Tumgik
#okay sono due cose ma vabbè dai
gotaholeinmysoull · 1 year
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sapete cosa mi piace di più dello stare con a??
non mi ha mai fatto sentire a disagio in nessun modo, dalla prima volta che siamo usciti
e mi riempie di coccole e bacini ogni volta che ci vediamo
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yoursweetberry · 2 years
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Buongiorno amore mio, sono già sveglia.. ma resto ancora un po’ a letto prima di alzarmi
Ieri praticamente non ho avuto un attimo libero..
A lavoro sto scoprendo che la direttrice non ha nulla di diverso da tutti gli altri datori di lavoro. Dai il massimo e tutto è dovuto, e in più ha una fissa di cercare veramente il pelo nell’uovo anche quando non c’è, esempio: un bambino si mette le mani in bocca per un attimo, tu lo vedi ma non riesci a toglierle perchè stai reggendo due che ti si arrampicano addosso urlando e lei “cos’haaa in boccaaaa”.. “semplicemente le sue manine”. Oppure la figlia a volte mi chiede di giocare con un pacchetto di fazzoletti e li sfila appallottolandoli e lei “che schifo ha in mano carlotta?? è sporco?” ma secondo te do un fazzoletto sporco in mano a una bambina? ci tratta da irresponsabili. Poi pensava che quel bambino indemoniato non sapessimo gestirlo, e venne tutta alterata a fare la maestrina provandoci lei non riuscendoci per poi dire “mammamia veramente è indemoniato” quello è capace di slacciarsi le cinture del seggiolone alzarsi e buttarsi giù e se ti distrai un attimo passi un guaio! questo significa che non riesci a dedicarti a pieno alle altre attività con gli altri bambini che vengono anche disturbati e traumatizzati
Poi un giorno dice una cosa e un giorno un’altra. Facciamo le corse per far quadrare tutti gli orari precisi della routine, ci disse che per le 11:20 i bambini dovevano già essere pronti per il pranzo (11:30), alle 11:25 dell’altro ieri li abbiamo messi a tavola, lei viene e fa : “perchè sono già a tavola? in cucina non è ancora pronto!” alchè le dico che sapevamo che alle 11:30 si mangia e lei a prendersela con noi che mo i bambini avrebbero dovuto aspettare troppo tempo a tavola! Ma scusaaa prenditela con la cuoca che è in ritardo!! Io sto solo facendo ciò che mi hai detto tu!! BAH
Poi ieri il colmo! Io leggo sempre le storie ai bambini, canto le canzoni, ballo con loro e lei mi vede, mi ha vista quando quei bambini che non sono per niente normali non vengono e anche quando vengono ci provo e lo faccio comunque in qualche modo anche se non sereno perchè continuano a urlare disperati senza mai riuscire a calmarsi, se non stando in braccio, in piedi. Ma se io sto in braccio in piedi come faccio a fare le cose con gli altri? In più stanno arrivando altri bambini Neonati che hanno bisogno di assistenza in tutto perchè non gattonano nemmeno come li gestisco se quelli pazzi non si calmano?
Vabbè comunque per tornare al punto, lei ha chiamato quest’altra tizia in prova ad aiutare me e quell’altra e mentre io mi tenevo i pazzi che urlavano e piangevano disperati (quindi asciuga il muco e il pianto, cerca di tranquillizzarli, stai attenta che non si arrampichino per buttarsi qualcosa addosso perché se li siedi si buttano pure giu dal sediolone) e l’altra faceva fare la ninna ad altri due che quando devono dormire pure impazziscono, questa nuova si siede beata con le 4/5 bambine calme grandi e scolarizzate che dove le metti là stanno, prende il libro e legge la storia e loro tutte attente in silenzio. GRAZIE AL CAZZO! Viene la direttrice mi guarda e fa “vedi… questo vogliono fare i bambini!” davanti a tutti, nemmeno a portarmi da parte..alche io che mi sono dimostrata in questi giorni sempre molto educata umile e pacata non ci ho visto più e le ho rinfacciato tutto e lei si è chiavata la lingua in culo abbassando la cresta e dicendo “no ma non prenderla sul personale, non ce l’ho con te” e con chi scusami?? non sapeva che dire. Poi il giorno prima lei ci disse “io non guardo l’orologio, quando avete messo le ultime bambine a ninna, gli altri sono andati via e voi avete pulito e lavato a terra potete andare” Okay, ieri abbiamo finito tutto e alle 14 siamo uscite, lei alle 14:10 mi chiama sul cellulare per dire “io sono tornata e non vi ho trovate subito siete scappate?” MA QUAL SCAPPAT?? ma stai bon? e le ho dovuto rinfacciare quello che avevamo fatto, quando poi io alcuni giorni sono rimasta anche oltre a fare cose che mi avevano chiesto di disegnare e fare quelle della materna (che non sono tenuta a fare) e lei lo sapeva.
poi io ogni giorno le mando le foto che scatto ai bambini durante le attività che lei gira ai genitori, ieri ovviamente le ho fatte ma non ho avuto modo di girarle in mattinata quindi appena terminato gliele ho mandate proprio come prova che nonostante tutto le cose noi le facciamo e le ho scritto e ribadito un altra volta tutte le cose scritte per avere la prova dei messaggi, e che mi ero portata anche il lavoro a casa (dei lavoretti per la festa dei nonni)per finirlo io perchè non si riesce a fare a scuola per via del troppo casino che fanno quei bambini non scolarizzati e lei ha risposto così: “Va bene Rita , ci vediamo domani . Mi Spiace se oggi sono stata fraintesa …. Ovviamente Non era direttamente Riferito a te che sei sempre tanto compita . Grazie Per la collaborazione a domani” ma come fai a rispondere così se con noi hai parlato e l’altra ci mette lo stesso impegno anche lei BAH quando uno non sa come appararsi. Quindi perciò ieri stavo esaurita. Poi pretende e pretende tutto perfetto ma lei di perfetto nei miei confronti cosa ha? che ancora non ha preso a parlarmi per dire cosa vuole fare, quanto mi vuole dare ecc ecc?! SONO TUTTI UGUALI.
Vabbè scusa il papiello ma almeno ora avevo un attimo per spiegarti.. anche se avrei voluto parlartene a voce sentendoti e avendo una comunicazione reale.. mi manchi.. ti amo tanto
06:26
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prima di tutto i capelli;
«È qui la più favolosa del castello?» La voce raggiunge Charlotte prima ancora che la keniota sbuchi dalla soglia, scalciando via le ballerine ai propri piedi e allargando le braccia, in attesa di una stretta dell`amica (Mefisto che monopolizza le coccole non lo ha proprio notato, probabilmente). «Mi hanno liberata» annuncia, riferendosi ovviamente alla terribile prigionia presso la Drybottle, prima di raggiungere la Charleston (nel caso non fosse già avvenuto il contrario) e sederle accanto, sbirciando distrattamente la pergamena che sta leggendo.
« Aaaaahhhh!!! Tiaaaaa! » e prende subito l’abbraccio che necessita dall’altra, tutta questa distanza l’aveva distrutta, poverina. « Finalmente-finalmenteeeee!! » rimanendo attaccata a lei ancora un po’. E poi si stacca per vedere se sta bene, se è la solita, se nessuno le ha fatto qualcosa di sbagliato, tipo quella dannata Drybottle. « Non ti azzardare mai più, ma dico proprio mai-mai-mai ad ammalarti di quella stupida e poco favolosa trollinfluenza, cioèèè. » cioè. È rimasta da sola per così tanto. Per altro si prende pure la briga di sistemarle appena i capelli con un gesto della sua mano, dolcemente. « Che merlino di noia senza di te, come ti senti ora? Stai bene vero? Ti hanno trattato bene quei cialtroni dell’infermeria? »
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«Mi sei mancata tantissimo, mi dispiace che ti abbiamo lasciata sola per così tanto però ci avrei scommesso che non ti saresti ammalata» sorride mentre si lascia mitemente sistemare i capelli e addirittura china un po`il capo per avvicinare la chioma alla compagna, dato che un po`di differenza d`altezza c`è. «Sei imbattibile tu, mica ti fai sconfiggere da una trollinfluenza qualunque.» Eh certo, non per nulla è la sua migliore amica. «Poco favolosa?» Ripete sollevando un sapracciglio moro prima di ribattere, con un fare melodrammatico che si spera risultare un po`comico «No, Charlie, non era per niente favolosa! Abbiamo rischiato di morire!» Con tanto di manina sulla fronte e pausa ad effetto. «E poi era piena di gentaccia, quell`infermeria, c`era uno che non sai quanto puzzava!» Assurdo, inaudito, ingiurioso! Si prende un attimo per respirare a fondo l`aria vagamente profumata del dormitorio «Nessuno è un compagno di dormitorio bravo quanto te.» [...] «Senti, Charlie, stavo pensando di farmi i capelli un po`afro, ogni tanto, ma non so se poi sono troppo in disordine. Tu che dici?» Sono le grandi domande della vita, queste.
« Figurati! La trollinfluenza non mi avrà mai! » motivo per cui forse erbologia è una delle poche materie che la fanno sempre sbuffare quando deve recarsi in serra. Sarà che si fida poco delle piante e del terreno ed infatti come si vede tutta colpa della cacca dei troll in terra. Ew. « Merlino bolide, Tia. Non dirlo manco per scherzo, no-no. » che poteva restarci secca. Si mette una mano sotto il mento, dove con le unghie sfiora appena il proprio mento, facendo anche un lungo sospiro dicendole « Eh lo so, nessuno è favoloso come me. » come compagno di dormitorio e come tutto. [...] « Voglia di cambiare post-trollinfluenza? » domanda alla sua domanda con il nasino che si arriccia, piuttosto complice. « Secondo me ti starebbero in modo favolosissimo, ovviamente. Sarebbe un disordine che a te andrebbe ordinato e perfetto. Io, coi tuoi capelli, lo farei! » sentenzia, per darle la spinta giusta nel cambiamento dei capelli.
La piega sulle labbra si amplia appena in reazione alla complicità della migliore amica «Forse...» risponde allegramente. L`incoraggiamento sortisce l`effetto desiderato e basta a far schioccare la lingua della Jabari sul palato, prima di annunciare «Allora è deciso. Poi vedo anche che ne dicono le altre, ma lunedì capelli afro!» Per iniziare al meglio la settimana.
« Vabbè! » e poi una delle due mani viene spostata a fendere l’aria e scacciare parole e pensieri sull’altro, che qui ci sono cose molto più importanti di cui parlare. Tipo loro, il loro ego ed i loro capelli. « Dai sì! Non vedo l’ora di vederli, e che tu li faccia vedere a tutti, scommetto che un sacco di bimbe saranno super-invidiose. » commenta, dando man forte al progetto della serpeverde col nuovo look di capelli. « Ogni tanto fa bene cambiar— aah! Lo sai che ho fatto in ‘sti giorni che non c’eri? Ho visto gli asticelli! Cioè uno solo, okay, tipo vicino alla foresta proibita. Ci sono andata con Tristran » quello sano, con la R e di Grifondoro « e anche con quel tipetto di Benbow, il guardiacaccia: com’è strano lui, merlino mio. » e poi sbettando un palmo contro il materesso conferma. « La prossima volta ci andiamo noi due, okay? » propone, così che non si perda più quello che ha perso durante la convalescenza.
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olstansoul · 3 years
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Sacrifice, Chapter 34
Pairing: Wanda Maximoff & James Bucky Barnes
Zaino sulle spalle, cuffiette alle orecchie pronta ad incamminarsi verso la scuola per la seconda volta. Oggi faceva più freddo di tutte le altre volte e il suo cappotto, insieme al grande maglione che aveva indosso non erano sufficienti per farla sentire calda. Vabbè dopotutto era anche dicembre, le strade iniziavano a riempirsi di addobbi e l'albero di Natale al Rockfeller Center era già stato messo, insieme alla pista di pattinaggio sul ghiaccio.
Inoltre anche la scuola aveva iniziato ad addobbare tutti i corridoi, le entrate, la mensa e persino le scale. Una cosa a cui Wanda riempiva il cuore. Il Natale portava gioia e diciamo che negli anni passati era l'unica cosa che poteva renderla un po' più felice. Ma ora, vedeva che c'era un motivo in più per esserlo. Si sentiva bene, questo era importante. Nell'arco di una ventina di giorni avrebbe dovuto festeggiare il suo diciottesimo compleanno e l'idea o l'occasione di poterlo festeggiare con i suoi amici la rendeva ancora di più entusiasta di come lo era negli anni passati. Avrebbe vissuto il più bel compleanno di sempre, se lo sentiva.
Arrivata a scuola, spinse la porta d'entrata e tutti gli addobbi a cui pensava prima erano messi perfettamente. Ghirlande, fiocchi rossi e persino stelle, al pensiero sorrise e si diresse in palestra, l'unico posto non decorato di tutta la scuola se non per delle ghirlande attorno ai due pali dove erano messi i canestri. Arrivata all'entrata riuscì a vedere James che continuava a palleggiare la palla di cuoio. Ogni tre palleggi provava a tirare ma niente, la palla non entrava nel cesto messo in alto.
"Ora che non hai più la carica di capitano, non riesci neanche a fare un tiro?"chiese lei in modo che lui si girasse verso la sua direzione.
Passarono diversi secondi, se non un minuto prima che James le rispondesse. Era troppo concentrato a guardarla dalla testa ai piedi, forse per la milionesima volta. Aveva indosso un pantalone nero skinny, i suoi anfibi neri di pelle e lo stesso maglioncino color senape del giorno prima, abbinato ad un cappotto nero e una sciarpa dello stesso colore. I capelli erano legati in una treccia messa sul lato e aveva sulla spalla destra la sua tracolla e fra le braccia un libro. Per quanto semplice potesse essere, sia di nome che di fatto, James non era più abituato a vedere ragazze che si vestivano come se andassero a lavorare in un strip club. Ora nella sua testa, e anche nel suo cuore, regnava Wanda. Non c'era più niente e nessuno che gli potesse far cambiare idea.
Anche lei però perse tempo a guardarlo. Non che fosse completamente in tiro come lo aveva già visto di solito ma il pantalone  nero e la maglia a mezze maniche blu scuro gli davano comunque un certo fascino. Le braccia erano scoperte solo per metà e quindi lei poté vedere i bicipiti accentuati.
"Okay, è arrivato il momento di smettere di guardarlo..."si disse nella sua mente.
"Continui a sottovalutarmi, lo sai vero?"disse lui svegliandola dai suoi pensieri.
"Scusa, è che avevo perso l'abitudine"disse lei e lui rise.
"Dai vieni..."disse lui guardandola e lei lo seguì.
Come la prima volta che avevano avuto occasione di stare insieme, in questo modo, si sedettero sul pavimento della palestra. Lei sempre attenta a prendere appunti di ciò che le spiegava James per poi scriverli a matita. Intanto lui si godeva la scena di quella ragazza di fronte a sé, concentrata sia a scrivere che a sistemare le sue ciocche di capelli ribelli. Non le toglieva gli occhi di dosso un secondo, non avrebbe mai smesso. Aveva sprecato, forse, la maggior parte del tempo a guardarla da quando l'aveva conosciuta.
Aveva imparato che la sua calligrafia era ordinata il giusto, che preferiva la penna nera rispetto a quella blu. Che usava i quaderni ad anelli grandi, quelli con più pagine in modo che non avesse sprecato altra carta, che non c'era mai un giorno in cui non fosse accompagnata dalla sua tracolla o dal suo girocollo bordeaux che però oggi era nero. Oppure, ancora, dai suoi anfibi che fossero quelli neri oppure quelli marroni non importava. Che non ha indossato altro se non dei maglioncini  che la rendevano ancora più carina del solito, che i suoi capelli erano lunghi quanto l'Hudson, che il suo smalto era continuamente nero, anche se stavolta forse aveva cambiato colore. Che aveva delle labbra rosa come il color pesca e delle pozze verdi dove ci si poteva rispecchiare ancor di più rispetto al mare delle Hawaii o dei Caraibi. Ma quello che vedeva James in quegli occhi non era il mare, era solo...era solo qualcosa che non riusciva ancora a spiegare.
"Va tutto bene?"chiese lei notando che James non le toglieva gli occhi di dosso.
"Oh si, si va tutto bene...solo che ho passato le ultime quattro ore a pensare ad altro"
"Se sei stanco, potremmo fare un'altra volta, c'è tempo prima che Stark debba sentirmi una seconda volta"
"Bene, se preferisci così..."disse lui.
"Perfetto...allora cosa facciamo?"chiese lei dopo che mise apposto tutta la sua roba.
James pensò di rifletterci un'attimo e quando stava per perdere le speranze gli venne un'illuminazione.
"Ce la fai ad alzarti?"chiese lui e in quello stesso istante Wanda non smetteva di pensare a quanto fosse premuroso nel preoccuparsi per lei e per la sua salute.
"Si...che hai intenzione di fare?"
"Se la fisica, stavolta, non fa per entrambi...io, James Barnes, oggi ti insegnerò a giocare a basket"
"Cosa? Nella mia vita non ho mai giocato a basket e neanche a pallavolo. Il massimo che ho fatto è stato danza..."
"Bene, lascia che ti faccia i miei complimenti!"
"Quello che avete visto alla festa di Sharon è stato solo...solo un piccolo assaggio"
"A me è piaciuto ma scommetto che sai fare di meglio"
"Si, si James so fare di meglio ma ci sono due problemi: uno è che non posso fare di meglio anche se voglio e secondo quel che posso fare di meglio non comprende il basket"
"Bla, bla, bla...sai che stai continuando a sottovalutarmi? Anzi stai prendendo in giro il basket, sai che se la prende..."
"Va bene! Mi arrendo...proverò a giocare a basket...ad una condizione!"disse lei fermando già l'esultanza di Bucky.
"Quale sarebbe?"chiese lui con una faccia scocciata.
"Che mi prepari una torta...fra venti giorni è il mio compleanno e tu dovrai farla per me"
"Sta tranquilla, sarà la torta più buona del mondo!"
"Dovrai prepararla da solo"
"Da solo?"
"Da solo! Senza l'aiuto né di Rebecca né di tua madre...dovrai pur sconfiggere le tue paure, giusto?"gli chiese lei avvicinandosi a lui e prendendogli la palla.
"Va bene...sfida accettata!"
"Vedi di non perderla, come quella dei libri"disse lei guardandolo di lato e con un sorriso che rimase nella testa James per il tempo restante.
James fece vedere a Wanda come palleggiare una palla, passarla da un giocatore all'altro e tirarla. È stato difficile all'inizio ma dopo molto tempo era riuscita a fare canestro e per la felicità batté entrambe le mani su quelle di James, fin quando per mano del custode, il signor Lang, dovettero uscire e tornare a casa.
"Sei sicuro che stai bene?"
"Si, tranquilla non preoccuparti... a volte ricevere questi colpi è normale, specie nel basket"
"Si, ma si da il caso che io non abbia mai fatto basket"
"Diciamo che sei giustificata, anche se il tiro al tabellone è stato quello che ti è riuscito più di tutti"
"Lo so, lo so...io ero abituata ad entrare nelle palestre solo con la musica alta, in un angolo mentre mi legavo le punte o per tutte le gambe oppure una fascia sull'altra all'altezza delle caviglie.  Con un tutu  addosso oppure con un semplice body rosa"
"È stato per quello che ti è successo che hai smesso?"
"Si...scusa se ti ho mentito"
"Scusarti? Perché dovresti? Insomma se mi hai detto quella bugia è solo perché avevi paura di come avrei reagito, giusto?"
"Si, solo che non me lo aspettavo...tutto quello che mi è successo è stato un fulmine a ciel sereno"
"Beh, dopo la tempesta splende sempre il sole, vero?"chiese lui retoricamente e fermandosi per poi mettersi di fronte a lei.
E proprio come un fulmine al ciel sereno, un lampo squarciò il buio della sera e un tuono interruppe il silenzio fra i due. Subito dopo goccie pesanti d'acqua vennero giù dal cielo cadendo e inondando le strade. James prese di scatto la mano di Wanda pronto  già a correre verso il riparo piu vicino. Solo mentre stavano correndo lei si accorse della presa stretta attorno alla sua delicata mano e che i suoi capelli erano inzuppati d'acqua nonostante fossero legati.
Arrivarono sotto quello che era un tendone di un piccolo negozietto messo nei paraggi e quando si stabilirono la sotto entrambi scoppiarono a ridere.
"Okay...la prossima volta che dirò la parola fulmine, tuono, lampo o tempesta ti prego tappami la bocca"
"Tranquilla che fra un po' spioverà e poi non ho del nastro con me"
"Tu credi?"chiese lei ridendo riferendosi all'acquazzone in corso e lui la seguì a ruota fin quando lei si fermò preoccupata.
"Non mi sento più le dita...sono congelate"disse lei sfregandole di poco sperando che solo con quel gesto potessero scaldarsi.
Ma prima che potesse farlo una seconda volta, le mani di James comparvero di fianco a quelle sue e le prese fra le sue cautamente avvicinando sia le sue che quelle di Wanda alla sua bocca. Quello di James era stato un gesto che gli era venuto fuori dal cuore e che faceva da sempre. Soffiò facendo passare un po' di fiato in modo che le mani di Wanda potessero essere almeno calde per un po'. Stava quasi per staccarsi da esse fin quando Wanda si avvicinò di poco e di conseguenza anche James che fino a quel momento stette in silenzio.
"Credi che a volte basti solo del nastro per fermare le cose? Per cercare di ripararle?"
"No ,a volte c'è bisogno di buttare quelle vecchie cose per comprarne di nuove"
"Hai detto che la tua vita era perfetta prima che arrivasse questo fulmine a ciel sereno"
"Si...e tu mi hai risposto dicendomi che il sole risplende sempre dopo la tempesta"
Lui deglutì un secondo prima ancora di dire tutto quello che nascondeva dentro di sé, non che non l'avesse fatto ancora. Non l'aveva fatto avendo davanti le sue pozze verdi era questo il problema in quel momento. Era arrivato il momento di tirare fuori tutto e l'avrebbe fatto con lei davanti a sé, una seconda volta.
"Lascia che io sia il tuo nastro, quello che cerca di riparare i tuoi sbagli, il tuo sole che è comparso dopo la tempesta più grande della tua vita e che comparirà sempre, dopo qualsiasi altra tempesta e che col suo amore ti scalderà sempre"
Senza nessuna esitazione James si avvicinò lentamente e Wanda iniziò a chiudere gli occhi e solo pochi secondi dopo lui poggiò le sue labbra su quelle di Wanda in un bacio che aveva desiderato dal primo momento  in cui l'aveva vista e di cui aveva bisogno. Di cui avevano entrambi bisogno, perché ormai era certo e questo è stato la prova. Niente e nessuno l'avrebbe più separati d'ora in poi.
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homo-homini-lupus-0 · 4 years
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Mi sono già pentita di essere uscita stamattina con la ragazza dell'altra volta, una delle mie poche "amiche". Nonostante io mi sono ripromessa di non parlare come in passato di me stessa e dei miei pensieri, oggi purtroppo ho abbassato la guardia. Visto che lei mi ha detto che le dispiaceva se per passare la mattina con lei avevo tolto tempo allo studio e sperava che l'esame andasse bene, mi sono sentita lusingata del fatto che lei si preoccupasse così per me e questo probabilmente mi ha illuso di poter aprirmi con lei. E quindi l'ho rassicurata, le ho detto che, anzi, avevo bisogno di staccare la spina e farlo passando una mattina con lei era un piacere, ho aggiunto poi che ero sicura che l'esame sarebbe andato di merda perché non sono in grado di pianificare lo studio (o quantomeno di rispettare il piano). Tra l'altro, visto che inizialmente volevo preparare almeno due esami per questa sessione, e già uno era saltato perché non riuscivo ancora a finire di studiare per questo, non solo mi sento una fallita, ma le spiego che mi sono messa in crisi da sola perché, per recuperare, non ho la possibilità di lavorare quest'estate, ergo non posso permettermi di pagarmi le tasse il prossimo semestre come volevo, visto che non voglio pesare sulla mia famiglia e tutto questo mi fa stare male. Lei mi risponde "Ah okay" e ride. Momento di shock per me. Mi riprendo e, infastidita le chiedo: "ma mi stavi ascoltando? Perché hai riso?". Lei, con tutta la tranquillità del mondo, mi risponde "sì sì, ho riso perché stavo pensando al sogno che ho fatto tempo fa e volevo raccontartelo; è assurdo, pensa che... [e inizia a raccontare]". Ora, vorrei innanzitutto capire come cazzo fa a mentire con tanta naturalezza perché, se uno sta pensando a qualcosa mentre l'altro parla, significa che NON STA ASCOLTANDO, quindi che senso ha che mi rispondi "sì sì"? Ma porca troia, a sto punto dimmi chiaro e tondo "guarda, non ti stavo ascoltando perché non me ne frega una beata minchia dei tuoi problemi, io ti ho detto che mi dispiaceva che non avevi studiato per uscire con me solo per cortesia, ti ho detto che speravo che l'esame andasse bene perché boh pensavo fosse carino dirti così. Ma non volevo mica sorbirmi un pippone esagerato su quello che ti preoccupa e su come ti senti per questo. Ma che me ne frega! Io sono un'egoista del cazzo come tutti gli altri, ancora non hai capito come funziona? Certo che sei proprio scema. E visto che voglio parlare solo ed esclusivamente di me adesso ti tocca sentire il mio sogno, anche se non c'entra un cazzo, ma sai com'è, sono io che devo parlare e tu devi stare zitta ad ascoltare come al solito, come succede con tutti". Ci sarei rimasta male se mi avesse risposto davvero così? Ovvio, ma almeno avrebbe detto la verità! Che poi in fondo lei sarà stata pure una stronza, ma io sono proprio scema. Perché so che va così. Perché quando ha interrotto il racconto dicendo "vabbè dai, te lo dico la prossima volta, ché mi sembra che adesso non ti interessa" io avrei dovuto urlarle contro "no che non mi interessa, non me ne fotte un cazzo del tuo sogno e di qualsiasi minchiata ti viene in mente di raccontarmi! Tu non hai ascoltato una sola parola di quello che ho detto e non si trattava di una cazzata qualsiasi come il tuo sogno! Adesso tocca a te essere ignorata! E ora dimmi un po': come ci si sente a stare dall'altra parte?". E invece non ho detto nulla di tutto ciò. Perché la rabbia è venuta dopo, quando la delusione ha iniziato a bruciare. Non le ho detto come mi aveva fatto sentire, non avevo più voglia di parlare. Ho semplicemente controllato l'ora e le ho detto che dovevo tornare a casa. Ero spenta. Adesso sono incazzata ma, in realtà, più che con lei lo sono con me stessa. Perché devo essere davvero ottusa se continuo a sperare che le cose vadano in modo diverso, quando invece mi trovo sempre nella stessa situazione di merda.
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mirrorlessglassken · 4 years
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Dialogo
-Dobbiamo farci coraggio, lo sai. Finisco il bicchiere e me ne verso un altro. Cognac. Non è il mio preferito, ma fa passare le serate. E’ il massimo che posso ottenere in questo periodo. -Okay, ma capisci che io qua più coraggio ci metto e più lo prendo nel culo? Ne sono stufo, comprendi? Stufo. Fino a qua- e faccio un segno sulla mia fronte- Sai che succede? Che quando raggiungo qua- e alzo la mano sopra ai capelli- allora io…- e porto l’indice alla tempia, alzo il pollice e lo riabbasso- BANG! Ora è lui a riempire il bicchiere, anche se non gliel’ho chiesto. Non ci conosciamo da tanto, saranno tre anni? A volte sparisce, pure per settimane, poi ritorna con idee interessanti e così poco simili alle mie. Lo sento con piacere, vorrei poterlo ascoltare di più. -Quante volte mi hai già fatto sto discorso e sta pantomima del bang? Quante volte mi hai detto di essere arrivato là? Guarda sai cosa? Oggi decido di crederti. Ecco, tieni, fai. Mi passa un coltello. Lo prendo e me lo rigiro in mano, poi glielo restituisco:- Ma vaffanculo va. -Appunto, vaffanculo, pure tu hai concluso con questo. Ora, vuoi ascoltarmi? E bevi un po’, Cristo, che sennò mi senti male. Gli faccio cenno di continuare. -Ti odi, vero? Annuisco. -Magari pensi che sarebbe meglio se tu sparissi. -Eh. -Oddio, hai pure rovinato la vita a chi ti circonda. -Ma scusa, che vuoi ottenere ripetendomi cose che già so? -Ah, vedi che se te le dico io però ti innervosisci? -Sai che odio vedermi confermati i fallimenti, le paure, le inadeguatezze. Sai che regolarmente penso queste cose. Sai che le condivido con te perché le capisci. Dovessi condividerle con chiunque altro, mi schiferebbe via. -No, le condividi con me perché devi, questo è un dettaglio rilevante ma vabbè. -Touchè, concedo. -Dimmi un po’, chi mai ti ha confermato tutto questo? -Che cazzo, tutto, guarda. Davvero non capisco dove voglia andare a parare ma mi sto irritando. -Tutto cosa? Dai voglio proprio vedere chi è venuto lì a dirti “Sei un fallimento, impiccati”, a parte i tuoi stessi pensieri. -Non me lo dicono, lo capisco e basta, da quello che succede. Da una parte dicono di volermi bene, dall’altra mi evitano. Da una parte farò successo, dall’altra neanche capisco come sono girato. Dai, ammettilo pure tu che stai qua perché non ci sono molte altre opzioni. Pure tu mi rimpiazzerai. -E non vedi l’assurdità di questi pensieri? Alzo il sopracciglio. -Se tu fossi uno zero per gli altri, pensi che si prenderebbero anche solo la briga di rassicurarti? Mettiamo che loro siano perfetti e tu una merda. Perché non ti hanno già buttato via allora? Tanto non migliori nulla, no? Quindi dalla loro altissima perfezione dovrebbero sapere come meglio impiegare il tempo. Dici che ti evitano. Tu non eviti mai loro? -Sì, okay, ma ho i miei motivi… -E loro no, invece. Fanno tutto in funzione del tuo malessere. Ho sentito che si mettono anche d’accordo, per farti sentire peggio. -Sono un egocentrico del cazzo, eh? -Solo quando stai giù, ma è normale. Lo fanno tutti. Se dovessi dirti chi si è fatto delle paranoie per te, e quanto affetto tu invece provi per quella persona… Non tutto gira intorno a te, molto dei tuoi “fallimenti” sono normali. Come vuoi ottenere qualcosa senza sacrificare altro? Non sei più un bambino, per quanto ti ci comporti come tale a volte. Non sono tutti attenti a te e pronti a raccogliere il giochino da terra al primo capriccio. Cala il silenzio. Finisco la bottiglia e appoggio la testa sul tavolo, mani trai i capelli e cuore in gola. Nel riflesso della bottiglia non vedo nessun altro, solo il mio viso stanco e gli occhi arrossati. Lui continua:- Sai, ti sei fabbricato due mondi. Uno è qua, l’altro è fuori dalla tua testa invece. E noi sappiamo quanto la tua testa dentro non sia proprio messa bene. Lascia un po’ questo spazio incasinato e salta in quello fuori, più libero. E’ solo un salto. Fatti coraggio.
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Clip 1.2 - Svegli
G: Ma 'ndo stai?
M: Qua.
G: Perché?
M: Perché? Perché dormi come un tricheco e mi hai buttato giù dal letto.
G: Vabbè dai, vieni zí, ci stiamo in due.
M: Vabbè ormai siamo svegli.
È il mio, me lo prendi?
G: È Eva.
M: Pronto?
E: Ohi, Marti.
M: Ciao.
E: Ti ho svegliato?
M: No. No, sto con Giovanni. Stiamo andando a fare colazione adesso.
E: Ah, okay. Allora magari ci sentiamo dopo.
M: Okay, ciao.
E: Ciao.
G: Che voleva?
M: Niente...gli appunti di storia dell'arte.
G: Okay. Ma non t'ha detto niente lei?
M: Di cosa?
G: È che ci siamo visti e io ci ho un po' provato.
M: Non lo sapevo.
G: Sì, ma ho fatto un po' una figura de merda, in realtà.
M: Perché? Che ti ha detto lei?
G: Che non se la sentiva...che...sto periodo vuole stare da sola, ste cose.
M: Mi dispiace.
G: Boh.
È lei?
M: No. È la Covitti.
G: Ah, ti scrive, eh?
M: No, m'ha aggiunto su Instagram.
G: Ti piace, eh? Vecchio zozzone.
M: Macché! Mi ha solo aggiunto su Instagram.
MAMMA: Siete svegli.
G: Ciao.
MAMMA: Ciao.
M: No, parliamo nel sonno.
MAMMA: Gio, mangi con noi?
M: No.
G: Perché?
M: Che c'è per pranzo, mà?
MAMMA: Eh, in effetti mi sa che non c'è molto, però posso scendere giù da Samir, no? Magari comprare...
M: Un pollo schiacciato?
MAMMA: Con le patate?
G: Be', buono. Pollo schiacciato.
M: No. Se lo mangi quattro volte a settimana, no.
G: Vabbè, io non lo mangio mai quindi andrà benissimo. Non c'è problema.
MAMMA: Dovresti venire un po' più spesso.
G: Con piacere.
E: Volevo solo scusarmi per ieri sera. Ero un po' ubriaca. Mi dispiace.
G: Mamma mia, che palle che sei, zí. Se non la tratti proprio sempre di merda magari un po' l'aiuti pure, eh?
M: Che ho detto?
G: Ma...posso fare un po' di caffè?
E: Non dirlo a Gio.
MAMMA: Oddio, lo sai che mi sa che è finito. Ci sono delle tisane però.
G: Bar.
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la-suonatrice-jones · 6 years
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Ok dato che mi sento una rompipalle a chiedere sempre, ecco una piccola cosina Metanari che mi è venuta in mente stanotte mentre non riuscivo a dormire.
È praticamente la prima cosa che scrivo così so be merciful (???)
Also è mezza ispirata a cose vere, che una mia amica ha visto e sentito durante un instore, probabilmente non c’era manco bisogno di dirlo ma io l’ho detto lo stesso don’t @ me. Enjoy???
Ennesimo instore per Ermal (e Marco che lo segue sempre e gli porta la chitarra e occasionalmente le medicine per quando si ammala, cioè sempre)
Marco se ne sta in disparte, seduto a qualche metro da Ermal in modo che se per caso avesse bisogno di qualcosa gli basterebbe girarsi e chiedere ma che comunque in modo che non stia in mezzo ai fan
Fan che sono tantissimi?? Ma quanti diavolo siete pensa Ermal
Ma alla fine è contento che siano così tanti, è solo che ha un po’ di raffreddore e sono almeno 4 ore che è iniziato l’instore e comincia a sentire la stanchezza
Marco si alza un attimo dalla sua postazione per il solito controllo tra un’ora e l’altra
Sì ok super cheesy, Macco è dolce e si preoccupa per il suo ragazzo
Appena Ermal finisce con una fan, Marco ne approfitta per parlargli e per dargli una caramella (again, Macco si preoccupa molto e cerca di farlo mangiare per ridargli un po’ di forze)
Ermal mugugna un grazie
Poi alza gli occhi su quelli di Marco e Marco povero vorrebbe tanto portare Ermal a casa e metterlo a letto e rimboccargli le coperte perchè ha proprio la stanchezza che gli si legge in volto
“Macco che ore sono, non ce la faccio più” Macco sente il cuore fare crack perchè odia vederlo così stanco e vorrebbe poter fare qualcosa
“Mezzanotte e un quarto” dice avvicinandosi un pochino “non manca tanto dai. Vuoi fare una piccola pausa? Se vuoi lo dico io”
Ma Ermal non vuole fare una pausa perchè sennò finirebbe ancora più tardi, quindi fa di no con la testa
Macco gli accarezza la guancia con una mano e gli sorride “dai non manca tanto, poi filiamo in hotel e dormi”
Ed Ermal riprende con i fan
E firma e parla e ascolta on repeat per un’altra oretta
Finalmente arriva l’ultimo fan
E quando finisce Ermal lascia il pennarello con le dita indolenzite e chiede un po’ d’acqua
E Marco gli porta una bottiglietta e un bacino sulla guancia perchè dopo tutta quella fatica se lo merita pure
Salutano i gestori del negozio (li salutano??? Sinceramente non lo so ma nella mia testa sì quindi ok)
E vanno fuori dove c’è il taxi che Marco ha chiamato 5 minuti prima
Salgono nei posti di dietro e appena Marco si è messo comodo e ha detto il nome dell’hotel al tassista, sente un peso sulle gambe
E guarda giù e vede tanti ricci neri
Ermal s’è sdraiato su di lui il momento in cui è entrato in macchina perchè ha davvero tanto sonno
E il cuore di Marco esplode perchè ma quanto sembra un angioletto Ermal così, indifeso e pacifico
E Marco comincia ad accarezzargli i capelli piano piano e sente Ermal che si rilassa sotto il suo tocco
E vorrebbe non doverlo svegliare 15 minuti dopo quando sono arrivati all’hotel ma deve
Perchè potrebbe anche portarlo in braccio (con un po’ di fatica perchè è un po’ troppo alto ma con pazienza ce l’avrebbe fatta a portarlo a mo di principessa) ma sinceramente chi lo sentirebbe il giorno dopo il signorino che “ma come mi hai preso in braccio, ti sembro un bambino? Dovevi svegliarmi!”
Esatto, lui. Lui dovrebbe starlo a sentire rompere perchè ha osato portarlo in braccio come se non avesse 37 anni
E quindi piano piano gli sussurra nell’orecchio per svegliarlo
“Ermal siamo arrivati”
Niente
“Ermal”
Muto
Prova a smuovergli delicatamente il braccio
In risposta Ermal avvicina le gambe al petto e si appallottola su se stesso
Come i bambini.
“Dai Ermal che andiamo a letto”
“Mmmmmpf”
E un braccio che va sopra il viso per coprire meglio gli occhi
“Okay ho capito, ti prendo in braccio e ti porto in stanza così”
Sapeva che avrebbe funzionato
Ermal comincia ad alzarsi dal suo grembo e a bofonchiare qualcosa tipo “rompipalle”
Ma Macco sorride, perchè lo trova dolce
Also ridacchia perchè Ermal ha il segno delle spieghezzature (esiste questa parola? Ora sì) dei suoi jeans sulla guancia
So cute
E quando arrivano in stanza Ermal non ha la forza di fare niente se non buttarsi a letto
Con vestiti e tutto, senza mettersi il pigiama
Marco che entra in stanza poco dopo con le valigie e lo vede lì decide di non disturbarlo facendo la mammina e “dai mettiti il pigiama”
Che poi ma quale pigiama che dormono sempre in boxer
Invece gli toglie gentilmente le scarpe (almeno quello oh sai che schifo dormire con le scarpe addosso) e dopo essersi spogliato e rimasto solo in boxer si butta a letto accanto ad Ermal
E gli dà un bacio leggero sulla guancia per non svegliarlo seh vabbè come se un bacino potesse svegliarlo dal letargo
E si avvicina di più al suo corpo per sentire il suo calore e la sua pelle a contatto con la sua
E lo abbraccia da dietro, circondandogli la vita con un braccio
Cosa che non succede mai perchè di solito è Ermal ad essere the big spoon
Ma stasera va bene così, stasera è lui a proteggerlo
E dormono come due ghiri, uno avvinghiato all’altro, facendo sogni sereni.
Okay poi mi spiegate perchè quando me le immagino le cose sono tutte carine e arcobalenose e poi quando provo a scriverle non mi piacciono.
In ogni caso sappiate che nella mia testa era tutto più cute e meglio organizzato
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armoniaprivata · 3 years
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Mi chiedo come può far successo una come la Lamborghini. Vabbè, io non faccio testo praticamente non mi piace nessuno. Sorrido della mia ruvidezza e, guardandomi allo specchio faccio spallucce. L'immagine riflessa mi riporta a una realtà che non amo affatto, a questa me che, da quel noi, non è mai completamente uscita. "Un po' di assenzio potrebbe servire." Penso, mentre mi dirigo in cucina. Il rito è quello che mi piace di più, forse, anche più del bere. Bicchiere, cucchiaio a foglia, zolletta. Il liquido verde cola sullo zucchero, attraverso il vetro controllo di riempire per metà. Accendo il fuoco, prende vita subito nutrito da zucchero e alcool. La zolletta si caramella colando tra le fessure del cucchiaio. La fata verde s'infiamma. Lascio bruciare per un po', poi spengo la fiamma con acqua gelata . Ne esce una bevanda di un colore opaco, dal forte profumo di anice. Gusto il primo sorso a occhi chiusi. Il rumore della notifica dei messaggi, mi distoglie dai miei pensieri. Guardo l'ora 23.30. "Che palle." Sono le parole che mi escono di bocca. Lascio lì, non ho voglia di perdere tempo. Mi siedo sullo sgabello alto, continuo a bere a piccoli sorsi. Il tijuone sta facendo il suo effetto, i muscoli si rilassano, le spalle si decomprimono... fisso la fiamma della candela e la vedo sfocata. Il led del cellulare lampeggia. Cedo alla curiosità. "Arrivo tra 10 minuti." Cazzo, cazzo, cazzo mi sono completamente scordata che Enrico sarebbe passato stasera. Ho ancora il dispositivo in mano ed ecco, nuovamente una notifica. "Apri, sono qui." Passo veloce davanti allo specchio, il kimono nero di seta mi dona, i capelli sono arruffati ma non indecenti. "Ciao." "Ciao." "Entra, ti aspettavo." "Bugiarda, ti eri completamente scordata. Ti conosco." "Dai, non stiamo a puntualizzare su queste sciocchezze. Ti ho aperto no?" "Sì, però mi piacerebbe se tu fossi un po' più affettuosa." "Perché mai dovrei essere affettuosa? Mica siamo fidanzati." "No, non siamo fidanzati però ci vogliamo bene." "Sì, te lo concedo, ma non per questo sto qui ad aspettare il tuo arrivo." "Perché non cerchi almeno, di fingere di tenerci a me?" "Perché fingere non mi piace e, comunque, non ho mai negato di tenere a te." "Hai un modo strano di dimostrare il tuo affetto." "Non è strano, è il mio." L'effetto dell'alcol si inizia a far sentire e ora, aver qui Enrico non mi spiace affatto. Mi dirigo nuovamente in cucina e lo prendo per mano perché mi segua. Il bicchiere è praticamente vuoto. Ripeto una a una le operazioni per la preparazione. "Vuoi?" "Sì, grazie." Passandogli l'assenzio ci sfioriamo. Ha mani grandi, curate, dita belle e affusolate. Sposto lo sguardo e incontro quelle labbra morbide, carnose, invitanti. Ha fatto la barba. I suoi enormi occhi nocciola gli addolciscono i lineamenti. Il fisico strutturato ma non muscoloso, mi appare leggermente fuori fuoco. Sono brilla. Lo guardo appoggiare la bocca e sorseggiare. Non ho voglia di lasciargli il tempo di ubriacarsi. Mi sporgo e, le mie labbra, suggellano le sue. L'odore dell'anice, si mischia con quello del l'alcool e del suo dopobarba. Non essere completamente sobria altera le mie percezioni. Sento crescere il desiderio ed espongo spudoratamente le mie voglie, lasciando cadere a terra quel velo di seta che copriva la pelle nuda. I seni sfiorano il tavolo. Sposto maldestramente il bicchiere che, rovesciandosi, fa colare l'assenzio sulla sua camicia. "Monella, hai fatto un guaio, ora sono tutto imbrattato." "Togli la camicia, quel che resta sulla pelle, se vuoi, lo pulisco io." Lo guardo slacciare i bottoni uno a uno, togliere i gemelli. Il petto, così esposto, enfatizza le forme di un corpo che adoro da sempre. La lingua passa lì, dove il brillare della candela, mostra tracce di liquido. Piccoli tocchi di punta, delicati, solleticano la sua pelle dal collo ai capezzoli, che prendo completamente tra le labbra, che succhio, che mordo. Scendo. Con le mani aggrappate ai suoi fianchi mi tengo in equilibrio. Accovacciata all'altezza della vita sollevo lo sguardo. "Tu mi fai impazzire." "Lo so." "Sai troppe cose." "Quelle che servono." E mentre pronuncio queste parole sfilo la cinta. Lascio scorrere il cuoio tra i passanti e poi sbottono i jeans. L'erezione si lascia a fatica contenere. Appoggio la guancia alla stoffa dei boxer. Sfugge un gemito sommesso dalla sua bocca. Una piccola chiazza di liquido s'intravede quando d'improvviso s'accende la luce nella stanza. Non mi scompongo. Elena si avvicina a noi, indossa un Kimono simile al mio, color crema. Si abbassa, mi bacia, mi guarda. "Posso unirmi?" "Per me sì." Sorrido nel darle il consenso. Non credo si debba chiedere a Enrico l'approvazione. I pantaloni alle caviglie sono presto raggiunti dai boxer, che sfiliamo contemporaneamente da ambo i lati, senza smettere per un solo attimo di far danzare le nostre lingue l'una nella bocca dell'altra. Via le scarpe, via tutto. A verga esposta, l'attenzione si concentra su quel membro turgido, che divide le nostre labbra, che si cercano abbracciandolo dalla punta alla base, massaggiandolo lungo tutta la sua lunghezza. Un sapore leggermente salato si mischia con le nostre salive. Lui, l'oggetto cui ogni gesto è rivolto, in realtà, è solo un giocattolo. La nostra voracità è fame insaziabile di noi stesse. Mi specchio negli occhi di Elena. Lascio libero il cazzo per prendermi la sua bocca, le slaccio la cintura e la denudo per poterla ammirare, toccare, gustare. Ha forme morbide come le mie, ben proporzionate. Il culo pieno, il seno florido. Con la mano alla nuca la attiro a me, salda nella mia certezza di sapere che è creta nelle mie mani. L'altra mano le fruga tra le gambe. Si dischiude calda quell'umida fessura, che accoglie le mie dita subito irruente. Le sfilo da lei, gliele infilo in bocca senza staccarmi e la bacio ancora. È gustoso il suo sapore, sa di buono lo sento attaccarsi al palato, sale l'odore dei suoi umori e riempie le narici. Mi libero dalla morsa che io stessa ho creato, per tornare al nostro gioco. L'eccitazione non è scemata e, mentre prendo Elena per i capelli avvicinandola al glande di Enrico, a mano piena sostengo i testicoli, che porto alla mia bocca insieme. "Apri bene. Fammi vedere quanto sei brava." Lei mi sorride compiaciuta e poi spalanca le fauci. La spingo con decisione. Il cazzo la riempie fino a raggiungerle la gola. Non le lascio spazio. La tengo lì così e inizio a dettare il ritmo. Non smetto, nemmeno quando i conati si fanno più vicini, non smetto, nemmeno quando le lacrime le rigano il viso. Enrico è in estasi. Quando la lascio respirare la saliva le cola lungo il mento, le lacrime scendono lungo le guance. Le caccio due dita in bocca, le lecca con dovizia, le bagna copiosamente. Ora sono seduta a gambe spalancate davanti a lei, mi masturbo fino a un attimo prima dell'orgasmo. Di nuovo le afferro la nuca, la prendo e le spingo la faccia contro il mio sesso, mentre prendo in bocca quello di Enrico. Mi succhia il clitoride come fosse un piccolo cazzo, solletica la parte esposta con la punta della lingua. Riproduco ogni suo movimento, con dovizia di particolari, sul pene che accolgo. Allo stesso ritmo, con la stessa intensità. Succhio, lecco assaporo e quando le sue dita si fanno spazio dentro di me le mie entrano in lui spingendo a uncino verso la prostata. Sento le sue gambe che si irrigidiscono, l'ano si chiude sulle falangi. Un gemito sordo, di piacere, esce dalla sua bocca esattamente quando il mio piacere, esplode in quella di Elena. Servizievole e compiacente, lei accoglie i miei umori non lesinando nella cura del raccogliere quanto è rimasto tra le cosce. Sfilo le dita, gliele porgo così che non smette di fare il suo dovere. La spingo piano con la schiena a terra, mi metto su di lei. Pelle a pelle, mi gusto un lungo, dolcissimo bacio. Scivolo dal suo corpo. Sono carponi, la schiena a C, le terga esposte. Lei aperta davanti a me, completamente offerta. Sento la saliva di Enrico colare lungo la fessura tra le natiche, il pollice la indirizza all'ano. Mi abbasso piegando le braccia per dargli maggiore spazio, per ridurre il mio da quella succulenta pietanza che mi si pone davanti agli occhi. La lingua, passa dal basso verso l'alto, fermandosi per insinuarsi tra le labbra di quella vulva calda, accogliente, profumata. Quella di Enrico scorre, seguendo su di me il percorso inverso, rotea attorno all'orifizio, lo viola delicatamente. Restituisco il piacere che mi è stato donato prendendomi cura di lei, della sua intimità. Sento il glande appoggiato all'ano, trattengo un attimo il fiato. Inarco ulteriormente la schiena. Mi focalizzo sulla fica di Elena mentre sento la carne che si dilata. Spingo verso l'esterno, per agevolare l'ingresso, lo sento entrare centimetro dopo centimetro, fino a essermi completamente dentro. Sospiro e allontano la sensazione di bruciore che sento. Lui è immobile, in attesa che il mio corpo si rilassi, che accetti quell'intrusione. Riparte la mia lingua a titillare il clitoride, mentre la mano di Enrico si sposta sul mio. Si allarga lo sfintere nella masturbazione e inizia il gioco. Ancora una volta si armonizzano i ritmi. Sodomizzata da lui, immersa in lei, danzo nella lussuria con sinuosi movimenti e, godo di tanta pienezza. L'orgasmo arriva impetuoso, incontrollabile all'unisono coi loro. Una meravigliosa sincronia di piaceri che vibrano. Ci accasciamo così, ammassati a terra l'uno sull'altra. Enrico è ancora dentro di me, lo sento pulsare. Elena inerme distesa, la mia testa appoggiata al suo ventre. Restiamo lì, così, in silenzio per un po'. Lui si sfila, lo vedo dirigersi verso il bagno. Rotolo sulla schiena. Elena si alza. Mi da un bacio a fior di labbra. "Dorme qui?" "Non lo so, glielo chiedo quando esce dalla doccia." "Okay, io vado a letto. Se resta qui, digli di far piano domani che ho preso ferie e vorrei riposare." "Va bene, tranquilla , chiuditi la porta comunque." "Sarà fatto. Notte." "Notte." Mi alzo, pulisco dove ho fatto cadere l'assenzio. Mi infilo il kimono. "Eva." "Dimmi." "Ti scoccia se resto a dormire? S'è fatto tardi." "Resta pure, basta che domattina non fai rumore uscendo, che Elena è in ferie." "Saró silenziosissimo." "Bravo, Mi faccio la doccia anch'io, poi ti raggiungo a letto." Entro in bagno con il cellulare in tasca, apro la doccia. Il vapore riempie la stanza. Appendo il kimono al portabiti, lo guardo. È stato il tuo ultimo regalo. Mi infilo sotto l'acqua calda, lascio che si insinui ovunque. Con il doccia schiuma massaggio bene tutto il corpo. Ti penso. Non riesco a lavarmiti si dosso. Tolgo dalla pelle il suo odore, quasi volessi far riaffiorare il tuo. Mi avvolgo nell'accappatoio di spugna. Prendo il telefono. La Lucina delle notifiche lampeggia. Apro telegram, leggo. "Mi manchi." Spengo il cellulare, lo metto in carica. Mi infilo sotto alle coperte. "Enrico, sei sveglio?" "Sì, dimmi." "Io ho ancora voglia." "Ogni tuo desiderio è un ordine." Mi perdo in quell'abbraccio vuoto, in quegli orgasmi di solo corpo perché, non riesco a trovare altra cura al mio volere solo te.
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gryffsophia · 5 years
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⁖  ♡  Sophia & Josh @ Sala Comune di Grifondoro / 19 Febbraio –– pt. 2
( ... ) s’è smossa dal suo letargo, dopo l’ultimo messaggio, per infilarsi un maglioncino da sopra i pantaloncini ed il reggiseno. Niente di più. Con i capelli lasciati sciolti sulle spalle e senza trucco lascia il proprio Dormitorio, insolitamente — e non è sorpresa quando trova già Josh su di un divano. Si limita a sederglisi accanto. ‹ Quindi? Hai portato almeno gli anelli? ›
Lui vive indossando tute praticamente ogni volta che può – sempre firmate, anche se, in questo caso, non ha intenzione di ostentare alcunché. Quando Sophia gli si siede accanto, Josh usa la bacchetta per trasfigurare il bicchiere d’acqua sul tavolino in un paio di manette. Le porge alla ragazza, dicendo: «Così gli anelli possono essere usati con fantasia!»
Non che Sophia non lo sappia, che quelle non sono semplici tute: riconosce i capi griffati ad un miglio di distanza. Il suo stesso “ semplice “ maglioncino è comunque firmato Chanel. E quindi ( ... ). Però per stavolta non ci fa neanche caso, ha indossato la prima cosa morbida e larga che ha trovato, e ne è felice — perché piega le gambe di lato in modo semplice. L’osserva con interesse, per cercar di capire cosa voglia fare, e poi ride. ‹ Avrei dovuto aspettarmelo. › e se le prende pure, le manette, facendosele roteare su un dito. ‹ Allora? Come mai sei incazzato? ›
Come mai è incazzato? Per tutto. Tutto, tutto, tutto. Dai motivi più futili a quelli più profondi e inammissibili. Ma la rabbia è qualcosa che può ammettere, a differenza della tristezza. Perciò ora scrolla le spalle e risponde: «Non mancano mai le ragioni per cui incazzarsi! Tu non sei incazzata? Perché dovresti!» Che senso ha quel che ha detto? Per lui ne ha, okay.
Lei non è incazzata, è delusa. Però questo non lo specifica. Si limita ad aggrottare giusto un po’ la fronte, prima di strisciare sul divano per ritrovarsi più vicino a lui, piegando il capo in modo da arrivare a posarglielo su di una spalla. ‹ La vita è proprio una merda. › si limita a dire. Proprio / saggia /.
Gli piace la rabbia perché lo rende più forte. La delusione, invece, rende debole, esposto, vulnerabile, e lui, incapace di tollerarla, ha appreso come trasformarla in ira, come non renderla più un sentimento passivo. «Hey, hey, hey!» Si ritrova subito a dire, allontanandosi da lei solo per posare due dita sotto il suo mento e sollevarle il viso. A testa alta! «Se la vita è una merda la si prende a pugni, non si lascia che ci prenda a pugni!» Josh Russell ha appena detto una cosa intelligente? Dio, dev’essere grave... «Adesso facciamo una cosa. Tu mi dici quello che rende la vita una merda e dai un pugno...» Si toglie il cuscino da dietro la schiena. «...qui.»
A contrario, Sophia la rabbia la detesta; la detesta perché la rende irrequieta, irrefrenabile, violenta. La delusione, la tristezza... sono sentimenti con cui ha imparato a convivere, nel corso degli anni, che per quanto possano farle male al cuore riesce più o meno a gestire — nonostante ne sia vittima. Anche adesso, che lascia vagare lo sguardo chiaro nel vuoto prima di riportarlo sull’altro non appena sente la pressione di quelle dita sotto il mento. E non se lo aspettava. Non da Josh, almeno, tanto che sgrana un attimo gli occhi per la sorpresa, perché... insomma, quello che ha detto / ha senso /. Solo che Sophia è abituata a farsi “ prendere a pugni “! ‹ La vita fa schifo per così tante cose che potrei renderlo una pappina, quel cuscino. E pure la tua schiena. Non voglio farti male! › seria, adesso, perché / vabbè /: l’ultima volta che ha dato un pugno è stato qualche settimana prima, dritto sulla faccia di Selene e poi sul pavimento, ma ne sente ancora il formicolio nelle ossa.
Rotea gli occhi in modo plateale, benché con un certo divertimento che si manifesta nel suo sorriso. «Esagerata!» Esclama. Conoscendosi, poi, sa che se Sophia rifiutasse il gioco sarebbe arrabbiato anche per quello. Già, ha davvero, davvero bisogno di sfogarsi... insomma, gli ci vorrebbero a lui, i pugni nel cuscino! «Mi sottovaluti. Resisto benissimo, io! E pure questo mi sembra fatto con ottima stoffa.» ...Visto? Non ha già più senso quello che dice, forse.
Sophia a questo punto inarca un sopracciglio, scrutando l’altro dritto in volto per un / lunghissimo / lasso di tempo, prima di decidersi a parlare nuovamente. ‹ Okay, allora facciamo che ci sto — ma solo se poi dopo facciamo a cambio. › Perché insomma, non ci vuole mica un genio a capire che l’altro abbia / davvero / bisogno di sfogarsi! E se può aiutare... perché non dovrebbe farlo?
Sophia lo prende in contropiede perché... non aveva preso in considerazione, prima, di fare lui stesso ciò che ha proposto. Poi, però, si dice che non sarà un problema: non rivelerà chissà cosa, no? «Facciamo che ci sto anch’io!» Esclama. «Ma inizi tu!»
‹ Okay, d'accordo! › e si sistema meglio a sedere sul divano, con gli occhi rivolti a nulla e la fronte aggrottata –– nel tentativo di ricordare i maggiori motivi per cui la vita fa schifo. Quelli che può rivelare, almeno. ‹ Mio fratello ha lasciato Hogwarts. Mia madre continua a trattarmi come se fossi scema. Questa scuola è una merda, tranne che per poche persone. › ad ogni frase un pugno, e solo alla fine si tira indietro con un sospiro. ‹ Okay, tocca a te. ›
Regge con entrambe le mani il cuscino, lasciando che l’impatto di ogni colpo ne sia attutito. Ascolta, è naturale, ma è deciso a non commentare le tre affermazioni di Sophia: quel gioco è per uno sfogo, non per un giudizio. Non li sopporta proprio più, i giudizi, dato che ne dà già abbastanza a se stesso. Dopo aver passato il cuscino alla ragazza, allora, parla, pur non rivelando quel che non può esserlo: «Sono troppo stupido.» Un pugno. «Mio fratello è sempre meglio di me.» Un pugno. «Non passerò i G.U.F.O.» Un pugno. Non ha finito. «I miei mi ritireranno da Hogwarts.» Adesso ha finito. Sospira. Si sente più leggero, anche se è consapevole che non basta questo a far passare la rabbia.
Anche lei ascolta in silenzio, e solo poco dopo si porta il cuscino sotto il viso, rannicchiando le gambe al petto e stringendoselo contro. ‹ Non sei stupido. › si limita a dire, scrollando appena un po' le spalle, e sulla questione del fratello neanche ci mette bocca –– perché in un certo senso riesce a capire cosa intenda, cosa provi. Resta in silenzio ancora un po', il cuore che batte lentissimo. ‹ Magari possiamo fuggire prima che ti ritirino. › con un sorriso un po' vago, per smorzare la tensione.
«Tranquilla, non c’è bisogno che provi a consolarmi.» Ecco. Ecco come reagisce Josh a delle parole gentili. È che non ci crede, in effetti, che Sophia, o chiunque altro, possa non ritenerlo stupido –– secondo lui... lo è, e lo è in modo oggettivo, qualsiasi cosa questo voglia dire. Poi, però, si rilassa, appoggiandosi con la schiena al divano e puntando lo sguardo sul soffitto. «Quindi... Los Angeles. E poi? Seconda tappa?»
Aggrotta solo un attimo la fronte, lei, perché... ‹ Non sto provando a consolarti. Sono onesta. › con tanto di scrollatina di spalle, perché a dire la verità a lei Josh non l'è mai sembrato stupido. Solo che non aggiunge niente, perché lo sa bene com'è quando si è convinti di qualcosa e non v'è niente che possa farti cambiare idea. Quindi si limita a distendersi sul divano, posando il capo sul bracciolo e allungando una mano per tirarlo accanto a sé. ‹ Los Angeles, New York. Sai dove non sono mai andata? In Messico! ›
La tristezza si trasforma in rabbia o in battutine, a seconda dei giorni, a seconda dell’umore, a seconda della circostanza. Adesso, per esempio, dopo aver seguito la richiesta muta della ragazza ed essersi disteso accanto a lei, se ne esce con un sorriso velato di un’ombra e con un «Guarda che se ci mettiamo in questa posizione potrei non riuscire a controllare certe reazioni naturali». Frase che... vabbè... sapendo che l’unico modo in cui ha un’erezione con una ragazza è chiudendo gli occhi e pensando ad altro... fa ridere davvero, per non mettersi le mani tra i capelli... ma non lo sa nessuno e, dunque, si spera che faccia ridere lo stesso. «Messico! Non sono sicuro di vedertici, coi baffi e il sombrero!»
Sophia è abituata, a questo tipo di battute –– perciò rotea appena gli occhi al cielo, solo che... ecco, è una / battuta /. Si sente. Ed il modo in cui l'altro sorride, quasi indeciso, con quell'ombra che non lo rende autentico al cento percento, un po' le dà da pensare. Certo, non immagina il motivo reale che si cela dietro quello stato d'animo, però... ‹ Sono più che certa che saprai come contenerti! › ironica anche lei, ovviamente, mentre posa la guancia sulla sua spalla. Vabbè. Si mette a ridere solo una volta che ode le sue prossime parole, fingendosi indignata. ‹ Tu dici? Mah. Secondo me invece sarei bellissima. Potrei fare le treccine ai baffi come Jack Sparrow. ›
Esagera la maggior parte del tempo, Josh. È che, capirete bene, quando qualcosa non viene naturale e ci si costruisce una maschera, non è semplice evitare di creare una caricatura. Se è vero che l’ironia e i riferimenti sessuali sono allineati con la sua personalità, dunque, è anche vero che di frequente ne dice a dismisura per alimentare quella sua immagine da ragazzino in preda agli ormoni e attratto da qualsiasi ragazza esistente. «Naaah! Per carità! Vuoi mettere in versione Elizabeth Swann stretta in un corpetto? Quella sì che è tanta roba!»
Non è l’unico a vivere di apparenze, Josh, ché anche Sophia vi è abituata — e d’altronde a vivere in una famiglia come la sua non potrebbe essere diverso. Solo di recente ha lasciato ricadere la maschera, e non completamente: è difficile lasciarsi andare quando credi la tua mente sia malata. No? Però con Josh riesce ad essere più se stessa, con le spalle un po’ più rilassate nonostante il dolore e nessun cipiglio costantemente divertito dipinto sulla faccia. ‹ Non so, ho i miei dubbi al riguardo— › mentre si volta per guardarlo in viso, un sopracciglio appena inarcato. ‹ Secondo me i corpetti sono sopravvalutati. ›
❪ CONCLUSA ❫
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Clip 2.5 - Tabasco p.2
M: Ottimo nascondiglio, tra l'altro. E..la musica celtica com'è?
N: Non la conosci?
M: No.
N: Perché, che musica ascolti?
M: Bah, ultimamente sto in fissa con Jamie XX.
N: Okay.
M: Non ti piace?
N: No..non male, però..insomma...
M: Vabbè, non è la musica celtica, però...
N: Vabbè, mica ascolto solo musica celtica, cioè...
M: Che ascolti?
N: Conosci Earl Sweatshirt?
M: Sì, ho sentito qualcosa.
N: Ma stai scherzando? Cioè è tipo il più matto, il più maledetto di tutti i rapper. Roba che, senza alcun motivo, ha lasciato la crew con Tyler The Creator per fare il solista.
M: Vabbè, un pazzo.
N: Un pazzo. E la madre, che tipo è un avvocato californiano, lo ha spedito per due anni in questa specie di prigione rieducativa alle Samoa.
M: Vabbè, ma pure la madre non è che sta tanto bene comunque, eh.
N: No, ma nessuno sta bene là, zí, cioè...
M: Ci credo.
N: L'hai sentito l'hashtag FreeEarl?
M: Sì, diciamo che adesso che mi ci fai pensare l'ho sentito. FreeEarl.
N: Vabbè, famo che ti faccio sentire qualcosa, va.
M: Famo di sì.
N: Ascolta e trema.
Ecco.
M: Ma cosa sono quei due cadaveri che stanno laggiù?
N: Quei due cadaveri sono due marionette che faceva mio nonno. Sono fighissime. Tiè. Devi mettere tipo il dito medio nella testa e.. No, indice nella testa e pollice e medio nelle braccine. Fatti sotto.
M: Mi stai proponendo una sfida di marionette? Solo marionette? No, no, in faccia no, solo marionette.
N: È un colpo basso.
M: Solo marionette, non fare lo scorretto
N: Ah, be', ma stai scorretto, cazzo.
M: Ma tuo nonno si incazza se gliele rompiamo?
N: Ma anche sti cazzi di mio nonno.
M: "Sti cazzi de mi' nonno", ma come?
N: Carbonara?
M: Mmh, hai il guanciale?
N: Vediamo. No e nemmeno le uova.
M: Allora che carbonara vuoi fare?
N: Vabbè...birra?
M: Birra.
N: Cheers, buddy!
M: Cheers. Vabbè..quindi pasta in bianco?
N: No...potremmo sempre fare, la carbonara come la facevano nel ristorante dove lavoravo a Londra quest'estate.
M: Cioè?
N: Cioè... funghi, panna e salame.
M: Madonna, la morte!
N: Per altro, vegano, idea di mia madre.
M: Che è una carbonara questa?
N: Guarda che è 'na mina.
Okay.
M: Ma tu sei sicuro di quel che stai facendo?
N: Sì. Però..secondo me ci manca ancora qualcosa. Se ci mettessimo un po' di tabasco?
M: Ma sì, a sto punto.
N: E... sottiletta?
M: Si vive una volta sola, no? Dai.
N: Alici?
M: No, no no no, le alici no.
N: No, c'hai ragione. Contegno.
E: Ohi ci dai l'indirizzo rana?
?????
N: Olè.
G: Richiamami.
Non sappiamo dove dobbiamo andare.
EM: Ciao! Il citofono non funziona, chiamatemi quando arrivate.
Ho detto a tutti che i miei tornano all'1...non è vero 😉
N: Tabasco! Ma vai un altro po' col tabasco. Okay. Madonna, ma lo sai che forse non dovremmo mangiarla sta roba?
M: Ormai andiamo fino in fondo.
N: Hai ragione.
Tutta?
M: Tutta.
N: Facciamo.
N: Mmh!
M: Mmh. È terribile!
N: 'Na merda.
M: Mamma mia!
N: Però un sacco di cose che puzzano poi alla fine sono buone, eh.
M: Tipo?
N: Tipo il miele.
M: Il miele non puzza.
N: Ma come no? Cioè, hai mai annusato il miele? Sa di piedi.
M: Ma io non so che miele mangi tu, ma il miele non sa di piedi. Sta pasta sa di piedi.
N: Perché ci ho messo il miele.
M: Ma quando?
N: Quando stavi al telefono.
M: Vabbè, dai. Assaggiamo.
Orribile. Ma poi quanto tabasco ci hai messo, oh?
N: Però fa talmente schifo che forse è quasi buona.
M: Insomma.
N: Tipo...le caramelle frizzanti, quelle chimiche.
M: Ci hai messo pure quelle?
N: Purtroppo no.
Ma non c'avevi una festa?
M: Sì, però, mi sa che è pisciata.
N: Okay. Quindi per un cinema ci staresti?
M: Sì. A vedere?
N: Boh, mo vediamo. Senti, io faccio un secondo tentativo.
M: Coraggioso, eh.
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gryffsophia · 5 years
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⁖  ♡  Sophia & Steven @ Corridoi di Hogwarts / 18 Febbraio.
Non è una stalker, okay? È un / caso / che si ritrovi di nuovo nel medesimo corridoio altrui. Sta semplicemente camminando a passo svelto in direzione della prossima lezione, ché sta facendo tardi!, con la borsa che ballonzola da una spalla ed una mano che la tiene ferma, mentre l'altra fa lo stesso con la rosa, e semplicemente si ritrova a sbattergli contro. ‹ Ahi. › si massaggia persino la punta del naso. E non c'ha fatto caso sia Steven!
« Yo, yo, yo... » non la riconosce neanche lui, in un primo momento, ma—— la battuta pronta ce l'ha già sulla punta della lingua, perciò... tanto vale sputarla fuori! « Capisco di essere attraente, bellezza, ma / cazzo /...! » adesso che la guarda in faccia e realizza di star avendo a che fare con Sophia Urquhart... niente. Continua a comportarsi in quel modo. « Wooow... qualcuno ha un ammiratore, qui... » manco a dirlo, le strappa via la rosa dalle dita per rimirarsela con comodità.
Se non l'ha riconosciuto sbattendoci contro, sicuramente lo riconosce a causa di quella combo / tono di voce / ed / egocentrismo / –– tanto che sta già roteando gli occhi al cielo. ‹ Così attraente da essere invisibile finché non ti ci si finisce addosso! › scherza, ovviamente, ma sta già arricciando il naso. ‹ Oh. Ridammi la mia rosellina. › mentre allunga una mano per riprendersela, ovviamente. ‹ Non è per te. ›
« Piantala, bambola: il mio cuore rischia di fare / crack /, se continui così. » ma lo dice in maniera distratta, eh!, ché al momento è troppo impegnato a… sollevare un braccio per impedire alla ragazza di riappropriarsi della rosa, / ovviamente /. « Chi è il tuo ammiratore? » manco a dirlo, è già pronto a sfoderare il sorriso più sornione del suo repertorio.
‹ / Ouch /, mi dispiace—— › manco per il cazzo, tanto che quando sporge il labbro inferiore in avanti è chiaro sia ironica. In modo bonario, però: si diverte semplicemente a prenderlo in giro! Ma la sua espressione muta subito dopo, perché... vabbè, non potrà mai arrivarci. Non ci prova neanche ad issarsi sulle punte dei piedi per riprendersela, si limita a fissarlo tutta imbronciata. Come una bimba. / Giààà /. ‹ Che ti importa. Dài! ›
« Non vuoi dirmelo? Eh? Non vuoi collaborare? » esilarante! La osserva dall’alto dei suoi centottantadue centimetri di altezza con le sopracciglia inarcate al massimo e gli angoli delle labbra sempre arcuati verso l’alto. « Peccato, allora… sarò costretto a bruciarla con un incantesimo… » un uomo di parola, lui: sta già estraendo la bacchetta dalla tasca dei pantaloni.
Non che sia impressionata dalla sua altezza, Valentyne è alto quanto lui e Dustin anche di più — quindi è abituata a tenere il collo piegato all’indietro per poter parlare con gli altri. E... avrebbe voglia di battere i piedi al pavimento e urlargli di smetterla di fare il cazzone e ridarle la sua rosa, davvero!, ma fortunatamente ci tiene tanto a come appare da non farlo (...). Quello che fa, invece, è allungarsi per cingergli il polso non appena s’accinge a tirar fuori la bacchetta. ‹ Non ti permettere neanche di pensarlo. › tutto d’un fiato, con tanto di occhi sgranati. Sì, insomma, su in camera ha tutto il resto del fascio... potrebbe andarsene e mandarlo semplicemente a fanculo... però... tiene anche a quella / singola / rosa, okay? Ne è / gelosa /. ‹ Ridammela. Dai. Non devi fare il riposino di bellezza? ›
Gente! Ma sentitela! E / guardatelo / ! Steven Ramos è assolutamente oltraggiato. Il suo sarcasmo lo distrae a tal punto che—– abbassa il braccio ( e automaticamente il fiore ) senza nemmeno accorgersene, già pronto a controbattere con tono di ovvietà. « Riposino di bellezza? Cazzo, pensi / seriamente / che ne abbia bisogno? » di quella rosa, ormai, gli importa ben poco. È evidente. « Tu, invece… » questo non significa che lascerà andare / lei /, però! Nossignore! Nuovamente sbeffeggiante, le stringe le guance con una mano, come per farle assumere le sembianze di un pesce buffo. « …ti trucchi sempre così bene? » mentre le analizza il make–up con apparente interesse, mmmh…
Ed è ovvio che Sophia ne approfitti, no? Sfilandogli di mano la rosa non appena è troppo distratto per badarvici, andandosela ad infilare con delicatezza nelle ciocche corvine –– le iridi chiare, però, sempre posate sul volto altrui. Con lo sguardo un po' assottigliato, perché proprio non è convinta sia normale l'abbia lasciata perdere così... e infatti. / Infatti /. ‹ Certo che ne hai bisogno. Hai due / occhiaaaaieeee /... › strascicato, sfarfalla pure le ciglia. Innocua. Almeno fino a quando... ‹ CHE CAZZO FAI. › un trillo, praticamente, e che cazzo. L'ha sottovalutato. Che – palle. Si sbraccia, spiaccicandogli il palmo sulla sua, di faccia, nel tentativo di allontanarlo da sé e farsi lasciare le guance. ‹ MI SONO SVEGLIATA UN'ORA PRIMA PER FARMI QUESTO TRUCCO. › non che senza sia brutta, ma è il suo compleanno. Ok. ‹ / LASCIAMI /!!!!!!!!!! ›
« Sono bello lo stesso. » sciolto e disinvolto, manco stesse affermando che il cielo è blu o chissà quale / ovvietà /. Bah. In ogni caso, continua a fingere di essere interessato al suo eyeliner o come cazzo si chiama, prima di... scoppiare a ridere contro il palmo della sua mano. E approfittarne per leccarglielo, / ovviamente /.
‹ L'importante è che nei sei convinto. › un po' scettica, eh. Com'è che tutti i ragazzi egocentrici sembra beccarli lei, sulla propria strada? Ed anche... / ew /, quelli a cui piace leccarla –– apparentemente. E neanche nei punti giusti. Bah. ‹ Ma che / SCHIFO /, Steven! › con gli occhi sgranati, mentre abbassa la mano solo per spalmargliela sulla divisa ed asciugandosela. Credete sia finita qui? No. Sophia non se le tiene mica, certe cose. Tanto che tempo tre secondi e gli avvinghia già entrambe le braccia intorno il collo, leccandogli / tutta la guancia /. Ah – ah. Si tira indietro solo quando è abbastanza soddisfatta.
« Ah, sì? » / evidentemente provocatorio /, è costretto ad affondare gli incisivi nel labbro inferiore per trattenere il ghigno che ha appena preso possesso della sua bocca, ma... niente da fare. E' lì, chiaro come il sole, che lo rende più astuto e malizioso. Questo ghigno leggero, tuttavia, sfocia in una vera e propria risata quando Sophia mette in atto la sua vendetta. Inutile dire che approfitti della vicinanza per volgere il capo verso di lei e cercare di rubarle un bacio a fior di labbra... eh... che volete che sia, per lui, un po' di saliva! « Che capricciosa, Sophie... » pizzico sul fianco. « Fa' la brava. » eppure, al tempo stesso, proprio non riesce a non ridacchiare.
Inutile dire che la indispettisce, quella risatina: si sente oltraggiata! Quindi stavolta non si perde in una risata, ma anzi — si impettisce tutta, premendogli le mani sulle spalle per spintonarlo un po’, e... ah! Se lo sarebbe dovuto aspettare, da lui! La prende un po’ alla sprovvista, e certo, le loro labbra si sono sfiorate giusto per un attimo!, ma lei si tira lo stesso indietro di scatto. ‹ Ah, ah. / Io / dovrei fare la brava? › sardonica, con un sopracciglio inarcato ed un’espressione eloquente bella stampata in volto. E ricambia pure il pizzicotto, ovviamente. Al collo. Infame come poche.
« Mmmmhh... » signore e signori, Steven Ramos sta facendo le fusa. Letteralmente. Sembra che abbia ancora intenzione di punzecchiarla, perciò... solleva e abbassa le sopracciglia più e più volte, mentre la guarda; un sorriso sulle labbra e il dito che indica le sue. « Credevo che la tua bocca sapesse di fragola... e invece... » mentre si massaggia il collo, gli occhi ridotti a due fessure e un sorriso evidentemente beffardo.
L'espressione indispettita di Sophia non dà segno di voler scemare, in questo momento, ché anzi la fronte s'aggrotta di più e lo sguardo s'assottiglia. ‹ Che hai da ridire sulla mia bocca, scusami? › offesissima. Non solo perché s'è sempre vantata d'avere delle belle labbra, quanto più ché il rossetto che indossa si chiama / wet cherry / per un motivo! E non sarà fragola, ma è buono comunque –– e l'ha pagato una cifra. Quindi adesso è davvero, davvero / o f f e s i s s i m a /.
« Nulla. » un angioletto! Guardate là che sguardo dolce che ha messo su. Le dedica un sorriso tirato con tanto di capo reclinato da un lato, mentre inarca le sopracciglia. « Solo che non sa di fragola. » e a questo punto le si avvicina compiendo un paio di passi in avanti, il tono di voce più basso rispetto a pochi istanti fa. Se la Urquhart ha ancora la rosa tra i capelli, lui gliela sfila con estrema precisione. Cauto, con gli occhi fissi sui petali del fiore. « O magari sì… » come distratto, con la fronte leggermente aggrottata, « Probabilmente dovrei ricontrollare… »
L'osserva per tutto il tempo con un'espressione intransigente dipinta in volto, lei –– non lasciandosi comprare da quella faccetta dolce neanche per un singolo istante. Hanno atteggiamenti troppo simili per poter anche solo / provare / a prenderlo sul serio, però a quelle ultime parole è lei, quella a sorridere. Furba, maliziosa, mentre allunga una mano per riprendersi il fiore e rigirarselo tra le dita per un singolo istante. ‹ È tutta una scusa, Steven Ramos. › e adesso riporta le iridi chiare sul suo volto, sporgendosi appena in avanti. ‹ Vuoi solo baciarmi. › è un sussurro, nient'altro.
La capta facilmente, la malizia intrisa in quel sorriso —– e quello che lui le restituisce è altrettanto astuto. Gli occhi plumbei, nel frattempo, cadono proprio sulle sue labbra, incapaci di soffermarsi altrove. « No, non è vero. » un mormorio. La mano destra si solleva per insinuarsi tra le ciocche scure dei suoi capelli, planando sulla sua nuca per attirarla / leggermente / verso di sé. Sta negando? Be’. Peccato che poi, nel giro di pochissimi istanti, si ritrovi proprio a baciarla. Con calma. Nessuna fretta.
A Sophia piace giocare. Le piace provocare, le piace sentire lo sguardo altrui su di sé: è come una bambina alla costante ricerca di attenzioni, forse ché non ne ha mai realmente avute abbastanza se non dagli obiettivi dei paparazzi. Ma ciò non toglie che sia difficile, e pretenziosa. Non se l'aspettava, il gesto altrui, nonostante il punzecchiarsi, tanto che quando sente le sue labbra premute sulle proprie trattiene il respiro. Le schiude, certo, ma non per il motivo che potrebbe pensarsi: gli ha posato le mani sul petto, infatti, per allontanarsi. ‹ Non ho mai detto / io / volessi baciarti. › mentre porta un dito al labbro inferiore per rimuovere il rossetto in eccesso. Non è arrabbiata né infastidita, però.
E' tranquillo, Steven, nel ripristinare le distanze. Le dedica un lievissimo sorriso rilassato, ora che si ritrova a guardarla in viso, con il capo appena reclinato e la mano che continua a carezzarle delicatamente la nuca. « Sei / innamorata /, Sophia? » un ghignetto se lo lascia sfuggire, altroché! Ma la mano resta lì dov'è, imperterrita. « Dai. » vagamente supplice, ma pur sempre giocoso, con la voce ridotta ancora ad un mormorio... « Hai idea di quanto potremmo divertirci, io e te? » lo sguardo, nel frattempo, cade nuovamente sulla sua bocca —– la stessa che, senza indugiare, va a sfiorare con il pollice. « Tu sei bella, io sono bello... » non fa una piega! Il sorrisetto va ad ampliarsi inevitabilmente. « E' un peccato, davvero... »
È pigro, il sorriso che le si forma sulle labbra, le iridi turchesi che paiono quasi luccicare –– anche mentre ignora volutamente quella domanda, posta come se fosse una presa in giro, ché lei nell'amore non ci vede nulla di male. E non sono affari altrui. Si concentra sul resto, sulle dita che sente ancora intrecciate alle ciocche corvine o dal modo in cui lo sguardo dell'altro guizza sulle proprie labbra. È involontario il gesto di far fuoriuscire la lingua, a quella leggera pressione; si lambisce il labbro e di conseguenza inumidisce anche il suo dito, mentre gli afferra il polso. È come un gatto, Sophia, anche adesso che s'issa sulle punte dei piedi e si sporge in avanti, quasi a voler fare le fusa, col piccolo naso che preme contro l'altrui pelle mentre risale –– al fine di posare le labbra umide contro il suo orecchio. ‹ Te lo lascio immaginare. › un mormorio pacato, divertito.
È come stregato dalle sue iniziative: la lingua che gli sfiora il dito, la punta del naso che gli scorre lungo pelle… per non parlare di quel mormorio che per poco non lo fa rabbrividire. Secondo ghigno nel giro di venti secondi. « Quello lo sto già facendo. » e sono proprio questi, i pensieri che lo inducono ad affondare gli incisivi nel labbro inferiore per trattenere l’ennesimo sorriso sardonico mentre la guarda. Posa le mani suoi fianchi, glieli strofina appena… ma dalla sua figura riesce ugualmente ad allontanarsi, camminando a ritroso, con le mani nelle tasche e lo sguardo furbo. « Cambierai idea. » si volta, le dà le spalle, e con una mano sollevata aggiunge a voce alta: « Molto presto! »
❪ CONCLUSA ❫
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