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#Francesco Ragazzi
disease · 1 year
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PALM ANGELS FALL 2023 RTW
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nofatclips · 7 months
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Meme K Ultra "Carpool Karaoke" by Cor Veleno & Tre Allegri Ragazzi Morti
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gregor-samsung · 10 months
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“ Lì, nel mare, spesso ci sei tu. Appena dentro, con l’acqua che ti arriva al ginocchio, giochi a pallavolo con un gruppo di amici e molte ragazze, e fai tuffi spettacolari per prendere la palla, e schizzi acqua con tutte le forze; il vento porta voci, risate e grida qualche volta, altre volte le trattiene e sembra di essere diventati sordi. So che ci sei sempre, so che continui a passare su questa spiaggia gran parte della tua estate e il lungomare sarà invaso da un’altra serie di ricordi che non conosco più; quando fai il gesto di levare gli occhiali da sole e quando il vento porta la tua risata verso il mio ombrellone, ho la conferma che continui a essere felice, che il tuo mondo è in questi due mesi, è in questa piccola città di mare. All’inizio, con imbarazzo, venivi a chiedermi di stare con voi - non me lo chiedevi direttamente, avremmo avuto pudore di chiedere e rispondere, ma lo dicevi in modo passabile, scherzando o prendendo il discorso alla larga. Io dicevo no, anzi non dicevo no, cercavo scuse plausibili. Alla fine, ti allontanavi, e a me sembrava che un attimo dopo sarebbe venuta tua madre a prendermi la mano e a portarmi tra voi, e all’inizio non mi avreste passato la palla, tu con la testa bassa, poi una volta e poi un’altra me l’avreste passata finalmente, e avrei cominciato a giocare, e poi a tuffarmi come te, e poi mi avresti preso in giro per un tuffo goffo o cos’altro, e le risate dei tuoi amici avrebbero fatto il resto. Non avrei potuto. Sembra che sia questo il momento di divertirsi e di vivere, sembra che l’anno abbia un prima, un durante e un dopo. E questo è il «durante» - bisogna approfittarne. A me non piace essere troppo allegro, e nemmeno troppo triste. A me non piace sapere che è questo il momento di fare qualcosa, che ci sono dei mesi irrinunciabilmente dediti alla vita, e sono i mesi d’estate. Essere allegri tutte le sere fino a notte inoltrata, è faticoso. E poi tornare a casa tardi, spogliarsi di poco e non rivestirsi, girare e rigirare il corpo sul letto caldo, e guardare le stelle fuori, perché è tutto aperto e sembra di dormire per strada - e sembra una cosa bella, ma non lo è perché non si riesce a dormire, si suda, bisogna fare una doccia, hai visto che caldo ha fatto stanotte? Non ho chiuso occhio. Un caldo così. Nel letto stai un po’ dalla parte sinistra, e quando diventa calda, passi dalla parte destra, e senti un po’ di quel fresco sulle guance e sulle anche. Poi di nuovo caldo. Puoi girare il cuscino, e poi farlo ancora una volta, ma se non fai presto ad addormentarti succede che acceleri le soluzioni, passi da una parte all’altra del letto, giri il cuscino sopra e sotto, e finisci per scaldare tutto e non ci sono più angoli freschi. Ti agiti tanto, ed è peggio. Un caldo come quello di stanotte non l’hai mai sentito. “
Francesco Piccolo, Storie di primogeniti e figli unici, Feltrinelli (collana Universale Economica n° 1483), 1998; pp. 102-103.
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marcogiovenale · 1 year
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a roma, fino al 26 febbraio: "jonas mekas. images are real"
a roma, fino al 26 febbraio: “jonas mekas. images are real”
https://culture.roma.it/appuntamento/images-are-real/ Jonas Mekas 100! – il programma internazionale di manifestazioni che celebra il centesimo anniversario dalla nascita del regista e teorico di origine lituana – approda in Italia con la mostra Images Are Real e una serie di eventi a cura di Francesco Urbano Ragazzi che ha accompagnato Mekas in svariati progetti d’arte da Venezia a New York, a…
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actorsinunderwear · 11 months
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Francesco Benigno in Ragazzi fuori (Boys on the Outside) (1990)
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ilpianistasultetto · 1 year
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"Ragazzi, andate a lavorare nelle campagne. E' un mestiere bello, dignitoso e da anche tante soddisfazioni".. Chi lo dice? Il Ministro dell'agricoltura e della sovranita' alimentare, il Fd'I Francesco Lollobrigida.
Avete fatto caso chi fa sempre certi inviti? Sempre i politici, sia di dx che di sx. Nel caso specifico, un ministro che appena diplomato, invece di prendere la zappa e andare a fare il mestiere piu' bello del mondo, si butta in politica, dove c'e' da tirar su merda dalla mattina alla sera. A 24 anni consigliere comunale nel comune di Subiaco e da li ha ricoperto sempre cariche piu' importanti, fino a diventare assessore in Regione Lazio, poi deputato e oggi ministro. Sono 30 anni che invece di andare a guadagnarsi dignita' a 1000 euro al mese spaccando zolle a 40 gradi all'ombra, se ne sta dentro stanze con aria condizionata e porta a casa migliaia di euro. Con il dovuto rispetto, io la lezioncina da uno cosi non me la faccio fare. Auguro ai suoi figli e successive generazioni tanta tanta terra da coltivare, tanti ovini da pascolare e tanti bovini da mungere. @ilpianistasultetto
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orotrasparente · 8 months
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giovanni battista cutolo è un nome proprio di persona, per molti non dirà nulla, altri magari l’hanno sentito di sfuggita, in ogni caso giovanni era un ragazzo della mia età, era, perché è morto, ucciso, a napoli
napoli, quella città che molti ultimamente hanno riscoperto per mare fuori o prima ancora per gomorra, sui social negli ultimi anni spopola la gente che si sente “napoletana”, ma solo perché non la vive, è questo il punto, è facile dire napoli è bella, si mangia bene, la gente è simpatica, ma voi che non la vivete non sapete cos’è napoli davvero, o meglio cosa sono i napoletani, i napoletani (per gran parte) sono quelli che ti ammazzano dopo un litigio per un parcheggio perché sì, giovanni, 24 anni, musicista, è stato ucciso per un litigio da un sedicenne (16 anni, io a 16 anni andavo appresso alle ragazze, stavo con i miei amici nell’oratorio, non andavo in giro con una cazzo di pistola) a causa di un parcheggio, un sedicenne che tira fuori una pistola, “me rutt o cazz” e spara, davanti agli occhi della fidanzata di giovanni, che lascia su quell’asfalto insanguinato i suoi sogni, una madre, un fratello, un padre, una famiglia distrutta
“giovanni vive” scrivono con una colomba e un cuore sui social, no, giovanni non vive e non vivrà mai più, per colpa di una città malata, di un sistema malato, napoli e i napoletani (io compreso) dovremmo solo chiedere scusa a giovanni, ma alla fine giovanni è solo un nome proprio di persona, oggi è lui, ieri era francesco pio maimone, domani sarà qualcun altro, vittime innocenti di una città irrecuperabile perché le persone cattive saranno sempre più di quelle buone, a napoli ogni persona ignorante e pregna di cattiveria non fa un figlio, ne fa 10, una sola famiglia fa decine di figli e crescono decine di potenziali criminali, chi è “buono” se ne sta in disparte o almeno ci prova, oppure scappa via da questo posto
napoli non è (solo) il mare, la pizza, il sole, il caffè e quant’altro, napoli è una città bellissima ma popolata da troppi mostri che ne oscurano la bellezza, a napoli i sogni te li strappano dalle mani e te li fanno a pezzi per un parcheggio e tu non puoi fare nulla, sei impotente, perché dall’altra parte ci sono ragazzi o addirittura ragazzini che sono frutti marci, nati da altri frutti marci, che avvelenano giorno dopo giorno, come parassiti, una città
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raffaeleitlodeo · 1 year
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Paolo Marangon, sessantasettenne, è morto dopo il pugno sferratogli da un pregiudicato sabato scorso in via Alga a Chioggia. 
Sabato sera Paolo era andato a prendere la sua amica Daniela per andare a mangiare una pizza. L'omicida era seduto sui gradini del condominio in cui abita Daniela.  Paolo, per farsi strada tra le biciclette abbandonate, lo ha urtato involontariamente. L'omicida ha reagito rincorrendolo e sferrandogli un colpo secco al volto, facendogli sbattere il capo a terra in modo violentissimo. Dopo 2 giorni di agonia, Paolo è morto. L'omicida, pregiudicato, é libero. Il pm di turno che lo ha iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio preterintenzionale, ha ritenuto non ci fosse pericolo di fuga, pertanto lo ha denunciato a piede libero. Non sono un forcaiolo né ho interesse che qualcuno vada in galera. Constato che l'unica testimone vive nello stesso palazzo dove risiede l'omicida. Lei, l'amica della vittima, è comprensibilmente terrorizzata.
Perché parlo di questo fatto di cronaca avvenuto qualche giorno fa in provincia di Venezia? Per raccontare la storia di 4 studenti ventenni universitari di Torino, tutti incensurati, che, per avere manifestato davanti al palazzo di Unindustria di Torino contro l'alternanza scuola lavoro e la morte di 2 ragazzini, sono da 7 mesi sottoposti a misure cautelari – prima in carcere poi ai domiciliari – per resistenza a pubblico ufficiale durante una manifestazione avvenuta il 18 febbraio scorso. Sono Emiliano, Jacopo, Francesco e Sara, agli arresti dal 12 maggio.
Le manifestazioni dello scorso febbraio erano state indette dopo le morti, durante gli stage gratuiti, di due giovani studenti, Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenoci, a Udine e Ancona. La ragazza, Sara, non ha mai partecipato ad alcuno scontro, teneva il megafono in mano: per questo le è stato contestato il concorso morale. Per fare gli esami questi ragazzi devono essere autorizzati dal Gip. Uno di loro è figlio di genitori separati. Nonostante fosse agli arresti domiciliari non ha potuto vedere il padre sino a quando il tribunale non l'ha autorizzato. 
Non ho parole. Non ho più parole. Bisognerebbe essere in piazza, ogni giorno, sino a quando non li liberano. Tutti
Daniele Leppe - Facebook
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klimt7 · 11 months
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STANOTTE
HO SCOPERTO UN BLOG
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IL CARATTERE
DEI ROMAGNOLI
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E niente, volevo dirvelo...
stanotte ho scoperto un Blog.
Un blog che all'inizio non gli daresti un soldo, perchè non ha proprio nulla di particolarmente moderno o tecnologico. Non c'è infatti nemmeno un briciolo di Intelligenza artificiale (A.I.), quella che si scorge è interamente intelligenza e sensibilità U-MA-NA !
Completamente umana.
Come dire? Umanamente si tratta di un prodotto D.OC. E' un blog scoperto per caso alle 4 di notte durante una fase di insonnia conclamata, assai comprensibile dopo l'alluvione che ci ha colpito.
Quindi lo ripeto, se vi aspettate numeri da circo o effetti speciali tecnologici vi dico di no. Non fa al caso vostro.
Da questo punto di vista, siete fuori strada sul blog, di questo, finora sconosciuto, (almeno per me), Francesco Satanassi da Forlì!!
🤷🏻‍♂️
Eppure io, lì dentro, ci sento come una intera miniera d'oro.
E vi leggo tutto il carattere, la forza indomita, la fierezza, l'anarchica indipendenza di giudizio, tipica dei romagnoli fra i suoi Post.
Perchè lì io sento le radici.
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Le radici di quella pianta bellissima che si chiama " ROMAGNA ".
La solida concretezza e la passionalità dei miei conterranei, che quando credono in certi valori...È PER SEMPRE.
E poi percepisco la medesima qualità, la stessa saggezza antica e contadina dei miei nonni. La loro dignità e la capacità di sentirsi ugualmente in armonia con la Terra, la Natura, con la Storia e con la semplicità e il piacere del vivere attraverso l'assaporare e l'apprezzare ogni tipo di emozione.
In estrema sintesi : il vivere senza freni, a perdifiato.
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Avverto nelle parole di questo Blogger di Forlì, la consapevolezza di non voler mai dimenticare il sacrificio e l' altruismo di chì è venuto prima di noi. Di chi ha saputo scegliere con coraggio e si è schierato per una causa ben precisa: l'antifascismo e la libertà, fino a sacrificare la propria piccola vita a favore di un bene e di valori ben più grandi del proprio misero egocentrismo. E ancor di più, ritrovo la schiettezza tipica delle persone dirette, che vanno dritte al cuore delle cose, perchè apprezzano la semplicità e la poesia e la verità che si nasconde nelle piccole cose concrete .
Così come emerge cosa sia davvero sacro: l'onorare con la nostra memoria i nostri antenati. Così come la capacità di diventare noi stessi "Storia", incarnandola con la passione che esprimiamo coi nostri giorni e col nostro corpo.
Sapere da dove veniamo, e cosa abbia attraversato chi è venuto prima di noi sul pianeta.
Ecco, se oggi penso, agli "angeli del fango" di Cesena e della Romagna intera, ai volontari che senza preavviso sono spuntati come funghi, per venirci ad aiutare nello spalare il fango in ogni cortile, in ogni scantinato, in ogni garage, ritrovo intero il carattere deila gente di Romagna.
Se penso ai ragazzi delle Superiori, agli Universitari che hanno scelto di scendere in strada, in autentici "battaglioni della solidarietà", ecco che io la ritrovo subito la continuità fra i nostri antenati e i romagnoli di oggi e ritrovo nel contempo, tutti i valori che esprime un Blog come " HANNO DETTO CHE PIOVE " di Francesco Satanassi.
Io lo vedo benissimo il filo di continuità che esiste in tutto questo.
È il filo dell'avere i piedi ben piantati per terra! Anzi, nel fango e nella melma. Ma starci dentro, per esserci, per contare, per mostrare alle persone più fragili, agli anziani, a chi ha perso la casa o tutto quel che c'era dentro, che la presenza e la solidariet��, non sono solo vuote parole sulla bocca del Politico di turno, che si lancia nella consueta "marchetta politica" con promesse sconsiderate, ma una pratica diffusa e collettiva. L'attitudine di una intera comunità di persone sensibili e responsabili.
Questi valori devono farsi musica, canzoni, condivisione!
Canzoni da cantare tutti insieme, in coro, non cercando l'impossibile unisono, ma raggiungendo un altro risultato miracoloso che è la coesione sociale, il sentirsi tutti parte di un unico essere, a cui diamo il nome di "collettività".
L'esempio della canzone "ROMAGNA MIA", cantata in mezzo al fango, ai rifiuti e ai detriti dell'alluvione, è illuminante.
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Pur non considerandola un capolavoro nè da un punto di vista poetico nè tantomeno musicale, quella canzone è però una "bomba atomica" dal punto di vista emotivo!
Una bomba di energia sociale, tutte le volte che inspiegabilmente permette l'aggregazione di centinaia di persone che si trovano a lavorare, senza tregua e senza compenso, perchè tutti insieme e ognuno individualmente, si avverte la comune responsabilità di dare una mano alla comunità a cui si appartiene.
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Penso ai volontari giunti da Amatrice, oppure a quelli arrivati da Reggio Emilia ( a cui avevamo dato una mano noi in occasione del terremoto dell'Emilia del 2012 ), o ancora, ai volontari giunti da L'aquila.
Mi coinvolge questa idea: una sorta di " fratellanza nella sventura ".
Avverto in tutte queste persone, al di là della provenienza da una determinata terra, proprio l'appartenenza ad una precisa tipologia umana, ad una "tempra" di cui io stesso, sento di essere parte.
"Chi vive all'incrocio dei venti ed è bruciato vivo" come canta il poeta-cantautore Francesco De Gregori nella sua sublime "Santa Lucia".
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Chi vive sporgendosi continuamente verso gli altri, affacciato verso l'universo dell'altro da una comune inquietudine umana ed esistenziale. Chi insomma vive e non ha paura della generosità, della gratuità, del dare aiuto senza chiedere nulla in cambio, e sempre, difendendo il valore del "restare umani" anche nelle situazioni più drammatiche della Storia.
È come avvertire un sangue comune che circola nelle vene di tutte queste persone: dai giovani romagnoli ai meno giovani, dai volontari del posto, a quelli arrivati dalle altre città. Tutte persone che "più li butti giù e più si rialzano" e più energia e carica umana, sono capaci di trasmetterti, consapevoli tutti quanti del valore del lavorare tutti per una buona causa.
Per tutto questo, mi sento grato anche a Francesco e al suo Blog per testimoniare cosa ci sia dietro la "Romagnolità".
Per darci con le sue parole intense e sentite, una lezione di umanità e di passione civile.
Per restituirci il buon sapore di tuttò ciò che è sentito e vissuto con l'anima, che poi é molto simile al sapore del pane caldo, appena sfornato, al suo profumo di buono.
Sono i valori che fanno della nostra comunità, un meraviglioso popolo che sa cos'è la fatica, l'impegno costante e la responsabilità verso gli altri, e insieme verso la propria coscienza di cittadini con gli occhi aperti.
Per noi in fondo è questo ciò che importa: il rimboccarsi le maniche tutti i santi giorni e lavorare finchè un lavoro, un'opera, un'impresa non sia finita, compiuta, realizzata.
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turuin · 5 months
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Recap: sono in ferie da... sabato mattina, in pratica.
Ho passato il sabato non mi ricordo bene come.
Domenica, uguale.
Stamattina ho fatto 2h con il maestro di chitarra.
Adesso ho recuperato i ragazzi da scuola e stiamo per andare ai primi colloqui per il minore (temo di dover andare con la Bibbia e l'acqua santa).
Domani devo comprarmi uno straccio di vestito per il matrimonio a cui farò da celebrante il 7. Ho meno di 500 € sul conto e lo stipendio difficilmente arriverà prima del 15.
Dopodomani partiamo in treno per Bologna. Poi il 7 c'è matrimonio civile etc.
Se tutto va bene l'8 siamo di nuovo qui e a pranzo dalla suocera.
8,9,10 preferirei davvero passarli a mollo nella vasca da bagno col cervello scollegato.
In tutto questo, in casa si respirano una affinità ed una sintonia di coppia pari alla serenità del clima politico europeo dopo l'assassinio dell'arciduca d'Austria Francesco Ferdinando nel 1914.
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omarfor-orchestra · 4 months
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Film italiani in uscita a dicembre
La chiocciola (Roberto Gasparro): 05/12
Il primo film ad affrontare il tema degli hikikomori, termine giapponese che indica le persone che hanno deciso di "stare in disparte", di isolarsi dalla società.
Nonna ci produce il film (Walter Garibaldi): 06/12
La storia di una famiglia molto numerosa che, quando si trova inaspettatamente ad attraversare un periodo di grande difficoltà, unita e convinta, cerca una soluzione.
Improvvisamente a Natale mi sposo (Francesco Paternò): 06/12
Mancano pochi giorni al santo Natale e tutta la famiglia si sta riunendo come ogni anno nell'hotel di Lorenzo.
Giorni felici (Simone Petralia): 11/12
Un dramma commovente che riflette sulla fragilità umana e la capacità di amare e resistere nelle situazioni più difficili.
Santocielo (Francesco Amato): 14/12
Una missione dal Paradiso mette a repentaglio la vita di un uomo in crisi. Rimarrà incinto e tutto cambierà per sempre.
Adagio (Stefano Sollima): 14/12
Sollima torna a raccontare una Roma disperata e crepuscolare in una crime story di forte impatto.
Ricomincio da me (Nathan Ambrosioni): 28/12
Toni è autrice di un brano pop di successo mondiale, che anni dopo si ritrova madre single di cinque ragazzi, con un quotidiano molto pesante.
Come può uno scoglio (Gennaro Nunziante): 28/12
Alla morte di suo padre, Pio eredita la gestione di svariate attività. Ora vive nell'agio di Treviso con la sua famiglia, ed è in corsa per diventare sindaco.
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luigidelia · 1 year
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Eccolo. Questo post è una piccola festa. Per Mondadori - Libri per Ragazzi è uscito il nostro libro LA SCUOLA PIU' BELLA CHE C'E' - DON MILANI, BARBIANA E I SUOI RAGAZZI. E' il mio quarto libro collettivo. Questa volta c'è anche Sandra Gesualdi oltre a Francesco Niccolini. Esce per Mondadori e i motivi per esserne fieri sono tanti. Nasce dallo spettacolo CAMMELLI A BARBIANA. E' una scrittura che attraversa le notti, le solitudini, le gioie e qualcuno dei "tesori" più segreti di quella scuola. Lo fa con pudore. Senza perdere il fuoco e la tenerezza direbbe qualcuno. Arriva, per quanto mi riguarda, dopo quasi dieci anni di ricerca personale intorno alla figura di Lorenzo e dell'esperienza irripetibile di quella scuola. Prima come educatore, poi come autore, poi come narratore. Ho avuto la fortuna di condividerne alcuni dei passaggi più importanti con questi amici cari. Il libro è bello. Molto. Più bello di quanto ci siamo resi conto noi stessi probabilmente. Oltre che per gli spettacoli quindi, da domani, energie permettendo, ci vedremo in giro anche per questo. Oggi in un sala piena e attenta lo abbiamo presentato per la prima volta per Leggenda Festival Empoli. Grazie a Mondadori per la fiducia. A Vania Pucci e Giallo Mare Minimal Teatro per i passaggi sempre importanti da Empoli. Ora speriamo che viaggi il più possibile e che possa dare un contributo importante in quest'anno così "illustre" del centenario del caro Lorenzo. La dedica dice: "A Beppe Dunghi, che non ha mai smesso di suonare la campana della chiesa vicino casa. Alle maestre appassionate. Ai ragazzi e alle ragazze. Tutti. Ai padri ribelli." Ecco. Buon viaggio! https://www.mondadoristore.it/scuola-piu-bella-che-c-e-Don-Francesco-Niccolini-Luigi-D-Elia-Sandra-Gesualdi/eai978880476605/?/&gclid=CjwKCAjwjYKjBhB5EiwAiFdSfl6Xzo4uFvNkeDBbKYYT65qqrhf_f313r9LXxk6b8GtihnLYO3zkihoC_s8QAvD_BwE&gclid=CjwKCAjwjYKjBhB5EiwAiFdSfl6Xzo4uFvNkeDBbKYYT65qqrhf_f313r9LXxk6b8GtihnLYO3zkihoC_s8QAvD_BwE&utm_source=tradedoubler&utm_medium=affiliation&utm_campaign=cpa&affId=2412710&tduid=db077d396e0d502055ba074cfb3bfd7f
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nofatclips · 10 months
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Meglio andarsene affanculo by Cor Veleno and Tre Allegri Ragazzi Morti from the album Meme K Ultra
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gregor-samsung · 11 months
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“ Mia cara Francesca, le tue lettere arrivano, per lo più, alla sera. Verso le nove. Una mano entra nel buco, dicono "posta", poi le aprono e me le danno. Così le tue parole sono le ultime che ricevo: e me le porto in sogno. [...] Ho lavato i piatti (una ciotola di plastica, un piatto di plastica, delle posate idem) e le pulizie le farò nel pomeriggio, nell'interminabile viaggio che va dalle 15 al mattino dopo. Oggi è giorno di doccia (qui ci si lava un giorno sì e uno no) e aspetto il mio turno. Poi mi vestirò, e andrò all'aria. Girerò in tondo fino alle 11. In questa giostra assurda s'incontra ogni genere di uomini: falsari, spacciatori, zingari, bancarottieri; è un mondo tutto suo, credimi. E pieno di assurde favole, di storie incredibili; è impressionante il numero di giovani, di ragazzi, quasi. Da fuori, non si ha la sensazione di quello che accade qui, e di come enormi siano oggi i problemi della giustizia. Mi chiedi se desidero un libro. Sì. Di Dostoevskij "Memorie da una casa morta": attenzione, non "Memorie dal sottosuolo", che è un altro suo libro. Dico quello (alcuni lo traducono "M dalla casa dei morti") che parla della sua prigionia a Semipalatinsk, in Siberia. Lo lessi anni fa, e siccome è pieno di pensieri sulla pena, la prigione, e altro, vorrei rileggerlo. Davvero. Va bene? E io che posso restituirti? Senti, sbaglio o con Renata sei in freddo? Non so, mi è parso di capire che, in quel suo tirarsi indietro ti desse della pena. Guarda: succede, e alle volte è meglio che un amico dica francamente il suo pensiero piuttosto che vederlo accettare per forza. E il resto del lavoro? E la vita? E Milano? Io sono disgustato all'idea che esistano "giornalisti" del tipo attualmente in circolazione: criminali della penna, analfabeti della vita, irresponsabili, folli. Adesso è di moda chiamare questo "il carcere dei vip": perché non vengono, per sette giorni, a questo Portofino delle manette? Credimi: il nostro non è un Paese. Ho gioito al ritrovamento delle reliquie del tuo S. Francesco: non avevo dubbi, credi, che il finale fosse quello. E troveranno il resto. Vuoi scommettere? Mi chiedi dei sogni? Beh, sono molto teneri, dolcissimi. Mi pare di essere accanto a te, e di perdermi nei tuoi occhi. È delizioso. Anche se è la sbiadita, pallida immagine del vero. Ma ti sogno spesso. Ti ho detto: ora sono sereno, niente può più toccarmi. Mi metterò a studiare storia, che e la mia passione. Storia italiana. Poi, mi interessa enormemente la "comune coscienza del peccato", che è cosa ancora più debole, da noi, del "comune senso del pudore". Parlo con delinquenti veri, Cicciotta: e mi interessa la loro psicologia, la loro relatività, il loro codice, che è, in molti casi, anche se patologico, regolato da leggi ferree. Sì, ho vissuto molte vite: so e conosco cose che nessun viaggiatore vede e vedrà mai, avrò da riempire sere e sere d'inverno. Non andrò mai più allo zoo: l'idea di una gabbia mi darà, per sempre, un fremito di disgusto. Tu dici che sono forte: io non lo so, Cicciotta. Sento che mi sentirei indegno di vivere, se fossi diverso. Non si può concedere loro niente: sono dei bari, capisci? Questo Paese ha sempre piegato la schiena, baciando la mano di chi lo pugnalava. E non ci sarebbero tiranni, se non ci fossero schiavi. Il vero patrono d'Italia (e non capisco perché non lo facciano) dovrebbe essere Don Abbondio. San Francesco poteva nascere benissimo in qualunque altra parte del mondo. Solo Don Abbondio è irresistibilmente, disgustosamente italiano. A me spiace parlar male del mio Paese: ma deve cambiare. È l'"odi et amo" di Catullo (traduzione di Ceronetti): e se vuoi un ritratto, che condivido, dell'Italia, leggi, sempre di Ceronetti "Viaggio in Italia" (Einaudi). È una barca cariata, un guscio vuoto, pieno di vermi, che galleggia su un mare inquinato. E per le anime, è peggio. Ti abbraccio, Cicciotta. Tanto tanto Enzo [Bergamo, domenica 9 Ottobre '83] “
Enzo Tortora, Lettere a Francesca, Pacini Editore, 2016¹; pp. 82-84.
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canesenzafissadimora · 10 months
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Ho sostenuto l'esame di maturità nel secolo scorso, quell’anno, il Festival di Sanremo lo vinse Enrico Ruggeri, con il brano "Mistero"; i Radiohead pubblicarono il loro album di debutto "Pablo Honey" che conteneva la splendida "Creep"; il Grunge era la nostra fede e Kurt Cobain era il suo Profeta.
Non avevamo telefoni cellulari; non avevamo televisioni satellitari; non avevamo internet. I nostri social network erano il bar, la discoteca, il campetto. Silvio Berlusconi doveva ancora "scendere in campo". Francesco Totti, invece, aveva appena esordito in Serie A - a 16 anni.
Io ero perdutamente innamorato di una mia compagna di classe, ragion per cui, credo di aver fatto al massimo due assenze in tutto il quinto anno. Mi preparavo agli esami studiando durante il giorno e uscendo la sera - per lo più, andavo a fare un giro all'EUR per bere una birra e fare quattro chiacchiere con il mio amico M. Ci sedevamo sulla scalinata che si trova in fondo a Viale Europa e immaginavamo il futuro: io avvocato e lui architetto.
Totale: la mia compagna di classe si è sposata e ha fatto due figli, ovviamente, con un altro uomo; io non ho mai fatto l'avvocato, lui non ha mai fatto l'architetto... Di quello che sognavamo è rimasto davvero poco.
Ma la vita è ciò che ti capita mentre sei impegnato a fare altri piani, cantava il saggio John Lennon.
Tutto questo per dire ai ragazzi di oggi che l'esame di stato resterà per sempre come uno dei ricordi più belli della loro vita (!).
Cari ragazzi, per quanto possa sembrare assurdo, per quanto possa sembrare una velata minaccia, vi posso assicurare che nei prossimi anni rimpiangerete questo periodo. Perché dopo la maturità si inizia a fare sul serio. Il mondo diventerà ogni giorno più competitivo e complicato. Inizierete ad avere sempre più responsabilità e sempre meno diritti.
Ma non è davvero il caso di pensare a questo, ora.
Adesso è il momento di celebrare la vostra gioventù, è il momento di sostenere senza paturnie questo benedetto esame e poi godervi alla grande l’estate con la E maiuscola, quella del grande salto.
Date retta al prof., se volete essere felici “da grandi”, abbiate il coraggio di essere voi stessi. Ricordatevi sempre che il risultato non è che la minima parte dell'esperienza.
Inseguite i vostri sogni.
Difendeteli senza pietà.
Gli esami si affrontano come i lupi di mare affrontano l'oceano: rispetto, ma nessuna paura.
dalla pagina fb del prof Guido Saraceni
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giuliogreen · 9 months
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Carnica Ultra Trail
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Quanto valgono una crosta di pane e due dita d’acqua nel fondo della borraccia? Ingurgito l’ultimo pezzo di pane che Niki tira fuori dallo zaino, verso le due bustine di Oki direttamente nella borraccia quasi vuota e butto giù tutto. Sto zoppicando da circa un ora e il dolore al tibiale sta diventando insopportabile al punto che comincio a pensare che tutto possa naufragare così, a soli 10 km dal traguardo. 
Questo “tutto” è iniziato circa tre anni fa, quando Francesco ci chiese di fare una squadra per prendere parte alla 177 K, una corsa a scopo benefico non competitiva di 200 K in quattro tappe, con partenza da San Candido e arrivo a Tarvisio. Alla fine dopo vari rinvii quest’anno sembra essere giunto l’anno buono e così ci iscriviamo, non sapendo naturalmente che qualche settimana prima di partire proprio Francesco si sarebbe infortunato e quindi a portare la croce saremmo stati solo in due, il sottoscritto e Niki.
Il giorno prima della partenza al lavoro mi sento un pò strano, torno a casa mi misuro la febbre: 37,5. Niki è già in viaggio dalla Liguria verso Padova, non gli dico niente e aspetto. La sera mi sembra andare meglio ma la mattina al momento di partire ho ancora febbre, nausea, giramenti di testa. Che facciamo? Gira e rigira decidiamo di partire lo stesso e poi si vedrà, chiedo a Niki di darmi una mano a fare la borsa e lui controlla che tutto il materiale obbligatorio ci sia, per il resto lascia a fare a me, e come vedremo non sarà proprio un ottima idea..  Partenza direzione Tarvisio, dove lasceremo l’auto per prendere un treno delle ferrovie austriache che ci porterà dopo 4 ore e tre cambi a San Candido. Sonnecchio mentre Niki guida, a Tarvisio prendiamo un tè butto giù un aspirina e andiamo verso la stazione dove facciamo subito conoscenza con alcuni tra quelli che diventeranno i nostri compagni di ventura, in particolare una simpatica coppia di Gemona del Friuli e una veterana della 177 k che farà da scopa. Il viaggio passa veloce e per le 17 siamo a San Candido, una splendida località nell’alta  Val Pusteria, non troppo lontano dalle tre cime di Lavaredo. L’atmosfera nella base di partenza è molto positiva, tutti si preparano a trascorrere la notte nell’auditorium, con il mio socio ci ricaviamo una specie di stanzetta sul palco con dei pannelli fonoassorbenti, giusto per assicurarci almeno una prima notte di riposo. Visto la tipologia dell’evento decido di assistere al briefing dove Marcello uno degli organizzatori spiega tutto quello che dovremmo fare, ma sopratutto quello che NON dovremmo fare nei prossimi giorni. In realtà mentre parla tutta la mia attenzione è attirata dalle k-bike, delle carrozzine per disabili attrezzate con dei maniglioni per potere essere spinte da quattro persone allo stesso tempo.   Infatti alla traversata parteciperanno incredibilmente  tre ragazzi disabili anche se seguendo un percorso alternativo al nostro ma ugualmente molto impegnativo sia per loro che per gli “spingitori”.
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DAY ONE
Al mattino soliti riti pre partenza, si riempiono le flask, si ricontrolla lo zaino, la giornata sembra essere strepitosa quindi l’umore è alle stelle, io ho riposato e mi sento discretamente bene, quindi.. andiamo. Si parte subito con una bella salita tra gli abeti che ci porta a coprire i primi mille metri di dislivello nel corso dei primi dieci km, abbiamo già sconfinato in Austria e sembra girare tutto bene finché non inizio a sentire la testa girare, ho una forte nausea, inciampo e casco per terra, non so bene come arriviamo fino al rifugio Oberstanserseehutte e qui mi siedo convinto che sia stata una follia partire e che la mia corsa stia già per terminare. Passano tutte le altre squadre e iniziano la salita verso  Sella Rosskopfthorl che si staglia di fronte  al rifugio mentre io resto li infreddolito con la testa sul tavolo incapace di prendere una decisione. Prendo un tè, ci sciolgo un aspirina, aspetto e dopo un pò decido di provare a proseguire camminando piano. 100, 200, 300 mt di salita e mi sembra di andare un pò meglio, Niki mi raggiunge più andiamo avanti più mi sento di potercela fare, dopo qualche minuto stiamo di nuovo correndo.
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I km scorrono veloci, di fronte a noi una cresta verdissima  anticipa una discesa tecnica che attraversa un pascolo colorato da un tappeto di fiori gialli e viola in cui ci lanciamo a rotta di collo divertiti come bambini.
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Ancora una sella, una malga, un rifugio (qui mi sfilo e dimentico su una panca  la mia unica maglia a maniche lunghe)  un ultima salita dove dei cavalli pascolano incuranti delle nostre fatiche e poi l’ultima discesa di 15 km che ci porta al primo campo base allestito per la notte.
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Siamo tutti molto stanchi ma ancora dignitosamente convinti di quello che stiamo facendo, ceniamo e poco dopo cala il silenzio, ci infiliamo nelle tende in attesa della sveglia alle 4. La notte è fredda, battiamo un pò i denti ma tutto sommato questa resterà una delle migliori nottate passate in tenda.
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DAY TWO
E’ ancora buio, un nugolo di frontali si aggira pigramente  tra le tende come lucciole assonnate, ci muoviamo cauti parlando sottovoce  tra borsoni, zaini e bucato steso in maniera improvvisata. Ritiriamo i gps, prendiamo il panino, facciamo colazione in fretta mentre qualcuno avvisa “Le sacche entro 10 minuti sul furgone!” Il percorso ha subito una variazione quindi per la prima parte seguiremo una traccia diversa balisata per l’occasione all’ultimo momento.
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Partiamo molto lenti, così lenti che la scopa ci raggiunge e inizia a pungolarci facendomi un pò innervosire, vuoi per l’ora non proprio adatta al dialogo vuoi perché non vorrei essere così indietro, ma come dice saggiamente il mio socio “Calma, che la giornata è lunga”. Ed infatti più la salita si fa ripida e incerta più riprendiamo le altre squadre, ammiriamo un alba magnifica alle nostre spalle e con il sole che sorge riemerge anche il nostro buon umore, anche  perché da più parti ci dicono che questa sarà la tappa più bella di tutte, e che attraverseremo le zone più selvagge del percorso, quelle che piacciono a noi.
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Dopo qualche cresta sospesa nel vuoto imbocchiamo un traverso che si snoda a mezza costa in un mare di fiori gialli e piccoli torrenti carichi d’acqua da attraversare.
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Ci godiamo questo pezzo corribile  che ci porta al rifugio di Hochweisstein, dove ho la pessima idea di chiedere un panino. Mi passano due fette di pane da toast fredde con due sottilette  ed una  fetta di cetriolo al centro  per la modica cifra di 9 euro. Riparto con il panino in gola, il percorso per fortuna è così bello che presto dimentico tutto. In cima alla sella ci aspetta Maja che ci da alcune indicazioni e ci avvisa “se vi è piaciuto fino ad ora vedrete il seguito!”.
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Sorpassiamo un rumoroso gregge di pecore e scendiamo in una valle silenziosa, dove dei radi alberi spuntano tra l’erba fresca, l’unico rumore è quello del torrente che ci scorre a fianco. Io e il mio socio siamo a corto di aggettivi, raramente i siamo trovati in posti naturalisticamente  così affascinanti, rallentiamo senza nemmeno accorgercene per godere meglio di quanto abbiamo intorno. Andiamo avanti così per diverso tempo, poi la valle risale fino al passo Giramondo e di li di nuovo giù verso una valle aperta dove incrociamo una piccola baita con una simpatica signora che alleva le sue capre rimproverandole amorevolmente in inglese per aver fatto poco latte il giorno prima. Siamo quasi al 40esimo km quindi ci rilassiamo un pò insieme ad un bizzarro trio di brianzoli con cui spesso ci troveremo a condividere pezzi di strada, mangiamo del formaggio fresco che sembra feta e beviamo una radler.
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Abbandoniamo a malincuore questo piccolo angolo di paradiso e usando una strada forestale saliamo al lago Volaja, purtroppo il tempo sta cambiando e lo troviamo completamente avvolto nella nebbia, un vero peccato perché essendoci già stato anni fa  da ore ne decantavo la bellezza a tutti. Non ci resta che individuare l’attacco del sentiero che ci porterà all’ultima lunga discesa che dopo 6/7 km termina direttamente nel campeggio. Qui facciamo due scoperte, la prima è che la sveglia domani verrà anticipata alle 3,30 e  la seconda che la nostra tenda si trova a ridosso di un recinto di alpaca che passeranno la notte a fare un verso sconosciuto a 50 cm dalle nostre orecchie.
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A cena ci viene servita dai gestori del camping una minestrina nella quale affondiamo due tre pagnotte creando così una  specie di pastone sicuramente poco invitante ma almeno un pò più sostanzioso. Nella notte scoppia un fortissimo temporale, le tende reggono e quando alle tre e mezza ci alziamo è già finito tutto e sopra di noi c’è una stellata bellissima. 
DAY THREE
Si parte per quella che è la temutissima terza tappa, 58 km con 4000 metri di dislivello ai quali è stato aggiunto un cancello alle 15,00 a circa metà percorso a causa di un previsto peggioramento del tempo nel pomeriggio.
Il paesaggio di  oggi si discosta notevolmente  rispetto a  quello di ieri, dopo la ormai consueta salitona iniziale che porta al Passo Monte Croce Carnico discendiamo a valle e poi ci addentriamo in una valle rocciosa dove il tempo sembra essersi fermato a qualche milione di anni fa, a parte qualche asino non incrociamo nessuno fino ad un apprezzatissimo ristoro volante dove ci viene offerto del melone fresco insieme a qualche parola di incoraggiamento.
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Da qui parte una salita lunga e molto impegnativa per Sella Avostanis, in cima troviamo ancora Maja e Giulio, le scope che ci spiegano un pò i prossimi bivi e ripartiamo subito in discesa verso il lago. Imbocchiamo la deviazione e attacchiamo un single track a mezza costa immerso nel verde più selvaggio che percorriamo in silenzio, Niki davanti e io dietro, ognuno immerso nei suoi pensieri. Siamo l’unica squadra che si è presentata sprovvista di bacchette, quando corriamo da soli il silenzio che ci circonda è assoluto.
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Riprendiamo i brianzoli o loro riprendono noi, fatto sta che ci ritroviamo a correre di nuovo assieme in una valle semi-paludosa popolata da immobili e giganteschi yak (che Francesco sostiene essere invece mucche highlander). Un occhiata all’orologio, sono le 14,20 se vogliamo arrivare al cancello entro le tre bisogna spingere. Cominciamo a correre più veloce, 14,30 14,40 c’è ancora una discesa che scendiamo a cannone e 5 minuti allo scadere del tempo siamo a Straninger Alm. Chi arriverà dopo le 15,00 verrà fermato: di fatto siamo le ultime due squadre a passare. A questo punto mancano circa 25 km e abbiamo una finestra di due ore prima che il tempo peggiori, il che significa che dobbiamo cercare di non prendere il temporale almeno finché saremo in quota.
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Riempiamo le borracce e ripartiamo subito, la prima parte è una passeggiata, ma quando è il momento di dover attraversare la sella di Aip utilizzando un sentiero esposto che taglia in due dei ghiaioni a 2000 metri di altezza il cielo comincia a farsi sempre più nero e minaccioso. Il percorso è molto lungo e bisogna procedere lentamente e con molta attenzione, a Niki si sta scaricando il tel dove conserva la traccia, traccia che io naturalmente non ho, comincio ad avere qualche timore che cerco di ingannare malamente ammirando quattro aquile  che volteggiano sopra le cime. Fortunatamente quasi di colpo si alza un forte vento, che spinge le nuvole cariche di pioggia lontane dalle nostre teste. Il vento diventa così forte che una volta in cresta a fatica ci reggiamo in piedi, con i cappucci alzati avanziamo instabili  come dei personaggi dell’Eternauta sempre più stanchi, sempre più sfiniti. Scavalchiamo delle rocce, attraversiamo una macchia di pino mugo ed ecco finalmente che ci appare in alto Passo Pramollo.
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Ad aspettarci al termine dell’ennesima salita c’è Marcello, che forse un pò preoccupato ci è venuto incontro in macchina con un termos di tè caldo e dei panini. Ci indica la strada, dobbiamo salire fino agli impianti di risalita che nella sera che sta arrivando hanno un aspetto triste e desolato nonostante la loro modernità. Da qui giù per la pista di sci fino a lago Pramollo e quindi per la strada asfaltata arriviamo in una radura nel bosco dove è stato allestito l’arrivo e il campo base vicino ad una piccola baita. Arriviamo abbastanza provati ben oltre le 12 ore previste, non ci sono docce ma solo un torrente dove darsi una lavata. Ci hanno tenuto la cena in caldo, arrivano le scope, sotto il tendono ci raccontiamo un pò come è andata mentre scoppia di nuovo il temporale. Proviamo ad aspettare ma non accenna a smettere, anzi, sembra piovere sempre più forte. Tutti sono già a dormire ci copriamo alla meno peggio e corriamo verso la nostra tenda dove arriviamo zuppi..  Questa ultima notte in tenda non la dimenticheremo molto facilmente, è già tardi, ogni cosa è umida, fredda, bagnata. Ci avvolgiamo vestiti così come siamo nei sacchi a pelo e cerchiamo di far passare quelle quattro che ci separano dalla sveglia. Resto così immobile ma non riesco a dormire, ascolto la pioggia che batte sul telo e gocciola dentro, conto le ore, l’una le due le tre,  le tre e mezza, finalmente è ora di alzarsi. Ieri sera avevo steso i pantaloncini ad asciugare all’arrivo e li ho dimenticati fuori, me li infilo così fradici, tanto tra poco saremo tutti bagnati. Per un attimo spero che venga rimandata la partenza per la pioggia, metto il naso fuori e invece c’è già qualcuno pronto. Dalla tenda al tendone è una palude, abbiamo i piedi fradici, piove fuori, piove dentro, piove dappertutto, eppure i volontari dell’organizzazione sono li pronti, impagabili  con i loro  pentoloni di caffè e tè caldo, ma sopratutto con i loro sorrisi presi in prestito chissà dove. C’è chi allestisce le k-bike e si assicura che Swami e gli altri ragazzi in carrozzina sia sufficientemente coperti, chi si avvolge in improbabili mantelle e avvolge gli zaini in sacchi delle immondizie recuperati li per li. Io mi limito a riempirmi la borraccia di tè caldo, ho talmente sonno che non riesco a formulare nessun pensiero.
 DAY FOUR
Il countdown sotto la pioggia alla partenza non resterà sicuramente memorabile. Non siamo più in tanti, un paio di squadre si sono ritirate, più di qualcuno ha qualche problema fisico, eppure anche oggi si parte, compatti, quasi come un unica squadra ci immergiamo nel buio e nella pioggia decisi a portare a termine anche questa ultima tappa.
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Ho sonno e sono stanco, penso che devo solo far passare le prime due ore poi con la luce e il sole forse tutto cambierà. Fortuna vuole che dopo poco smetta di piovere, così ci togliamo i nostri strati e ci ritroviamo a correre prima in un bosco e poi attraverso una forestale che scende in due piccolissimi villaggi austriaci ancora addormentati dove gli unici abitanti sembrano essere mucche e cavalli a zonzo tra le case.
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Sogno un caffè ma niente da fare, continuiamo a correre un’altro paio d’ore finché arriviamo ad una malga dove ci fermiamo a riposare. Niki beve una birra, sono solo le dieci ma in fondo siamo in giro già da cinque/sei ore. Da qui in poi ci hanno avvisato che non ci sarà più acqua per i prossimi venti km fino all’arrivo. Riempiamo bene tutte le borracce e ripartiamo, ma subito mi accorgo che quel dolore al piede sinistro che prima era solo un leggero fastidio sta aumentando a dismisura, cerco di ignorarlo ma niente da fare, più cammino più aumenta.
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Ad un certo punto non riesco più a correre, soprattutto in discesa inizio a zoppicare. Manca ancora un bel pezzo all’arrivo, in particolare dobbiamo affrontare gli ultimi 600 mt di dislivello del Monte Capin, che sono i più ripidi che si possano immaginare, o forse così ci appaiono ora. In salita riesco ad andare ma appena inizia la discesa niente da fare, chiedo a Niki di dirmi con esattezza quanto manca ma già sapendo che mi mentirà non presto attenzione alla risposta. L’oki inizia a fare effetto, provo a correrci sopra, funziona… da qui è tutta discesa, andiamo giù spediti nonostante abbia iniziato a piovere, 5 km che sembrano un eternità  ed ecco le prime case, imbocchiamo una strada asfaltata, non siamo molto lucidi, attraversiamo un cimitero convinti di essere fuori strada mentre in realtà siamo ormai praticamente arrivati, scendiamo sulla ciclabile ed ecco in fondo il gonfiabile, ancora cento metri e tagliamo il traguardo quasi increduli, quattro giorni fa eravamo  li che nemmeno sapevamo se partire o meno con 200 km di sentieri davanti a noi ed ora è tutto finito.  Arrivano i ragazzi spingendo le k-bike, non si può descrivere l’emozione generale, pianti, abbracci. Andiamo a farci la doccia, apro la borsa non ho più niente di asciutto o pulito, niente con cui asciugarmi, mi arrangio alla meno peggio, Niki mi da una maglietta.  Sara la volontaria che ci ha sfamati e rifocillati per quattro giorni ci abbraccia e ci ringrazia mettendoci in imbarazzo per la sua gentilezza, Marcello sembra sollevato dopo quattro giorni di preoccupazioni ora finalmente sorride soddisfatto. Come due ubriachi ci avviamo silenziosamente vero la macchina. Sapevamo fino dal principio che questa non sarebbe stata una corsa come tutte le altre, quello che non sapevamo era che avremmo incontrato delle persone eccezionali, e che la corsa non sarebbe durata solo 4 giorni ma  che sarebbe continuata nelle nostre teste per molti altri giorni ancora. 
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