaggio che l'attore che lo interpreta credo abbiano fatto davvero un buon lavoro. Punto di merito poi per il fatto che Takemichi non sia un rissaiolo random che mena le mani solo per fare a gara a chi ce l'ha più grosso.
Unico punto su cui posso storcere il naso è la recitazione che in certe scene trovo terribilmente esagerata, quasi teatrale. Ma quella è una peculiarità delle serie giapponesi a cui ormai sono abituata.
Detto questo, non vedo l'ora di vedere anche altri film di questo prodotto: è chiaro - anche ad una neofita come me - che la storia è ben lungi dal finire.
VOTO: 8.2
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No… nel caso di un amore romantico è l’anima che parla, è un discorso fra anima e anima, e tutto il resto è comportamento, anche il sesso.
Sì, perché alla fine che cos’è il sesso? Se non un incastro, una fusione? E’ la realizzazione dei due nell’uno, il ritrovare un’unità perduta. Questo compresi quella notte, che lei e io eravamo – siamo – due parti di un tutto… io sono un frammento, un pezzo di qualcosa che si è rotto; sono incompleto, incompiuto… lei mi ha reso completo, ma io l’ho persa. E dopo aver conosciuto la fusione e l’interezza mi è diventato intollerabile vivere senza: avrei preferito non aver mai scoperto che tale condizione era possibile. E allora ho pensato: in cosa posso sperare adesso? La sola cosa che esiste è quell’uno, perché io non amo per bisogno, ma per la consapevolezza della profonda comunione spirituale che mi unisce a lei. E solo a lei…Nessuno, mi disse, l’aveva mai amata così. Decisi che non avrei permesso al ricordo di atrofizzarsi, di appassire e morire. Lo avrei mantenuto vivo, lo avrei nutrito, ne avrei fatto un oggetto di venerazione e avrei costruito nel mio cuore un altare sul quale offrire, ogni sera, i miei atti di devozione. Vedi, mi ero reso conto di essere una di quelle rare persone che, avendo amato, arrivano a considerare l'amore l'attività spirituale più alta cui un essere umano possa dedicarsi. L'amore, per me, non è effimero, non è un'emozione passeggera, uno stato transitorio, un tuffo o un volo nella follia o nell'estasi: io lo considero, piuttosto, una condizione sublime, o addirittura sacra, una condizione in cui vengono esercitate tutte le migliori e più elevate facoltà umane. Il libro di Keats che mi aveva regalato lei, che avevamo letto insieme davanti al fuoco, era un cristallo di ricordi, come pure il vaso di porcellana e i fiori (non avevo mai permesso alla signora Kelly di gettarli via): ormai, dopo tante settimane, erano appassiti e l’acqua marcia puzzava, ma io raccoglievo in un piattino i petali rinsecchiti che cadevano e li guardavo per ore e ore, perché li aveva toccati lei. La sua voce abitava i miei sogni, anche se non dormivo quasi mai, ma quando scivolavo nel torpore dopo aver dato sollievo a Spike… in quei momenti ero più sensibile alla sua presenza, al suono della sua voce e dei suoi passi sul pianerottolo; allora, nel cuore della notte, mi alzavo dalla poltrona, e con l’andatura grottesca di uno sciancato in preda all’esaltazione, un po’ zoppicando, un po’ saltellando, mi lanciavo verso la porta, la spalancavo e trovavo… il nulla.
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Patrick McGrath
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO PRIMO - di Gianpiero Menniti 
L'ARTE DEI CORPI
L'arte cristiana non ha modelli di paragone se non nelle forme dell'arte cosiddetta "pagana", quella antica dei greci e di Roma. Le ragioni sono più d'una: la collocazione della Chiesa nell'Urbe e l'immergersi nella tradizione occidentale della narrazione per immagini rappresentative; l'esigenza di ampliare la sfera di un pubblico che non sapeva leggere e scrivere; l'alternativa all'iconoclastia bizantina come affermazione d'indipendenza della chiesa romana rispetto alla chiesa orientale che aveva centro a Costantinopoli. Ma la ragione più profonda risiede nella dimensione teologica del cristianesimo, nel sacro che è espressione di corpi e nell'annuncio evangelico della "vita eterna". Il "Credo" che è la preghiera simbolo dei cristiani annuncia il giudizio per «i vivi e i morti» e la «risurrezione della carne».  Il cristianesimo non è religione dell'anima: questo concetto, che è platonico, venne introdotto da Agostino d'Ippona vissuto tra il IV ed il V secolo d.C. ma non appartiene alla fede delle origini. Così, il rapporto tra corpo e anima non è mai stato pienamente risolto se non in una sorta di commistione tra il visibile e l'invisibile, senza prescindere dal primo come manifestazione sacra nella scia dell'esempio del Cristo incarnato. Il cristianesimo è religione del corpo. Ma l'ambiguità di un rapporto mai risolto ha dato vita ad opere che hanno posto l'accento sul corpo entro caratteri variabili, sotto l'influenza di tratti interpretativi spesso confliggenti con l'ortodossia ufficiale: basti riflettere sulle vicende di alcuni dipinti di Caravaggio: dalla "Madonna dei Pellegrini" (1604/1606, Cappella Cavalletti, Basilica di Sant'Agostino, Roma) a "La morte della Vergine" (1605/1606, Louvre, Parigi), senza dimenticare opere accolte come "La Deposizione" (1602/1604, Musei Vaticani) oppure "Le sette opere di Misericordia" (1606/1607, Pio Monte della Misericordia, Napoli) o il "Seppellimento di Santa Lucia" (1608, chiesa di Santa Lucia alla Badia, Siracusa) fino a "La resurrezione di Lazzaro" (1609, Museo Regionale, Messina).  Si tratta di testi pittorici nei quali il Seicento della Controriforma esprime, attraverso Caravaggio, una nuova interpretazione dell'afflato religioso con una carnalità prorompente, vissuta nell'alveo di un'espressione di fede intensa, visibile, angosciata, straziante, spasmodica. Se ne trova plastica rappresentazione nella "Santa Teresa d'Avila" di Bernini non a caso ribattezzata "Estasi di Santa Teresa" (1647/1652, cappella Cornaro, chiesa di Santa Maria della Vittoria, Roma): qui, il richiamo è ad un amore per il Cristo che trafigge, che lacera il corpo e lo consegna in uno spasmo voluttuoso alla follia del sacro.  È il sacrificio del corpo che diviene raffigurazione dell'Agnus Dei, ripetizione rituale del dolore che assume il corpo come necessità, come medium della percezione del trascendente. La riflessione degli artisti sul rapporto tra il corpo e la fede cristiana è dunque un processo molto lungo: si afferma come arte figurativa ma poi corre attraverso il distacco dell'arte occidentale dal "modo greco" delle immagini iconiche - altra forma di rappresentazione del corpo sacro - abbandonate per conferire realismo patetico alla sofferenza del Cristo in croce, finendo per questa via con il costituire una svolta che ha segnato la storia della nostra civiltà. Infine, sulla scia del lento affermarsi della "morte di Dio" proclamata da Nietzsche, il XX secolo ha abbandonato definitivamente il legame tra arte e senso del sacro, ricercando quest'ultimo oltre il confine della materialità del corpo per gettarsi nel limbo dell'astratto, del non figurativo, del surreale, del non più esprimibile entro i canoni del realismo. Che non ha risolto, tuttavia, l'annosa questione del rapporto tra la materia e la trascendenza, la natura umana e quella divina, tra corpo e anima.  Oscillando tra presenza e disfacimento. Come nel caso di Francis Bacon e del suo “Studio dal ritratto di Innocenzo X, Figura con carne” (1954, Art Institute of Chicago) proposto in varie versioni.
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cosedicosamia · 1 year
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Mi batte fortissimo il cuore, come ogni volta che mi innamoro, come ogni volta che riesco a idealizzare fortissimo uno sconosciuto sul mio stesso treno, sulla mia stressa carrozza.
È bellissimo, sembra che incarni tutto ciò che mi è mancato, ciò che mi manca e che mi mancherà, è tutto ciò che renderebbe la mia vita non sopportabile ma felice, FELICE.
So che è tutto effimero, so che è follia ed è anche pericoloso..ne sono cosciente ma mi scuote, e mi piace.
Sembra di fare sesso, di entrare in una intimità che forse vedo solo io, così profonda, così “sfondante”, così viscerale.
Come se potessimo capirci solo io e te, amato sconosciuto, in tutto il mondo.
Trovo un padre, una madre, un amante rispettoso, un marito attento, un amico che non giudica.
Non ci si spinge mai oltre, perché tutto ciò non è reale e lo percepisco come pericoloso, ci guardiamo solamente, i nostri due universi si osservano, nulla di più.
“L’avventura di un soldato”, Italo Calvino, ne “Gli amori difficili”.
Tutto è nelle mani del treno, il destino del nostro contatto visivo è nelle mani di come si muove il treno, solo se fa un bel salto possiamo incrociare solo un occhio a testa in uno dell’altro.
Gli vedo la fronte per lo più, ora ho un po’ paura.
È eccitante ma anche spaventoso.
Ci guardavamo sporgendo la testa un po’ aldilà del sedile in mezzo a noi, così vedevo uno dei suoi occhi azzurri. Bellissimi. Avrà massimo cinquanta anni.
È sceso, non si è neanche girato e mi ha lasciato un vuoto, mi fa sentire patetica ma è stato così bello.
Addio stupendo sconosciuto.
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Ti ricordi quando, dopo che Ru. Mi lasció, passai un anno intero, ogni mattina, a scrivere un diario mentale in cui parlavo con lui? Forse non lo ricordi. All'epoca eravamo stati due mesi insieme, ma era la prima volta che mi innamorai così, da adulta. Avevo 21 anni e lui mi lasció dicendomi che era sotto psicofarmaci e che non se la sentiva di continuare una relazione così profonda. Fece leva su uno dei periodi più brutti della mia vita di cui sapeva bene i dettagli: lo potevo capire. Quindi nella mia testa lo giustificai e andai avanti, raccontandogli comunque tutta la mia vita. Non mi sono poi dimenticata di lui dopo un anno, semplicemente, ci siamo rivisti e rifrequentati per i due anni successivi. Continuavo a sognarlo anche quando stavo con A.
Forse nemmeno la mia terapeuta mi capisce su questo. Continuo a non trovare una spiegazione, qualcosa si è rotto e non funziono più. Ah no, era rotto anche prima. Solo che adesso il danno è bello visibile.
Vorrei dire che non penso ad Ri. Tutti i giorni da 4 anni a questa parte, ma mentirei. Così come mentirei se dicessi che non l'ho mai sognato e così come se dicessi ad A. Che non sono più il fantasma che gratta l'intonaco per trovare il bigliettino. Non ho avuto bisogno di trovarlo, me lo sono scritta da sola quel bigliettino ma non è stato sufficiente a liberarmi. Ho continuato a grattare sapendo che non avrei trovato nulla.
Oggi ho riguardato delle foto e dei video del suo profilo. Foto fatte da me, le cene da mia madre. Sono ancora tutte lì, impresse nella memoria di fb. Almeno quelle fatte insieme te le hanno rimosse.
Vorrei dire che sto male a pensare ma non è nemmeno così. Ogni tanto non hai perso l'abitudine di scrivermi per sapermi ancora lì. Ma io non ci sono. Ti rispondo ma non ci sono. Vorrei dirlo a lei, che poi forse non state nemmeno più insieme. Che la vita che crei è una menzogna e nessuno saprà mai la verità. Ma forse lei lo sa già e ha preferito soffrire in silenzio in cambio di averti.
Lo hanno visto tutti, come mi prendevi per il culo. I pochi che hanno avuto il coraggio di dirmelo sono stati divorati. Ti avrei protetto a qualsiasi costo perché proteggerti voleva dire proteggere me stessa. Perché solo proteggendoti potevo dirmi che anche io potevo "meritare" un uomo "come te". Per me eri uno standard inarrivabile per la ragazza bruttina e da sempre frienzonata. E tu questo l'hai annusato. Hai annusato l'insicurezza e col tuo fiuto da manipolatore mi hai stancata, pensando che fossi abbastanza insicura da tenerti e lasciarti fare quello che volevi. Ah, no. Ce n'era una messa peggio di me. Io ho alzato la cresta, ancora di più non ti è piaciuto. Me lo ricordo ancora quello sguardo, dopo averti picchiato, senza nessun tipo di empatia e di amore e mi hai detto "sai, sei sempre così insicura, perché non credi di più in te stessa? È quello che farà sì che io ti lasci, la tua insicurezza" quando volevi convincermi che la mia accusa di avermi tradita fosse dovuta alla mia follia e alla mia insicurezza e non al fatto che te ne andavi a scopare quella una settimana si e l'altra pure. Me lo chiedo, effettivamente, se lei che sa tutto ciò te lo lasciava fare. O forse il suo obiettivo era solo rimanere incinta. Non lo so. So solo che sì, ero la persona sbagliata ma no, non per i motivi che dicevi tu.
Forse ci sono dei giorni in cui non ci penso, ma poi penso "ah ma oggi non ho ancora pensato a R, che brava" ah no ci ho appena pensato.
Forse non arriverà mai quel giorno, mi conosco. Quella roba era rotta dall'inizio.
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