Tumgik
#dd houndmaster
sanyaoxsis · 2 months
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Butches with puppies
and mustaches
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CW: half body nudity
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and i made a few bounty hunter/houndmaster things (butch4butch)
btw my butch bounty hunter
silly thing that made me giggle
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CW: little nudity
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eepy
that's catbutch behaviour (even though I'm tagging her in bear)
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She left in silence after that
and butch4butch kissin
CW: body nudity
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Butch bear fluff i wanna eat a brick like it's cotton candy
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seaquestions · 10 months
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marked for death! (id in alt)
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osplague · 10 months
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The last nine of my Darkest Dungeon Modern AU cast (Sovereignty)
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Everyone is here :)
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darkestprompts · 6 months
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I love how other hero have like plate armor, magic, gun ect
And then there is William, that guy only have a stick, a dog and padded armor but he is still here to bonk the shit out of eldritch horror.
I need you guys to understand that when we say "William's main weapon is a dog" THIS is what we are talking about:
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He's doing fine.
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vioorel · 11 months
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Toot toot
Wanted to practice some faces and my hand slipped
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kirhu-the-rat-god · 7 months
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thatdogmagic · 1 year
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If you've been browsing the Darkest Dungeon (and adjacent character) tags wondering 'who the hell is the dog lady and why is Audrey all friendly with her,' just imagine Audrey's refracted on the farmstead hugging a dead tree and singing to herself, and the whole thing is practically canon.
The amazing @ependasketchpad provided the pencils and the dog lady; I provided inks and finals, and whatever she's singing is provided by whatever your little heart desires ❤️
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dukeofqueers · 1 year
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bountyhound sketch from last month bc i can’t draw rn thanks to whats likely carpal tunnel syndrome. anyway i still love these two mutts SO much 💕💕
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inkword · 2 years
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A wacky story in which Tardif tries very hard to avoid fatherhood.
PART TWO HERE because tumblr has an image limit
Art by me, all the dialogue taken (and slightly edited to make sense irl) from this amazing post by @darkestprompts Better image quality so you can actually read it > https://imgur.com/a/dhNdV2O
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taco-with-butter · 10 months
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mv1mg · 10 months
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i-am-mystic · 1 year
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osplague · 10 months
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"LINE UP, BOYS!"
yeah Tumblr took it down the first time
if you wanna see DD men's peepees, go to my twitter
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darkestprompts · 4 months
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Marked for Death as a team is so funny because here are three down-to-earth fighters from different walks of life with their heavy weapons and armor and lifetime of physical combat... then there is Alhazred. I dont know whether this is about three jocks adopting a nerd or a college professor with three students that are basically his security detail.
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pearl-the-artist · 2 years
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This was a lot funnier in my head.
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dakovas-basette · 23 days
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Chapters: 1/1 Fandom: Darkest Dungeon (Video Game) Rating: Teen And Up Audiences Warnings: No Archive Warnings Apply Characters: Antiquarian (Darkest Dungeon), Leper (Darkest Dungeon), Houndmaster (Darkest Dungeon), Vestal (Darkest Dungeon) Additional Tags: Antiquarian-Centric, Character Study, Canon-Typical Violence, Misadventures in the Cove, Canon-Typical Siren Behavior, Josephine's terrible no good very bad day Summary:
Josephine credeva che quella spedizione alla Baia stesse andando per il meglio, fino a quando lei e il suo gruppo non si ritrovarono a fronteggiare la Sirena. (Ispirato da una run che non è andata esattamente come avrebbe dovuto)
(english translation available here)
(testo a seguire)
Josephine non eccelleva in prestanza fisica, né in coraggio: il suo compito era esplorare i labirinti che circondavano quel Borgo tetro alla ricerca di tesori per l’Erede, lo sapeva bene. Per questo, non si sorprese quando fu chiamata per una missione nella Baia: i rifugi di quei mostruosi esseri pelagici erano pieni di tesori che solo i suoi occhi esperti erano in grado di individuare; fu quando scoprì che lei e gli altri mercenari chiamati per l’occasione avrebbero dovuto combattere la famigerata Sirena, la matrona dei mostri che terrorizzavano i mari nei pressi del porto, che credette ci fosse stato un errore, ma l’Erede era sicuro di ciò che voleva, e la paga era troppo conveniente perché Josephine se la sentisse di obiettare.
Prima della partenza, come d’abitudine, studiò quelli che sarebbero stati i suoi commilitoni per la spedizione: fu contenta di trovare Junia, la sacerdotessa vestale, non perché le andasse particolarmente a genio – la sua devozione e il suo atteggiamento da santarellina erano davvero irritanti, a volte – ma le sue capacità curative non erano seconde a nessuno; aveva visto il gendarme William, con il suo fedele segugio, e Baldwin, un uomo affetto da lebbra ma che la malattia ancora non aveva privato della forza, come lei stessa aveva potuto osservare di persona, dalla potenza con cui sollevava e abbatteva il suo pesante spadone spezzato sui loro nemici e dal vigore con cui sopportava i loro colpi, che a volte neanche sembrava sentire. Josephine era certa che sarebbe stata al sicuro, almeno durante il tragitto fino alla Sirena: aveva sentito storie inquietanti su quella creatura, sulle sue capacità di ammaliare e istigare anche il guerriero più valoroso contro i suoi stessi alleati, anche se solo per qualche minuto, ma in battaglia anche una manciata di secondi avrebbe potuto fare la differenza tra la vita e la morte. Cercando di non farsi opprimere da quella preoccupazione, anche lei si preparò al meglio, con il suo incensiere, con cui avrebbe potuto effettuare i suoi sortilegi per rinvigorire i suoi alleati e protettori, il suo coltello kukri, un’ultima difesa che in realtà sperava di non essere costretta a usare, e la sua ampia borsa, in cui avrebbe raccolto i tesori e gli antichi cimeli che avrebbe trovato negli angoli di quel labirinto marino, per venderli o studiarli, se si fossero rivelati di particolare interesse archeologico.
Era la prima volta che loro quattro si recavano insieme in una missione, ma ognuno era ben conscio del proprio ruolo, sia grazie alle precise indicazioni che l’Erede aveva dato loro prima di abbandonarli al loro destino, sia in virtù di esperienze passate: per nessuna di loro quella era la prima volta nelle profondità della Baia. Questo non voleva dire che Josephine si fosse abituata all’odore, quella puzza pungente di carcasse di pesce che l’aria salmastra rendeva ancora più intensa: quasi come un rituale, prima di entrare nella Baia, aveva preso l’abitudine di inalare a fondo gli aromi del suo incensiere, per reprimere o almeno attenuare il senso di nausea. Aveva scoperto che anche Paracelsus, la dottoressa dalla maschera a becco d’uccello, era solita fare qualcosa del genere, ma lei non era lì presente, quindi si aspettava di prendere parte al suo rituale da sola, come sempre; la sua sorpresa non fu poca quando Junia la prese di parte e le chiese di farle odorare l’incenso, ma Josephine fu disposta ad assecondarla, attenta che lo spirito del suo maestro, intrappolato nell’incensiere, non sfuggisse al suo controllo.
Avevano fatto ampia scorta di torce, e ciò fu di grande aiuto quando si trattava di andare in avanscoperta, compito riservato a William e al suo fedele segugio: grazie a loro, Josephine sapeva sempre in anticipo dove avrebbe dovuto soffermarsi maggiormente alla ricerca di tesori e dove, invece, si trovavano dei mostri in agguato, e quindi le conveniva tenere il suo incensiere pronto e ritirarsi nelle retrovie, assicurandosi di avere i suoi alleati più forti tra lei e gli esseri che abitavano quei cunicoli marini e pronta a darsela a gambe al primo segnale di pericolo. Per fortuna, i suoi compagni si rivelarono capaci, e arrivarono in prossimità della stanza dove li aspettava la Sirena relativamente incolumi, con le borse colme di tesori, grazie all’occhio attento ed esperto di Josephine, ma ancora con scorte sufficienti per il resto della loro missione. Era stato Baldwin a proporre di accamparsi, accendere un falò e recuperare le forze, prima di affrontare la matriarca delle creature che avevano combattuto fino a quel punto, e tutti gli altri non se lo fecero ripetere, sia perché era oggettivamente una buona idea, sia perché il guerriero lebbroso parlava e si atteggiava in un modo che rendeva difficile a chiunque altro dirgli di no: Josephine aveva incontrato moltissime persone, nei suoi viaggi, e ormai voleva credersi indifferente all’autorità altrui, ma anche lei doveva riconoscere la stoica dignità di quell’uomo, soprattutto perché aveva visto bene cosa poteva succedere a chi gli andava contro.
Consumarono un pasto neanche troppo magro, per una spedizione come quella, in completo silenzio: le tenebre che li circondavano e l’odore di pesce marcio che il falò non riusciva a coprire neanche in parte non invogliavano nessuno a chiacchierare. Josephine non aveva idea di cosa stesse passando per la testa degli altri, e a dirla tutta neanche le interessava; dal canto suo, non riusciva a smettere di pensare alla Sirena e ai suoi poteri ammalianti: fino ad allora era stata protetta dalle infinite minacce di quel luogo grazie alla forza e alle abilità dei suoi compagni, ma cosa sarebbe successo se quella stessa forza e quelle stesse abilità le si fossero ritorte contro? Non sarebbe tornata al Borgo, poco ma sicuro. Oggettivamente parlando, la persona su cui i poteri della Sirena sarebbero stati meno pericolosi era lei stessa: avrebbe aiutato un poco il mostro con i vapori del suo incensiere, ma almeno non avrebbe potuto fare troppo male ai suoi alleati. A quel pensiero le venne un brivido, ma tra sé e sé sperò che la Sirena avrebbe presa di mira proprio lei, consapevole che i suoi compagni avrebbero potuto salvarla, e anche perché una parte di lei, quella stessa parte che l’aveva portata a diventare apprendista dello stregone, tutti quegli anni prima, desiderava conoscere quei poteri occulti quanto più da vicino possibile.
Riposarono fino a quando la fiamma del falò si esaurì, al sicuro da qualunque eventuale imboscata grazie all’attento segugio di William: per quanto riguardava Josephine, quella pausa era finita fin troppo presto, ma d’altra parte, prima avrebbero affrontato l’ardua prova che li aspettava, prima avrebbero potuto lasciare quel luogo nauseabondo, tornare al Borgo e magari festeggiare la vittoria andandosi a ubriacare a spese dell’Erede, che era sempre stato molto più prodigo di lei.
Il corridoio che li separava dalla Sirena era fin troppo quieto, privo di tesori ma anche di mostri e di trappole, come se avesse voluto indurli in un falso senso di sicurezza mentre li portava dritti tra le fauci del mostro, ma Josephine non si fece ingannare, né si fecero ingannare gli altri, o almeno così lei volle credere, giudicando dal silenzio teso in cui lo attraversarono. Fu Baldwin ad aprire la porta, e se ebbe paura mentre lo faceva, non trasparì dalla sua maschera di ottone e stoicismo.
Le sirene delle storie e dei miti che Josephine aveva letto e ascoltato nei suoi viaggi, prima di arrivare nello strano territorio della famiglia Darkest, erano sempre, nella loro metà umana, giovani, bellissime ammaliatrici; la Sirena della realtà, quella che aveva davanti, era una creatura degna di quel luogo marcio e melmoso, più pesce che donna, e quelle poche fattezze ancora vagamente umane che le restavano erano deformate al punto da sembrare incredibilmente tristi: forse Josephine si sarebbe sentita quasi impietosita da lei, se non fosse stata grande il doppio di Baldwin, uno degli uomini più grossi che lei avesse mai visto, e poi i ritmi frenetici della battaglia non lasciavano spazio alla pietà.
La regina degli uomini-pesce non perse tempo a chiamare alcuni dei suoi sudditi in suo aiuto, ma non era niente che il fido segugio di William e soprattutto il pesante spadone di Baldwin non potessero gestire, aiutati dalla magia curativa della pia Junia e dell’incensiere arcano di Josephine. I problemi iniziarono quando la Sirena usò i suoi poteri ammalianti non più sui suoi stessi sudditi, ma su di loro, i suoi nemici. Josephine vide solo di sfuggita la sua immagine illusoria, circondata di foschia, molto più simile a quella delle favole, creata con l’incanto, ma non era a lei che era indirizzato il sortilegio: un momento dopo, quando la nebbia si dissolse, Baldwin aveva abbandonato il suo posto nella formazione, e Josephine sentì un vuoto allo stomaco quando lo vide accanto alla regina degli uomini-pesce, gridando ai quattro venti quanto volesse restare lì, in quella caverna tetra e ostile, accanto al suo “vero amore”.
“Avrebbe dovuto prendere me!” pensò; sarebbe scappata in quello stesso istante, mandando alla malora non solo la missione, ma tutto ciò che avesse a che fare con quella tenuta maledetta, ma il terrore le aveva bloccato le gambe, forse perché in fondo sapeva che da sola non sarebbe comunque mai uscita viva dalla Baia.
Il tempo sembrò fermarsi quando Baldwin calò il suo pesante spadone spezzato su William, l’uomo con cui aveva condiviso un pasto e un focolare in quello stesso labirinto, e il gendarme non fu in grado di schivare il colpo. Un attimo prima, William era al massimo delle sue forze e della sua agilità; quello era il primo colpo che aveva incassato dall’inizio della lotta, e ora era a un passo dalla morte. Sia Junia sia Josephine sapevano che, senza di lui, niente sarebbe stato in grado di difenderle: neanche ebbero bisogno di parlarsi per concordare che tenerlo in vita era la loro maggiore priorità, ancora più di indebolire la Sirena, almeno fino a quando Baldwin non si fosse liberato dall’incantesimo del mostro, cosa che, fortunatamente, accadde abbastanza presto.
Per la prima volta da quando Josephine lo aveva conosciuto, quell’uomo dalla dignità incrollabile sembrava scosso e confuso, e quando tornò dalla loro parte si posizionò nel punto sbagliato della loro formazione, come se avesse voluto porre quanta più distanza possibile tra sé e la creatura che aveva spezzato le sue difese d’acciaio, farfugliando delle scuse che Josephine neanche ascoltò: di tutti i momenti in cui quell’uomo poteva dimostrarsi debole, doveva scegliere proprio quello? Una parte di lei non poteva fare a meno di sospettare che fosse lo spirito nel suo incensiere da incolpare, che il suo maestro stesse cercando di vendicarsi da oltre la tomba, ma mise a tacere quel pensiero: aveva tenuto sotto controllo i capricci dello stregone fino a quel momento, e ce l’avrebbe fatta anche allora.
La sua ondata di ottimismo fu subito abbattuta dalla Sirena, che aveva di nuovo sfoderato la sua arma più subdola, e il suo bersaglio non era cambiato: neanche la distanza che Baldwin aveva messo tra sé e lei fu in grado di difenderlo. Nonostante non fosse mai stata una donna d’azione, Josephine non si era mai sentita così impotente: Junia era una guaritrice molto migliore di lei, quindi tutto ciò che lei poteva fare era usare il suo incensiere per mantenere i sensi dei suoi compagni ben affilati, cercare di indebolire un minimo il mostro con i suoi miasmi o di accecarlo con la sua sabbia, ma niente sembrava davvero efficace: l’unica cosa che poteva davvero fare era stringere i denti e sopravvivere, qualcosa in cui non aveva ancora mai fallito.
William ancora non si era del tutto ripreso dal colpo quasi fatale del suo alleato, e quando Baldwin sollevò di nuovo il suo spadone contro di lui, Josephine era certa che sarebbe stata la fine, ma il gendarme fu miracolosamente agile abbastanza da schivare. Per la prima volta in tutta la sua vita, Josephine fu tentata di credere davvero nel potere della Luce, anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, e soprattutto non in presenza di Junia.
Le sorti della battaglia si ribaltarono in quel momento, come per magia: Baldwin tornò da loro di nuovo nella posizione meno conveniente possibile, ma Josephine fu molto rapida nel tornare nelle retrovie – un altro talento che non le era mai mancato – in modo da assecondare il suo lento incedere, appesantito dallo spadone, dalla corazza e dalla malattia; quando furono di nuovo nella formazione corretta, il guerriero lebbroso sembrava essere tornato l’uomo stoico e indistruttibile che i suoi compagni avevano conosciuto, e quando la Sirena tentò una terza volta a usare le sue arti occulte su di lui, rimase fermo nella sua posizione, e poco tempo dopo la regina di quel regno maledetto era ridotta a un lurido ammasso di carne bluastra.
Lasciarono la Baia al più presto, dato che William non era affatto nelle condizioni di continuare a cercare altri tesori nascosti, ma prima di andarsene Josephine riuscì a prelevare alcuni campioni del mostro, pensando che avrebbe potuto venderli a Paracelsus, che si era sempre interessata fin troppo all’anatomia delle creature che avevano incontrato in quella terra di orrori: il pensiero del denaro sonante che la dottoressa le avrebbe pagato riuscì quasi a scacciare la delusione di non aver potuto osservare direttamente l’effetto dei poteri occulti della Sirena, ma alla fine stava uscendo viva da un’altra missione, e quello era ciò che più contava.
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