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#prima di partire per un lungo viaggio
colachampagne3 · 11 months
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@orufreyweek 2023 day 7: poetry inspired
T, (1/4), Alternative Universe - Fantasy, Slow Built, Growing Up together, love at first sight, Slice of life
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susieporta · 8 months
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Una vita lunga 101 anni - di cui una trentina vissuti in Estremo Oriente - più di 30 libri scritti, due secoli attraversati da protagonista, a partire dalla Belle Époque sino alle rivolte studentesche del 1968.
Questi sono solo alcuni dei "numeri" di una donna veramente straordinaria, la prima occidentale ad aver mai visitato nel 1924 Lhasa, capitale e città santa del Buddismo tibetano.
Alexandra David-Néel nacque nei dintorni di Parigi il 24 ottobre del 1868 da un francese ugonotto e socialista, e da una belga cattolica e monarchica, che per molti versi era l'opposto del marito.
Fin da bambina desiderò, come scrisse lei stessa, "andare oltre il cancello del giardino e partire per l'ignoto", immaginato come luogo dove potersi sedere da sola a meditare, senza nessuno accanto.
Proprio per questo, a 16 anni s'allontanò dalla casa di famiglia in Belgio, in tempi in cui le donne sole erano considerate pazze o prostitute, per raggiungere l'Olanda a piedi e di qui imbarcarsi per l'Inghilterra, poi l'Italia, la Francia e la Spagna, in un peregrinare incessante.
A Londra conobbe Mrs. Morgan che l'introdusse nel ristretto mondo della teosofia, corrente di pensiero per cui tutti gli esseri viventi appartengono a un'unica famiglia nella quale le varie religioni sono espressioni di una sola verità, che a lei - figlia di un protestante e una cattolica - si attagliava perfettamente.
In questo ambiente s'accostò per la prima volta al Buddismo Zen che la folgorò al punto da diventare la ragione di vita che la spinse, fra l'altro, a studiare le lingue orientali, a partire dal sanscrito sino al tibetano.
A 21 anni partì per la prima volta per l'India, con l'intento di approfondire i suoi studi.
Tornata in Europa senza un soldo, si sforzò per un po' di vivere "all'occidentale" scontrandosi però quotidianamente con i limiti - per lei intollerabili - imposti al suo genere dalle convenzioni del tempo, tanto da risolversi ad accettare un impiego da cantante lirica presso l'Opéra di Hanoi al solo scopo di tornare in Estremo Oriente.
In Vietnam rimase dal 1895 al 1897, anno in cui rientrò in Francia per imbattersi nell'ingegner Philip Néel, che sposò senza alcun trasporto nel 1904 perché lui, a lei, garantiva una certa solidità economica; lei invece, a lui, il prestigio sociale derivante dal matrimonio con una donna che s'era già costruita un nome coi suoi primi scritti.
La repulsione di Alexandra per il sesso e tutto ciò che fosse maschile, causata anche dall'ipocrisia di una società dove gli uomini si sposavano per generare figli, ma trovavano il piacere fuori dal vincolo coniugale, l'indusse subito a trascorrere pochissimo tempo accanto al marito, che tuttavia nutrì sempre nei suoi confronti un affetto sincero.
L'Ing. Néel, comprendendo il disagio psicologico della moglie, accettò la sua proposta d'intraprendere "un lungo viaggio" da sola in Oriente, lasciandola partire nel 1911 senza però immaginare che non l'avrebbe più rivista per ben 14 anni.
L'India e il misteriosissimo Sikkim (piccolo stato himalayano) furono le prime tappe del suo viaggio. Proprio a Gangtok conobbe il locale Maharajah, il Dalai Lama e il "Gomchen" ("il grande meditatore") del monastero di Lachen, di cui divenne discepola seguendone gli insegnamenti per oltre due anni, durante i quali il suo fisico si trasformò, rifiorendo.
Sempre in Sikkim fece conoscenza con un ragazzetto quattordicenne, Aphur Yongden, per il quale provò un legame spirituale immediato tanto da adottarlo come figlio e tenerselo accanto per oltre quarant'anni, sino alla sua morte prematura.
Ormai espertissima di Buddismo Zen, con lui viaggio in Giappone, Corea, Cina e Mongolia, dove soggiornò a lungo presso il monastero di Kumbum di cui, in uno dei suoi libri, descrisse incantata la straordinaria processione mattutina di circa 3.800 monaci buddisti diretti alla sala delle meditazioni.
Viaggiando a piedi o, quando andava bene, a dorso d'asino o di yak, nel 1923 raggiunse in incognito e travestita da uomo, sempre col fedele Yongden, la mitica città tibetana di Lhasa, interdetta alle donne, dove s'intrattenne a lungo venendo però alla fine scoperta e cacciata a causa dell'unico "vizio" occidentale rimastole: quello di farsi un bagno caldo quotidiano nella vasca portatile che aveva con sé.
Rientrata in Francia nel 1925, si separò dal marito col quale però avrebbe sempre mantenuto rapporti cordiali, per stabilirsi con Yongden in Provenza, a Digne-les-Bains, in una villa chiamata "Samten-Dzong ("Fortezza della meditazione") dove si dedicò alla scrittura dei suoi numerosi libri, fra cui il famoso "Viaggio di una parigina a Lhasa", nel contempo ricevendo visitatori da tutto il mondo, sempre intrattenuti con le sue riflessioni, e non mancando di ripartire di tanto in tanto per l'amato Oriente.
Poco prima di spirare l'8 settembre del 1969, quasi cento-unenne, volle rinnovare il passaporto con l'idea d'intraprendere un ultimo viaggio che, invece, avrebbero fatto le ceneri sue e di Yongden nel 1973, per essere disperse nelle sacre acque del Gange, a Benares, come lei desiderava tanto.
Accompagna questo testo una foto di Alexandra David-Néel in compagnia del fido Aphur Yongden
(Testo di Anselmo Pagani)
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hanakemiblog · 11 months
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E quanto vorrei prendere un biglietto aereo di sola andata. Partire per un lungo viaggio senza destinazione ne ritorno, esplorare il mondo e godersi la vita appieno. Vorrei andare in qualsiasi posto basta che non sia qui dove sono ora. Viaggiare riempie il cuore ormai a pezzi è come se risanasse tutto il dolore è vedere la bellezza dell'universo in un'altra prospettiva e penso che tutti ne abbiamo bisogno. Tutti abbiamo bisogno di trovare il nostro posto. Prima o poi. In qualsiasi parte del mondo 🌻
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un-intruso-nel-mondo · 4 months
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Lunedì son sceso in Calabria per fare una sorpresa ai nonni e ora sto preparando la partenza. Mi pesa molto partire perché son troppe ore di viaggio per soli 5 giorni. Son volate le ore. Mercoledì ho fatto la festa di laurea che non ho potuto fare nella mia città perché i nonni non erano nelle condizioni di farsi un lungo viaggio. Oltre a loro c'era zii e cugini ed è stato bello. Mi sentivo un po' a disagio semplicemente perché ero sotto i riflettori, però è andata bene nel complesso. Ho fatto un discorso inventato sul momento perché non ci avevo pensato al fatto di doverlo fare, ho dovuto sorseggiare lo spumante da astemio che sono e ho mangiato tanto (non solo quella sera). Mi ha fatto piacere vedere contenti soprattutto i nonni perché ci tenevano, soprattutto quelli materni visto che ero il primo nipote laureato.
Stamattina invece sono andato al cimitero perché ci tenevo a salutare nonno prima di partire e siccome non è potuto essere presente alla laurea, ho azionato il video facendogli vedere la proclamazione, così da pensare che in quel momento lo stesse guardando e potesse essere contento anche lui.
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sinapsi-blog · 2 years
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Stare non significa solo esserci fisicamente ma entrare in armonia con sé stessi e con l'ambiente in cui siamo, in un perfetto equilibrio di spensieratezza e riflessione, tra i due estremi del nostro "Io" più profondo. Se dovessi immaginare la sensazione la paragonerei al respiro di sollievo e di adrenalina che ci viene spontaneo quando ci stiamo per truffare da uno scoglio alto, quando, prima di partire per un lungo viaggio, guardiamo la nostra casa per l'ultima volta, quando, prima di addormentarci, percepiamo il nostro corpo leggero, perfettamente stabile e rilassato.
"A volte, ci penso spesso" e, come dice qualcuno, la felicità è tale solo se condivisa quindi domando, con chi vorreste essere ora? Con chi vorreste sognare ad occhi aperti, stupirvi, gioire, piangere, fiorire...
🤍✨🤍
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giudittapills · 1 year
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Mi piacciono i percorsi ad anello, partire e tornare nello stesso punto. Mi piace in montagna, nella vita: mi piace camminare sempre scoprendo cose nuove, non mi piace tornare sui miei passi. Mi piace chiudere i cerchi. Questo mesetto di viaggio in #Asia, compiuto partendo da e tornando a #Bangkok, è stato un mesetto importante. Ed è con il post conclusivo di questo graaaaaande tour che ha toccato la #Thailandia del nord, del centro, del sud e pure la #Malesia che mi va di iniziare il 2023. L’anno scorso, oggi, scrivevo della mia conquista del 2022: l’avete imparare a lasciare andare. In questo nuovo primo gennaio aggiungo che il lasciare andare si impara ogni volta come fosse la prima e che - sempre - prende la forma di un difficilissimo esercizio. Non so bene cos’abbia appreso di straordinario nel 2022: ho fatto tanto e m’è sembrato poco, però. Questo, lo so. Desidero quindi, in questo 23, imparare a dirmi “brava” e smettere di non accontentarmi mai. Ho praticato la pazienza, nel 22, però. Agito e non reagito, scelto con l’obiettivo d’essere felice (e non d’avere ragione). Tanta roba, per me. Sento di dovere chiudere dei cerchi, quest’anno; chiudere cerchi, mettere punti e continuare a lasciare andare. Sento che questo mesetto di Asia passato felicemente sempre fuori dalla mia zona di comfort mi ha insegnato tanto, di me, di qualcosa che non conoscevo e mi ha ricordato chi sono. Un’amica mi ha detto: “Ricorda: si torna per ripartire”. Sono tornata per ripartire, con le cose di tutti i giorni, da ciò che avevo lasciato (tanto tempo fa),da ciò che conta è non è detto sia ciò che è più facile. Sono tornata per ripartire, per altri luoghi, per altri viaggi; anche. Sono tornata per altri percorsi ad anello, che completano e costruiscono le mie galassie, fatte di tutte le mie costellazioni generate da tutti i miei cerchi compiuti. Con ancora nel cuore la pace dell’ultima colazione, sul lungo fiume, auguro viaggi a tutti. Auguro d’essere felici, pacifici, curiosi e ribelli. Auguro colori, scoperte, coraggio e stupore. A tutti. Ed anche a me. Buon nuovo anno! #giudittapills #malaysia #thailand #thailandtravel #travelphotography #traveltheworld #chinatown (presso Bangkok, Thailand) https://www.instagram.com/p/Cm4dKX9IQeE/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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emz26 · 2 years
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Quarta tappa “Di come partimmo ed arrivammo asciutti”
Sto girellando per i corridoi di un albergo di Milano, è un albergo di nicchia, per pochi, il proprietario è una sorta di collezionista, colleziona vip, li fa vivere dentro il suo albergo in forma gratuita, non richiede soldi o intrattenimento di nessun tipo, il model business della cosa mi sfugge, ma in qualche modo il maitre mi sta accompagnando alla mia stanza, quarto piano, è il piano dei comici, ci è concesso arredare la camera e lo spazio di corridoio adiacente alla porta d’ingresso, camminando per i lunghi corridoi di moquette marrone incontro alcuni personaggi famosi, Pintus, Brignano e sento la voce di Salvi “ c’è da spostare una macchina ”, li vedo entrare nelle loro rispettive camere e all’esterno fanno bella esposizione le loro iscrizioni ai vari Rotary club del mondo alle associazioni filantropiche e addirittura c’è chi espone le sue foto mentre pianta alberi sulla salaria, i comici sono persone serie, ma anche io ho il mio bel quadro tra le braccia e non vedo l’ora di esporlo, percorriamo un lungo ed un po’ poco illuminato corridoio ( sono l’ultimo arrivato non posso pretendere la stanza migliore) un chiodo è già ben piantato sul muro di fronte alla mia porta, organizzatissimi, appendo il quadro e mi allontano di un paio di passi per ammirarlo al meglio, il maitre emette uno strano grugnito, si allontana sbuffando, non deve aver apprezzato più di tanto, il quadro rappresenta lo sceicco All Bin Salam, che poi sarei io vestito da arabo con cocktail e occhiali da sole, sorrido nel quadro, ho l’aria del vincente, come era quella storia dell’essere seri?
Apro gli occhi, la bimba dorme accanto a me, le scatto una foto, sento come il riverbero di un eco nella mia testa “è un diesel” “è un diesel” ”è un diesel”...”BOH!”
Piove a dirotto e dobbiamo partire per Parma, 150 km sotto la pioggia, due ore, le previsioni dicono che dovrebbe smettere nel primo pomeriggio e quindi rimaniamo nella hall dell’albergo, beviamo caffè, mangiamo paste, ci intratteniamo con gli altri ospiti e nessuno vuole partire, noi non vogliamo partire, ma ci tocca, ci tocca partire sotto il diluvio, due secondi sulla moto e siamo zuppi, ma alla fine si viaggia bene, siamo coperti, abbiamo i nostri impermeabili, le gomme tengono bene e alla fine non è cosi male viaggiare, mi chiedo come stia la signorina alle mie spalle, come la starà prendendo? con rassegnazione? Sara incazzata? Con un gesto della mano le chiedo se sia tutto ok, e lei risponde con il gesto più bello che abbia mai visto in vita mia, un piccolo gesto che sembra portare un raggio di sole in quella buia giornata, vedo apparire dalle mie spalle il suo piccolo pugno corazzato dai guanti da moto, guanti racing ,neri e cattivi, guanti corazzati ma comunque con un pizzico di femminilità data dalle rifiniture viola, da dietro le falangi vedo apparire il pollice rivolto in alto, la vedo sorridere dentro il casco, la mia piccola bambina allegra è tornata, sono felice, continuerò a pensare a quel piccolo gesto per i giorni seguenti ed anche adesso che scrivo quell’immagine è chiara è raggiante dentro di me.
Il viaggio continua sotto la pioggia, Gianna di tanto in tanto mi aggiusta il retro del k-way, non vuole farmi bagnare più del necessario, sono quelle piccole cure che fanno la differenza, nel frattempo gioco con le gocce d’acqua che scorrono sulla visiera, muovo leggermente il casco per guidarne la corsa, le ammiro scorrere veloci sulla visiera, è il mio modo per godermi la pioggia e per salutare in qualche modo il mio casco, è l’ultimo viaggio che facciamo insieme, al ritorno ne comprerò uno nuovo, addio compagno, giusto il tempo di riflettere sulla cosa che il cielo si apre, finalmente il sole, abbiamo voglia di un caffè, ma siamo lungo una strada senza fine, sulla destra scorgo un campanile con sotto un piccolo gregge di case, mi da l’idea di un paese abbandonato ma tentare non nuoce, esco dallo stradone e mi addentro nel paese e la prima cosa che vedo è un negozio di arredamento, mi chiedo “arredamento per chi?” se tutto è abbandonato, sotto la chiesa c’è un bar dove bivacchiamo , pasta, caffè, un’oretta di chiacchiere con i due avventori del bar, parliamo di vino e di quello che c’è da vedere a Parma, di cibo, di cose belle, dobbiamo ripartire, il caldo e la strada ci asciugano i vestiti.
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profondo-verde · 2 years
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Di un massacro su una nave, una fonte di profitto inaspettata e una parte del mondo che ci rimette sempre
Ovvero come il settore (ri)assicurativo è strettamente legato alla crisi climatica
05 aprile 2022
La storia che sto per raccontarvi comincia da lontano. È il 1781, e la nave cargo Zong, battente bandiera inglese, sta attraversando l'Atlantico con un carico di 440 schiavi, direzione i neonati Stati Uniti d'America. Causa un errore di navigazione da parte del capitano, il viaggio si sta allungando più del previsto, e tra l'equipaggio si iniziano a spargere preoccupazioni circa le sempre più scarse scorte di acqua e cibo. Inoltre, pare che la nave sia finita in acque basse e per via del suo sovraffollamento non riesca ad uscirne. Per ovviare al problema, il capitano decide di sbarazzarsi di una parte del "carico" e ordina di gettare in mare, a pochi chilometri dalle coste giamaicane, più di 130 schiavi (in base alla fonte, dai 130 ai 142), donne e bambini compresi: nessuno di loro riesce a salvarsi (figg. 1-2).
Quando la notizia giunge alle orecchie dei proprietari della nave, un gruppo di facoltosi imprenditori di Liverpool, la loro preoccupazione principale non è la tragica morte di più di un centinaio di persone innocenti, bensì la perdita di un terzo di quella che per loro non era altro che "merce" - con la rispettiva perdita di un terzo dei guadagni. Il capitano, dal canto suo, pare che non abbia indugiato particolarmente nel mandare a morte quelle persone, perché tanto sapeva: la nave è assicurata. Le perdite, avrà pensato, verranno compensate dalla compagnia assicurativa.
Due anni più tardi, nel 1783, il caso viene portato in tribunale, dove viene affrontato non come un caso di omicidio di massa, ma come un contenzioso assicurativo. La corte stabilisce che al momento della strage le riserve di acqua e cibo non erano talmente critiche da giustificare l'atto compiuto; inoltre, la situazione era dovuta a un errore del capitano - quindi sarebbe potuta essere evitata - e non è quindi coperta dall'assicurazione. La compagnia assicurativa vince il caso, lasciando i proprietari della nave con un pugno di mosche.
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Fig. 1 - Membri dell'equipaggio gettano in mare gli schiavi, da Jesse Torrey, “American Slave Trade” (1822)
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Fig. 2 - William Turner, "Slave Ship" (1840) - Wikipedia. Turner rimase molto colpito dalla storia della Zong e la usò come ispirazione per il suo quadro
Questo evento diverrà successivamente noto come il massacro della Zong, e fungerà da trigger per tutta una serie di proteste abolizioniste che porteranno, un secolo più tardi, alla sottoscrizione del Slavery Abolition Act, il documento che renderà il possesso di schiavi illegale in (quasi) tutto l'impero britannico. Il che è già notevole di per sé, ma c'è anche un altro motivo per il quale vale la pena parlare di questo episodio: il massacro della Zong è infatti una dimostrazione esemplare dello stretto legame tra colonialismo, schiavismo e mondo assicurativo. Il sociologo Razmig Keucheyan, nel suo libro La natura è un campo di battaglia, scrive:
"A quei tempi, l'avventura imperialista era troppo rischiosa per gli investitori per buttarcisi dentro senza una rete di salvataggio. L'imperialismo britannico - e, ancora prima, quello genovese e quello olandese - era un imperialismo d'oceano. Fin dalle sue origini, ha incontrato ostacoli lungo la sua via ed è stato particolarmente soggetto a pericoli climatici. Per questo motivo, se il capitale doveva essere esteso globalmente, non poteva non esserci un qualche meccanismo per proteggere l'investimento." (trad. mia)
Questo meccanismo è, senza ombra di dubbio, quello assicurativo. Non è una coincidenza il fatto che, nonostante alcuni primi prototipi di modelli assicurativi esistessero già fin dai tempi degli Antichi Greci, l'espansione e lo sviluppo di quella che è l'assicurazione moderna - così come la conosciamo noi al giorno d'oggi - siano avvenuti proprio a partire dal XVII secolo, a pari passo con lo sviluppo dell'imperialismo d'oltreoceano e della colonizzazione. A quell'epoca attraversare un oceano non era affatto un gioco da ragazzi: tra tempeste, uragani, errori di navigazione, attacchi da parte dei pirati e malattie tra i membri dell'equipaggio, l'incidenza di naufragi oscillava tra il 20 e il 40%. Tenete conto che la quantità di soldi necessari a questo tipo di imprese era enorme: costruire le navi e mantenere l'equipaggio per mesi interi di navigazione richiedeva un capitale d'investimento talmente alto che raramente una sola persona riusciva a fornirlo; il più delle volte, era necessario un nutrito gruppo di investitori. Vista l'alta probabilità di perdere tutto, un'impresa così dispendiosa - per quanto notevolmente proficua - aveva necessariamente bisogno di una qualche garanzia. Inoltre, la suddivisione delle spese d'investimento tra più persone (leggi: tra più capitali) è un fenomeno che all'epoca era nuovo, ma che oggi chiameremmo, senza minimamente meravigliarci, azioni finanziarie. In altre parole, il cosiddetto commercio triangolare (ovvero la circolazione di schiavi e beni materiali tra Europa, Africa e Nord America) ha dato origine a quegli strumenti finanziari - azioni, assicurazione e sistema bancario - che diventeranno poi la base del sistema capitalista moderno. 
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Fig. 3 - La tratta atlantica, detta anche "commercio triangolare" - Eventi dimenticati
La sto prendendo da lontano, ma fidatevi che alla fine riuscirò a ricondurre il discorso alla crisi climatica. Rimanete con me.
Partiamo dall'inizio: che cos'è un'assicurazione? In termini tecnici, è il trasferimento di un rischio da una persona (o entità) a un'altra in cambio di un compenso. In parole povere, A versa un contributo - chiamato "premio" ("premium" in inglese) - a B, il quale si obbliga, in caso di infortunio di A, a risarcirlo e/o a pagare i danni per l'accaduto. Il risarcimento in italiano viene chiamato “reclamo”, o richiesta di risarcimento; in inglese viene utilizzato il termine "claim". Il premio viene versato senza sapere se e quando avverrà un infortunio (quindi senza sapere se e quando si avrà un reclamo), e le sue proporzioni dipendono dalle dimensioni del rischio: più il rischio è alto, più sarà costoso il premio. Se avete una macchina, sicuramente lo saprete già: più incidenti si fanno, più l'assicurazione diventa salata.
Fino a qui non vi sto raccontando nulla di sconvolgentemente nuovo, ma è importante chiarire bene le basi per capire successivamente meccanismi più complessi. Ora, questo sistema funziona (e per "funziona" intendo anche che è proficuo per le compagnie assicurative) sotto due condizioni. La prima è che la quantità di reclami non deve superare la quantità di premi - questa è economia di base: i ricavi devono essere sempre superiori alle spese. La seconda è che gli infortuni non devono avvenire tutti quanti contemporaneamente, e non tutte le persone (o entità) assicurate devono soffrirne allo stesso momento. Questo perché la compagnia assicurativa non dispone di una liquidità tale da riuscire a pagare tutti i reclami in una botta. Prendiamo lo stesso esempio dell'assicurazione stradale: se i reclami da pagare sono distribuiti più o meno in maniera omogenea nel corso dell'anno, non ci sono problemi; se però arrivano tutti quanti insieme in un unico giorno il sistema va in palla. Ovviamente le compagnie assicurative non possono predire chi e quando esattamente farà un incidente stradale, ma, per la legge dei grandi numeri, possono stimare grossolanamente quanti incidenti in totale ci saranno nell'anno a venire e in quale periodo dell'anno. Per esempio, guardando le statistiche degli anni precedenti, possono stimare che ci sarà un aumento di incidenti nel periodo di giugno - non chiedetemi perché - e prepararsi di conseguenza. Nota a margine: è incredibile come i grafici degli incidenti, fatta eccezione per i periodi di lockdown nel 2020, siano quasi sovrapponibili tra di loro di anno in anno (v. fig.4). 
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Fig. 4 - Numero di incidenti stradali in Italia nel 2019 (linea celeste) e nel 2020 (linea blu scuro) - ISTAT
Tutto questo funziona meravigliosamente quando si tratta di rischi cosiddetti tradizionali, come per l'appunto il traffico stradale. Ma cosa succede invece quando un rischio più grosso - come, ad esempio, un uragano, uno tsunami, un terremoto - colpisce tutto e tuttx allo stesso momento? La perdita di proprietà estrema e simultanea da parte di un largo numero di persone è semplicemente ingestibile per le compagnie assicurative tradizionali. Questo problema - che, come probabilmente avrete già intuito, andrò ben presto a ricollegare alla crisi climatica - è sorto in realtà per la prima volta alla fine del XVIII secolo, durante la Prima Rivoluzione Industriale. La creazione delle prime industrie ha da un lato dato luogo a materiali e macchinari di alto valore facilmente infiammabili, dall'altro ha attratto grosse quantità di persone nelle città. Questa urbanizzazione di massa ha trasformato i centri abitati in posti ad alta concentrazione di cose che potevano essere assicurate: case, negozi, magazzini, fabbriche, tutto accalcato l'uno sull'altro. Un unico incendio avrebbe danneggiato troppe proprietà tutte insieme, facendo fallire le compagnie assicurative; ecco perché queste ultime hanno deciso di… assicurarsi.
Ok, sembra una barzelletta, lo so. Ma le compagnie riassicurative assicurano le compagnie assicurative, alla stessa identica maniera come noi assicuriamo la nostra macchina. Le prime compagnie riassicurative iniziarono ad apparire a metà del XIX secolo: la prima in assoluto fu Cologne Re, fondata nel 1846. Oggi le due compagnie riassicurative più grandi sono Munich Re (fondata nel 1880) e Swiss Re (fondata nel 1863). Furono queste (e altre) compagnie riassicurative a pagare per il naufragio del Titanic, l'attacco terroristico alle Torri Gemelle, l'uragano Katrina e tantissimi altri disastri che sarebbero stati inassicurabili anche solo un secolo e mezzo fa.
La percezione di quale rischio possa essere assicurato e quale no ha subìto cambi drastici nel corso del tempo; una volta, ad esempio, si riteneva che non ci si potesse assicurare contro i rischi causati da grossi eventi naturali. Un incendio - ancora ancora, ma un terremoto, si pensava, proprio no, è infattibile. Dopo però che alcune compagnie (ri)assicurative riuscirono a sopravvivere al catastrofico terremoto di San Francisco del 1906 (che aveva distrutto un quinto della città e lasciato 225.000 persone senza casa), questi rischi vennero rivalutati. "Insuring the uninsurable" diventò una sorta di motto per gli assicuratori del XX e XXI secolo, che si videro aprire davanti a sé una miniera d'oro di opportunità. Nel 2009, un direttore del reparto Emerging Risks di una grossa compagnia riassicurativa (citato da Johnson, ve lo metto nella Bibliografia num.2) ha affermato: "Più o meno tutto è assicurabile". E se è assicurabile, vuol dire che si può trarne profitto. Leggiamo un'altra citazione, questa volta del magnate americano Warren Buffet:
"Da cittadini, comprensibilmente il cambiamento climatico potrebbe tenervi svegli la notte. Da proprietari di una casa in una zona a rischio inondazione, potreste considerare di trasferirvi da un'altra parte. Ma da azionisti di una grossa compagnia assicurativa, il cambiamento climatico non è sulla lista di cose per le quali dovreste preoccuparvi" (tratto da Keucheyan, trad. mia).
Ma come fa la riassicurazione a riuscire lì dove l'assicurazione tradizionale non ce la fa, direte voi? Perché una compagnia assicurativa fallirebbe dopo uno tsunami e una riassicurativa no? La risposta sta nei diversi meccanismi di funzionamento. Prima di tutto, compagnie come Munich Re o Swiss Re hanno a disposizione capitali enormemente più grandi e "pool di rischio" geograficamente più dispersi - ovvero, non hanno tutte le uova nello stesso paniere. Se le compagnie assicurative solitamente operano su base locale, quelle riassicurative abbracciano il globo intero; se qualcosa va storto da una parte del mondo, possono sempre contare su altri investimenti dalla parte opposta. Inoltre, in virtù del proprio sguardo più ampio, le compagnie riassicurative spesso fanno da intermediari tra due compagnie assicurative che vogliono scambiarsi dei rischi (sempre per quel discorso della diversificazione), o addirittura condividono parte di questi rischi. Ciò su cui però la riassicurazione fa più affidamento in assoluto è senza ombra di dubbio la finanza.
Tra i prodotti finanziari principali usati dalle compagnie riassicurative troviamo i cosiddetti catastrophe bonds - o cat bonds per gli amici. Un bond (o obbligazione) è una frazione di un debito che viene venduto sul mercato finanziario. Supponiamo ad esempio che voi abbiate una ditta, e che abbiate bisogno di un prestito da 100.000 euro per comprare dei macchinari nuovi. Avete due opzioni: potete o chiedere i soldi alla banca, oppure emettere delle obbligazioni dal valore di 1000 euro ciascuno e venderli a 100 persone diverse. Così facendo invece di un unico prestito ne avrete cento piccolini; alla scadenza (solitamente dopo due o tre anni) la somma andrà restituita con gli interessi. Un cat bond ha un funzionamento simile, anche se più rischioso. Quel prestito servirà non a comprare dei macchinari nuovi (quindi ad aumentare il valore dell’azienda), ma a pagare i danni causati da un’eventuale catastrofe naturale - in qual caso a quei soldi potete dire adiós por siempre. Immaginate di acquistare un cat bond che copra i rischi dovuti a un terremoto: se allo scadere dell’obbligazione il terremoto non avviene, i soldi vi tornano indietro con un interesse piuttosto alto (solitamente intorno al 10%); se però il terremoto avviene, perdete tutto. La popolarità crescente dei cat bonds (v. fig. 5) è dovuta da un lato proprio dagli alti margini di guadagno abbinati a un rischio relativamente moderato, visto che le super-catastrofi, come vengono chiamate, non sono (ancora) un evento all'ordine del giorno. Un altra particolarità che li rende particolarmente accattivanti per gli azionisti è il fatto che i disastri naturali solitamente sono scollegati da altri rischi, evitando un "effetto valanga" sul mercato finanziario.
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Fig. 5 - Quantità di cat bonds emessi negli anni - Artemis
Però come sempre ci sono dei però. Uno di questi è che ben presto, inevitabilmente, le super-catastrofi diventeranno troppo frequenti per rimanere un investimento proficuo. Se si passerà dall'avere un uragano Katrina ogni dieci anni all'averne uno ogni due anni, le compagnie (ri)assicurative si ritroveranno a dover sborsare molti più soldi di adesso. Ricordate le due condizioni base dell'assicurazione che avevamo menzionato all'inizio? I premi devono sempre essere superiori ai reclami. Se i reclami aumentano, dovranno aumentare anche i premi. Questo renderebbe le assicurazioni ancora meno accessibili ai Paesi più poveri, che come sappiamo sono quelli che hanno contribuito di meno al problema ma che pagheranno (e stanno già pagando) più di tutti le conseguenze di un mondo più caldo. Già adesso i Paesi del cosiddetto Sud Globale godono di questo meccanismo di tutela molto di meno dei Paesi del Nord Globale: nei Paesi in via di sviluppo infatti solo il 3% dei danni è coperto da assicurazione, contro il 40% dei Paesi sviluppati.
Ora, la Convenzione Quadro per il Cambiamento Climatico delle Nazioni Unite (UNFCCC), un documento firmato nel 1992 dalla quasi totalità dei Paesi e dal quale poi sono nati il Protocollo di Kyoto prima e l'Accordo di Parigi poi, stabilisce un principio che in gergo viene abbreviato come CBDR: "common but differentiated responsibilities", responsabilità comuni ma differenziate. Ovvero, il cambiamento climatico è un problema di tuttx (quindi è una responsabilità comune), ma non tuttx hanno contribuito ugualmente alla sua creazione, quindi è giusto che chi è più responsabile si dia da fare di più per risolverlo (responsabilità differenziate). Quindi in teoria, ci si aspetterebbe che i Paesi ricchi prendano l'iniziativa nelle proprie mani e paghino di tasca propria le assicurazioni contro i disastri naturali per i Paesi poveri. Chi rompe (leggi: inquina) paga; sembra logico, no? Esattamente questo meccanismo fu proposto, sempre nel 1992, dall'Alleanza dei Piccoli Stati Insulari (AOSIS) - i piccoli stati insulari, lo sottolineo, sono quelli che ci rimetteranno le penne più e prima di tuttx, quindi non sorprende che siano proprio loro quelli più combattivi durante le conferenze sul clima. La loro proposta consisteva in un pool assicurativo a lungo termine, una sorta di salvadanaio al quale tutti i Paesi ricchi avrebbero contribuito e dal quale i Paesi poveri avrebbero attinto in caso di necessità. Inutile dirvelo, la proposta non venne accettata. A trent'anni dalla sottoscrizione del UNFCCC, non esiste ancora un meccanismo assicurativo unico finanziato dai Paesi che emettono di più che funga da rete di salvataggio per i Paesi che hanno contribuito tanto poco quanto niente alla crisi climatica. Nel 2015, durante le negoziazioni per l'Accordo di Parigi, ci furono dei dibattiti molto accesi sulla questione di chi e come debba compensare i danni, il cosiddetto meccanismo del "Loss and Damage". Molti Paesi ricchi, capeggiati dagli Stati Uniti, lottarono furiosamente per evitare a ogni costo dei vincoli legali all'interno dell'Accordo. L'allora segretario di stato americano John Kerry disse:
"Siamo favorevoli ad inquadrare [il meccanismo Loss and Damage] in un modo che non crei un rimedio legale, perché il Congresso non accetterebbe mai un accordo  del genere [...]. L'impatto sarebbe quello di uccidere l'accordo" (trad. mia).
Cioè, ha letteralmente detto: "per noi va bene, basta che non ce lo fate fare per davvero".
Ci sono altri motivi per i quali i modelli assicurativi - così come sono pensati e usati al giorno d'oggi - non sono propriamente una buona idea. Pensiamo, ad esempio, all'utilizzo di dati sui disastri naturali che viene fatto da parte delle compagnie (ri)assicurative. Ricordate come dicevo che le compagnie che vi assicurano la macchina monitorano le statistiche sugli incidenti degli anni precedenti? All'interno di una compagnia riassicurativa che tratta anche cat bonds avviene lo stesso monitoraggio, ma a livelli immensamente più grandi. "Non c'è probabilmente nessun altro posto sulla Terra dove i rischi del mondo moderno vengano studiati in maniera più intensiva e completa che nella sede centrale di Munich Re", scriveva lo Spiegel un po' di anni fa (trad. mia). Le compagnie riassicurative accumulano quantità di dati enormi e attirano le menti più brillanti per avere un quadro il più preciso possibile di quali siano le probabilità, le conseguenze e i costi di un eventuale disastro naturale. Che uso viene fatto di questi dati? È giusto impiegarli nella creazione di profitti per pochi viste le condizioni climatiche urgenti nelle quali ci ritroviamo attualmente? Non sarebbe meglio metterli a disposizione delle persone che ne avrebbero più bisogno?
È difficile non scorgere un certo razzismo che accomuna le storie che ho raccontato finora, da quello palese del massacro della Zong a quello meno evidente, ma comunque malcelato dei Paesi ricchi che si rifiutano di pagare per i disastri causati dalle loro emissioni. La proliferazione di strumenti finanziari (oltre ai già nominati cat bonds, esistono anche i weather derivatives, il carbon trading, il biodiversity banking e altri) ha lasciato fiorire settori redditizi, ma a spese degli stessi popoli che hanno sofferto la colonizzazione e l'imperialismo secoli fa. L'assicurazione di per sé non è un'idea malvagia, e diverse popolazioni in tutto il mondo hanno da sempre creato dei meccanismi di proto-assicurazione collettiva, basati solitamente sulla condivisione sia delle risorse naturali che dei rischi. Quando però un meccanismo raggiunge proporzioni mastodontiche come quelle del sistema assicurativo odierno, viene spontaneo farsi due domande sulla sua legittimità. Il capitalismo per sua definizione mira a massimizzare i profitti e minimizzare le spese, e in quest'ottica ci sarà sempre e comunque qualcunx che sfrutta e qualcunx che viene sfruttatx. Come conciliare ciò con il desiderio di giustizia climatica che - giustamente - la metà più povera del globo sta pretendendo? E ancora: quali saranno le conseguenze di quella che Keucheyan chiama "finanziarizzazione della natura"? Naomi Klein aveva denominato il sistema socioeconomico odierno "capitalismo dei disastri", capace di adattarsi a qualsiasi crisi e di trasformare qualsiasi disastro in fonte di profitto. Ci sarà, prima o poi, un punto di rottura? Un disastro che non riusciremo a metabolizzare? E se sì, cosa verrà dopo?
Così tante domande, e - ahimè - così poche risposte. 
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aloago · 1 month
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Irene Grandi - Prima di Partire per un Lungo Viaggio Live @ Festivalbar ...
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notizieoggi2023 · 2 months
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https://notizieoggi2023.blogspot.com/2024/03/chiara-ferragni-new-york-lo-strano.html Chiara Ferragni a New York, lo strano messaggio social dall'ascensore: «Auguratemi buona fortuna...» Chiara Ferragni è a New York da quasi una settimana e tra gite negli Hamptons, passeggiate tra i grattacieli della città e foto di golosissimi hamburger sta facendo sognare i suoi fan. I più attenti però ricorderanno che poco prima di partire alla volta degli USA, l'influencer aveva spoilerato che si trattava di un viaggio di lavoro, e dalle storie della Ferragni il fatidico momento degli affari sta per arrivare.   Chiara Ferragni e lo strano messaggio social da New York Una foto in ascensore, la scritta: «Auguratemi buona fortuna» e un emoji delle dita incriciate è tutto quello che il pubblico ha ottenuto come informazioni, per il resto non si sa bene che tipo di affari debba concludere l'influencer. Che stia sondando il suolo americano per un futuro trasferimento? C'è chi ritiene che questa sia un'opzione plausibile, soprattutto dato che l'influencer ha vissuto a lungo negli States prima di tornare in Italia.
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colachampagne3 · 11 months
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Ho pensato ai finali delle orufrey per molto tempo e avevo pensato a un finale pieno di vendetta per Prima di partire per un lungo viaggio perché di solito tolgo lo spirito vendicativo di Qifrey per concentrarmi su altri suoi aspetti che vengono nascosti dal suo passato, ad esempio mi piace molto come si comporta da figlio nella fase ribelle (o più nella fase "quanto è cringe mio papà") con Beldaruit eccetera.
Nel primo finale che avevo in mente per Prima di partire per un lungo viaggio, Qifrey convinceva Olruggio a portarlo all'interno della cupola e strappava via il suo occhio dai suoi abitanti senza pensare nemmeno alle conseguenze delle sue azioni (doveva mettere da parte il senso di colpa verso Beldaruit morto, ad esempio, e mettere in secondo piano i sentimenti di Olruggio e non pensare che i mostri intorno alla cupola ci sono ancora, ci sono degli attacchi anche all'interno della cupola e persone innocenti possono morire senza quell'occhio), perché volevo una storia per dire "una nazione non si può basare sul sacrificio sul sacrificio di qualcuno, anche se questo qualcuno è soltanto una persona". Non è giusto che qualcuno abbia tolto l'occhio a Qifrey e penso che avrei voluto inquadrare la scelta di Qifrey di riprendersi quello che era suo non in modo egoistico quanto per pura e semplice giustizia, con Olruggio al suo fianco e tanti sensi di colpa per entrambi, ma anche una qualche giustizia.
Non ho optato per questo finale perché volevo qualcosa di più soffice che mi permettesse di mettere al primo posto i sentimenti di entrambi. Ho dovuto fare i salti mortali per reinquadrare la narrativa nella mia testa. Non è difficile mettere al primo posto il rapporto tra Olruggio e Qifrey o tra Qifrey e Beldaruit, anzi, mi piace mostrare il loro lato tenero, soprattutto quello di Qifrey, mi sono messa a lavoro appena ho preso la decisione e ho cercato di smussare il suo spirito vendicativo per sostituirlo con il suo attaccamento per Beldaruit prima e per Olruggio poi, ho raccontato un po' della vita di Olruggio come persona che viveva dentro la cupola per dare un po' più di contesto per quello che erano almeno i bambini normali (o chi in quella cupola è arrivato più tardi) ma visto che sto scrivendo una orufrey ho cercato di tagliare corto e quindi ho ottenuto quel primo capitolo striminzito.
Speriamo le cose vadano bene adesso che sto scrivendo l'ultima parte della storia.
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Cassandra Crossing/ Archivismi: Cassandra attraverso i secoli
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Cassandra Crossing/ Archivismi: Cassandra attraverso i secoli
(568) — Cassandra non si accontenta, vuole arrivare più lontano e vuole sopravvivere non per decenni ma per secoli o millenni. Ce la può fare?
10 gennaio 2024 — Nelle precedenti 10 puntate di Archivismi abbiamo descritto la prima campagna di archiviazione; quella della rubrica Cassandra Crossing su Internet Archive. E’ stato un lungo percorso, poiché siamo partiti dallo studio della struttura di Internet Archive, seguito la preparazione dei dati, realizzato qualche decina di righe di script per automatizzare il tutto, eseguito gli upload veri e propri, ed infine la ripulitura dei dati e la correzione degli errori nei metadati.
Oggi invece introdurremo la terza campagna di archiviazione di Cassandra Crossing.
“Ohibò — dirà qualcuno dei più informati 24 lettori — la terza campagna? Ma dove ci hai raccontato la seconda?”
Giustissimo, la seconda non l’ho raccontata perché è stata troppo facile e veloce.
La seconda campagna consisteva nell’archiviazione dei 106 video di Quattro Chiacchiere con Cassandra su Internet Archive. Cassandra ha deciso di non parlarne perché è appena finita, ed ha richiesto solo 20 minuti di preparazione del foglio elettronico di bulk upload e circa un’ora di caricamento. E’ pur vero che avevamo maturato una preziosa esperienza precedente, che i metadati inseriti sono elementari e che i dati di partenza erano già ben strutturati, ma una cosa così semplice e veloce non poteva meritare una pur breve esternazione di Cassandra. Per cui la butto li, andatevi a vedere il risultato, e passiamo davvero alla terza campagna di archiviazione, che ve lo anticipo, sarà ben più stuzzicante.
Dobbiamo però, come Cassandra vi ha ormai abituato, raccontare un po’ di storia. Veramente assai più di un po’, visto che non si tratta di partire dall’alba di Internet, nemmeno dall’alba dei computer, ma addirittura dall’alba della scrittura, il che vuol dire riavvolgere il nastro, così all’ingrosso, di 5 millenni abbondanti. E’ da quella remota epoca che è giunto fino a noi il primo archivio di informazioni omogenee, scritto in caratteri cuneiformi su circa 4.000 tavolette di argilla. Se consideriamo la tavoletta di argilla come supporto informativo, potremmo dire che le tavolette di Uruk si sono rivelate molto durevoli, facendo impallidire tutti i moderni supporti informatici.
E’ pur vero che innumerevoli altre tavolette di argilla non hanno superato, come le loro più famose 4000 colleghe, il lungo viaggio fino a noi, ma comunque l’efficacia del supporto rimane notevole.
I rotoli di pergamena si sono rivelati poco meno durevoli; i più antichi superano infatti di poco i duemila anni, e la durata “media” della pergamena, conservata in condizioni ideali, è stimata intorno ai mille anni.
Alcuni papiri sono giunti a noi dall’antico Egitto e quindi sono durati anche loro per millenni, ma in condizione estremamente particolari (tombe sigillate nel deserto). Nei climi europei ed in condizioni di conservazione ideali hanno invece una durata stimata intorno ai 300 anni. Vale la pena di notare che la scomparsa della pergamena come supporto per le informazioni è dovuto proprio all’avvento del papiro, più economico, più facile da scrivere, più leggibile ma meno durevole.
L’avvento della carta ha ulteriormente peggiorato le cose; se alcuni volumi del passato hanno superato molti secoli, tutta la produzione moderna di carta ha una durata limitata a pochi decenni, con casi estremi come certi tascabili degli anni ’90 o la carta di giornale, che bastava lasciare al sole per vederla letteralmente sbriciolarsi. Colpa di addittivi chimici e sbiancanti, usati per migliorarne l’aspetto, e di processi di lavaggio inefficienti.
Possiamo riassumere che c’è stato un progresso continuo tra un supporto e l’altro che ha prodotto costi minori, prestazioni migliori e durate peggiori. D’altra parte sostituire supporti inorganici ed incombustibili con supporti organici e combustibili non poteva che peggiorare la durata delle informazioni ivi registrate.
In campo informatico non c’è una esperienza storica così lunga. Inizia solo dagli anni ’50 del secolo scorso, con le schede perforate (e per inciso ne ho un pacchetto in perfetto stato di conservazione in un cassetto, perforate per la tesi nel 1980).
I supporti informatici, magnetici od ottici, hanno avuto performance assai meno brillanti. A parte l’obsolescenza tecnologica intrinseca delle periferiche di lettura/scrittura, divenute introvabili o non funzionanti, che rende illeggibili anche supporti che sarebbero ben conservati, persino i nastri magnetici ed i cd-rom, che vantavano durate di 30 anni, si sono in realtà rivelati molto più cagionevoli del previsto. Una campagna di trasferimento dati eseguita di persona da CD-R di meno di venti anni conservati in condizioni ideali ha portato a quasi il 10% di supporti con problemi più o meno gravi di lettura.
La triste verità è che lo sviluppo dell’informatica moderna ha sempre privilegiato la riduzione del costo unitario dei supporti, la densità delle informazioni ivi registrate, la velocità di accesso alle informazioni stesse, senza porre una equivalente cura alla durata dei supporti stessi.
E questo può essere sufficiente per spiegare come mai la durata dei supporti, a partire dai 20–30 anni degli anni ’60, non sia migliorata ma anzi sia semmai peggiorata. Non stiamo infatti parlando di sistemi dotati di ridondanza ed algoritmi di correzione; questi sistemi devono essere dinamici, consumano energia e sono soggetti comunque a problemi di sicurezza informatica e di scarsa resilienza alle catastrofi.
Quello che serve sono supporti che conservino in maniera affidabile le informazioni per la loro stabilità e durata intrinseche, ed in maniera completamente passiva, senza consumare energia, né direttamente, come una stringa di dischi in RAID che deve essere alimentata e funzionante per essere stabile, né indirettamente, a causa di processi produttivi costosi e/o la necessità di impianti attivi di conservazione, come condizionamento/riscaldamento per la stabilizzazione della temperatura.
E servono anche supporti in cui la rappresentazione dei dati non sia così “lontana” dalla percezione degli utenti. La maggior parte delle unità di lettura/scrittura di dati digitali producono supporti sui quali i dati sono impercettibili con mezzi normali, e possono essere rivelati solo con un particolare tipo di unità hardware.
Ambedue queste caratteristiche sono presenti nella soluzione che, attualmente, garantisce i tempi di conservazione più lunghi tra i prodotti disponibili sul mercato. E, curiosamente, ma forse non per caso, si tratta di una tecnologia abbastanza vecchia, a cui sono state apportati alcuni miglioramenti. Parliamo delle pellicole fotografiche “normali”, cioè all’alogenuro di argento, ed in particolare di quella utilizzata dalla Piql, una azienda norvegese, insieme al macchinario per registrarvi informazioni digitali.
Il formato della pellicola, che è un prodotto commerciale, è il normale 35 millimetri, il supporto usato è un tipo di poliestere, e la gelatina e l’emulsione hanno ovviamente caratteristiche particolari. La durata di questa pellicola, opportunamente impressionata e sviluppata, è stimato poter arrivare a 500 anni, conservata a temperatura ambiente ed in condizioni ottimali.
La scrittura dei dati sulla pellicola, che alla fine è comunque una normale pellicola fotografica, può avvenire in vari modi, sia visuali che codificati.
Dati digitali “analogici” come immagini e microfilm possono essere inseriti normalmente. I dati digitali puri vengono invece codificati in fotogrammi simili a dei QR code che contengono ciascuno un blocco di dati.
Il fatto che la codifica sia “visiva” rende possibile eseguire la decodifica, noto il metodo di codifica, anche senza le apparecchiature originali, usando un oggetto che esegua scansioni ad alta risoluzione ed un computer, dotato di un opportuno software, che riassembli le scansioni nei file digitali originali.
Alla fine circa un chilometro di pellicola viene inserito in un contenitore appositamente progettato per una lunga conservazione,
Il periodo di conservazione viene ulteriormente esteso diminuendo la temperatura di conservazione …
… ma per oggi siamo già andati un po’ lunghi, e quindi qui ci aggiorniamo alla prossima puntata di Archivismi.
Scrivere a Cassandra — Twitter — Mastodon Videorubrica “Quattro chiacchiere con Cassandra” tempo Lo Slog (Static Blog) di Cassandra L’archivio di Cassandra: scuola, formazione e pensiero
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cambiolavita · 4 months
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Sulle orme di una "route 66" europea dal divano di casa nostra: da Dortmund Germania a Wroclaw, Polonia
Una nuova tappa de "In viaggio con la mente"
Oggi sono pieno di emozione all’idea di realizzare il mio sogno di viaggiare in Germania. Fin da quando ero bambino, ho coltivato il desiderio di esplorare i castelli, le foreste e le città tedesche di cui vedevo le foto. Finalmente, da adulto, ho preso la decisione di rendere questo sogno una realtà e partire per un lungo viaggio che comprendeva la Germania il prima possibile. Non vedo l’ora di…
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cinquecolonnemagazine · 4 months
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Deserto particular
Una nuova CLIP del film “Deserto particular” di Aly Muritiba, nelle sale italiane dall’11 gennaio grazie soprattutto a Cineclub Internazionale. Storia di un amore, tra il virtuale e il reale, che si dipana attraverso un intenso road movie dal sud al nord del Brasile, il film è stato presentato alla 78. Mostra del Cinema di Venezia all’interno delle Giornate degli Autori, dove ha vinto il Premio del Pubblico BNL Gruppo BNP Paribas. Deserto particular, la trama Al centro della vicenda Daniel, un poliziotto sospeso dal servizio per un'aggressione  violenta, e il suo amore per Sara, una giovane donna di Bahia conosciuta in chat che non ha mai incontrato. Dopo un lungo silenzio da parte di lei, Daniel decide di partire verso nord per poterla finalmente conoscere. Durante questo viaggio dall'altra parte del Paese, l'uomo rimetterà in discussione tutte le sue certezze, fino a riconciliarsi con se stesso e con i propri sentimenti.   Le parole della regista «Deserto Particular è un film di incontri - ha dichiarato il regista Aly Muritiba - Dal 2016, con il colpo di stato che ha rimosso il presidente democraticamente eletto in Brasile, la mia generazione, che si è formata dopo la dittatura, sta vivendo il momento più drammatico della sua esistenza. All'indomani del colpo di stato, il paese è sprofondato in una spirale di odio che è culminata con l'ascesa di un fascista alla presidenza. Con l'elezione di Jair Bolsonaro, tutte le minoranze, le donne, gli indigeni, la comunità LGBTQI+, i neri, sono perseguitate in modo sistematico e il paese è diviso tra il sud conservatore e il nord / nord-est progressista. Molte volte si è giunti sull'orlo dello scontro armato. Proprio quest'odio si è rivelato fondamentale per decidere quale sarebbe stato il mio prossimo film. Ho capito che avrei fatto un film su un incontro. In un'epoca di violenze ho voluto fare un film d'amore». La regista Nato in una piccola città del nord-est del Brasile, Aly Muritiba ha lavorato come agente di polizia penitenziaria mentre finiva gli studi. Da questa esperienza ha tratto spunto per realizzare due cortometraggi e un documentario: “A fábrica” candidato agli Oscar®; “Pátio”, selezionato alla Semaine de la Critique di Cannes, e “A gente”, documentario che ha per protagonista proprio Muritiba e il suo lavoro nel sistema carcerario. Nel 2015 ha presentato “Tarantula” alla Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti. Nello stesso anno ha diretto la sua opera prima “Para minha amada morta” (Global Filmmaking Award/Sundance Institute 2013) proiettato, tra gli altri, al Festival di San Sebastian. Nel 2018 è stata la volta di “Ferrugem”, mostrato anche in anteprima al Sundance. Molto intensa anche la carriera televisiva, con serie realizzate per conto di HBO, Globo, Netflix e GloboPlay. Read the full article
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loredanaastrologa · 4 months
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lamilanomagazine · 5 months
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Natale ai musei in attesa che scatti l'anno da Capitale Italiana della Cultura 2024: un ricco pacchetto fra monumenti, musei ed eventi espositivi
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Natale ai musei in attesa che scatti l'anno da Capitale Italiana della Cultura 2024: un ricco pacchetto fra monumenti, musei ed eventi espositivi. Pesaro. In occasione delle feste di Natale, quest'anno più che mai, in programma un ricco pacchetto di cultura fra musei, monumenti ed eventi espositivi da non perdere; un'opportunità preziosa per fare un pieno di bellezza e godersi i tesori cittadini. Offerta decisamente ricca per i musei; basta seguire le proprie passioni: Palazzo Mosca-Musei Civici con le magnifiche raccolte di ceramica, dipinti e arti decorative, Casa Rossini dove respirare l'atmosfera speciale della casa natale del compositore, il Museo Nazionale Rossini – aperto tutti i giorni dal 22 dicembre al 7 gennaio - per un viaggio a 360° nel mondo del genio, i Musei Civici di Palazzo Ciacchi – eccezionalmente aperti giovedì 21 dicembre - con il nuovo allestimento che propone dipinti e ceramiche dai depositi dei Musei Civici finalmente fruibili, Palazzo Ducale con le visite guidate del martedì, giovedì e sabato per conoscere l'edificio che racconta la storia delle signorie di Pesaro, il Museo della Marineria Washington Patrignani alla scoperta della storia della città dal punto di vista della sua marineria, il Museo Diocesano a testimoniare, con reperti archeologici e beni storico-artistici, l'operato della chiesa pesarese nel tempo. Sempre a Palazzo Mosca, esperienza imperdibile alla Sonosfera® - l'anfiteatro tecnologico per l'ascolto profondo di ecosistemi e musica unico al mondo - con i due programmi tra ambiente e arte: Frammenti di Estinzione nell'Orologio Climatico per riflettere sul futuro del nostro pianeta e Raffaello in Sonosfera® per celebrare la grandezza del 'divin pittore'. Sezione ricca per l'archeologia. A Palazzo Almerici, si visita il Museo Archeologico Oliveriano che documenta mille anni di storia - dal periodo piceno alla tarda età imperiale - e si articola in quattro sezioni: la necropoli picena di Novilara, il lucus pisaurensis, il municipio di Pisaurum e il collezionismo settecentesco; nell'area archeologica di via dell'Abbondanza si ammirano i resti di una dimora signorile di prima età imperiale, riccamente decorata con mosaici; nel Parco San Bartolo l'area di Colombarone – con il suo antiquarium - conserva i resti di una ricca residenza tardo-imperiale sulle cui strutture, a partire dalla metà del VI secolo d.C. si insedia il complesso cristiano della basilica di San Cristoforo ad Aquilam. Nel circuito di Pesaro Musei anche i due luoghi per gli appassionati delle due ruote, con e senza motore: il Museo della Bicicletta di Palazzo Gradari con 40 bici da corsa in un excursus cronologico dal 1930 fino ad oggi con la storia gloriosa del mezzo di trasporto sostenibile per eccellenza. In via Mameli, nella sede storica della Benelli, il Museo Officine Benelli espone 150 motociclette del brand che ha fatto grande 'Pesaro Terra di piloti e motori'. Accanto a musei, monumenti ed edifici storici, un'interessante scelta di mostre. A Palazzo Mosca doppia proposta: nell'ammezzato, 'Una questione di spazio' di Leonardo Petrucci a cura di Marcello Smarrelli: tre gruppi di lavori dalla produzione artistica degli ultimi dieci anni dell'artista che riflettono in modo puntuale sul rapporto tra arte, natura e tecnologia, nella project room 'L'unica immagine possibile (d'après un florilegio) di Matteo Fato a cura di Simone Ciglia, con una serie di incisioni ispirate al lavoro di altri maestri di un lungo arco cronologico dal primo rinascimento alla contemporaneità. In Pescheria, Surprize V, la quinta edizione della mostra premio che offre una vetrina ai giovani talenti; quest'anno 57 i protagonisti, tra gli allievi dell'Accademia di Belle Arti di Urbino cui si aggiungono quelli dell'Estonian Academy of Arts, dell'Art Academy of Latvia e della Vilnius Academy of Arts - questi ultimi esposti a Fermignano - per un dialogo internazionale. Fino al 14 gennaio, spazio bianco - sede della Fondazione Pescheria dedicata alla fotografia e all'immagine -, accoglie 'Città Sospese. Indagine sul Paesaggio', una grande collettiva a cura di Alessandro Mazzoli, che si confronta con un tema vasto ed emotivamente coinvolgente come il Paesaggio affrontato in chiave "transfigurativa" da 40 fotografi dopo un anno di ricerca. Alla Galleria Rossini, fino al 29 dicembre il progetto espositivo di Giò Ross 'NBArt' che unisce arte e sport in modo originale, dal 30 dicembre al 7 gennaio la personale di Massimo Gozzi 'L'anima del colore'. Alla Biblioteca San Giovanni, fino al 22 gennaio, la mostra di pittura 'Paesaggi a colori' di Andrea Panicali. ORARIO MUSEI, MONUMENTI, AREE ARCHEOLOGICHE E MOSTRE (FINO A DOMENICA 7 GENNAIO 2024) Palazzo Ciacchi (via Cattaneo 34) giovedì 21 dicembre 15-18.30 ingresso gratuito, richiesta prenotazione; info 0721 3831 [email protected] Palazzo Mosca - Musei Civici (piazza Mosca 29) / Casa Rossini (via Rossini 34) martedì-giovedì 10-13, venerdì-domenica e festivi 10-13 / 15.30-18.30 chiusure: 25 dicembre, 1 gennaio ingresso a pagamento, gratuito fino a 18 anni e possessori della Carta Famiglia del Comune di Pesaro info 0721 387541-357 [email protected] Sonosfera® (Palazzo Mosca – Musei Civici) Frammenti di Estinzione nell'Orologio Climatico sabato h 11 domenica h 17.30 festivi h 11 e 17.30 Raffaello in Sonosfera® Sabato h 17.30 Domenica h 11 prenotazione obbligatoria; ingresso a pagamento, gratuito fino a 18 anni, per gli studenti del Conservatorio Rossini e i possessori della Carta Famiglia del Comune di Pesaro; 0721 387541 [email protected] Museo Nazionale Rossini (Palazzo Montani Antaldi, via Passeri 72) 22 dicembre 2023 - 7 gennaio 2024: tutti i giorni 10-13 / 15-18 chiusure 25 dicembre, 1 gennaio ingresso a pagamento, gratuito fino a 18 anni e per i possessori della Carta Famiglia del Comune di Pesaro; info Sistema Museo 0721 1922156 www.museonazionalerossini.it Palazzo Ducale (piazza del Popolo) Visite guidate: sabato 23 e 30 dicembre h 10.30 (1 ora e mezzo); martedì 2 gennaio h 16 (45 minuti) giovedì 21 e 28 dicembre, 4 gennaio h 16 (45 minuti) prenotazione obbligatoria, max 25 partecipanti, ingresso incluso nel biglietto unico Pesaro Musei, gratuito fino a 18 anni e per i possessori della Carta Famiglia del Comune di Pesaro Info 0721387541 [email protected] Museo Archeologico Oliveriano (Palazzo Almerici, via Mazza 97) giovedì-domenica e festivi 15.30 -18.30 chiusure: 25 dicembre, 1 gennaio ingresso a pagamento, gratuito fino a 18 anni, per studenti del Conservatorio Rossini e possessori della Carta Famiglia del Comune di Pesaro tel 0721 33344 [email protected]. Area archeologica di via dell'Abbondanza sabato, domenica e festivi 10.30-12.30 / 15.30-17.30 chiusure: 25 dicembre, 1 gennaio info 0721 387541 ingresso a pagamento, gratuito fino a 18 anni e possessori della Carta Famiglia del Comune di Pesaro Area archeologica e antiquarium di Colombarone (strada San Cristoforo 136) sabato, domenica e festivi 10-13 chiusure: 25 dicembre, 1 gennaio Ingresso a pagamento, gratuito fino a 18 anni e possessori della Carta Famiglia del Comune di Pesaro; info 0721 387541, [email protected] Museo della Bicicletta (Palazzo Gradari, via Rossini) sabato, domenica e festivi 10-13 / 15.30-18.30 chiusure: 25 dicembre, 1 gennaio ingresso a pagamento, gratuito fino a 18 anni e possessori della Carta Famiglia del Comune di Pesaro; 0721 387541 [email protected] Museo Diocesano (Palazzo Lazzarini, via Rossini) orario: 23, 24, 29, 30, 31 dicembre; 5, 6,7 gennaio h 15.30-18.30 Ingresso a pagamento, info 0721 371219 [email protected] Museo della Marineria Washington Patrignani (Villa Molaroni, viale Pola) orario: martedì, mercoledì, giovedì 9-12.30; venerdì 15-19 chiusura 26 dicembre ingresso gratuito tel 0721 35588 Museo Officine Benelli (via Mameli) Orario lunedì-sabato 9-13 / 16.30-19 Martedì 26 dicembre e sabato 6 gennaio orario 16 – 19 Chiusure: 25 dicembre, 1 gennaio Ingresso con card Pesaro Cult, gratuito fino a 18 anni tel 0721 31508 [email protected] Mostre Palazzo Mosca - Musei Civici fino al 21 gennaio 2024 Orario: martedì-giovedì 10-13, venerdì-domenica e festivi 10-13 / 15.30-18.30 chiusure: 25 dicembre e 1 gennaio Ingresso incluso nel biglietto Pesaro Musei, gratuito fino a 18 anni e possessori della Carta Famiglia del Comune di Pesaro, info 0721 387541 Fino al 7 gennaio 2024 Surprize V - Dove sono? / Where am I? Centro Arti Visive Pescheria orario martedì-venerdì 15.30-18.30, sabato, domenica e festivi 10.00-13.00 e 15.30-18.30 chiusure: 25 dicembre e 1 gennaio ingresso gratuito con card Pesaro Cult, info 0721 387541 fino al 14 gennaio 2024 Città Sospese. Indagine sul Paesaggio spazio bianco, via Zongo 45 orario: venerdì-domenica 17-20 chiusura 7 gennaio ingresso gratuito 16-29 dicembre 2023 Giò Ross. NBArt-un viaggio tra Arte e Sport Galleria Rossini, via Rossini 38 orario martedì-giovedì 10-13, venerdì-domenica e festivi 10-13, 15.30-18.30 chiusure: 25 dicembre ingresso gratuito, info 0721 387541 30 dicembre 2023 – 7 gennaio 2024 Massimo Gozzi. L'anima del colore Galleria Rossini, via Rossini 38 orario martedì-giovedì 10-13, venerdì-domenica e festivi 10-13, 15.30-18.30 inaugurazione sabato 30 dicembre ore 17 chiusura: 1 gennaio ingresso gratuito, info 0721 387541 fino al 22 gennaio 2024 Andrea Panicali. Paesaggi a colori Biblioteca San Giovanni Orario martedì-sabato 10-19, domenica 15-19 chiusure: 23-26 e 30-31 dicembre, 7 gennaio 2024 ingresso gratuito, info 0721 387770 Attività Giovedì 21 dicembre ore 18 Intitolazione del salone nobile di Palazzo Gradari ad Antonia Pallerini Palazzo Gradari Letture di Lucia Ferrati, estratto musicale tratto dal balletto "Prometeo" del coreografo Salvatore Viganò danzato da Aurora Profili e Alberto Bargnesi, allievi del quinto anno del Liceo Scientifico, Musicale e Coreutico G. Marconi Ingresso libero laboratori per bambini 4-10 anni, aspettando il Natale e la Befana costo € 4,00, info e prenotazioni 0721 387541 | [email protected] Tradizioni natalizie e curiosità nella Pesaro tra Sette e Ottocento 𝐒𝐚𝐛𝐚���𝐨 𝟐𝟑 dicembre ore 16.30 Un percorso alla scoperta di storie e aneddoti di alcuni personaggi della storia di Pesaro: Gioachino Rossini, Vittoria Mosca, Sara Levi Nathan. A cura della guida turistica Elena Bacchielli. Appuntamento davanti a Casa Rossini, costo € 7,00, info e prenotazioni 0721 387541 [email protected]... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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