Tumgik
#le quattro strade
metamorphesque · 1 year
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musings on flowers
Adonis, Early Autochrome Photography: Beautiful Color Photos of Natural Flowers From Between the 1900s and 1920s, Mary Oliver, Mia Dong, Andy Warhol, Nayyirah Waheed, Le quattro strade (Alice Rohrwacher, 2021) @365filmsbyauroranocte, @partizany, Claude Monet, The Novelist’s Film (Hong Sang-soo, 2022) @365filmsbyauroranocte, Thich Nhat Hanh
buy me a coffee
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fridagentileschi · 5 months
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“Siamo noi, la generazione più felice di sempre.
Siamo noi, gli ormai cinquantenni, i nati tra gli inizi degli anni ’60 e la metà degli anni ’70. La generazione più felice di sempre.
Siamo quelli che erano troppo piccoli per capire la generazione appena prima della nostra, quelli del ’68, della politica e dei movimenti studenteschi. Ancora troppo piccoli per comprendere gli anni di piombo, l’epoca delle brigate rosse e delle stragi nere.
Siamo quelli cresciuti nella libertà assoluta delle estati di quattro mesi, delle lunghe vacanze al mare, del poter giocare ore e ore in strade e cortili, delle prime televisioni a colori e i primi cartoni animati. Delle Big Babol e delle cartoline attaccate alle bici con le mollette da bucato. Delle toppe sui jeans e delle merendine del Mulino Bianco. Dei gelati Eldorado e dei ghiaccioli a 50 lire. Dei Mondiali dell’82 e della formazione dell’Italia a memoria. Di Bearzot e Pertini che giocano a scopa.
Siamo quelli che andavano a scuola con il grembiule e la cartella sulle spalle, e non ci si aspettava da noi nulla che non fosse di fare i compiti e poi di giocare, sbucciarci le ginocchia senza lamentarci e non metterci nei guai. Nessuno voleva che parlassimo l’Inglese a 7 anni o facessimo yoga. Al massimo una volta a settimana in piscina, giusto per imparare a nuotare.
Poi siamo cresciuti, e la nostra adolescenza è arrivata proprio negli anni ’80, con la musica pop, i paninari e il Walkman. Burghy e le spalline imbottite. Madonna e il Live Aid. Delle telefonate alle prime fidanzate con i gettoni dalle cabine e delle discoteche la domenica pomeriggio. Di Top Gun e Springsteen. Dei Duran Duran e degli Spandau Ballet. Delle gite scolastiche in pullman e delle prime vacanze studio all’estero.
E poi c’era l’esame di maturità, e infine il servizio militare, 12 mesi lontano da casa, i capelli rasati e tante amicizie con giusto un po’ di nonnismo. Nel frattempo magari un Inter Rail e infine un lavoro. All’Università ci andavi solo se volevi fare il medico, l’avvocato o l’ingegnere. Che il lavoro c’era per tutti.
Siamo cresciuti nella spensieratezza assoluta, nella ferma convinzione che tutto quello che ci si aspettava da noi era che diventassimo grandi, lavorassimo il giusto, trovassimo una fidanzata e vivessimo la nostra vita. Non abbiamo mai dubitato un istante che non saremmo stati nient’altro che felici.
E, dobbiamo ammetterlo, per quanto il futuro ci sembri difficile, e per quanto questa situazione ci appaia incomprensibile e dolorosa, siamo stati felici. Schifosamente felici. Molto più dei nostri genitori e parecchio più dei nostri figli.
Siamo la generazione più felice di sempre."
Quelli del tempo delle mele
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belladecasa · 5 months
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Non ho fatto altro che rimandare questo giorno, ma domani devo andarmene; non ho che quattro cose nella stanza di Francesca, perché qui non c’è più un posto mio. Lascio questi muri che ho abitato grossolanamente, pateticamente, per tre anni, e, come è naturale, e come si dice, tiro le somme, mi riconnetto al momento in cui ho messo piede per la prima volta in via San Vitale e Bologna mi sembrava un presepe, un diorama, non una città; forse non è stata mai una città, ma un’entità viva, senziente, osservatrice. Occhi, vetri, braccia e strade, muri e ossa, le piazze e i mercati che si affacciano sui i capelli umidi di sudore dentro a letto, da sola o sempre con qualcuno di diverso, quindi sempre da sola. Come ogni volta, vorrei aver vissuto di più e sofferto di meno; c’è così tanto che ancora non ho visto, per colpa della letargia, del logorio interiore, della claustrofobia psichica, di tutte le cose visibili e invisibili che dalla mia testa hanno risuonato fuori coprendo ogni altro suono, ogni parola di conforto, ogni volto amico, ogni nostalgia abbandonata per la fame di fuga. Eppure c’è sempre qualcosa o qualcuno che mi riacchiappa, una lacrima di commozione delle mie coinquiline che non vorrebbero mai me ne andassi. E alla fine cos’altro importa? Le cose grandi finiscono sono quelle piccole che durano. Che mi resta di tre anni di vita? Di una città? Di una casa? Una scatola piena di oggetti inutili, qualche lacrima, e basta
#s
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yomersapiens · 4 months
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Ratti auguri di buon Rattale!
A Vienna si calcola esistano una cosa come tre milioni di ratti che vivono nel sottosuolo della città. C'è un tour che ti fa esplorare le complesse linee fognarie dove ti raccontano di tutti questi ratti che girano. Tre milioni di ratti sono quasi due ratti a testa per ogni abitante della città. Quindi, in un mondo perfetto, questo Natale in casa saremmo in quattro: io, Ernesto e due ratti. I due ratti durerebbero poco. Uno Ernesto se lo mangerebbe in un secondo. L'altro lo difenderei a spada tratta e diventerebbe il mio alleato eterno e lo chiamerei Ratteo, così, per avere un essere vivente a cui tramandare quello che ho imparato durante la mia esistenza.
Ho deciso di passare il Natale lontano dall'Italia perché negli ultimi mesi sono stato troppo in giro e mi stavo dimenticando di uno dei valori principali su cui è fondata la mia stabilità: la solitudine. Ho fatto in modo di andare a cena da mio fratello molto molto presto, per essere in grado di finire prestissimo e tornare a casa quando il resto delle famiglie si stanno sedendo a tavola. È stupenda Vienna quando in giro non c'è anima viva. O per meglio dire, quando in giro ci siamo solo noi immigrati, senza famiglia, senza nessuno. No ok io ho un gatto e un ratto a cui sto insegnando tutto di me e che spero un giorno prenda il mio posto nella società. Lo vestirei con i miei stessi abiti. Forse gli farei pure gli stessi tatuaggi.
Vienna di per sé non è mai troppo affollata, c'è da dire. Ma vederla ancora più deserta del solito è rinvigorente. La solitudine che tanto mi manca è ovunque. Il bus si muoveva sinuoso tra le strade senza l'ombra di una macchina in movimento. I semafori lampeggiavano sincronizzati con le luci degli alberi negli appartamenti di chi non vedeva l'ora di festeggiare. Tante lingue diverse. Del tedesco neanche una lontana eco. Prima di rientrare sono passato dal supermercato turco, loro sono sempre aperti. Ecco un altro pilastro della mia stabilità. Due ragazzini prima di me stavano comprando quella che penso fosse la loro cena natalizia. Una confezione di pane da toast, del formaggio già tagliato a fette, del prosciutto, qualche sacco di patatine e una marea di coca zero. Quanto li ho invidiati. Non dovevano essere di qua, intendo abitanti della zona. Avevano l'aspetto dei turisti. Erano giovani, vestiti male, capelli orrendi, con pochissimi soldi ma stavano avendo la serata che vorrei tanto aver avuto io con te. In una città di cui non sappiamo niente, in un momento in cui tutti si ricongiungono con i familiari, noi, andare via da tutto e avere tutto quello che ci serve tra i filamenti del formaggio sciolto del toast. Unica differenza, lo si farebbe senza prosciutto, che lo diamo a Ernesto e Ratteo.
Quando ottieni quello che hai sempre voluto è il momento in cui ti rendi conto di quanto era bello semplicemente desiderare, senza le responsabilità che derivano dall'ottenere. La felicità è un atto di responsabilità e va difesa. Devi lavorare ancora più di prima per mantenerla. Consuma un sacco. Ha sempre fame. Ci mette un attimo ad ammalarsi e deperire e mutare e non appena diventa anche solo di un gradiente meno luminosa ecco che pensi di averla persa. Sono successe tante cose in questo anno terribile che mi hanno reso felice e solo dire la parola "felice" mi fa sentire sporco perché quella voce che costantemente urla in testa "tu non meriti di essere felice!!!" non è che ha smesso di urlare eh, continua a farlo, ma vedendo che un pochino io sono sereno ha fatto il broncio, incrociato le braccia, sbattuto forte i piedi per terra e si è andata a mettere in un angolo del cranio a escogitare un piano per farmela pagare.
Ho lavorato tanto in questi anni e neanche me ne sono reso conto. Tutte le volte che venivo qua a scrivere mi stavo preparando per fare qualcosa che non avrei mai pensato potesse accadere. Non ho la forza ahimè, per raccontare la mia storia a tutti, ancora, cosa che dovrei fare dato che devo andare in giro e promuovere la mia carriera di autore e spiegare pure tutte le altre attività che svolgo e cercare di sembrare interessante e intelligente e sagace e invece sono solo a pezzi e la socialità mi esaurisce.
Questo Natale lo sto passando come John McClane. Decisamente lurido e unto, senza scarpe, con un gran mal di testa, chiuso nel condotto di areazione mentre scappo da tutti. Mi farei portare di tanto in tanto qualche biscottino da Ratteo ma poi come cacchio riesco a strisciare fuori da qua dentro. La mia pancia ha raggiunto livelli che mai avrei pensato potesse raggiungere e il bello è che non mi interessa minimamente. Solo quando mi allaccio le scarpe dai, lì un po' intralcia. Non mi interessa perché sono entrato nei quaranta e finalmente "ho dato". Posso dirlo con fierezza. Ho dato. Ora tocca a qualcun altro darsi da fare ed essere bello e atletico e magro e muscoloso e pieno di talento io, ho dato. C'ho provato. Ha funzionato per un frangente e poi ha smesso e ho passato anni a cercare di rimanere come nei miei ricordi finché non mi sono reso conto che ero rimasto fermo. Bloccato. E non nel sistema di areazione come questa notte.
Ernesto non è più abituato a guardarmi scrivere, in effetti sono passati parecchi mesi. Non riuscivo più ad avvicinarmi a una tastiera se non per piccoli frangenti di tempo. Per rispondere a delle mail o per digitare nel motore di ricerca la categoria con la quale mi piacerebbe masturbarmi. Ernesto mi ha attaccato un piede, segnale che non accetta io sia distratto e che non lo stia degnando delle attenzioni che ritiene di meritare e meno male che non mi stavo adoperando per masturbarmi altrimenti sai che dolore se mi avesse addentato altro. Tipo il piccolo Ratteo che ho tra le gambe e che, nonostante la pancia sia cresciuta, resta sempre delle stesse dimensioni contenute.
Lo psicologo l'altro giorno mi ha chiesto cosa vorrei fare se scoprissi che in sei mesi tutto sarebbe finito. Gli ho chiesto cosa intendesse con tutto. Ha risposto tutto. Tu, il mondo. L'umanità: tutto. Anche la mia famiglia? Sì, anche la tua famiglia. No aspetta ma quindi anche mio nipote? Sì, anche tuo nipote. Cercherei di salvare la mia famiglia. Ha detto che non potrei farci nulla. Allora ho detto che andrei per strada e urlerei a tutti che il mondo sta per finire e che mancano solamente sei mesi anche se poi sembrerei uno di quei pazzi che urlano che siamo fottuti con un cartello scritto male e un cappello di stagnola e che quando li becchi mica gli dai retta, pensi che siano pazzi e torni a casa e te ne dimentichi mentre cerchi qualcosa di nuovo con qui masturbarti. Mi ha detto che non posso dirlo a nessuno, che sono l'unico ad essere informato e devo tenermelo per me. Allora ho pensato davvero a cosa avrei voluto fare, ma c'era un'altra domanda da porgli. Dovrei continuare a prendere farmaci oppure sarei senza la mia malattia? Ci ha riflettuto un attimo e poi mi ha fatto un grande dono. Saresti senza. Allora ho elencato tutti i posti che vorrei vedere e le cose che vorrei fare e il Giappone e nuotare con le balene e i cibi che vorrei mangiare e le droghe che vorrei provare per poi finire dicendo che un mese lo vorrei passare abbracciato a mio nipote, che non capirebbe e anzi, probabilmente mi caccerebbe via dicendo "zio Pattejo coza fuoiii" però a me andrebbe bene lo stesso. Voi cosa fareste, se rimanessero solo sei mesi?
Mi mancava la solitudine e sentirmi solo e parlare da solo e scrivere in questa condizione di silenzio totale. Nel palazzo di fronte non c'è nessuna luce accesa. Forse sono tutti usciti per cena o forse sono tutti rientrati nei loro paesi di appartenenza. Se ancora sono a Vienna è per questo motivo, da nessuna altra parte del pianeta riesci a sentirti così solo come qua. Per questo poi ti affidano due ratti.
Ernesto si è appallottolato sul divano. Ratteo si è addormentato sulla mia spalla. Spengo le luci, apro i regali che mi sono fatto e aspetto sia domani. È un Natale bellissimo ma sarà ancora più bello quando potremo farci dei toast insieme e raccontarci cosa ci ha insegnato il silenzio.
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libero-de-mente · 2 months
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Un sabato sera dai minuti contati questo.
Raggiunta casa di mia madre, entro in silenzio e come immaginavo lei è già a letto. Le chiudo la porta della camera per non disturbarla, mentre sistemo la spesa che le ho fatto, controllo nel frigorifero le confezioni di alimenti scadute. Le rimuovo buttando il contenuto negli organici.
Lei puntigliosa su queste cose, ora non le riesce più di controllarle.
Un rapido riassetto alla casa, ma non le metto a posto tutto. So quanto ci tenga a dimostrare di saperci ancora fare con le pulizie, diciamo che pulisco dove c'è da spostare o alzare qualcosa di pesante.
Mi giunge la telefonata di figlio 2 "Papà ci sono le pizze da infornare, sai che dopo devo uscire".
Mi avvio a casa, dopo aver avuto cura di sistemare le medicine dentro il porta pillole settimanale, in modo che mia madre non sbagli.
La frase di mio figlio "...sai che dopo devo uscire" era incompleta.
La verità è che lo dovrò accompagnare io. In auto raccogliendo tre suoi amici.
Le pizze sono uscite molto buone questa sera, forse la pioggia che insiste me le farebbe gustare meglio se Gabriele non uscisse. Se ancora per un sabato sera fosse il mio scricciolo a casa. Ma non sarebbe giusto per lui.
Appuntamento sotto lo stadio cittadino, poi seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino, poi la strada la trovi da te, porta a una pensilina dove c'è un altro amico per voi tre. Anzi quattro, maledetta rima.
Li ascolto parlare, mi fanno sorridere e anche ridere. Non hanno nulla che non vada bene. Sono ventenni con la voglia di vivere e divertirsi. Lo ero anche io. Forse non sentendomi mai amico al pari degli altri.
Tipo strano "il Rino", sempre assorto e spesso assente.
Li lascio alla pensilina concordata dove il quinto amico li aspetta, e si fanno i nomi di altri che arriveranno più tardi. Forse.
Li saluto, Gabriele inaspettatamente mi saluta baciandomi. "Non ti preoccupare pa' sarò bravo e starò attento, come vuoi tu".
Non ho nulla da obiettare, riparto. Alla prima rotatoria inverto il senso di marcia, un'ultima occhiata a qui sorrisi, a quella complicità di amici che legano le proprie vite in un patto di sangue, di quelli indissolubili che se ben curate, come relazioni, potrebbero durare davvero a lungo.
Nel mio ritorno solitario penso alle mie amicizie perse, al fatto che mi sento solo ed estraneo anche in mezzo ad altre persone.
Ho sempre pensato che la mia vita non avesse un senso, ma un senso l'ho trovato. Sono i sorrisi dei miei figli, la gioia dei loro successi, gli occhi innamorati di chi sceglieranno come persone con cui condividere la vita.
Questo non me lo voglio perdere. Mi madre e mio padre queste cose non le hanno mai viste. Mai. Io le voglio assaporare.
E mentre alla radio passa il brano "I love my life" di Robbie Williams, le sue parole:
I love my life
I am wonderful
I am magical
I am me
I love my life
Mi squarciano il cuore, e la pioggia è come se battesse direttamente sui miei occhi, e non sul parabrezza.
Sono solo, ovvero mi sento solo, ma dovrò aspettare. Aspetterò i successi e le gioie dei miei figli, prima di mollare.
Piove, vedo centinaia di ragazzi che si avviano alla discoteca.
Poco dopo incontro le ragazze sfruttate per dare del sesso a pagamento sui bordi delle strade.
Vorrei fermarmi, dare loro una coperta che le ripari, qualcosa di caldo da bere e la possibilità di dire loro: vai, sei libera. Puoi fare altro nella tua vita, perché hai forza di volontà da vendere.
Solo durante questi pensieri mi accorgo che in radio passa Sweet Disposition un pezzo che trovo meraviglioso dei The Temper Trap
A moment, a love
A dream, aloud
A kiss, a cry
Our rights, our wrongs
A moment, a love
A dream, aloud
A moment, a love
A dream, aloud
Stay there
'Cause I'll be coming over
And while our blood's still young
It's so young, it runs
Won't stop 'til it's over
Won't stop to surrender
Avere la forza, di superare, di aspettare chi è un passo indietro.
Mi sento maledettamente solo, anche se non lo sono. Sto male.
Ma in questo sabato sera i miei figli, chi in un modo e chi nell'altro, si divertiranno. Questo conta. Ne basta uno anomalo in famiglia. E quello sono io.
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ricaricaricordi · 2 months
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L'ansia mangia quando con lei non vado d'accordo
Fuori un'altra guerra scoppia, io non me ne accorgo
Dentro ne ho una bella grossa pezzi di me muoiono
Quante volte ci pensi alla morte? Io, fra', un botto
L'ansia mangia quando con lei non vado d'accordo
Fuori un'altra guerra scoppia, io non me ne accorgo
Dentro ne ho una bella grossa pezzi di me muoiono
Quante volte ci pensi alla morte?
A me serve amore però a lei le serve spazio
Mostrarti chi sono forse non mi serve a un cazzo
Dentro sono orribile fingo, ma non mi piaccio
Mi sembra impossibile pensare che mi salvo
L'habitat della musica ha dinamiche impostate
Il mercato musicale non è che offra varie strade
A volte è proprio chi fa bella musica che cade
A volte vedi solo merda e culi da leccare
Anche se non mi amo molto so di essere unico
Tu che fai lo scemo lì lo sai di essere un numero?
Credi alla lealtà ma la realtà ti sveglia subito
Come quando dichiari amore e lei ti fa, "Sei stupido?"
(Ma sei stupido?)
L'ansia mangia quando con lei non vado d'accordo
Fuori un'altra guerra scoppia, io non me ne accorgo
Dentro ne ho una bella grossa pezzi di me muoiono
Quante volte ci pensi alla morte? Io, fra', un botto
L'ansia mangia quando con lei non vado d'accordo
Fuori un'altra guerra scoppia, io non me ne accorgo
Dentro ne ho una bella grossa pezzi di me muoiono
Quante volte ci pensi alla morte?
Bella frate', ho visto, hai conquistato un disco d'oro
Peccato che il contratto che hai firmato ti fa fuori
Un ragazzino mi chiede un consiglio, come posso?
Appena fai due numeri vedrai chiamano loro
La tua direzione la dà il capo quando sbava
L'arte insegue il mercato, ma non vede la strada
Io cerco le regole e dei modi per infrangerle
Sentirmi così intensamente solo mi fa piange'
Ho dei pensieri strani a lei farei del male fisico
Per farle sentire cosa ho dentro e quanto tanto mi spaventa
Oh, adesso ti impressioni? Il mio dolore è un eufemismo
Non lo sai quello che sento, però lo vorrei tantissimo
Okay, questo mondo mi fa schifo, lo allargo
Lei vive come un cyborg, io la svito, è in allarme
La vita è agire mi agito e la schivo parlando
Per risolvere i problemi che ho non serve parlarne
I rapper che sentivi mo ti fanno imbarazzo
Perché quando cresci non ti rappresentano un cazzo
Sembra più un gioco di ruolo che una realtà di fatto
Vorrei più una poco di buono che quel culo rifatto
L'industria musicale segue i quattordicenni
Certi amici se ne vanno proprio quando li cerchi
Su un pianeta di sconfitti ridono quattro vincenti
Poi sei te con quattro spicci a fare i danni all'ambiente (tu-tu-tu)
Non me ne fotte nulla dei temi di attualità
Se non decifri cosa hai dentro, non saprai cosa c'è fuori
Tu puoi fare cento dischi se non c'è la qualità
Era meglio niente
Ci odio tutti quanti non scusate i toni
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gregor-samsung · 5 months
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“ La Guerra fredda aveva un senso. Fu una guerra ideologica in cui il vincitore, verosimilmente, avrebbe imposto al nemico sconfitto, per usare parole ormai screditate dal troppo uso, la propria filosofia e i propri valori. Può sembrare retorico, ma vi era in quello scontro fra giganti una certa nobiltà. Due grandi idee – la dittatura del proletariato e il capitalismo democratico – offrivano al mondo due strade diverse verso un futuro migliore. Le due diverse prospettive hanno creato speranze, attese, impegno e sacrifici che non sarebbe giusto ignorare. Oggi ogni traccia di nobiltà è scomparsa. Il comunismo è fallito e, come accade sempre in queste circostanze, la memoria collettiva ricorda soltanto le sue pagine peggiori: i massacri della fase rivoluzionaria, la fame ucraina, la persecuzione del clero, le purghe, i gulag, il lavoro coatto, i popoli trasferiti con la forza da una regione all’altra. La democrazia capitalista non è in migliori condizioni. Il trasferimento del potere economico dai produttori di beni ai produttori di denaro ha enormemente allargato il divario fra gli immensamente ricchi e i drammaticamente poveri. Il denaro governa le campagne elettorali. Le grandi piaghe della prima metà del Novecento – nazionalismo, militarismo, razzismo – si sono nuovamente aperte. Il linguaggio della competizione politica è diventato becero e volgare. Le convention americane sono diventate un circo equestre in cui i candidati esibiscono i muscoli della loro retorica. Il meritato riposo e un busto nel Pantheon della nazione, che attendevano gli uomini di Stato alla fine della loro carriera politica, sono stati sostituiti da posti nei consigli d’amministrazione, laute consulenze e conferenze generosamente retribuite (come i 225.000 dollari pagati da Goldman Sachs a Hillary Clinton per un dibattito dopo i suoi quattro anni al Dipartimento di Stato). Anziché affidarsi a leader saggi e prudenti, molti popoli sembrano preferire i demagoghi, i tribuni della plebe, i caudillos. Anche Putin appartiene per molti aspetti a un club frequentato da Erdoğan, Al Sisi, Orbán, Jaroslaw Kaczyński, Bibi Netanyahu, Xi Jinping, Lukašenko, per non parlare dei loro numerosi cugini in Africa e in Asia. Ma ha anche altre caratteristiche.
Deve governare un enorme spazio geografico popolato da una moltitudine di gruppi nazionali e religiosi. È il leader di un grande Paese che ha interessi legittimi e ambizioni comprensibili. È responsabile di una potenza che è anche un tassello indispensabile per l’amministrazione di un mondo caotico e pericoloso. Possiamo deplorare molti aspetti del suo carattere e della sua politica. Ma vedo sempre meno persone in Occidente che abbiano il diritto di impartirgli lezioni di democrazia. Occorrono 541 giorni per formare un governo in Belgio. Occorrono due elezioni politiche a distanza di sei mesi per formare un governo in Spagna. Occorrono tre commissioni bicamerali e due riforme costituzionali approvate dal Parlamento, ma sottoposte a referendum popolare, per cercare di modificare la costituzione in Italia. Nell’Unione Europea sono sempre più numerosi i cittadini che invocano il ritorno alle sovranità nazionali, ma in alcuni Stati nazionali (Belgio, Gran Bretagna, Spagna) la sovranità nazionale è contestata da regioni che chiedono il diritto di secessione. Mi chiedo: la democrazia è ancora un modello virtuoso che l’Europa delle democrazie malate e gli Stati Uniti delle sciagurate avventure mediorientali e del nuovo razzismo hanno il diritto di proporre alla Russia? “
Sergio Romano, Putin e la ricostruzione della grande Russia, Longanesi, 2016¹. [Libro elettronico]
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abr · 7 months
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«Ci sono zone (...) che ormai sono militarmente controllate dalla mafia africana, luoghi in cui servono tre, quattro volanti alla volta per intervenire. (...) abbiamo anche 350 minimarket (...): ognuno di loro rappresenta una criticità, un luogo che attira bivacco o disperazione. (...) È triste da dire, ma (il quartiere) vive la sua condizione ormai con rassegnazione. (Più esplosiva la situazione nel quartiere confinante a est), alle prese com’è con le carovane dei rom in piazza e occupazioni delle case popolari». Soluzioni? «Non è vero che il sindaco non può fare nulla. Faccia innanzitutto un’ordinanza per chiudere prima i minimarket. Dice che può essere impugnata al Tar? Probabilmente è vero, ma intanto la faccia, poi si vedrà. Quindi illumini di più le strade. Infine inizi a controllare i tanti appartamenti subaffittati, dove in 40 metri quadri dormono in 15 sui materassi e di solito tutti spacciatori».
via https://www.lastampa.it/torino/2023/09/27/news/torino_nord_vie_degrado-13461850/
Parigi, Malmo, Bruxelles? O Il Cairo? NO, TORINO NORD.
Btw lo scrive mica una macchina del fango bensì LaStampa - un vero e proprio sepolcro imbiancato woke - intervistando tre capi circoscrizione, uno FdI l'altro pidino l'altro leghista.
Btw dove sono "più avanti" in Francia Svezia Belgio Londonistan, non c'è il degrado visibile palpabile livello ex sovietico di Torino.
Là, andateci, c'è tanto bel "social housing" che i nostri accoglioni credono risolva, tanto bel (semi-)nuovo che NULLA CAMBIA ANZI AGGRAVA - spiaze - nascondendo il degrado effettivo sotto il tappeto, quello dei second e third generation con più disperazione dei primi arrivati, gang più radicate, ghetti, spaccio come qui e più stupri di qui.
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libriaco · 4 months
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Ancora sugli imbecilli
Abbiamo bisogno di voialtri. Voi siete le vittime del nostro piacere e il sottosuolo della nostra grandezza. Siete affondati perché possiamo emergere; vi abbassate perché possiamo salire. Permettetemi di pregare per l'anima vostra, imbecilli convinti e innumerabili. Quando vi contemplo seduti alla tavola di un ben illuminato caffè — le vostre facce hanno bisogno di molto luce — quando vi guardo per le strade e per i teatri, nelle botteghe e nei tranvai, una grande e invincibile tenerezza mi assale e duro fatica a reprimere la tentazione di buttarvi le braccia al collo e di baciarvi le mani. In quei momenti la mia pietà è realmente infinita e debbo nasconderla sotto la più brutale durezza per non umiliarvi più del bisogno. Quando penso a quel che vi manca e vi mancherò per tutto la vita; quante emozioni non sentite; quanti aspetti delle cose non scorgete; quante verità non alienate; quanto bellezza vi sfugge e quanto coraggio vi fa difetto, io, che non ho le lacrime facili, avrei sul serio voglio di piangere. Io so che passate attraverso il mondo senza intuirlo nella sua diversità e solidità; senza fermarvi a contemplare quelle minime cose che son le più grandi nell'emisfero della poesia; senza penetrare né l’anima delle vostre donne né quelle de' vostri compagni e neppure la vostra, la vostra infinitamente piccola anima. Io so che il genio può passarvi accanto, vivo, in carne ed ossa, in parole e in ispirito, e che voi non lo vedete, non siete capaci di vederlo, di avvicinarvi, di parlargli, di andare con lui, di lasciar padre e madre e ogni trascurabile bene per seguirlo all'interno dei suoi proibiti piaceri. Io so che quattro, cinque, dieci idee vi bastano per tutta la vita, vi servono per tutti gli usi quotidiani, per il giorno e per la notte, per l'amante e per il parrucchiere, per parlare e per scrivere, per alzarvi la mattina e per andare a letto la sera e che nel vostro cervello, senza finestre dalla parte del cielo, non hanno diritto d’ingresso che le verità diventate luoghi comuni e l'idee che a forza d'uso son fatte imbecillità. Io so, e lo so con matematica certezza, che pensate coll’altrui pensiero, che vedete cogli occhi degli altri, che giudicate col giudizio degli estranei e che le vostre ammirazioni e i vostri entusiasmi vanno soltanto a quelle cose che qualcuno di voi timbrò ripetutamente col sudicio bollo della fama più infame. Io so tutto questo — ed altro ancora che non dico per dignità — e non dovrei commiserarvi sinceramente dal profondo del cuore? Non crediate ch'io sia cattivo o che mi eserciti nel sarcasmo. Vi amo perché siete il contrappeso necessario dei pochi e la mia pietà è senza nessun sottinteso. E vi amo, vigliaccamente, anche perché ho paura della vostra vicinanza. […] Permettetemi dunque di pregare anche per voi, imbecilli preziosi e desiderabili, almeno una volta. Io non so quali sono le parole che posson farvi piacere e le grazie che ricercate ma lodo e celebro il Signore perché vi dia quel che domandate e perché tutti i vostri desideri siano speditamente esauditi.
G. Papini, Gli imbecilli [1913-1951], Viterbo, Millelire, 2007
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horacio-oliveira-74 · 4 months
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Natale
«Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare».
Giuseppe Ungaretti ❤️
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astra-zioni · 4 months
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Secondo me è inutile spiegare cosa accade biologicamente durante le mestruazioni agli uomini, è più efficace questa narrazione (che è valida per quasi tutte le donne eccetto quelle baciate dal Dio delle mestruazioni silenziose e pacifiche):
Un giorno una donna si sveglia di soprassalto verso le quattro del mattino e scopre di avere il ciclo perché è trafitta da dolori lancinanti e il letto è diventato il set di un film splatter; al che si alza tutta rincoglionita e dolorante per recarsi in cucina col fine di assumere l’antidolorifico salva-vita prima che il dolore raggiunga livelli estremi. Solo allora viene colta da un dubbio esistenziale: ma se assumo l’antidolorifico a stomaco vuoto poi starò mica male? Quindi mangiati due biscotti di merda mentre vorresti solo sboccare per prenderti quella cazzo di pastiglia. Effettuato questo processo corre in bagno per lavarsi e mettersi l’assorbente e da qui si aprono due possibili strade altrettanto fastidiose:
- Nel caso di assorbente interno, ci si impiegherà cinque minuti solo per scartare quella cazzo di supposta mentre il sangue scorrerà noncurante sulle cosce macchiandoti i pantaloni, quel cazzo di filo non si srotolerà dal tampone e nella migliore delle ipotesi sentirai di essere stata nuovamente deflorata
- Nel caso di assorbente standard sicuramente le ali si attaccheranno male alle mutande e dovrai rimetterlo una seconda volta e poi una terza perché il primo sarà irrimediabilmente rovinato e non si attaccherà più e avrai rovinato per sempre un assorbente inutilmente
A questo punto la donna procederà a lavarsi e durante tutti questi processi capirà che l’antidolorifico inizia finalmente a fare effetto fino a quando, tuttavia, si alzerà dal bidet e si accorgerà che tutto questo trambusto le avrà di nuovo fatto venire i dolori (voi che dite di fare sport durante le mestruazioni: morite).
Se il buon dio vuole ti rimetterai a letto quando sarà ormai appena mattina e ti ci metterai con la consapevolezza di aver già perso in partenza mezza giornata. Al tuo risveglio avrai probabilmente altri dolori a cui si sarà aggiunta l’irrefrenabile voglia di cacare anche il pranzo del 2015. Puzzerai, avrai i capelli unti, i brufoli, non riuscirai a fare un passo senza sentire quel bagnaticcio fra le gambre e le cascate del Niagara aprirsi ogni qualvolta deciderai di sederti, ma bisogna pur sempre lavorare, quindi uscirai di casa cercando di mantenere una parvenza umana e piacevole per evitare l’ennesimo stronzo sul tuo cammino che commenterà: sei nervosa perché hai il ciclo?
[sto espellendo sangue dalla fica mentre mi si ritorcono le interiora, veda un po’ lei]
Naturalmente il presupposto del racconto è che tu quella cazzo di mattina, mentre dormi e all’improvviso capirai di non essere incinta, dovrai avere in casa gli assorbenti e gli antidolorifici altrimenti cazzi tuoi, il racconto non si dà nemmeno, fine.
In assenza di contraccettivi ormonali ripetere questo processo 12 volte l’anno per circa 35 anni di vita e otterrete una vita di merda.
Ora, fermi tutti. Se gli uomini spesso usano la retorica della biologia per giustificare gli atti meschini che compiono, allora io posso usare la mia, di biologia, che mi fa sanguinare ogni mese e che oggettivamente crea scompensi ormonali e biochimici nel mio cervello oltre che grandissime rotture di cazzo? No, perché se lo faccio sono una stronza acida mestruata volubile del cazzo.
Bene, alla prossima.
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ladolcespezia · 1 year
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“Siamo noi, la generazione più felice di sempre.
Siamo noi, gli ormai cinquantenni, i nati tra gli inizi degli anni ’60 e la metà degli anni ’70. La generazione più felice di sempre.
Siamo quelli che erano troppo piccoli per capire la generazione appena prima della nostra, quelli del ’68, della politica e dei movimenti studenteschi. Ancora troppo piccoli per comprendere gli anni di piombo, l’epoca delle brigate rosse e delle stragi nere.
Siamo quelli cresciuti nella libertà assoluta delle estati di quattro mesi, delle lunghe vacanze al mare, del poter giocare ore e ore in strade e cortili, delle prime televisioni a colori e i primi cartoni animati. Dei gelati Eldorado e dei ghiaccioli a 50 lire. Dei Mondiali dell’82 e della formazione dell’Italia a memoria. Di Bearzot e Pertini che giocano a scopa.
Siamo quelli che andavano a scuola con il grembiule e la cartella sulle spalle, e non ci si aspettava da noi nulla che non fosse di fare i compiti e poi di giocare, sbucciarci le ginocchia senza lamentarci e non metterci nei guai. Nessuno voleva che parlassimo l’Inglese a 7 anni o facessimo yoga.
E poi c’era l’esame di maturità, e infine il servizio militare, 12 mesi lontano da casa, i capelli rasati e tante amicizie... All’Università ci andavi solo se volevi fare il medico, l’avvocato o l’ingegnere. Che il lavoro c’era per tutti.
Siamo cresciuti nella spensieratezza assoluta, nella ferma convinzione che tutto quello che ci si aspettava da noi era che diventassimo grandi, lavorassimo il giusto, trovassimo una fidanzata e vivessimo la nostra vita. Non abbiamo mai dubitato un istante che non saremmo stati nient’altro che felici.
E, dobbiamo ammetterlo, per quanto il futuro ci sembri difficile, e per quanto questa situazione ci appaia incomprensibile e dolorosa, siamo stati felici. Schifosamente felici. Molto più dei nostri genitori e parecchio più dei nostri figli.
Siamo la generazione più felice di sempre.
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lanavetro · 11 months
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Lo scarico del palco la mattina e a notte fonda ti fa capire quanto un vicolo cambi volto nell’arco di ventiquattro ore e Piccino guiderà pure come un chitammuorto però farsi quattro volte Piazza Mazzini - Salita Pontecorvo impiegando 17 minuti in totale gli dà qualsiasi diritto di impegnare le curve e le strade come vuole. Braccia e polmoni.
Intanto facciamo vedere quello per cui ci eravamo preparati. Oggi stiamo bene così. Ripetiamo all’infinito un urlo.
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sottileincanto · 5 months
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È arrivato Dicembre, uno dei mesi più difficili dell' anno, insieme a quelli estivi. Il mese tradizionalmente dedicato alla famiglia, con vacanze e feste, il mese in cui si torna a casa, ci si ritrova tutti, si fa il bilancio di chiusura dell'anno passato e ci si prepara ad affrontare quello nuovo. Già da un po' le strade sono addobbate e i balconi iniziano a coprirsi di lucine; festoni, decorazioni e palline colorate affollano gli scaffali di tutti i negozi, insieme ai suggerimenti per i regali. È anche il mese del mio compleanno. Quando ero piccola quello era il "mio giorno", mia madre affittava la sala per le feste e la nonna arrivava dall' Abruzzo insieme alla mia tata, con la macchina stracolma di provviste, regali, dolci, sformati e timballi per la mia festa. E il giorno del mio compleanno era anche quello in cui mio padre faceva l'albero di Natale con me, almeno dai quattro ai dieci anni. Poi deve essere successo qualcosa, devo essere cresciuta senza accorgermene, perché hanno iniziato ad ordinare l'albero dal vivaio e a farlo arrivare a casa, a farlo addobbare a me sola. Niente più circolo, niente più dolci di nonna, ricordo di aver festeggiato qualche volta in pizzeria, fino alla mia orribile festa di diciott'anni, che credo sia stata l'ultima festa "ufficiale". Però almeno il Natale resisteva ancora. Con le mie cugine, con i nonni e tutti gli zii. Ma il tempo è passato, si è portato via prima il nonno e poi la nonna e, come succede in tante famiglie, con loro anche il Natale. Poi l'inizio del lavoro, prima nel commercio e in seguito nell' assistenza, e quelle delle feste sono diventate semplici giornate lavorative, un turno come un altro in una qualunque settimana invernale. Eppure il Natale sembra essere ancora lì fuori ad attendere, a cercare di attirare l'attenzione con le sue lucine colorate e vivaci, con i festoni che non si sa mai se mettere sull'albero oppure no ("Ma mettili! Riempiono i buchi!" "Ma no, pare un cotechino imbacuccato in carta da regalo con tutti quei festoni!!") e con le palline di cui si perde sempre qualche gancetto, così rimangono a languire in fondo allo scatolone delle decorazioni.
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diceriadelluntore · 10 months
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Prese
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La primavera del 1789 in Francia fu meteorologicamente disastrosa: freddo fino a maggio, grandinate e piogge fortissime ridussero i campi in miseria. Il prezzo del pane raddoppiò e in tutta la Francia serpeggiava il sinistro sentore di carestia. Luigi XVI deve ricorrere al sostegno di Jacques Necker, politico ed economista svizzero, come ministro dell’economia. In primis, per cercare di arginare il malcontento popolare che mal digeriva lo sfarzo di corte a Versailles. Il suo principale tentativo è quello di ottenere la ripartizione egualitaria delle tasse. Le classi borghesi e popolari, riunite nel "Terzo Stato”, sono i ceti che soffrono maggiormente il peso tributario. Il 5 maggio 1789 viene indetta l’Assemblea degli Stati Generali. Sono passati ben 175 anni dall’ultima volta. Il “Terzo Stato” ha la maggioranza numerica di deputati, ma il suffragio si svolgerà non per voto pro capite, bensì per ordine sociale, soluzione quest’ultima che avvantaggerebbe l’alleanza fra clero e nobiltà.  Ma il 20 giugno del 1789, il “Terzo Stato”, insieme ad una piccola percentuale di esponenti degli altri due ceti, decide di radunarsi a parte per costituire “L’Assemblea dei deputati della Nazione”. La loro autoproclamazione è di fatto un affronto al Re in persona. La soluzione politica che Luigi XVI aveva affidato al ministro Necker, è ormai irrealizzabile. La nuova Assemblea si ritira nella sala dedicata al gioco della palla corda, per proclamare un giuramento solenne. La destituzione del ministro delle Finanze Jaques Necker, da parte del sovrano Luigi XVI, è per Parigi la prova inconfutabile della congiura aristocratica, il segno della bancarotta e della controrivoluzione. Così la mattina del 14 luglio 1789 la popolazione parigina insorge, riversandosi nelle strade con una bandiera tricolore: nasce la drapeau française. Il rosso e il blu simboleggiano Parigi, il bianco è il colore della dinastia borbonica.  Quella mattina settemila insorti attaccano l’armeria de l’Hotel Des Invalides. Il bottino è di quasi trentamila fucili e diversi cannoni, ma della polvere da sparo nessuna traccia. Il popolo però sa dove trovarla: a Saint Antoine, nel centro della città, dove sorge la fortezza della Bastiglia. Prende avvio l’assedio di questo tetro carcere, simbolo dell’Ancien Régime, costruito sotto il regno di Carlo V, che detiene al momento dell’insurrezione solo sette prigionieri: quattro falsari, il Conte di Solages e due folli. Annientata l’ultima resistenza delle guardie del comandante De Launay, la Bastiglia è presto conquistata da migliaia di rivoltosi. Luigi XVI, sconvolto, decide di riassumere il ministro Jacques Necker e spera in una tregua, ma la protesta è ormai dilagata nelle maggiori città del paese e non solo. Le notizie che giungono da Parigi, unite all’insostenibile condizione determinata da più di un decennio di recessione, spingono alla ribellione. A dare adito all’insurrezione è la rabbia accumulata, la carestia e la disperazione della popolazione francese. Con la presa della Bastiglia e il martirio dei parigini uccisi per la libertà, si accende la prima scintilla della Rivoluzione, un colpo violento che sarà il primo di una lunga serie. Da quel 14 luglio 1789, la rivolta, divenuta rivoluzione, ha trionfato sul potere assoluto, delineando le sorti di una Nazione. E, per la Francia così come per tutti i popoli dell’Europa, niente sarà più come prima.
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libero-de-mente · 5 months
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𝗗𝗶𝗮𝗿𝗶𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹'𝗔𝘃𝘃𝗲𝗻𝘁𝗼
𝟭° 𝗱𝗶𝗰𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝟮𝟬𝟮𝟯
Caro diario,
questo mese di dicembre mi sta stremando, sembra non finire mai.
In piena notte ho fatto di necessità virtù, quindi essendo rimasto a piedi con l'auto ho fatto l'autostop. Mai fatto prima in vita mia
Devo dire che ho avuto un discreto successo con il pollice all'insù, visto anche l'orario e la mia faccia, alla terza automobile mi hanno caricato.
La prima era un'auto di lusso e sappiamo bene che con le auto di lusso non si danno passaggi in piena notte. A parte qualche caso che ho potuto vedere con i miei occhi, ma si trattava di signorine lungo il bordo delle strade, altrimenti non è etichetta dei benestanti fare queste cosa. Non si sa mai cosa rischiano.
All'interno della seconda auto c'era una coppietta, lei mi ha guardato quasi come a dire "seeeee certo, proprio a te diamo un passaggio", mentre lui ha volutamente girato lo sguardo dall'altra parte.
La terza auto si ferma, li raggiungo. Sono tre extracomunitari. Mi guardano fisso e seri, molto seri. Rimango di sasso. Poi quello davanti dal lato passeggero, rivolgendosi agli altri due, dice:
- Oh, sembra brava persona.
- E se ci ruba? - risponde quello seduto dietro.
- Tu cosa dici? - dice di nuovo quello davanti rivolto a chi guida.
- Mmh, così sembra Gesù, tutto bagnato. Dai vieni - risponde quello alla guida, che mi invita anche con un cenno della mano.
- Infatti sono un povero Cristo - rispondo d'istinto facendo il brillante... con dei, probabili, mussulmani. Che idiota sono stato.
Non capendo se fossero seri o se mi stessero prendendo in giro, decido di salire. Del resto non mancavano molti chilometri a casa mia.
- Grazie - dico con un filo di voce quasi in tono reverenziale - grazie mille
- Noi non dare passaggi agli sconosciuti, molto pericoloso - dice quello che guida e gli altri due si mettono ridere.
Noto che quello seduto con me continua a fissarmi con molta insistenza, è uno molto alto si vede. Si fanno quattro chiacchiere sul perché fossi a piedi, su che lavoro facevano loro e da dove venivano. Insomma discorsi di normale routine.
Ma il tizio al mio fianco non ha mai parlato e mi fissava sempre tra il serio, il perplesso e il pensieroso.
Poi a un certo punto spalanca gli occhi, me ne sono accorto perché al buio con la loro pelle scura gli occhi e i denti erano uno spettacolo pirotecnico.
- Adesso mi ricordo di te - mi dice puntandomi il dito
In quel momento non avevo compreso se fosse una minaccia, un'accusa o una rivelazione spirituale.
- D-di me? Ti ricordi di me? - chiedo
- Si, tu uscivi da una pisseria con pissa in mano. Io passavo a piedi e avevo chiesto un'informasione. Tu ricorda?
- Io? - rispondo come quando mia madre mi accusava di aver sbafato tutta la Nutella - sei sicuro?
- Si, mi ricordo di te. Poi tu messo pissa in bagagliaio e dato me passaggio a casa.
A quel punto come da un cassettino dei ricordi lontani mi esce un ricordo, di me che con una pizza calda nel cartone stavo per tornare a casa. Il tipo di colore sudato con un enorme zaino che mi incrocia sul marciapiede e mi chiede le indicazioni per un Comune della Val Seriana. Mi ricordo che con il dito gli indicai la direzione, quella che in effetti stava seguendo, salvo poi rendermi conto che a quella destinazione mancavano dodici chilometri.
Mi ricordo che glielo feci notare e alla domanda se avrebbe percorso tutta quella strada a piedi, lui rispose allargando una mano con uno sguardo che diceva "pensi che abbia altre alternative?".
Fu allora che buttai la "pissa" calda nel bagagliaio e gli diedi un passaggio. Mi ricordo che continuava a ripetermi che io ero davvero una brava persona, a mani giunte, durante tutto il tragitto.
- Ma si ora ricordo - gli dissi
La conversazione e i ricordi finiscono, sono davanti a casa.
Scendo li ringrazio e al tipo della "pissa" stringo forte la mano.
- Questo è karma - gli dico.
- Chi casso è karma? - mi risponde stranito.
Caro diario, siamo al primo giorno dell'Avvento e qui da me sono già passati i tre re Magi. Sotto il segno di una stella cometa di nome karma. Ma che non tutti conoscono.
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