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#la donna il sogno & il grande incubo
sciatu · 3 years
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DOPO LA FESTA
Lo svegliò l’odore del caffè e inconsciamente capì subito che doveva essere un caffè fatto in casa. Aprì gli occhi ma vide solo il bianco delle lenzuola e solo il vederlo gli fece venire un gran mal di testa tanto che chiuse gli occhi “Amore ti ho portato il caffè” disse una voce femminile “Che strana voce ha Gessica questa mattina.” Si disse, ascoltando ad occhi chiusi quella voce sottile quasi da bambina. Sentì sulle labbra il bordo della tazzina e presala in mano bevve lentamente “Buonissimo, pensò, proprio come piace a me Gessica questa volta è stata brava” Apri gli occhi sorridendo e si vide davanti il volto di una donna che non aveva mai visto. Era mora con gli occhi scuri, mentre Gessica era bionda con gli occhi chiari, la ragazza indossava un accappatoio chiaro con disegnato degli orsetti e da come era aperto sul davanti, si capiva sia che sotto non indossava nulla sia che aveva una misura di petto tripla di quella di Gessica. Anche il resto del suo corpo era il doppio di quello di Gessica che con i suoi cinquanta chili scarsi sarebbe scomparsa dentro l’indumento. “Che c’è?” Chiese lei vedendo la sua faccia sconcertata. “La luce, mi da fastidio.” Rispose dicendo in parte la verità. “dovevi vedere che mal di testa avevo io quando mi sono svegliata – fece lei sorridendo con aria complice – poi mi sono fatta una doccia ed è passato tutto. Fatti anche tu una doccia, vedrai che starai meglio” Aprì l’anta di un grande armadio tirando fuori un accappatoio con coniglietti Solo allora, alzandosi dal letto, si accorse che era nudo. Guardò le due nudità, che pensò di nascondere tra le mani e poi la ragazza cercando qualche scusa. Lei invece gli passò l’accappatoio e sfiorò con le labbra quelle di lui “Uhmmm – fece lei sotto voce – mi fai venire voglia” e si girò dirigendosi verso la sala su cui, attraverso un disimpegno, si affacciava la stanza da letto. L’ osservò andarsene muovendo il suo di dietro in una maniera tale, che pur di misura XXL aveva un che di aerea civettuoleria con gli orsetti dell’accappatoio che sembrava ballassero il chachacha “Ma che minchia ho fatto? E quanto minchia ho bevuto? Mannaia a mia sembra che non so che non sopporto l’alcool e che poi non mi ricordo nulla!!!” Si chiese preoccupato ed incazzato con se stesso. Andò verso il disimpegno in cui vi era anche la porta del bagno che era un trionfo di rosa e di cornici barocche colmo del profumo di creme rimasto a mezz’aria insieme al vapore. Prima di entrare nella doccia si guardò nello specchio che copriva la porta del bagno. I capelli erano scomposti come se si fosse pettinato con i mortaretti, mentre la faccia sembrava quella di un ‘pizzatu o peggiu, di nu cugghiuni di mulu, tanto era brutta, grinzosa e smorta. Sul petto aveva dei segni come di graffi e li in basso vide delle strisce rosse che pensò preoccupato sangue scoprendo che invece era rossetto Il pensiero andò alla fidanzata. “Che gli dico ora a Gessica?” Entrò nella doccia e aprì l’acqua e solo mentre si insaponava si ricordò un cosa tremenda “Gessica mi ha lasciato!!” restò immobile nella doccia mentre l’acqua calda scendeva in piccoli rivoli sul suo corpo  e lavando la schiuma dall’odore di papaya con cui si era coperto. Ora ricordava! Aveva litigato con Gessica. Anzi no, lei era venuta all’appuntamento che gli aveva chiesto e gli aveva restituito l’anello. “Mi dispiace, ma nun è cosa” “Comu nun è cosa? C’è un altro?” “No, ma nun è cosa, ommai si comu n’amicu: non provo più niente. È come se mi fossi svegliata da un sogno capendo che era un incubo. Devo finire questa farsa prima che ci facciamo male” “Ma come un incubo? C’è un altro?” “No – rispose lei incazzata – non c’è un altro, è che non ci sei tu!” Si girò e se ne andò Lui la rincorse e la fermò “C’ è un altro, troia, non me lo vuoi dire! Come può essere che dopo cinque anni che stiamo insieme prendi e mi lasci così, come si lascia un cane per strada” Lei diventò una belva ed incominciò ad urlare “Non c’è nessuno, sei tu che mi hai rotto, con le tue visite ai parenti, con il parlare di un domani con solo impegni e sacrifici, senza mai pensare a quello che io voglio e a come la penso. Io voglio stare con qualcuno che mi riempia la vita non che me la organizzi! Perciò hai rotto, capito? R-O-T-TO” E l’osservò con gli occhi di una belva. La guardò stupito, chiedendosi se fosse proprio lei quella che chiamava “amorino” o “micettina” e che invece era na rannissima buttana! Reagì quindi come reagiscono tutti gli uomini stupidi: le diede uno schiaffo! Ma all’ultimo momento rallentò la forza dello schiaffo, perché era un gesto contro la sua natura e perché non aveva senso. Perché in fondo l’amava e non poteva farle del male. Lei invece gli restituì lo schiaffo con una violenza tale che dopo aver fatto due giri su sé stesso andò a sbattere contro un albero del marciapiede e scivolò sulla strada finendo sdraiato tra due macchine parcheggiate.  Probabilmente era svenuto perché si ricordò solo la voce di un bambino che diceva “Guarda mamma due piedi” E la madre rispondere, “non toccare è cacca” Si ricordò vagamente che si alzò e sentendosi le guance gonfie per lo schiaffo e il colpo all’albero decise di andare da Mario, un suo amico che abitava li vicino a cui raccontò quello che era successo. Mario gli diede del coglione perché tutti avevano capito che lei lo voleva lasciare, mentre solo lui insisteva a non capire, a voler continuare “ma se due si vogliono bene, si parlano e le cose si risolvono” Si difendeva lui “Ma lei ti parlava in tutti i modi, con il corpo, le allusioni e le parole. Ma tu eri chiù orbu i na littiridda (pipistrello): non hai mai capito na minchia!” Concluse l’amico. Poi ebbe pietà e gli disse che avevano organizzato una festa clandestina in un Palmento verso Santa Teresa, sarebbero andati a divertirsi e dopo due bicchieri di vodka avrebbe sicuramente dimenticato Gessica. Dopo quasi un ora e mezza di macchina finì in un vecchio baglio dove in un magazzino enorme stavano chiusi per via delle limitazioni del Covid, un centinaio di ragazzi che ballavano storditi dalla musica, dalle canne e dall’alcool. A lui bastarono pochi bicchierini di vodka al melone per imballarsi. Si mise a girare per il magazzino pieno di ragazzi, che ballavano agitandosi nella penombra e nella nebbia formata dal fumo denso delle canne. Ballavano stordendosi, accecati da un mitragliare ritmico di raggi laser e assordati dalla musica ossessiva. Ad un certo punto gli sembrò di vedere la forma filiforme di Gessica con la sua chioma bionda e lunga. Pensò che forse era li con il nuovo ragazzo. Furioso si aprì una strada tra la folla per raggiungerla. Dopo aver sgomitato a destra e sinistra la arrivò alle spalle ed era appoggiata ad una botte piena di bicchieri di plastica con altri ragazzi che gli stavano intorno. Le toccò la spalla gridando “Gessica...” pronto a restituire lo schiaffo che aveva ricevuto. Anzi stava quasi per farlo partire quando la bionda si girò mostrando una barba di tre giorni e un naso aquilino che da solo faceva provincia. “Chi Cessica e Cessica? Cammelu sugnu! cu je sta Cessica” Disse seccato il biondo con proboscide “Nenti, nenti, ho sbagliato persona” fece frenando il braccio che stava partendo. “Levati i cà ricchiuni chi finisci male” disse uno alto e grosso quanto un paracarro seduto vicino a Cammelu “Vatinni , chi nun ti mittemu i mani in coddu picchi nun vulemu prublemi” Sottolineò l’uomo elefante. “Na cosa dissi, puru pi sbagghiu” rispose e si allontanò ostentando una faccia cattiva per tener a bada il gruppo. Si spostò di lato sedendosi su uno sgabello accanto un'altra botte, sempre guardando gli amici di Cammelu in cagnesco. “e tu chi sei?” Disse una voce da bambina. Si girò e la vide. Era la classica curvy: faccia da bambola e corpo da lottatore di sumu “Che è una botte riservata anche questa?” Fece lui seccato e rassegnato a non aver più pace. “in teoria si – fece lei tristemente – lei mie amiche mi hanno portato qui per non farmi pensare al mio ragazzo che mi ha lasciato, poi si sono imboscate col primo che trovavano. Ora sono qui, sola, abbandonata da tutti e con la sensazione di essere per sempre una tagliata fuori” “Davvero il tuo ragazzo ti ha lasciato? Anche la mia ragazza mi ha lasciato…” “Benvenuto nel club degli abbandonati” Fece lei alzando un bicchiere di plastica pieno di un liquore rosso. Lui prese un bicchiere di plastica, vi versò i rimasugli dei bicchieri che erano sulla botte e disse serio “Salute” Bevve l’intruglio d’un fiato, facendo una smorfia quando gli arrivò nello stomaco. “e a te perché ti ha lasciato” Chiese lui. “Perché si vergognava di me. Tutti si vergognano di me! Anch’io mi vergogno di me. E a tè perché ti ha lasciato” “Perché non le stavo più bene” “E cioè…?” “L’amore è come un vestito, deve essere della tua taglia, deve essere per come tu vuoi essere. Quando ci siamo conosciuti ero della taglia giusta, formale ed elegante. Ora è cambiata la moda, va il casual ed il cafone. Non le stavo più bene, allora mi ha mandato a fanculo!” Lei lo guardò tutta seria qualche secondo “Ha fatto bene - come se avesse capito fino in fondo il suo discorso – Se un vestito non ci fa sentire a posto, è inutile tenerlo” “lo so, ma io pensavo che quello era il vestito che voleva. Pensavo che stare insieme voleva dire famiglia, figli, cena la domenica, visita alle zie, vedere i mobili per la casa. Per lei stare insieme voleva dire non dover sentire nessuno e divertirsi. A me rompeva le palle visitare quelle mummie delle zie, ma pensavo che doveva essere fatto, che se eravamo fidanzati eravamo parte delle nostre famiglie mentre lei si era fidanzata proprio per scappare di casa” “e perché non ne avete parlato?” “Perché non ci pensavo, credevo che quello era stare insieme. Perché pensavo di fare la cosa giusta invece non avevo capito na minchia!” “ A volte, ognuno vive il suo amore scrivendosi una parte che poi non sa recitare, o non è adatta a lui. Allora invece di trovare un punto d’incontro, una soluzione, si preferisce scappare. Il mio ex ha fatto così e forse anche la tua ha fatto così. ” “Giusto! Per amore uno non dovrebbe levarsi i vestiti, ma le sue ipocrisie e preconcetti” “Parli bene, bravo! Ma allora perché ti sei fatto lasciare?” “Perché la persona saggia capisce il problema prima che capiti, quella stupida capisce tutto solo dopo che è successo il disastro e spesso neanche allora” “Bravo” Disse lei finendo le ultime gocce del bicchiere Lui la guardò come se la vedesse per la prima volta. “Lo sai una cosa? Non ce ne deve fregare niente se ci hanno lasciato! Noi siamo meglio di loro: noi siamo abituati a soffrire! la vita non ci schiaccerà: noi da sfigati abbiamo fatto della sofferenza la nostra corazza” “giusto: siamo come l’aglio, più ne butti giù più ti torna su” Lui la guardò non capendo forse per l’alcool che incominciava a fare effetto. “L’aglio? Chi minchia ci ntrasi” “io nei paragoni ho sempre fatto schifo – poi abbassando gli occhi e arrossendo aggiunse sottovoce – sono stupida” Lo disse con un’aria triste e facendo sporgere il labbro inferiore come fanno le bambine quando stanno quasi per piangere. A lui la faccia triste che mostrò lo fece ridere “Ma quale stupida e stupida vaja: stupido è il mondo che ci vuole tutti brillanti e spiritosi come cocainomani” Carmelu e i neandertaliani che lo accompagnavano, li guardavano scambiandosi battute e grosse risate Lui sentì che era partita un'altra canzone di J-Ax e per evitate problemi con quei vicini trogloditi decise che era meglio spostarsi da dove erano. “Balliamo! Facciamo vedere a tutti che ci siamo anche noi” Le prese la mano e la portò nell’aia che faceva da pista da discoteca e si misero ad agitarsi come presi dalle convulsioni. Poi, come sempre, arrivò un lento e si abbracciarono dondolandosi a destra e sinistra. Lei aveva la testa sulla sua spalla e lui stava valutando l’ipotesi di far scendere la sua mano sul posteriore di lei perché ormai a Gessica non gliene doveva fregare niente. “ Tu  faresti l’amore con me?” “Certo – le rispose – sei una bella ragazza, chi non lo vorrebbe fare?” “mi ricordo che il mio ex diceva che gli facevo schifo, che ero tanto grossa che non riusciva ad abbracciarmi” “I ricordi sono come le banconote fuori corso: possono essere belle o brutte ma in ogni caso non hanno più nessun valore. È inutile che li accumuli, perché non potrai spenderli mai. Lasciali stare i ricordi del tuo ex e pensa che inizi una nuova vita” Lei gli sorrise ed appoggiò la testa sulla sua spalla, ma dopo meno di qualche minuto la risollevò “Scusami, non mi sento bene, voglio….  voglio tornarmene a casa. Grazie della compagnia. Mi ha fatto bene” Lui gli avrebbe anche creduto se dai suoi occhi non fossero partite due lunghe strisce di lacrime. Si staccò da lui e se ne andò quasi barcollando. Vedendola zizzagare tra la folla, lui pensò che dentro di sé lui era come lei, disorientata, amareggiata, offesa, sola, delusa e tutto quello che uno poteva sentire in una simile situazione.  Pensò anche che per come barcollava, sicuramente si sarebbe ammazzata da qualche parte. Non che lui non fosse alticcio, ma lei sicuramente stava peggio di lui. La raggiunse e si mise accanto a lei “vuoi che ti accompagno? Non mi sembra che puoi guidare” “no, no sto bene credimi” Rispose prima di lanciare un urlo perché aveva messo un piede in fallo e stava per cadere. La prese al volo e la portò al parcheggio delle macchine. Questo era tutto quello che ricordava. Il resto, compreso il nome di lei, era da qualche parte nella sua testa, tra l’alcool che ancora non aveva smaltito e il ricordo di Gessica che faceva sempre meno male.
Uscì dal bagno rinfrancato e con l’accappatoio con i coniglietti e le pantofole a forma di coniglio attraversò la sala di fronte alla camera da letto. La sala faceva da salotto sala da pranzo e cucina. A lato della piccola cucina a vista c’era una vetrata che dava su un terrazzo dove sotto una tenda lei (come si chiamava? Anna? Carmela? Assunta?) era seduta ad un tavolo pieno di cibo. Dalla terrazza si vedeva il mare di un blu intenso sotto un cielo di un azzurro slavato e con un silenzio irreale rotto dal rumore di qualche camion o macchina che passava per strada. Si avvicinò seguendo il profumo di uova strapazzate e briosce calde. “Ho preparato qualcosa” Si sedette affamato e incominciò a mangiare tutto quello che gli capitava “Non ho mai avuto tanta fame al mattino” “Forse hai fame perché sono le quattro di sera” “Le quattro? Mamma mia ma quanto abbiamo dormito?” “poco visto che ci siamo addormentati per le sette del mattino, quando è passato il camion della spazzatura” “Ma scusa, siamo usciti alle undici, che abbiamo fatto da quell’ora alle sette?” “Abbiamo fatto! e tanto anche…” Rispose con uno sguardo malizioso Elisa? Alberta? Gianna? Lui la guardò incapace di crederle perché con Gessica amarsi più di mezzora era un record mai raggiunto. “Tutto questo tempo a letto? Incredibile” “Bhe non tutto questo tempo, ti ricordi? Abbiamo iniziato nell’ascensore…” Si ricordò! Improvvisamente si ricordò quando, arrivati a casa di Emanuela? Natalia? Marta?  dopo che lui le aveva parlato in macchina dell’importanza dell’essere sull’apparire, con esempi importanti da Maradona a San Francesco, Filomena? Renata? Marina?  gli chiese se voleva un caffè a casa sua, così poteva aiutarla a cercare le chiavi che non riusciva neanche ad aprire la borsetta. Lui accettò perché nelle ultime curve aveva avuto qualche problema a restare nella sua corsia. Scesero ed entrarono in un piccolo ascensore, tanto piccolo che pur stringendosi riuscivano appena a chiudere le porte. Erano cosi vicini che lui era quasi imbarazzato e per questo disse a Susanna? Concetta? Giulia? “Una volta facevano questi ascensori piccolissimi” Marta? Immacolata? Francesca? Fece la faccia sconsolata “Non è piccolo l’ascensore, sono io che sono grossa, che sono troppo grassa e stupida! A me nessuno mi amerà con la passione e la voglia che danno alle altre, nessuno mi sceglierebbe mai tra tutte le mie amiche o mi farebbe sentire come l’unica donna da amare. Tu parli parli, ma io sarò sempre una delle tante, buona per cinque minuti di sesso e per restare sola con una vita di rimpianti.” Alla luce fioca e tristemente gialla della lampadina, la guardo stupito perché alla fine, tutte le parole dette in macchina e il silenzio con cui le aveva ascoltate, non avevano risolto il nocciolo del suo dolore. Capì che era inutile buttare salvagenti di parole ad un’anima che stava affondando nel mare del suo non amarsi e che doveva tuffarsi in quel mare e andare a riprenderla prima che per sempre scomparisse nei suoi abissi, sfiorendo e inaridendosi. Allora lentamente, si abbassò di poco e delicatamente appoggiò le sue labbra su quelle di lei sfiorandole appena perché lo schiaffo di Gessica gli aveva fatto capire che ad ogni azione corrisponde una reazione contraria e di ugual intensità. “per me non sei una seconda scelta” Le disse con ancora le sue labbra calde delle sue. Alberta? Gaia? Ruth? aveva gli occhi fissi nei suoi come mani tese di un naufrago che spuntano tra le onde. “non so crederci più…” Gli rispose con un filo di voce. Era questo quello che la intristiva quello che aveva ucciso la sua speranza nella vita: aveva perso la sua fede nell’amore. Allora, come un giocatore d’azzardo, decise che doveva puntare tutto quello che poteva, per prendere tutto, o niente. Scese lentamente a toccare quelle di Beatrice? Gaia? Nicole? con le sue labbra semiaperte e a metterci più passione, ma capì subito che quello era un bacio che chiunque poteva dare a chiunque e che non era quello il modo di farle capire che lei, senza essere nessuno, era importantissima, che la vita, non era il dolore che ci poteva dare ma le opportunità che offriva. Allora fece scendere le sue mani sulla sua schiena premendo il suo corpo contro il suo soffice e profumato corpo. Quando le sue mani arrivarono al fondo schiena lo accarezzò lentamente in tutta la sua grande estensione, poi afferrata la sua veste, incominciò a raccoglierla tirandola su lentamente. Intanto la sua lingua era andata a cercare quella di lei invitandola a giocare a seguirla nella sua ricerca del piacere. La veste era ormai tutta nelle sue mani e le sue dita si erano raccolte intorno al filo del suo tanga. Allora incominciò ad abbassarsi lasciando tutta una scia luminosa di baci, sul collo e sul seno di Gloria? Valentina? Marcella? mentre faceva scivolare il suo tanga fino a che non lo lasciò su i suoi piedi. Risali lentamente continuando con i suoi baci sulle ginocchia, sulle tonde cosce, restando nascosto sotto la gonna e da li arrivò fino all’altra bocca di Raimonda? Gioconda?  Ilaria? che baciò nello stesso modo e con la stessa intensità di prima. Emerenziana? Angela? Epifania?  lo aveva seguito nel suo voglioso scendere, prima sorridendo, poi stupita, quindi persa in quanto le stava facendo, abbandonandosi all’ ondata di sensazioni che provava. L’ascensore era ormai al piano e la piccola lampadina si spense. Il buio era riempito solo dal respiro di Martina? Margherita? Rosa? sempre più affannoso, mentre chiudeva gli occhi e il suo respiro aumentava diventando più profondo e ritmico. Piegò la testa all’indietro e con le mani premette la testa di lui sotto il vestito contro il fuoco del suo corpo aiutandolo, muovendo il bacino avanti e indietro, a darle tutto quello che in quel modo voleva dirle sulla vita e sull’amore, ora che apparivano essere una sola cosa. Poi ci fu il rumore di una serratura che si stava aprendo e di corsa si ricomposero, Monica? Federica? Rachele? aprì la porta del piccolo ascensore, lo prese per mano e corse alla porta di casa sua tirandoselo dietro. Si chiuse la porta alle spalle e lo guardò. Lui si avvicino per sentire ancora il calore del suo corpo e Azzurra? Asia? Annarita? lo prese dalla camicia, lo attirò a se e lo baciò come se la sua anima attraverso le sue labbra dovesse scendere dentro di lui a cercare la sua. Non era un bacio, era come quando il sale si scioglieva nell’acqua, ora Pasqualina? Litteria? Epifania? si stava sciogliendo in lui per essere insieme qualcosa di diverso da quanto erano prima, da quello in cui gli altri li avevano infelicemente trasformati. Lui capì che Assunta? Pina? Maddalena? Era quel tipo di donna che ogni uomo avrebbe voluto accanto, non tanto per il sesso, ma perché sapeva restituire tutte le emozioni, tutta la gioia e piacere che le si dava. Si ricordò che era iniziato tutto così con Teresa? Serena? Angelica?
Sorrise soddisfatto. Era la cosa più strana che avesse mai fatto per una donna. Mostrò i graffi sul petto “E questi ?” “È stato quando mi hai fatto mettere su di lui…” Ricordò improvvisamente anche questo. Le aveva detto di salire su di lui e di muoversi per come le dava più piacere. Lei aveva incominciato e poi aveva trovato il modo giusto e quando lui le aveva afferrato i meloni davanti e li aveva spremuti, lei era come svenuta e si era aggrappata con le unghie al suo petto per non cadere dal letto. “però anche tu mi hai fatto male “ Gli disse Alessia? Fiorella? Selvaggia?  simulando il broncio E gli fece vedere una spalla dove vi erano stampati i suoi denti “ E questo?” “ Quando mi hai fatto fare la capretta e mi dicevi tutte quelle cose cattive  dandomi  gli schiaffi sul sedere e tirandomi i capelli.” Lui ebbe un flash back, con il sederone di Tindara? Febronia?  Ada? Che andava avanti e indietro e lui che le mordeva la spalla stringendole il seno. Lei si era abbattuta sul letto, accasciandosi tra le lenzuola disfatte con un lungo lamento, tanto che pensò le fosse venuto un infarto. Invece sorrideva e i suoi occhi mostravano solo il bianco del piacere assoluto. “Abbiamo fatto tutto questo?” “Si, poi abbiamo fatto il gioco del “Mi piace”. Tu mi baciavi sul corpo e io ti dovevo dire se mi piaceva o no e poi io l’ho fatto con te. Poi abbiamo parlato ci siamo detti tante cose di noi. Ti ho detto cose che neanche al mio ex ho detto.” “E anch’io ti ho detto tante cose?” “si. Mi hai fatto pensare. Poi hai incominciato a farmi il solletico e siamo finiti a fare l’amore” “Ancora?” “Si ancora. E’ stato dolce, molto bello…” “Insomma ci siamo divertiti! Ed io che non mi ricordo nulla… che figura” “Abbiamo giocato tutta la notte. Mi hai detto che l’amore è un gioco. Se dai una palla a dei bambini questi giocano tanto da non sentire fame e fatica, e noi stavamo facendo lo stesso. Il sesso era il nostro gioco e giocare è il modo più felice di vivere.” Lui sorrise. “Ieri è stata la giornata più triste della mia vita e nello stesso tempo è stata quella più fortunata perché ho incontrato te. In fondo questa è la vita” Si alzò una folata di vento che scosse la tenda che copriva la terrazza. Nuziata? Crocifissa? Immacolata? Si strinse l’accappatoio “Sta incominciando a fare freddo” “Ti aiuto a portare tutto dentro” Prese il latte e la spremuta di arancia e li portò dentro nel frigo. Federica? Stella? Matilde? raccolse tazze e tazzine e li mise nell’acquaio incominciandoli a pulire. Lui andò nella stanza da letto per vestirsi. Lo fece lentamente perché gli piaceva essere in quella stanza che sapeva di Gilda? Arianna? Bianca? Lei arrivò poco dopo e si sdraio a letto. “Mi riposo cinque minuti e poi rifaccio il letto”. Lui l’osservò distendersi nel letto e mettersi sotto le coperte con l’accappatoio. Le si sdraiò accanto e Alberta?  Ginevra? Aurora? si avvicinò abbracciandolo ad occhi chiusi e gli chiese “Ora cosa siamo? Fidanzati?” “Tu cosa dici?” “Siamo qualcosa in mezzo tra essere amici ed essere fidanzati - Restò qualche secondo in silenzio - Non voglio fidanzarmi!  Non voglio rincominciare tutto da capo con amici e parenti. Non voglio correre dietro a quello che sono gli altri o a quello che pensano” “È meglio restare così più che amici, ma non innamorati” “non seriamente innamorati!” precisò lei “Ti spaventa impegnarti di nuovo?” “Si e forse non ne vale la pena. Meglio essere una tra le tante, amare quando e se serve, ma restare libera senza impegni. Stare insieme è difficile. Io non so più sopportarlo!” “Forse è giusto così! La laurea, il lavoro, il matrimonio, tutti a darti obiettivi che adesso non hanno più senso. Forse hai ragione, forse è meglio restare cosi, fuori da ogni definizione.” “Per ora è quello che voglio. Ho bisogno di fermarmi e capire cosa voglio. Non voglio più decidere per paura di restare sola, o perché mi sento incapace di affrontare la vita. Uno deve scegliere per quello che prova, che desidera, non perché deve scegliere per ora paura della solitudine o di essere diversa dagli altri” Lui restò in silenzio per qualche secondo ”Io penso che la vita cambia sempre e proprio per questo devi cogliere le opportunità che ti arrivano. Per farlo però devi sapere cosa vuoi. Devo pensarci anch’io. Però ora ho sonno.” Si giro chiudendo gli occhi e mettendo i piedi sotto le coperte. Anche lei si girò dandogli le spalle e si accucciò per dormire “Se vuoi puoi andare – disse con la voce impastata di sonno – non ti preoccupare che non mi offendo…. Lasciami il tuo numero di cellulare…. Il mio è scritto sulla lavagnetta in cucina.” Lui rispose con una specie di grugnito.
La svegliò un odore forte che sul momento non capiva cosa fosse. Allungò la mano cercandolo, ma il letto era vuoto e sentì solo le lenzuola fredde. “Se ne è andato! È giusto così – pensò con un po' di tristezza – ha fatto quello che gli avevo detto di fare. Non posso prendermela! È un bravo ragazzo e con lui mi piace parlargli e giocarci. Ma non posso obbligarlo. Non posso imporgli la mia presenza per sempre, per una notte di sesso che abbiamo avuto. Grazie a lui però ho capito. Non esiste gente di seconda o prima scelta! Esiste chi sa dividere il proprio cuore con qualche altro come si divide il pane ed altri che non hanno nulla da dividere perché il loro cuore è come pane secco. Lui è dei primi: tutto quello che ha fatto lo ha fatto per me, perché mi sentiva uguale a lui e in fondo lo siamo. Lui ha aiutato me e io lui, abbiamo già un legame, dobbiamo solo capire quanto è forte. Lo chiamo domani per un caffè e magari stiamo un po' insieme per parlarci. Speriamo che mi abbia lasciato il cellulare e scritto come si chiama. Eravamo tanto brilli che non ci siamo neanche chiesti il nome. Ma non avevamo bisogno di sapere il nome o di chiamarci. Eravamo già nella stessa solitudine e li insieme e non potevamo lasciarci. Mi piace stare con lui, non mi fa sentire stupida e mi piace come mi bacia. Forse però domani non posso incontrarlo. Forse era meglio dirglielo prima. Comunque lo chiamerò per sentirlo. Ho voglia di rivederlo. Forse ne ho bisogno...” L’odore divenne più forte. Ora capì cosa era: frittura di aglio! Sicuramente aveva lasciato la vetrata aperta ed era salito l’odore della cucina del piano di sotto. Doveva alzarsi e chiuderla perché se no l’appartamento avrebbe avuto l’odore di una trattoria. Si alzò stringendosi addosso l’accappatoio. Ciabattò dinoccolandosi verso la porta della sala. Quando l’aprì restò di stucco. La sala era buia perché nella poca luce del crepuscolo, solo la luce della cappa della cucina era accesa. Davanti alla cucina c’era lui che stava muovendo con abilità la padella più grande da cui proveniva il rumore di gusci di vongole che si urtavano. L’osservò versare un bicchiere di vino bianco che sfrigolò liberando verso l’alto una nube di vapore. Incominciò a tritate sul tagliere il prezzemolo fresco e il suo odore riempì la sala unendosi a quello dell’aglio. Il suo pancino incominciò a gorgogliare di gioia nel sentire quei profumi. Si avvicinò lentamente alla cucina e quando fu a pochi metri di distanza lui si girò mentre sorseggiava un bicchiere di vino bianco. Le sorrise. “Ho visto le vongole in frigo. Se non le facevo si piddianu (sarebbero andate a male).” Sorrise ancora e si girò a tritare il prezzemolo. Dopo alcuni colpi si fermò e senza voltarsi le disse. “Ci ho pensato! Ho capito che per me non sei una seconda scelta, non lo puoi essere più” Lei si avvicinò e lo strinse appoggiando la testa sulle sue spalle, chiuse gli occhi e sorrise felice. Lui riprese a tritare il prezzemolo e lei restò attaccata a lui, “Va bene così – gli disse stringendolo e strusciandosi con lui come se fosse una coperta calda in inverno – non ci pensare, va bene così” Fuori il sole era una sottile striscia gialla che divideva il blu scuro del mare da quello del cielo. La striscia luminosa lentamente  scomparve e mare e cielo diventarono un unico colore.
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ilmerlomaschio · 3 years
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DIARIO EROTICO DI UN’ERETICA
Erano anni che invocavo Eros per un sogno impossibile, quello che ogni donna desidera del profondo del cuore: trovare il grande amore, con la Om maiuscola. Cioè il mantra cosmico che muove il sole e le altre stelle. Ma anche, più semplicemente, il rombo acustico che dal profondo delle viscere fa rabbrividire la pelle. Senza le collaterali rotture, s’intende, di qualsiasi vita di coppia, mutande e calzini da rammendare, o le ricorrenti flatulenze degne del peggior animale.
Ma lui sembrava non voler sentire e, a parte qualche decoroso avanzo di galera, a letto particolarmente focoso, con gli uomini normali l’argomento si è rivelato quasi sempre deludente, e oltretutto frettoloso. Tutto il resto era assolutamente noia. Storie di ordinaria routine, piccolo-borghese e senza gioia.
Limousine, ristoranti stellati, champagne cuvée e frequenti soirée nei teatri, ma sotto alle lenzuola il nulla più desolante. Un deserto sconfinato dei tartari, un’inutile attesa del niente.
A un certo punto ho pure provato ad abbassare le aspettative. Ho sceso, dando il braccio all’amore di turno, almeno un milione di gradini sulla scala sociale. Fino a quando ci ho proprio sbattuto il naso.
Dopo una sfilza di laureati, ecco arrivare i migliori tra i reputati in fatto di arte amatoria, uomini cosiddetti di fatica che, malgrado l’appellativo, a letto disdegnavano il loro compito come i vampiri con l’aglio, e senza dunque averci fatto troppi giri, rieccomi tentare la ri-monta verso il round finale di un potenziale equilibrio. Il risaputo ideale dell’impiegato, colui che la sua vita ha consacrato sull’altare di una scrivania uso ufficio. Ma forse, proprio per dispetto al suo nome, una volta trascinato a letto, anche l’esemplare più tipico della predetta categoria non faceva neanche una piega. Come se la fantasia amorosa scivolasse silenziosamente via dalle lenzuola per il timore di essere a sua volta imprigionata dalla cattiva piega che avrebbe potuto prendere una vita a tal punto ripetitiva.
Come potevo dunque realizzare il mio personale karma?
Incontrare Eros era il mio destino, ma lui si ostinava a sfuggirmi.
Poi un giorno capii, ed era pure elementare. Bastava un po’ di semplice mitologia per sciogliere i nodi che sino allora avevano tardato a venire al mio pettine. E sì che non mi mancava la giusta chioma da Valchiria, indomita e selvaggia come l’amazzone che mi scalpitava dentro.
Se aveva ragione Platone, e dunque la colpa era delle sue origini povere di cui si vergognava, Eros avrebbe cercato contesti attraenti, disdegnando vite domestiche, lavori routinari e stipendi quasi da indigenti. Lui aveva la necessità di volare, perciò per conquistarlo avrei dovuto puntare molto in alto, direttamente sino alle stelle.
Sposando un uomo spropositatamente ricco, il mio Adone si sarebbe magicamente rivelato facendosi vivo da solo, bussando un bel giorno alla mia porta con nonchalance, come un bambino alla ricerca di un aquilone.
E così, infatti, è accaduto.
L’ho conosciuto ad una festa elegante, come dicevo, e pur recitando la parte della gran signora, a tratti sfuggente e altezzosa, ho subito capito che si trattava del migliore dei Casanova. Giovane e aitante, atletico e irriverente, si muoveva a suo agio tra i candelabri dei tavoli e le misteriose maschere della gente, incantando le dame col suo potere seducente. Soltanto molto tempo dopo ho scoperto che era un modello di professione che per l’arte del sesso aveva molto più che un’innata vocazione.
Il suo sguardo penetrante mi ha subito scatenato l’impossibile desiderio di un amore cocente, talmente pieno di passione da smuovere anche le vette più inaccessibili delle mie altissime montagne, che allora tenevo ben strette nel corsetto, tra pizzi e rasi, scosse da un brivido lungo la schiena. Mi sfiorò delicatamente la catena d’oro bianco e perle, ma non finì nel solito dopo cena. Si limitò a porgermi il suo miglior biglietto da visita, lasciando a me la decisione: se morire di fantasie impossibili corrosa dalla pura immaginazione, oppure abbandonarmi al prosaico reality di un’avventura amorosa, lasciandomi prendere da una sfrenata passione. Non ebbi nessuna esitazione.
Ma essendo lui un bellissimo Adone, di me senz’altro più giovane e forse gigolò praticante, il sospetto in proposito si stava insinuando nella mia limitata esperienza. Stupirlo doveva diventare la mia unica missione, legarlo a me, sebbene dissuasa da un angolo remoto di coscienza.
Dovevo conquistarlo lentamente, suonando con dedizione lieve e costante quel flauto magico rinchiuso nella cesta della sua mente, che alla fine avrebbe incantato non solo il più restio tra gli uomini, ma anche il più refrattario, maestoso serpente. Non che il suo ne avesse bisogno, ovviamente.
Un solo avvertimento, prima di iniziare i nostri giochi. Sapevo che sarei dovuta restare molto attenta. Il monito della favola di tutti i tempi raccomandava a noi fanciulle non più ingenue di rinchiudere l’uccello d’oro in una gabbia di legno. Sulle prime, l’interpretazione era sibillina. Tale appellativo non poteva attribuirsi a un paragone poco lusinghiero nei confronti della mia a-dorata vagina. Ma alla fine capii che la parabola sottendeva una nascosta, sottile allegoria: dovevo conquistarlo in sordina, con una seduzione apparentemente innocua, ma circolare e continua, fatta di carezze a spirale, musica e profumi a profusione. Per dargli l’illusione di essere finito in un harem, una specie di paradiso di cui era l’unico dio, il temuto e venerato sovrano.
Narrazioni esotiche, aromi d’incenso e cannella, massaggi di seta, poesie oniriche, pioggia di petali a catinella. Protagonisti di un paradiso erotico, ogni volta mutavamo forma, attori unici del teatro sincronico della nostra immaginazione.
Nel nostro Eden segreto io ero Cleopatra e lui Antonio, io la schiava e lui il pirata, lui il principe e io l’ancella. Ma era ancora troppo poco, volevo che la mia ipnosi fosse totalizzante e resa ancora più mirabolante, per diventare ai suoi occhi più bella trattenendolo a me, seppur nel fuggevole attimo del presente.
Pensai allora di convincerlo che era Shiva: divinamente muscoloso com’era, la mia dea interiore Shakty ne avrebbe gioito, amandolo per sempre in quel tratto che rifuggiva dal mondo.
Ma dopo appena un mese di recite a soggetto, scoprii che quel gioco era solo la replica di un copione già visto: il kamasutra vedico lo avevamo ormai esaurito, e a quel punto non ci restava che provare con le divinità dell’antico Egitto. La mia ninfa ninfomane necessitava di nuova linfa, o l’ispirazione ne avrebbe languito.
Ci voleva una nuova perversione. Un’immagine simile a una visione, che potesse rinnovare un vecchio repertorio con nuovo vigore. “Ritornare alla radice”, mi sono detta, e più non facciamo questione.
Una monaca di clausura sembrava la giusta soluzione, una figura allegorica che riportasse il mio corpo a risplendere nella più fulgente luce, magari nel mezzo di una dolce tortura. Sarei stata io, questa volta, la dominatrice. E da Sherazad che già aveva assaporato le mille e una botte, sarei ritornata totalmente pura, redenta e limpida come acqua cristallina.
Avrei avuto carta bianca per dargliele deliziosamente di santa ragione, se solo lo avessi ammanettato a dovere, con una nuova gamma di fustigazioni. Più di cinquecento sfumature, tra quelle da catalogo e improvvisazioni.
La castità doveva diventare la nuova frontiera, in nome di una nuova religione. Sesso esclusivamente immaginario, telepatia e dominazione. Nessun amplesso dei corpi, ma solo un’eterna, infinita erezione. Vietata ogni eruzione.
Detto fatto, eccomi alle prese con le mie prime armi.
Sembro una Mistress con tutti i crismi. La frusta ruota lieve attorno al suo corpo in un’infinita danza, disegnando mandala aerei prima di approdare ad infliggergli la suprema fustigazione, l’estrema acrobazia della mia nuova, inebriante eresia.
Geme. Fremo. È vera sublimazione. Puro distillato di un sesso tangibile, ma al contempo evanescente, come se dai nostri corpi fosse di colpo evaporata, per liberarsi infine polverizzata, una nube densa di profumo e sudore, dispersa nell’etere di un cosmico stupore.
Lo vedo all’apice dello stordimento, assaporandone il liquido mai versato, per fecondare ogni mia più remota fantasia. È dunque giunto il momento di esigere un’ultima prova: la mia brama di supremazia richiede la suprema resa.
Decido di approfittare di quest’attimo di perfezione, il Kairos degli dei, se così si può dire, per porgergli un’ultima domanda. Senza via di fuga, come fosse un condannato al giudizio finale, la risposta non prevede alcuna esitazione.
Vacilla per un attimo, titubante. Mi attendevo qualcosa di inedito, la proposta di un’esibizione sinfonica, un esuberante quartetto da camera, o anche solo un trio di cui sarei stata regina.
Ma così non pare. Resto muta, avvertendo che si sente sulla soglia di un bivio. Sussurra infine esile, con un sottile fil di voce:
“Vorrei con me Livio, per il supplizio della croce”.
Sento il cuore spezzarsi in petto. Decisamente no: quest’ultimo colpo non l’ho retto.
Posso solo scappare da questo castello di sabbia che mi è franato addosso di colpo, a tradimento. Mi rivesto in tutta fretta, col desiderio di lasciarmi alle spalle il fardello di questo lacerante tormento.
Ma non faccio in tempo a fuggire dal mio peggiore incubo che l’oste mi presenta il conto dell’ultima cena, e quello di tutti i precedenti bagordi.
Cattivi tempi per noi ingordi: ahimè è molto salato. Mi domando come diavolo ho potuto.
Questa sensazione di amaro in bocca mi resterà impressa per anni, come un marchio di fuoco, segnandomi, oltre all’anima, anche il corpo. Troppo cocente, la delusione.
Potrei sempre dire che, per certi versi, mi ha fatto sentire come Nietzsche sul punto della sua più solenne dichiarazione, ma a quale prezzo?
Se Dio è morto, non credo risorgerà mai più. Non di certo per il mio stupido, carnale vezzo, men che meno per un’ultima deflorazione.
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weirdesplinder · 3 years
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Romance con protagonisti non proprio simpatici o proprio cattivi
E’ stato veramente difficile stilare una lista di romance in cui il protagonista maschile è particolarmente antipatico o addirittura odioso per quasi tutta la durata del libro, perchè in realtà cerco di evitarli. Se dalla quarta di copertina intuisco che lui potrebbe essere così, ne sto bene alla larga, ma spulciando tra le mie letture più sfortunate e sentendo il parere di amiche e conoscenti, nonchè di gruppi facebook , ho trovato alcuni titoli da proporvi nel caso siate in vena di leggre un romanzo di cui odierete il protagonista. Visto che dubito che questo vi accadrà mai, la potremmo chiamre forse una lista di romance da evitare, ma anche questo saerbbe ingiusto, poichè i gusti sono estremamente soggetttivi e magari qualcuno che risulta odioso a me, magari può essere simaptico per qualcun altro.
Detto questo ecco la lista:
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LA DONNA DI WARWYCK, di Rosalind Laker
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Trama: In una calda giornata del 1826, Daniel Warwyck, spregiudicato pugile da strada, compra all'asta una ragazza di nome Kate. Non lo fa per amore e neppure per assicurarsi piaceri facili. Con Kate, pensa di aver comprato le chiavi della sua eredità.Anche voi avete letto di eroi romance che avete odiato con tutto il cuore? 
La mia opinione: Qui il protagonista è tremendo con la protagonista femminile,  desidera per tutto il libro un'altra e ci fa un figlio, prima di decidere che forse ama la povera moglie tipo nelle ultime tre pagine. E tra l’altro per tutto il libro sa che suo fratello che è un pezzo di pane è invece innamorato di lei e lui glielo sbatte in faccia che lei è sua moglie anche se non la vuole.
UCCELLI DI ROVO, di Colleen McCullough
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Trama: La storia dei Cleary inizia ai primi del '900 e si conclude ai giorni nostri, nel grandioso scenario naturale dell'Australia. Gli anni consumano le vite in una vicenda di sentimenti e passioni, di fede e amore, sulla quale si stende grave e inesorabile il senso della giustizia divina. I personaggi - soprattutto memorabili figure femminili, tenere e orgogliose - vanno incontro al destino come gli uccelli di rovo della leggenda australiana, che cercano le spine con cui si danno la morte. 
La mia opinione: La trama di cui sopra non rende molto l’idea del romanzo sarebbe più giusto descriverlo così: E’ la storia di un sacerdote combattuto tra Dio e la passione umana, che alla fine sceglie l’ambizione e di una bella ragazza dalla famiglia complicata che vuole ciò che non può avere e ne soffre ancora e ancora senza mai imparare a evitare i bastardi egoisti. In soldoni. Ma chi la fa da padrone nel libro è l’egoismo infinito di Padre Ralph che vorrebbe tutto, e in fondo direi che lo ottiene, a spese sempre degli altri. E non raccontatemi che anche lui soffre perchè in qualsiasi momento poteva fare scelte ben diverse e non ditemi nemmeno che fa una scelta difficile per fede, perchè la sua ascesa nel clero è passione politica non certo per Dio. Quante volte nel libro lui non sa qualcosa e dice ah se solo l’avessi saputo che lei era incinta o che lei soffriva o che lui aveva un figlio....Non gli è mai interessato o avrebbe indagato e chiesto in merito, invece e se ne stava per lontano da lei con la scusa della tentazione, per anni,  proprio perchè in fondo non gli importava. E’ come nel film americano di qualche anno fa, il problema non è il destino avverso o la fede: il problema mia cara è che non gli piaci abbastanza!
TUTTO CAMBIERA’ (Silver lining) di Maggie Osborne
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Trama: La corsa all'oro è stata un abbaglio che ha colpito molti uomini , ma anche qualche donna. Una di queste è Low Down, che è finita sulle Rockies, ad estrarre il prezioso minerale vestita di stracci e ridotta ad un essere che definire femminile sarebbe alquanto difficile. Non c'è spazio su quelle aspre montanee per bei vestiti o dolcezza, solo duro lavoro dalla mattina alla sera, ma l'animo generoso della donna è sopravvissuto a quella dura vita e quando il piccolo gruppo di disperati cercatori viene colpito dalla malattia è lei che si prende cura di loro instancabilmente salvandoli tutti. Quelli sono uomini cinici e duri, ma pur sempre umani e concordano tutti che l'abnegazione di Low Dow deve essere premiata., perciò si riuniscono e le chiedono quale sia la cosa che più desidera al mondo. Sorprendendoli tutti la donna non nomina l'oro o qualche altra cosa materiale, ciò che vuole è un bambino. Poichè fra gli uomini c'è anche un ministro di Dio viene deciso che per avere un bambino Low deve avere un marito e tirano a sorte per decidere chi tra loro sarà lo sfortunato, visto l'aspetto non proprio pulito e affascinante di Low. La sorte decide che tocchi a Max McCord l'onore di sposarla. Proprio Max che a casa sua in pianura ha ad attenderlo una fidanzata. Poichè gli altri lo minacciano di morte non ha altra scelta che sposare Low, ed entrambi concordano che sarà solo un matrimonio temporaneo….
La mia opinione: Di questo libro mi è piaciuto molto l'inizio, la prima parte sulle montagne, meno la parte centrale, e abbastanza la parte finale. Il giudizio è positivo, intendiamoci, ma il personaggio maschile mi è stato abbastanza antipatico poichè tratta la protagonista femminile malissimo. Ok lei non è bellissima, ma gli ha salvato la vita, caspita, un pochino di gratitudine all'inizio sarebbe apprezzata. Poi anche in seno alla sua famiglia le cose non migliorano molto, ci vuole molto tempo affinchè lui apra gli occhi sulle qualità della moglie. Non parliamo poi della sua fidanzata che all'inizio mi è stata odiosa. ….. Il libro mi è piaciuto, ma meno di altri per colpa di alcun personaggi, e alla fine lui si sarebbe meritato di perdere Low perchè non la meritava! O almeno doveva strisciare e scusarsi per un anno!
THE HUMMINGBIRD di Lavyrle Spencer (Inedito in italiano)
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Trama: Una zitella con problemi economici e un grande decoro, decide di aiutare il medico del paese ad accudire due feriti: un uomo che ha tentato una rapina su un treno e colui che l’ha fermato.  
La mia opinione: Lo stile di scrittura è molto buono, all’altezza dei migliori romanzi della Spencer, ma i dialoghi e il protagonista maschile non funzionano. Lui non è realistico è solo maleducato dall’inizio fino alla fine del libro, anche quando non avrebbe ragione di esserlo. E’ odioso con colei che gli ha salvato la vita e lui lo sa, con colei che lo ama e lui lo sa, e le rovina pure la possibilità di sposarsi invece con un brav’uomo. Bastardo. Lui rovina tutto il libro purtroppo.
IL GIGLIO SULLA PELLE di Rosemary Rogers
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Trama: Nell'Europa sconvolta dalle guerre napoleoniche, Marisa, una bellezza acerba e ribelle, fa perdere la testa a nobili e principi. Solo un uomo sembra in grado di tenerle testa, l'avventuriero senza scrupoli che l'ha resa donna e che la inseguirà in capo al mondo pur di conquistare davvero il suo cuore.  
La mia opinione: credo che questo sia uno dei romance che meno mi sono piaciuti nella mia vita perchè qui ad essere antipatico e dire antipatico è poco, direi odioso, violento, cattivo, brutale..non è il solo il protagonista maschile, pure la protagonista femminile, seppur molte volte vittima, è parecchio antipatica. E non salvo neppure la trama di questo romanzo a dire il vero, però una cosa bisogna dirla, forse i due si meritano, anche se lui è peggio.
          IMPARARE L’AMORE, di Catherine Coulter
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Trama: Inghilterra, 1277. Di ritorno dalla Francia, Severin di Langthorne, il Guerriero Grigio, trova le proprie terre devastate, suo fratello assassinato e le sue proprietà saccheggiate da bande di spietati fuorilegge. La sorte sembra tornare ad arridergli quando il ricco conte di Oxborough, sul letto di morte, lo sceglie come marito per la sua unica erede, la bellissima e indomita Hastings che, pur rispettando la volontà paterna, pensa che quell'uomo sia freddo, spietato, severo. L'affascinante guerriero, dal canto suo, è dell'idea che la moglie sia troppo testarda, irragionevole e polemica. Però ben presto nasce tra loro una sensuale e inarrestabile complicità, e sebbene siano circondati da temibili nemici spinti da invidia e cupidigia…
La mia opinione: Io non ho letto personalmente questo libro, dalla trama sembrerebbe innocuo e simile a molti altri ambientati comunque in un’epoca in cui la violenza era normale quotidianità, le donne non avevano quasi diritti e il matrimonio in fondo era un accordo economico e politico quasi sempre combinato a tavolino. Però mi è stato segnalato come libro con qulache scena disturbante di troppo, forse per il modo in cui è stata scritta. Non so se sia così oppure no, ma sembra che molte lettrici non abbiano apprezzato specie nella prima parte del libro il protagonista maschile, qui io non posso pronunciarmi.
IL CAMPIONE DEL RE, di Catherine March
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Trama: Inghilterra, 1295 Nel cuore di Eleanor Raven di Ashton, fin dall'infanzia, c'è posto solo per un uomo: Troye de Valois, cavaliere del re. Ma il valoroso campione di Edoardo I per molti anni non si accorge neppure della fanciulla, finché non ne compromette involontariamente l'onore salvandola da una vile aggressione. Per impedire che l'onta distrugga la reputazione della giovane dama, il re ordina a Troye di farne la sua legittima sposa. E così quello che Ellie credeva il sogno della sua vita si trasforma in un incubo, perché lui, ancora perdutamente innamorato dell'adorata prima moglie, la tratta con rude freddezza. Tutto sembra perduto, e quando Troye parte per andare a combattere in Scozia, Eleanor decide di fuggire da quel tetro castello in cui non c'è posto per lei. Poi però gli eventi precipitano...
La mia opinione: cosa c’è di pià odioso di un marito che pensa solo alla sua prima moglie e non alla nuova? Nulla credo.
L’EREDE DI FRIARSGATE, di Bertrice Small
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Trama: Dopo la morte dei genitori e del fratello Edward a causa di un’epidemia quando lei aveva solo tre anni, Rosamund Bolton è diventata l’erede del feudo di Friarsgate, in Cumbria. Bella e intelligente, a tredici anni Rosamund, anche se ancora illibata, rimane per la seconda volta vedova e, mira degli insidiosi desideri di molti, viene posta sotto la tutela di re Enrico. Raggiunge così la corte dei Tudor dove, fra passioni e tradimenti, la vita della giovane lady diviene specchio della sua intraprendenza, finché non giunge per lei il momento di tornare a Friarsgate con un nuovo marito…
La mia opinione: questo è l’unico libro della Small facilmente reperibile in italiano, ma non è certo quello col protagonista più odioso, è qui in elenco per rappresentare molti altri libri della Small (tipo La perla dell’Harem) che rappresentano eroine vittime di protagonisti maschili, che però sembra godano nell’essere vittime e poi imparino a comportarsi come i cattivi della situazione all’occorrenza....
L’ESTASI DI PURITY di Janette Seymour
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Trama: La bellissima Purity coinvolta in una nuova, travolgente avventura. Sola a sfidare la barbarie dei pirati d’Oriente, sola a subire la lussuria degli uomini più in vista d’Inghilterra, sola a tener testa alla temibile corsara Azizza, la donna dai capelli d’oro cerca disperatamente di ritrovare il suo unico amore... Mark. Altri uomini potranno possedere il suo corpo, ma la sua anima appartiene solo a Mark...
La mia opinione: Seymouur, Wilde,Rogers e Small sono autrici della stessa epoca, con lo stesso gusto, trame simili ed eroine e personaggi maschili simili. Non so se sia colpa del nostro gusto di lettori che è molto cambiato (ma non credo perchè leggo altri romance scritti negli anni 80 che non mi danno fastidio), ma trovo qualcosa di sbagliato nelle loro eroine oltre che nei loro eroi. Ma è gusto personale.
PETALI DEL TEMPO di Jennifer Wilde
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Trama: Quando viveva nei bassifondi la chiamavano per burla Duchess Randy perché non voleva vendere il suo bel corpo per vivere. E nessuno, nemmeno Cameron Gordon, dallo sguardo duro e dalla parola sferzante, poteva immaginare che l’indomabile ribelle condannata a servirlo per sette anni fosse una vera nobildonna. Più pericolosa, per il suo cuore di cospiratore scozzese, di qualsiasi ideale politico...
La mia opinione: avevo scordato di averlo letto, e facendo ricerche per questo post purtroppo l’ho ricordato. Qui la protagonista subisce veramente di tutto eppure continua a odiare e desiderare il protagonista che è veramente il peggio del peggio. C’è qualcosa di morboso nel loro rapporto e non mi piace.
PRINCIPE DI SPADE (Prince of swords), di Anne Stuart
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Trama: Jessamine Maitland legge i tarocchi e, notte dopo notte, predice il futuro nei salotti di Londra. Finché una sera "scopre" l’identità del Gatto, il temerario ladro che da mesi ruba gioielli e preziosi dalle case più ricche della città: Alistair MacAlpin, conte di Glenshiel. Intuendo di essere stato smascherato, Alistair vede una sola via d’uscita: sedurre Jess.
La mia opinione: alcuni dicono che gli eroi della Stuart siano a voltre troppo freddi, troppo duri, troppo cattivi, ma se li confrontiamo con i protagonisti ad esempio di Jennifer Wilde sono orsacchiotti.
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lifeisalemontree · 7 years
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Gli anni - 883
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josephdoodtheking · 4 years
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  𝐉𝐎𝐒𝐄𝐏𝐇 𝐁𝐎𝐑𝐑𝐈𝐒𝐎𝐍           Joseph Morgan
    ↺ ᴇᴛᴀ̀﹕28 anni     ↺ ʀᴀᴢᴢᴀ﹕Dooddrear (IV LIVELLO)     ↺ ʜᴏʙʙɪᴇs﹕Da buon Dooddrear che si rispetti, Joseph ama spaventare e perseguitare le persone. Ama dipingere con i colori che crea lui stesso, tutti materiali che derivano da esperienze personali [sangue, capelli, stoffe di vestiti utilizzati dalle sue vittime ecc..]. Da quando era fanciullo, Joseph ama lanciarsi in risse anche per gioco e ha sempre praticato la Scherma con suo padre. È per questo molto abile con i coltelli. Ama leggere poesie e tragedie, i suoi scrittori preferiti sono William Blake e Shakespeare, ma anche il francese Racine e John Milton. Di sera, se non è occupato con le prove a Teatro, ama andare al Raven’s Café o in altri locali dove può bere il suo solito bicchiere di Bourbon.     ↺ ɪɴsᴛᴀɢʀᴀᴍ﹕ @JosephTheKing     ↺ ᴏᴄᴄᴜᴘᴀᴢɪᴏɴᴇ﹕Sceneggiatore al Red Theater     ↺ ᴘᴀʀᴛɪᴄᴏʟᴀʀɪᴛᴀ̀﹕Ha sempre la risposta pronta e, avendo un grande ego, trasforma le cose sempre a modo suo. Scandisce sempre le parole pronunciate perché odia ripetere le cose e ha sempre una smorfia diversa pronta da mostrare, ma anche due fossette meravigliose quando sorride. Quando è stressato, ma continuano ad infastidirlo, la sua prima reazione è alzare più volte il sopracciglio destro, quasi come un tic. Ha, inoltre, un tatuaggio a forma di triangolo sulla spalla destra.
    ↺ ʟᴇɢᴀᴍɪ﹕        ▸Harriet Borrison › twin        ▸Nora Hadley › mother        ▸Gideon Henstridge › step-brother        ▸Eden Henstridge › cousin        ▸Antony Orwell › friend        ▸Jake Wade › enemy        ▸Lorenzo Hunt › ex friend        ▸Ellen Palmer › enemy        ▸Ellis Fray › enemy        ▸Jacob Hewitt › enemy        ▸Nevil Dekker › friend        ▸Madeline Sanders › friend        ▸David Clevelant › friend
    ↺ ʟɪɴᴇᴀ ɢᴜɪᴅᴀ﹕‟ E' il fratello gemello di Harriet. I due appartengono a una famiglia di Dooddrear un po' estremisti, che vorrebbero manifestare alla perfezione il loro potere senza nascondersi. Joseph aspira a diventare il capo di questo movimento. E' una testa calda e vuole che tutto vada come dice lui. „
    « People quake with fear because I have the Power to make them afraid»
    ↺ ʜᴇᴀᴅᴄᴀɴᴏɴs﹕     ✎ ── Vi fu un tempo in cui i Dooddrear avevano sognato di controllare Ravenfire soli e supremi, ma erano stati costretti a scendere a compromessi per non estinguere la loro razza. Nonostante il patto che vi vigeva, vi erano famiglie di Dooddrear estremisti che sognavano ancora. Vi era un uomo spietato, uno dei pochi di tutta Ravenfire, che continuava a sperare che quel sogno si avverasse, il suo nome era Caleb Borrison. Estremista, razzista e violento,il dooddrear era riuscito a conquistare una donna, Nora Hadley, e ad avere dal suo grembo peccaminoso una creatura che, secondo la sua mente esaltata, avrebbe preso tra le mani Ravenfire, ma da questo nacquero ben due futuri dominatori. Il suo sogno, divenuto realtà la notte più calda dell'anno, il 13 agosto del 1992, aveva ormai un nome, o meglio due: Joseph e Harriet Borrison. La nascita di due gemelli alimentò la sete di potere del vecchio che era pronto a trasmettere ad entrambi e soprattutto al figlio maschio. Chiamato come il nonno, padre di Caleb, Joseph fu visto fin da subito come un bambino da rafforzare, da svuotare di ogni sentimento e da educare al totale controllo, perché lui avrebbe realizzato i sogni del vecchio Borrison. I suoi figli sarebbero stati la faccia della stessa medaglia, due complici in una missione orrenda, suicida e pressoché impossibile. Caleb decise, perciò, di educare severamente i suoi due figli e, per giunta, sempre al peggio con ogni metodologia possibile. La sua violenza contro entrambi non fece altro che renderli sempre più protettivi a vicenda. Joseph incominciò a nutrire fin da subito un interesse maniacale verso la sua gemella che lo portò a proteggerla sempre. Da qui il loro motto ''Always and Forever'' che avrebbe contraddistinto ogni loro azione l'uno verso l'altra. Geloso a livelli patologici della ragazza che portava il suo stesso sangue, fin da bambino incominciò a diventare l'incarnazione dell'odio, peggiorata da ogni piccolo dettaglio della sua vita familiare che lo rendeva con il passare dei giorni sempre più possessivo. Il bambino a soli 7 anni incominciò perfino ad odiare il padre quando questo inveiva contro la sorella, cercando, al contrario, di fronteggiarlo sempre lui proclamandosi ''l'uomo vero della famiglia''. Vista la totale negatività in cui i due bambini vivevano, Nora, la madre, tentò di allontanarli da Caleb, ma non ebbe tempo per attuare un vero e proprio piano, perché questo comprese ciò che ella voleva fare. Una notte, il piccolo Joseph seguì, con moltissima prudenza, suo padre e sua madre che si recavano nel bosco dopo aver litigato. Sotto gli occhi di Joseph, nascosto dietro un albero di quercia, Caleb uccise Nora. Da quel momento il sogno di Caleb divenne il suo peggior incubo. Nuuu non si invia tutta Joseph non disse mai nulla alla sorella di ciò che aveva visto per proteggerla da un'altra ondata di odio (con lei da bambino era molto dolce), ma giorno dopo giorno, sotto una piastrella del pavimento che poteva essere sollevata, il ragazzino incominciò ad appuntare con un pennello rosso ogni minimo peccato del padre contro di loro che avrebbe un giorno giustiziato. Si riprometteva ogni giorno di non diventare come il padre, ma non aveva compreso ancora che, in realtà, egli era proprio identico a lui. Rancoroso, geloso, legato morbosamente al valore della famiglia e alla sorella, violento, vendicativo e spesso impulsivo, ma anche calcolatore quanto bastava, il ragazzo sarebbe diventato l'estremista perfetto di Ravenfire.     ✎✎ ── Con il passare del tempo, il giovane dooddrear comprese che l'unico suo affetto, l'unico suo bene, era sua sorella Harriet. Per questo egli divenne quasi ossessionato da lei: cercò di impicciarsi in tutti i suoi legami, le sue storie, cercando di preservarla sia dall'amore che dall'odio, ma Joseph non era onnipotente come pensava di essere già allora. Il suo carattere prevaricatore incominciò spesso a scontrarsi con l'indole ribelle della ragazza, che a differenza sua non ambiva al potere né ad essere comandata a bacchetta. Irrimediabilmente lunatico, il nostro dooddrear si sentì tradito ad ogni battibecco con la sorella, ad ogni parola espressa dal padre e ad ogni sua azione. Ciò lo portò ad aumentare la sua sete di potere, la sua voglia di controllare ogni singola azione di ogni singolo cittadino di Ravenfire, la sua voglia di manipolare la storia, la vita degli altri, ogni cosa. Ma la verità era un'altra: tutte le sue azioni erano mosse da un qualcosa di profondo che egli avvertiva dentro di sé, ma che non riusciva ad accettarlo, anzi lo odiava profondamente: sentirsi solo, solo contro il mondo, solo contro un confine che l'avrebbe limitato per sempre, solo con un sogno infantile mai realizzabile, un sogno che lo portava ad avere rancore anche verso il Consiglio. Allo stesso tempo il suo odio ed il suo rancore verso il padre continuarono a crescere con lui fino a giungere ad un tragico culmine: il vecchio Borrison comprese che il ragazzo accresceva il suo potere anche contro di lui e incominciò a chiamarlo '' The Bastard Son''. Non si seppe mai come riuscì a comprendere il figlio, se avesse mai visto la piastrella mobile della sua stanza, ma era soltanto la pura verità seppure Joseph continuava a negare perché amava la sua vita nonostante la negatività di cui era caratterizzata. Fu così che una notte premeditata, una notte di luna piena simile alla notte in cui era nato, il ragazzo ebbe una discussione con il padre che tentò di metterlo alla prova con la violenza. Tentato, stuzzicato nel profondo della sua anima da sociopatico, Joseph (per la prima volta con le lacrime agli occhi) chiese a suo padre perché non gli aveva mai dato pace. L'uomo blaterò cose vane e Joseph, accecato dai numerosi sentimenti che non era mai riuscito ad esternare fino a quel momento, lo uccise senza pensarci due volte. Impulsivo, da quel momento mantenne il segreto con Harriet, ma divenne ancor più violento, una vera e propria testa calda irrefrenabile e assetata di potere. Joseph Borrison divenne un vero e proprio mostro, un dooddrear eccezionale e temuto. Al solo suono del suo nome gli umani e le misere fate che lo conoscevano tremavano di paura, perché Joseph era l'incarnazione di ogni paura ed era sadicamente razzista contro ogni creatura che non fosse un Dooddrear e soprattutto con i veggenti che egli considerava “la nullità”.     ✎✎✎ ── Il giovane estremista conobbe, grazie a quel pennello rosso con cui segnava i peccati del padre, l'arte del dipinto, ma rese questa passione un qualcosa di assai smodato, utilizzando sempre in modi originali, o meglio insoliti. Il sangue di coloro che Joseph uccideva o feriva, infatti, veniva preso da lui stesso con delle siringhe e messo in alcuni contenitori che usava per conservare il colore “vivo”. Joseph amava ogni dipinto, amava dipingere perfino per strada e grazie alle sue doti strabilianti per anni curò personalmente il museo, il suo design e le mostre che venivano fatte al suo interno. Adorava profondamente quel posto eppure ben presto incominciò a sentirsi “sprecato” anche lì, perché Joseph sognava di lavorare e di manipolare le persone, non mostrando le bellezze della vita, ma influenzando le loro menti subdole. Fu in questo momento di cambiamento che l’uomo conobbe una fata di nome Elenoire, una psicologa, che si era avvicinata a lui per volere della polizia e che voleva comprendere meglio la sua storia. La donna studiò ogni suo dipinto, ogni comportamento dell’uomo e, invece di aiutare la polizia, si innamorò perdutamente del Dooddrear che esercitava grande fascino. Il fascino oscuro di Joseph, infatti, era ben noto in tutta Ravenfire. La donna riuscì a cogliere chi Joseph fosse in realtà e riuscì a consigliargli di diventare sceneggiatore Joseph la vide come una minaccia e la uccise, ma, ben presto, capì che la donna non aveva detto nulla di sbagliato. Egli era destinato all’arte, l’arte dell’immaginare catastrofi, dell’immaginare psicologie differenti e del manipolare.... attori! Fu da quel momento che l’immaginazione di Joseph divenne la sua più fedele compagna, una donna da amare e da usare per difendersi nella sua vita privata e su quel palcoscenico sul quale già faceva le prove per diventare il KING di Ravenfire.
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newsintheshell · 4 years
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Planet Manga, le uscite del 13 febbraio
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Di seguito trovate tutte le nuove uscite targate Planet Manga, disponibili da oggi in libreria, fumetteria e store online.
WOTAKOI - LOVE IS HARD FOR OTAKU #1 di Fujita
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VINCITORE DEL WEB MANGA GENERAL ELECTION E PRIMO NELLA CLASSIFICA DI KONO MANGA GA SUGOI. DA QUESTA SERIE, IL CELEBRE ANIME. IN ONDA SU AMAZON PRIME VIDEO Narumi: office lady e fan di boys’ love. Hirotaka: salaryman e videogamer. Due protagonisti con una doppia vita otaku spesso tenuta nascosta per scansare seccature e pregiudizi. Ma condividere un’anima 100% nerd sarà la via più facile per trovare l’amore?
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DRIFTING DRAGONS #3 di Taku Kuwabara
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UN GRANDE MANGA D’AVVENTURA DA CUI È STATO TRATTO L’ANIME SU NETFLIX La nave volante Quin Zaza si imbatte in uno stormo di piccoli draghi. Tenta di catturarne uno, quando Takita precipita nel vuoto. La matricola dell’equipaggio si risveglia in una valle. È salva per miracolo, ma in un luogo ignoto e senza possibilità di contattare i compagni…
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MAD CHIMERA WORLD #3 di Seishi Kishimoto
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IL MANGA DELL’AUTORE DI 666 SATAN, BLAZER DRIVE E CRIMSON WOLF ENTRA NEL VIVO… DELLA SUA FOLLIA! Usagi è gravemente ferita. Soltanto portandola su una delle corazzate volanti lasciate dagli antichi umani Mitsuki riuscirà a salvarla… ma chi difenderà il protagonista dagli attacchi delle femmine che vogliono divorarlo?
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BUNGO STRAY DOGS - DEAD APPLE #2 di Gun_Zi, Comitato di produzione di Bungo Stray Dogs DA
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IL NEMICO PIÙ SPAVENTOSO VIVE DENTRO DI TE. L’avversario peggiore da affrontare è quello che ti conosce come le sue tasche. Che sa sempre dove stai andando, cosa stai facendo, cosa stai pensando. Perché una volta era parte di te. A Yokohama i ragazzi dell’Agenzia di Detective Armati sono attesi da una notte da incubo.
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CITY HUNTER REBIRTH #2 di Nishiki Sokura, Tsukasa Hojo
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AZIONE, PISTOLE, BELLE DONNE E TANTISSIMO ALTRO NELLA NUOVA SERIE LEGATA A CITY HUNTER. Risvegliatasi nel mondo del suo manga preferito, City Hunter, Saori ha l’occasione di vivere in prima persona - e perfino di modificare! - le più famose avventure del suo idolo, Ryo Saeba. Eccola alle prese con la sfida tra Ryo e Miki, il cui esito stabilirà se Falcon dovrà sposare la donna.
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SLAM DUNK #6 (Restyled Edition) di Takehiko Inoue
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IL PASSATO DI HISASHI MITSUI Mitsui e il suo gruppo di teppisti hanno invaso la palestra per regolare i conti con Miyagi. La reazione di Hanamichi, Rukawa e compagni non si è fatta attendere e ora il club è a rischio scioglimento. Ma perché Mitsui si ostina a prendere di mira la squadra di basket?
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ULTRAMARINE MAGMELL #5 di Di Nianmiao
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IL FUMETTO DA CUI È STATO TRATTO L’ANIME SU NETFLIX You-in ha rifiutato la proposta di affiliarsi al clan Shinmeia proprio quando la guerra tra gli occulti dominatori della società umana e gli Erin guidati da Genko Breath sta per avere inizio. Da quale parte si schiererà il giovane Angler?
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GHOST INN - LA LOCANDA DI YUNA #14 di Tadahiro Miura
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Durante una gita al mare, Matora si allontana dalle amiche e viene attaccata da una misteriosa e fortissima sconosciuta! Le ragazze della locanda Yukemuri corrono subito in suo aiuto, ma... si trovano davanti un avversario davvero inaspettato, proveniente dal passato di Kogarashi!
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DOMESTIC GIRLFRIEND #14 di Kei Sasuga
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Rui e Natsuo stanno facendo la loro prima gita romantica, tra il freddo della neve e il calore delle terme... ma basta una parola di troppo e un sogno può trasformarsi in un incubo! Intanto, Hina è sul punto di tornare a casa per il capodanno... che succederà?
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FRUITS BASKET #21 di Natsuki Takaya
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PERCHÉ CI SONO SEGRETI CHE ABBIAMO IL TERRORE DI SVELARE? Perché nell’istante in cui apriamo bocca, distruggiamo ciò che abbiamo di più caro. Le ombre del cuore di Kyo calano sul rapporto con Tohru, avvolgendolo nelle tenebre di una verità che il ragazzo non ha mai osato confessare. Fino ad ora.
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HIKARI-MAN #3 di Hideo Yamamoto
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UN NUOVO SUPEREROE CON SUPERPROBLEMI INVENTATO DAL MANGAKA DI ICHI THE KILLER E HOMUNCULUS. Dopo un incidente Hikari può diventare un essere di pura energia. Vittima di bullismo, grazie alla forza sovrumana che acquista quando si trasforma si vendica dei suoi aguzzini. Ma il capo dei prepotenti che lo tormentavano chiede aiuto a un pericoloso criminale…
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Autore: SilenziO))) (@s1lenzi0)
[FONTE]
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paoloxl · 6 years
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Denunciati dal parroco una decina di ragazzi italiani e francesi. Fornivano giacche e scarponi ai migranti in viaggio oltre confine
Chez Jesus, il piccolo rifugio di Claviere – località turistica situata un chilometro prima del confine con la Francia – è stato sgomberato ieri mattina con un’imponente operazione di carabinieri e polizia. Irruzione in grande stile, all’alba a colpi di ariete, con dispiegamento di forze che avrà fatto piacere al ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Dallo scorso inverno il sottoscala occupato della chiesetta di Claviere, rappresentava l’approdo dei migranti che tentavano il passaggio nell’unico punto percorribile della cosiddetta «rotta alpina». Chez Jesus poteva assistere fino a trenta persone: ma nell’angusto antro della chiesa di Claviere non si sono mai formati importanti assembramenti di migranti. Il rifugio era utilizzato nel caso la gendarmeria francese, o i volontari nazionalisti francesi di Generazione identitaria presidiassero il confine a caccia di uomini e donne che cercavano di passare il confine. Inseguimenti tra le montagne, spesso con esiti drammatici, come nel caso della donna nigeriana caduta in un torrente e morta assiderata.
Chez Jesus accoglieva uomini, donne e bambini giunti su queste montagne con un abbigliamento che significava morte per assideramento – il termometro lo scorso inverno è sceso a meno quindici gradi – dopo pochi passi nella neve: per loro c’era sempre una sciarpa, un giubbotto, un paio di scarponcini, magari spaiati, da indossare al posto dei mocassini o delle scarpe da tennis. Chez Jesus stroncava il traffico dei passeur, che riprenderanno ora a fare i loro affari.
Nel rifugio erano presenti le povere cose di un punto di passaggio montano: materassi, cibo in scatola, coperte. Chez Jesus accoglieva uomini, donne e bambini provati dalle condizioni estreme della traversata: non lo faceva nessun altro.
Ieri mattina, nel primo giorno di freddo dell’inverno che si annuncia, sotto una pioggia fredda e ostile, carabinieri e poliziotti hanno sfondato la porta del piccolo rifugio con un grosso martello. Assenti i migranti, già passati in Francia nella notte: Chez Jesus non era un centro sociale o un albergo dove passare il tempo a discorrere amabilmente. Anzi, se il confine era tranquillo nessuno si fermava in quell’angusto sottoscala. Sorpresi dall’irruzione i quindici ragazzi italiani e francesi presenti sono stati identificati e denunciati. Ad agosto l’anziano parroco aveva sporto denuncia contro l’occupazione, atto conclusivo della dura opposizione di un uomo che non ha mai accettato la presenza del rifugio autogestito nel sottoscala della sua chiesa. La denuncia dell’anziano prete ha accelerato il processo di sgombero in virtù della «circolare Salvini». La presenza del ministro nella chiesetta di Claviere «liberata» è attesa nei prossimi giorni.
In linea teorica da ieri la «rotta alpina» non ha più un passaggio verso la Francia, terra di approdo di migliaia di migranti provenienti dal Sud Italia e diretti quasi sempre a Parigi. Somali, eritrei, siriani, nigeriani: queste le nazionalità prevalenti nel flusso ininterrotto che si è manifestato nei mesi passati. Non è disponibile neanche il passaggio a ovest di Bardonecchia, a pochi chilometri di distanza da Claviere, ovvero il Colle della Scala, che potrebbe essere ricoperto di neve già nelle prossime ore.
Il punto d’arrivo al di là del confine è una piccola casetta a Briançon, gestita da volontari e messa a disposizione dall’amministrazione comunale. Lo sgombero di Chez Jesus farà piacere al presidente francese Emmanuel Macron, che da tempo tenta di blindare il confine con l’Italia. La fine dell’occupazione non ferma ovviamente l’inesorabile cammino dei migranti che rimarranno senza un rifugio per l’intero inverno. Il flusso migratorio verso Briançon era presente da prima che il sottoscala della chiesetta di Claviere fosse trasformato in un rifugio: i volontari battevano la valle alla ricerca di migranti che si avventuravano in condizioni estreme sui sentieri fin dall’estate del 2017.
Già ieri sera, ad operazioni concluse, alcuni uomini africani sono giunti a Claviere e si sono incamminati verso i sentieri che portano in Francia. Sotto la pioggia battente, come da regola: peggiori sono le condizioni climatiche, maggiore è la probabilità di passare.
Maurizio Pagliassotti
da il manifesto
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il comunicato di R@inbow for Africa – R4A
Lo sgombero di Chez Jesus è purtroppo un incubo annunciato. Dopo la denuncia da parte del Parroco di Claviere e la circolare Salvini, eravamo tutti quanti consapevoli che fosse inevitabile, anche se continuavamo a sperare il contrario. Fortunatamente le operazioni si sono svolte senza violenza: ma stigmatizziamo il modo in cui le forze dell’ordine si sono presentate a Claviere, in tenuta antisommossa e con blindati, con l’ariete per sfondare la porta, quasi fosse in corso un’azione antiterrorismo, e non un intervento di sgombero di volontari in azione di aiuto verso i piu’ deboli. La vera prova di forza è stata non reagire a questa esibizione muscolare. Ribadiamo la nostra solidarietà con chiunque operi per assistere chi tenta la via delle Alpi e più in generale a chi rischia per inseguire il sogno di una vita migliore, senza fame, guerra, violenza. Speriamo da oggi in una piu’ attiva collaborazione sul territorio, sull’onda di quanto giä presente a Oulx e a Bardonecchia. Lanciamo una provocazione: perchè non affidare agli stessi volontari giä impegnati a Claviere uno spazio per continuare l’azione di soccorso e testimonianza giä intrapresa? E’ necessario continuare a salvaguardare la vita di chi cerca speranza, sotto ogni aspetto, e non lasciare sole le comunità del territorio: la responsabilità è di tutti.
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mydarkinsideworld · 5 years
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25-11-18
Oggi è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. È proprio questo ciò di cui voglio parlare, ma non perché voglio “cavalcare l’onda”, ma perché è un argomento che mi tocca in prima persona. Quando si parla di violenza, si tende ad associarla ad azioni atte a ledere la fisicità di una persona. Certo questa è una forma di violenza più tangibile in quanto più visibile dall’esterno ma la violenza fisica, se non arriva ad estremizzazione, prima o poi passa. Una donna, o un uomo, che sono state vittime di violenza e che sono riuscite a superare quel momento buio, saranno concordi con me nel dire che ciò che non vogliono ricordare non sono le violenze fisiche ma quelle psicologiche. La violenza che ti uccide è quella che non ti fa vivere bene con te stesso. Uno schiaffo subìto provoca un dolore che con il tempo passa. Una minaccia provoca un disagio che resta. Vorrei raccontare una mia storia passata che fino ad ora non ho avuto il coraggio di fare. Non ho avuto il coraggio perché per me mettere tutto nero su bianco, significa rendere tutto reale ma vorrei che il tutto fosse stato solo un brutto sogno dal quale mi sono svegliata. Purtroppo, tutto ciò è accaduto e per quanto possa rammaricarmene, solo ora ho capito che la colpa di tutto ciò non è mia. Fino a qualche mese fa mi incolpavo, questo perché mi dicevo “se io non avessi fatto...”, “se io non fossi andata…”, “se io...”. La colpa non è mia, la colpa è di colui che fa violenza non di chi subisce violenza. Il mio incubo è iniziato nel momento in cui ho incontrato MZ. In precedenti post (“Finally over” e “is it the right time?”) accennai a lui e lo descrissi come “persona aggressiva” e dissi anche che era in possesso di un’arma. Con lui sono stata insieme forse 4 mesi ma mentirei se dicessi che sono stati solo quelli i mesi più brutti della mia vita. Prima di raccontare tutto devo scusarmi con i miei lettori, nel post intitolato “Virginity farewell” ho mentito. Quella non è la descrizione della mia prima volta fisica, quella è la descrizione della mia prima volta emozionale. Ma andiamo al sodo, vi racconto il mio incubo. Tutto è iniziato quando andai a casa di MZ per il nostro primo appuntamento. Come descritto in passato era aggressivo e aveva un’arma. Anche se devo ammettere che la sua era per lo più violenza psicologica. Vi racconto di quella volta che ho perso la verginità... Stavamo insieme, per così dire, da una settimana, lui sapeva che io fossi vergine ma se ne fregò di ciò che pensavo o volevo. Un giorno andai a casa sua, mi portò nell’appartamento comunicante nel quale non potevano entrare i controlli dei carabinieri poiché era intestato alla zia e lì mi presentò la sua “bella” pistola. Ricordo nitidamente quell’arma, lui che sfila e infila il caricatore per farmi vedere che era carica, a volte quel rumore lo sento ancora mentre dormo. In quel momento la paura mi pietrificò, ricordo alla perfezione la sensazione orribile che provai alla vista dell’arma, il senso di disagio che mi causava. La sensazione più brutta e la paura più grande l’ho vissuta quando quella pistola mi fu appoggiata sotto al mento. Quel metallo gelido… ancora oggi il solo ricordo mi fa sentire il nulla. In quel momento ero impotente di dire o fare qualunque cosa, in quel momento la mia vita era nella mano di una persona e un mio movimento sbagliato o una parola sbagliata, avrebbero potuto dargli l’input di premere il grilletto. In quel momento mi è passata tutta la mia vita avanti e ammetto di aver pensato solo ad una persona. Quel momento mi è sembrato durasse ore, ma credo fosse trascorso meno di un minuto. Finché lui esordì dicendo “se non mi dai la tua verginità, non ho paura a premere il grilletto”. Mi sono chiesta spesso “se gli avessi detto di no, lui lo avrebbe fatto sul serio?” non saprò mai come sarebbe andata perché decisi che era meglio dargli ciò che voleva piuttosto che morire. È stato così, sì è proprio stato così che ho perso la verginità. La mia prima volta è stata con un “uomo” che mi ha costretta e minacciata a fare tutto ciò che voleva. Il dramma più grande iniziò dopo. Non ebbi perdite ematiche e la sua ignoranza non gli faceva accettare che una donna potesse essere deflorata senza sanguinare. Iniziò ad insultarmi, a dirmi che ero solo una troia bugiarda e tante altre cose fino a che non riprese di nuovo la sua pistola. Lì ebbi ancora più paura, se la prima volta mi aveva minacciata perché voleva qualcosa, questa volta mi stava minacciando perché quella cosa non era come voleva ed era incazzato. Provai a spiegargli la realtà delle cose, fino a spiegargli dettagliatamente l’anatomia femminile pur di fargli cambiare idea ma lui quel pensiero non lo cambiò mai. Dopo il mio discorso lui abbassò la pistola e mi dissi che se volevo continuare la mia sporca e merdosa vita, sarei dovuta andare da lui ogni volta che voleva scopare altrimenti non avrebbe avuto timore a violare i domiciliari e a venirmi a sparare prima nelle parti intime e poi al cuore. Ecco come sono andati avanti i successivi quattro mesi fino al momento in cui arrivò il mio salvatore, SC. È grazie a lui se sono riuscita a fare in modo che MZ mi lasciasse. Sì perché sembra proprio tanto strano ma a detta sua, mi amava alla follia e non voleva lasciarmi andare per nessuna cosa al mondo. Io facevo finta di amarlo perché semplicemente volevo vivere. Quando MZ mi lasciò avevo un senso di malinconia perenne, non riuscivo più a gioire, non sopportavo che nessuno mi toccasse. Stavo bene solo insieme a SC. Dieci giorni dopo la chiusura della “relazione”, MZ mi ricontattò per chiedermi di ritornare insieme a lui. Io ovviamente non accettai assolutamente. Non avevo alcuna intenzione di ritornare in quell’inferno. Ed ecco che da quel momento iniziò il mio secondo periodo più brutto durato ben sette lunghissimi mesi. Ricevevo minacce ogni giorno, avevo paura di uscire di casa. Quando andavo all’università avevo una paura tremenda perché sia il pullman che il treno, attraversavano il suo paese. Non vivevo più. Non avevo più una vita sociale, i miei amici mi chiedevano sempre il perché non uscissi con loro e la risposta era semplice. MZ sapeva della loro esistenza e non volevo metterli in pericolo, non volevo che se la prendesse con loro pur di raggiungere me. Quei sette mesi li ho vissuti uscendo di casa il meno possibile e se lo facevo non andavo mai in giro. Ebbene sì, la mattina prendevo il pullman per andare all’università, al ritorno mi veniva a prendere mia cugina alla fermata e andavamo direttamente a fare allenamento e mi lasciava sotto il portone di casa. Sembravo una pazza ogni volta che uscivo dalla macchina perché correvo verso il portone pur di entrare in casa prima che mia cugina se ne andasse. Ogni tanto uscivo con SC ma lui che sapeva tutto, mi aspettava sotto casa e aspettava che chiudessi il portone prima di andarsene via. Quando uscivamo non facevamo praticamente nulla. Andavamo a casa di sua nonna che era partita oppure stavamo in macchina nel parcheggio di casa sua. Tutto è cambiato quel benedetto 9-03-2015. Mi arrivò l’e-mail che mi salvò la vita. Arrivò la notizia che mi avevano assegnato un alloggio nella città in cui studiavo. Lui non seppe mai del mio trasferimento ed io mi sentivo al sicuro. Non sapeva dove abitavo, non sapeva dove studiavo, non sapeva più niente di me. Iniziai ad andare in giro senza più dovermi guardare alle spalle, iniziai ad uscire di nuovo con i miei amici, iniziai a vivere di nuovo. Purtroppo però anche a distanza di quasi quattro anni dalla fine dell’incubo, ancora non riesco ad accettare alcune cose. Non riesco ad accettare di essere toccata senza il mio permesso se non da persone delle quali mi fido ciecamente. Questa è la mia esperienza e ringrazio SC e l’università per avermi aiutata. Da sola non sarei mai riuscita a venirne fuori. A volte mi chiedo “se gli avessi detto di no e avesse premuto il grilletto?” penso che le persone avrebbero detto “se l’è cercata, poteva non andare da lui”. È vero, avrei potuto non andare ma prima di farlo non sapevo che persona fosse, prima di farlo non sapevo che avrei messo in discussione la mia vita, prima di farlo non sapevo che da quel momento tutto sarebbe stato diverso.
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samhaseyebrows96 · 4 years
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donato33 · 4 years
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IL GRANELLINO🌱 (Mt 1,16.18-21.24) Il Signore istruisce Giuseppe nel sogno. E il messaggio che Giuseppe riceve nel sogno si compie. Lo Spirito Santo, per singolare privilegio dell'Altissimo, già ricolmava Giuseppe. Io non ricordo quasi mai i sogni che faccio. Devo dedurre che i miei sogni sono solo il prodotto del mio vissuto quotidiano e non parola di Dio. Conosco delle persone di fede che mi raccontano dei sogni che hanno e che poi diventano realtà. A volte i loro sogni sono più visioni che sogni. Comunque la Bibbia e la storia della Chiesa è piena di sognatori e i loro sogni hanno un riscontro nella vita. È bello leggere e meditare il personaggio biblico di nome Giuseppe, al quale il Signore dava il significato degli eventi futuri attraverso i sogni. Non dobbiamo meravigliarci se ci sono uomini e donne che fanno sogni soprannaturali. L'altro giorno una donna della mia parrocchia mi chiama per raccontarmi un sogno che aveva fatto la notte precedente. Mi racconta che era venuta in chiesa e, gridando forte, mi esortava ad uscire immediatamente fuori dalla chiesa perché la presenza del nemico mi voleva fare del male. Sogno umano o soprannaturale? Leggendo, per esempio, la vita di San Giovanni Bosco, vediamo come Dio gli parlava attraverso i sogni. Con la Pentecoste si sono compiute le parole del profeta Gioele che riferisce le parole del Signore: "Io effonderò il mio spirito su ogni uomo e diventeranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni e i vostri giovani avranno visioni". Mai come in questo tempo abbiamo bisogno di sognatori e visionari di Dio perché ci dicano che tutto andrà bene e che il mondo ritorni al Signore, fonte di pace, amore e prosperità. Chi non ha fede non diventa sognatore di Dio. Senza fede abbiamo solo incubi senza via d'uscita. Quando non c'è speranza, non si è spinti a operare nella carità. Invochiamo oggi San Giuseppe perché ci faccia comprendere il significato soprannaturale di questo incubo che stiamo vivendo. Preghiamo: San Giuseppe, come hai custodito Gesù dal piccolo Erode, così custodiscici dal grande Erode che, mentre il mondo dormiva profondamente, ha seminato la zizzania, cioè il coronavirus https://www.instagram.com/p/B96JqOtCVUB/?igshid=1mm9k4p1s6niq
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weirdesplinder · 5 years
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Amori oltre confine
Visto che mi è stato chiesto su facebook di suggerire alcuni titoli di libri romance i cui protagonisti vengono da nazioni diverse, ho pensato di proporvi questa lista anche in un post dedicato, perchè sono titoli che potrebbero interessare a molti.
Di alcuni di questi libri vi ho già parlato, sono tutti in italiano, e vi consiglio in particolare i romanzi di M. M. Kaye, tutti veramente stupendi:
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Padiglioni lontani, di M. M. Kaye
E’ ambientato nell’ India (e Afghanistan) dell'Ottocento, durante la colonizzazione inglese (il regno della regina Vittoria). Protagonista è Ashton, nato da genitori inglesi nell'India coloniale, ma allevato come un'indù, dopo la morte del padre, da una domestica nel piccolo principato di Gulkote, che gli nasconde le sue vere origini e gli dice di essere sua madre, per proteggerlo. Quando Ashton scopre le proprie origini viene riportato in Inghilterra ed educato all'europea, ma non riesce a sentirsi del tutto a proprio agio in una civiltà e in un ambiente così diversi da quelli orientali, in cui ha vissuto da bambino. Si arruola nelle Guide, torna in Oriente e qui, anche grazie alla sua conoscenza delle lingue e degli usi locali, viene utilizzato in missioni pericolose e segrete, prima in India e poi in Afghanistan. Dopo qualche anno incontrerà una principessa conosciuta durante l'infanzia con cui intreccerà una lunga e dolorosa storia d'amore. L'ultima parte del romanzo è ambientata a Kabul e descrive la disfatta della guarnigione inglese assediata dai ribelli.
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Rosa d’oriente di Jeannie Lin
Cina, 748 d.C.
Promessa a un uomo crudele e senza onore, la Principessa Ai Li decide di sfidare l'autorità dell'imperatore suo padre e abbandona il corteo che la sta accompagnando dal futuro sposo. Armata soltanto di coraggio e delle sue spade a farfalla, si imbatte per caso in un singolare guerriero dagli occhi azzurri.
Ryam, uno straniero disincantato, reduce da molte battaglie e da molti errori, si lascia conquistare dalla freschezza di quell'insolita ragazzina che ha osato sfidarlo a duello e alla quale ha vinto un bacio. Ma come può conciliare il desiderio di proteggerla con la passione rovente che la bella Ai Li suscita in lui?
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Il compagno di viaggio, di Mary Jo Putney
Maxima Collins sapeva difendersi e lottare come un uomo.
Non aveva esitato dunque a mettersi in viaggio verso Londra tutta da sola, incurante dei pericoli.
Ma da quanto aveva incontrato Robert non riusciva più a liberarsene. Il giovane insisteva a farle da scorta.
Doveva accettare? E poteva fidarsi di un uomo così bello?
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La donna di Giada di Mary Jo Putney
Nata da padre scozzese e madre cinese, Troth Montgomery è rimasta orfana quando era poco più di una bambina. Ha vissuto in Cina una vita nell'ombra, sempre cullando il sogno di visitare le verdi terre di Scozia, e ora lavora come traduttrice per i turisti europei fingendosi un uomo. Ma quando le presentano l'affascinante Kyle Renbourne, visconte di Maxwell, la sua copertura precipita, e insieme gli eventi: Kyle finisce in prigione e rischia la vita, mettendo in pericolo la stessa Troth…
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Ali di seta, di Mary Jo putney
India, 1841: il maggiore Ian Cameron è finalmente libero dopo la lunga prigionia. Provato nel fisico e nello spirito, pensa a un matrimonio platonico e Laura Stephenson, donna affascinante ma timorosa e restia la contatto fisico, è di certo la moglie perfetta. A poco a poco, tuttavia, il legame tra Ian e Laura diventa una vera unione di anime e cuori. Riusciranno a dimenticare il passato, nel nome di un futuro di felicità e d'amore?
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L'ombra della luna di M. M. Kaye
India.  La giovane Winter  figlia di madre anglo-indiana e padre spagnolo, è cresciuta in Inghilterra da parenti che, nonostante le sue ricchezze, la snobbano perché di sangue misto. Bruttina da piccola, con l'età adulta sboccia in una grande bellezza, ma non ha decine di spasimanti, poiché è stata promessa sposa fin da piccola a un politico inglese Barton molto più vecchio di lei, che però quando era giovane, la trattava più umanamente dei suoi parenti e l'aveva affascinata con le storie dell'India in cui lui viveva. Rgagiunta la maggiore età deve raggiungere il futuro marito in India e per accompagnarla giunge un suo sottoposto Il capitano Randall, un bel giovane coraggioso, che cerca di metterla in guardia riguardo Barton, che ora è vecchio, ubriacone, violento e pieno di vizi. Winter si rifiuta di credergli, ma poi deve constatare la verità di quelle affermazioni. Sposa comunque Barton , ma il matrimonio per lei è un vero incubo. Randall cerca di proteggerla come può, le poche volte che i due si incrociano, ma può fare poco. I due finiscono per innamorarsi, ma lei è sposata…  Nel frattempo l'India è in rivolta, la colonizzazione inglese ha cominciato a stancare gli indigeni indiani, e la rivolta sta per scoppiare… Mentre gli eventi precipitano verso il dramma finale, la forza del loro sentimento si oppone fieramente, fra mille difficoltà e pericoli, a un destino di distruzione e di morte.
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giancarlonicoli · 4 years
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12 FEB 2020 16:021. "LA PARTITA PIÙ TOSTA DELLA MIA VITA? CONTRO IL TUMORE AL COLON" - BOMBASTICA INTERVISTA DI DOTTO A SEBINO NELA: "LA MORTE? CI HO PENSATO UN MILIARDO DI VOLTE. E SAI CHE TI DICO, ‘STI CAZZI. IL SUICIDIO COME DI BARTOLOMEI? NON HO AVUTO IL CORAGGIO. ORA DEVO FARE LA QUARTA OPERAZIONE, NON CE LA FACCIO PIU’. HO DETTO A VIALLI CHE..." 2. LA BORDATA A FALCAO, LA ROTTURA CON LA MADRE E CON LA SORELLA, LA STORIA DIFFICILE CON LA PRIMA MOGLIE (“GIRAVO CON UNA PISTOLA IN TASCA”), IL SESSO, L’OMOSESSUALITA’ NEL CALCIO MASCHILE E FEMMINILE - E POI RIVELA IL SUO SOGNO… - VIDEO
Giancarlo Dotto per il Corriere dello Sport
Diciamo che si fa notare. Un vero, vulnerabilissimo macho, che avanza deciso sula fascia, che sia una tavola amica o un nemico fetente, alla faccia dei tumori che ti attaccano e del tempo che precipita. E del freddo di febbraio che inclina al gelo (“Mi fa il solletico, noi siamo abituati alla tramontana di Genova”). Il cardigan grigio di lana sul torace nudo in bella mostra, sotto la giacca di lana. Devi fare un bell’atto di fede per credere alla sua malattia, per pensare a lui come a un uomo che viene da due anni e mezzo di chemio e chissà quante notti da incubo. I capelli, tutti. I celebri bicipiti femorali, intatti.
Uomini come Sebino Nela, con la scusa di essere Sebino Nela, vogliono solo una cosa, una più di ogni altra, passare un paio d’ore a tavola con qualcuno che li aiuti ad essere Sebino e a dimenticare Nela. Il personaggio, la star del calcio, come sta documentato nelle pagine di Wikipedia, dell’album Panini, nei poster in posa da Hulk e negli occhi adoranti dei tifosi. Sebino è uno strano impasto di uomo, gentile e selvaggio allo stesso tempo e nella stessa pelle.
Si presta a fare foto (gli autografi non li vuole più nessuno) con chiunque. Sorride a tutti, ma il coltello a serramanico è lì, sempre pronto a scattare. Smanioso di fidarsi e l’istinto che lo spinge a diffidare. Quasi tre ore, il ratto del Sebino. Insieme a tavola. Uno di fronte all’altro. Lui è quello che è. Veste come vive. In conflitto permanente tra il suo cardigan di lana e il torace in mostra. Tra la voglia di mostrarsi nudo e quella di proteggersi. Di abbandonarsi alla persona che lo racconterà e minacciarla per come lo racconterà, scherzosamente dice lui, ma non si sa mai (“Attento a quello che scrivi, ti vengo a cercare”).
Gli anni sono quasi sessanta, Sebino ha visto e vede la morte negli occhi, se ne frega dei convenevoli. Bastano poche cose per avviare i motori. Una bottiglia di rosso molisano, due fette di pizza con la mortadella al pistacchio e piatti che vanno e vengono. Il rosso aiuta a calarsi nel pozzo. In fondo al quale sta scritto chi è Sebino, un mistero per lo stesso Sabino. Dal tavolo di un ammiratore, un trasteverino da manuale, arriva un assaggio di stracciatella con whisky e pepe. Micidiale per chiunque. Roba per uomini veri. Per uno come Sebino, che picchia più di quanto viene picchiato. È la sua natura, il suo sangue misto sardo e ligure. Dinamite pura. La “partita più tosta, più ignorante della mia vita? Contro il tumore al colon, un nemico sconosciuto”.
”Godereccio” come si definisce lui, spirituale come non lo definisce nessuno, perché nessuno, pochi lo conoscono. “Questi anni che vivo mi piacciono tanto. Sono padre di due ragazze meravigliose, la mia testa funziona, posso sedermi in qualunque tavolo di un’osteria o di una casa altolocata e parlare di tutto”. Sebino il duro racconta di quante lacrime ha versato e risponde a chi domanda: “Il lusso della vita? Uno solo, la salute”.
La salute innanzi tutto.
“Con quello che ho passato, diciamo che sto bene. Devo fare un’altra operazione a breve. Più breve tempo possibile. Sarà la quarta. Non ce la faccio più…”.
Che operazione?
“Ho il retto addominale aperto, le viscere spingono, mi esce sempre questo bozzo non bellissimo da vedere. Devo fare pulizia di un po’ di schifezza e mettere una rete di protezione. Dopo di che, continuerò i miei controlli ogni sei mesi”.
L’umore?
“Va e viene. Leggere o sentire ogni volta di persone che conosco che se ne vanno da un giorno all’altro mi spegne un poco”.
Vialli e Mihajlovic dopo di te, il tuo stesso male.
“Mi ha turbato molto saperlo. A Sinisa mando messaggi attraverso il nostro amico comune Vincenzo Cantatore. Con Gianluca eravamo in camera insieme al mondiale di Messico ’86. L’ho incontrato poche settimane fa, a Roma-Juventus. Ci siamo abbracciati. “Guarda che non si molla un cazzo”, gli ho detto. “Nemmeno di un millimetro”.
La tua guerra.
“Due anni e mezzo di chemio non sono uno scherzo. Ti guarisce una cosa e te ne peggiora un’altra. Ho avuto degli attacchi ischemici. Ma la pressione è a posto, prendo tre pasticche al giorno e faccio la mia vita normalissima”.
Il tumore sembra cosa lontana…
“La cosa brutta di questo male è che gioisci, dici ho vinto, e poi scopri che a distanza di sei, sette, otto anni ritorna. Il cancro quando arriva non ti lascia più. Torna come realtà o come minaccia. Sta sempre lì”.
Hai visto la morte in faccia.
“Ho metabolizzato questa cosa. Non so quante volte mi sono ritrovato di notte a piangere nel letto. Ci ho pensato un miliardo di volte. E sai che ti dico, se domani dovesse succedere, ‘sti cazzi…”.
Come ci arrivi a questa conclusione?
“Ti parte un film di tutto quello che hai fatto, il bene e il male. Alla fine, sono soddisfatto della persona che sono. Non ho rimpianti, posso morire anche domani”.
Parliamo di vita e di appetiti primari. A tavola mi sembri okay. Calici e piatti svuotati alla grande. Fai ancora sesso?
“Quando la fatica supera il piacere è l’ora di smettere. Scherzo? Mica tanto. Se il concetto lo sposti dal sesso al calcio è perfetto. Se ci pensi, un giocatore smette quando si alza la mattina e gli fa fatica andare al campo”.
L’immagine di Sebino Nela è quella del guerriero. Ti corrisponde?
“La gente che ne sa? Conosce la superficie, il calciatore. Non conoscono il Sebino privato, il suo carattere, le sue emozioni”.
Se devo raccontare Sebino Nela per come lo conosco non inizio dal macho guerriero ma dalla sua ipersensibilità quasi femminea.
“Sono d’accordo con te. Penso alle tante volte che avrei potuto fare scelte diverse, avere una vita diversa, ma mi sono lasciato deviare dalle emozioni”.
Quanti soldi hai messo da parte con il calcio?
“Che cazzo di domanda?! Non si fa una domanda del genere a un genovese. Posso solo dirti che ho messo in sicurezza la famiglia”.
Parliamo di Roma e del tuo incarico oggi in società.
“Prima mi alzo e vado a farmi una sigaretta che sto impiccato…(al cameriere) Fausto, fammi due costolette d’abbacchio da sgranocchiare…Dopo voglio parlare di politica”.
(torna dalla sigaretta)
Da che parte stai in politica?
“Sono un democratico di destra. Sono per la patria, la tradizione, l’ordine e la disciplina”.
La vita è disordine e caos.
“Proprio per questo c’è bisogno delle regole”.
Voti Salvini?
“No, a me piace molto la Meloni. La stimo come donna e come politica. La trovo una bella persona. Ha portato il suo partito dall’uno per cento a quasi il dieci”.
Diciassette anni da calciatore, tra Genoa, Roma, Napoli e Nazionale. Il compagno del cuore?
“Nessuno. Solo frequentazioni superficiali. Per molti anni ho dormito in camera da solo. La luce accesa e la finestra aperta, cose che possono dare fastidio a un compagno”.
Non posso credere che in tanti anni non hai messo da parte un rapporto che vale.
“Con Rudi Voeller sembrava una cosa importante. L’ho aiutato i primi tempi a Roma nelle sue cose private. Ci frequentavamo molto, anche con le famiglie. Per anni siamo andati a Leverkusen da lui in agosto”.
E poi?
“Mi ha deluso e ho voluto interrompere il rapporto”.
Racconta.
“Fui chiamato da un calciatore della Roma per convincerlo ad accettare la panchina giallorossa. C’era da superare la resistenza della moglie. Normale a quel punto aspettarmi d’essere coinvolto. Lui di quella Roma sapeva poco e niente”.
E invece?
“Non mi ha nemmeno cercato. Sono rimasto amareggiato”.
Non ti lasci scivolare niente addosso.
“Posso dirti che anche con mia madre e mia sorella ho chiuso da anni. Ho sangue sardo nelle vene, forse la parte di cui sono più fiero. Quando mi sento ferito, quando mi fanno del male, dico basta e non torno indietro…Dimmi una cosa, tu verrai al mio funerale?”.
Magari vieni tu al mio…
“Ci puoi contare. Io vado ai funerali. Ci credo. Mi piace dare l’ultimo saluto alle persone che ho stimato. L’ultimo? Giovannone Bertini”.
Anche lui vittima dalla Sla come tanti altri ex Fiorentina.
“Se vai a leggere su internet diventi matto…Fai fatica a pensare che siano tutte coincidenze”.
Neanche con il tuo conterraneo bomber Pruzzo hai stretto un’amicizia profonda?
“No. Siamo due caratteri completamente diversi. Lui è veramente orso. Tanti anni a Roma non lo hanno modificato. Io mi sono romanizzato, lui è rimasto quello che era. Un fortino inespugnabile. Bravo ragazzo, di una sensibilità unica. Noi l’abbiamo visto piangere, anche poco tempo fa”.
Mi ha raccontato la sua depressione.
“Non lo vedevo in quel periodo, ma mi riportavano tutto. Dopo cinquant’anni scopri cose meravigliose di una persona, le sue fragilità. Da calciatore vivi solo rapporti superficiali”
Persone fondamentali della tua vita senza le quali non ce la faresti.
“Convivo con i miei problemi, sono autosufficiente. Non mi devo aggrappare a niente”.
Un amico?
“Se sto toccando il fondo faccio uno squillo a qualcuno, ma senza far capire che sto a pezzi”.
Hai legato poco, eufemismo, con Paulo Roberto Falcao. Antipatia congenita?
“Non mi sta antipatico. Lui a Roma faceva vita a sé. Noi, io, Pruzzo, Ramon Turone, Chierico, stavamo magari da “Pierluigi”, il ristorante, a giocare a tressette fino alle quattro di mattina, lui se ne stava a casa, non usciva mai”.
Magari non sa giocare a tressette.
“Per me far parte di un gruppo significa spirito di appartenenza. Lui aveva la sua vita, lo vedevamo solo in allenamento e alla partita”.
Era il cocco di Liedholm.
“Gli permetteva tutto. Decideva lui come e quando allenarsi. La domenica, prima della partita, noi tutti insieme per il pranzo delle 11, lui da solo a mangiare in camera”.
C’è poi la storia del rigore non tirato.
“A Roma c’è tutt’ora un’adorazione per Falcao. Anche per questo lui quel rigore doveva tirarlo. Tu pensi che il Totti di turno, Del Piero o Baggio si sarebbero scansati in una finale mondiale?”.
Lui dice che stava male, che l’effetto delle infiltrazioni era finito. Che quella partita nemmeno doveva giocarla.
“Non esiste che tu non tiri il rigore in una finale di Coppa Campioni davanti ai tuoi tifosi. Tu, Falcao, devi essere l’esempio. Potevi stare pure zoppo, ma lo tiri, non me ne frega un cazzo. E lui zoppo non era. Ha sbagliato, mi dispiace”.
“Tornando indietro, lo tirerei, se avessi solo immaginato il casino”, mi ha detto.
“Lo devi tirare non per evitare il casino, ma perchè sei il giocatore più importante di questa squadra. Lo sbagli? Fa nulla. Saresti comunque rimasto l’ottavo re di Roma”,
Bruno Conti lo ha sbagliato e al suo addio c’era tutta la città giallorossa.
“Ci mancherebbe altro. Come se in guerra, alla battaglia finale, chi ti comanda scappa, diserta. Non te lo aspetti. Da quella sera ho dubitato di lui”.
Sei stato l’unico a prenderla così male?
“Non sono stato l’unico, ma sono l’unico a dirlo, così, a cuore aperto. Degli altri non me ne può fregare di meno. Se un giorno viene Paulo a Roma e c’invita tutti, probabile riceva un no da me. Io sono fatto così e non dico che sono fatto bene”.
Lo spogliatoio dopo quella finale?
“Non parlava nessuno. Sono uscite mille stronzate, di litigi, parolacce. Falso. Eravamo tutti annichiliti. Io dovevo prendere mio padre e mia madre che stavano allo stadio, me ne sono dimenticato. Sono andato dritto a casa
La delusione più grossa: Liverpool o Lecce?
“Il Lecce. In una finale con uno dei Liverpool più forti di sempre non vai in campo convinto di fare una passeggiata, anche se perderla ai rigori ti rode”.
Quanto un calciatore si porta in campo i suoi problemi privati?
“Non era il mio caso. Io sono diverso. Allenarmi era uno sfogo liberatorio. Ho visto compagni travolti dai problemi personali. È umano”.
Non sei umano?
“Probabile. I pochissimi che sapevano della mia storia mi hanno fatto i complimenti per come l’ho affrontata”.
La storia molto difficile con la tua prima moglie.
“È stata durissima. Ti dico solo che in quel periodo giravo con una pistola in tasca e una volta ho dovuto anche usarla contro il cattivo di turno, che si è guardato bene dal denunciarmi. Per proteggere una persona cara sono disposto a tutto, non mi ferma nessuno. Vedi questo bicchiere? Se m’innamoro di lui e me lo vogliono rubare divento un animale”.
Il calcio è una bella e redditizia illusione. Poi c’è la vita reale.
“Auguro ai milionari di oggi, per il loro bene, di frequentare sempre tifosi che li facciano restare nella loro illusione anche quando smettono. Moriranno senza sapere cos’è la vita reale”.
Non è il caso tuo…
“Non sono mai stato il prototipo del calciatore. Non ho potuto studiare, ho la terza media, ma, da autodidatta, mi sono fatto la mia piccola cultura. Sono curioso, leggo e m’informo di tutto”.
Perché Agostino Di Bartolomei si è ucciso?
“Lo stimavo immensamente. Un capitano vero. Come devono essere i capitani. Era malato dentro, nell’anima. Ci ho pensato anch’io, spesso, negli anni duri della malattia, ma non ho mai trovato il coraggio”.
Tentazione di fare l’allenatore?
“Tre anni di corso a Coverciano. Ma lasciare la televisione per andare in un club minore e farmi cacciare da un presidente che non capisce un cazzo di calcio, non mi allettava. Mi sarebbe piaciuto fare il secondo a uno bravo. Non c’è stata l’opportunità”.
Fonseca ti convince?
“Ha dovuto lavorare tra mille difficoltà. Ho bisogno di un altro campionato per capire bene cosa sia. Per ora, giudizio sospeso. Mi piacerebbe vederlo incidere di più sulle scelte di mercato”.
Squadra di scarsa personalità o di scarso talento?
“La maglia della Roma pesa non so quanti chili. Roma è la squadra del popolo e il tifoso non è stupido. Non chiede lo scudetto, ma sa riconoscere chi dà tutto per la causa. Hanno amato giocatori come Piacentini e Oddi. Due piedi quadrati, ma ci mettevano il cuore”.
Zaniolo. Può essere lui la nuova identificazione del tifoso romanista?
“Non so cosa sente nella testa. Lui piace a tutti di suo, la corsa facile, la fisicità, i capelli. Dico solo, portatelo un giorno a Trastevere, dentro una macelleria di Testaccio, fategli respirare le viscere di Roma”.
Il giocatore che più ha incarnato le viscere di Roma?
“Daniele De Rossi.  Una volta lo vidi piangere in tivù, mi colpì e gli mandai un messaggio. Daniele l’ho visto crescere da bambino, allo Sporting a Ostia”.
Tu hai pianto per la Roma?
“Scherzi? Mille volte…Liverpool, Lecce, il Roma-Pisa quando morì il presidente Viola. Una settimana dopo a Bari, io che faccio il gol decisivo dell’1 a 0. Ho pianto a Roma-Bayern Monaco. Piangi pure dal nervoso a volte. Il bomber Pruzzo, prima della partita, giocava con la Juve o l’Ascoli, dava sempre di stomaco”.
Piangi in privato o anche in pubblico?
“Anche in pubblico. Non mi vergogno di piangere. Meglio che lanciare una bottiglia contro il muro. Piangere e fumare una sigaretta subito dopo. Che c’è di più bello?”.
Il disastro al ginocchio. Venditti ti dedicò “Correndo correndo”.
“Non ti nascondo che l’ascolto ancora oggi quasi tutti i giorni  e ancora mi commuovo. Mi piace girare in macchina da solo e commuovermi con la musica. Tornare indietro nel tempo. Quasi un anno fermo. Oggi, bastano sei mesi”.
Da due anni dirigente dell’As Roma femminile.
“Sono felice di questo incarico. Con le ragazze ho un bellissimo rapporto. Avere due figlie, una di 27, l’altra di 25, aiuta. Cosa mi ha sorpreso? La grandissima preparazione, l’enorme applicazione. Sono dilettanti come statuto, ma professioniste nella testa”.
Difficoltà?
“Sono umorali. Troppo. Un giorno ridono, scherzano, il giorno dopo meglio se non ti avvicini. Sono molto sensibili. Parlano spesso con le psicologhe che la società mette a disposizione. Non è una realtà semplice la loro”.
Il calcio maschile è molto omertoso sul tema dell’omosessualità.
“Se ci sono, sono bravissimi a nascondersi. Quando vivi il calcio femminile devi inevitabilmente confrontarti con questo tema”,
Elena Linari, giocatrice della Nazionale, è stata molto libera nel fare coming out.
“Loro non devono vergognarsi di niente, devono vivere liberamente la loro sessualità. Noto un po’ di resistenza a farlo”.
Come lo spieghi?
“C’è paura dei contraccolpi nel movimento. Dire al mondo che il calcio femminile è fortemente connotato di omosessualità non spinge i genitori a portare le loro bambine alle scuole di calcio. Se questo succede, il movimento non cresce”.
Omosessuali ed etero convivono armoniosamente?
“Il nostro è un gruppo di ragazze meravigliose. Poi ci sono le dinamiche di questo che è un mondo a sé. Mi raccontano di alcune che entrano etero e diventano omo o che provano l’esperienza omosessuale”.
Perché non ti si vede più in tivù?
“Scelte aziendali. Probabilmente ho fatto il mio tempo. Avanzano le nuove leve. Siamo anziani, caro mio”.
Funzionavi come seconda voce.
“Non piacevo a molti. Mi rimproverano di essere troppo distaccato. Ma a me piace così. Non amo chi strilla. E non sopporto tutta questa tattica. Sono telecronache autoreferenziali. Mi devi spiegare il gesto tecnico. Voglio capire perché sbagli un gol fatto a un metro dalla porta o ne fai uno da venticinque”.  
Il calcio che ti piace.
“L’Atalanta, il Verona. Mi piace il Sassuolo di De Zerbi. Il Lecce di Liverani.
Sta crescendo una generazione di allenatori che non hanno paura di osare. Se la giocano con tutti”.
Un allenatore sopravvalutato.
“Per l’esperienza che ho avuto io, Vujadin Boskov. Da lui non ho imparato niente. Né a livello tattico, nè gestionale. Ma, grazie a Dio, io sono stato un calciatore fortunato”.
La tua fortuna?
“Ho lavorato con allenatori come Nils Liedholm e Sven Goran Eriksson, gente di un altro pianeta”.
Li metti sullo stesso piano?
“Due modi diversi di vedere calcio, ma avanti entrambi anni luce. Tutte le mie conoscenze calcistiche collettive e individuali le devo al Barone. Senza di lui sarei rimasto una zappa di calciatore”.
Alla vigilia dei sessant’anni…
“Da tempo sto pensando alla mia dipartita e sono sereno. Dovesse capitare non è un cruccio. Non ho rimpianti, nè sensi di colpa”.
Lo dici con questa leggerezza?
“L’unica cosa che vorrei chiedere, non so a chi, se a Lucifero, è di accompagnare all’altare le mie due figlie, Ludovica e Virginia, il giorno che si sposano”.
Sono vicine a farlo?
“Macché, stanno troppo bene a casa”.
Hai confidenza con le tue figlie?
“Non tanto. Ci basta guardarci negli occhi…”.
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diana-mars22 · 6 years
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Capitolo 3 (Water Stars)
Capitolo 3: Il Lago di Garda
In quel primo anno i denti di Agostino erano ricresciuti, così aveva potuto smettere di cibarsi di brodini e pozioni soporifere. Le sue ferite erano guarite completamente e le costole si erano riaggiustate a modo, per cui non aveva dovuto subire ulteriori torture per rimetterle in sesto o la morte.
Il dottore lo visitò sempre più sporadicamente: buon segno, significava che la sua convalescenza stava procedendo bene. Anche se sarebbe significato un bel po’dal punto di vista monetario: il suo aiuto era molto costoso.
Non aveva mai parlato ai suoi genitori di quell’incontro di quella mattina. I due quando erano tornati verso l’una del pomeriggio. Vedendo il piattino ancora intatto, ormai freddo e coperto per impedire che i ratti se ne cibassero, si erano preoccupati. Ma poi l’avevano visto ancora sotto le coperte che digrignava i denti in preda a un incubo e l’avevano svegliato preoccupati. Il bambino a quel punto si era gettato tra le loro braccia e aveva raccontato di quel sogno coi tre cavalieri che lo condannavano al rogo. E i genitori l’avevano calmato anche se il padre aveva borbottato di recarsi in città e fare due chiacchiere coi genitori dei suoi amichetti, che gli ficcavano nella testa certe idee idiote. Soprattutto quando Agostino raccontò loro di quello che facevano ai bambini con i capelli bianchi. E aveva detto: «E’vero che ho i capelli bianchi?»
«No.» Aveva detto il padre. «Chi ti ha detto questa stupidata?»
«Me lo gridavano nel sogno. Era per questo che mi condannavano.» Aveva piagnucolato il piccolo.
«Ora basta, era solo un sogno, non ci pensare più».
‹‹Ma ce li ho davvero?›› Domandò ansioso. A quel punto il padre lo guardò dritto negli occhi per un tempo che parve interminabile e alla fine sospirò: ‹‹Sì.›› Agostino trasalì. La moglie lanciò un’occhiataccia al marito. Ma l’uomo non si scompose, tese una mano verso di lui e gliela pose sulla testa e disse: ‹‹So cosa stai pensando. Ma non sei maledetto. Qualunque cosa tu abbia visto quel giorno, ti ha solo spaventato a tal punto che ti sono venuti i capelli bianchi. Una volta accadde lo stesso a una mia vecchia conoscenza. Solo che a lei divennero completamente bianchi. Succede quando la paura è talmente forte che il corpo reagisce così››.
Il bimbo lo guardò stupito: ‹‹Davvero?››
‹‹Sì. Certo.›› Garantì il genitore.
‹‹Ma se...Se mi...Se il prete mi giudicasse per questi capelli?››
‹‹Parlerò io con Padre Giuliano, e vedrai che non lo farà e anzi, farà in modo che nessuno possa farti del male››.
‹‹Sul serio?›› Fece il piccolo sgranando gli occhi, che adesso brillavano di una nuova luce.  
La domenica che si recarono in paese per la messa Agostino ebbe la prova che suo padre aveva detto la verità e, rilassato cantò assieme a tutti i fedeli in chiesa, con una nuova gioia.
Da allora però le cose cambiarono, quei nuovi capelli, che adesso portava tagliati corti erano fonte di curiosità per il popolo e i suoi amici. I quali accolsero quei capelli chiamandolo ‹‹macchietta bianca›› o ‹‹fiocco di neve››, ma nel complesso continuarono a trattarlo come sempre.
Però il parroco disse che era stato effettivamente avvistato un mostro, un piccolo demone simile a una bambina che infestava le acque dei fiumi e dei canali vicini ma se ne erano già occupati gli inquisitori.
Perciò non fu quella la causa per cui si trasferirono presso il Lago di Garda, a Sirmione.
Bensì lo sfratto che subirono dal signorotto locale a causa dei debiti della famiglia. La madre di Agostino provò a mandare una lettera ai genitori, supplicandola di aiutarla, come ultimo disperato tentativo. Ma non seppe mai se la ricevettero o meno. Passarono i giorni, le settimane e le tasse li costrinsero a vendere quasi tutto quello che c’era in casa, fino a vendere l’intera fattoria. Il piccolo Agostino dovette dire addio ai suoi amici e i luoghi della sua infanzia.  
‹‹Dove andremo, papà?›› Domandò al padre, che guidava il carro. Unico avere, assieme alla vecchia Giuditta, l’asinella, che era loro rimasto, assieme ai vestiti, i balocchi di Agostino e le provviste per il viaggio. ‹‹A Sirmione.›› Rispose egli con sicurezza mentre, seduto a cassetta, guidava l’asinella.  ‹‹Ho un amico laggiù, che tempo fa mi disse che avrei potuto fare fortuna se fossi venuto a lavorare per lui.››
La moglie lo guardò incuriosita: ‹‹Non mi avevi mai parlato di costui. Chi sarebbe?››
‹‹E’ un fioraio che si è arricchito commerciando fiori che coltiva la sua famiglia. Si chiama Montino da Tripoli. Buona parte dei fiori che si vedono su al Nord sono suoi››.
‹‹Non sapevo esistessero commerci di questo tipo.›› Disse la donna. Anche Agostino si girò a guardarlo.
‹‹E’una cosa piuttosto recente. Mi ha sempre detto che in caso avessi deciso di tornare al Nord mi avrebbe accolto a braccia aperte. Perché non esiste miglior giardiniere del sottoscritto.›› Disse con candore. Guido da Monselice era una persona che non si vantava mai e se per caso succedeva, non faceva mai pesare la propria vanteria sul suo interlocutore, e il candore che metteva nelle sue parole aiutava molto. ‹‹Ho anche un fratello maggiore che vive non lontano da lì. Chissà se si ricorderà di me.›› Disse poi, pensieroso abbassando il tono di voce.  
Non fu un viaggio molto facile. Non solo perché la famigliola sbagliò strada almeno una decina di volte; i sentieri e le strade erano molto cambiate rispetto a vent’anni prima. E non tutti vedevano di buon occhio gli stranieri come loro.  
Durante il viaggio si fermarono in molte città e trovarono posto in qualche locanda ove passare la notte. Il padre di Agostino cedette a moglie e figlio il letto, accontentandosi di dormire sulla scomoda seggiola. Una mano alla cintura dove teneva il fidato coltello col quale si sbucciava le mele. Le locande non erano luoghi molto confortevoli allora, e il rischio di finire assaliti nel sonno non era raro. Inoltre il locandiere aveva una faccia poco raccomandabile che non era piaciuta fin da subito  a Guido. Agostino lo capì quando il locandiere si sporse oltre il bancone e gli domandò, tutto sorridente, mettendo in mostra una fila di denti marci e gialli: ‹‹Ma chi è questo bel bambino?›› E suo padre pose le proprie mani ruvide e grandi sulle sue spallucce e, fulminando l’uomo con gli occhi, rispose perentorio: ‹‹Mio figlio››.
L’uomo si ritrasse spaventato e alzò le mani dicendo: ‹‹Scusate, messere››.
Alla moglie era andata meglio perché ancora coperta dalla cappa. Per cui per ora si era soltanto beccata qualche sguardo curioso dagli avventori, ma nessuno, anche grazie alla presenza delle prostitute presenti, l’aveva importunata. La stanza non era poi così differente dalla loro vecchia casetta. Il bambino non s’immaginava che potessero esistere abitazioni capaci di contenere la sua.  
E osservava spaventato tutto ciò con i suoi occhioni grandi mentre la madre dormiva al suo fianco.
‹‹Non dormi?›› Domandò suo padre con voce stanca e impastata, facendolo trasalire. E poi si immobilizzò perché credette di aver svegliato la mamma. Si rilassò quando si accorse che stava ancora dormendo profondamente. Persa in chissà quale sogno.
‹‹No.›› Disse poi, in un roco bisbiglio. ‹‹Tu perché non dormi con noi?›› Domandò poi.
‹‹Perché devo farvi la guardia.›› Rispose il genitore in tono benevolo. ‹‹Non vorrei che qualche mostro venga a disturbarvi. È compito di ogni uomo proteggere la propria famiglia››.
‹‹Perché ora sì e prima no?›› Chiese incuriosito.
‹‹Perché non siamo più a casa››.
‹‹Ma ci torneremo, un giorno?››  
L’uomo ci mise un po’prima di rispondere. Nonostante il buio Agostino poté sentire lo sguardo di suo padre su di sé come se fosse una carezza. ‹‹Sì. Un giorno forse ritorneremo.›› Promise e il figlioletto sorrise. «Ora dormi. È tardi, domani riprenderemo il viaggio».
«D’accordo. Buonanotte, papà».
«Buonanotte.» Poi si rannicchiò nell’abbraccio della mamma e provò a dormire dopo quelli che gli parvero giorni d’insonnia.
Quella notte sognò per la prima volta il motivo per cui erano scappati e poi il sogno sfumò sull’immagine della bambina demone che lo ringraziava e gli cantava una canzone. Ma una volta sveglio, si ricordava solo pochissime parole della medesima:  Scappa o il serpente nero ti prenderà.
E alla fine si scordò pure di quelle.
Il mattino dopo vennero svegliati dalle campane del mattutino. Fecero colazione con un po’di pane e latte e poi ripresero il viaggio. Agostino era preoccupato per il genitore, esibiva delle profonde borse sotto gli occhi arrossati. «Papà, forse è meglio se oggi un po’.» Gli disse. Ma il genitore l’ignorò. Non poteva concedersi il meritato riposo perché era l’unico a conoscere la strada per la loro destinazione.
«Agostino ha ragione.» Gli dette manforte la mamma. «Riposati un po’, tesoro. Abbiamo tutto il tempo del mondo per riprendere il viaggio. Che sarà mai se per un po’di tempo starò io a cassetta? So guidare il carretto bene quanto te. Chiederò indicazioni e vedrai che non mi perderò. Per favore, riposati.» Fece lei posandogli con delicatezza una mano sul braccio.
L’uomo reagì stizzito e sbraitò: «Io non mi riposo e tu stai al tuo posto, donna! Non puoi guidare. E’compito mio! Oggi guido io! Io so la strada, si fa come dico io e nessuno discute! È chiaro? E tu smettila di piangere, ormai hai dieci anni, sei grande, smettila. Comportati da uomo.» In effetti quel giorno, il piccolo Agostino compiva effettivamente dieci anni. E si era svegliato con un gran mal di capo, senza capire bene dove si trovasse, lì per lì, e poi era persino inciampato dalle scale mentre scendevano.
Ma non smise di piangere e il padre allungò una mano e gli tirò uno schiaffo che lo fece ammutolire. La guanciotta piena cominciò ad arrossarsi rivelando il segno del colpo. «E ce ne è anche per te se non stai buona, donna.» Esclamò l’uomo. Agostino ebbe sinceramente paura per la mamma, e per un attimo la stessa donna ci credette. Ma solo per un attimo. Perché si ricordava che Guido non era una persona violenta. Neanche nei momenti d’ira avrebbe mai alzato un dito su di lei e dubitava sinceramente che avrebbe cominciato ad alzare le mani su di lei proprio ora. La donna tenne fermo il figlioletto, che sembrava sul punto di alzarsi e correre via.  
Poi si rimise a sedere incurante degli sguardi degli avventori e del silenzio che a causa della sua sfuriata si era venuto a generare.  Persino il locandiere parve indeciso se intervenire o meno, ma poi scelse di restarsene dietro il bancone e tornò a occuparsi delle sue faccende quotidiane. Mentre dalla cucina uscivano i pochi piatti destinati agli avventori come colazione.
L’argomento non venne più sollevato. Poi ripresero il viaggio, e, come i due avevano temuto, più volte Guido si addormentò alla guida. Perciò alla fine, con moine e una tazza di brodo caldo, madre e figlio lo convinsero a spostarsi dietro, nella calda paglia e coi bagagli e i pochi averi che gli restavano, e da allora fu la donna a stare a cassetta, col figlioletto seduto davanti. E proseguirono in viaggio accompagnati dal dolce sottofondo del russare di Guido.  Dopo un po’i due cominciarono a soffrire di fastidio per quel fastidioso russare. ‹‹Non lo sopporto.›› Borbottò Agostino a un certo punto, stizzito.
‹‹Nemmeno io.›› Gli confessò la madre. ‹‹Ma non possiamo farci niente; è il suo modo di dormire››.
‹‹Prima non lo faceva››.
‹‹Capita a tutti superata una certa età.›› Gli spiegò dolcemente lei, poi aggiunse, soprappensiero: ‹‹Si chiama vecchiaia››.  
Il piccolo sbuffò e incrociò le braccia, ancora infastidito: ‹‹Se è così spero di non invecchiare mai››.
E stavolta la donna volse il viso sconvolto verso di lui. Aveva lo stesso sguardo irato del padre quando l’aveva schiaffeggiato poche ore prima. Ma lei si limitò a fissarlo con rabbia e a sibilare, minacciosa: ‹‹Non dire mai più una cosa del genere. Hai capito? Mai più. Non sia mai che qualcuno Lassù decida di ascoltarti e strapparti via da me. A quel punto nemmeno io potrei fare qualcosa per salvarti. Lo capisci? Bene, allora non lo dire mai più.›› E quel sibilo fu mille volte più spaventoso dello schiaffo e dello sfogo del genitore. Il piccolo annuì con gli occhi pieni di lacrime di paura. Si fermarono solo per far riposare la povera asinella e per svolgere qualche funzione corporale. A un certo punto cucinarono qualcosa e solo allora Guido si svegliò e pranzò con loro.
Poi, durante il pomeriggio i due coniugi si allontanarono per un po’dal carro intimando ad Agostino di fare la guardia e avvisarli con un grido caso mai fosse successo qualcosa. Quando tornarono qualche ora dopo erano un po’più scarmigliati, sudati e gli abiti erano più stropicciati. E una luce brillava negli occhi di entrambi. Ma alle domande del figlioletto non risposero per niente e alla fine accantonò la questione, tornando a concentrasi su altro.
Il resto del viaggio trascorse in pace finché non arrivarono a destinazione. Alla fine anche Guido dovette ammettere che la moglie non era così sprovveduta come pensava, per la maggior parte del tragitto, infatti, aveva dimostrato di possedere un ottimo senso dell’orientamento. Cosa della quale, era stupita lei stessa. Era come se conoscesse quei luoghi a memoria, anche se non li aveva mai visti prima.
Il paesaggio era molto diverso da quello cui si erano abituati fino a quel momento. Si sentiva anche il clima mite dato dal lago. Pur essendo già autunno inoltrato sembrava di essere sul mare. O almeno la sensazione che provarono Agostino e la madre fu quella, perché, a parte Guido, né lei né il figlio avevano mai visto il mare. ‹‹Com’è il mare, papà?›› Chiese Agostino, incuriosito.
‹‹Il mare, è...eh...Come te lo posso spiegare?››  Ci provò, ma tutto quel che gli riuscì di dire fu una descrizione sconnessa, qualche dettaglio buttato lì a casaccio e due o tre farfuglii inudibili e parecchi tentativi infruttuosi di aprire bocca. Alla fine ci rinunciò, lasciandoli senza risposta.
Agostino alla fine decise che non sapeva di sicuro cosa era il mare, ma un temporale lo sapeva distinguere benissimo, perché proprio in quel momento un violento acquazzone si rovesciò sulle loro teste. E continuò a martoriarli a quel modo per tutto il resto del viaggio, abbassando non solo la temperatura, ma rischiando pure di farli ammalare.  
Era mattina presto quando videro per la prima volta il paesaggio del Lago. La sorpresa che si palesò sul volto di Agostino fu una delle più grandi emozioni che provò. Il Lago era grandissimo e l’acqua risplendeva della luce del sole di miriadi di riflessi. Tutto attorno alle sue sponde si potevano notare vigneti, frutteti e paesini arroccati attorno ai campanili e le chiesette. Le barche dei pescatori che scivolavano come cigni leggiadri sull’acqua lucente.  Da quell’altura dove erano potevano vedere la sua grandezza. Non per niente era uno dei laghi più grandi del territorio. La parte settentrionale scompariva in una depressione che si intravedeva appena tra le Alpi e la parte meridionale, anch’essa visibile fino a un certo punto, occupava un’area dell’alta Pianura Padana ed era più semi circolare rispetto alla parte a nord. Il genitore poi indicò alla famigliola la cima Presanella, il Monte Adamello e il Monte Baldo. Quest’ultimo era visibile il succedersi di diversi tipi di vegetazione dalle sponde del lago, come Agostino poté vedere poche ore dopo nel pomeriggio. Anche se non riuscì a riconoscerli per via della distanza, gli bastò fermare qualche passante per farsi spiegare la sua storia. Storia tramandata da generazione in generazione che però riassumeremo così: in seguito ad un'alluvione avvenuta nel VII secolo, il limite della foresta si alzò e la vegetazione lacustre cominciò a caratterizzarsi in modo diverso: aumentarono le specie coltivate, in particolare il castagno, il noce, l’olivo, la vite e i cereali, ma aumentò anche la varietà delle specie selvatiche. Risalendo il Monte, celebrato fin dall'antichità e noto come hortus Europae, ovvero "giardino d'Europa", a causa del vasto patrimonio floristico e degli endemismi, cioè alcune piante e animali erano tipicamente esclusivi del territorio, c’erano le fasce vegetali. Alle altitudini inferiori si trovavano piante come le artemisie, gli astragali, i lauri, i lecci, i tassi e i terebinti. Tra i 400 e gli 800 metri, si trovava il tipico bosco di fascia media, composto da carpini neri, frassini ornielli, roverelle, e in misura minore bagolari, noccioli e peri. A questi ultimi due Agostino si illuminò perché li riconobbe. Poi, continuò, c’erano gli aceri, altri carpini, frassini, noccioli e sorbi. Tra i 1000 e i 1200 metri la vegetazione era composta principalmente da faggi, e ad altezze poco superiori si trovavano gli abeti rossi e, più rari, gli abeti bianchi; a partire dai 1700 metri iniziava il clima alpino, con mughi, basse aghifoglie, rododendri e fiori di montagna. Anche da parte bresciana vi è una simile successione di vegetazione, anche se condizionata dalla significativa presenza di scogliere e dalla minore altezza, che vedeva il suo punto massimo nei 1975 metri del monte Tremalzo, contro i 2218 metri della cima Valdritta della catena del Baldo.
Si fermarono giusto per mangiare qualcosa e Agostino ne aveva approfittato per porre qualche domanda alle persone del posto che passavano. Il tutto sotto lo sguardo dei genitori, che si trovavano poco distanti.
E aveva trovato molte risposte in un’anziana signora di passaggio con un canestro di ricci di castagni appeso al braccio.
L’anziana donna che gli stava spiegando tutto ciò s’interruppe, notando il visetto smarrito del bimbo. Si sciolse in una risata di fronte alla sua faccia buffa, e gli scompigliò i capelli con una mano, prima di salutarlo e riprendere il cammino. Tanto, come aveva detto suo padre quando erano scesi dal carro per riposarsi, avrebbero avuto tutto il tempo del mondo per esplorare la loro nuova casa.
Loro avrebbero alloggiato a Sirmione.    
A pranzo continuò la sua storia. A sud del lago di Garda, continuò a spiegare l’uomo, sciorinando tutto il suo bagaglio culturale, si sviluppava un grande anfiteatro morenico, ovvero un susseguirsi di cerchie collinari con interposte piccole aree pianeggianti, in alcuni casi palustri, originatisi grazie all'azione di trasporto e di deposito del grande ghiacciaio del Garda. Purtroppo però dovette spiegare ai due di cosa stesse parlando perché da come lo guardavano sembrava che avesse parlato aramaico. Poi, una volta spiegata la faccenda in termini più comprensibili aggiunse che le colline erano dolci e dalle linee delicate; dai punti più alti era possibile avere la percezione dei rapporti che legavano le colline con le montagne oltre che della forma circolare ad anfiteatro degli andamenti collinari, i quali sembravano abbracciare la parte meridionale del lago. Inoltre, come aveva già capito Agostino, la vegetazione sarebbe stata quella tipica del Mediterraneo: ‹‹Non so quanto ti potrà aiutare a farti capire come è il mare, perché un conto e il mare e un altro saranno le sue rive, che un giorno spero tu potrai vedere. Ma almeno ti aiuterà a farti un’idea.›› Anche il clima sembrò diventare più dolce e caldo mano a mano che si inoltravano in quei territori. E rispose a tutte le domande del bambino che, ogni tre per due, si spenzolava dal carretto, attirando gli sguardi incuriositi dei passanti, per indicare alberi come olivi, viti, agavi, e altre piante che non  aveva mai visto e altre che non credeva di rivedere. Oppure le case costruite in quello stile particolare e così diverso dalla loro cittadina.
Poi Guido lo mandò in estasi perché gli raccontò di aver lavorato per i monaci dell’abbazia sull’isola del Garda. Una delle cinque isole del lago, tutte di dimensioni piuttosto ridotte. La più grande, appunto, era l'isola del Garda, su cui nel 1220 San Francesco d’Assisi fondò un monastero. ‹‹Solo due secoli fa.›› Specificò il cicerone improvvisato. Ma né la moglie né il figlioletto erano capaci di considerare e concepire un lasso di tempo così lungo.  
Non troppo distante da lì c’era la seconda isola per dimensioni, l’isola di San Biagio, detta anche “dei Conigli”per via delle lepri e conigli che offrivano cacce abbondanti.
Invece lungo la riva orientale si trovavano le altre tre del gruppo. Tutte di dimensioni modeste e site nei dintorni di Malcesine. La più settentrionale era l’isola degli Olivi, poi vi era l’Isola del Sogno e infine l’isola del Trimelone o Tremellone. Ma ad Agostino, che non l’aveva ancora vista, restò impressa la quarta isola per il nome e cominciò a sparare domande a raffica sulla medesima.
Ma dove sarebbero andati loro ci sarebbero state le sorgenti termali. Anche se non erano molto frequentate a causa dell’odore di zolfo, e la buona gente del posto si teneva alla larga da quel posto, considerandolo una sorta di porta dell’inferno per il demonio. E molti lo pensarono davvero quando l’anno seguente, nel 1457 un monte sopra Salò si abbassò. Ma di questo parleremo dopo.
Una volta che anche costoro si furono riposati si rimisero in marcia.
Dato che il sole stava calando, quella notte riposarono in una locanda di Sirmione e il giorno dopo, di primo mattino, andarono alla ricerca dell’amico del padre. Ma Sirmione in quei vent’anni era cambiata molto e dovettero faticare non poco per riuscirci.
Finché poi non riuscirono a trovarlo, dopo il mattutino. Fermarono un ricco borghese che usciva dalla chiesa.
Altre persone riccamente vestite che sfilavano dietro di lui scambiando quattro chiacchiere.
Costui aveva i capelli lunghi e scuri che gli cingevano il collo, un lungo pastrano nero che fasciava il corpo panciuto in tinta con le gambette secche che spuntavano da lì come tronchi d’albero e un capello in testa. Un bel monile d’oro gli cingeva il collo. Aveva il viso porcino e gli occhietti scuri e furbeschi. Guido si fece avanti e gli disse: ‹‹Scusate, buon uomo, sapete per caso dove posso trovare Montino da Tripoli?››
L’uomo lo guardò dall’alto in basso e rispose: ‹‹E voi chi sareste per cercarlo?››
‹‹Sono un suo vecchio amico e questi sono mia moglie e mio figlio››, disse indicandoli, ‹‹Montino tempo fa mi disse che se avessi avuto bisogno di un lavoro sarei potuto venire a cercarlo››.
‹‹E voi chi sareste, di grazia?››
‹‹Guido da Monselice››.
‹‹Mi dispiace, non lo conosco››.
Il giardiniere nascose a malapena il dispiacere: ‹‹Grazie comunque per il vostro tempo, messere››.
L’uomo fece un cenno del capo. E se ne andò. Guido tornò alla sua famiglia. La moglie gli aveva appena chiesto che cosa si fossero detti quando l’uomo li richiamò: ‹‹Avete detto Montino da Tripoli? Il fioraio?›› Fece accigliato come se non avesse capito bene. Le guance rubizze per l’insicurezza. O forse era semplicemente dovuto all’accento di Guido. Non tutti, infatti, avevano il coraggio di chiedergli se fosse francese o meno.  
‹‹Sì.›› Fece Guido voltandosi verso di lui.
‹‹Ora che ci penso, provate a...›› Gli dette le indicazioni per raggiungere la sua casa.
L’amico di Guido viveva in una delle zone più belle di Sirmione.
Fu lo stesso Guido a bussare al pesante portone. E gli aprì una domestica: ‹‹Sì?››
‹‹Buongiorno, signora, sono Guido da Monselice, sto cercando Montino da Tripoli, un mio vecchio amico. E’ in casa?››
La donna lo guardò un po’stranita per via dell’accento della sua parlata. Una voce maschile baritonale si fece sentire dall’interno dell’abitazione. ‹‹Siete fortunato, messere, il padrone stava uscendo proprio ora.›› Ma non ebbe il tempo di aggiungere altro che venne spinta di lato e un uomo grasso e corpulento col la barba brizzolata e gli occhi grigi comparve sulla soglia. Doveva avere all’incirca una ventina d’anni più di Guido. Era vestito con una tradizionale veste lunga fino a terra. Realizzata con un tessuto di cui Agostino ignorava l’origine e il nome, ma che pareva essere molto costosa. La giornea  rivestiva la veste. Era aperta ai lati ma stretta in vita da una cintura che avrebbe formato fitte pieghe regolari, se non fosse stato per il ventre prominente. Il mantello dava l’idea di vedere uno strano appendiabiti con la berretta, un tipo di capello cilindrico, che camminava.  A dare un po’di luce alla sua figura una catena ad anelli da collo su cui era ancorato un medaglione e anelli alle dita grassocce.  Decisamente molto più elegante di quello di Guido: che portava solo il mantello  e una camicia su una calza slacciata. I due uomini rimasero a fissarsi per un po’ prima che Montino da Tripoli aprisse bocca e gli occhi si inumidissero per la gioia: ‹‹Guido.›› Balbettò infine, sorpreso.
‹‹Montino.›› I due si abbracciarono. Montino fu il primo a staccarsi e a inondare il vecchio amico di domande su domande e commenti e rimproveri per non avergli mai scritto per tutti quegli anni. Guido balbettò qualche scusa, rosso come un peperone. Ma forse l’amico non lo udì nemmeno: spesso non gli lasciava neanche il tempo di parlare. L’ex giardiniere ce la fece appena a presentare moglie e figlio che l’uomo li condusse dentro la sua ricca magione. Non che fosse così diversa dalla loro vecchia casa, aveva solo i pavimenti puliti, niente paglia in terra, molti mobili e opere d’arte, e non dormivano con gli animali.  
Agostino si calcò bene il berretto sulla testa. Non voleva far vedere anche a lui la macchia bianca dei suoi capelli.
Montino fece portare alla famigliola qualcosa da mangiare e Guido gli spiegò che cosa erano venuti a fare lì. ‹‹Speravo che la tua offerta fosse sempre valida.›› Concluse alla fine, guardandolo come quando si sperava di aver detto la cosa giusta.  Aveva immaginato che l’amico gli dicesse un sonoro no, e invece lo accolse a braccia aperte. ‹‹Mio caro ragazzo, ormai avevo perso le speranze da tempo che tu mi dicessi di sì. Ma certo che ti prendo a lavorare nei miei campi e tra i miei giardinieri! C’è sempre bisogno di una mano, non ti nascondo che stiamo allargando i nostri possedimenti e mi serviva proprio un giardiniere. Tu che hai tutta quella fantasia e quel pollice verde eccezionali mi sarai di grandissimo aiuto.›› Si sporse verso di lui e gli sussurrò, come se fosse un cospiratore: ‹‹Ho dovuto licenziare quello che si occupava dei gigli perché me li ha fatti appassire tutti e non è riuscito a curarli da una delle malattie delle piante. Quello aveva il pollice nero in confronto a te››.
‹‹Ma è fantastico, Montino. Cioè, che tu mi offra un posto così su due piedi, non per i tuoi gigli.›› Disse Guido.  
‹‹E farò di più; tu e la tua famiglia sarete ospiti nella mia magione finché non avrai guadagnato a sufficienza per comprarti una casa tutta tua, Ester, mostra ai miei ospiti la loro stanza.›› Fece poi rivolto alla domestica, la quale si inchinò e obbedì con un: “subito, vostra eccellenza” appena mormorato.
Mentre salivano le scale la madre di Agostino prese il marito per il braccio e bisbigliò: ‹‹Ho paura››.
‹‹Di cosa, amore?››
‹‹Che voglia in cambio servigio di qualche tipo da me. Non mi è sfuggito il modo in cui mi guardava.›› Fece lei guardandolo negli occhi. Agostino che era qualche metro davanti a loro volse la testolina per cercare di capire cosa si dicessero.  
Il marito le cinse le spalle con un braccio e ridacchiò, prima di baciarle la tempia e fugare ogni suo dubbio: ‹‹Nah, non ti preoccupare, Montino ha altri gusti. Lo sanno tutti.›› La donna trasalì e lo guardò, spaventata, portandosi le mani al petto. Nei suoi occhi scorsero l’immagine di mille peccatori e quella di padre Giuliano che condannava la sodomia: ‹‹Qualche volta ti ha...››
‹‹Ma no, che cosa hai capito? Non hai visto come mi ha stropicciato tutto il tempo?  Di te ha calcolato giusto gli abiti e la moda che seguiamo. Ma niente di più. A lui piacciono i fiori, i ragazzi giovani, ma ha un codice d’onore: non si permetterebbe mai di sfiorare un bambino. E neanche una persona adulta. E con le donne tende ad avere rapporti di semplice conoscenza. Rilassati, tra me e lui c’è sempre stata una splendida amicizia. Niente di più di questo, stai tranquilla. E poi se per caso mi sbagliassi non avere mai paura di venirmelo a dire, qualunque cosa possa minacciarti, che lo sistemo io.›› Promise cavallerescamente.
Lo sguardo di lei si addolcì. Quando tirava fuori quelle frasi sembrava davvero un vero cavaliere delle favole: ‹‹Sul serio?››  
‹‹Certo, magari di duelli di cappa e spada non so niente, ma mi ricordo benissimo come si usa un randello.›› Scherzò lui. La moglie soffocò una risata e scosse il capo. Effettivamente la scena di Guido tutto arrabbiato che inseguiva Montino con un randello, assestandogli qualche colpo era troppo comica. ‹‹Vedrai.›› Promise lui mentre entravano nella loro stanza: ‹‹Ci troveremo bene››.
Poi ringraziarono la serva che si raccomandò di chiamarla, e la mandarono via.
*Nota dell’autrice: non fustigatemi, la matematica non è il mio forte e non ne so quasi niente di misure medievali o rinascimentali. Che poi è proprio questo il periodo in cui è ambientata la storia. Ma penso che si sia capito.
Tutto quello che so è che le unità di misura erano varie e che si utilizzavano i piedi, le braccia e le iarde. Per comodità uso il sistema metrico corrente, nell’attesa di eseguire un calcolo più preciso.
Continuate a leggere la mia storia.
A breve posterò anche i disegni.  
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newsintheshell · 3 years
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Crunchyroll, il palinsesto estivo si arricchisce di altri anime
Le nuove serie in simulcast si fanno sempre più numerose.
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Annunciati da Crunchyroll altri quattro anime che andranno a far parte dell’imminente palinsesto estivo 2021 della piattaforma, che come ormai ci ha abituato, fra novità stagionali e serie in corso, vedrà il catalogo italiano rapidamente riempirsi di titoli un po’ per tutti i gusti, da seguire in streaming on demand, in contemporanea con la trasmissione giapponese.
NUOVI SIMULCAST
NIGHT HEAD 2041
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Serie animata ispirata al drama live-action degli anni ‘90, ideato e diretto da George Iida, intitolato appunto “Night Head”. Il lancio dell’anime sta venendo accompagnato da un manga, un romanzo e una rappresentazione teatrale.
Si dice che gli umani non usino il 70% del loro cervello. Si crede che alcuni poteri misteriosi sfoggiati da alcune persone derivino proprio da questa parte della mente. C'è un termine usato per il 70% del cervello che non viene usato.... "NIGHT HEAD". Due uomini si risvegliano in una foresta. Scacciati dalla società proprio perché in possesso di tali poteri psichici, i due fratelli Naoto e Naoya Kirihara sono stati detenuti in un laboratoro di ricerca in cui si studia chi è in possesso di tali doti, per gli ultimi 15 anni. Sperano che la ragione per cui sono stati in grado di fuggire dalla struttura è che la gente sia pronta ad accettarli e a dare il benvenuto agli psichici nella società, proprio come detto loro dal capo del laboratorio, Kyojiro Mikuriya. Ma quello che scoprono è che nella Tokyo del 2041 non solo è negata l'esistenza dei poteri pschici, ma qualsiasi cosa che riguarda i fenomeni sovrannaturali, per esempio da libri e fumetti, è del tutto censurata. Il National Security Headquarters ha il compito di sostenere il pensiero scientifico e di proteggere la nazione reprimendo chiunque esprima pensieri pericolosi. Due fratelli facevano parte di questa squadra speciale d'elite. Takuya e Yuya Kuroki furono abbandonati dai loro genitori  quando erano piccoli e sono stati presi nella squadra. Pensavano che i fenomeni sovrannaturali non esistessero e non hanno mai messo in discussione il loro dovere di braccare ogni pericoloso criminale che la pensasse diversamente, ma un giorno hanno incontrato una donna chiamata Shoko Futami, durante una missione. "La barriera è stata rotta". Takuya e Yuya hanno poi incontrato i fuggiaschi Naoto e Naoya, guidati verso i loro fratelli psichici dalle parole di Shoko. Fratelli che fuggono e fratelli che li inseguono... sta per iniziare la storia di queste due coppie di persone che vivono sotto il giogo del destino.
La serie sci-fi è diretta da Takamitsu Hirakawa (direttore della computer grafica in Etotama e Revisions) presso lo studio SHIROGUMI (Etotama, Revisions) e ad occuparsi della sceneggiatura c’è ancora una volta George Iida. Il design dei personaggi è concepito da Oh! great, l’autore di “Air Gear”, mentre le musiche sono composte da Yutaka Yamada (Tokyo Ghoul, Great Pretender).
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THE GREAT JAHY WILL NOT BE DEFEATED!
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Serie animata nasata sul manga “The Great Jahy Will Not Be Defeated!” (Jahysama wa Kujikenai!), scritto e disegnato da Wakame Konbu (The Maid I hired recently is Mysterious, Dreaming Prima Girl!).
La Grande Jahy, seconda in comando del Regno Oscuro, è una figura spaventosa, temuta e riverita da tutti. Ma quando durante uno scontro con una maghetta il prezioso cristallo di mana viene distrutto, il Regno Oscuro cade in frantumi, trasportando la ora piccola e impotente Jahy nel mondo umano! Sfortunatamente, tramare la rinascita del Regno Oscuro da un angusto e fatiscente monolocale non è un'impresa facile, soprattutto quando hai un affitto da pagare e un lavoro da mantenere!
La commedia slice of life è diretta da Mirai Minato (Masamune-kun’s Revenge, BOFURI) presso lo studio SILVER LINK (Non Non Biyori, BOFURI, My Next Life as a Villainess: All Routes Lead to Doom!). La sceneggiatura è affidata a Michiko Yokote (Karakai Jouzu no Takagi-san, Yamada-kun and the Seven Witches), mentre il character design è ad opera di Saori Nakashiki, che si occupa anche di supervisionare il comparto animazioni. Le musiche per la colona sonora sono composte da Koji Fujimoto e Osamu Sasaki.
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THEATRE OF DARKNESS: YAMISHIBAI 9
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Non stagione della peculiare serie di corti horror che presenta miti e leggende metropolitane in una forma digitalizzata dello stile “kamishibai”, un tipo di spettacolo teatrale con immagini di carta in auge tra gli anni ’20 e gli anni ’50. Ogni stagione ha delle tematiche differenti e un cast adibito a molteplici ruoli.  
I nuovi episodi di “Theatre of Darkness: Yamishibai” saranno prodotti ancora una volta dallo studio ILCA (Onara Goro, Ninja Collection) in collaborazione con TIA e DRAWIZ. Gli sceneggiatori dietro alla nuova stagione saranno: Hiromu Kumamoto, Mitsuhiro Sasagi, Kanako Ishigami e Megumi Yokoyama.
D_CIDE TRAUMEREI THE ANIMATION
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Serie animata parte del nuovo progetto crossmediale nato dalla collaborazione fra Bushiroad e gli studi di sviluppo Sumzap e Drecom, che comprenderà anche un videogioco mobile, che però seguirà una storia diversa con un altro protagonista. 
Descritto come un action teen dalle tinte noir, liberamente ispirato al celebre Ciclo di Cthulhu di Howard Phillips Lovecraft, l’universo narrativo è ambientato in un mondo in cui persone spaventate e disperate possono stringere patti con indicibili esseri antichi, la cui sola presenza scuote le fondamenta della realtà stessa.
La storia è ambientata a Shibuya ed è incentrata su Ryuhei, che da bambino ha visto morire suo fratello maggiore a causa di un misterioso e inspiegabile incidente. Ora è un liceale e non mostra alcun segno del trauma di quell'esperienza da incubo, trascorrendo la maggior parte del suo tempo libero facendo kickboxing. Un giorno, però, mentre si sta allenando incontra una creatura che si fa chiamare Tris, che lo morde, trasportandolo all’interno di uno strano sogno.
Il soggetto originale è scritto da Tadashi Satomi (Shin Megami Tensei: Persona, Persona 2: Innocent Sin, Persona 2: Eternal Punishment, The Caligula Effect) che ha anche supervisionato il concept del personaggi, disegnati da Kukka. Per quanto riguarda lo staff coinvolto direttamente nella realizzazione dell’anime, alla regia presso lo studio SANZIGEN (BanG Dream! 3rd Season, Bubuki Buranki, ID-0) troviamo Yoshikazu Kon (direttore della computer grafica in ID-0 e Tiger & Bunny), mentre la sceneggiatura è curata da Hiroshi Ohnogi (Fullmetal Alchemist: Brotherhood, Aquarion, GeGeGe no Kitaro). Il character design è adattato per l’animazione da BlasTrain e le musiche sono firmate da Kouhei Tanaka (Hyouka, One Piece).
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GIÀ CONFERMATI
Serie tv in simulcast annunciate in precedenza durante altre occasioni.
FENA: PIRATE PRINCESS
IDOLISH7 THIRD BEAT! (Il primo episodio è già disponibile in anteprima)
MISS KOBAYASHI’S DRAGON MAID S
THAT TIME I GOT REINCARNATED AS A SLIME (Stagione 2)
THE IDATEN DEITIES KNOW ONLY PEACE
THE AQUATOPE ON WHITE SAND
PEACH BOY RIVERSIDE
I’M STANDING ON A MILLION LIVES (Stagione 2)
GIRLFRIEND, GIRLFRIEND
BATTLE GAME IN 5 SECONDS
TSUKIMICHI -MOONLIT FANTASY-
SEIREI GENSOUKI: SPIRIT CHRONICLES
IN PROSECUZIONE
Serie tuttora in corso, già presenti sulla nostra precedente guida simulcast stagionale.
KIYO IN KYOTO: FROM THE MAIKO HOUSE
BORUTO: NARUTO NEXT GENERATIONS
DRAGON QUEST: THE ADVENTURE OF DAI
ONE PIECE
MY HERO ACADEMIA (Stagione 5)
SD GUNDAM WORLD HEROES
TO YOUR ETERNITY
TOKIO REVENGERS
WELCOME TO DEMON SCHOOL, IRUMA-KUN! (Stagione 2)
Come al solito, gli episodi delle serie arriveranno ogni settimana in lingua originale con sottotitoli in italiano; gli abbonati premium potranno vedere da subito le puntate, che però dopo sette giorni saranno accessibili a tutti gratuitamente.
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Autore: SilenziO)))
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DIABOLIK LOVERS MORE, BLOOD - AYATO DARK PROLOGO (TRADUZIONE)
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Traduttrice inglese: Akui Chansera
Traduttrice italiana: Tsukiyo-chan
Correzione ed Editing: Demon Of The Fleeting Blog
leggere la sezione FAQ nel blog prima di ogni domanda.
NON PRENDERE SENZA PERMESSO
-”keep reading” per la traduzione.
-Monologo-
È alto,sta crescendo sempre più in alto,
blocco dopo blocco si accumulano
Più alto cresce, più instabile diventa,
Non si prova una bella sensazione guardandolo.
Barcollando lentamente su una cosa insignificante,
La sua altezza è cresciuta troppo ed ora è sparpagliato sul pavimento.
Ho sfogato la mia rabbia buttandoli a terra.
Ma io non volevo arrendermi,
Così ho allungato le mie mani verso i blocchi un'altra volta.
Più in alto, solo un po' più in alto.
Sono sicuro di poterlo fare
―― Dato che sono nato per essere il migliore
Posso farcela.
-Fine Monologo; Scena: soggiorno del castello dei Sakamaki-
Ayato: (se riuscissi a renderlo un po' più alto,sarei capace di superare il mio record di costruzioni.... ...)
... ...Okay!
(Visto? Ayato-Sama può farcela dopo tutto)
Aah... ...!
(Pensavo sarei stato capace di superare il mio record. È inutile.)
Dannazione... ...
(Non importa quante volte ci provi. Posso farcela.)
(Sono un vampiro... ...)
(Poichè io ho il sangue di Karl Heinz... ...!)
(E mia madre... ....è figlia del Lord Demone... ...io sono il miglior bambino fra tutti quanti... ...)
-Schermo Nero-
Ayato: Sigh... ...
(Tutto bene, questa volta... ...! Mi rimane solo questo)
(Non collassare! Non collassare... ...!!)
...  .. Ce l'ho fatta.
(Ho superato il mio record questa volta.Non lascero che nessuno si lamenti di ciò) Ahh... ...
(... ...Oh,ma... ...)
(Non posso aggiungere qualche altro pezzo,vero?)
(Hey,sono stato capace metterli uno sull’altro! Posso definitamente aggiungerne un altro po'... ...!)
(Supererò il mio record velocemente di questo passo. Ce la farò... ...)
Bene... ...!
Laito: Whoa whoa whoa~? Che stai facendo Ayato-kun?
Ayato: Fai silenzio,non parlare. Finirai per farlo collassare
Laito: Hmm, costruzioni... ...Ma perchè ne stai facendo un pila così alta?
Ayato: Faccio quello che voglio! Ciò non ti riguarda! Sto costruendo un castello con questi.
Sarà il più grande e il migliore castello al mondo!
Laito: Hmm... ...Lavori sodo, Ayato-kun
Cordelia: Ayato,cosa diamine stai facendo?
Ayato: (Ah... ...)
Cordelia: Oh,questo... ...Ahah... ...Questo è il tuo castello Ayato?
Ayato: Uh,uh huh... ...
Cordelia: Vuoi diventare il migliore vampiro al mondo con questo castello? Bene,è splendido Ayato. Come ci si aspetta da mio figlio.
Ayato:(Era una lode... ...?Già,non c'è dubbio. Sono stato lodato proprio ora... ...)
... ... ... ...Hehe.
Cordelia: Ahah... ...Ayato, ascolta attentamente. Non devi pensare di perdere contro nessuno. Nemmeno contro i tuoi fratelli...
Io vincerò, grazie a te.
Tu non puoi perdere contro nessuno, specialmente contro i figli di quella donna... ...Ahah... ...
Ayato: S-sì, madre... ...!
(Sì, vincerò, io devo essere il migliore)
Cordelia: Hm... ...? Sembra che abbiamo ospiti... ... Ahah, l' uomo che non si stanca mai.
Ci vediamo Ayato.
Ayato: (Ah, l' orlo del vestito di mia madre si è incastrato alla mia costruzione... ...)
*La costruzione cade*
Cordelia: Ah... ...è collassato. Mi dispiace Ayato. Non ti arrabbiare. Sono solo costruzioni dopotutto,no?
Ayato: Già... ...
Cordelia: Me lo dirai quando otterrai un vero castello? Ahah... ...
Ayato: ... ... ... ...
(Già, sono solo costruzioni. Non mi importa niente se sono collassate)
(Oltretutto,devo solo costruirlo come al solito)
Laito: Hey hey Ayato-kun. Lo stai ancora costruendo?
Ayato: Ah? Non sapevo fossi ancora qui... ...
Laito: Fufu. Dai,non arrabbiarti solo perchè la tua costruzione è collassata
Ayato: N-non è per questo!
Laito: ... ...Ora Ayato-kun, non dovresti lavorare sodo per ottenere ciò che vuoi?
Ayato: Ciò che voglio... ....? Perchè tutto questo così all improvviso.
La cosa che desideri di più al mondo, non è che quel castello diventi reale?
Penso sia altro.
Ayato: Ah? Niente di ciò che stai dicendo mi riguarda.
Laito: Ahah... ...
Cordelia: ... ...Eheh, lo desideri così tanto?
Uomo A: Sì, tantissimo... ...
Cordelia: Allora diventa l’uomo adatto. Ti stai arrendendo a me, vero?
Uomo A: Cordelia-sama... ...!
Cordelia: Eheh,ahahahah... ...Ahahahah... ...!
Laito: Ahh~Ah~Sembra felice oggi. Ehe ehe... ...
Ayato: (Dannazione... ...Non sono affari miei. Ciò non ha niente a che vedere con me... ...)
-Monologo-
Una costruzione è solo una costruzione.
Non importa quanto in alto possa costruirla
Non ha valore
Lo capisco.
Non c'è niente che io possa fare
Odio la mia impotenza.
Neanche io posso esserne soddisfatto
L’ho capito e
Avevo paura di ammetterlo.
-Fine Flashback; Scena: camera di Ayato-
Ayato: ... ...Kah... ...Ah.
Yui: (È strano,pare che Ayato-kun stia avendo un incubo... ...)
(Mi chiedo cosa stia sognando)
Ayato: Nn... ...
Yui: (Oh... ...Sembra che si stia svegliando)
Ayato: Cosa,Chichinashi... ...
Tch... ...
Yui: (P-perchè è di cattivo umore... ...)
Ayato: Dannazione, non fissarmi... ...!
Yui: Wha... ...!
Ayato: Ora che ti ho spinto, farai silenzio.
Ehehe... ...Ora, dammi il tuo sangue ──
-Schermo nero-
Ayato: ... ... ... ...Tgh.
Yui: Cosa... ...? Non sta succhiando il mio sangue... ...)
Ayato: ... ...Tu hai il sangue di quella donna... ...
-Scena: camera di Ayato-
Ayato: Tch... ...
Yui: (... ...Quella donna? Si riferisce al sangue di Cordelia?)
Ayato: ... ... ... ...Agh.
Yui: (C-comunque, potrei essere capace di scappare ora)
Ayato: ... ...Hey... ...Idiota. Pensavi veramente di poter scappare ora?
Dopo aver fatto quell' inutile sogno, sono così dannatamente assetato!
... ...*morde*... ...
Yui: Aah... ...!
Ayato: ... ...Ngh... ...
Yui: (È successo qualcosa ad Ayato-kun? In quache modo, le sue condizioni sembrano... ...)
Ayato: ... ...Mn... ...*lecca*... ...Ngh... ...Haa... ...
... ...Agh... ...Mh... ...Haa... ...Nn... ...
Haa... ...Tu, cos' è questo... ...
Il sapore del tuo sangue è diverso dal solito... ...
Yui: Eh... ...?
Ayato: Quei ragazzi dell' altro giorno... ...Ruki e gli altri tizi hanno succhiato il tuo sangue o qualcosa del genere?
Yui: Questo, questo non è vero!
Ayato: Se è questo il caso... ...Allora perchè il tuo sangue è differente?
Yui: Perchè me lo chiedi, Io non conosco il sapore del mio sangue... ...
Ayato: Ah? Oi... ...! Non nascondermi niente... ...!
Yui: Aah... ...!
Ayato: ... ...Ngh... ...Nn... ...Haa... ...
Yui: È-è differente Ayato-kun, veramente io... ...
Ayato: Zitta!
Yui: ... ...Eek!
(Ayato-kun... ...Sembra strano per qualche ragione)
(Che cosa è successo... ...?)
-Monologo-
Il sapore del mio sangue è cambiato,
Sarà vero?
Non riesco a capirmi,
Ma quando ho visto la serietà di Ayato-kun
Sento che è vero.
Qualcosa in me
Sta iniziando a cambiare, ma
Cos' è?
Cosa dovrebbe significare... ...?
La mia coscienza comincia ad affievolirsi mentre il mio sangue che sta venendo succhiato
Penso con lo sguardo assente.
-DARK PROLOGO FINE-
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agata91-me-blog · 5 years
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