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#spostarsi in metro
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Talvolta basta spostarsi un metro più in là dalle proprie condizioni per osservare la realtà da un'altra prospettiva.
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fridagentileschi · 1 year
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IL DIRITTO DI VIVERE: TERRY SCHIAVO
Le parole di Oriana Fallaci in risposta a Margherita Hack
Ecco cosa disse in una memorabile intervista la scrittrice sul caso della donna in stato vegetativo lasciata morire di fame e sete dal marito e dai giudici , dopo due settimane di agonia, Terri Schiavo, o meglio «Terri Schindler» come si ostinava a chiamarla Oriana Fallaci che, anche con l’utilizzo del cognome da nubile, voleva segnalare la triste storia di questa donna abbandonata e fatta uccidere dal marito.
''Di stelle e di galassie la signora Hack se ne intende parecchio, sì, ma di medicina assai meno. E di umanità ancor meno, vedo, sebbene sia abbastanza vecchia e di solito la vecchiaia renda più umani. Perché non è vero che la vita sia intelligenza e basta. Gli animali non scrivono l’Iliade, l’Odissea, il Paradiso perduto, l’Eroica, L’Infinito e L’universo dentro un guscio di noce. Non dipingono la Cappella Sistina, non dissertano sui Buchi Neri, non vanno sulla Luna e su Marte. E gli alberi, le piante, insomma i vegetali, lo stesso. Loro non riescono memmeno a camminare, spostarsi. Eppure sono vivi. E se non esistessero, la vita su questo pianeta non esisterebbe. Del resto chi ci assicura che gli alberi non siano intelligenti, non pensino? Il mio sospetto è che, per contribuire alla nostra esistenza, un pensiero lo debbano avere. Ma ammettiamo pure che non pensino, che come loro Terri non pensasse, reagisse agli stimoli e basta: dove li mettiamo i sentimenti e le sensazioni a cui la signora Hack sembra non dare importanza? La vita è fatta anche di sentimenti, è fatta anche di sensazioni. E chi ha detto che un malato inguaribile,sia un “cittadino inutile”, non sia degno di vivere attraverso i sentimenti e le sensazioni. La vita si misura sull’utilità o sull’essenza? Negli anni settanta Pearl Buck, la grande romanziera americana autrice de La buona terra, la vincitrice del Nobel quando il Nobel era una cosa seria, mi raccontò che in seguito a una lesione al cervello sua figlia viveva come un vegetale. Era bellissima, apparentemente sanissima, ma non aveva alcuna forma di intelligenza. Non serviva a nulla e a nessuno, disturbava il prossimo e basta. Però capiva la musica meglio di lei. La amava disperatamente, e quando le portavi un disco di Mozart o di Brahms o di Chopin anche lei si ravvivava tutta. Sorrideva, rideva, parlava fino a farti sperare che un giorno guarisse. Ciò era sufficiente a conferirle la dignità di vivere o no? Secondo Pearl Buck, lo era. Secondo me, lo stesso. Questo senza tener conto del fatto che se il metro di misura fosse l’utilità, la maggioranza degli esseri umani dovrebbe essere eliminata. La nostra società divampa, scoppia, di gente inutile. Di fannulloni, di scansafatiche, di buoni a nulla, di mangia a ufo. E se ho torto, se la signora Hack ha ragione, se la vita è intelligenza e basta, se in mancanza di intelligenza i sentimenti e le sensazioni non bastano a renderci degni di viverla, che ne facciamo di ciò che ha nome pietà? Che ne facciamo di ciò che ha nome speranza? Oltre che di sentimenti e di sensazioni, la vita è fatta di pietà e di speranza. E un essere umano non può negare la pietà, non può negare la speranza, perdio. Negare la pietà e la speranza, significa educare alla Morte, al Culto della Morte.''
In memoria di «Terri Schindler» Z'L
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kyda · 1 year
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è un mio diritto stare in un'area pubblica (come la stazione dove sono costretta ad aspettare un treno per un cambio che non volevo fare) e poter respirare in pace o è diritto del fumatore fumare in mezzo alla gente senza spostarsi di un metro per delicatezza e costringere tutti quanti a respirare il suo fumo?
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spettriedemoni · 2 years
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Las cinco de la tarde
È una poesia di Garcia Lorca dedicata a un amico torero morto durante una corrida. L'ora delle corrode è quella: "las cinco de la tarde", le cinque della sera.
Il 5 luglio del 1982 ero in attesa di una partita di calcio, quella che per me sarebbe diventata "la" partita.
Mi fa strano pensare che sono passati 40 anni da allora, mi fa strano scriverlo. Possibile sia passato tutto questo tempo? Zoff aveva 40 anni all'epoca, vuol dire che ne ha 80 oggi? Sì, ha 80 anni. L'ho visto ieri in una intervista concessa proprio in concomitanza del suo compleanno.
Rivedo il vecchio televisore Gunding a colori con quel telaio in plastica che riproduceva le venature del legno, gli 8 canali senza telecomando, il telecomando a volte lo facevo io, a volte mia sorella. Ricordo il caldo, i calzoncini cortissimi, la tapparella abbassata perché di lì a poco si sarebbe abbassato il sole sull'orizzonte e lo avremmo avuto negli occhi seduti sul divano. Un divano di velluto marrone coperto in estate da un lenzuolo perché era davvero troppo caldo per avere il velluto sotto le chiappe.
Avevo cominciato a vedere i replay durante quel mondiale, poi la partita con l'Argentina l'avevo vista ma solo dal secondo tempo in poi. Stava cominciando a piacermi quello sport e non ne ero ancora consapevole. Mi avevano tutti avvisato dell'importanza di quella partita da dentro o fuori per entrambi ma il Brasile aveva battuto l'Argentina 3-1 noi solo 2-1 quindi in caso di parità saremmo tornati a casa. Loro sarebbero stati tra le prime 4 squadre del mondo.
Avevo sentito il nome di Paolo Rossi, Tele Sette lo aveva messo in copertina e presentato come salvatore della patria ma con un bel punto interrogativo. Avevo imparato a riconoscerne la sagoma e il numero, il 20. Ricordavo di averlo visto sfilare davanti alla porta argentina dopo il gol di Tardelli senza però fare gol. Nulla faceva presagire che davvero potesse essere il salvatore della patria.
Invece...
Cinque sembra essere il numero del destino: 5 luglio, alle 5 di sera al quinto minuto Rossi segna. Mi sembra troppo presto, come se un gol non fosse valido se segnato così presto. Invece vale è anche un bel gol nato da una azione corale perfetta o quasi.
Esultiamo in casa, temiamo la reazione del Brasile che come un toro stuzzicato dalle banderillas ora attaccherà a testa bassa con rabbia e orgoglio.
Bastano solo 7 minuti e Zico scappa alla marcatura asfissiante di Gentile, prende quel metro che gli basta per inventare. Un giocatore normale forse allargherebbe il gioco dall'altra parte verso Eder, lui no. Zico ha visto il suo capitano Socrates scattare e passargli davanti. Sembra che il suo piede si giri di 90 gradi invece ha colpito di esterno destro e il pallone è andato verso la porta nostra, davanti ai piedi di Socrates che neppure cambia passo. La palla se la ritrova davanti alla velocità giusta ed è solo davanti a Zoff anche se un po' defilato. Scirea prova a recuperare in scivolata, un giocatore normale la passerebbe in mezzo e così la pensa anche il nostro portiere che però aspetta un attimo prima di spostarsi troppo al centro, tiene il piede sinistro più vicino possibile al palo della porta perché può darsi che Socrates ci provi a tirare da lì però Socrates aspetta, aspetta. E poi aspetta. Quando tira Zoff è troppo spostato e col piede non ci arriva. Si alza una nuvola di calce sulla scivolata di Scirea, se ne alza un'altra alle spalle di Zoff sollevata dal pallone che entra in rete.
Non mi alzo dal mio posto. Mi ero ripromesso di guardare qualche azione, magari solo il primo tempo ma non sarà così. Sento quei suoni in sottofondo, sono le trombette da tifo che fanno un frastuono assordante. Non le sopporto, ma dopo un po' non ci faccio più molto caso.
Mia madre ci crede, chissà perché, mio padre è scettico e vai a sapere se è scaramanzia, invece. Preparati al peggio ma spera nel meglio, come si dice.
Vedo le maglie dei calciatori sudate, Cabrini mi sembra sudato già dagli inni nazionali con i suoi riccioli da divo. Chissà com'è, però i brasiliani non passano in vantaggio, teniamo botta. Verso il 25' una punizione di Antognoni finisce tra le braccia di Waldir Perez, il portiere brasiliano. Ha una faccia un po' anonima, pochi capelli, sembra l'unico normale lì tra loro. Passa la palla con le braccia a Leandro, da questi a Cerezo che viene avvicinato da Graziani che sembra ringhiare come un mastino. Cerezo non pare curarsene e passa in orizzontale verso 3 suoi compagni ma il passaggio è impreciso e nessuno capisce per chi sia quel pallone, si guardano come a dire: "Ma... è per te?" e chissà da dove sbuca Rossi che quel pallone lo prende lui e fa gol. Di nuovo. Stavolta tira forte quasi dal limite dell'area, forse potrebbe avvicinarsi, forse potrebbe tirare meglio ma che importa? È gol.
Sta succedendo qualcosa, il Brasile è già andato in svantaggio contro l'URSS e contro la Scozia ma poi aveva vinto rispettivamente per 2-1 e per 4-1. Stavolta però è diverso: stavolta due gol li ha presi in un'unica partita.
Mio padre salta sul divano e lo rompe, vorremmo abbracciarci ma siamo terrorizzati per la reazione di mamma che ha sentito quell'improvviso "crack". Non c'è tempo per verificare i danni, c'è da soffrire fino al 45'.
Soffriamo ma teniamo il vantaggio, Gentile, nel tentativo di fermare Zico, gli ha afferrato la maglia e gliel'ha strappata, se la cambierà. Noi, una volta al riposo, verifichiamo i danni. Il divano ha una traversina in legno spezzata. Papà la riparerà con una vite, per ora la consegna è di non sedersi assolutamente da quel lato.
Inizia il secondo tempo, come previsto il sole si abbassa e mi arriva la luce negli occhi. Mi sposto, continuo a seguire con il patema questa partita che ora pare interminabile. Ci provano i brasiliani. In tutti i modi, ma Zoff e gli altri difensori sono attenti. Dal 30' poi non abbiamo più il nostro stopper titolare che non riesce più a muovere la caviglia. Bearzot chiama un ragazzo di 18 anni a scaldarsi. Ha i baffoni folti che lo fanno sembrare già adulto, lo chiamano "zio" ma all'anagrafe è registrato come Giuseppe Bergomi e deve prendere in consegna il loro centravanti, un gigante di nome Serginho, uno un po' irascibile, pare abbia sparato alla ex moglie, nel '78 invece ai mondiali non ci è andato perché aveva tirato un calcio a un gurdalinee. Abbiamo pure qualche occasione da gol ma non riusciamo a segnare. A segnare ci riescono loro con il numero 15 Paulo Roberto Falcao. Gioca a Roma da qualche anno, grazie a delle apposite scarpe gioca nonostante un problema all'alluce, ha la tendenza all'alluce valgo. Per non deludere lo sponsor, però, ha dipinto sulle scarpe le tre strisce della Adidas, suo sponsor tecnico. Ha ricevuto palla al limite della nostra area di rigore da Junior, il terzino sinistro. Ha diversi giocatori davanti a sé, non c'è spazio poi però arriva Cerezo, velocissimo che gli passa dietro e se ne va sulla fascia destra. Questo movimento inganna Tardelli e Scirea che seguono Cerezo a cui Falcao ha fatto finta di passare il pallone. Si è accentrato ma ha la palla sul sinistro, il piede debole. Non c'è tempo: deve tirare. Il tiro è fortissimo, Bergomi la sfiora appena con la coscia e Zoff, che ha intuito la direzione, vede la palla passargli a pochissimo dalla sua mano protesa in tuffo. È il 2-2.
Falcao esulta, si vede la vena del collo gonfiarglisi, le riserve che gli corrono incontro in quel momento è lui il salvatore della patria. Non la nostra, però. Chissà come lo accoglieranno a Roma se passano loro.
Mia madre è sicura: "Gliene facciamo un altro" come fosse facile fare un terzo gol al Brasile ora.
Succede che arriva un calcio d'angolo per noi. Il pallone lo ha Waldir Perez. Rossi gli si avvicina: ha fretta, vuole riprendere subito il gioco e si fa dare il pallone. Il portiere brasiliano non cincischia come si fa normalmente in questi casi, non butta il pallone a parabola oltre la testa del nostro attaccante per innervosirlo, no lui gli consegna il pallone e Rossi lo lancia con le mani verso la bandierina dove Conti è pronto a battere il calcio d'angolo.
Il cross è alto, Oscar è Socrates si ostacolano e Tardelli può tentare un tiro al volo per la verità neanche troppo potente. La palla è lenta ma il portiere brasiliano ha il sole negli occhi. Ecco il regalo di Zoff che al momento del sorteggio: ha scelto la metà campo invece del calcio d'inizio. A quell'ora della sera il sole è basso e illumina la porta del Brasile. Graziani in scivolata cerca di prendere la palla ma di fronte a lui c'è Rossi che colpisce di nuovo il pallone.
Aveva ragione mia madre: gliene abbiamo fatto un altro, 3-2.
Ci sarà tempo per il gol di Antognoni annullato ma soprattutto la parata di Zoff all'ultimo minuto.
Vinciamo noi e tutto sembra possibile, incluso vincere un mondiale dopo essere stati dati per spacciati.
È come se l'orgoglio di quegli unici giocatori in campo fosse diventato una metafora del nostro. Come se fossimo tutti Zoff che si alza e fa no con il dito: "No, mi spiace ora è il nostro momento".
Ero rimasto seduto a vedere quella partita dal primo all'ultimo minuto, mai successo fino ad allora. Esultiamo alla fine, ci abbracciamo e vorresti non finisse mai quell'attimo di felicità.
Si, perché eravamo felici e non lo sapevamo.
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siciliatv · 7 days
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Etna Comics 2024: disponibile METRO Comics, il ticket speciale per la metropolitana
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In occasione della manifestazione Etna Comics 2024, FCE lancerà il METRO Comics, un ticket speciale per i partecipanti. L'evento si terrà dal 6 al 9 giugno 2024 alle Ciminiere di Catania. Etna Comics è un importante festival internazionale dedicato al fumetto, al gioco e alla cultura pop. Quest'anno è giunto alla dodicesima edizione. Il METRO Comics sarà valido per l'intera durata dell'evento, dal 6 al 9 giugno 2024. Il ticket speciale offrirà 20 corse in metropolitana al prezzo di 5 euro. Queste corse possono essere utilizzate da una o più persone, in combinazioni e giorni differenti. Dopo 20 validazioni, il carnet si esaurirà e non sarà più utilizzabile. Sarà possibile acquistare il METRO Comics a partire da lunedì 3 giugno 2024. Il ticket sarà disponibile in formato digitale tramite l’app FCE e su supporto cartaceo nei seguenti punti: - Biglietteria di Ferrovia Circumetnea della stazione Catania Borgo. - Emettitrici automatiche presenti nelle stazioni della metropolitana. - Tutte le rivendite “punto LIS”. Questo ticket speciale permetterà ai visitatori di Etna Comics di spostarsi facilmente e comodamente tra le varie attrazioni del festival. Read the full article
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mezzopieno-news · 4 months
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I PINGUINI SONO DI PIÙ: SCOPERTE NUOVE COLONIE
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Grazie al rilevamento satellitare gli scienziati hanno localizzato quattro nuove colonie di pinguini imperatore finora sconosciute, in Antartide. Salgono così a 66 i siti di riproduzione noti sul continente, dove si conta una popolazione totale di 550.000 individui. Date le condizioni climatiche la ricerca satellitare è il metodo favorito dagli scienziati per mappare le colonie che vivono intorno al Polo Sud e che vengono identificate grazie al guano lasciato sul manto di ghiaccio bianco. Quando queste colonie sono abbastanza numerose le tracce di guano sono visibili dallo spazio.
Il pinguino imperatore, i cui esemplari adulti raggiungono il metro di altezza, è in grado di sopravvivere a temperature estreme raggruppandosi in colonie nel picco dell’inverno antartico, per riprodursi in gruppi distinti. Le colonie, distanti tra loro in media 250 km, sono stabilite sul tratto di mare ghiacciato collegato alla terra ferma, un habitat in diminuzione per via del cambiamento climatico che provoca lo scioglimento dei ghiacci costieri. La recente scoperta dimostra tuttavia le capacità di adattamento di questa specie di uccelli che nella ricerca di cibo possono percorrere fino a 100 km al giorno.
Il dottor Peter Fretwell del British Antartic Survey, lo scienziato che ha individuato la metà delle colonie note finora, ha dichiarato: “Quando si verificheranno altre perdite di ghiaccio, gli imperatori potranno spostarsi e lo faranno. È nella loro natura”.
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Fonte: Università di Cambridge; foto di Siggy Nowak Pixabay
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What’s wrong about me
Ho paura degli spazi chiusi, o troppo affollati. L’ascensore, una porta del bagno chiusa a chiave, la metro piena, un club troppo affollato, il dentista. Sono a disagio se l’uscita di sicurezza non è a portata di mano, o facilmente raggiungibile. Ho paura di rimanere bloccata, e di non avere il controllo rispetto a quanto duri la condizione di ‘rimanere bloccata’. Mi spaventa il non sapere, e il non avere la possibilità di uscire da quella situazione se ne avessi bisogno.
Ho paura di lasciarmi andare all’amore. Ho paura di dichiararmi troppo felice per una cosa che magari è illusoria, di parlare troppo presto, e poi magari viene fuori che mi ero sbagliata.
Ho paura di essere tradita, che mi si menta, non di accorgermene. Ho paura di parlare troppo presto, a voce troppo alta. Non sia mai che sul più bello che me ne convinco anche io, scopro che mi ero sbagliata. E poi mi sentirei stupida, ridicola.
Ho paura di soffrire di delusione, ancora una volta. Ho paura di vedere che le mie aspettative si sbriciolino davanti a me, e quindi già me lo aspetto di vederle sbriciolarsi. Almeno poi se succede sono già un po’ preparata per il colpo.
Ho paura di affidare la mia felicità a qualcuno, per poi dovermene riappropriare quando la storia finisce.
Ho paura di legarmi troppo ad una persona perché anche se fa male lasciare, fa paura ancora di più pensare di non riuscire a lasciare andare se ce n’è bisogno, se è la cosa giusta da fare.
Ho paura che se amo troppo e troppo intensamente ad un certo punto sarò abbandonata. E quindi preferisco non illudermi che non possa succedere, o che non succederà. Già me lo aspetto.
Ho paura e ho la sensazione di essere facilmente rimpiazzabile.
Penso di amare forte, totalmente, e quando è così magari è troppo e può stancare. E ho paura che se comincio ad amare così forte poi venga data per scontata. Poi si pensa che sono troppo intensa o appiccicosa. Dentro di me brucia ancora quella sensazione di vedere l’interesse della persona che ami spostarsi lentamente da un’altra parte e non penso ci sia cosa peggiore.
Ho paura di non essere abbastanza. Dentro di me penso che infondo una persona non può essere mai abbastanza per un’altra persona - perché infondo è quello che sento valga per me - e quindi non dipende nemmeno da me.
Ho paura che la persona che amo poi ad un certo punto possa cambiare idea, o smettere di sentire quello che sento io. E io non ci posso fare niente, se non accettare che sia così. E l’impotenza è una sensazione che mi fa stare male.
Ho paura di affidare la mia fiducia a qualcuno. Sento che prima o poi arriverà il momento in cui verrà tradita. E mi sentirei un’idiota per non averlo potuto prevedere, per non averlo visto arrivare. E sarei arrabbiata con me stessa per essermi messa nella situazione di essere vulnerabile, esposta, di poter essere ferita. Sento che sia mia responsabilità proteggermi.
Perché non riesco ad accettare serenamente il rischio che una relazione potrebbe finire, non per volontà mia? Dovrei assumere il rischio che potrei essere ferita, e perché mi sembra un rischio troppo grande da prendere? Mi sembra di vedere allarmi da tutte le parti. Il mio istinto mi suggerisce di chiudere ora, quindi una parte di me già vede la data di scadenza. È normale?
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Un ragazzo muore per tre colpi di pistola, ancora da trovare i tre colpevoli.
A Monte Compartri, dopo una lite in un bar per poi dopo spostarsi nella metropolitana alle tre di notte. Il ragazzo deceduto aveva quattordici anni, ed è stato ucciso da tre individui identificati adesso in fuga. Il ragazzo era in compagnia del compagno della madre, di origini rumene il ragazzo è morto sul colpo dopo i primi due colpi, perciò quando sono arrivati i soccorsi non c'era nulla da fare. Il compagno della madre delle ore prima aveva avuto una discussione con un gruppo di giovani uomini, per stupidi motivi.
Dopo era tornato a casa e aveva portato il figlioccio con lui nella piazza della metro per un incontro con il gruppo con cui aveva litigato ore prima per chiarire, un auto si avvicina e tre colpi di pistola prendono in pieno petto il ragazzo.
Molti del quartiere dicono che il patrigno del ragazzo abbia avuto già in passato problemi con la legge.
È stata aperta un inchiesta per chiarire l'accaduto e decidere la pena dei tre colpevoli.
Penso che sia davvero brutto che un ragazzo di quattordici anni sia morto senza alcuna colpa. Anche se si dice che il gruppo non ha ucciso intenzionalmente il ragazzo ma che i colpi fossero per spaventare e rivolti in aria. Tutto questo lo scopriremo quando i tre verrano presi.
Voi cosa ne pensate?
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lamilanomagazine · 6 months
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"New Mobility Messina 2023": si è chiusa un'edizione straordinaria
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"New Mobility Messina 2023": si è chiusa un'edizione straordinaria È calato il sipario sulla seconda edizione "New Mobility Messina 2023". Un evento che ha arricchito in maniera significativa le manifestazioni natalizie promosse dal Comune di Messina, richiamando migliaia di cittadini sull'isola pedonale di viale San Martino e a piazza Cairoli. È stata una "quattro giorni" intensa di eventi e iniziative, culminata con la tanto attesa "Sfida dello Stretto", la spettacolare competizione che ha visto protagonisti il noto personaggio televisivo Jimmy Ghione, i sindaci di Messina e Villa San Giovanni, Federico Basile e Giusy Caminiti, e poi l'attrice Giovanna Sannino (protagonista della fiction Mare fuori), la campionessa olimpica Silvia Bosurgi e il manager Andrea Gibelli, presidente di FNM S.p.A. e ASSTRA. "New Mobility Messina 2023" è stata organizzata da ATM Messina su incarico del Comune di Messina, con il supporto dell'Unione Europea (Fondi strutturali e di investimento), dell'Agenzia di Coesione territoriale e grazie ai finanziamenti nell'ambito del PON Metro. Numerose, inoltre, le iniziative che si sono susseguite dal 14 al 17 dicembre scorsi, oltre all'esposizione di mezzi elettrici lungo l'isola pedonale, tra viale San Martino e piazza Cairoli, i visitatori hanno potuto ammirare e provare auto, moto, bici, scooter e monopattini elettrici per scoprire i vantaggi che ne derivano dai mezzi della mobilità del futuro. Autentico "faro" della manifestazione è stata l'esposizione di una nuovissima monoposto di DS, che partecipa al Campionato del Mondo di Formula E, che per la prima volta è stata mostrata in pubblico proprio nella città dello Stretto, così come la Moto Ducati che ha dato vita al Campionato del Mondo di Moto E; ed ancora, presenti con stand dedicati, i nuovissimi bus elettrici di ATM Messina e i mezzi speciali delle Forze dell'Ordine e delle Forze Armate. Esposta anche la prima macchina elettrica realizzata in Italia interamente da alunni e docenti dell'Istituto Verona Trento con materiale di riciclo, fonti rinnovabili fotovoltaiche ed eoliche e batterie innovative fornite dal CNR ITAE di Messina, nell'ambito del progetto MEME - Mobilità Elettrica per una Messina Ecosostenibile. Da annovare anche il contributo degli studenti dei Licei Basile e Seguenza che hanno curato la decorazione delle vetture con le quali hanno gareggiato Jimmy Ghione e Giovanna Sannino. "Promuovere il cambiamento attraverso un programma strategico per un nuovo modello di gestione del flusso veicolare è quanto stiamo portando avanti in sinergia Comune e Atm SpA per condurre Messina verso una mobilità sempre più sostenibile che ben si concilia con le esigenze della collettività che vive quotidianamente la città. In quest'ottica, e complice il periodo natalizio abbiamo cercato di veicolare questo messaggio di sensibilizzazione al cambiamento attraverso l'allestimento di iniziative nell'ambito della kermesse New Mobility Messina 2023 facendo conoscere, anche in maniera goliardica, quanto biciclette, monopattini e veicoli della micromobilità offrono in termini di praticità per spostarsi in Città rispettando al tempo stesso l'ambiente", ha commentato il sindaco Federico Basile. Il vicesindaco Salvatore Mondello nella qualità anche di Assessore alla Mobilità Urbana ha aggiunto "la manifestazione al di là dell'aspetto ludico e sportivo è frutto di un lungo lavoro di programmazione e pianificazione che in continuità dal 2018 ad oggi ha permesso a questa Amministrazione di compiere importanti passi in avanti nella mobilità sostenibile cittadina.  "La seconda edizione del New Mobility Messina è stata un grande successo e non possiamo che essere orgogliosi per il bilancio assolutamente positivo. Già a partire da oggi inizieremo a lavorare per l'edizione targata 2024, in quanto l'obiettivo dell'Azienda Trasporti Messina è quello di trasformare questa manifestazione in un appuntamento annuale fisso, capace di sensibilizzare la cittadinanza sui temi della mobilità sostenibile, creare spettacolo e attrarre turismo", ha dichiarato al termine dell'evento il presidente di Atm Messina Giuseppe Campagna.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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notiziariofinanziario · 8 months
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Perché può essere utile scegliere il monopattino elettrico come principale mezzo di trasporto?
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Il monopattino elettrico può essere scelto come valido mezzo di trasporto per una serie di motivi. Scopriamoli insieme: - Ottima mobilità urbana: Il monopattino elettrico è ideale per gli spostamenti urbani, perfetto per percorrere brevi distanze in città, si può utilizzare per raggiungere in poco tempo gli autobus e la metro, evitando il traffico urbano. È un mezzo compatto e facile da manovrare, per questo è particolarmente adatto per gli spostamenti in città.  - Sostenibilità ambientale: Utilizzare questo mezzo per spostarsi fa bene al pianeta, infatti, può aiutare a ridurre l'inquinamento atmosferico e a diminuire il traffico nelle aree urbane.  - Buon risparmio economico: Rispetto al mantenimento che richiede un'automobile, il monopattino elettrico è generalmente più economico. Non bisogna preoccuparsi della benzina, della manutenzione e degli altri costi legati all'uso della macchina.  - Parcheggio semplice: Con il monopattino elettrico diminuiscono anche i problemi legati al parcheggio, il guidatore può parcheggiare nelle apposite aree designate, nelle rastrelliere per le biciclette o nello stallo per i motorini.  - Salute e fitness: Anche se elettrici, questi mezzi richiedono un certo grado di attività fisica per mantenere l'equilibrio e guidarli, ecco perché nel complesso possono aiutare a migliorare la salute generale e a mantenere un buon livello di attività fisica.  Oltre ad essere sostenibile, economico e salutare, il monopattino elettrico, può essere anche un mezzo di trasporto divertente da usare per esplorare la città. È importante però seguire sempre le norme sulla sicurezza stradale e indossare le giuste protezioni, come ad esempio il casco.  I migliori monopattini elettrici in offerta per spostarsi rapidamente in città In occasione del Prime Day 2023 su Amazon si trovano molti monopattini elettrici a prezzi veramente convenienti. Read the full article
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New York sott'acqua, stato d'emergenza per le piogge
Metro sospese, caos nei trasporti e un fiume d’acqua e di polemiche. Le piogge torrenziali hanno allagato New York mandandola in tilt e costringendo il governatore dello Stato Kathy Hochul a dichiarare lo stato di emergenza. I cittadini sono invitati a stare a casa e non spostarsi: “La situazione è pericolosa” e continuerà a esserlo per ore, hanno avvertito le autorità. Le piogge infatti…
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merrowloghain · 4 years
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01.09.76
« Pistaaaaaa » l’urlo belluino di un quintino, probabilmente mezzo troll, è quello che sentiranno alle loro spalle chi ha appena attraversato la barriera magica. E se ALLISTER si sentirà colpito alla spalla in modo pesante, tanto da perdere l’aggancio alla maniglia del suo carrello, sotto lo sguardo impotente di una in avvicinamento TASHA, TRISTAN addirittura vedrà traballare pericolosamente le due gabbie coperte da teli scuri che porta sul suo - e quella più grande, in effetti, pare stia per sganciarsi con un miagolio confuso che andrà a mischiarsi con quel « SCUSA » davvero poco sentito. WILLIAM, distratto dal cercare amici, si vedrà la nonna fin troppo vicina dopo il passaggio del ragazzo che corre veloce come il vento « SCUSATE, PERMESSO, DEVO ANDARE IN CODA » la giustifica mentre salta da BLYTHE, poggiando la mano sul suo baule, a WILLOW con un « hop! », spingendo loro ad arretrare di qualche centimetro per la spinta prodotta e dando una spallata anche al povero LUKE di passaggio. SOPHIA, che emozionata se ne va per la sua strada si vedrà fiancheggiare questo bolide troppo cresciuto al fianco, ma che potrà appurare essere una persona vera nel momento esatto che lo vedrà saltellare impotente dietro NEERA e i suoi familiari, almeno fin quando non troverà quel varco per poter riprendere la propria corsa verso... ROY, piccola stella, che si sentirà un « HEY NANO, LARGO » urlato direttamente dietro l’orecchio, prima di scartarlo veloce e fare la medesima cosa con una famiglia particolarmente numerosa di maghi, posizionata a mo di catena umana per far levitare i tanti bauli della prole in partenza per Hogwarts. E infine s’arresta, solo un attimo, con uno sguardo di apprezzamento alla Strega che accompagna MERROW, lasciando fuoriuscire un sottile fischio dalle labbra, prima di rendersi conto che c’è anche il marito al suo fianco e, forse, solo forse, non è il caso di trovarsi a tiro di una bacchetta adulta. Eppure non riesce a non staccare gli occhi dalla donna, ritrovandosi a sbattere con il muso dietro il nonno di SEAN. Mani al volto, a tamponare la botta presa al naso « mi sgusi, mi sgusi, non bolevo dambonarla signhore sé sciolo… HEEEEERB » verso un ragazzo che si è appena sporto dal finestrino dell’ultimo vagone, forse proprio cercando quel pazzo furioso « CUI, AMICO, SON- sgusi angora eh! » e via, sparito alla volta delle scalette più vicine.
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«Scusa un momento.» direbbe all`indirizzo di William, proprio quando quel ragazzo sconosciuto, parte a tutta burrobirra creando diversi incidenti sulla via. E se Will e sua nonna si ritrovano vicini, lei cerca di riguadagnare terreno verso il suo carrello ed in direzione di Tristan, assistendo però a tutta la scena dove quel povero malcapitato, si ritrova a fischiare in apprezzamento. A. Sua. Madre. Per poco non vomita. Cosa che invece Ondine prende con estremo diletto, limitandosi a fissare il ragazzo con le iridi verdi che vanno a provocare quello schianto contro la schiena d`un vecchio, mentre Angus porta la mano destra sulla parte bassa della schiena della moglie, che civettuola gli carezza in maniera casuale il petto, in un semi abbraccio fatto di possessiva complicità. Inutile dire che l`aura che emana il Padre della Grifondoro, è tossico istinto omicida, in un fuoriuscire d`espressione da perfetto e controllatissimo psicopatico. Merrow si blocca li, a vedere la scena, con un terrore in viso che non riesce a nascondere, almeno per quegli istanti in cui il ragazzo fortunato, non muore sotto lo sguardo sadico di Angus, e lei si ritrova a praticamente mezzo correre in direzione di Tristan «E-he..» un verso gutturale, mentre ancora ha il viso contratto in un`espressione spaventata che cerca via via di ricomporre «Delation» no, niente, non ha quella solita verve «Ciao Tris.» il tono adesso sembra corrispondere alle parole, ma quello che cerca di fare subito dopo, ha dell`assurdo a dir poco: braccia che si sollevano, mani adornate al migliolo sinistro dalla fedina in oro bianco, dalle dita affusolate e femminili, che cercherebbero i bicipiti altrui per cercare di raggiungergli la camicia e tentare di dargli una piccola spinta in sua direzione. Prima che possa dire o fare qualcos`altro. E` un abbraccio. O meglio, una sorta di richiesta di tale, completamente ignara del dove siano o con chi. Sembra un atteggiamento automatico e quasi incontrollato. Il cuore che pare volerle far fare un infarto a quattordici anni.
ora che l’avvicinarsi di Merrow devia la sua attenzione su una figura nettamente più gradevole ai suoi occhi. « Merrow, ciao. » Le labbra che si piegano in un sorriso lieve e lo sguardo che fa per spostarsi verso la figura paterna, magari per una qualche presentazione che però, non avverrà. E poi si lamenterà di essere sballottato in giro in maniera così inadeguata, ma per ora si ritrova a fare un passetto avanti, e a circondare con le braccia la figura della grifondoro seguendo un istinto che non sapeva di possedere. Un abbraccio di cui non capisce la natura e per cui sembra chiedere per un secondo aiuto al padre, lo sguardo che si sposta sull’adulto con un misto di confusione e sorpresa, prima che mormori uno « stai bene? » che sembra forse strano pronunciato dalle sue labbra. Quelle che si piegano in un sorriso certese all’arrivo di Will, che Merrow sia ancora fra le sue braccia o meno. « Buongiorno Dent, tutto bene le vacanze?» Non che gl’interessi ma, quindi bisogna fare conversazione.
* W: Merlino incoronato, grazie. Delation abbraccia Merrow e continua a tenerla abbracciata. Il passo di William si fa meno teso e frettoloso, ma comunque continua ad avvicinarsi, presumibilmente seguito da Allister e forse Tasha quando avrà smesso di sbavare. Forse. «Tutto bene. Le tue?» replica con garbo a quella sua domanda. Anche Luke li raggiunge, e lui, da ragazzo beneducato, procede alle presentazioni. «...non so se avete avuto modo di conoscervi, lui è Tristan Delation, un nostro compagno di classe» suo e di Merrow. E poi rivolto a Tristan «Loro sono Luke Pyrangelus, Tasha Odinsbane ed Allister Fralker.» accennando garbatamente a ciascuno. L`etichetta vuole la sua parte. Anche se dentro si sente morire per come percepisce Merrow in quel momento. Ma continua a parlare. Per farle sapere che è lì. Non potendosi permettere altro nel marasma della stazione. «...e se ci levassimo da questa bolgia infernale?» propone con una certa gentilezza, accennando al treno col capo. Angus non vede, Merrow non duole. Si spera. In effetti a meno di un metro da loro sta una porta aperta del treno, pronta ad accogliere gli studenti. Se loro accettassero, aiuterebbe CIASCUNO a caricare in fretta i bagagli, prima di occuparsi dei propri. E presumibilmente, appena in tempo per il fischio assordante. Ed a quel punto, salterebbe su anche lui. *
No, niente presentazioni, non c`è tempo: lei si aggrappa alla camicia firmata Hawthorne, per quei brevi istanti che precedono qualcosa che ha un che di miracoloso. Tristan l`abbraccia, senza strani tic, senza allontanarla, senza schifarla, e lei riesce a prendere un vero e proprio respiro di sollievo. Le mani passano alla sua schiena, stringendo il tessuto poco sotto le sue scapole, cercando di deglutire e di calmarsi un poco. La Loghain: che mai si è vista spaventata in pubblico, oppure stringere a quella maniera nessuno. Ora sta là, praticamente fusa con il petto del giovane Delation, contro il quale il suo cuore sbatte con la furia d`un animale in gabbia. Annuisce piano al sussurro che il Serpeverde le rivolge, stringendo in tutta risposta di più la presa «Dammi... un momento, ti prego.» vabbè, ora l`inferno si ghiaccia ed I Thestral diventano unicorni rosa volanti. Sente le parole di William, ne sente la voce, sente la risposta di Tristan, ma purtroppo non riesce ancora a separarsi da quella stretta, che poco a poco le sta ridando aria ai polmoni. Chiude gli occhi, li stringe, ed è con una violenza inaudita auto-inflitta, che si costringe a separarsi da quel contatto, solo dopo che Dent abbia presentato praticamente lo squadrone della morte dei suoi amichetti. Alza il capo e cerca lo sguardo del Serpeverde, in un moto di scuse sincero che solo ora si rende conto dei familiari li vicini, mentre lei si guarda bene dal cercare i suoi anche solo con gli occhi. L`elfo di famiglia sta già facendo levitare i bagagli in direzione dell`apertura più vicina del treno, proprio quella proposta da Dent, che la Loghain si ritrova a rivolgere un mesto saluto ai genitori del povero Tristan in un accenno di presentazione «Scusate... Merrow Loghain, molto lieta.» perfetto inchino, perfetto sorriso, espressione tornata sotto controllo, ed in generale parrebbe davvero un`educatissima Purosangue che si è solo spaventata per un pazzo col carrello ed il fischio facile. Guarda Gregor salutarli tutti, poi, volgendo il medesimo gesto di capo educato, prima di guardare di nuovo Delation e chiedergli in muta richiesta, di salire con loro. Eccola quindi, salutare proprio nessuno lì sul binario, intrufolandosi dentro il treno prima che altro possa accadere, cercando di mettere più distanza possibile tra lei e quello che è stato il suo Molliccio per un po` troppo tempo. La sinistra che sposta la riga laterale della chioma, la destra che pizzica la gonna e la tira un poco su per aiutarsi a salire i gradini, ed infine, occhi che cercano William in un ringraziamento silenzioso, a cercare di sancire la fine di quella folle stramberia da cardiopalma.
(...) l’arrivo di Merrow cambia notevolmente il tono di quel giorno di partenza. L’ha abbracciata spinto da un riflesso incondizionato che non sapeva di possedere, ma non l’allontana per scelta. Anzi. A quelle parole reagisce portando un braccio a cingerle le spalle, mentre l’altro rimane più basso in vita, quasi volesse proteggerla da qualsiasi cosa riesca a farla sgretolare in quel modo e nascondere quel momento di debolezza agli occhi del mondo. Ed è per quello che, nonostante l’incongruenza di tutto, si rivolge a Will con indifferenza, come se non avesse fra le braccia la grifondoro sotto lo sguardo curioso del padre. « Molto bene. Fra il Dover e New York. » Due posti che non potrebbero aver meno in comune, se non esponenti delle due famiglie di cui porta i cognomi. « Howthorne Delation » Due cognomi, appunto, per quanto scolasticamente abbia scelto di attenersi unicamente a quello materno, più ‘conosciuto’ in terra inglese, rispetto a quello americano tramandatogli dall’uomo al suo fianco. « Tasha, ciao. » L’unico saluto effettivo, mentre gli altri rimediano un cenno lieve del capo, appena oltre la testa di Merrow, giusto in tempo perché questa si tiri indietro, le braccia del serpeverde che per un attimo sembrano restie a lasciarla andare e a rivolgersi al padre come se nulla fosse accaduto. Il ‘Miss Loghain, è un piacere.’ pronunciato dall’uomo è abbinato ad un sorriso che si sposta poi sul figlio per recapitare uno ‘Scrivi a tua madre quando arrivi’ accompagnato da una stretta leggera della mano sul retro del collo e un lungo sguardo fra i due, un saluto che nonostante tutto potrebbe essere uno dei più calorosi nelle vicinanze e che termina con un cenno ai vari presenti prima di allontanarsi. E con lui, l’elfo di famiglia che si è premurato di sistemare i suoi bagagli sul treno in perfetto ordine, forse per ingraziarsi almeno un po’ il ‘padroncino’ inviperito nei suoi confronti. « Sì, saliamo. » E nonostante siano dirette a Will quelle parole, in risposta alla sua proposta, è Merrow che torna a guardare prima di sistemargli una mano bassa sulla schiena per condurla verso il treno, il suo corpo posizionato in parte dietro quello della ragazza e lo sguardo che corre intorno a loro, quasi cercasse qualcosa.
Totale e profonda riconoscenza, per coloro che sono accorsi a farle da scudo verso il mondo, ma è uno sguardo più intenso che rivolge a Tristan, abbandonando le sue braccia con la stessa reticenza sperimentata dall`altro. C`è un minuscolo momento di stasi, di consapevolezza del momento e dell`atto appena conclusosi, dove anche lei pare realizzare un bisogno che nemmeno sapeva d`avere. Si presenta al padre di Delation, con tutta l`eleganza che le hanno insegnato, rispondendo al suo dire con un sorriso un po` meno sghembo ma affilatamente complice «Il piacere è tutto mio, scusate l`intrusione.» non dà ulteriori spiegazioni però, salutando quindi l`uomo e volgendosi al treno. Quel contatto sulla parte bassa della schiena, ha uno stranissimo effetto su di lei, che inconsciamente s`avvicina maggiormente al corpo altrui, pur sempre muovendosi per montare sul treno. Il secondo fischio sancisce il loro distacco dalle famiglie, e lei può prendere un segreto sospiro di sollievo «Ssi..» un poco titubante, in risposta al dire ed allo sguardo di William «Cerchiamo uno scompartimento tutti assieme? Vi va? Tanto Becks ci raggiungerà sicuramente. Sarà a cercare Lance.» mormora lentamente, prima d`adocchiare oltre la porta d`uno scomparto poco più in là, un paio delle sue valige issate dall`elfo domestico di famiglia «Lì.. lì ci sono le mie.» niente soggetto, ma è chiaro ciò a cui si riferisca, indicando quindi la seconda porta a destra, per poi voltarsi in direzione di Tristan e mormorare leggermente «Dopo.. se hai un momento.» comincia con voce bassa, roca e calda, in maniera da venir udita solo da lui «Volevo darti il tuo regalo.» gli parla vicino, nonostante non ci sia più bisogno di stare così appiccicati, dato il corridoio un poco più largo e sgombro del binario su cui erano prima. Eppure la percezione spaziale sembra appena andata a farsi benedire. Pochi attimi e si muove in direzione dello scompartimento «Non vedo l`ora di cambiarmi. Non ne posso più di questi vestiti.» e che se lo strapperebbe di dosso con rabbia, è evidente a tutti.
Ma ascolta, saluta e si comporta con tutta l’eleganza e la cortesia imposta dall’educazione ricevuta, anche quando abbracci inaspettati giungono a destabilizzare interiormente l’animo di chi non gradisce nessun tipo di contatto fisico. E se lo sguardo confuso di Mr Howthorne è scivolato in silenzio sull’arrendevolezza del figlio, lo stesso avrà a che fare con tutto ciò presto o tardi. Perché si ritrova a poggiare con delicatezza la mano sulla vita di Merrow in un gesto che, nonostante tutto quello appena successo, parla di una confidenza che ancora difetta ai due e al comportamento di lui. Così come il fatto che li segue, apparentemente concorde al condividere lo scompartimento con loro, ascoltando i loro discorsi senza però intromettersi in alcun modo. Almeno fino a che Merrow non si rivolge a lui direttamente. « Sì, va bene. » Annuisce piano, fissando per un momento lo sguardo sul volto della ragazza, quasi fosse alla ricerca di qualcosa di preciso, prima che questa si allontani di punto in bianco. E se la guarda andare via, lo fa con attenzione, prima di spostare lo sguardo su Will per un lungo momento, lasciando che lo stesso saetti nuovamente sulla grifondoro in una tacita richiesta di tenerla d’occhio forse. Qualcosa che lui non farà, a giudicare come non sembri voler muovere passi verso lo scompartimento pieno, piuttosto diretto altrove. Magari semplicemente a trovare i suoi bagagli, finiti chissà dove.
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dreamerwriter18mha · 4 years
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CRONACHE DI YUUEI - GROUND ZERO Capitolo 6 - Istinto
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PAIRING: KIRISHIMA X BAKUGO    RATING: +18   GENERE: Fantasy AU
P.O.V. KIRISHIMA
Alla vista del biondo che si avvicinava, con quello sguardo astuto e dominante, una sensazione sgradevole iniziò a fiorire nel petto di Kirishima, seguita dal basso ringhio infastidito che lasciò le sue labbra.
Bakugo si bloccò, udendo il suono, e il suo sguardo si fece sorpreso e poi...deluso? Kirishima non ne era certo, ma sembrava davvero delusione quella che manifestavano i rossi occhi del Re. Ma deluso per cosa?
"Togliti la giacca, devi riuscire a muoverti liberamente" mormorò Bakugo, deviando la sua attenzione altrove.
Kirishima ubbidì subito, desideroso di cacciare quella sgradevole tensione tra loro.
"Per prima cosa vediamo come stai messo in difesa" spiegò il biondo, mettendosi in posizione di attacco "Cercherò di colpirti, tu cerca di impedirmelo"
Kirishima cercò di mettersi in posizione, una posizione terribile con un sacco di falle,  Bakugo era certo che l'avrebbe colpito, ma appena il pugno volò nella sua direzione, l'altro lo bloccò con uno scatto repentino della mano.
"Come diavolo hai fatto?" esclamò Katsuki sorpreso.
"Non lo so...l'ho sentito, diciamo. Quando hai mosso il braccio io sapevo dove avrebbe colpito" rispose Eijiro con esitazione.
"Va bene, riproviamo" disse il Re, rimettendosi in posizione.
Questa volta tirò un calcio e anche questo fu anticipato e bloccato dall'altro, nonostante la sua pessima difesa.
"Che cosa senti esattamente?"
"Non saprei spiegartelo...io non so dove proverai a colpirmi, ma appena ti muovi il mio corpo reagisce, da solo"
"E' il tuo istinto" spiegò Bakugo, con tono sorpreso "tu non sai combattere ma il tuo istinto di drago a quanto pare sì"
"Quindi se riuscissi a trasformarmi nella mia forma completa saprei combattere?"
"Forse...andiamo in biblioteca, se riusciamo a trovare qualche testo sui draghi forse possiamo capire come addestrarti in modo efficace" propose Bakugo.
"Io non so niente di addestramenti e combattimenti, quindi mi fido del tuo giudizio" rispose Kiri con un sorriso affilato.
Con grande dispiacere dell'altro, Bakugo si rimise il mantello sulle spalle e si incamminarono dentro il castello, verso la biblioteca in cui Kirishima era già stato poche ore prima.
"Ti piace vivere qui?" chiese il Re di punto in bianco, senza guardarlo.
"Oh sì...lo adoro. Non ti ringrazierò mai abbastanza per avermi accolto. Questo è molto di più di quanto avessi mai potuto sperare" rispose Kirishima con dolcezza "spero che la mia presenza non ti sia d'impiccio"
"Ti sembro il tipo di persona che fa qualcosa per pura cortesia?" sbottò il Re infastidito, spalancando la porta della biblioteca "Se sei qui è perché io voglio che tu sia qui. Tu cerca da quella parte, io cerco da questa"
"Va bene" rispose il rosso, con un sorriso enorme.
La biblioteca era enorme, due piani di scaffali e libri. L'arredamento era di un bel legno scuro, lucido, e tutto aveva questo odore di inchiostro, carta e pelle lavorata che faceva sentire Kirishima rilassato. Gli piaceva come i passi sul pavimento di legno risuonavano nel silenzio e il fruscio della carta gli dava un grande senso di pace. Nella sua prigionia non aveva mai avuto dei libri, ma una delle sue compagne gli raccontava delle storie avventurose che aveva letto da bambina nella libreria dei genitori. Gli piaceva immergersi in quei mondi di favole per sfuggire al dolore e alla solitudine della sua cella. Gli venne da sorridere al pensiero che ora che aveva a disposizione tutti i libri che avesse mai potuto desiderare, non gli servivano perché la sua vita stessa era diventata una di quelle favole. Anche se, quando sognava nella sua gabbia, immaginava di essere il bellissimo principe che salva la principessa dai mostri, mentre nella realtà era stato lui ad essere salvato da un affascinante Re.
Se sei qui è perché voglio che tu sia qui. Quelle parole continuavano a ripetersi come un mantra nella sua testa, facendolo sorridere come un idiota per tutto il tempo.
"Che cazzo hai da sorridere in quel modo?" sbraitò Bakugo, quando si incrociarono a metà di un lungo scaffale.
"Niente...sono solo felice" mentì.
Aveva capito che se avesse fatto notare a Bakugo la dolcezza di quello che aveva detto poco prima, il biondo se lo sarebbe rimangiato e non voleva davvero che accadesse. Voleva conservare quella confessione come una rara gemma.
"Hai trovato qualcosa?" gli chiese, per cambiare argomento.
Il Re annuì, mostrando i due libri che stava portando con se.
"Anche io ne ho trovati un paio"
"Qui non c'è altro. Iniziamo a leggere questi e poi vediamo" disse il Re, facendogli cenno di seguirlo.
"Va bene. Dove andiamo?"
"In un posto speciale" rispose Bakugo, con un sorriso astuto.
A pochissima distanza dalla biblioteca, nascosta in un corridoietto laterale, c'era una porta che Kirishima ancora non aveva notato, con un pezzo di pergamena inchiodato sopra che diceva: disturbare solo in caso di emergenza.
Appena la porta fu aperta, Eijiro rimase incantato.
La stanza era piccola rispetto alle altre che aveva visto nel palazzo, appena sufficiente per ospitare un piccolo gruppo di persone. Al centro della parete c'era un camino e davanti ad esso un morbido tappeto. Sul tappeto erano stati sistemati due divanetti e una poltrona, rivestiti di soffici cuscini di velluto verde. Tra i divani e la poltrona erano posizionati due piccoli tavolini rotondi, completamente vuoti, e in un angolo della stanza c'era un carrello su cui erano posati bicchieri e bottiglie di vetro piene di liquidi in varie tonalità dell'ambra, un servizio di porcellane e un'elegante vaso di vetro pieno di biscotti.
Sopra al camino, era appeso un quadro che raffigurava una donna assolutamente identica a Bakugo, perfino nello sguardo altezzoso, un uomo dai capelli scuri e dall'espressione dolce e un ragazzino in piedi tra di loro. Non serviva un genio per capire che erano Bakugo e i suoi genitori.
"Che posto è questo?" chiese Eijiro.
"Il salotto di famiglia" rispose il Re, accucciandosi davanti al camino "Ne abbiamo un altro più grande per quando abbiamo ospiti, dove si serve da bere e si gioca a carte, ma io preferisco questo"
Con attenzione, Kirishima si accomodò su uno dei divani, rimanendo sorpreso dalla morbidezza del tessuto, ma uno scoppio lo fece sussultare.
Guardò preoccupato verso Bakugo, che lo guardava a sua volta con un sogghigno, e capì che aveva scatenato una piccola esplosione per accendere il fuoco nel camino.
"Pestifero" brontolò Kirishima mostrandogli la lingua.
Il Re ridacchiò di gusto al gesto e quella dolce sensazione di euforia tornò a riempire il petto di Eijiro. Gli piacevano sempre di più questi momenti intimi con il Re, quando cadeva la maschera del sovrano schietto e cinico e usciva allo scoperto il gentile, divertente e spensierato Bakugo.
Una volta che il fuoco iniziò a scoppiettare nel camino, il Re si alzò e andò verso il carrello.
Kirishima sentì i vetri tintinnare e poco dopo un bicchiere di liquido ambrato fu posto nella sua mano.
"Che cos'è?"
"Assaggia e lo scoprirai" rispose il Re, accomodandosi su divano di fronte.
Con esitazione, Kirishima annusò la bevanda. Aveva un odore dolciastro e speziato.
Ne prese un piccolo sorso e appena lo inghiottì un'inaspettato bruciore gli bloccò il respiro. Sotto lo sguardo divertito di Bakugo, iniziò a tossire.
"Ma che...che diavolo mi hai dato?" piagnucolò.
"Cazzo che femminuccia" rise il Re "E liquore, non veleno"
A dimostrazione di ciò, prese un generoso sorso dal suo bicchiere e lo mandò giù senza fare una piega.
Kirishima, che non voleva essere da meno, provò a prenderne un altro sorso, questa volta sapendo cosa aspettarsi, e scoprì che, una volta abituato al bruciore, il gusto gli piaceva. Dopo aver vuotato il bicchiere, si rese conto che anche la sensazione di calore e annebbiamento gli piaceva. Si sentiva caldo e felice.
"Posso averne ancora? E' buono...mi ricorda te" esclamò all'improvviso.
Bakugo, che intanto aveva iniziato a leggere, lo guardò con un sopracciglio inarcato.
"In che senso ti ricorda me? E no, non puoi averne ancora. Non mi serve un drago ubriaco"
"Il sapore...ha un sapore dolce e speziato e tu hai un'odore dolce e speziato...mi piace il tuo odore...sa di casa, di famiglia...e mi fa sentire lo stomaco strano...ma uno strano buono. E il liquore brucia, come te quando fai esplodere le cose" rispose il ragazzo, cercando di spiegarsi senza inciampare sulle parole.
Il volto di Bakugo passò in un istante dallo sconcerto al totale imbarazzo. Il suo intero viso si accese di un rosso brillante.
"Capelli di merda! Non puoi semplicemente...oddio...sei già ubriaco, vero?" ribatté il Re, iniziando improvvisamente a ridere "sei davvero una femminuccia"
"Ehi...non sono una femminuccia...sono un possente drago!" ribatté l'altro seccato, cercando di spostarsi verso di lui.
Le sue gambe collaborarono per il primo metro, ma a pochi passi dal divano cedettero, facendolo cadere.
"Attento idiota!" esclamò il Re, che non riusciva a trattenere le risate, afferrandolo al volo per i fianchi.
Il gesto impedì al ragazzo di finire a terra, ma gli fece comunque perdere l'equilibrio facendolo cadere addosso a Bakugo.
"Scusa" mormorò il affranto.
"Non importa" disse il Re divertito, aiutandolo a stendersi sul divano.
Il divanetto era per due persone e per quanto Kirishima non fosse enorme, non era nemmeno piccolo, quindi Bakugo gli fece posare la testa sulla sua coscia.
Con l'alcool nelle vene e il familiare odore di Bakugo nel naso, Eijiro impiegò pochi secondi a scivolare in un sonno profondo.
Quando il Re udì il respiro del drago farsi lento e regolare capì che doveva essersi addormentato e tornò silenziosamente alla sua lettura.
E se nel frattempo le sue dita scivolarono pigramente tra le ciocche cremisi, suscitando morbide fusa dal ragazzo addormentato, il segreto rimase custodito all'interno di quelle quattro mura.
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alchimilla · 4 years
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• Covid-19 • L’indebolimento del virus, una scoperta tutta bresciana
La vita ai tempi della pandemia - Mondo, Zona Rossa / giorno 88 / Italia, Fase 3: fine del Lockdown
E con oggi, 3 giugno 2020, siamo arrivati alla tanto agognata, sperata, sognata, desiderata, Fase 3, che sancisce la fine del Lockdown e la riapertura dei confini regionali.
Da oggi, è di nuovo possibile spostarsi liberamente tra le regioni italiane.
Addio alle autocertificazioni della Fase 1, alle chiusure di qualsiasi cosa, in pieno Lockdown.
Addio ai divieti di tutto.
L’Italia, oggi, ritrova la sua libertà. Più o meno.
Ed è tutto quasi come prima del virus.
Già, quasi, perché permangono ancora alcuni obblighi e divieti: obbligo della (insopportabile, io non la reggo veramente più, non solo per il caldo) mascherina ogni volta che si esce, in Lombardia e in alcune altre regioni del nord.
Obbligo dei, totalmente inutili, guanti nei negozi. Il virus resta sul lattice dei guanti esattamente come resta sulle mani, e toccandosi il viso con guanti contaminati, ci si infetta proprio come se ci si toccasse con le mani, idem per le superfici.
Molto più intelligente sarebbe disinfettarsi le mani solo con del semplice gel a base alcolica, ogni volta che si entra in un negozio, ma siccome il gel ai negozianti costa, e regioni e comuni è già un miracolo che abbiano fornito, con grandissimo ritardo, le mascherine, figuriamoci se forniscono anche gel disinfettanti, e quindi, continuiamo con questa sciocca farsa dei guanti, che sono, per altro, da mesi, introvabili.
Resta il divieto degli assembramenti, e l’obbligo di mantenere la distanza di sicurezza.
È finalmente arrivata sugli smartphone l’app “Immuni”, arrivata in ritardissimo, come le mascherine, e direi, ormai, fuori tempo massimo, dato che il virus sta progressivamente scemando.
Ovviamente “Immuni”, doveva essere creata e rilasciata quando ce n’era davvero bisogno, tra fine febbraio e aprile, nelle 10 terribili settimane in cui tutti abbiamo veramente rischiato di morire, e in cui tutti saremo entrati in contatto almeno mille volte con un positivo a Covid, ogni volta che uscivamo di casa, in un periodo in cui le distanze di sicurezza e le mascherine, c’erano sì e no. Più no che sì.
Adesso, questa app, è totalmente inutile.
Abbiamo le mascherine, le distanze. Il virus è depotenziato. A che diavolo mi serve sapere che sono stata a meno di un metro da un positivo a Covid ora? A niente.
Ma forse, il vero scopo di “Immuni”, non è ciò che sembra...
Più di qualcuno, ai piani alti, c’ha preso troppo gusto a controllare i cittadini, e ora che questo controllo non è più così necessario, è dura mollare la presa. Il controllo della popolazione è un’occasione troppo ghiotta, per chi tira i fili nell’ombra.
Però, se si tira troppo la corda, questa poi si rompe.
Ed è così che nascono le rivolte, come nei quaranta stati americani, dove la gente, stremata dal virus, e disperata perché ha perso tutto, e disorientata perché Trump non è in grado di guidare il paese, nè di confortarlo, ha messo a ferro e fuoco qualunque cosa.
Ed è così che a New York, sempre martoriata da Covid, è scattato il coprifuoco, di cui la popolazione, armata e troppo arrabbiata, non si cura affatto. Nè si cura più del virus, dei contagi e degli assembramenti.
Ed è così, che gli americani, disoccupati e alla fame (come moltissime altre persone in ogni parte del mondo, purtroppo), hanno messo a ferro e fuoco Washington D.C., con proteste e tafferugli davanti alla Casa Bianca, in cui sono rimasti feriti cinquanta agenti dei servizi segreti.
Ed è così che Trump, si è ritrovato, durante la guerriglia che si è consumata la notte del 29 maggio, fuori dalla Casa Bianca, ad essere portato, dai Servizi Segreti, insieme a tutta la famiglia presidenziale, nel bunker super blindato della Casa Bianca, che si trova cinque piani sotto terra. Perché si temeva per la sua incolumità.
Ma torniamo a noi.
Il 26 maggio, Arnaldo Caruso, Direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia degli Spedali Civili di Brescia, e Presidente della Società Italiana di Virologia (Siv-Isv), anticipa alla stampa una scoperta che è in via di pubblicazione scientifica:
la squadra di scienziati guidata da Caruso, isola una variante di Covid-19 (presa dal tampone di un paziente asintomatico, ma con altissima carica virale) “estremamente meno potente” rispetto ai ceppi virali visti a fine febbraio, marzo e parte di aprile (e che hanno provocato la morte di migliaia di persone, giovani e vecchie), che sono stati isolati e sequenziati, e che erano vere e proprie bombe biologiche, in grado di uccidere le cellule bersaglio in vitro in 2-3 giorni: questa nuova variante di Covid, invece, ha bisogno di minimo 6 giorni (il doppio del tempo) per attaccare le cellule bersaglio e non riesce nemmeno ad ucciderle tutte.
Questo significa, che Covid-19 ora, nella sua versione indebolita, e molto meno aggressiva, si ferma nelle alte vie respiratorie, dando sintomi lievi, senza più scendere nei polmoni, provocando microtromboembolie diffuse a tutti gli organi vitali e nella circolazione sanguigna, il che significa, che non è più letale, spiega Giuseppe Remuzzi, Direttore dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, che sostiene a sua volta la scoperta di Caruso, e che, già diverse settimane prima, aveva chiaramente detto tramite i media, che il virus si era depotenziato, stando alle evidenze della sintomatologia dei pazienti Covid di maggio, che non era più quella gravissima di febbraio-marzo-aprile: ora i malati che arrivano in ospedale con sintomi da Covid, non hanno più bisogno della terapia intensiva, ma vengono dimessi in poche ore e curati a casa. Anche pazienti 90enni con Covid, spiega un altro infettivologo, Matteo Bassetti, dell’Ospedale San Martino di Genova e Presidente della Società italiana di terapia antinfettiva. Prima, questi stessi pazienti, morivano nel giro di una settimana.
Ecco perché le terapie intensive si stanno svuotando e continua a diminuire anche il numero dei contagi e dei malati ricoverati per Covid.
Dello stesso parere anche Alberto Zangrillo, direttore della terapia intensiva dell'Ospedale San Raffaele di Milano, che ribadisce quanto già detto dagli altri suoi colleghi: i tamponi dei pazienti Covid di maggio, presentano una debolissima carica virale, assolutamente infinitesimale, rispetto a quelli eseguiti tra febbraio ed aprile. E questa è la prova molecolare di infezioni molto leggere, quasi inapparenti. Si vede, cioè, il virus in dosi molto, molto ridotte. Ne deriva, quindi, che la capacità replicativa di Covid, a maggio, è enormemente indebolita rispetto a quella che si è avuta a marzo. E questo riguarda pazienti di tutte le età, inclusi gli over 65.
Concorde su queste nuove evidenze del virus, anche il professor Silvestri della Emory University di Atlanta.
Non solo, anche scienziati di Hong Kong e degli USA, stanno notando un indebolimento del virus, una sua minore aggressività, dovuta a varianti virali che presentano grosse alterazioni genetiche, sia in vitro che in vivo, sugli animali, come dimostra uno studio cinese, pubblicato sulla rivista ‘Emerging Microbes & Infections’, ed in linea con la scoperta di Brescia.
Cosa manca, dunque, per chiudere il cerchio ed essere certi che Covid-19 sia in ritirata? Una mappatura del genoma di Covid, per capire quanto stia circolando questa variante più debole e quanto sia geneticamente diversa dalle altre, continua Caruso.
Ma certamente, arriveranno ulteriori conferme.
Il virus si sta esaurendo (9 regioni italiane con 0 contagi, e la Lombardia, la regione con più contagi in Italia, è in netto calo. Solo una decina di giorni fa c’erano più di 400 contagi in Lombardia, adesso siamo scesi a 150 circa), così come accade, a un certo punto (all’incirca dopo 70-80 giorni, questo è il periodo di massima diffusione o di ciclo vitale di un’epidemia, secondo uno studio israeliano), in tutte le epidemie della storia del mondo.
Diversamente, avremmo ancora la peste, la Spagnola e così via.
Siamo ad un passo dall’uscita dal tunnel.
La luce, ora , è forte, e proprio davanti a noi.
E il buio più nero, ormai, è dietro di noi.
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solosepensi · 4 years
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Nel paradiso degli animali l'anima del somarello chiese all'anima del bue:
- Ti ricordi per caso quella notte, tanti anni fa, quando ci siamo trovati in una specie di capanna e là, nella mangiatoia...?
- Lasciami pensare... Ma sì - rispose il bue. - Nella mangiatoia, se ben ricordo, c'era un bambino appena nato.
- Bravo. E da allora sapresti immaginare quanti anni sono passati?
- Eh no, figurati. Con la memoria da bue che mi ritrovo.
- Millenovecentosettanta, esattamente.
- Accidenti!
- E a proposito, lo sai chi era quel bambino?
- Come faccio a saperlo? Era gente di passaggio, se non sbaglio. Certo, era un bellissimo bambino.
L'asinello sussurrò qualche cosa in un orecchio al bue.
- Ma no! - fece costui - Sul serio? Vorrai scherzare spero.
- La verità. Lo giuro. Del resto io l'avevo capito subito...
- Io no - confessò il bue - Si vede che tu sei più intelligente. A me non aveva neppure sfiorato il sospetto. Benché, certo, a vedersi, era un fantolino straordinario.
- Bene, da allora gli uomini ogni anno fanno grande festa per l'anniversario della nascita. Per loro è la giornata più bella. Tu li vedessi. È il tempo della serenità, della dolcezza, del riposo dell'animo, della pace, delle gioie famigliari, del volersi bene. Perfino i manigoldi diventano buoni come agnelli. Lo chiamano Natale. Anzi, mi viene un'idea. Già che siamo in argomento, perché non andiamo a dare un'occhiata?
- Dove?
- Giù sulla terra, no!
- Ci sei già stato?
- Ogni anno, o quasi, faccio una scappata. Ho un lasciapassare speciale. Te lo puoi fare dare anche tu. Dopotutto, qualche piccola benemerenza possiamo vantarla, noi due.
- Per via di aver scaldato il bimbo col fiato?
- Su, vieni, se non vuoi perdere il meglio. Oggi è la Vigilia.
- E il lasciapassare per me?
- Ho un cugino all'ufficio passaporti.
Il lasciapassare fu concesso. Partirono. Lievi lievi, come mammiferi disincarnati. Planarono sulla terra, adocchiarono un lume; vi puntarono sopra. Il lume era una grandissima città. Ed ecco il somarello e il bue aggirarsi per le vie del centro. Trattandosi di spirito, automobili e tram gli passavano attraverso senza danno, e alla loro volta le due bestie passavano attraverso i muri come se fossero fatti d'aria. Così potevano vedere bene tutto quanto.
Era uno spettacolo impressionante, mille lumi, le vetrine, le ghirlande, gli abeti e lo sterminato ingorgo di automobili, e il vertiginoso formicolio della gente che andava e veniva, entrava e usciva, tutti carichi di pacchi e pacchetti, con un'espressione ansiosa e frenetica, come se fossero inseguiti. Il somarello sembrava divertito. Il bue si guardava intorno con spavento.
- Senti, amico: mi avevi detto che mi portavi a vedere il Natale. Ma devi esserti sbagliato. Qui stanno facendo la guerra.
- Ma non vedi come sono tutti contenti?
- Contenti? A me sembrano dei pazzi.
- Perché tu sei un provinciale, caro il mio bue. Tu non sei pratico degli uomini moderni, tutto qui. Per sentirsi felici, hanno bisogno di rovinarsi i nervi.
Per togliersi da quella confusione, il bue, valendosi della sua natura di spirito, fece una svolazzatine e si fermò a curiosare a una finestra del decimo piano. E l'asinello, gentilmente, dietro.
Videro una stanza riccamente ammobiliata e nella stanza, seduta ad un tavolo, una signora molto preoccupata.
Alla sua sinistra, sul tavolo, un cumulo alto mezzo metro di carte e cartoncini colorati, alla sua destra una pila di cartoncini bianchi. Con l'evidente assillo di non perdere un minuto, la signora, sveltissima, prendeva uno dei cartoncini colorati lo esaminava un istante poi consultava grossi volumi, subito scriveva su uno dei cartoncini bianchi, lo infilava in una busta, scriveva qualcosa sulla busta, chiudeva la busta quindi prendeva dal mucchio di destra un altro cartoncino e ricominciava la manovra. Quanto tempo ci vorrà a smaltirlo? La sciagurata ansimava.
- La pagheranno, bene, immagino, - fece il bue - per un lavoro simile.
- Sei ingenuo, amico mio. Questa è una signora ricchissima e della migliore società.
- E allora perché si sta massacrando così?
- Non si massacra. Sta rispondendo ai biglietti di auguri.
- Auguri? E a che cosa servono?
- Niente. Zero. Ma chissà come, gli uomini ne hanno una mania.
Si affacciarono, più in là, a un'altra finestra. Anche qui, gente che, trafelava, scriveva biglietti su biglietti, la fronte imperlata di sudore.
Dovunque le bestie guardassero, ecco uomini e donne fare pacchi, preparare buste, correre al telefono, spostarsi fulmineamente da una stanza all'altra portando spaghi, nastri, carte, pendagli e intanto entravano giovani inservienti con la faccia devastata portando altri pacchi, altri scatole altri fiori altri mucchi di auguri. E tutto era precipitazione ansia fastidio confusione e una terribile fatica. Dappertutto lo stesso spettacolo. Andare e venire, comprare e impaccare spedire e ricevere imballare e sballare chiamare e rispondere e tutti correvano tutti ansimavano con il terrore di non fare in tempo e qualcuno crollava boccheggiando.
- Mi avevi detto - osservò il bue - che era la festa della serenità, della pace.
- Già - rispose l'asinello. - Una volta infatti era così. Ma, cosa vuoi, da qualche anno, sarà questione della società dei consumi... Li ha morsi una misteriosa tarantola. Ascoltali, ascoltali.
Il bue tese le orecchie.
Per le strade nei negozi negli uffici nelle fabbriche uomini e donne parlavano fitto fitto scambiandosi come automi delle monotone formule buon Natale auguri auguri a lei grazie altrettanto auguri buon Natale. Un brusio che riempiva la città.
- Ma ci credono? - chiese il bue - Lo dicono sul serio? Vogliono davvero tanto bene al prossimo?
L'asinello tacque.
- E se ci ritirassimo un poco in disparte? - suggerì il bovino. - Ho ormai la testa che è un pallone... Sei proprio sicuro che non sono usciti tutti matti?
- No, no. È semplicemente Natale.
- Ce n'è troppo, allora. Ti ricordi quella notte a Betlemme, la capanna, i pastori, quel bel bambino. Era freddo anche lì, eppure c'era una pace, una soddisfazione. Come era diverso.
- E quelle zampogne lontane che si sentivano appena appena.
- E sul tetto, ti ricordi, come un lieve svolazzamento. Chissà che uccelli erano.
- Uccelli? Testone che non sei altro. Angeli erano.
- E la stella? Non ti ricordi che razza di stella, proprio sopra la capanna? Chissà che non ci sia ancora. Le stelle hanno una vita lunga.
- Ho idea di no - disse l'asino - c'è poca aria di stelle, qui. Alzarono il muso a guardare, e infatti non si vedeva niente, sulla città c'era un soffitto di caligine e di smog.
Dino Buzzati
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chez-mimich · 4 years
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UN MONDO DIVERSO. Forse non abbiamo capito che la nostra vita non tornerà più come prima. Non tornerà come prima né a metà maggio, né al primo di giugno. Non tornerà più come prima, dopo la costruzione di mille terapie intensive, nemmeno dopo la cura col plasma, non tornerà più come prima nemmeno dopo la scoperta del vaccino. Perché? Perché, e questo lo abbiamo capito, abbiamo scoperto di essere vulnerabili. Lo aveva predetto Bill Gates, ma anche Jeremy Rifkin, Noam Chomsky e qualche altro. Lo scossone che Sua Maestà la Natura ci ha dato, come un cane che si libera con una grattata di zampa da una fastidiosissima zecca, dovrebbe farci comprendere che la nostra esistenza le è del tutto indifferente. Ha scritto bene Paolo Giordano nel suo recente “Nel contagio” (Einaudi): “... La nostra aggressività verso l’ambiente rende sempre più probabile il contatto con questi patogeni nuovi che fino a poco tempo fa se ne stavano tranquilli nelle loro nicchie naturali (…) Chi di noi può sapere cos’hanno liberato gli incendi smisurati in Amazzonia dell’estate scorsa? Chi è in grado di prevedere cosa verrà dall’ecatombe più recente di animali in Australia?” Siamo, giustamente, concentrati ad osservare se il governo si muove bene oppure no, ma siamo esageratamente concentrati a disquisire su termini come “congiunti” o“affetti stabili”. Quello che ci aspetta è un mondo diverso che avrà, per sempre, paura di un “virus” nuovo. Ma come un meteorite fece scomparire i dinosauri dalla faccia della terra (pare), qualcosa di positivo potremmo riuscire a cavar fuori anche da Covid e dai suoi nipotini. Dovremmo immaginare, poi progettare e quindi realizzare un mondo diverso, ma, essendo un inguaribile ottimista, direi anche più umano. Un mondo magari, come immaginava nell’Ottocento Charles Fourier, dove gli addetti alla nettezza urbana avrebbero dovuto guadagnare molto per le mansioni di alto valore civico che svolgevano e guarda caso, proprio in questi mesi appena trascorsi e, ancora oggi, vediamo quanto la “profezia” sia attualmente vera. Un mondo dove in treno o in metro, non solo si può, ma si deve, stare seduti distanti e comodi, così come sugli aerei, a teatro o al cinema. Un mondo senza mucchi di ultras selvaggi negli stadi, un mondo senza “spingitori” di persone come nella metropolitana di Tokyo. Dovremmo provare a immaginare un mondo dove sarà inutile spostarsi in auto per andare in un ufficio per compilare un documento inutile che produce altri documenti inutili. Dovremmo persino immaginare una scuola dove non sia obbligatorio stare seduto in un banco, ma si possa anche imparare seduti sotto un albero o in un giardino, dove il testo di un libro lo si possa leggere su uno schermo come questo dove state leggendo voi, senza drammi o integralismi e senza che Umberto Eco si rivolti nella tomba e Jean-Claude Carriėre se ne abbia a male. E dovremmo persino pensare ad un mondo senza nemici. Mentre i sovranisti, di mezzo mondo cercavano nei musulmani o nei cristiani, nei gay o negli stranieri, il nemico che voleva distruggere la nostra civiltà, la distruzione è arrivata da un microscopico virus di 20 o 30 kilobasi. Ma noi abbiamo paura solo di nemici visibili come i neri, i gialli, i rossi, i pipistrelli o i serpenti, abbiamo paura di ciò che decidiamo sia il nostro nemico, come scriveva negli anni Sessanta Elias Canetti in “Massa e potere” (Adelphi): “...Nella massa c'è una particolare suscettibilità verso i nemici designati come tali, che possono mostrarsi rigidi o disponibili, ma le loro azioni verranno sempre interpretate dalla massa come se fossero malvagie e intenzionate a distruggerla...” Proviamo ad immaginare un mondo diverso.
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