“ Mi è capitato, qualche tempo fa, di visitare una mostra al Leopold Museum di Vienna; una accanto all’altra, nella stessa sala, comparivano due opere apparentemente simili, anzi una era la citazione dell’altra: la prima era una classica tela di Lucio Fontana, coi “tagli” che l’hanno reso famoso, la seconda una tela di Maurizio Cattelan con tre “tagli” alla maniera di Fontana, due orizzontali e uno diagonale disposti in modo che si potessero leggere come la Z di Zorro – “zorro” in spagnolo significa “volpe”: dunque l’operazione di Cattelan consisteva nel prendere in giro l’arte sedicente autentica e nello smascherarne l’astuzia commerciale. Un amico che mi accompagnava, alla mia osservazione che l’opera di Fontana conservava un’energia (come l’ombra del gesto) che era totalmente assente nella tela di Cattelan, rispose usando un aggettivo che non avevo mai sentito: «l’opera di Cattelan è webbabile, l’altra no». Essere “webbabile”, cioè facilmente trasmissibile nell’ambiente digitale, è dunque una dote precisa per i messaggi che oggi vogliano arrivare a tutti. Quella di Cattelan è un’idea*, la tela di Fontana è un testo prodotto dalla passione di un corpo, non un episodio di guerriglia semiologica. I tagli di Fontana non assomigliano agli stencil di Banksy, dove il coraggio e la deliziosa fantasia inventiva sono esterni al disegno, tutti estrovertiti sull’azione civica; nella tela di Fontana il coraggio è incorporato nell’opera: è come le pennellate grumose di Van Gogh, come le colature di Pollock, come l’irriproducibile vibrazione sui mattoncini della vermeeriana Veduta di Delft, che cambiano luce quando l’osservatore si avvicina. “
* “La cucina di ‘Elle’ è una cucina di idee” scriveva già nel 1957 il Barthes di Miti d’oggi.
Walter Siti, Contro l’impegno. Riflessioni sul Bene in letteratura, Rizzoli (collana Narrativa italiana), 2021. [Libro elettronico]
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LETTERA APERTA DI ARTISTI, LETTERATI, INTELLETTUALI AL MONDO DELLA CULTURA ITALIANA
Gli artisti e le artiste, gli/le intellettuali, le associazioni culturali che firmano questa Lettera aperta, avvertono l’ineludibile bisogno di prendere posizione di fronte a quanto sta accadendo a Gaza e in…
È stato un architetto, pittore e scenografo italiano. Impegnato in vari campi di attività, fu uno dei pochi che possiamo considerare un "uomo universale", al pari di figure come Raffaello e Michelangelo, capace di incidere sullo sviluppo delle arti in moltissimi settori.
Mentre i contemporanei lo consideravano uno dei maggiori artisti del secolo, dopo poco fu dimenticato, fino alla sua riscoperta nel Novecento. Risulta quindi difficile, a parte le opere maggiori, ottenere il quadro completo dei suoi lavori.
La scultura del giorno che vi propongo oggi è il gruppo di Sileno e Bacco bambino noto anche con il nome del Fauno Borghese, un tempo appartenente a Galleria Borghese ma oggi custodito nel Dipartimento delle antichità greche, etrusche e romane del Museo del Louvre.
L’opera, una delle più apprezzate della collezione Borghese, tornò alla luce con gli scavi fatti nella proprietà di Carlo Muti,…
[Battiato:] «Dividerei i miei periodi grossolanamente in tre fasi: gli anni '70, quando c'era un individuo sul palco pieno di cose elettroniche tanto da sembrare un laboratorio ed un pubblico dall'altra completamente estraneo. Ho avuto la fortuna di aver avuto dei seguaci che restavano sempre delusi. Era quasi inevitabile. Quindi i miei concerti erano sempre affollati, perché è come se mi stessero dando sempre l'ultima possibilità, anche se alla fine restavano comunque delusi. Io non avevo il minimo rimorso e rispondevo ai famosi dibattiti dell'epoca che poiché mettevo in gioco la mia vita, non era giusto chiedermi di accontentare il pubblico. Perché non era il mio scopo. Nutrivo in pratica un disprezzo per gente che pagava un biglietto e che invece aveva bisogno anche di qualche forma di assistenza, di consolazione. Poi, negli anni '80, ci fu un successo inaspettato e di contro da parte mia un vero disprezzo per questa forma, perché non accettavo questo genere di esagerazione: era qualcosa di squilibrato. Fino ad arrivare a periodi in cui mi sono riconciliato con l'elemento musicale che veniva a costituire un centro e se volevi entrarci dovevi spostare il tuo fisico e la tua sensibilità ed andargli vicino. In quel momento ci fu l'unione tra quello che facevo - anche se non sembravano dischi commerciali, visto che si trattava di concerti acustici con pianoforte ed orchestra d'archi - e l'affetto che il pubblico cominciò a manifestarmi. Se prima ero immune e consideravo tutto strumentale, a quel punto la volontà e la forza di questo pubblico cominciò ad entrarmi dentro; sentivo che c'era brutalmente uno zoccolo duro. E che ancora oggi rimane la base.»
Catania, 30 Dicembre 1998
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Brano tratto dall’intervista di Jonathan Giustini Franco Battiato e Manlio Sgalambro: svolte/entropie pubblicata nel numero monografico dedicato a Franco Battiato di Nuove Effemeridi - rassegna trimestrale di cultura, Edizioni Guida, Palermo, n° 47, 1999/III, Anno XII; p. 10.