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#conflitto arabo-israeliano
gregor-samsung · 7 months
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" A Gaza la scrittura della Storia inizia a essere possibile attraverso un "archivio della distruzione". Un archivio che, in seguito all'operazione "Piombo fuso", il ministero dei Lavori Pubblici e dell'Edilizia ha intitolato "Verifica della distruzione di edifici provocata dagli attacchi israeliani durante l'occupazione". Gaza, la roccaforte di Hamas evacuata unilateralmente dagli israeliani nel 2005, è da tempo interamente circondata da una barriera, come Varsavia [durante l'occupazione nazista] ma con il triplo degli abitanti, stritolati in una gabbia nella quale — come rivela un documento militare intitolato Linee Rosse —, tra le altre cose, i militari israeliani calcolano lo "spazio di respiro", cioè il tempo che rimane prima che le persone inizino a morire di fame. Tutto questo mentre imprese come la Elbit Systems fanno affari d'oro: nel 2014, ad esempio, in un solo mese di attacco a Gaza i suoi profitti sono aumentati del 6 per cento. "I check-point e i terminal del muro," scrive [Eyal] Weizman [in “Architettura dell'occupazione”], "funzionano come valvole e interruttori", la soglia di sopportazione del milione e mezzo di abitanti della Striscia è "costantemente sottoposta a sollecitazione" e il Muro è una vera e propria "strategia di guerra". Quindi va documentata, per gli storici del futuro. "Gaza è un laboratorio in molti sensi," prosegue Weizman, "una zona chiusa ermeticamente, in cui ogni accesso è controllato da Israele", ad eccezione del varco egiziano, un laboratorio in cui viene sperimentato "ogni tipo di tecnologia di controllo, munizioni, strumenti legali e umanitari, tecniche di guerra. Viene cioè sperimentata la capacità di controllare un'ampia popolazione, per poi rivendere queste tecnologie sul mercato internazionale". E questo nel nome della "guerra al terrore'', come nel caso dell'operazione "Piombo fuso", appunto, durante la quale le case lungo il perimetro della barriera erano state distrutte perché i veicoli militari si potessero muovere con più agilità. "
Carlo Greppi, L'età dei muri, Feltrinelli (collana Varia), 2019; pp. 237-38.
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aitan · 10 days
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[...] Un eccidio senza fine che ora conta a Gaza trentaseimila vittime: quasi un morto ammazzato per ogni chilometro quadrato, se faccio bene i miei conti che trasformano in numeri le vite pulsanti di migliaia di donne e uomini; molte nemmeno adulte, molti nemmeno adulti.
Trentaseimila morti ammazzati. Sette-Ottomila persone in più degli abitanti della città in cui vivo. Come se da un momento all’altro l’intera città di Frattamaggiore fosse rasa al suolo con tutti i frattesi e qualche morto collaterale tra i paesi confinanti; mentre tutt’intorno a Napoli e zone collegate se ne stessero indifferenti in silenzio. [...]
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GAZA. ISRAELE BOMBARDA GLI OSPEDALI DI GAZA COME FOSSERO CAMPI DI BATTAGLIA. ESCALTION ANCHE IN LIBANO.
Proseguono incessanti i massacri di civili a Gaza, sotto assedio gli ospedali, che l’esercito israeliano considera come centri di comando di Hamas, e intanto sono trascorsi 38 giorni dal massacro del 7 ottobre con 1.400 vittime e 240 ostaggi compiuto dai miliziani di Hamas. L’esercito di Tel Aviv ignorando gli appelli che arrivano da tutto il mondo, dall’Onu e dalla Chiesa prosegue nell’opera di…
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mayolfederico · 1 year
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Yoram Kaniuk / Leora Laor ~ Ogni sangue è uguale a ogni altro sangue
  Leora Laor, Light_51,   Il mio primo incontro con bambini tedeschi avvenne nel ’38. I tedeschi di Sharona avevano cominciato a marciare al passo dell’oca in parate fragorose e a sventolare bandiere naziste, e gli arabi del vicino villaggio di Sumeil li applaudivano[1]. In quel tempo abitavamo a Kiriat Meir, non lontano da Sharona e da Sumeil. Il quartiere di Kiriat Meir era fuori città e vi…
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iristhemuse · 4 months
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What if I read 20 books this year?
What would I read? Good question.
The Illiad(honorary mention)
The Odyssey(honorary mention)
Mito ,Furio Jesi
Memorie del Sottosuolo,Dostoesvkij
Quantum in Pictures
Madame Bovary
1984
Il piccolo principe
Edda ,Snorri
Il conflitto arabo-israeliano
Quand tu écouteras cette chanson
Brave New World
Tempestade de Guerra
Trono destruido
Indagine sul Ventennio
The Lord of the Flies
Dracula
Frankenstein
Animal Farm
Fahrenheit 451
Mariella Zoppi , In giardino
Americanah
(yes there are books in 4 different languages here, sue me.)
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toscanoirriverente · 6 months
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Conoscere il passato, saper leggere il presente, senza cedere agli slogan. Contro i mantra degli ebrei tutti ricchi, dell’apartheid, di Gaza palestinese da sempre. Contro i silenzi e le omissioni su Hamas e sulle prospettive di pace. Un'analisi
(...)
Uno di questi mantra fa riferimento, come s’è detto, a Israele come stato in cui si pratica l’apartheid. Questo senza neppure riflettere sul fatto che non vi sono, in Israele, mezzi di trasporto o scuole o quartieri vietati agli arabi. Basti pensare che negli ultimi sette anni il numero degli studenti arabi nelle università israeliane è cresciuto del 78,5 per cento. Nel 2018 il numero di dottorandi di ricerca arabi in Israele ha raggiunto le 759 unità. Possibile poi che nessuno si sia mai accorto che vi sono diversi partiti arabi rappresentati al parlamento israeliano e che, volendo, gli arabi possono anche presentarsi – e venire eletti – tra le fila dei partiti tradizionali? Il governo precedente a quello di Netanyahu, ad esempio, aveva al suo interno il partito arabo-islamico Raam con quattro seggi. Di fatto gli arabi in Israele godono di pieni diritti politici e civili e possono assurgere a qualsiasi carica, al pari dei cittadini ebrei. In queste ore, nell’esercito israeliano, stanno combattendo per Israele cittadini arabi, drusi, beduini, ebrei, islamici, cristiani, atei.
Il secondo mantra riguarda Gaza, percepita dai più come palestinese e islamica da sempre. Le immagini che ci vengono in mente, al solo pronunciarne il nome, sono quelle dei palazzi diroccati e devastati dalle bombe (israeliane), delle rampe di lancio missilistiche di Hamas (nascoste dietro alle scuole e negli ospedali), dei tunnel fatti scavare dai bimbi (nel solo 2014 ben 160 bimbi palestinesi, secondo il Simon Wiesenthal Center, sono morti durante gli scavi). Per quanto si vada indietro con la memoria, si tende al più a ricordare la conquista ottomana del 1517. Difficilmente si pensa a quella di Napoleone del 1799 o alla presa di Mohammed Alì (non il pugile!) che porta Gaza sotto l’ala protettiva dell’Egitto. Dal 1917, quando l’Impero ottomano viene sconfitto, la storia è nota: il Mandato britannico sulla Palestina (che comprendeva gli attuali Israele, Cisgiordania e Striscia di Gaza, oltre l’attuale Regno di Giordania) dura sino al 1948. In quell’occasione – avendo i leader ebrei accettato la spartizione dell’Onu – nasce lo Stato d’Israele, mentre la Cisgiordania, a seguito della guerra araba contro il neonato Stato d’Israele, viene annessa alla Giordania e la Striscia di Gaza finisce sotto occupazione egiziana. La Lega Araba aveva infatti rifiutato il piano per la seconda spartizione (la prima era stata operata dagli inglesi nel 1921 con la creazione dello stato arabo-palestinese della Giordania) e dato avvio alla prima guerra arabo-israeliana, i cui esiti finiscono con lo sconvolgere la possibilità della nascita di uno stato palestinese accanto a uno israeliano.
Per ben 17 anni – dal 1949 fino al 1967 – Gaza rimane sotto il governo militare egiziano. Come conseguenza della guerra dei Sei giorni (1967), viene infatti occupata da Israele che ne amministra il territorio sino al 1993. A partire da quella data, grazie alla “dichiarazione di princìpi” nota come “accordi di Oslo”, la quasi totalità del territorio di Gaza e della Striscia passa sotto il controllo dell’Autorità palestinese, mentre gli insediamenti ebraici continuano a essere difesi dall’esercito d’Israele sino al 2005. Tuttavia da quel momento Israele procede allo smantellamento delle colonie ebraiche e delle basi militari israeliane, ponendo così definitivamente termine all’occupazione.
Le domande, a questo punto, sono due:
I) perché tra il 1949 e il 1967, quando Striscia di Gaza e Cisgiordania sono in mani arabe, non nasce lo Stato di Palestina?
II) perché, a partire dal 2005, dopo la fine dell’occupazione di Gaza non nasce il primo nucleo di Stato palestinese?
Viene il sospetto che la questione dell’occupazione non sia la motivazione più forte che sta alla base del protrarsi degli scontri. Ad ogni modo, in seguito alle elezioni amministrative del 2006 la Striscia di Gaza è governata da Hamas e, dal 2012, è riconosciuta dall’Onu come parte di un’entità statale semi-autonoma. Purtroppo i continui scontri lanciati contro Israele – cui Hamas continua a negare il diritto ad esistere – e le conseguenti risposte militari israeliane hanno portato la città e la regione a un evidente stato di prostrazione economica e sociale. (...)
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kneedeepincynade · 6 months
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It comes as no surprise that the Arab world and the Muslim community turned to China to ask for real peace and for justice for the Palestinian people since both the West and The United nations clearly failed
The post is machine translated
Translation is at the bottom
The collective is on telegram
🤔 和平与稳定 | COSA HANNO CHIESTO I MINISTRI DEI PAESI ARABI E MUSULMANI IN CINA IN RELAZIONE ALLA QUESTIONE PALESTINESE? ❔
Durante il Colloquio, i Ministri degli Affari Esteri dei Paesi Arabi e Musulmani hanno informato il Compagno Wang Yi sugli ultimi sviluppi della disastrosa situazione a Gaza, affermando che, a causa dell'elevato numero di vittime civili e della catastrofe umanitaria generata dai bombardamenti d'Israele, la Comunità Internazionale dovrebbe:
一 Agire compatta in maniera responsabile 🤝
🔍 La Cina propone un "Cessate il Fuoco", gli USA inviano un Gruppo d'Attacco di una portaerei nel Mar Mediterraneo, e forniscono - insieme ai Paesi d'Europa, armamenti a Israele 😡
二 Promuovere un "Cessate il Fuoco", garantendo un Corridoio Umanitario a Gaza 🕊
三 Impedire il trasferimento forzato della Popolazione Palestinese 🇵🇸
💬 Infine, i Ministri dei Paesi Arabi e Musulmani hanno manifestato il proprio apprezzamento per gli sforzi della Cina nell'impedire il trasferimento forzato della Popolazione di Gaza, così come hanno lodato il Ruolo della Cina alle Nazioni Unite nel promuovere risoluzioni a favore del Popolo Palestinese 🇵🇸
💬 I Paesi Arabi e Musulmani, hanno dichiarato i Membri della Delegazione Congiunta, auspicano di poter rafforzare il Coordinamento con la Cina nella promozione della creazione di uno Stato di Palestina, che sia sovrano e indipendente, con Gerusalemme Est come Capitale, sulla base della "Two-State Solution", per evitare di ricadere nel circolo virtuoso della violenza, e raggiungere - finalmente, la Pace e la Stabilità nella Regione 🕊
七 Coordinamento tra Cina e Russia alle Nazioni Unite sulla Questione Palestinese 🤝
🔍 Approfondimenti per la comprensione della Questione Palestinese e dei Rapporti tra Cina e Paesi Arabo-Musulmani:
一 La Cina condanna l'espansione degli insediamenti israeliani nei territori della Palestina, e sollecita Israele a cessare l'escalation di violenza dei coloni contro i civili di Gaza 🕊
二 Wang Yi a Borrell: «La Palestina ha il Diritto di fondare uno Stato, l'ingiustizia storica contro il Popolo Palestinese non è mai stata corretta» 🇵🇸
三 Zhang Jun: «Fermare la crisi umanitaria, promuovere l'Istituzione di uno Stato di Palestina» 🇵🇸
四 120 Paesi, tra cui la Cina, chiedono una tregua umanitaria a Gaza | Solo 14 contrari, tra cui USA e Israele 🇺🇳
五 La Cina sostiene il Ruolo della Lega Araba, dei Paesi Arabi e dell'Organizzazione della Cooperazione Islamica per la Risoluzione del Conflitto Israelo-Palestinese
六 Che cos'è la "Two-State Solution", e qual è l'opinione di HAMAS e PLO su di essa? ❔
七 Coordinamento tra Cina e Russia alle Nazioni Unite sulla Questione Palestinese 🤝
八 Wang Yi: «Il comportamento di Israele è andato ben oltre l'autodifesa, il Governo Israeliano dovrebbe ascoltare gli appelli della Comunità Internazionale» 🌐
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🤔 和平与稳定 | WHAT DID THE MINISTERS OF THE ARAB AND MUSLIM COUNTRIES ASK IN CHINA IN RELATION TO THE PALESTINIAN QUESTION? ❔
During the meeting, the Ministers of Foreign Affairs of the Arab and Muslim countries informed Comrade Wang Yi on the latest developments of the disastrous situation in Gaza, stating that, due to the high number of civilian victims and the humanitarian catastrophe generated by the bombings of Israel, the International Community should:
一 Act together in a responsible manner 🤝
🔍 China proposes a "Cease Fire", the USA sends a strike group of an aircraft carrier to the Mediterranean Sea, and supplies - together with the countries of Europe, armaments to Israel 😡
二 Promote a "Ceasefire", guaranteeing a Humanitarian Corridor to Gaza 🕊
三 Prevent the forced transfer of the Palestinian population 🇵🇸
💬 Finally, the Ministers of the Arab and Muslim Countries expressed their appreciation for China's efforts in preventing the forced transfer of the Gaza population, as well as praised China's role at the United Nations in promoting resolutions in favor of the Palestinian people 🇵🇸
💬 The Arab and Muslim countries, declared the Members of the Joint Delegation, hope to be able to strengthen coordination with China in promoting the creation of a sovereign and independent State of Palestine, with East Jerusalem as its capital, on the basis of the " Two-State Solution", to avoid falling back into the virtuous circle of violence, and achieve - finally, Peace and Stability in the Region 🕊
七 Coordination between China and Russia at the United Nations on the Palestinian issue 🤝
🔍 Insights for understanding the Palestinian issue and relations between China and Arab-Muslim countries:
一 China condemns the expansion of Israeli settlements in the Palestinian territories, and urges Israel to cease the escalation of settler violence against civilians in Gaza 🕊
二 Wang Yi to Borrell: «Palestine has the Right to establish a State, the historical injustice against the Palestinian People has never been corrected» 🇵🇸
三 Zhang Jun: «Stop the humanitarian crisis, promote the establishment of a State of Palestine» 🇵🇸
四 120 countries, including China, call for a humanitarian truce in Gaza | Only 14 against, including USA and Israel 🇺🇳
五 China supports the role of the Arab League, Arab countries and the Organization of Islamic Cooperation in resolving the Israeli-Palestinian conflict
六 What is the "Two-State Solution", and what is the opinion of HAMAS and PLO on it? ❔
七 Coordination between China and Russia at the United Nations on the Palestinian issue 🤝
八 Wang Yi: «Israel's behavior went far beyond self-defense, the Israeli Government should listen to the appeals of the International Community» 🌐
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paoloxl · 2 years
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74 anni dalla Nakba. Le tappe della Catastrofe palestinese | Infopal
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InfoPal. Di Angela Lano. Sono passati 74 anni dalla Nakba, il disastro che si abbatté, nel maggio del ’48, sulla Palestina storica: la nascita di Israele. 74 anni di pulizia etnica sionista contro i Palestinesi. 74 anni di morti, feriti, espropri e distruzioni. 74 anni di fake israeliane scritte nei libri di testo, “riveduti e corretti” in modo tale da far prevalere la versione degli uni – Israele – contro quella degli altri – i Palestinesi. Di fake nei media controllati o vicini al sionismo.   A 74 anni dalla Nakba. Le tappe della Catastrofe palestinese 1840 Prima proposta di colonizzazione ebraica. Lord Palmerston, primo ministro inglese suggerisce l’insediamento di ebrei in Palestina per “tener aperta la Porta d’Oriente alle truppe ed ai commerci inglesi”. 1882 Comincia la prima ondata migratoria di ebrei in Palestina (circa 25.000 dalla Russia), favorita dagli inglesi, provocando i primi disordini con la popolazione araba. 1891. Petizione di notabili e protesta palestinese contro la vendita di terre agli ebrei e l’abuso dei coloni ebraici. 1896. Theodor Herzl, giornalista ungherese, in seguito all’”affare Dreyfuss”” (ufficiale ebreo francese condannato per alto tradimento senza alcuna prova), pubblica “Lo Stato ebraico”, che segna l’atto di nascita del sionismo politico, del progetto e dell’organizzazione di un movimento per il ritorno degli ebrei in Palestina. 1897. Primo congresso sionista a Basilea (Svizzera), nel quale vengono prese numerose decisioni, prima di tutte quella di fondare “una sede nazionale ebraica” in Palestina. 1900 ca. In Palestina vivono 50.000 ebrei e 600.000 arabi. 1901/3. Disordini a Tiberiade e a Jafa (Jaffa). 1905/6. In seguito al fallimento della rivoluzione russa del 1905, alcuni ebrei russi sbarcarono in Palestina. 1908. Viene fondato il giornale arabo “Al Karmal’” a carattere nazionalistico.1914. Con lo scoppio del primo conflitto mondiale, l’Inghilterra promette l’indipendenza a tutti gli stati arabi che combatteranno l’impero ottomano.1915. L’alto commissario britannico al Cairo, Mac Mahon, promette allo sceriffo della Mecca, Hussein, uno stato arabo indipendente che comprenda la Palestina, in cambio della partecipazione araba allo sforzo bellico.1916. Con gli accordi di Sykes-Picot, la Francia e la Gran Bretagna si spartiscono il Medio Oriente in zone di influenza, senza tenere in alcun conto le promesse britanniche allo sceriffo Hussein, in base al quale la Siria e il Libano diventano francesi, la Giordania e l’Iraq inglesi; la Palestina dovrebbe avere uno status internazionale.
1917. 2 novembre – Lord Balfour a nome di Sua Maestà Britannica invia a Lord Rothschild, per la federazione sionista, una lettera in cui si dichiara che la Gran Bretagna “vede con favore lo stabilirsi in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico…”. Al momento della dichiarazione, la popolazione totale della Palestina è di 700.000 unità: 574.000 musulmani, 74.000 cristiani e 56.000 ebrei.
1917/18. Le truppe inglesi conquistano la Palestina.
1918/20. Esodo delle comunità ebraiche russe a seguito di violenze e devastazioni dovute la guerra civile che segue la rivoluzione russa. Come già in occasione dei pogrom del 1881 e del 1904 solo una piccola parte emigra in Palestina.
1919. Primo congresso palestinese a Gerusalemme.
1920. Conferenza di Sanremo: la Palestina diventa protettorato britannico. Manifestazioni e rivolte arabe contro il mandato britannico. Gli inglesi riconoscono come lingua ufficiale accanto ad inglese ed arabo l’ebraico, modernizzato da Eliezer Ben Yehudi. In Palestina gli arabi sono circa 800.000 e gli ebrei 80.000. Fondazione dell’organizzazione sionista militare Haganah (nucleo originario del futuro esercito israeliano).
1921. In seguito ai disordini arabi del maggio 1921, viene nominata la Commissione d’Inchiesta Haycraft nel tentativo di alleggerire l’atmosfera in Palestina. Nonostante, ritenga gli arabi responsabili dello scoppio della violenza, la commissione sostiene che la radice del problema è l’ansia araba causata dagli impegni pro-sionisti presi dalla diplomazia britannica. La commissione Haycraft fa parte di un processo che porta alla pubblicazione della Carta Bianca di Churchill.
1922. La Lega delle Nazioni ratifica il mandato alla Gran Bretagna per l’amministrazione della Palestina. Il mandato è un sistema creato dalla Lega delle Nazioni secondo il quale “i popoli non ancora in grado di auto governarsi” sarebbero amministrati da “nazioni più evolute”. Col tempo queste nazioni, principalmente le Potenze Alleate, avrebbero trasferito l’autorità alla popolazione del luogo. Il trattato non parla della tutela della popolazione residente e la parola “arabo” non viene menzionata. Inizia l’immigrazione degli ebrei sionisti che vengono accolti con simpatia dalla popolazione residente. Londra promette agli ebrei una “casa nazionale” e agli arabi l’indipendenza.
1925. ‘Izz al-din Qassam, siriano stabilitosi in Palestina qualche anno prima, forma un’organizzazione di rivolta anti-sionista e anti-colonialista con cellule segrete.
1927. Gli ebrei che vivono in Palestina sono ora 150.000.
1928. Insurrezione di grande portata scatenata dai contadini palestinesi: gli inglesi rispondono con una terribile repressione che fa migliaia e migliaia di vittime. Insurrezioni si susseguiranno senza interruzione fino alla grande rivolta del 1936.
1929. Viene costituita l’Agenzia Ebraica al fine di favorire l’immigrazione e la formazione di colonie ebraiche in Palestina. Dal 1880 al 1929 gli ebrei immigrati in Palestina sono 120.000 su circa 4 milioni di ebrei fuggiti dall’Europa centro-orientale.
1935/36. Qassam inizia la lotta armata e viene ucciso dalle truppe inglesi a Jenin. Gli ebrei in Palestina sono ora 355.000. Rivolta palestinese contro l’occupazione britannica e la crescente immigrazione ebraica. Lo sciopero generale, durato sei mesi, si trasforma nell’estate del ’36 in aperta ribellione armata. Al termine della rivolta, nel ’39, le vittime palestinesi saranno 15.000.
1937. La commissione britannica presieduta da lord Peel propone la spartizione tra ebrei e arabi della Palestina, con: – la creazione a nord-ovest di uno stato ebraico, – una zona comprendente Gerusalemme e Jaffa sotto dominio britannico e – il resto del paese riunito alla Transgiordania. Il piano viene rifiutato dai Sionisti e dagli arabi. In seguito a una nuova sollevazione della popolazione araba, viene deportata la maggior parte dei suoi leader politici. Al momento gli ebrei sono il 28% della popolazione totale. TERRORISMO EBRAICO-SIONISTA Iniziano le azioni terroristiche dell’Irgun Zvai Leumi, corpo paramilitare della destra sionista, fondato dal filo-fascista Jabotinskij, contro palestinesi e britannici.
1939. Gli inglesi promettono la costituzione di uno stato arabo-ebraico; rifiuto risoluto da parte araba.
1939/45. In Europa inizia lo sterminio sistematico degli ebrei ad opera dei nazisti. L’Agenzia Ebraica organizza l’immigrazione clandestina in Palestina respingendo le limitazioni imposte dal “Libro Bianco” britannico del ’39.
1944. Il gruppo terroristico ebraico “Stern”, nato da una scissione dell’Irgun, uccide Lord Moyne, ministro britannico per il Medio Oriente.
1945. Gli ebrei residenti in Palestina raggiungono il numero di 608.000 (un numero undici volte superiore a quello del 1917), contro 1.200.000 arabi.
1946. L’Irgun fa saltare con la dinamite la segreteria generale dell’Alto commissariato britannico a Gerusalemme (Hotel King David), causando oltre novanta vittime.
1947. 29 settembre – La Gran Bretagna rimette il proprio mandato sulla Palestina alle Nazioni Unite. 29 novembre – Le Nazioni Uniti approvano la risoluzione 181 (votano a favore URSS, USA e Francia, ma gli Stati arabi votano contro; la Gran Bretagna, la Cina ed altri si astengono), che prevede la divisione della Palestina in tre parti: – uno stato ebraico sul 56% del territorio – uno stato palestinese – una zona internazionale che comprenda Gerusalemme e Betlemme. Il confine tracciato viene definito “Linea Verde”.
1948. La proclamazione dello stato d’Israele è prevista per il mese di maggio, ma i gruppi armati israeliani muovono una violenta offensiva contro la popolazione palestinese con l’obiettivo di realizzarne l’espulsione dalle loro terre. Nasce l’esercito di liberazione della Palestina, composto da cinquemila volontari tra cui anche iracheni ed egiziani.
9 aprile – A Deir Yassin, sulla strada di Gerusalemme, un commando dell’Irgun, diretto da Begin, uccide 254 persone, in buona parte bambini e vecchi.
11 maggio – I residenti palestinesi di Lydda sono deportati a Ramallah. È la marcia della morte, con numerose vittime. Le deportazioni di massa e l’esodo proseguono a catena.
14 maggio – David Ben Gurion proclama, a Tel Aviv, la nascita dello stato d’Israele, riconosciuto immediatamente da Stati Uniti, URSS ed altri paesi. Gli israeliani controllano, non più il 56%, bensì, il 77% del territorio. Gerusalemme viene divisa tra Israele e Giordania: la Città Vecchia con la parte est passa sotto il controllo della Giordania, la parte occidentale e quella meridionale sono sotto Israele. 150.000 palestinesi continuano a vivere in Israele, praticamente senza diritti e sottoposti a regime militare. Nasce anche l’esercito di Israele “Tsahal”, chiamato Forza di Difesa d’Israele (IDF), che incorpora tutte le organizzazioni sioniste paramilitari. La Lega araba (Siria, Iraq, Egitto e Giordania) invade il nuovo stato il giorno stesso della sua nascita, ma sarà sconfitta.
15 luglio – Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ordina ad arabi e israeliani, il cessate il fuoco.
17 settembre – Viene ucciso, a Gerusalemme, il conte Folke Bernadotte, inviato delle Nazioni Unite per la trattativa di mediazione nel conflitto arabo-israeliano. Ventitre anni dopo, Baruch Nadel, che nel ’48 era capo del controspionaggio del gruppo “Stern”, ammette di aver organizzato quell’attentato, allo scopo di far fallire il tentativo di mediazione dell’ONU .
11 dicembre – Le Nazioni Unite votano la risoluzione 194 che chiede il ritorno a casa, o un indennizzo, per i quasi 800.000 palestinesi espulsi dalle loro terre.
1949. 11 maggio – Israele, grazie alla risoluzione 273, diventa membro delle Nazioni Unite.
8 dicembre – L’ONU costituisce l’Ufficio di Soccorso e di Lavoro delle Nazioni Unite per i profughi di Palestina (UNRWA) e decreta l’internazionalizzazione di Gerusalemme. Nel corso dell’anno, vengono rasi al suolo 387, su 475, cittadine e villaggi palestinesi nel territorio israeliano. Un milione di palestinesi, costretti ad abbandonare le loro terre, si riversano a Gaza, in Cisgiordania e Libano, nei campi profughi. Gli ebrei, in Palestina, sono già un milione.
Fonti:
La pulizia etnica della Palestina, di Ilan Pappe, Fazi Editore
Nakba. La tragedia del 1948, di Angela Lano e Jacopo Falchetta, Edizioni Al Hikma
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scienza-magia · 2 months
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Rapporto sugli attuali pericoli alla sicurezza Nazionale
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Gaza, Ucraina, terrorismo: l'analisi dell'Intelligence italiana. Presentata oggi la 'Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza' per il 2023. Dai rischi del conflitto in Medio Oriente alla mafia, cosa c'è nel report degli 007 italiani Dal conflitto a Gaza e i rischi in Medio Oriente passando per la guerra tra Russia e Ucraina, ma anche l'Africa, i Balcani, la minaccia della disinformazione, la cybersicurezza e l'Intelligenza Artificiale, il terrorismo, i migranti e la mafia. Questi i temi analizzati nella 'Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza', curata dal Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e relativa all’anno 2023 presentata oggi. Gaza e Medio Oriente "L’attacco del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas e della Jihad Islamica Palestinese contro il territorio israeliano ha rappresentato uno spartiacque nelle dinamiche politiche internazionali e del quadrante mediorientale. Localizzato nella Striscia di Gaza, il conflitto è infatti caratterizzato da elementi dalla portata regionale che, anche sull’onda della pronunciata valenza simbolica insita nella questione palestinese, hanno riattivato linee di faglia ad ampio raggio, spingendo diversi attori d’area a forme di reazione, con il rischio di innescare un conflitto di più ampia portata", è quanto si sottolinea. "Inoltre, le ostilità hanno inciso in modo significativo anche sui processi di riallineamento geopolitico in corso, congelandone nei fatti lo sviluppo e provocando nell’intero mondo arabo-islamico sommovimenti e tensioni - prosegue - L’azione di Hamas, circa 1.100 morti e oltre 200 ostaggi tra civili e militari, ha inflitto una ferita profonda nel tessuto della società e nella sicurezza israeliana, inducendo il Governo di Tel Aviv a rispondere sul piano militare contro la Striscia di Gaza. L’ultima parte dell’anno è stata infatti segnata dalle operazioni militari delle Forze di Sicurezza Israeliane contro il territorio della Striscia di Gaza finalizzate a smantellare le capacità militari dei gruppi estremisti palestinesi e a liberare gli ostaggi. Tensioni crescenti si sono registrate anche in Cisgiordania, oggetto di diverse operazioni speciali condotte dalle Forze di Sicurezza Israeliane, anche in questo caso volte a disarticolare le articolazioni estremiste palestinesi". Con crisi Gaza stop processi distensione e rischi per stabilità - "La crisi tra Israele e Gaza ha restituito priorità alla questione israelo-palestinese nelle agende politiche della comunità internazionale, marcando al contempo una linea di discontinuità nell’andamento delle dinamiche dell’intera regione del Medio Oriente. Sul piano strategico, sino ai fatti del 7 ottobre, il quadrante mediorientale era stato attraversato da importanti processi di riallineamento che avevano coinvolto diversi attori regionali. Emblematica nel senso la prosecuzione del rafforzamento dei processi di normalizzazione che vedevano al centro proprio Israele e parte della comunità dei Paesi arabi (Accordi di Abramo) e che, in prospettiva, avrebbero potuto coinvolgere anche l’Arabia Saudita, realtà di riferimento per il mondo arabo e musulmano". "Analoghe politiche di riavvicinamento avevano coinvolto anche attori come Iran, Arabia Saudita, Siria, Turchia, indirizzando il quadrante verso una graduale riduzione delle tensioni - prosegue la relazione - Lo scoppio della crisi di Gaza ha provocato un arresto di tali processi di distensione, riportando il Medio Oriente nuovamente al centro di dinamiche di polarizzazione e conflittualità che ruotano intorno alla questione israelo-palestinese e che rischiano di far ulteriormente degenerare la stabilità del quadrante". Rischio ricadute in Egitto e Cisgiordania - "Il riaccendersi delle ostilità ha comportato, e continuerà a causare, rilevanti ricadute di carattere securitario in tutta la regione alla luce dei numerosi attori locali coinvolti e dell’elevato rischio che la crisi possa allargarsi ad altri contesti. In prima linea, tra le realtà che rischiano di essere interessate dalle ricadute della crisi di Gaza, vi sono l’Egitto e la Giordania, Paesi tradizionalmente vicini alla causa palestinese e, per evidenti motivi di prossimità geografica, maggiormente esposti a potenziali destabilizzazioni in caso di ulteriore allargamento della crisi". "Nell’ultima parte del 2023 - prosegue il report - si è altresì registrato un deciso innalzamento delle tensioni in contesti in cui la crisi di Gaza ha rappresentato un fattore di innesco per l’avvio di attività potenzialmente destabilizzanti condotte da attori locali riconducibili al cosiddetto 'asse della resistenza', un’alleanza informale che unisce sul piano strategico diverse realtà del quadrante, Iran, Hezbollah libanesi, Houthi yemeniti, milizie sciite in Iraq e Siria, gruppi sunniti palestinesi, in una connotazione anti-israeliana e anti-occidentale". Alterazione di equilibri, attenzione al Libano - "Tema di stretta attenzione degli organismi intelligence è anche il rischio che il protrarsi della crisi di Gaza provochi un’alterazione degli equilibri settari e religiosi delle comunità mediorientali. Diversi contesti del Medio Oriente sono tradizionalmente caratterizzati da un’elevata eterogeneità delle componenti confessionali, la cui pacifica convivenza e il mantenimento del triplice equilibrio demografico, sociale e politico rappresentano elementi chiave per la stabilità generale del quadrante". "I conflitti che negli anni hanno interessato Libano, Iraq, Siria e Yemen sono stati provocati anche dalla percepita alterazione degli equilibri tra le diverse comunità interne, con rivendicazioni settarie e religiose strumentalizzate in chiave politica e tramutate in confronto militare interno - prosegue la relazione - La crisi in atto a Gaza – oltre a essere percepita da una parte del mondo musulmano come un confronto tra ebraismo e comunità islamica – rischia di provocare, specie in Libano, conseguenze sul predetto triplice equilibrio". "Un eventuale allargamento del conflitto nel Paese dei Cedri, con un ingaggio militare più ampio del gruppo arabo-sciita libanese Hezbollah, potrebbe infatti arrecare ulteriori e non sostenibili tensioni interne, provocando la reazione delle diverse componenti cristiane, druse e sunnite, peraltro già sotto pressione per la presenza nel Paese dei profughi siriani", conclude. Aumento tensioni in Siria e Iraq - "Lo scoppio del conflitto di Gaza ha provocato un aumento delle tensioni anche in Siria e Iraq, specie per la presenza in questi contesti di gruppi che, partendo da rivendicazioni relative alla questione palestinese, conducono azioni offensive contro assetti statunitensi nell’area, nell’ottica di combattere la presenza occidentale in Medio Oriente". "Tale situazione rileva sul piano securitario anche in ottica nazionale, considerando la presenza del contingente italiano in Iraq operativo sia all’interno della coalizione internazionale anti-Daesh sia nella Nato Mission in Iraq (missione di cui l’Italia ha avuto il Comando fino al mese di maggio)", continua. Preoccupa attivismo Houthi - "Nell’ultima parte dell’anno, ha suscitato particolare preoccupazione il rinnovato attivismo della milizia sciita Houthi in Yemen che, a fronte di avviati colloqui di pace con Riyadh, ha condotto una serie di attività offensive sullo stretto di Bab el Mandeb". "Gli Houthi hanno infatti attaccato e tentato di sequestrare navigli commerciali diretti in Mar Rosso rivendicando tali azioni come attività condotte contro gli interessi israeliani e occidentali in solidarietà con il popolo palestinese, obbligando così parte del flusso commerciale internazionale marittimo a modificare le proprie rotte", prosegue la relazione. Almeno "25 attacchi Houthi" e "-35%traffici nel Canale di Suez". Sono alcuni dei dati, sulla crisi di Gaza e il Mar Rosso, contenuti nella relazione Terrorismo "A seguito dell’attacco di Hamas a Israele dello scorso 7 ottobre e del conflitto che ne è derivato, l’Intelligence si è focalizzata in via prioritaria sull’impatto della crisi sulla minaccia terroristica in Italia e in Europa, con particolare attenzione sulle reazioni di al Qaida e Daesh e sulle possibili ricadute sul jihadismo globale". "Negli ultimi mesi dell’anno si è infatti assistito a una rivitalizzazione della propaganda jihadista, non solo in chiave antisionista, ma anche tesa a rilanciare lo scontro tra Islam e Occidente, nell’intento di proiettare la minaccia oltre i confini del teatro del conflitto". "Appare dunque concreto il rischio che la crisi possa costituire una cassa di risonanza per il messaggio jihadista, non solo andando a incidere sui processi di radicalizzazione, ma potendo anche fungere da innesco di potenziali lupi solitari stanziati in Europa, inducendoli a passare all’azione", continua. Crescono attentati islamici in Europa - "In Europa, la minaccia jihadista ha conservato una crescente e quasi esclusiva connotazione endogena. Nel 2023, gli attentati direttamente riconducibili a una matrice islamista sono numericamente raddoppiati rispetto all’anno precedente (da 3 a 6), ma hanno mantenuto un numero di vittime relativamente contenuto (6 morti e 16 feriti)". "In analogia con gli ultimi anni, si è trattato di azioni compiute da singoli soggetti, già presenti e/o residenti nel Paese target, non intranei a organizzazioni jihadiste e che, a eccezione del caso di Bruxelles (dove è stata utilizzata un’arma da fuoco automatica), hanno fatto uso di mezzi offensivi semplici (armi bianche) - sottolinea - Peraltro, l’azione belga si è distinta ulteriormente dalle altre in quanto è sembrata il frutto di una pianificazione più complessa, che avrebbe visto il coinvolgimento di diversi soggetti implicati soprattutto in circuiti criminali, ed è stata l’unica ufficialmente rivendicata da Daesh tramite la casa mediatica Amaq". Italia potenziale bersaglio - "L’Italia si è confermata potenziale bersaglio per la sua centralità nel mondo cristiano, il suo impegno nella Coalizione antiDaesh e la presenza di luoghi simbolo della storia occidentale come il Colosseo che continua a essere considerato, dalla retorica d’area, obiettivo di conquista privilegiato nel cuore dell’Europa 'miscredente'", continua. "Si è mantenuta elevata l’attenzione informativa sui foreign fighters che a suo tempo hanno raggiunto il quadrante siro iracheno per unirsi a Daesh o ad altre formazioni terroristiche ivi operanti. Nel 2023, sono aumentati a 149 (di cui 39 returnees) i soggetti inclusi nella 'lista consolidata' redatta in ambito di Comitato Analisi Strategica Antiterrorismo, in quanto a vario titolo connessi con l’Italia".   "Con riguardo poi all’allontanamento dal territorio nazionale di soggetti potenzialmente pericolosi per la sicurezza nazionale, nel 2023 sono stati eseguiti, pure grazie al contributo informativo dell’intelligence, 77 rimpatri di cui 13, in prevalenza tunisini, a carico di soggetti che erano riusciti a rientrare in Italia clandestinamente nonostante fossero stati già rimpatriati negli anni precedenti", conclude. Ucraina-Russia "A due anni dall’invasione russa dell’Ucraina, il tema della consistenza degli effettivi dei due eserciti assume assoluto rilievo. In Russia, le perdite nel conflitto, sia di morti che di feriti, così come i cittadini fuggiti a causa della guerra, hanno ulteriormente peggiorato la crisi demografica. Si stima che negli ultimi quattro anni la popolazione russa abbia perso circa 2 milioni di persone a causa di guerra, esodo e pandemia. Nel lungo termine, il declino demografico inciderà negativamente sullo status della Russia quale grande potenza e sulla sua capacità di innovare". E' quanto si sottolinea nella relazione sul conflitto in corso. "Mosca può comunque contare su un bacino di potenziali 'reclutandi' quattro volte più ampio di quello del suo avversario. In Ucraina, conclusasi la mobilitazione dei volontari, il Paese dibatte su come ottenere un numero maggiore di truppe per consolidare le difese o tentare nuove azioni di controffensiva nel 2024 - prosegue - Inoltre, un nuovo disegno di legge governativo che mira, tra le altre misure, ad abbassare la soglia per i coscritti da 27 a 25 anni, è stato inviato a dicembre in Parlamento". Calo degli aiuti occidentali - "Quanto all’entità degli aiuti assicurati dall’Occidente e da Paesi terzi, si evidenzia il delinearsi di due traiettorie distinte. Da un lato, sullo sfondo di una costante evoluzione di posizioni in seno alla Comunità internazionale, il sostegno dei Paesi Occidentali all’Ucraina, focale per la prosecuzione dello sforzo militare di Kiev, è continuato durante tutto il 2023, pur registrando un importante calo rispetto all’anno precedente. A fine anno l’aiuto militare complessivamente stanziato dai Paesi europei superava, per la prima volta, quello offerto dagli Stati Uniti". "Dall’altro lato, è in aumento il sostegno che attori terzi offrono alla base industriale militare russa. Pechino, oltre ad accrescere le importazioni di prodotti energetici dalla Russia, ha probabilmente fornito a Mosca alcune tecnologie duali. Altri Paesi hanno invece offerto un supporto militare diretto: l’Iran ha messo a disposizione della Russia ingenti quantità di droni pronti all’uso e ha contribuito a creare la capacità di costruirne ulteriori; la Corea del Nord ha intensificato la cooperazione militare con Mosca, inviando supporto in munizionamento", si osserva. Nel 2023 "soluzione conflitto rimasta remota" - "Durante il 2023, lo scenario di una soluzione del conflitto e di un conseguente avvio della ricostruzione dell’Ucraina è rimasto remoto. Non si sono svolti negoziati di pace significativi tra Mosca e Kiev per tre ragioni principali: è mancata la necessaria fiducia tra i belligeranti affinché si convincano a sedersi a un tavolo negoziale; nessuno dei due contendenti ha modificato i propri obiettivi strategici; ragioni di politica interna (non c’è sostegno a concessioni territoriali né da parte della popolazione ucraina, né da quella del presidente russo)". "In particolare, ogni tentativo di Putin di segnalare l’avvio di possibili negoziazioni si è scontrato contro l’espressa volontà di non voler offrire alcuna concessione, in quanto una pausa nei combattimenti servirebbe solo alla ricostituzione delle Forze russe per sferrare nuovi attacchi - prosegue - Ciononostante, si è assistito a un proliferare di 'iniziative di pace' promosse da vari attori. Rilevano, al riguardo, il piano varato da un gruppo di esperti internazionali denominato 'Kiev Security Compact', le iniziative di Cina, Sudafrica (che ha guidato una proposta esibita a nome dell’Unione Africana) e Brasile, nonché ulteriori tentativi da parte di altri Stati". "Tra le diverse iniziative, l’Ucraina ha cercato di aggregare consenso intorno alla 'Formula di Pace' del Presidente Zelensky, presentata già nel 2022, che prevede un piano in 10 punti, fondata sui seguenti cardini: sicurezza nucleare, sicurezza alimentare, sicurezza energetica, rilascio dei prigionieri, restaurazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina, ritiro delle truppe russe e cessazione delle ostilità, giustizia e creazione di un tribunale internazionale, protezione ambientale, prevenzione di un’escalation, conferma della fine della guerra - conclude la relazione - A compimento di un percorso di consultazioni multilaterali, che include la partecipazione dei Paesi del Sud Globale e riunioni tra i Consiglieri di Sicurezza Nazionale – a Copenaghen (24 giugno), Gedda (5 agosto) e Malta (28 ottobre) – nel 2024 Zelensky mira a indire un Summit della pace globale che dia inizio all’implementazione pratica della formula". Da Russia disinformazione per minare Ue e Nato - "Nel 2023 gli apparati di informazione legati al Cremlino hanno continuato a operare all’interno del dominio dell’informazione per minare la coesione europea e la fiducia dei cittadini nelle Istituzioni sia nazionali che dell’Unione Europea e dell’Alleanza Atlantica. Dopo il blocco imposto dall’UE alle attività verso gli Stati membri dei media russi, come Rt e Sputnik, e l’adozione di politiche più stringenti a contrasto della disinformazione e della propaganda di Mosca, quest’ultima ha potuto contare sull’appoggio di network mediatici di Paesi terzi per promuovere le proprie narrative ampliando, allo stesso tempo, la propria capacità di coordinamento a livello internazionale". "Le narrazioni diffuse dalle campagne disinformative russe hanno riguardato, anche nel 2023, la colpevolizzazione della Nato e dei Paesi occidentali per la guerra in Ucraina, alla quale si aggiunge, come elemento di novità, quella per la guerra tra Israele e Hamas", conclude. Nuove tecnologie e disinformazione, voto e minaccia ibrida Nella relazione annuale dell'intelligence "viene dato il giusto spazio all'effetto dirompente delle nuove tecnologie" e al tema "della disinformazione". Così il presidente del Copasir, Lorenzo Guerini, intervenendo a Palazzo Dante durante la presentazione della relazione annuale dei Servizi. Dalla relazione "emerge ancora una volta la consapevolezza" di quella che Guerini, parlando della disinformazione, non esita a definire "una minaccia per la nostra società". Per il numero uno del Copasir servono "strumenti a livello nazionale e internazionale" per mettere in atto "una reazione efficace alla disinformazione". "Nel 2024 ben 76 Paesi sono chiamati a votare, il 51% della popolazione mondiale, metà del Pil del mondo". Lo afferma il direttore generale del Dis Elisabetta Belloni alla presentazione pubblica della “Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza”, curata dal Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, sottolineando che davanti a ciò "è intuitivo" parlare dei "rischi di interferenze e condizionamenti dei processi elettorali attraverso la minaccia ibrida". Balcani "L’Intelligence dedica costante attenzione ai Balcani Occidentali osservando, in particolare, le aree connotate da latenti instabilità. La regione continua a presentare significative criticità, cui non sono estranei problemi di governance, dinamiche interetniche, fenomeni di criminalità e corruzione diffusa, ponendo ostacoli al progresso del cammino dei Paesi della regione verso l’Unione Europea e, in alcuni casi, influenzando negativamente la loro situazione securitaria". "Sul piano dell’integrazione comunitaria, dalla fine del 2022 tutti i Paesi della regione, Kosovo escluso, hanno ottenuto lo status di candidato all’ingresso - prosegue - Ciononostante, le valutazioni date da Bruxelles sugli effettivi progressi raggiunti non fanno sperare in un’integrazione in tempi brevi: anche i Paesi più avanzati nei negoziati, come Serbia e Montenegro, scontano ritardi dovuti, da un lato, a una scarsa attitudine dei Governi della regione a riformare ambiti fondamentali per l’Unione Europea, come il settore giudiziario e la promozione dei diritti fondamentali, dall’altro, alla difficoltà delle Istituzioni comunitarie a rilanciare il processo di allargamento. In tale cornice, l’Italia svolge un ruolo fondamentale nel cercare di avvicinare la regione balcanica all’Unione Europea attraverso iniziative miranti ad accelerarne l’integrazione e sostenendo i processi di riforma interni". "Nel 2023, il quadro securitario balcanico si è connotato fortemente per l’incerto sviluppo del processo di normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo, che al momento appare in sostanziale stallo, nonostante l’iniziale sviluppo positivo dell’accordo raggiunto a voce, ma mai firmato, tra i due Paesi a Ohrid (febbraio) Read the full article
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gregor-samsung · 9 months
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"Nel 1996, nel bel mezzo del processo di pace di Oslo, Israele promise all’amministrazione USA che avrebbe smesso di costruire nuove colonie nei Territori Occupati. Ma mentre il governo israeliano stava conducendo i negoziati con i palestinesi, stava anche incoraggiando 50.000 cittadini ebrei a trasferirsi da Israele in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Contemporaneamente, il governo israeliano stava aiutando concretamente il movimento dei coloni a creare una molteplicità di “avamposti illegali” – fuori dai confini delle colonie esistenti – fornendo a questi insediamenti energia elettrica e acqua e costruendo la rete stradale per raggiungerli.* Entro il 2001, cinque anni dopo il divieto da parte degli Stati Uniti di costruire nuovi insediamenti, i coloni avevano creato piú di sessanta nuovi “avamposti illegali” su terreni espropriati ai palestinesi. Il governo israeliano dipingeva spesso i coloni ebrei come dei cittadini sprezzanti e indisciplinati, nonostante avesse stanziato milioni di dollari a favore della loro “insubordinazione”, principalmente perché ciò permetteva allo Stato – quando criticato – di rivendicare il fatto di essere una democrazia con una società civile vitale e pluralista. Durante l’impennata dell’edificazione dei cosiddetti avamposti, la polizia e l’esercito israeliani intrapresero solo sporadicamente azioni simboliche per far rispettare la legge, evacuando coloni dai nuovi avamposti. In parallelo a questo processo di espansione degli insediamenti e di rara applicazione della legge – spesso coincidente con periodi in cui aumentavano le pressioni internazionali a riprendere il processo di pace –, l’esercito israeliano eseguiva invece demolizioni di case palestinesi su larga scala, una pratica sulla quale le ONG israeliane e palestinesi concentrarono la loro attività. È stato in questo scenario legale e politico di espropriazione di terre palestinesi da parte dei coloni e di demolizioni di case palestinesi da parte del governo che Yesha for Human Rights ha iniziato la propria attività. Era la prima volta che i coloni creavano una ONG per difendere i propri diritti umani – il diritto umano di non essere evacuati dagli insediamenti e di continuare a colonizzare la terra palestinese."
  * In realtà, gli avamposti sono nuovi insediamenti. Oggi ci sono piú di cento avamposti in Cisgiordania. Circa cinquanta sono stati creati dopo il marzo del 2001. Analogamente ad altri insediamenti, questi avamposti sono stati costruiti con l’obiettivo di dare una continuità territoriale alla presenza israeliana occupando piú terra palestinese possibile e creando una barriera tra i vari centri abitati palestinesi. Cfr. Peace Now, “Settlements and Outposts”, http://peacenow.org.il/eng/content/settlements-and-outposts (consultato il 01/05/2014); vedi anche Talia Sasson, Report on Unauthorized Outposts: Submitted to the Prime Minister, Prime Minister’s Office, Jerusalem 2005.
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Nicola Perugini, Neve Gordon, Il diritto umano di dominare, traduzione di Andrea Aureli, edizioni nottetempo (collana conache), 2016¹; pp. 166-167.
[Edizione originale: The Human Right to Dominate, Oxford University Press, 2015]
P.S.: Ringrazio @dentroilcerchio per avermi consigliato la lettura di questo saggio che esamina e denuncia l’uso strumentale dei diritti umani da parte dei gruppi dominanti.
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aitan · 6 months
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Gaza - La via dell’umanesimo, della giustizia dell’uguaglianza secondo Daniel Barenboim.
Suonare per il dialogo e la comprensione tra le parti in conflitto.
La West-Eastern Divan Orchestra e la Barenboim-Said Akademie.
Ne parlo qui:
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ISRAELE. NETANYAHU, IL CRIMINALE DI GUERRA, DOPO AVER TRASFORMATO GAZA IN UN CIMITERO DI BAMBINI GELA LE PROMESSE DI PACE DI BLINKEN.
Il primo ministro, il criminale di guerra Netanyahu dopo essersi esaltato per i successi straordinari, il genocidio in corso e aver trasformato il ghetto di Gaza in un cimitero di bambini afferma che dopo l’eliminazione di Hamas e aver completato il genocidio in corso Israele si occuperà della sicurezza della Striscia “per un periodo di tempo indefinito” Il lavoro di Blinken e la credibilità…
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cinquecolonnemagazine · 5 months
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Per la prima volta l’ONU ha commemorato la Nakba, 75 anni dopo
Per la prima volta nella sua storia l’ONU ha commemorato la Nakba, l’occasione in cui ogni 15 maggio il popolo palestinese ricorda la sconfitta nella prima guerra combattuta fra arabi e israeliani, tra il 1947 e il 1948, e l’esodo dei palestinesi che ne seguì. In seguito alla vittoria di Israele, decine di villaggi palestinesi vennero distrutti e circa 700mila palestinesi furono costretti a lasciare le proprie case e diventare profughi di guerra. Cos'è la Nakba? La Nakba è un evento traumatico e controverso che ha avuto un profondo impatto sulla storia del Medio Oriente. I palestinesi la considerano una tragedia nazionale, mentre gli israeliani la considerano una necessità per la sicurezza dello Stato. Secondo le stime delle Nazioni Unite, tra il 1947 e il 1949, circa 700.000 palestinesi furono sfollati dalle loro case. La maggior parte di loro si rifugiò nei campi profughi nei paesi limitrofi, dove ancora oggi vivono la maggior parte dei discendenti di questi sfollati. L'esodo dei palestinesi fu causato da una combinazione di fattori, tra cui: - La guerra arabo-israeliana del 1948, che vide la vittoria di Israele e la sconfitta degli eserciti arabi. - La politica di "pulizia etnica" adottata da Israele, che mirava a creare uno Stato ebraico a maggioranza ebraica. La Nakba ha avuto un impatto significativo sulla società palestinese. Ha contribuito a creare un profondo senso di identità nazionale e di risentimento nei confronti di Israele. Ha anche reso più difficile la soluzione del conflitto israelo-palestinese, in quanto ha reso difficile per i palestinesi accettare la presenza di uno Stato ebraico in Palestina. Commemorazioni e critiche Nel 75° anniversario della Nakba, le celebrazioni si sono svolte in tutto il mondo soprattutto quello arabo ma per la prima volta anche l'Onu ha deciso di commemorare la Nakba. In Palestina, le manifestazioni sono state caratterizzate da proteste contro Israele e dall'appello a una soluzione giusta per il conflitto. Israele ha condannato le commemorazioni della Nakba, accusandole di distorcere la storia. Il governo israeliano ha affermato che la Nakba non fu una catastrofe per i palestinesi, ma una liberazione da un regime oppressivo. Foto di copertina: Uomo Bandiera Palestinese Fumo - Foto gratis su Pixabay - Pixabay Read the full article
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giancarlonicoli · 5 months
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23 nov 2023 11:09
LA “MANINA” DEL MOSSAD DIETRO A UN MISTERO ITALIANO LUNGO 50 ANNI – IL 23 NOVEMBRE 1973 IL BIMOTORE “ARGO 16” DEI SERVIZI SEGRETI ITALIANI PRECIPITÒ A MARGHERA, E MORIRONO QUATTRO MILITARI – TRE SETTIMANE PRIMA DELLO SCHIANTO, L'AEREO AVEVA TRASPORTATO DUE TERRORISTI PALESTINESI RICONSEGNATI A TRIPOLI – IL SEGRETO DI STATO, GLADIO E LA TESI DI UN SABOTAGGIO ISRAELIANO SMENTITA DAI GIUDICI - L’EX CAPO DEL CONTROSPIONAGGIO, AMBROGIO VIVIANI, PARLÒ DI “UN CONSIGLIO UN PO’ CRUENTO PER DIRCI DI SMETTERLA CON GHEDDAFI E IL TERRORISMO ARABO-PALESTINESE”. ANCHE COSSIGA AVEVA SOSTENUTO LA TESI DELL’ATTENTATO, SALVO POI... -
Estratto dell’articolo di Pierfrancesco Carcassi per https://corrieredelveneto.corriere.it/
Ogni fine settimana a Marghera decine di giovani ballano sotto le casse di Argo 16. Si chiama così un locale che ospita musica dal vivo tra le fabbriche deserte. Difficile capire quanti dei ragazzi che lo frequentano sappiano che quel nome non è casuale: apparteneva a un aereo dei servizi segreti italiani caduto su quella zona industriale 50 anni fa. Il punto dello schianto è segnato da un cippo fatto con un frammento d’ala - “sciagura aerea”, recita la scritta a qualche chilometro dal club.
È l’unico segno di un mistero italiano dimenticato: ci sono voluti decenni per collocare quel bimotore al centro di un intrigo che lega l’esercito clandestino Gladio, il conflitto tra israeliani e palestinesi al tempo della Guerra Fredda e l’ombra di un attentato del Mossad, poi smentito da una sentenza che non è bastata a trovare la verità.
Ma questo gli operai che la mattina del 23 novembre 1973 si videro sfiorare dalla carlinga di un bimotore Dakota C53 non potevano saperlo. Mentre le sirene davano il via al turno del mattino nel formicaio industriale di Porto Marghera, poco dopo le 7.30, un ruggito di motori coprì ogni rumore.
L’aereo bucò la foschia in picchiata, urtò contro la palazzina del centro di calcolo della Montefibre, azienda della plastica, ed esplose a terra lasciando una scia di fuoco e lamiere. «Avevo appena assegnato i lavori agli operai», ricorda Lando Arbizzani (nella foto a sinistra), tra i primi ad arrivare sul posto: «C’erano duecento metri di rottami in fiamme assieme ai resti dell’equipaggio».
Le vittime
Uniche vittime, il pilota Anano Borreo e il secondo Mario Grande, il marconista - cioè l'addetto alle comunicazioni radio - Francesco Bernardini e il motorista Aldo Schiavone. Evitarono gli uffici pieni di impiegati per un soffio. Il portinaio ebbe un infarto. «
[…]  Indenni i serbatoi di fosgene, gas tossico usato dall’industria, che sorgevano non lontano da lì: all'epoca si parò di un miracolo. L’area si riempì di militari. […]
Quel giorno due ufficiali bussarono alla porta di Luigi Borreo, studente ventenne. Lui aveva già intuito perché. Suo padre Anano, pluridecorato nella Seconda guerra mondiale, era il colonnello ai comandi di Argo 16. «Nel mio cuore mio padre è sempre vivo, ricordo il suo eroismo: mi diceva “sai, chi ha il comando deve essere pronto a dare la vita”», ricorda. Oggi fa il dentista. A cinquant’anni di distanza non sa cosa abbia fatto cadere quel Dakota. Negli ultimi tempi il padre si raccomandava: «Non dire mai, Luigi, quando parli con gli amici, dove vado”. “Perché?”. “Sai, ‘sti attentati...».
Le dichiarazioni dello 007
L’aereo, diretto ad Aviano, era caduto pochi minuti dopo il decollo da Venezia. Per l’Aeronautica militare avvenne per “causa imprecisata”. La magistratura archiviò quasi subito di conseguenza. Antonio Bernardini, ingegnere in pensione, si chiede da 50 anni come fosse possibile schiantarsi per un equipaggio così esperto.
Suo padre Francesco era marconista sull’Argo 16. «Ha volato ogni settimana per 32 anni – riflette – quanto è probabile che proprio quel 23 novembre sia capitato un incidente?». Le probabilità crollarono nel 1986: l’ex capo del controspionaggio Ambrogio Viviani in un’intervista a Panorama definì la fine di Argo 16 «un avvertimento del Mossad, un consiglio un po’ cruento per dirci di smetterla con Gheddafi e il terrorismo arabo-palestinese».
Tra israeliani e palestinesi
Il giudice Carlo Mastelloni di Venezia aprì un’inchiesta per strage: interrogò Viviani e lo arrestò per reticenza. Dalle indagini emerse che il 31 ottobre 1973, appena tre settimane prima del suo ultimo volo, Argo 16 era servito per la riconsegna a Tripoli di due terroristi palestinesi che avevano pianificato un attentato contro un aereo israeliano a Ostia. Presi il 5 settembre 1973 e rilasciati il 30 ottobre.
Come “ripicca”; secondo Mastelloni, gli israeliani fecero abbattere l’aereo che li aveva trasportati. La tesi era stata al centro di un’interrogazione del deputato missino Beppe Niccolai nel 1974, ma il governo aveva negato. In quegli anni di scontro tra Israeliani e palestinesi in Europa, tra massacri, omicidi sotto copertura e dirottamenti aerei, l’Italia tentava di uscirne con un “doppio gioco”, il cosiddetto Lodo Moro: fedeltà ufficiale alla Nato e a Israele e, in segreto, accordo con i palestinesi cui veniva lasciava libertà di movimento a patto che non colpissero obiettivi italiani.
[…]
L'aereo fantasma
Durante le indagini gli elementi a supporto del sabotaggio vennero meno. Alcuni militari citarono un fascicolo dei servizi segreti su Argo 16 ma non fu mai trovato. Altri riferirono di una relazione dell’Aeronautica in cui si parlava di «sabotaggio tra la fusoliera e la coda» ma non fu trovata alcuna documentazione scritta. Impossibile fare una perizia: nel 1988 l’aereo era stato rottamato. Le indagini ricostruirono che i rottami rimasero alle Officine aeronavali di Tessera fino al 1976, poi vennero spostati a Treviso, venduti e distrutti. Ma le voci dicono sia rimasto a Tessera molto più a lungo. Nei documenti sullo smaltimento, scrisse il giudice, c’erano dei vuoti.
Segreto di Stato
Quando Mastelloni chiese ai Servizi la documentazione sui viaggi di Argo 16 si trovò davanti a un muro: segreto di Stato. Quel segreto proteggeva Gladio, gruppo paramilitare creato negli anni ‘50 con regia Usa fuori dai limiti della Costituzione contro un’eventuale invasione sovietica. Fu rivelato da Andreotti nel 1990 dopo quasi quattro decenni di silenzio.
Argo 16 serviva a spostare uomini e armi, oltre che per operazioni di spionaggio sui cieli del blocco orientale. Portava civili dal Nord Italia in una base ad Alghero, in Sardegna, dove venivano addestrati», sottolinea l’avvocato Sebastiano Sartoretto, che assistette Luigi Borreo come parte civile. «Questo sarebbe emerso dai movimenti di quell’aereo perciò non si poteva rivelare».
La verità sugli ultimi secondi di Argo sparì con i nastri delle comunicazioni di bordo. Nel 1995 Mastelloni dispose il sequestro delle bobine ma risultarono irreperibili: l’ufficiale dell’Aeronautica che le aveva prelevate dopo l’incidente non sapeva spiegare che fine avessero fatto. Altra stranezza: quando il giudice fece perquisire la casa del capo di stato maggiore dell’Aeronautica furono sequestrati i suoi diari e l’unico mancante era quello del 1973.
Il processo
Nel 1999 iniziò il processo con 22 imputati, i più importanti furono i vertici dei servizi segreti italiani e israeliani: per strage, il capo del Mossad, Zvi Zamir, e il suo referente di Roma, Asa Leven - presunto esecutore - che nel frattempo era morto; il numero uno degli 007 italiani dell’epoca Vito Miceli, per soppressione di documenti, e il numero due Gianadelio Maletti.
[…]
Tutti assolti
In aula si perse il conto dei “non-so-non-ricordo-non-rispondo” dei militari ogni volta che si parlava dell’ipotesi di attentato. Nel 1999 gli imputati furono tutti assolti perché il fatto non sussiste: niente riscontri di sabotaggio, niente soppressione di documenti. La procura fece appello subito, ma poi aderì alle motivazioni dei giudici e rinunciò.
La tesi dell’attentato era stata sostenuta anche dall'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga: «Ne parlò più volte, anche in una lettera a un onorevole, in termini diretti, ma poi ritrattò pubblicamente», sintetizza Sartoretto. L’ultima spiaggia per le famiglie fu rivolgersi al presidente del Consiglio: «Scrivemmo a Prodi nel 2006 per chiedere chiarezza, non ricevemmo risposta. Ho sperato che qualcuno che conoscesse la verità, in fin di vita, decidesse di rivelarla. Ma non è avvenuto» […]
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mynenesan · 10 months
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domenicosolimeno · 2 years
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Robert Capa. Fotografie oltre la guerra in mostra a Villa Bassi Rathgeb
Robert Capa. Fotografie oltre la guerra in mostra a Villa Bassi Rathgeb
“Il migliore fotoreporter di guerra nel mondo”. Così nel 1938 la rivista Picture Post definì Robert Capa. Il fotografo ungherese, naturalizzato statunitense, iniziò come fotoreporter durante la guerra civile spagnola (1936-39), documentò la resistenza cinese di fronte all’invasione del Giappone (1938), la seconda guerra mondiale (1941-45), il conflitto Arabo-Israeliano (1948) e quello francese in…
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