Quand on a renoncé à tous les plaisirs de la vie, il reste encore celui de se lever de table après un dîner ennuyeux.
- Paul Claudel
The Hôtel Lambert, on Paris’s Île Saint-Louis, has long been the city’s most glamorous townhouse, welcoming guests from Balzac to Brigitte Bardot. Its inhabitants, such as the notorious Baron de Redé, used its 17th Century Baroque interiors as the backdrop for mythical parties.
The country home, originally built in the 1640s by the French financier Jean-Baptiste Lambert and his family, had been taken over in the intervening centuries by other aristocrats, including the Marquise du Châtelet who lived there with her lover, the author Voltaire, and the exiled Polish Prince Czartoryski. In its heyday, it had hosted cultural luminaries like Coco Chanel, Delacroix, Chopin and Balzac in its gilded salons, although it had fallen into disuse by the early 20th century.
Guy and Marie-Hélène de Rothschild, members of the French banking dynasty, bought the hotel in 1975 and restored it to its former glory. In 2007, Qatar’s Sheikh Hamad bin Abdullah Al Thani picked up the keys to the house, for a reported $90 million, and further restored it, filling it with period furniture and decorations, to the tune of around $147 million.
More recently, the property was sold to French telecom billionaire and art collector, Xavier Niel, in February 2020, for a reported $226 million. He plans to turn the building into the headquarters for his private cultural foundation.
Over time, it became the home of a stunning assemblage of historic objects, from Louis XIV’s carpets to Marie-Antoinette’s carpets, which were auctioned off in a once-in-a-century sale in Paris in October 2022. Like its visitors, each piece of gilt or porcelain has its own special history.
Following a week of auctions in Oct 2022, the final hammer came down on the extraordinary collection offered from Paris’ most beautiful private residence. Over the course of six volumes and over 1,000 lots, the sales together brought around €76.6 million - marking a world record for a sale of French Decorative Arts, and for a ‘House Sale’ staged at Sotheby’s.
International collectors and French institutions came forth in large numbers to compete for pieces from a unique collection that combined the most precious examples of the decorative arts paired with an innate sense of harmony and beauty.
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Azzedine Alaïa, couturier tunisino e designer di scarpe, particolarmente affermato a partire dagli anni ’80. La sua abilità nel taglio e le sue interpretazioni idiosincratiche su sagome classiche hanno reso popolare Alaïa per decenni.
Alaïa, nato il 26 febbraio del 1935 a Tunisi – Tunisia – da genitori che coltivavano grano, è cresciuto con i nonni nella capitale. Azzedine aveva una sorella gemella, affascinante Hafida, sua ispiratrice nel tentare la strada della moda. Si pagava gli studi cucendo orli per una piccola sartoria della zona, imparò a tenere in mano ago e filo grazie alla sorella Hafida, che lavorava come sarta, era molto legato a lei. L’accademia lo aiuterà a scoprire il corpo e le forme. Fu anche influenzato dalla frequente lettura di Vogue.
Alaia mentì relativamente alla propria età per avere accesso al locale istituto delle belle arti a Tunisi, dove studiò scultura. Dopo aver terminato gli studi, Alaïa iniziò a lavorare come assistente di un sarto e nel 1957 si trasferì a Parigi, per lavorare nel campo del design della moda. All’istituto delle belle arti aveva conosciuto Leila Menchari (che per trent’anni disegnerà le vetrine di Hermès) insieme sognavano Parigi; fino a quando nel 1957 decisero di trasferirsi nella capitale della moda per eccellenza dove avrebbero avuto la loro possibilità. Non avevano denaro, ma molta ambizione, insieme prendono in affitto una chambre de bonne.
Qui, Alaïa fu assunto presso Christian Dior, ma solo per cinque giorni, la Francia era in guerra con gli indipendentisti algerini e chiunque venisse dall’Africa del Nord non era ben visto. Bastarono questi pochissimi giorni alla Maison per capire che il suo unico desiderio era quello di vestire le donne, soprattutto quando vide l’attrice Marlene Dietrich scendere dall’auto con le sue gambe perfette.
La sua fortuna fu andare a lavorare come babysitter dalla marchesa di Mazan e la contessa di Blègiers per le quali cuciva abiti che loro indossavano a cene e teatri.
In questo periodo conobbe il suo compagno, il pittore tedesco Christoph Von Weyhe che gli rimarrà accanto per tutta la sua vita.
Lavorò per due con Guy Laroche per due stagioni, a cui seguì Thierry Mugler prima di decidere di aprire il proprio atelier, nell’appartamento in rue de Bellechasse, sulla Rive Gauche della Senna nei tardi anni settanta.
Da Dior sono rimasto il tempo di un soffio. Da Guy Laroche ho imparato tutto quello che bisogna sapere in fatto di tecnica. Una cosa, però, devo ammettere: detestavo disegnare. A me interessava capire cosa c’era sotto gli abiti, come facevano a stare in piedi. Da piccolo, sono cresciuto studiando le creazioni di Balenciaga sulle riviste di moda. Negli atelier, finalmente, avevo la possibilità di capire come fossero possibili. Ero l’incubo di tutti: passavo il tempo a guardare dentro ogni bustier, dentro tutti i cappotti, sotto ogni tubino.
Non si definiva un designer ma un Couturier, un sarto.
Per vent’anni Alaïa realizzò gli abiti per diverse donne di spicco dell’alta società francese come Marie-Hélène de Rothschild e Louise de Vilmorin.
1979 Alain Bernardin, fondatore del Crazy Horse, chiede allo stilista di disegnare e realizzare i costumi i costumi delle 23 ballerine del noto locale di cabaret parigino.
Lavorare con le donne, è la cosa più importante per uno stilista. Ne apprendi lo charme, l’attitudine, il gusto. Ricordo quando Cecile Rothschild mi presentò Greta Garbo. L’attrice arrivò con un mantello, pantaloni larghi, camicia da uomo, un cappello e occhiali scuri. Era divina e non parlava molto. Raccontò che le avevano detto che ero bravo e lei voleva cappotti, mantelli e vestiti. Glieli confezionai e, dopo la sua morte, li riacquistai a un’asta.
Alaïa fonda il proprio marchio, a 40 anni, incoraggiato da Thierry Mugler. Lo stilista si impone con uno stile riconoscibile fatto di abiti scultorei. Della sua formazione iniziale di scultore si trovano le tracce lungo tutto il corso della sua carriera, in un notevole lavoro sulla silhouette che gli consente di essere oggi considerato come uno dei pilastri della storia della moda.
Nel 1980 fu prodotta la prima linea di prêt-à-porter dello stilista, con i riflettori puntati addosso, realizza abiti per le donne dell’alta società francese.
Segna la storia il suo rapporto con Naomi Campbell:
Naomi è come una figlia. Mi fu presentata quando aveva quattordici anni da un’altra modella. La presi subito per una sfilata, ma la madre era contraria. Quindi la chiamai, e lei mi disse che avrebbe accettato solo se avessi ospitato la figlia a casa mia. Così dopo la sfilata, passavamo le serate insieme. Naomi parlava un inglese terribile, che non capivo: quindi chiamavo al telefono la madre che parlava un po’ di francese, e facevamo assurde conversazioni a tre. In salotto, da soli, mettevo il film Donne di George Cukor e filmati di Josephine Baker. Le dicevo: guarda queste dive, devi imparare da loro.
Nel 1982 Alaïa presenta una sfilata nel grande magazzino di lusso Bergdorf Goodman di New York. Occasione che conosce la giornalista di moda Franca Sozzani con la quale inizia una lunga amicizia che durerà per tutta la vita: la “soeur italienne” la “sorella italiana” come la chiamava lui.
«Era il 1979, lavoravo per Vogue. Mi parlarono di questo sarto straordinario che trattava la pelle in maniera unica, realizzai uno speciale su di lui e volai a Parigi. Volle farmi un abito, iniziò a prendermi le misure commentandole: “Seno: perfetto. Vita: perfetta. Sedere: ah, che sedere mediterraneo!”. Iniziammo a ridere così tanto che tra noi si stabilì un’affinità di quelle che capitano poche volte nella vita. Il nostro era un rapporto d’amore, ammirazione e grandi divertimenti. Azzedine poi era incredibilmente orgoglioso di essere riuscito a farmi licenziare da Elle, che ai tempi dirigevo, per via di una cover mai uscita con un suo abito, da allora ribattezzato “la robe Carla”. Le diceva che l’abito dev’essere un bel ricordo, credeva nel lavoro, nella magia di quei momenti, nell’ideazione, nella creazione, nei dettagli che fanno la differenza, nei materiali, nelle prove dell’abito. Diceva: “Lavorare con le donne è la cosa più importante per uno stilista. Ne apprendi lo charme, l’attitudine, il gusto.”
Stesso anno conosce, attraverso l’illustratore e regista francese Jean-Paul Goude, la cineasta e ex modella di documentari francese Farida Khelfa.
Maniaco della perfezione, incontra, s’innamora e veste una delle figure più emblematiche del tempo, la cantante Grace Jones.
Grace è un fenomeno della natura: appena entra in una stanza, ha la capacità di cambiarne i volumi e l’atmosfera, come fosse una scultura primitiva. È un’amica e una diva, una donna instancabile e bellissima.
Nel 1984 fu nominato “Miglior stilista dell’anno” e “Miglior collezione dell’anno“, durante la cerimonia di premiazione degli Oscar della Moda, indetta dal ministero francese della cultura nel 1984; in un evento memorabile in cui la cantante giamaicana Grace Jones lo ha portato in braccio sul palco. Anno, ’84, che lo stilista si trasferisce al numero 17 di rue du Parc Royal. La maison viene arredata dalla designer Andrée Putman. La sua carriera salì alle stelle quando due dei più potenti redattori di moda dell’epoca, Melka Tréanton di Depeche Mode e Nicole Crassat di French Elle, lo sostenevano nei loro editoriali. Grazie all’involontaria sponsorizzazione fornitagli dallo stilista Putman, le collezioni Alaïa iniziarono ad essere vendute anche negli Stati Uniti. L’interior designer Andrée Putman stava percorrendo Madison Avenue con uno dei primi cappotti in pelle Alaïa, fu fermata da un acquirente di Bergdorf Goodman che le chiese cosa indossasse, il che diede inizio a una serie di eventi che portarono alla creazione e alla vendita dei capi esortati e venduti a New York City e Beverly Hills
Dal 1988, furono aperte le boutique di Beverly Hills, New York e Parigi, e le creazioni dello stilista iniziarono ad essere sempre più richieste da celebrità come Grace Jones (che indossa i suoi abiti nel film Agente 007 – Bersaglio mobile), Tina Turner, Raquel Welch, Madonna, Brigitte Nielsen, Naomi Campbell, Stephanie Seymour, Carine Roitfeld, la giornalista Franca Sozzani e Carla Sozzani.
I suoi vestiti seducenti e aderenti sono stati un enorme successo e dai media è stato chiamato “The King of Cling“.
Nel 1989 Azzedine realizza gli abiti tricolori indossati dalla soprano Jessye Norman durante i festeggiamenti del 200° anniversario della Rivoluzione francese, compreso tutti i costumi della sfilata.
Agli inizi degli anni ’90, ispirato dall’emergente musica hip hop e dallo stile street, propose il Total Look Maculato ottenendo un grande successo.
La Collezione Primavera Estate 1992 diviene protagonista nel libro pubblicato da Prosper Assouline.
A metà anni novanta in seguito alla morte della sorella, Alaïa scompare dalle scene, pur continuando a lavorare per una clientela ristretta, e producendo le linee di prêt-à-porter. Ha presentato le sue collezioni nel suo spazio, nel cuore del Marais, dove ha riunito sotto lo stesso tetto il suo laboratorio creativo, la boutique e lo showroom.
Il mondo della moda inizia a cambiare diventa più globale, viene travolto dai grandi gruppi di lusso e dalle collezioni cadenzate con ritmi precisi. Alaïa farà un passo indietro perché, come dirà in seguito:
Non c’è più alcuno studio sugli abiti. Capire cosa significa davvero Couturier, ma soprattutto per comprendere come si possa ingannare il tempo tiranno e le logiche commerciali, rimanendo sempre fedeli a se stessi e coerenti ai propri ideali (di stile). Rema contro corrente, fieramente fuori sistema, rifiuta categoricamente i tempi altrui…Sfilo quando sono pronto.
Le sue collezioni uscivano anche due o tre mesi dopo gli altri, non guardava il lavoro dei suoi colleghi, non si faceva coinvolgere dai trend ma teneva conto di cosa andava di moda.
Nel 1996 partecipò alla Biennale della Moda a Firenze, dove insieme ai dipinti dell’amico di lunga data Julian Schnabel, ha esposto un abito eccezionale creato per l’evento. I mobili progettati da Schnabel, così come le sue tele di grandi dimensioni, decorano ancora la boutique di Alaïa a Parigi.
All’uscita di Gianfranco Ferré da Dior, gli propongono il ruolo di direttore creativo, lui non accetta perché significherebbe chiudere la Azzedine Alaïa.
Nel 2000 firmò un accordo con il gruppo Prada, grazie al quale il nome del marchio Alaia sarebbe poi tornato in auge nel luglio 2007.
Per la prima volta le Collezioni Estate Inverno 2002 vengono presentate nella boutique al numero 7 di rue de Moussy.
Nel 2007 riacquisisce il controllo della proprio Maison da Prada ed entra a far parte del gruppo Richemont, che possiede Cartier e Van Cleef & Arpels. Fonda l’Association Azzedine Alaïa insieme a Christoph von Weyhe e la gallerista Carla Sozzani per proteggere i suoi archivi di moda, design e arte con la prospettiva di farla sviluppare in una fondazione di interesse pubblico.
Nel 2008 ha ottenuto la Legion d’onore, la più alta onorificenza conferita dalla Francia.
Nel 2015 espose i suoi abiti scultura a Villa Borghese a Roma ed espresse con un profumo la sua estetica, il profumo Alaïa, creato dal naso di Marie Salamagne, caratterizzato da note di pepe rosa, fresia, peonia, note animalico e muschio. Il film Van Gogh – sulla soglia dell’eternità di Julian Schnabel è dedicato a lui.
Lo stilista Azzedine Alaïa muore a Parigi il 18 novembre 2017, all’età di 77 anni, dopo che a luglio era tornato sulle passerelle con l’ultima collezione durante la settimana dell’haute couture di Parigi. Per l’occasione aveva sfilato per lui anche Campbell.
Alaïa è deceduto dopo diversi giorni di coma causato da una caduta, secondo le informazioni del settimanale Le Point e in seguito confermate da parenti e collaboratori.
Un gigante in miniatura. Piccolo di statura, sarto massimo, si arrampicava letteralmente sulle modelle e sulle donne conquistando forme, curve e vette come farebbe un alpinista dello stile.
Non vi sono bozzetti delle creazioni Azzedine, non amava disegnare (come lui stesso aveva dichiarato), creava e realizzava ispirandosi direttamente sul corpo femminile di qualsiasi donna; amando e ammirando il corpo in tutte le sue forme.
Per conoscerlo bisogna amarle, le donne, e interessarsi a loro fino a dimenticarsi di se stessi, per questo io mi vesto sempre allo stesso modo.
L’abito di Madeleine Vionnet del 1935/36 è un esempio di cui nessuno comprendeva l’enigma del drappeggio.
Vengono inaugurate mostre in memoria dello stilista. A Parigi nella sede dell’associazione nel 2018, con un esposizione di quarantuno abiti, selezionati dal designer e storico di moda Oliver Saillard. Verso la fine dello stesso anno a London Design Museum, lo celebreranno nella mostra Azzedine Alaïa The Couturier a cura dell’illusionista Mark Wilson: presenti sessanta delle più emblematiche creazioni di Azzedine.
Una nuova era della maison è stata inaugurata con l’apertura del primo flagship store a Londra, in New Bond Street ad opera degli stilisti che hanno lavorato al suo fianco e porteranno avanti la sua tradizione.
Nel gennaio 2019 è stata svelata una targa in onore del suo lavoro nel suo laboratorio del Marais.
EDITIONS ALAÏA
Le creazioni di Azzedine Alaïa resistono alla prova del tempo. La collezione Editions è costituita da modelli provenienti dall’archivio tra il 1981 e il 2017, incarna l’essenza della Maison ALAÏA: un connubio di tradizione e innovazione. Capi fedelmente riprodotti nei atelier sulla base dei modelli originali, riflettendo l’inimitabile alla bellezza senza tempo di Alaïa e la visione, che aveva, della sensualità e della impeccabile tecnica sartoriale. All’interno di ogni capo, l’etichetta indica la stagione e l’anno, un omaggio al passato, rinnovato nel presente.
aggiornato al 17 novembre 2020
Autore: Lynda Di Natale Fonte: maison-alaia.com, d.repubblica.it, web
Azzedine Alaïa – Maison Alaïa Azzedine Alaïa, couturier tunisino e designer di scarpe, particolarmente affermato a partire dagli anni '80. La sua abilità nel taglio e le sue interpretazioni idiosincratiche su sagome classiche hanno reso popolare…
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