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#philippe besson citazioni
princessofmistake · 1 year
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Che schifezza, l’inferiorità in amore. Intendo dire, prima di tutto: essere dipendente. Elemosinare uno sguardo, un’attenzione, un gesto, anche insignificante. Aspettare con ansia febbrile un appuntamento, un incontro. Rallegrarsi per un’infima manifestazione d’affetto come un barbone sorride al passante che gli getta una moneta nel piattino. Adeguarmi ai suoi capricci, ai suoi impedimenti. Ammettere che i suoi problemi sono sempre i più importanti. Credere alle sue bugie, o alle sue mezze verità. Sottomettermi ai suoi desideri. Accettare i suoi silenzi. Ricordare le sue rare parole, sviscerarne il senso nascosto, ed esserne esaltato o mortificato a posteriori. Sapere che è altrove, lontano, con un’altra, e sentirmi morire.
Intendo però anche dire: essere amati meno di quanto si ama, suscitare minor emozione di quella che si prova per l’altro, minor attesa, minor impazienza, e forse non suscitare nessuna attenzione, piacere quando ci si ritrova, ma non mancare quando si è assenti, essere uno svago mentre si vorrebbe essere una storia. Spesso mi capiterà di pensare: sì, mi ama, probabilmente, ma non abbastanza. E a volte penserò: non mi ama per niente.
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heartsbreath · 6 years
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Sono sconvolto perchè ricordo la sua sicurezza maschile, la sua quieta fiducia, quella perdita di superbia potrebbe sorprendermi, in realtà niente mi emoziona di più dello sgretolarsi dell’armatura e della persona che così si rivela.
Philippe Besson - Non mentirmi
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princessofmistake · 2 years
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Gli dico: con te sto bene, sai. È un’affermazione banale, ma ho già compreso che a volte i termini più semplici dicono l’essenziale, meglio delle frasi più lambiccate. Lui risponde: lo so, sì. Come se per prima cosa fosse indispensabile soddisfare la vanità. 
Poi abbassa gli occhi. 
Sussurra: anche per me è così. 
Una cosa immensa, in quel momento. Per lui, il massimo della spudoratezza. Pensandoci ora, quelle parole così stupide, così puerili, potrebbero strapparmi le lacrime.
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princessofmistake · 1 year
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La febbre non mi scende. Eppure sono consumato dalla frustrazione (non mi basta mai), oppresso dal senso di colpa (siamo un paio di stronzi, e bugiardi), imprigionato in una routine (ci vediamo dalle cinque alle sette, come nelle peggiori commedie), disturbato dalla sua resistenza ad ammettere il legame (lui è il re del dribbling). Insomma, l’infatuazione potrebbe anche sfumare, il fervore intiepidirsi, e invece no, resta tutto intatto, il desiderio non si indebolisce e anzi il bisogno di lui cresce ogni giorno, come se l’insoddisfazione fosse carbone gettato nelle fauci della locomotiva, come se il disonore non avesse importanza, come se la ripetizione nutrisse l’avidità, come se la sua prudenza mi obbligasse a rivelarmi troppo.
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princessofmistake · 2 years
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Ci sono persone così, che non devono fare niente, tanto non si riesce a non pensare a loro, a non desiderarle.
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princessofmistake · 2 years
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Lo fisso. Potrebbe arrossire, venirsene fuori con una battuta: ti si leggeva negli occhi, o cambiare argomento, ma no, anche lui mi fissa. Un’ammissione. In silenzio. Ora posso affermare, perché conosco il seguito, che ciò che accadde in quelle settimane in cui ci giravamo intorno non era altro che un lento avvelenamento.
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princessofmistake · 1 year
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Ho cercato a lungo una spiegazione per la sua decisione di rompere. Sulle prime, ho voluto credere che la bilancia avesse semplicemente finito con il pendere da un lato, che il mio peso non fosse stato sufficiente a mantenerla in equilibrio; e così io ero davvero stato solo un’amante passeggera. Ho anche pensato che eravamo troppo giovani, che i vincoli fossero troppo pesanti per due ragazzi ancora così acerbi, così poco agguerriti, come noi eravamo allora. Ma poi, ho pensato che per lui era stato impossibile accettare la nostra storia, accettarsi, e che quindi si era piegato alle convenzioni sociali, aveva optato per la tranquillità, era rientrato nei ranghi. Una cosa rispettabilissima e odiosa nello stesso tempo. Per ultimo, ho pensato: era paura, paura dell’amore, paura della felicità. Lo so che quest’ultima spiegazione è un po’ troppo romantica, e mi assegna il ruolo migliore. Però non sarebbe giusto escluderla senza considerarla. E sì, la paura della felicità esiste, credo.
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princessofmistake · 1 year
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I suoi occhi neri, dei quali solitamente comprendo bene i messaggi, e che ora, nel momento peggiore, non riesco a decifrare. 
Dice: se mi chiedi di restare, resto. 
Una vertigine. Allora tiene a me, alla nostra storia, lo sta ammettendo. Una vittoria, finalmente. E le cose dipendono da me, è la prima volta, non è mai successo; sono sconcertato. Ho paura. Quel momento decide tutto. (Sì, ora, a distanza, ho capito che, in un certo senso, tutto si è deciso in quel momento.) 
Dico: voglio che ci sia di meglio, per te. 
(Che frase sdolcinata, se ci penso.) Ecco. E così sarà Parigi. Ho appena deciso la mia condanna a morte. Lui china la testa. Game over. Dopo, mi chiederò se l’avrebbe fatto davvero, se davvero sarebbe rimasto se gli avessi detto: resta. Mi chiederò se non mi aveva messo alla prova precisamente perché era sicuro che gli avrei detto di partire, che non mi sarei sentito autorizzato a trattenerlo, a limitare la sua libertà. Mi chiederò se non aveva corso quel rischio perché, in realtà, non c’era alcun rischio da correre. (Lui è sempre stato così forte, così scaltro, molto più di me.) Dopo, mi dirò anche il contrario: mi amava, sino a quel momento avevo avuto diritto a nutrire qualche dubbio, ma d’un tratto le cupe incertezze non avevano più senso, sì, mi amava, non si dice una cosa simile se non si ama. E rimpiangerò di essermelo fatto scappare, me ne pentirò sin quasi alla follia. Mi sentirò l’unico responsabile della nostra separazione. Nella mia abdicazione vedo l’ultimo stadio del suo ascendente su di me. Non ho osato andare contro i suoi interessi. Ho pensato a lui prima di pensare a me stesso. Ricordo anche la mia paura. Il terrore.
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princessofmistake · 1 year
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Mi ci vorranno dei mesi per capire che la sua collera è solo un modo per sviare l’angoscia, il lutto anticipato.
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princessofmistake · 2 years
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Spiego che ho nostalgia del traghetto, che mi piaceva l’attesa sul molo, anche sotto il sole cocente, l’imbarco delle automobili, messe in fila nella stiva da alcuni marinai da operetta, la traversata, la scia di schiuma, l’odore di nafta e di salsedine, la costa che a poco a poco prendeva forma, lo sbarco a Sablanceux. Gli amici mi prendono cordialmente in giro per le mie nostalgie, nessuno si accorge che mi sto congedando dall’infanzia.
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princessofmistake · 2 years
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Questa è la stanza dove farò l’amore di nascosto. La stanza che accoglierà la mia stanchezza al ritorno dalle notti in ospedale. Si trova in rue Judaïque. Ci sono passato in macchina poco tempo fa, stavo per chiedere al tassista di fermarsi, ma poi ho rinunciato, la pietra dei muri era sempre nera, come se nulla fosse cambiato dal 1988. Ho pensato che la proprietaria doveva per forza essere morta da molto tempo, portandosi nella tomba l’immagine del ragazzo che io ero allora.
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princessofmistake · 2 years
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[...] uno di quei tipi che ostentano la bellezza con disinvoltura, senza arroganza, non posso fare a meno di voltarmi al suo passaggio. In quel momento i miei occhi non esprimono concupiscenza, semmai dolore per l’ingiustizia di quella bellezza, e per la sua inaccessibilità.
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princessofmistake · 2 years
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Ogni volta mi sento più confuso. Mi dico: tutta colpa del suo sguardo, il famoso sguardo inquisitore. Ma è anche colpa del sorriso, il sorriso affascinante. E della prossimità: le ginocchia che si toccano quando siamo seduti uno di fronte all’altro, le mani che si sfiorano per distrazione. Una complicità che prende forma. Del resto, è una complicità strana. Sarebbe più giusto dire che è «fuori dal mondo». Voglio dire che in quelle ore rubate alle lezioni non parliamo mai delle cose di cui di solito parla la gente, delle solite cose, non parliamo delle lezioni, del tempo, di quello che c’è in tv, di come va il mondo [...] 
No, non parliamo quasi mai di ciò che accade. Semmai, evochiamo il nostro passato personale, a piccoli tocchi, sono conversazioni impressioniste; un quadro puntinista di Seurat. [...]  A volte invece restiamo in silenzio, e a poco a poco mi tranquillizzo, imparo addirittura ad amarlo, questo silenzio, ha consistenza, appartiene solo a noi.
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princessofmistake · 2 years
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Mentre il paesaggio scorre dietro il finestrino del treno, mentre attraverso questa Francia della fine degli anni ’80, mi sembra di uscire da un solco già tracciato, da un vicolo cieco. E di tornare alla luce. Sono ben deciso a non essere più il ragazzo solo. 
Tuttavia, intuisco che la cosa richiederà qualche sforzo. Mi sono adattato troppo bene all’oscurità, alla reclusione. Sono come quei bambini denutriti che quando hanno finalmente accesso al cibo vanno alimentati con estrema cautela per evitare di soffocarli, per non farli morire. Bisogna offrire loro inizialmente solo porzioni molto piccole, anche se reclamano dosi più abbondanti, e aumentarle a poco a poco con immensa pazienza.
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princessofmistake · 1 year
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Vorrei tanto saper scrivere, scrivere esattamente, scrivere perfettamente, di questo, di quei momenti, di tutto ciò che accadeva in quei momenti, scrivere di quella luce radente sul suo viso, un giorno, di un odore del quale non sapevo la composizione, ma che era il suo, scrivere di quei suoi gesti spontanei che mi folgoravano all’istante, vorrei trovare le parole, le parole giuste, assolute, perché si sappia cosa provavo allora, ma non sono capace, non ci riesco, per me tutto ciò è inesprimibile, le parole dicono sempre così meno di quello che è stato; è la peggiore delle frustrazioni. No, questo non riesco a scriverlo. A scriverlo come dovrei.
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princessofmistake · 2 years
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Isabelle fa l’infermiera in uno dei numerosi ospedali di Bordeaux. Me lo racconta mentre spiega dalla cucina che oggi ha lasciato il lavoro più tardi del solito a causa di un paziente difficile. Lavora in un reparto psichiatrico. Con infinita tenerezza dice: li adoro, i miei pazzi, non puoi immaginare quanto! E aggiunge: certo, a volte sono un po’ pesanti, alcuni possono diventare anche pericolosi, per gli altri o per se stessi, eppure lì io mi sento davvero vicina a ciò che è più umano. Ricordo la frase con precisione. Sul momento mi è sembrata una contraddizione: se la follia è ovviamente umana, di certo non è l’essenza dell’umanità, e l’uomo si definisce piuttosto perché dotato di ragione. Tuttavia, la capisco. Vuole dire che la perdita di controllo dei pazzi, i loro disturbi comportamentali, parlano anche, a volte, di una verità interiore esposta senza filtri, senza abbellimenti. E che il legame tra il malato e la persona che lo cura è composto della più pura umanità. Penso anche che mi sarà ben difficile non farmi catturare dal fascino di una donna «che ama i pazzi».
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