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#sembra così felice tutto sorridente
janniksnr · 10 months
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tutti questi contenuti di dusan mi stanno facendo frignare e purtroppo mi sto (per l'ennesima volta) illudendo che non si muoverà da torino
poi ultimamente era diventata davvero una sofferenza anche vederlo in campo mentre oggi già solo vederlo sereno e sorridente mi fa proprio piacere e spero che, indipendentemente dalla sua permanenza alla juve o meno, possa avere una stagione tranquilla 😞
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lorencelamashtu · 7 months
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Sapevo che questo momento sarebbe arrivato. Un paio di mesi fa mi era stato annunciato da una persona conosciuta per caso. Lì per lì, sul momento, non mi aveva fatto un gran effetto.
Quando invece poi ti ho vista in quelle foto, così luminosa, perfetta, quasi eterea, si è acceso in me un turbine di emozioni fortissime e a tratti contrastanti, che ancora adesso fatico a capire e a definire.
Probabilmente la più forte è la nostalgia. Nostalgia di tutti i momenti vissuti. E, come ho già detto anche nel mio precedente post, ogni volta che ciò accade, riesco sempre a sorprendermi nel constatare quanti piccoli dettagli della nostra relazione ricordo molto bene dopo tutti questi anni.
Vederti nel tuo giorno più felice, così radiosa, sorridente. Ricordarti super timida e immaginare quanto imbarazzo tu possa aver provato. Dedurre un attimo dopo quanto tu sia evidentemente cambiata dopo tutto questo tempo. Quanto tu abbia trovato la forza di superare la timidezza e l'insicurezza nella presa di coscienza dell'amore delle persone di cui ti sei circondata. Ecco, tu sei tutti quelli che oggi sono lì vicino a te. E di questo ne vai fiera. Ed anche io lo sono di te.
Il tuo sorriso è perfetto. Spontaneo, genuino, elegante. Talmente bello che sembra plastificato. Sul tuo viso non avverto il minimo segno di forzatura. La tua espressione è così naturale e divina, che sento quasi di non avere il permesso di ammirarla.
Guardando quelle foto, da un lato vedo ancora la ragazza dolce, tenera, timida, sognatrice e un pizzico ribelle, che avevo conosciuto anni fa. Dall'altro, mi accorgo che ormai sei una donna sbocciata e forte, che ha affrontato numerose difficoltà e che sta trasformando in realtà quei grandi sogni di cui mi parlavi.
Ma tra quei sogni non ricordavo affatto ci fosse quello che vedo in foto. Probabilmente infatti la seconda grande sensazione che mi ha pervaso è stata proprio lo stupore. Stupore perché la ragazza ribelle che avevo conosciuto era contro le tradizioni ed i negozi giuridici che contraddistinguono una società che solo all'apparenza è moderna, ma che ancora in realtà rimane ancorata a determinati istituti, principalmente di natura religiosa. Si, ok, quello che vedo è un sindaco, non un prete. Ma la sostanza poco cambia.
Evidentemente non era solo come mi dicevi tu "le persone non cambiano, ma si rivelano per quello che sono". Ciò è vero nel breve termine.
La verità è che le persone cambiano. Cambiano talmente tanto che se ognuno di noi guardasse il sé stesso di 10 anni prima, nemmeno si riconoscerebbe. E come io non riconoscerei il me di 12 anni fa, in questo momento forse non riconosco più nemmeno te.
Solo una cosa è certa ormai.
Oggi, ancor di più, ti guarderò da lontano, in silenzio, sperando ancora di trovare in te qualcosa della Federica che tanto ho amato, per rendermi conto ogni volta, sempre di più, che ormai, forse, esiste solo nei miei ricordi. E chiuderò gli occhi con forza, sforzandomi di non dimenticare mai tutto quello che c'è stato. E urlerò al cielo quanto io sia stato fortunato che la prima sei stata tu. E ancora una volta augurerò a me stesso di trovare una persona capace di darmi tutto, senza chiedere nulla, e di farmi scoprire che solo insieme possiamo davvero cambiare.
Pasternak diceva: "Tutte le persone che incontriamo nella nostra vita sono il nostro riflesso. Ci sono state mandate, perché noi, vedendole, correggiamo i nostri errori; e quando noi lo facciamo, anche queste persone cambiano. Oppure se ne vanno per sempre dalla nostra vita."
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danilacobain · 1 year
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Ossigeno - 11
11. Casa Ibrahimovic
I ragazzi arrivarono a casa di Zlatan per ora di cena. Sveva aveva parlato poco per tutto il viaggio ed era ancora di cattivo umore. Serena, la ragazza di Stephan, aveva parlato di Ibrahimovic per tutto il viaggio. Aveva detto di essere una sua grande fan e di essere impaziente di incontrarlo. Stephan a poco a poco si era rabbuiato, evidentemente non gradiva questo eccessivo entusiasmo da parte della sua ragazza. Ignazio e Valentina erano stati per tutto il viaggio da soli con Matteo a coccolarlo. Sveva non aveva sopportato a lungo quella vista. Non che fosse gelosa del fratello, era felice per Ignazio e Valentina, ma il ricordo delle parole di Logan sulla famiglia che voleva creare con lei era ancora troppo fresco e non ce la faceva a vedere altre persone felici. Mark di tanto in tanto le aveva rivolto qualche domanda ma si era accorto presto della sua poca disponibilità al dialogo e l'aveva lasciata in pace.
Quando arrivarono, Zlatan era tutto sorridente. Sveva ebbe un tuffo al cuore quando lo vide. Non si era mai resa conto di quanto fosse bello il suo sorriso. Era ipnotizzante. Per la prima volta in quella giornata si ritrovò a sorridere per pura voglia di farlo e non per circostanze. E si sentì ancora meglio quando lui pronunciò il suo nome e le diede due baci sulle guance. ‹‹Ciao Zlatan.›› ‹‹Come stai? Sei stanca dal viaggio?›› ‹‹Un po'.›› ‹‹Vuoi una mano con la valigia?›› ‹‹N...›› ‹‹No, lascia stare, ci penso io.›› intervenne Mark. ‹‹Oh mio dio! Zlatan!›› Il taxi con a bordo Stephan e Serena era appena arrivato e la ragazza stava correndo incontro a Zlatan. Lui la guardò perplesso. ‹‹Tu devi essere la fidanzata di Stephan.›› ‹‹Esatto. Sono Serena.›› ‹‹Ciao Serena.›› ‹‹Sono una tua grandissima fan! Vieni qui, fatti abbracciare!›› Non gli diede neanche il tempo di respirare, si gettò su di lui e lo strinse forte. Zlatan, imbarazzato, ricambiò l'abbraccio ridendo e guardò Stephan che si avvicinava con le valigie in mano e la faccia rossa per l'imbarazzo. ‹‹Wow quanto sei alto›› continuò Serena, squadrandolo dalla testa ai piedi. ‹‹Sei bellissimo.›› ‹‹Serena smettila dai, lascia stare Zlatan›› intervenne Stephan. Lei si avvicinò al fidanzato e gli diede un bacio. ‹‹Oh amore, sono così felice di essere qui.›› ‹‹Ma dove l'ha trovata questa scema?›› Disse Mark in tedesco a Sveva, sapendo che lei lo avrebbe capito. Sveva rise e rispose nella stessa lingua. ‹‹È una ragazza che ha appena incontrato il suo idolo, è comprensibile che sia così euforica.›› ‹‹Sarà, ma a me sembra tanto una scema.›› Un po' lo pensava anche Sveva e, a giudicare dall'espressione del suo volto, anche Zlatan. Quando anche Ignazio e la compagna furono arrivati, Zlatan mostrò loro le camere. Erano tutte grandissime, con una vetrata ampia che affacciava su un balconcino con vista sul giardino. ‹‹Se hai bisogno del bagno ce ne sono due su questo piano o puoi utilizzare quello in camera mia, che è questa porta di fronte alla tua›› disse Zlatan a Sveva dopo averle mostrato la sua stanza. ‹‹Grazie Zlatan.›› Lui le sorrise. ‹‹Quando hai finito di sistemarti scendi giù che ti faccio vedere il resto della casa.›› ‹‹Arrivo subito›› disse lei, ma Zlatan era già scomparso. Lo sentì chiacchierare con Mark e poi sentì la voce inconfondibile di Serena che lo chiamava. Si guardò intorno, la camera era bella, come il resto della casa di Zlatan per quel poco che aveva visto. Si avvicinò al balcone e scrutò fuori. Anche se era buio, le luci nel giardino erano accese e riusciva a vedere il gazebo illuminato e il bordo di una piscina. Disfece le valigie e andò a rinfrescarsi. Si cambiò d'abito e scese. Nel salotto c'erano già tutti, seduti sul divano che chiacchieravano. Lei si sedette accanto al fratello. Mark le fece un sorriso e continuò a parlare con Serena. ‹‹Quindi state insieme da quattro mesi›› stava dicendo ‹‹Strano, Stephan non ci ha mai parlato di te.›› ‹‹È un ragazzo riservato›› rispose lei, sorridendo al fidanzato. ‹‹Non è vero che non vi ho mai detto nulla, lo sapevate che uscivo con una ragazza.›› ‹‹È vero›› disse Zlatan. ‹‹E quanti anni hai?›› continuò Mark. ‹‹Diciotto.›› ‹‹Una bambina, praticamente.›› ‹‹Mark non è educato chiedere l'età ad una signora›› disse scherzando Valentina. ‹‹Hai ragione, scusatemi.›› ‹‹Stasera volevo portarvi a cena in un posto dove si mangia benissimo, ma quando ho telefonato per prenotare mi hanno detto che non c'era posto. Perciò ho ordinato a domicilio.›› ‹‹Mangeremo roba tipica svedese?›› domandò Ignazio. ‹‹Sì›› Zlatan rise ‹‹È d'obbligo›› si alzò dal divano ‹‹Vado a preparare la tavola, aspettatemi qui.›› ‹‹Aspetta, ti do una mano›› disse Sveva alzandosi. ‹‹Anche io!›› disse subito Serena. Zlatan guardò prima l'una e poi l'altra. ‹‹Okay, venite.››
Zlatan condusse le ragazze in cucina e insieme iniziarono ad apparecchiare la tavola. La fidanzata di Stephan era una ragazzetta tutto pepe e spesso l'aveva beccata a guardarlo con insistenza. Non era insolito che le persone lo guardassero così, ma questa ragazza, per essere così piccola, era veramente sfacciata. Ma probabilmente il mondo della moda, del quale lei faceva parte, faceva perdere l'innocenza troppo presto. Sveva invece era triste. Lo aveva capito dal primo momento in cui aveva incontrato il suo sguardo quando era scesa dal taxi. Mark non le staccava gli occhi di dosso e lei non sembrava nemmeno curarsene. Quando fuori le aveva parlato in tedesco a lui aveva dato profondamente fastidio non sapere cosa si erano detti. Vederla ora così concentrata su quello che stava facendo gli fece desiderare di essere solo con lei e di potersi soffermare a guardare ogni suo gesto, le espressioni del suo volto, le sue movenze... magari poi l'avrebbe fermata e l'avrebbe attirata a sé per un bacio... ‹‹E quindi ti sei lasciato con Megan.›› La voce di Serena lo riportò bruscamente alla realtà e si rese conto che, ancora una volta, stava fantasticando su Sveva. Lei alzò gli occhi dal tovagliolo che stava piegando e lo guardò. ‹‹Sì›› rispose senza guardare nessuna. ‹‹E come mai?›› ‹‹Non andavamo d'accordo.›› ‹‹Quindi adesso sei single... o c'è già qualcuna?›› ‹‹No, non c'è nessuna. Mi stai facendo il terzo grado?›› Serena rise. ‹‹Scusami, ero curiosa. E tu invece Sveva? Ce l'hai il fidanzato?›› Questa volta fu Zlatan a guardare nella sua direzione. Sicurmente c'era un ragazzo nella sua vita, quello che aveva visto con lei in clinica... ‹‹No›› fu la sua risposta. Involontariamente, Zlatan sorrise. Era sola. Dunque, chi era quel tipo dell'ospedale? ‹‹E come mai? Sei così bella›› continuò Serena. Già, vero. Era bellissima, pensò Zlatan. ‹‹Sono uscita da poco da una relazione.›› ‹‹Oh... era una storia importante?›› ‹‹Serena perché non vai a chiamare gli altri di là?›› la interruppe Zlatan, allarmato dalla reazione di Sveva a quelle parole. ‹‹Okay›› rispose la ragazza rivolgendogli un ampio sorriso, ed uscì dalla stanza. ‹‹È tutto okay?›› chiese poi a Sveva, che era rimasta silenziosa e a testa bassa. ‹‹Sì. Tutto okay.›› Voleva chiederle di più, ma gli altri arrivarono un secondo dopo e per il resto della serata non ebbe più occasione di rimanere solo con lei.
Cenarono e trascorsero la serata in giardino, al fresco, tra risate e birre. Zlatan ogni tanto rivolse qualche occhiata fugace a Sveva che sembrava essersi ripresa. Sorrideva e lui pensò che gli sarebbe piaciuto tanto poterla conoscere meglio. Che peccato che presto sarebbe andato via da Milano e lei sarebbe tornata alla sua vita a New York.
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l’incompletezza. ogni mattino  mi alzo e so di non essere completo so  di non esserlo, semplicemente.
mi faccio il caffè, infilo i guanti, metto in moto l’auto mi accendo una sigaretta e abbasso il finestrino. fumo aria azzurra, e so di non essere completo.
so che quel che son alla fine è tutto un punto interrogativo svolto l’auto, semaforo, freno parcheggio, scendo entro in un bar, prendo un cafè da solo e telefono e so di essere incompleto.
rispondo a quel tale che mi dice delle enormi banalità, che crede che siano delle cose importantissime. e so di essere incompleto. lui è uno sciocco, vuoto e senza valori. io no, ma siamo incompleti. è che lui non lo sa, quindi chissà forse crede che le sue vanterie qualcuno ci creda e se annuisco, forse crede di essere felice. lui.
ma io so di essere incompleto.
faccio un altro tiro dal fondo - anche lui incompleto -  di una sigaretta,  fumo aria azzurra, quella che ti vendono per morire secondo i canoni di una società senza senso. getto la sigaretta via. e saluto dal lato opposto della via una vecchia amica
mi sorride, è così bella, lei sa di esserlo, ma finge di non saperlo; ha un cappello rosso alla francese , un baschetto di fustagno di gran marca credo e un vestitino nero aderente, e un cagnolino che sembra stupido che si guarda intorno con   l’ aria perennemente scocciata come dire mi vogliono fregare lo so, e abbaia. lei invece parla come se il mondo non avesse nulla da temere e da fare.
e come se il mio tempo non scorresse,
quelle due pupille fonde e allegre e brillanti decisamente affascinanti, ma per il resto, beh è un po’ come il suo cane, un po’ sciocca. si dice che cani e padroni si somiglino. però ha un bel culo, e un seno sodissimo… il cane, no decisamente no. non va.
buono giottino, buono e se lo porta in braccio, lui sempre nervoso lei sempre sorridente. quel seno, io lo so che stasera mi farò le seghe pensando a quel seno.
ma no forse no perchè  è stupida e le donne stupide a me non mi piacciono. io a me non mi diventa proprio….
insomma come fanno gli uomini a scoparsi quelle che sono belle e sceme? a me si ammoscia, e di solito scappo. come si fa a scappare da tanto ben di dio, penso… o sono gay o sono strano. o forse no. forse sono incompleti loro
e mentre parla e vedo il suo seno duro e dirimpetto ballonzolare, e penso al mio cazzo duro e dirimpetto dentro le sue mani calde, so che sono incompleto. so che sono incompleto e vuoto. questa sua vuotezza questa sua superficialità mi svuota, lo so… perchè le persone vuote mi svuotano di riflesso. ma loro no non sentono la mia incompletezza che li incompleta perché se si sentissero come me, smetterebbero di parlare e andrebbero via. via via via sgomenti. via via correrebbero via…. sempre più forte
questo  continuo senso di vuoto mi sgomenta, come fa a non sgomentare anche loro? forse è questa la loro incompletezza
mi sorride, mi saluta, mi dice qualche ultima scemenza tipo di salutare non so chi, pronuncia nomi ma io non so chi siano. altri vuoti? un vuoto che chiede di salutare altri vuoti? che non conosco!
“sì certo certo” rispondo cose a caso, tanto sono le futilità della vita i riti  di estranei che si incrociano,
e lei si volta per andarsene, il cane ringhioso e un po’ puzzolente in braccio. quasi inciampa sul suo ombrello di marca in vero legno, si riprende ride e il seno sobbalza florido e sodo. al che io afferro la mano e le chiedo, senti te ne vai già, non vuoi prendere qualcosa da bere invece ?
no no , mi dice, ho fretta…ma - si interrompe - facciamo un’ altra sera. certo, dico.  e mi da’ il suo numero “hai facebook?” mai avuto le rispondo, allora ti do’ il numero, dice. e mi da’ il numero. “….mai avuto facebook?” “già” rispondo. chiamami. e sorride  dicendolo.
mmm  e che è quel sorriso, io pensavo di starti antipatico da sempre? e sorride. o meglio per un istante ha sorriso con malizia. brevissimo impalpabile, ma io l’ho colto. colgo sempre le cose inutili e esiziali nelle persone. dettagli vacui. specie nelle donne. specie se mi piacciono , e mi voglio illudere. ma no, dai, non ho visto nulla…. mi immagino le cose. e intanto penso che sono incompleto. mi sento incompleto. no invece ha sorriso con un po’ di malizia. lo so, non mi sbaglio. il telefono rumoreggia. msg.  è lei. scrive:  “chiamami (emoticon che non capisco)”
non capisco mai gli emoticon, forse  quelli che hanno inventato gli emoticon dovevano essere stupidi o geniali:  sono tutti uguali, sono tutti simili, sono tutti insipidi, ma però tutti sanno tutto degli emoticons, quindi devono essere importanti, ma io no. perchè non hanno dettagli. non hanno sfumature psicologiche. son solo delle cose gialle o colorate. e noi pare che sembriamo tanti bambini  che non sanno parlare e fanno disegnini buffi e  infantili “bravo Luigino che bella casa hai disegnato” ed è uno scarabocchio, ma mamma dice sempre che bello…
mittente stupido e ricevente accondiscendente  che finge che hai detto una gran cosa molto buffa e divertente e invece non gliene fotte niente di quel disegnino giallo e trova te infantile che invece che parlare, disegni. o almeno io trovo tutto così sciocco e vano. penso. erano meglio i francobolli. penso. era meglio quando tutto era analogico. no, non era meglio. no. sì. …
e intanto mi sento  sgomento e incompleto. e penso che forse tra le sue gambe un po’ sarei completo, per qualche minuto. poi no penso di no, ma penso alle sue tette e le scrivo “certo” forse dovrei mettere un emoticon? ma son tutti uguali per me. penserà che sono stupido. una tetta vale bene un emoticon. o era una messa? una messa val bene… che città era? Parigi !
Che bella parigi quando eravamo insieme! E chissà  la mia amica del cagnolino, come si chiama… mmm Astrid? Astrea? .. Greta ecco come si chiama. Greta certo sarebbe bello Parigi con Greta, girare di giorno la grande ville lumiere, bere in qualche cafè, visitare qualche museo, sonnecchiare nei pigri pomeriggi nei parchetti o sulla Senna, e poi la sera tardi, sfilarle quel vestito nero, quelle calze nere fino all’inguine e infilarsi dentro le sue gambe. e sentirla bagnata.
adoro quando entri e son fradice, sembra che dicano buongiorno. no dicono ti amo. no ti dicono scopami. scopamami. scopami e amami occhi neri e cazzone duro. si vabbè cazzone duro, le donne non pensano cazzone duro. no sì che lo pensano. no non lo pensano. sì lo pensano e lo vogliono. e vogliono sentirlo, e anzi vogliono anche che le riempi tutte.
mmm ma che dico? vabbè se fossi donna io vorrei farmi riempire, alla fine vuol dire tutto, che ha goduto e l’ho fatto godere tantissimo. e io se una donna gode sono contento. anche lei sarà…
mi volto, guardo il telefono e scrivo Greta in rubrica.. penso a quel leggero sapore di fragole e caramelle che ha la sua pelle. e quel suo occhio nero come la pece che dice qualcosa, sorride e insinua un’ intuizione di malizia, dicendo “chiamami”. chiamami. chissà
alzo la testa e guardo l’altro lato della strada, un fascio di sole del pomeriggio colora di arancio un muro di una casa, e una finestra intercetta e riflette  quel fascio che mi acceca. mi sposto. una signora porta la spesa. una bici va. le auto sfrecciano sul viale . mi giro, bar tabacchi- già  le sigarette. mi accendo una sigaretta, l’ultima a mano e mi fermo lì in questo non luogo. tra marciapiede case strada e negozi. non è un posto perchè mi fermo? sto lì con un solo pensiero, che sono incompleto. sono incompleto e sto in un non luogo.
#me
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mascheradaguerra · 8 months
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05.09.2023
Non so questo periodo come mai è caratterizzato da così tanta rabbia e frustrazione, le cose so che accadono nel momento giusto e quando più sono pronta ad affrontarle, ma mi sento come se fossi senza quel coraggio e quella grinta che mi contradistinguono. Mi sento in un mare d'insicurezza e di ansia e non trovo il coraggio di evadere da tutto questo che mi fa male. Il rancore che porto mi distrugge, mi opaca la mente, mi rende una persona altamente insoddisfatta della mia vita. Quel senso di goia e gratitudine verso la vita è stato messo da parte per dar spazio al pensiero morboso, negativo, sfiducioso, ansiogeno, malinconico e quasi drammatico. La mia vita è un labirinto, un punto di domanda dove cerco di trovare risposte e soluzioni e quando sembra che finalmente ho trovato il bilanciamento giusto alle giuste condizioni mi ritrovo persa in questo flusso di negatività che devasta il mio operato. Sono stanca di vergognare di essere me, sono stanca di sentirmi in colpa, sono stanca di non mostrarmi, sono stanca di non viziarmi. Ho bisogno di combattere, di accendere il fuoco, di pensare solo ad un obbiettivo, cioè essere serena, e combatterò per esserlo per assaporare il gusto di sentirmi appagata da tutti gli sforzi della vita vissuti. La mancanza di amore mi ha distrutto la vita, la mancanza di fiducia pure, ma pian piano devo saper distinguere e saper concentrarmi sull'amore verso me stessa. Devo imparare nuovamente ad apprezzarmi, a crearmi una routine che mi faccia star bene e mi distragga dalla mia maledetta malinconia. Ho bisogno di stare con le persone a cui voglio bene e sentirmi apprezzata per la persona che sono. Mi sento brutta, mi sento insignificante, mi sento senza valore e non è giusto provare questo dopo tutti gli sforzi che ho fatto nella mia vita. Non voglio essere arrogante ma nemmeno evitare di essere oggettiva. Non ho niente da invidiare a nessuno, ho le mie capacità e le devo potenziare per poter essere forte, ma finchè mi distraggo stando triste, vedendo il bicchiere mezzo vuoto. Non voglio più avere paura della vita, non voglio più aver paura dell'abbandono, non ho voglia di permettere agli altri di farmi sentire così, non voglio dar così tanto valore agli altri senza darlo in primis a me stessa. Sono stanca di tutto questa ipocrisia di maschere che non mostrano volti, stanca della maleducazione, della mancanza di rispetto, sono stanca di tutto ciò che non è puro e mi nuoce. Gli altri possono fare quello che vogliono, vero, sono io che non devo permettere loro di farmi del male. Mi sento incosistente ma devo insistere nel trovare me stessa, perchè non voglio fare una brutta fine. Mi voglio vedere serena, mi voglio vedere soddisfatta, mi voglio vedere sicura di me, mi voglio vedere menefreghista, mi voglio vedere determinata, mi voglio vedere impegnata, mi voglio vedere capace di essere positiva, mi voglio vedere sorridente, mi voglio vedere con accanto persone sincere e mi comprendano. Io non so se domani sarà meglio o se domani sarà peggio, ma so che domani sarà solo di passaggio, e riproverò ad essere felice, riproverò ad essere serena, riproverò a non farmi disturbare dai fantasmi del passato, ad essere più sicura di me.
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janeeyre2022 · 1 year
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1. La fine
Cryonics Institute, Michigan, 20 novembre 2022
Sono appena arrivata a Clinton, il viaggio da Lansing è stato abbastanza tranquillo nonostante non ci sia un bel tempo e facciano meno due gradi. L’aria è gelida e il sole ancora non è sorto del tutto, i lampioni per strada sono ancora accesi. Appena arrivata davanti all’entrata del laboratorio, suono al campanello e dopo qualche secondo la porta si apre. Felice di riscaldarmi un po', finalmente entro, ma il gelo che mi assale qui dentro è più di quello che c’è fuori. Mi accoglie una signora sulla cinquantina, stranamente sorridente, che non conosco e con cui non ho mai lavorato prima nell’istituto. Dico che è stranamente sorridente, non perché sia strano che qualcuno mi sorrida, ma perché la donna che mi sorride è colei che metterà fine alla mia vita in questo mondo. Si presenta come la dottoressa Helen Burns, ma che era una dottoressa, lo avevo già capito dal suo abbigliamento e dal distintivo, anche se in questo momento, con il camice completamente bianco e quel sorriso smagliante, sembra più un angelo. Dopo questa osservazione, inizio a pensare che forse sia proprio lei l’angelo che mi porterà nell’altro mondo in cui mi risveglierò.
La dottoressa Burns mi porta in un ufficio e mi mette davanti un blocco di fogli da compilare.
“Questo è un questionario che dovrai compilare per autorizzare la tua ibernazione e comunicare i tuoi dati anagrafici e la motivazione della tua scelta a chi ti risveglierà,” mi dice la dottoressa “sii il più sincera possibile, i tuoi parametri verranno analizzati nei prossimi anni.”
L’idea di essere studiata e analizzata in qualche università mi affascina, ma ciò che mi affascina di più, è l’idea di una vita con Edward fuori da questo mondo grigio. Chiedo alla dottoressa quando arriverà Edward.
“Il dottor Rochester sarà qui a momenti,” mi risponde la Burns “lavorando qui, ha compilato da tempo il questionario e si è già sottoposto ai controlli di preparazione. Stia tranquilla, ora inizieremo la sua preparazione.”
Con molta calma, la dottoressa mi porta in un’altra sala. È una camera ampia e quasi completamente vuota, al centro ci sono due lettini con dei macchinari, la luce è bianca e fredda, è quasi tutto completamente bianco. Mi stendo su un lettino e tra un controllo e l’altro passano una quarantina di minuti. Non sono mai stata in questo laboratorio dato che ho lavorato prevalentemente nella sede centrale dell’istituto.
Poco dopo arriva Edward, mi saluta con un bacio e si stende sull’altro lettino. La dottoressa Burns inizia a preparare delle iniezioni. Le chiedo di spiegarmi come procederà da questo momento in poi dato che in istituto mi sono sempre occupata della fase successiva alla morte. A breve perderò i sensi. Nel frattempo, entra un’infermiera che si occuperà di Edward, se la dottoressa Burns mi sembra un angelo, lei sembra un diavolo. Non capisco se sia così per il turno notturno che ha quasi terminato o per qualcos’altro. Mi dispiace per Edward.
“Ora inietteremo ad entrambi una dose elevata di Pentothal che provocherà un arresto cardiaco,” mi risponde la Burns, “attenderemo qualche ora per accertarci dell’effettivo decesso e poi procederemo iniettandovi una soluzione crioprotettiva per evitare il totale congelamento dei tessuti, da lì in poi, come ben sapete, inizieremo ad abbassare la vostra temperatura fino ad arrivare a -196°C e completeremo il processo di ibernazione”
Ascoltando la spiegazione della dottoressa mi è venuto un senso di nostalgia, non per l’idea di morire, ma per l’idea di non poter più studiare medicina, ho sentito così tante volte parlare di ibernazione e ho visto talmente tanti corpi congelati che ora non mi sembra vero di sottopormi al processo.
Ad interrompere i miei pensieri è la voce di Edward. La dottoressa avvicina i nostri lettini e riesco ad afferrargli la mano.
“Jane.” Mi chiama Edward, guardandomi. “Ci vediamo nell’altro mondo.”
Nemmeno il tempo di rispondere che già sono morta. L’ultima cosa che vedono i miei occhi non è Edward, ma Helen.
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assenzadiemozioni · 3 years
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Nell’ultimo anno e mezzo, la frase che mi sono sentito ripetere più spesso dalle persone nella mia vita è “tutto questo dolore ti farà crescere”.
Si dice che siano proprio questi, in fondo, gli anni in cui si vivono le esperienze più belle o più brutte, le esperienze più formative che ti renderanno ciò che sei e che sarai.
E, per carità, questo lo penso anch’io. 
Tutto ciò che ho vissuto, tutte le persone che ho incontrato e le porte in faccia che ho ricevuto (anche se, forse, definirle così è un tantino riduttivo) hanno sicuramente creato una nuova versione di me. 
Se penso al me stesso di due anni fa, provo sentimenti contrastanti: da un lato, malinconia per il ragazzino spensierato che ero. La sensazione di avere la mia vita in mano, di essere nella direzione giusta, di avere un futuro brillante ad attendermi. 
Dall’altro, però, la mia innocenza dell’epoca quasi mi lascia attonito: credere di avere la vita in mano, credere che il futuro sarà tutto rose e fiori, essere ottimista per l’avvenire, oggi mi sembra davvero strano.
In realtà, posso dire che oggi continuo comunque ad essere ottimista per il futuro. Non vedo tutto nero, e ho ancora speranza per ciò che sarà. Ma è una speranza molto diversa: adesso sento di camminare con un grande macigno sulle spalle, formato da tutti i traumi e i dolori che porto con me dall’ultimo anno, che mi impedisce di essere completamente tranquillo e ottimista per il futuro.
Sono speranzoso, sì, ma del tutto disilluso. So che il mio futuro non sarà terribile, ma so che non sarà tutto rose e fiori come un tempo avevo immaginato.
Sono sempre stato il più grande critico di me stesso. Da un lato, riconosco oggettivamente i miei meriti: so di aver accumulato esperienze preziose, di star facendo un percorso accademico e lavorativo fuori dall’ordinario per la mia età, so di essere una persona decente con cui è un piacere parlare, un ragazzo sorridente ed empatico che fa del suo meglio per essere un essere umano decente.
Dall’altro lato, però, ho sempre preteso troppo da me stesso: pur celebrando i risultati e i successi ottenuti, ho sempre cercato di essere un perfezionista, di ottenere il massimo (o più del massimo). E quando le cose andavano anche solo in maniera leggermente diversa da quanto auspicato, continuavo a rimproverarmi. Ho raggiunto tanto finora, sì, ma ho anche preteso tanto, forse troppo.
Nell’ultimo periodo, proprio in virtù della mia empatia, se penso a ciò che ho trascorso mi si inumidoscono gli occhi. Mi rendo conto che, se una persona della mia vita avesse passato ciò che ho passato io, proverei sincera compassione per lei. E quindi, indirettamente, mi ritrovo a provare compassione per me stesso, una cosa completamente nuova per me.
Mi sto accorgendo, ultimamente, di essere diventato molto meno esigente con me stesso. Pretendo ancora tanto, troppo, ma quando ci sono delle situazioni che non mi rendono felice mi dico chiaramente “smettila, lascia perdere, non meriti anche questo dopo tutto quello che hai passato”. Sto scoprendo l’abitudine di essere gentili con se stessi, un’espressione che ho utilizzato così tanto in questi mesi per indicare un concetto così nuovo per me.
Eppure, non posso fare a meno di chiedermi se tutto ciò che ho passato fosse necessario. Sì, ho raggiunto ottimi risultati, fatto esperienze fantastiche, sono cresciuto tantissimo affrontando dolori e situazioni mai provate prima, eppure... era davvero necessario? C’era davvero questa spasmodica urgenza di crescere, più del dovuto e prima del tempo?
Nell’ultimo anno e mezzo, la frase che mi sono sentito ripetere più spesso dalle persone nella mia vita è “tutto questo dolore ti farà crescere”. La risposta che do a tutti, sistematicamente, è: “sì, lo so, ma sono stanco di crescere”. 
Vivere un dolore può essere d’aiuto per costruire la persona che siamo e che diventeremo. Ma, quando ne vivi così tanti, così vicini l’uno all’altro, non puoi fare a meno di chiederti se fossero davvero necessari. So che sarei stato benissimo anche senza aver acquisito la maturità e la saggezza che mi sono portato a casa dai dolori dell’ultimo periodo. 
Se la scelta fosse tra vivere situazioni terribili ed uscirne più forti, o vivere una vita normale e trarne meno forza e meno saggezza, io non potrei fare a meno di scegliere la seconda opzione.
Il problema è che, spesso, una scelta del genere sembra davvero essere fuori dal mio controllo. Quindi non mi resta altro che aspettare, stringere i denti, sperare per il meglio e ripetermi incessantemente di essere più gentile con me stesso, che questo dolore mi sarà utile, anche se crederci diventa sempre più difficile. 
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deeonisia · 3 years
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@brancam3nta ha avuto un idea davvero carina e @i-am-a-polpetta è stata così dolce da coinvolgermi ♥️
A inizio di questo anno avevo i capelli lunghi e ricciolissimi ed ero un sacco felice perché il periodo Dicembre/Gennaio è stato il periodo in cui sono riuscita a passare più tempo con il mio ragazzo in assoluto, ammetto di aver trascurato un po’ lo studio per i vari viaggi da lui ma ad oggi mi dico di aver fatto bene. Come al mio solito a inizio venti-venti ero piena di propositi, liste di obbiettivi e buona volontà e come al solito life happened e alcuni di quegli obbiettivi soni andati a rotoli, non tutti per fortuna. Di lì a breve mi sono esibita nello spettacolo di quartiere con “Il Cielo In Una Stanza” e lui era nella platea ed ero così felice di avercela fatta, e che lui fosse lì per me e che mi trovavo su un palco con il microfono in mano e per la prima volta la voce non ha tradito la mia emozione. Avremmo dovuto farne un’altro questa estate...
Oggi ho i capelli più corti, meno ricci e devo dire di non essere felice come lo ero un anno fa, sono tre mesi che non lo vedo, e l’unico pensiero oltre a lui sono gli esami che mi aspetteranno a gennaio 2021, oggi mi sento stanca, assonnata, un po’ appesantita dalla vita e vorrei solo nascondermi da qualche parte di molto lontano, mi sembra di aver perso un po’ di più l’amore verso me stessa, mi sento un po’ più fragile ma è come se allo stesso tempo avessi trovato dentro di me quella capacità di farcela anche da sola.
Scusate la marea di ovvietà che sicuramente non leggerà nessuno ma da autrice del post devo dire che fa un effetto strano realizzare il tempo che passa e le cose che cambiano.
Oltre a tutto ciò volevo augurare a tutti i miei mutuals un bellissimo anno nuovo e volevo dirvi che vi leggo e per tutte le volte che avete bocciato un esame, non dormito la notte a causa di un mal di testa, concluso una relazione importante o perso il vostro micio io ho pensato a voi e vi auguravo silenziosamente ogni bene, così come ho sorriso genuinamente ad ogni vostra foto sorridente durante le vacanze, ogni bella notizia inaspettata, ogni amore sbocciato e ogni foto di laurea.
Per quel che può contare, spero possiate avere un anno brillante, faccio il tifo per voi ♥️✨
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shibumoshi · 3 years
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HATE YOU OIKAWA-KUN: CAPITOLO UNO
Tooru
«Sapevo che eri tu, tutti questi anni e non sei cambiata affatto!» esclamai, sinceramente felice. Tutto mi sarei aspettato fuorché rivedere Yukine dopo tutti quegli anni. Camminava a passo spedito per il corridoio del secondo piano, affiancata da una ragazza dai corti capelli corvini che, sorridente, le indicava l'aula che avrebbe dovuto ospitarla durante l'ultimo anno scolastico. I suoi lunghi capelli castani, accuratamente raccolti in un'alta coda di cavallo, seguivano perfettamente le onde del vento di fine estate, portando dietro di sé un dolce profumo di miele e cannella. A guardarla mi salì la nostalgia degli anni passati, di quando nessuno osava addossarti responsabilità e il vero dramma era cercare un posto abbastanza sicuro per il nascondino.
«Oh andiamo, non puoi aver dimenticato il tuo vicino di casa preferito» continuai non ricevendo risposte, avvicinandomi di qualche passo alla sua esile figura. Cavolo se era bassa, per guardarla negli occhi fui costretto ad abbassare la testa, posizione alquanto scomoda per il mio povero collo, altrimenti mi sarei ritrovato ad osservare l'immenso corridoio alle sue spalle.
«So bene chi sei» rispose fredda. Sembrava un pezzo, anzi, un cubetto di ghiaccio. Le braccia erano incrociate al petto per nulla prosperoso, mentre le sopracciglia erano rivolte all'ingiù, donandole la tipica espressione di qualcuno che sta per menare qualcun altro.
«Sinceramente speravo di non incontrarti, non il mio primo giorno almeno». Si guardò le unghie, poi il mucchio di persone che avevo lasciato alle mie spalle per raggiungerla, probabilmente li notò solo perché avevano cominciato a borbottare tra di loro. «Perché dici così? Eravamo amici io e te», poi mi guardò, mi scrutò dalla testa ai piedi, ed infine mi diede le spalle. Quasi non mi frustò con i suoi lunghi capelli. «Perché ti detesto.»
"Ti detesto", quella frase rimbombava nella mia mente come l'eco di una campana: insistente e fastidiosa. Quell'incontro aveva completamente stravolto il mio tanto atteso ritorno a scuola, deconcentrandomi sia dalle lezioni, che dal pensiero delle partite che si sarebbero tenute quell'anno, il mio ultimo anno. Ero curioso, curioso di conoscere il motivo di quella reazione tanto esagerata, curioso di sentire le sue ragioni per quell'odio che, probabilmente, si portava dietro dai tempi delle elementari. Se così fosse stato, mi starei sicuramente pentito di aver attirato la sua attenzione, una persona tanto rancorosa l'avrei retta tanto quanto il riso al curry.
Attesi l'orario di pranzo per agire.
Munito di pane al latte e una bottiglietta d'acqua come unica scorta di sopravvivenza, mi diressi nello stesso corridoio di quella mattina, più precisamente mi infilai in un piccolo e stretto spazio tra i bagni e le scale del piano inferiore -dove la gente tendeva a passare senza mai guardare-, attendendo paziente l'arrivo della mia piccola preda. Passarono cinque, dieci, poi venti minuti, ma di lei nessuna traccia. Non poteva essere così stupida da rinunciare ad una boccata d'aria da quelle orrende aule, o quantomeno non avrebbe potuto rinunciare al bagno, ero forse l'unico a farsela quasi sotto poco prima della pausa?
Proprio quando le mie speranze stavano andando a farsi un giretto chissà dove, accompagnati dalla mia scarsa pazienza e il mio entusiasmo per quella strana giornata, un'ordinatissima chioma bruna spuntò fuori dalla prima classe situata poco prima della rampa, dirigendosi proprio verso i bagni. Senza pensarci troppo, le afferrai delicatamente le spalle, temendo quasi potesse spezzarsi per quanto minuta fosse, e la trascinai nello stesso angoletto che, per quanto incredibile, era diventato ancora più stretto con la sua presenza.
«Ma che- »
«Dimmi perché.»
Non le diedi tempo di realizzare, volevo sapere, dovevo sapere. Dannata curiosità.
Aveva gli occhi sgranati, le labbra rivolte leggermente verso il basso e le sopracciglia all'insù. Il ciuffo le si era leggermente scompigliato a causa dello scatto improvviso, e le sue mani erano chiuse in due rigidi pugni all'altezza del petto. Sperai con tutto il cuore che uno dei due non finisse sul mio povero naso.
Quando Yukine cominciò a metabolizzare anche il suo corpo prese a rilassarsi. Batté un paio di volte le palpebre ed il suo volto si corrucciò in un'espressione di disappunto, infine alzò lo sguardo su di me.
«La mia vescica ti odierà per questo.»
Per un attimo non capii se fosse o meno una battuta, poi mi resi conto. Non lo era per niente.
«Cavolo, sei disgustosamente sincera.»
«Cosa diavolo vuoi?» Ripetermi è da sempre stata una cosa che odio, la gente non poteva ascoltare e basta? Sbuffai pesantemente, già esasperato e con la voglia di ritornare in palestra. Forse l'allenamento di fine giornata avrebbe aiutato a smaltire quella ridicola situazione.
«"Ti detesto", davvero?» Ero incredulo, scioccato.
«Si.»
«Come puoi? Insomma, sono sempre stato l'amico che tutti sognano di avere, come puoi rifiutarmi in questo modo? Dovresti sentirti fortunata!»
«Più che un sogno mi sembra un incubo», mormorò abbassando lo sguardo.
Indignato, mi accigliai anch'io. Come si permetteva la sgorbietta di dire certe cose? Tornare dopo anni e trattarmi in questo modo, chi diavolo credeva di essere?
Un'idea mi balenò per la mente. Forse la nanerottola voleva solo attirare la mia attenzione, e forse la sua era una semplice messa in scena per conquistarmi. Che tenera.
«Adesso ho capito. Tranquilla nanerottola, non c'è bisogno della messa in scena, sarò ben felice di uscire con te», portai le spalle contro il muro, incrociai le braccia al petto e la osservai arrossire. Il suo volto si alzò di scatto, mi guardò negli occhi, portò le mani all'altezza del cuore e timidamente disse:
«Usciresti davvero con me?»
«Ma certo, sei diventata abbastanza carina da poterlo permettere. Complimenti.»
Mi sorrise, abbassò nuovamente lo sguardo, evidentemente non riuscendo a sostenere il mio per la timidezza e, stringendo le mani fra di loro, continuò la sua confessione.
«Sai Oikawa, quando ho scoperto che frequentavi la Aoba ho passato notti e giorni a cercare di convincere mio padre a trasferirmi qui, nel tuo stesso istituto», si avvicinò, ed io la osservai estremamente compiaciuto.
«Non ho fatto che pensarti, e volevo a tutti i costi incontrarti ancora una volta. Conoscevo la tua popolarità, dunque ho puntato sull'indifferenza sperando di attirarti a me», la sua voce era bassa, calda. Le sue piccole ed affusolate dita si poggiarono delicatamente sulla mia camicia, accarezzandone dolcemente il tessuto. «Volevo che tu fossi mio.»
La stretta sul mio indumento divenne più decisa, ed io faticai a deglutire il groppo che mi si era fermato in gola. Non sapevo se prenderla come una pazza psicopatica, o un'esperta seduttrice. Sospirai, lentamente, osservando i suoi movimenti lenti e sistematici. «Allora?» chiese alzando, ancora una volta, lo sguardo su di me. I suoi occhi bramavano una risposta, le sue labbra, rosate e carnose, erano lievemente piegate in un sorriso, mentre alcune ciocche del ciuffo ormai scompigliato le ricadevano casualmente sul volto. Sentii uno strano calore partire dalla punta delle orecchie e terminare sul mio volto, probabilmente il sudore misto all'improvviso venticello mi stavano facendo ammalare.
«Credo che si possa fare, come ho detto, sei diventata davvero una ragazza adorabile Yuki-chan.»
Sfoggiai uno dei miei sorrisi migliori, abbassandomi di pochi centimetri per avvicinarmi al suo volto. Dai corridoi non proveniva più alcun rumore, probabilmente gli alunni erano tutti rientrati nelle proprie aule a causa della ripresa delle lezioni. Di lì a breve saremmo dovuti rientrare anche noi, anche se il pensiero di saltare il resto delle lezioni per restare in quel piccolo spazio con Yukine era balzato molte volte per la mia mente. La situazione si stava facendo davvero interessante.
«Oh Oikawa-kun, sei sempre stato così...»
«Straordinario? Affascinante? Bellissimo?» E ad ogni parola mi avvicinavo sempre di più, tanto da riuscire a percepire il suo respiro sul volto.
«Stupido.»
La magia si spezzò di colpo. La mia espressione confusa seguiva ogni suo movimento, da quando aveva pizzicato leggermente la mia pelle al disopra della camicia, sino a quando era uscita da quel piccolo angolo voltarsi in seguito verso di me, con un'aria palesemente divertita.
«Sei infantile, egocentrico ed estremamente vanitoso. Non uscirei con te neanche sotto ricatto.» Un sorriso beffardo era dipinto sul suo volto, si era davvero presa gioco di me?
Ed io come uno stupido ci ero anche cascato.
Prima che potessi ribattere, una voce dolce e femminile richiamò la sua attenzione.
«Yukine, eccoti! Il professore mi ha chiesto di cercarti, temeva ti fossi persa per i corridoi.» La persona in questione non si avvicinò, attese paziente che Yukine si degnasse di guardarla, ma in quel momento era troppo presa a prendersi gioco di me con quella sua espressione derisoria.
«Perdonami Megumi», si era finalmente voltata, mentre io non avevo il coraggio di parlare. «Un piccolo e disgustoso insetto mi si era attaccato addosso, ho perso tempo a mandarlo via.» Era palese che stesse parlando del nostro incontro, come era palese che io fossi quell'insetto. «Torniamo pure in classe.»
Riuscii ad udire i passi Megumi farsi sempre più lontani, mentre Yukine era ancora lì impalata, in attesa che la sua compagna fosse abbastanza lontana da non udire le sue parole di congedo. «Non avvicinarti più a me per favore, le persone come te mi danno i nervi», e finalmente andò via, lasciandomi in compagnia della mia umiliazione.
Dovevi farti gli affari tuoi Tooru, sei un'idiota.
Sì, un vero idiota.
Ero infuriato, disgustato da me stesso per essere caduto in un tranello così ovvio. Quando tornai in classe dissi al professore di aver avuto dei problemi con il bagno, "emozione dovuta al primo giorno", gli sussurrai lontano dalle orecchie della classe. Quando tornai a sedere sentivo gli occhi dei miei due compagni di squadra addosso, terminate le lezioni mi avrebbero sicuramente bombardato di domande alle quali, ovviamente, io non avrei dato retta, troppo impegnato a pensare alla mia vendetta, perché sì, mi sarei vendicato, eccome se lo avrei fatto.
Aveva detto di non volermi tra i piedi, me l'aveva addirittura chiesto per cortesia, ma col cavolo che l'avrei fatto, le avrei dato il tormento fino alla fine dell'anno se fosse stato necessario. Nessuno doveva permettersi di toccare il mio ego senza permesso. Nessuno.
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armeliastrife · 3 years
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Oggi non parlerò di cosplay, e non scriverò in inglese, cosa che purtroppo farà floppare questo post malissimo, di un blog già morto perché quest’anno la voglia di continuarlo è stata pari allo zero assoluto. Difatti ho intenzione di resettarlo completamente e farlo diventare il mio angolino sicuro di sfogo. Lasciare questo come primo post. Perciò cominciamo con il discorsone. Vi è mai capitato di sentire questa frase? “I panni sporchi si lavano in casa. “ Io un’infinità. Tanto che nella mia infanzia ero fermamente convinta che fosse una regola della società, da tenere segreta e ben custodita. I panni sporchi si lavano in casa. Quello che non ti dicono, da piccolo, è che se nascondi troppa polvere sotto il tappeto alla fine diventa una montagna.  Ed è così che è cominciata. Se vi aspettate tutti i dettagli della mia vita mi dispiace, dovrete tirare fuori un po’ di p*lle e venirmele a chiedere. Non ho nulla da nascondere, se chiedete vi verrà risposto. D’altronde sto facendo questo post sia per sfogarmi che per , magari, aiutare qualcun’altro.  Posso dire sommariamente che c’è un motivo se non menziono spesso mio padre, che mia madre ed io abbiamo iniziato ad avere un rapporto semi civile adesso, che molte cose nella mia vita mi hanno portata spesso a chiudermi in me stessa, o a buttarmi a capofitto in decisioni sbagliate, oltre che a sentirmi sempre un peso per il prossimo. In sostanza: prendete un bello shacker, mixatelo, ed avrete un bel margarita alla depressione. Qual’è il problema?  Semplice, non volevo ammetterlo con me stessa. O, almeno, non fino in fondo. Sono sempre stata convinta, in cuor mio, di essere uscita abbastanza bene da ogni situazione. O che, comunque, avrei faticato di meno ad andare avanti se avessi mentito a me stessa, e così ho fatto. Purtroppo non per un giorno, questa cosa è stata perpetrata per anni. Anni in cui mi trascinavo avanti, senza sapere bene il perché. Anni in cui mi sentivo una fallita, inutile, sola, sbagliata e che se fossi scomparsa dal mondo sarebbe stato meglio. E non vi mentirò, quella sensazione non svanisce una bella mattina con il canto degli uccellini che ti svegliano dopo un sonno ristoratore da tutta la merda. Ancora mi sento così, diciamo solo che abbiamo iniziato a spazzare quella polvere sotto al tappeto con uno spazzolino. Ma, al contempo (perché sono gemelli e YEY ho una doppia personalità [?] ... Oh, dai, concedetemi almeno la battuta.), mi buttavo a capofitto sul lavoro, o in progetti che iniziavo per tenermi la mente impegnata. Per crearmi dei bei ricordi, per ribellarmi dal mio stesso essere che mi diceva che ero 0, ripetendosi in cacofonia con delle voci esterne che non riuscivo a scacciare. Anche questo lo faccio tutt’ora. E odio che i piani si scombinino, in quel caso.  Non vi nego che questo mi ha portato a sbagliare, con molte persone. (E delle volte mi ha salvato da certe altre.)  Qual’è il punto? Il punto della questione è “semplice”, vorrei aiutare chi si ritrova davanti una testina di minchia come me, o dare una pacchetta alla testina di minchia come me e dire “Ehy, lo so, non sembra. Mi prenderai per stupida, o solo una che ti vuole sbolognare presto perché non crede che hai un vero problema. Ma è vero, cazzo. C’è una luce in fondo al tunnel. E’ piccola, sembra quasi inarrivabile. Dovrai alzare le chiappe da quel letto/sedia proprio come ti dicevano se vuoi averla. Ma, ehy, ne sono riuscita a vedere uno spiraglio e... Non è L’eden, ma cazzo se è meglio di questo schifo.” Per chi cerca di aiutare: Se la testina è come me, non proponete soluzioni estreme al problema. Molte persone, forse, si offenderanno. Me lo hanno detto in tantissimi negli anni.  “Vai via da quella casa” “Dagli un pugno” “Reagisci” “Chiama la polizia” “Fregatene e ---*continuare a parlare del problema*” Sembra la soluzione più ovvia e logica, e non dico di non farlo per nulla: è un vostro consiglio da amici. Ed in molti, molti casi può essere giusto. Quel che succede però nel momento della crisi è violento e fa un male boia. La soluzione PER ME, e che sono riuscite a carpirla solo le mie amicizie più strette, è parlare a voce. Devo sfogarmi, anche piangendo sapendo che c’è qualcuno all’altro capo del telefono che mi ascolta solo singhiozzare in silenzio. Pian piano riesco a calmarmi, ad aprirmi... E parlare anche di qualcosa di divertente quando la situazione si è appena sbollentata, esterna al problema principale, mi aiuta.  A voi amici aiutanti non vi mentirò: le testine sono snervanti. Perché per un completo check del “lo facciamo stare meglio” avranno bisogno di contatto continuo, anche fuori dalla situazione di crisi. Basta poco, un meme, un messaggio ogni tanto, parlare relativamente di cagate... Ma sappiate che se non sono loro i primi a cercarvi, non lo fanno apposta. Noi testine ci sentiamo di troppo. Un peso. Delle volte tentiamo di non mostrare i disagi fino al crollo massimo. Non forzate troppo la conversazione, ma non abbandonateci. E soprattutto non traditeci. Nel mio caso... le seconde possibilità non sono contemplate. Si diventa come fantasmi, perché se vi abbiamo lasciato avvicinare e dopo ci scaglierete contro pietre, con quelle pietre ci costruiremo un muro per tenervi fuori, come se non foste mai esistiti. E per quelli che rispondono con:-E’ solo un momento, passerà -Sei solo un po’ tragico -Stai provando sul serio ad essere felice? -Prova a cambiare il tuo stile di vita -E’ tutto nella tua testa, sei tu che decidi -Sei tu che non vuoi stare meglio, è colpa tua. -C’è chi sta peggio. -Non ti servono i farmaci! Esagerato/a ....Abbiamo detto di non mentire, no? Bene. Allora sappiate che delle volte, se non si ha nulla di utile o intelligente da dire, è meglio tacere. Peace and love. Per le testine: Ciao, anche tu qui nel girone della cacca? Bene ma non benissimo. Anche a te non mentirò, è uno sbatti di quello potente. Ma proprio potente. Il mio tipo di depressione era quello disordinato: Avevo camera che era una giungla. Sistemavo le minime cose e mi sembrava di aver fatto tanto, faticavo come se avessi fatto tanto, ed invece non riuscivo a fare un cazzo di niente. Certo, fuori in casa aiutavo tranquillamente, facendo brillare anche una stanza intera. Ma la mia stanza? Pf. Non solo. Mi sono chiusa in me stessa, e mi sono al contempo sempre affidata agli altri. Mostravo una faccia sorridente, da piccola mutavo anche il mio carattere per provare a farmi accettare. Poi ho capito che fa schifo. Così, verso le medie, ho provato ad essere asociale. Spoiler:fa schifissimo anche quello. Ho donato tutta me stessa alle persone, ma indoviniamo? E’ pericolosissimo e FA SCHIFO ANCHE QUELLO YUHUUUU. Perciò, come si può fare? Semplice: ammettiamo di avere bisogno di aiuto. Ci sembrerà un crimine gravissimo, che gli altri ci possano prendere per vittimisti, perché abbiamo osato disturbarli, esternare che stiamo male. Perché ce lo insegnano da bambini che stare male è una brutta cosa e va nascosta. Ma non è così. E’ normale. E’ DAVVERO normale. E chiedere aiuto non è sbagliato. Chiedere aiuto è davvero la soluzione. I vostri amici/parenti/san crispini non ci credono? Lo so, non è facile. Ma se in fondo, molto in fondo, vi vogliono bene lo capiranno che state dicendo la verità. Soffro di tricotillomania da quando avevo 8 anni. Fortunatamente non in maniera grave, mi tolgo giusto un po’ le sopracciglia. Mia madre lo sapeva, e non ci ha mai dato troppo peso. Fino a due mesi fa, quando in una delle crisi ha visto proprio il gesto, a cui prima non aveva mai fatto, volontariamente o non. Ha visto che era un mio modo per autolesionarmi. Si, mi faceva scaricare lo stress,come mangiare le unghie può essere per qualcun’altro, ma non era sano. Ora? Ora ho una cura di prova. Sto un pochino meglio. La mia camera sta prendendo una forma carina. Pulire ancora mi pesa (forse sono un po’ disordinata anche nell’animo) ma riesco a dormire di più, a mangiare meglio, a svegliarmi la mattina. (WAH) La cosa più importante per me, però, è che io e mia madre riusciamo ad avere un contatto umano, fisico e non, senza che implichi il litigio o i soldi. Riesce a non guardarmi più solo con disprezzo, ma ad apprezzare tutto ciò che non vedeva prima perché ero sommersa da questa coltre nera di schifo, ed io che percepivo da lei quella negatività e rigetto che mi faceva ancora più male.  Sono solo due mesi, sono ancora all’inizio. Lo spiraglio non è ancora abbastanza grande per farmi passare, è piccolo come una mandorla. Ma ho iniziato, e voglio continuare. Non mi basta un assaggio, voglio tutta la fottuta torta, cazzo.  Non so se ci riuscirò, delle volte mi sento ancora giù.. E ad i miei amici ancora fatico a chiedere aiuto se non nei momenti di stremo. Ma non è una cosa che va fatta di fretta. Un passo alla volta, piano piano. E non importa se vorrai esternarlo come ho fatto io o meno. Decidi tu dove vuoi lavarli i tuoi panni sporchi <3
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ilcorpodiunaragazza · 3 years
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2. NON HO MAI ABBASTANZA CONTROLLO
Alle volte non riesco a capirmi, non capisco come funziona il mio cervello, mi perdo nelle mie idee, mi sembra di non funzionare più. Mi sento felice di come ho controllato la mia giornata ma dentro, più in fondo mi sento triste e insoddisfatta: non è mai abbastanza. Mai abbastanza poco cibo, mai abbastanza acqua, mai abbastanza allenamento, mai abbastanza magra. Quel maledetto numero non scende, quel 6 non diventa mai 5, quello che ho mangiato non è mai abbastanza poco e quello che vomito è sempre troppo.
Mi guardo allo specchio, sorrido e vedo il riflesso di una me che non sono io, quella ragazza nel riflesso e la ragazza che tutti vedono come la pazza( in senso buono) del gruppo. La ragazza nello specchio è quella persona spavalda che non ha paura di nulla o non ha paura di sputare in faccia alle persone quello che pensa di di loro, è la ragazza sempre sorridente che ride a tutte le battute e a sempre qualcosa da dire, la casinista che si vuole divertire e vivere la vita serena e senza pensieri. Questo è il mio riflesso. La mia maschera. Questo è lo scudo per nascondere la vera me, è come quel fottuto fondotinta che stendo sulle mie grosse braccia per coprire quei fottuti tagli, quelle cicatrici che raccontano la storia della vera me: piena di pregiudizi verso sé stessa, piena di dubbi e incomprensioni, con la paura di fare sempre brutta figura e di non piacere e non essere abbastanza, orgogliosa verso il suo dolore che nasconde in quel sorriso, quello che è stampato sulla faccia del suo riflesso. Lo guardo. Guardo il mio sorriso falso. Provo a resistere, chiudo gli occhi e guardo verso l alto, ma non basta. Mi butto per terra con le spalle contro la porta le mani fra i capelli e la fronte appoggiata sulle ginocchia e faccio uscire, insieme alle lacrime la vera me, quella che è stata nascosta tutto il giorno a scuola davanti ai compagni e davanti ai miei genitori; quella me che ha bisogno di essere più di quello che è, ha bisogno più del niente che ha, quella me che sente un vuoto dentro che le dice di non essere abbastanza, abbastanza forte da non mangiare e non poter sopportare tutta la sua vita. E allora allungo la mano sotto al comodino e prendo la unica cosa che mi fa stare bene, la lametta del rasoio di mia madre che ho rotto con cura usando forbici e pinzette raddrizzando e limando il sottile pezzo di metallo che mi incide la pelle delle gambe facendomi sentire quel dolore che quasi non sento più quando esce il rosso, il mio rosso, il rosso che scorre dentro di me ma che io sono stata capace di fare uscire, ho controllato quel rosso e vederlo scorrere mi fa stare bene. Solo così riesco e continuo a controllarmi e controllare la mia vita di merda.
È TROPPO BELLO AVERE IL CONTROLLO
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👩💇‍♀️Oggi tocca a voi donne
In quanti modi sono belle le donne
Le vedo passeggiare in quegli immensi negozi che sembrano città
C'è chi cammina con innata eleganza, in un pantalone sobrio e scruta con occhio esperto
vi è la bellezza in attesa, un po' stufa, con occhi che brillano, una scarpa da ginnastica puntata a terra, il profumo della sua gioventù, l'elettricità nel suo corpo tonico
vi è la bellezza più matura, consapevole di se stessa, affascinante nel suo vestire un semplice jeans, uno stivaletto scuro, si muove da padrona, tenera con la sua prole, autorevole con i commessi, seguita dal marito che non sembra che una comparsa
c'è la bella che mostra ancora una striscia di caviglia, con i suoi calzini minuscoli, gli occhiali, irrequieta, ma così intensa che tutto il negozio le verrebbe dietro per farla felice
c'è la donna che avanza con passo calmo, valutando, un giudice sorridente ma inesorabile, da cui accetteresti qualsiasi sentenza perché senti che non può sbagliare, che scruta ogni cosa con i suoi occhi profondi come oceani, con la mente piena e se ti fissa va fino al fondo della tua anima, dove sei indifeso e non c'è ombra dove rifugiarsi
mille bellezze, mille forme così armoniose che incantano gli occhi, mille sguardi, atteggiamenti, ognuno con la sua forza, la sua storia, irresistibili, come magneti che attraggono chi va nel loro campo.
Se c'è una cosa che mi fa ancora meraviglia è in quanti modi riescono ad essere belle le donne, più che io non possa dire né qui né mai
William
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giulia-liddell · 4 years
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Va tutto bene
Flash Fic per l’ultima serata di rewatch
Parole: 3953
No beta, we die like men
Fandom: Sanremo RPF
Ship: Amadello, mentioned Levodie, mentioned Anacore, mentioned Bossille, mentioned Lamborketa, mentioned Gabbanacci, mentioned Borgan, mentioned Vibrazioni (se non siete su Discord vi siete persi sviluppi importanti), mentioned Fasmann
Avvertimenti: uhm…., sdolcinatezze, brutti commenti della Pavone, utilizzo di “venti venti” (il male fisico che mi ha fatto scriverlo, non ne avete idea), Cristicchi, sviluppo confuso, possibilissimi errori grammaticali, troppi personaggi nessuno ha abbastanza spazio perdonatemi, Nigiotti è super chill
Note autore: la vostra autrice è un po’ stanchina e non ha riletto una sola parola di questa roba… Comunque! Sarebbe per il Cenone AU di Discord, ma dovrebbe essere abbastanza comprensibile per tutti. Un giorno con più tempo vorrei fare una versione più dettagliata (e magari approfondimenti per tutti i retroscena qui solo menzionati)… Ho deciso di chiamare Marco Sentieri “Blu” perché ci sono troppi “Marco” e perché temevo che nessuno associasse il nome alla sua faccia…
Amadeus corre da un punto all’altro della cucina per raccogliere tutti i piatti e le decorazioni che deve sistemare sul tavolo. Ha riempito la casa di candele colorate, di rametti di pungitopo e di stupidi pupazzetti a forma di renne ed elfi. È tutto molto ridicolo, ma ha un’aria natalizia, un’aria di calore e di famiglia e quello è lo spirito che Amedeo Sebastiani vuole per la sua casa. Non è il primo cenone di Natale della famiglia Sebastiani-Fiorello, anzi, però è quello che spera vada bene. Sarebbe la prima volta. Nonostante i disastri degli anni scorsi Amedeo ha grandi speranze per quest’anno. Ci sono tante cose positive. Lauro ed Edo si sono ufficialmente fidanzati e potranno discutere dei preparativi per il matrimonio; Levante ed Elodie vengono per la prima volta come coppia e da bravo zio non vede l’ora di vederle felici e contente; Tosca ha detto che porterà una persona speciale da presentare e magari sarà abbastanza per distrarre le zie e le nonne dal fare discorsi inappropriati… Ci sono tante cose positive, tutto andrà benissimo. Amadeus se la sente. Quest’anno non sarà come gli altri. Davvero. Il cenone di famiglia venti-venti sarà un successo.
Rosario gli passa accanto di fretta mentre lo aiuta a sistemare la tavola e gli dà un bacio veloce. «Aspetta!» esclama Amedeo di botto facendo arrestare d’improvviso suo marito «Che c’è?» chiede preoccupato Rosario guardandosi intorno per capire che cosa sia andato storto «Non mettere il vino a tavola!» risponde subito Amedeo teso come una corda di violino, sembra che stia pensando a qualcosa di orribile, come se mettere il vino sulla tavola equivalesse a lanciare una granata in casa. Rosario lo guarda confuso ed alza un sopracciglio per chiedere silenziosamente quale sia il problema. «Piero sarà uno dei primi ad arrivare…» spiega Amadeus con calma «Vuoi davvero che il vino sia la prima cosa che noti sulla tavola?» aggiunge subito ed uno sguardo di realizzazione spunta sulla faccia di Rosario. Ha improvvisamente dei flashback di una costosa bottiglia di Mille ed una Notte che si infrange contro il bellissimo quadro regalo di suo fratello Beppe, per poi far colare il prezioso liquido rosso sul muro bianco del salotto ed infine sul bel divano in microfibra, bianco anch’esso. Ricorda ancora quanto hanno penato per ripulire la parete e cambiare divano e scusarsi con suo fratello… Rosario fa il dietro-front più veloce della sua vita e va a riporre le bottiglie di vino al sicuro in cucina.
Quando ritorna abbraccia Amadeus da dietro appoggiando la testa sulla sua spalla «Allora, il cibo è tutto pronto per essere infornato… Il forno lo abbiamo scaldato… Ho preparato apposta i piatti vegetariani a parte, ho controllato che il vino possa stare nascosto almeno per qualche ora… Ho messo i piatti buoni al sicuro e sistemato la tavola con i set comprati dai cinesi… I dolci sono a posto nel frigo e ho controllato che ci sia spazio per tutto quello che porteranno gli altri…» elenca con calma mentre prende le mani di Ama tra le sue e le accarezza dolcemente. Amedeo annuisce in approvazione e butta la testa all’indietro appoggiandosi a Rosario «Mhhh…. Direi che è tutto… Aspetta. Il caffè?» chiede appena dopo aver riflettuto sulla checklist, Fiore sorride e si avvicina un po’ per dargli un bacio «Abbiamo abbastanza caffè per un esercito ed abbastanza caffettiere per due eserciti, quindi penso che ce la caveremo.» risponde prontamente Rosario facendo sorridere suo marito «Oh… Meno male… Grazie di tutto, Ciuri… Come farei senza di te?» sospira Amadeus «Te la caveresti lo stesso, ma saresti molto più iperattivo… e stressato… e probabilmente costantemente eccitato…» commenta Rosario beccandosi un buffetto sulle mani da parte di Amadeus «Ehi! È Natale, non è il caso di dire certe cose…» lo rimprovera, ma ottiene solo l’effetto di farlo ridacchiare «Non comportarti come se non fosse vero… E come se non avessi decisamente comprato qualcosa per questa notte…» aggiunge Rosario prima di scivolare via dalle braccia di Amadeus per correre a rispondere al campanello che ha appena suonato e per evitare gli attacchi di un molto offeso Ama.
Tra i primi ad arrivare ci sono Piero Pelù e Tosca, che è venuta in compagnia di una bellissima donna spagnola. «Ah che piacere conoscerti.» si presenta subito Amedeo «Sai che so un po’ di spagnolo?» aggiunge e subito Rosario gli appoggia le mani sulle spalle e scuote la testa «No, amore, non lo sai. Lascia perdere.» lo ferma prima che possa provare e fallire miseramente a parlare in spagnolo. «Comunque questa è Silvia.» interviene Tosca per placare gli animi, prima che succeda qualcosa. Sono passati solo dieci minuti, è un po’ presto per fare danni, perfino per i loro standard. Piero intanto entra tutto sorridente facendo sentire subito ai preoccupatissimi Rosario ed Amedeo che odora già di alcol. Altri scenari da guerra tornano in mente a tutti e due ed Ama si volta verso suo marito con uno sguardo pieno di panico, in una silenziosa richiesta di aiuto. Senza dire nulla lui si affretta a far accomodare Piero sul divano «Ti porto dell’acqua, okay?» gli dice prima di recuperare un bicchiere dal suo posto tavola, perché ovviamente Amadeus si è curato di sistemare la tavola addirittura con dei segna posto. «Acqua? Ma che acqua? È una festa!» esclama Pelù di rimando, ma Rosario gli forza un bicchiere d’acqua tra le mani «Acqua. Fidati che è meglio.» gli dice. E così hanno sistemato i primi ospiti. Non sta andando tanto male. Possono davvero farcela quest’anno.
All’arrivo della mandria di cugini e nipoti sono meno sicuri di potercela fare. Il caos inizia a manifestarsi. È ancora caos positivo, per carità. Sono tutti allegri e salutano con entusiasmo gli altri. I Pinguini in particolare. Riccardo sta saltellando da una parte all’altra della sala per distribuire baci a tutti i cugini, mentre Elio dispensa abbracci da orso in giro. Amadeus si sente felice a vederli tutti così pieni di energia e decide di chiedere subito tutte le novità che può ai pinguini prima che ci sia troppa confusione. Intanto accoglie Levante ed Elodie, appena arrivate ed esprime tutta la sua felicità per la loro nuova relazione aggiungendo un “Se Antonio vi dà fastidio, ditemelo mi raccomando” e quando si dice “parlando del diavolo” … Antonio Diodato viene fatto entrare proprio in quel momento da Fiore e la prima cosa che fa è lanciare un’occhiataccia alle due donne che si tengono per mano. Amadeus fa per andare nella sua direzione, ma Levante lo ferma «Non ti preoccupare, zio… Che si rovini la serata da solo.» gli dice con un sorriso ed Amadeus rimane di stucco «Mi hai chiamato zio… Ehm, volevo dire… Sicura Claudia?» chiede confuso appoggiando una mano sulla sua spalla «Sicurissima. E certo che ti ho chiamato zio, hai sposato o no zio Rosario? Sì. Quindi sei uno zio anche tu.» risponde con naturalezza sorridendo ancora ed Elodie si lascia scappare una risatina mentre accarezza le spalle dello zio per consolarlo. Amedeo si volta verso di lei con gli occhi spalancati «Oh, sono così felice per tutte e due. È proprio una ragazza d’oro, non fartela scappare, tesoro.» dice ad Elodie, forse con un accenno di lacrime che gli riempiono gli occhi. Elodie gli dà un bacio sulla guancia e poi guarda Levante con una gli occhi pieni di adorazione «Non ti preoccupare zio Ama, non me la faccio assolutamente scappare.». Rosario li raggiunge dopo aver sistemato il cappotto di Antonio in un’altra stanza e sorride alle due donne facendo loro i suoi complimenti, poi guarda Amedeo e si accorge della sua faccia stravolta «Cosa gli avete detto?» chiede mentre gli accarezza la schiena ed Elodie ride ancora «Claudia lo ha chiamato zio.» spiega e Rosario strabuzza gli occhi «Claudia, non puoi fare così… Me lo vuoi far sciogliere prima ancora che la serata inizi? Poverino…» dice scherzoso facendo ridere Levante prima che si allontani con la sua ragazza. «Sicuro di arrivare a fine serata? Tra poco arrivano Lauro ed Edo… Avranno degli anelli di fidanzamento… Riuscirai a non piangere?» chiede sottovoce Rosario al marito «Non ti posso promettere niente, Ciuri… Ma ci proverò…» risponde piano.
Le zie e i nonni arrivano in elegante ritardo e con l’aria già scocciata. Tutti vengono sommersi da una serie di “c’era davvero troppo traffico, non si può fare così.”, “ah, bello Antonio, come va?”, “Ma Lauro ed il suo amico sono già arrivati?”, “Certo Claudia che farti scappare uno come Antonio, come hai fatto?” e addirittura “Ah nessuno ha invitato quel delinquente con i capelli rosa, vero?”. Alcuni si guardano intorno preoccupati, ma tirano un sospiro di sollievo quando notano che Anastasio non è ancora arrivato. Amadeus resta pietrificato, mentre Fiore si affretta a raccogliere i cappotti di tutti e a rispondere a denti stretti con «No, Lauro ed il suo fidanzato non sono ancora qui. Antonio va sempre bene, informatevi anche sugli altri nipoti una volta tanto. Claudia non si è fatta scappare Antonio, anzi è il contrario e lei ed Elodie sono molto felici insieme, comunque. Zia Rita non provare mai più a parlare in quel modo di amici di famiglia come Ghali o di qualsiasi altra persona in generale.». Si allontana con i cappotti prima che qualcuno possa replicare. Intanto nonno Tricheco e nonno Beppe salutano tutti e fanno i loro auguri.
I prossimi ad arrivare sono Edo e Lauro che sorridono allegri mentre dispensano auguri ed aggiungo i loro regali alla montagna che si è creata nella camera degli ospiti. Rosario cerca di non scoppiare a ridere quando Lauro fa vedere gli anelli agli altri ed Amedeo rischia davvero di piangere. Tutti li riempiono di congratulazioni finché la nonna Marina si mette in mezzo «Ah che bello, quindi diventate coinquilini adesso?» commenta e quasi tutti i cugini si voltano a fissarla, Lauro diventa improvvisamente serio ed Edoardo ha la faccia di uno che vuole andarsene ancora prima che cominci la festa «Nonna, convivo con Edo da anni. La novità è che ci stiamo per sposare.» spiega Lauro con voce piatta, mostrando l’anello per sottolineare le sue parole. «Quindi finalmente avete trovato delle ragazze e non ce lo avete detto?» continua la nonna ed Edo deve allontanare Lauro di forza prima che attacchi una sua stessa parente. «Lo so, Lauro, lo so. Non importa. È Natale. Lascia correre. Fregatene.» gli ripete come una cantilena mentre Riccardo salta in mezzo alla sala per sviare il discorso su altri argomenti. I suoi sforzi hanno un discreto successo ed Amadeus riesce a tirare un sospiro di sollievo mentre si ritira in cucina con Rosario.
«Oddio. Ce la faremo? Ti prego Ciuri, dimmi che ce la faremo.» mormora Amadeus mentre appoggia la testa contro il petto del marito che gli accarezza la testa «Certo, certo… Mancano ancora Junior, Anastasio e Rancore, però…» commenta e subito Ama emette un verso strozzato pensando alle prospettive di discussioni e piatti che volano «Ma, dai ce la faremo. E poi tra poco arrivano Enrico e Giordana! E Tiziano e Vic! Loro sono tranquilli.» si affretta a dire Rosario nel tentativo di ritirargli su il morale. Amadeus si rimette dritto «Sì… Sì… Sta procedendo tutto bene. Non è ancora stato rotto nulla. Piero non ha ancora iniziato a bere, se non contiamo il mezzo litro di whiskey che si è scolato prima di arrivare. Le zie sono state insolitamente tranquille, per adesso. Lo zio Zucchero è relativamente calmo. Elettra se ne sta tranquilla al telefono e va bene… Sta parlando con Keta?» inizia a dire sempre più agitato Amedeo. Rosario gli si piazza davanti e gli stringe le spalle «Okay. Fai un bel respiro. Sì, sta andando tutto bene. La casa è ancora intera. Io sono qui con te e ti amo. E sono abbastanza certo che Elettra stia parlando con Keta, non posso biasimarla, lei è a casa Savino con la sua famiglia…» risponde Fiore ed Amedeo sospira «Oh. A casa Savino? Che bello. Sai che non hanno mai rotto un piatto a casa Savino? E poi nonno Vincenzo non si mette a litigare con nessuno e Arisa e Simone sono proprio buonissimi e gli amici di Tecla e Leo sono tutti adorabili… Non che i nostri nipoti e cugini non siano adorabili, vorrei solo che potessero stare un po’ più sereni…» dice Amadeus a bassa voce e Rosario si lascia scappare una risatina «Sereni? Loro lo sono già… Tutti loro… Non vedi che differenza c’è tra le loro generazioni e la nostra o quella di Tiziano e Vic? Loro sono aperti già da così giovani e non hanno paura di doversi difendere da nessuno… Perfino dalla loro famiglia… Ma ce lo vedi me da giovane che vado contro ai miei nonni? Che gli dico che sbagliano? Che li critico per i loro pensieri politici o perché sono bigotti? Noi non le facevamo queste cose… Diamine a me e te quanti anni ci sono voluti per arrivare dove siamo adesso? E invece Edo e Lauro? Hanno la metà dei nostri anni e già un anello al dito… Davvero li ammiro tanto. Noi abbiamo perso tempo, ci siamo fatti frenare dalle nostre paure. Perfino Francesco che ha sempre fatto il ribelle e in teoria non doveva preoccuparsi della disapprovazione di nessuno ci ha messo così tanti ad ammettere anche solo a sé stesso la sua identità, ed è vero che adesso è più felice che mai ed è sempre bello vedere lui ed i suoi fidanzati ai vari pride, però non pensi mai a quante parate in più si sarebbero potuti godere se fossero stati coraggiosi, intraprendenti e sì, anche incazzati, come le nuove generazioni?» Rosario parla seriamente, lasciando che il peso delle parole che sta dicendo abbia lentamente effetto su Amedeo, che annuisce lentamente «Sì… Hai ragione… I nostri giovani sono forti così… Ma non sto tanto a dispiacermi per il tempo perso: sono grato di starne avendo adesso, di aver trovato quel coraggio e quella forza che mi mancavano. Di aver trovato te. Di avere questo anello al dito e stare in questa casa… Adesso ti posso chiamare “amore” quanto mi pare e mi basta questo.» risponde Amedeo con la stessa serietà mentre abbozza un sorriso. Fiore non trova le parole giuste per rispondere, quindi si limita a baciarlo sorridendo sulle sue labbra. Baciare suo marito. Che bella cosa da pensare. Non si stancherà mai di farlo, anche se sono passati anni.
Zio Bugo e Morgan per qualche coincidenza astrale arrivano quasi contemporaneamente e si mantengono a distanza come al solito, buttando qualche occhiata solo quando l’altro non sta guardando. Enrico e Giordana arrivano pieni di regali e con i maglioni coordinati e subito Enrico corre in cucina per dare una mano a star dietro alle varie portate. Junior, Rancore ed Anastasio arrivano in grande stile e vestiti monocromatici. Riccardo gli corre incontro per salutarli e poi urla complimenti per il completo di Anastasio, che vengono accettati con un po’ di timidezza, mentre cerca di consegnare ad Enrico i pandori che ha portato. Subito dopo fanno il loro ingresso Tiziano e Vic che salutano calorosamente tutti i quanti e lanciano qualche occhiata di compatimento ad Amadeus. Infine si presentano Francesco e Paolo, sorridenti come sempre e Irene con già una sigaretta in mano che Fiore le fa subito buttare via prima che venga notata da Amedeo. Ci sono tutti. E tutto sta andando bene. Riescono a stringersi intorno alla tavola ed iniziare a mangiare. Qualcuno fa battute, qualcuno ride, Morgan e Piero finiscono quasi una bottiglia a testa di vino e la zia Rita inizia a spararle sempre più grosse. Hanno un ben accetto momento di distrazione quando Simone passa per salutare tutti. Nessuno riesce a ricordarsi di averlo fatto entrare, ma sono contenti di poter scambiare gli auguri con lui, almeno finché non chiede «Ma Michele?» e l’unico a rispondere è lo zio Bugo «Anche io mi stavo chiedendo quando sarebbe arrivato… Lo avete sentito?» si aggrega voltandosi verso Amedeo e Rosario per chiedere a loro. I due padroni di casa restano un attimo immobili «So che Francesco ed i suoi ragazzi sono in ritardo, ci hanno detto che arriveranno dopo cena… Ehm… Ama?» chiede stordito Rosario voltandosi verso il marito che cerca di balbettare una risposta «Zar-Zarrillo… Non lo abbiamo invitato…» riesce a sussurrare e mezza tavolata scoppia a ridere mentre l’orrore della realizzazione si fissa sulla faccia di Ama. Bugo resta un attimo interdetto e si volta verso Simone per cercare comprensione, lui gli poggia una mano sulla spalla e sorride «Non ti preoccupare Cristian, a casa Savino possiamo sempre aggiungere un posto a tavola.» gli dice facendo un occhiolino e poi se ne va. Nessuno lo ha visto uscire dalla porta, ma Riccardo tira su la testa dal telefono e sussurra ad Elio «Eugenio mi ha detto che è a casa Savino adesso… Come cavolo…?» commenta ma Elio riesce solo a fare un’alzata di spalle e subito nessuno ci pensa più.
Anastasio in una pausa tra una portata e l’altra tira fuori il telefono per scambiare qualche messaggio con Leo e i cugini lo guardano di nascosto trattenendo sorrisi quando lo vedono arrossire leggermente. Solo Tarek non sorride come gli altri. Junior sta per dire qualcosa in merito e potrebbe diventare un momento molto carino, ma la zia Rita decide di parlare «Oh, Marco. Che asociale che sei, tirare fuori quell’aggeggio mentre mangiamo…» commenta con voce acida «Ma non stiamo mang-» cerca di ribattere Anastasio, subito interrotto «Ribatti pure? Sei proprio un maleducato. Certo, c’è da aspettarselo perché sei un giovane di oggi… Non combinate mai nulla, non sapete mai cosa votare, non sapete più fare i cambiamenti quelli veri… Siete tutti lobotomizzati e seguite solo i media come delle pecorelle…» più la zia va avanti a parlare più Anastasio stringe i pugni e Rancore lo guarda preoccupato. Amedeo, Rosario, Tiziano e Vic restano pietrificati, mentre tutti i cugini si sporgono in avanti seguendo la conversazione con attenzione. Tarek si avvicina leggermente ad Anastasio per sussurrargli nell’orecchio «Marco, lascia perdere… Non ne vale la pena…» Anastasio sembra rilassarsi per attimo quando sente la voce di Rancore, ma la zia ritorna all’attacco «Visto, vi parlate pure nell’orecchio. Dei veri maleducati. Non si parla male della gente di fronte a loro, lo sapete vero? Oppure stavate parlando di quelle cose vostre da delinquenti? Eh?» Tarek alza le mani in segno di resa e si allontana leggermente per fare spazio ad Anastasio «Scherzavo, fai pure.» dice e subito iniziano a volare piatti. Junior assiste Anastasio lanciando posate come se fossero freccette mentre i cugini riprendono tutto e li incitano. Amadeus si sente morire e Fiore gli accarezza la schiena in un vano tentativo di consolarlo.
Enrico arriva dalla cucina con dei piatti nuovi e le prossime portare e gli animi sembrano essersi calmati un po’, finche zio Piero non si alza e tira fuori degli strumenti musicali da chissà dove per mettersi a cantare «Piero, stiamo ancora mangiando…» prova a fermarlo Amadeus, ma è tutto inutile. Tutti rompono le righe: solo la metà della gente rimane a tavola, mentre gli altri si alzano o si vanno a sedere in salotto per cantare con zio Piero. Dopo qualche minuto Rosario ha in mano un tamburello e sta tenendo il tempo mentre canta a squarciagola con Piero. Amedeo sospira. Vorrebbe incazzarsi con Rosario, perché lo dovrebbe aiutare a mantenere l’ordine non a crearne altro, però non ci riesce davvero. È così contento. Come può incazzarsi con uno così contento? Enrico intanto continua a sistemare la tavola e a raccogliere i cocci dei piatti che sono sparsi per terra, occasionalmente aiutato da Giordana.
Amedeo si sposta in salotto per osservare gli altri che cantano ed è almeno rincuorato dal vedere Francesco e Paolo che stanno facendo un duetto, sorridendo come sempre. Ah i loro sorrisi sono una garanzia. Gli ricordano che nonostante i disastri è bello avere tutti lì. Anche se Lauro e Junior devono lanciare insulti ad Antonio perché sta trattando male Levante ed Elodie; anche se Anastasio finisce per incazzarsi sempre, a ragione, con la zia Rita; anche se Zio Zucchero e zio Pelù seminano il caos per tutta la casa, è sempre bello avere tutta la famiglia. Tutta la loro famiglia, lì con loro. Proprio mentre si sta facendo intenerire da questo pensiero vede Bugo che si allontana di fretta seguito lentamente da un confuso Morgan. «Oh, no.» si lascia sfuggire mentre si avvicina per capire cosa sia successo «Marco? Cosa c’è? Dov’è andato Cristian?» chiede preoccupato subito raggiunto da Rosario che decide poi di andare dietro a Bugo. «Io, non lo so… Stavamo parlando e…» Morgan è chiaramente confuso e da quello che Amadeus può sentire anche leggermente alticcio. Dal corridoio arriva la voce di Fiore che strilla «Si è chiuso in bagno! Ma sta male?» e subito Morgan si sposta verso il bagno «Ci penso io!» esclama non troppo convinto andando a prendere il posto del padrone di casa davanti alla porta del bagno. “Nessun bisogno di andare nel panico” si dice Amadeus “Ci pensa Morgan.” continua “CI PENSA MORGAN. OKAY TUTTO IL BISOGNO DI ANDARE NEL PANICO.” Amadeus strabuzza gli occhi e sente il cuore che gli batte più veloce, ma subito Rosario lo abbraccia da dietro «Ehi, ehi, ehi… No, niente panico, niente panico. Marco non è la persona più affidabile, vero, ma magari è la volta buona che risolvono qualcosa, no? Pensa a rilassarti… Bevi qualcosa…» cerca di distrarlo ed Amedeo lascia andare la tensione «Lo sai che non bevo, Ciuri.» risponde con un sorriso «Mangia uno dei biscotti di Enrico allora, sono come una droga, immagino che avranno gli stessi effetti calmanti…» scherza lasciando un bacio sul suo collo. «Oppure puoi venire di la a cantare con me, ti potrebbe aiutare a rilassarti… O non sono più il tuo Lexotan?» aggiunge con un sorriso. Amedeo si volta lo bacia intensamente «Certo che sei ancora il mio Lexotan.» gli sussurra sorridendo.
Così i due padroni di casa si spostano in salotto ed invitano Raphael a suonare qualcosa al piano per loro. Cantano un duetto, poi cantano con i loro nipoti e sorridono tutto il tempo. E per un po’ la preoccupazione ed i dubbi per Morgan e Bugo abbandonano la testa di Amadeus. Solo per un po’. Intanto iniziano una lunga cerimonia di apertura dei regali intervallata da pause caffè e dolci, che vengono gentilmente serviti da Enrico insieme ad ampi sorrisi. Per un momento sono una famiglia serena. Poi le nonne cominciano a litigare sulla Famosa Questione ed Amadeus perde di nuovo le speranze. In tutto questo Anastasio scatta in piedi all’improvviso lanciando un esulto da stadio e tutti si voltano verso di lui preoccupati «GRANDE LEO! CE L’HA FATTA! CON FASMA, CE L’HA FATTA! IL PIANO DEL VISCHIO DI TECLA E BLU HA FUNZIONATO!» grida sorridendo tutto contento. Amadeus vede il broncio sparire dal volto di Tarek per essere sostituito da uno sguardo soddisfatto e scambia un’occhiata compiaciuta con Rosario dall’altra parte della stanza. Poi la loro attenzione viene catturata da Morgan e Bugo che ritornano in salotto non esattamente tenendosi per mano, soltanto mantenendo appena un contatto con le punte delle dita, e cercando di nascondere dei piccoli sorrisi. Per la prima volta dopo chissà quanti anni si siedono vicini ed Amadeus sente che tutto va bene. Anche se dovessero volare altri piatti, anche se dovessero piombare in casa i vicini, anche se dovessero spuntare altri litigi, anche se Piero trovasse qualche bottiglia da lanciare, Amedeo Sebastiani sa che va tutto bene. Tutto sommato può dire che il cenone venti venti è stato un successo e l’unica cosa che gli manca per completarlo è festeggiare con suo marito una volta che gli ospiti se ne saranno andati.
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25 agosto 2020
Credo di essere arrivata al mio limite. Basta una sola goccia a far traboccare il vaso. Vorrei che il tempo si fermasse così da poter riprendere fiato e riposare. Vedo le vite frenetiche e divertenti degli altri su instagram e mi chiedo cosa non va in me. So che instagram non è la verità, ma vedere la felicità o almeno la finta felicità che le persone pubblicano mi rattrista. Vedo persone crescere, sposarsi, avere figli, (è comunque troppo presto per me), ma anche guardando a cose più semplici, vedo la gente che ha un obbiettivo nella vita, si impegna, studia, lavora. Poi ci sono io. 
L’unica cosa che vorrei fare è stare a letto a guardare la tele e dormire. Vorrei essere una ameba, senza responsabilità e senza il dovere di avere il sorriso in faccia per gli altri. 
L’università mi sta lentamente uccidendo. è come avere una ferita aperta sul petto. Continua a fare male, anche nei momenti in cui penso di aver finalmente staccato la testa. Devo finire gli esami. Devo studiare. Devo pensare a finire il laboratorio e scriverci la tesi. Devo pensare a cosa voglio fare in magistrale. Tutto questo mi sta asfissiando. Ho un cappio al collo che continua a stringere e non so come liberarmene. 
Non ho mai sentito un peso così grande per lo studio. All'inizio, quando ho cominciato a studiare per la sessione estiva, mi dicevo “è la quarantena che ti ha distrutta. Devi riassaporare la libertà per un po’, ma poi rimetterti al lavoro”. Ma ora non credo che sia così. Non so cosa sia, so solo che non posso continuare così. 
è due giorni che cerco di studiare. Ieri mi è sembrato non finisse mai. Ho guardato la tele tutto il giorno e non sentivo neanche il senso di colpa per non aver studiato niente. Sono arrivata al punto che non mi interessa più. Non mi interessa se non passo questi ultimi esami del cazzo e non mi interessa neanche più laurearmi. Come faccio a ritrovare la voglia? Non solo di studiare, ma di vivere. 
Ieri sono sparita. Non ho parlato con nessuno e visto nessuno. Sono partita dal mare alle 8:30. Ho salutato i miei e non ho più parlato. Sono stata in silenzio tutto il giorno. Da un lato è rinvigorente. Nel senso che si riesce a togliere quella facciata che si mostra al mondo. La facciata socievole e sorridente. Dall’altro è spaventoso: sono stata me stessa ieri. Sola, triste e indifferente. Ho sentito tutto quello che avevo dentro e che stavo nascondendo da un po’. Ha rimbombato nelle mie orecchie e non riuscivo a ignorarlo. 
Spero che il prossimo weekend in montagna mi faccia bene. Non pretendo di essere felice veramente, vorrei solo non pensare a tutti i problemi. Con felice veramente intendo quella sensazione nel petto che non ti fa smettere di sorridere e che ti da una leggerezza nella mente. Quando sono felice mi sembra di fluttuare. Da questo fine settimana chiedo solo un pizzico di serenità, anche perché non ricordo neanche più quando è stata l’ultima volta che sono stata felice. Sti cazzi. è una cosa orribile.  Come ho fatto a finire così? 
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1qualsiasi · 4 years
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Papà..
Papà sta bene! Lo posso dire con certezza. Ci siamo lasciati alle spalle ciò che mi impauriva. Ciò che mi ha fatto temere il peggio. E’ sparito il tumore, le preoccupazioni, le paure, l’ansia di una vita passata troppo in fretta, il pensiero di non aver dato quell’abbraccio, di non esser mai riuscito a dirgli “Ti voglio bene”.
Mi si è scaldato il cuore nel vederlo tornare felice e sorridente dall’ospedale. Non è stato necessario chiedergli com’era andata. La sua felicità era visibile dalla Luna.  Ha varcato il cancello di casa mia camminando a un metro da terra. La mascherina gli copriva parte del volto ma gli angoli della bocca fuoriuscivano dai bordi tanto era largo quel sorriso nascosto. L’avrei abbracciato, stretto forte e avrei sorriso insieme a lui. Poteva essere l’occasione giusta per farlo senza sentirsi in imbarazzo perchè giustificati dalle circostanze. Non è stato possibile purtroppo.. Il virus ci ha costretto a una distanza di sicurezza.
“Guardare ma non toccare.. toccare ma non gustare.. gustare ma non inghiottire..” (Cit) Più o meno rappresenterei così quell’istante. O forse questa restrizione ha amplificato ancora di più il piacere, fermandosi a un passo dall’assumere invece l’aspetto di una tortura.
E’ stata una bella notizia. Vissuta in casa mia tra la gioia delle persone a cui voglio più bene. E’ stato un momento che porterò sempre con me. Avrei premuto “Rec” sul mio cuore, come un vecchio videoregistratore per immortalare tutto: Sentimenti, sensazioni, profumi, sguardi, sorrisi, parole, gesti, occhi.. tutto! Per rivederlo ogni volta che voglio con la gioia e lo stupore di quando si rivedono vecchie riprese di famiglia.
Farò affidamento invece alla mia memoria per attimi così, al mio diario e a post come questi su un profilo tumblr anonimo. ;)
Solo ripensare a quel pomeriggio, vengo sopraffatto dai sentimenti.. Scrivere di ciò mi commuove. Mi sembra impossibile descrivere tutto ciò che mi ha pervaso. Gli voglio bene.. tanto.. e molto di più.
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veronica-nardi · 4 years
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Chiamatemi Anna, Commento Terza Stagione
Quando finisco una serie mi chiedo sempre che cosa mi ha lasciato e cosa mi porterò dietro, e qui posso subito dire che la versione del cartone animato mi ha lasciato molto di più di questa serie.
Considero Chiamatemi Anna una serie carina, godibile, che ho visto volentieri, ma nulla di eccezionale.
Questa serie mi ha lasciato perplessa nei primi episodi, mi sono piaciuti quelli di mezzo, ma gli ultimi mi hanno fatta pensare a certe cose e ho finito la storia un po' emozionata (poco), un po' perplessa, e un po' infastidita (abbastanza).
Prima di iniziare, due cose:
1) Ho ODIATO il doppiaggio di questa serie dal primo all'ultimo minuto, che mi ha, in piccola parte, rovinato la visione.
2) C'è un motivo se mi sono appassionata alle serie asiatiche: perché ogni storia è raccontata in media in 16-20 episodi. Mentre le serie americane sono divise in stagioni, che escono una volta all'anno o una volta ogni due anni, periodo di tempo durante il quale io MI DIMENTICO COSA È SUCCESSO. Per esempio, in questo caso, quando ho visto in scena la tizia bionda, Winnie o come si chiama, la pseudo fidanzata di Gilbert per intenderci, mi sono chiesta chi cavolo fosse e se fosse stata presente anche nelle stagioni precedenti. Ancora me lo chiedo.
Detto ciò, parto con le cose che mi sono piaciute:
Anna
Devo ammettere che la protagonista, a livello generale, è stata una buona e convincente Anna Shirley. Anna è un personaggio particolare che è difficile interpretare senza risultare una scema o una pazza, e penso che la scrittura del personaggio e l'interpretazione dell'attrice abbiano rispettato bene la natura del personaggio.
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Inoltre, non amo molto i personaggi "perfettini" (come Gilbert, ma ci arrivo dopo), a me piacciono i personaggi con varie sfaccettature e che presentano dei difetti, e che quindi ai miei occhi risultano umani e credibili. Anna non è una protagonista perfetta, e questo l'ho apprezzato molto.
Anna è testarda, orgogliosa, impulsiva, esuberante, parla tanto e ascolta poco, si lascia trasportare dalle emozioni finendo col non riuscire a ragionare nella maniera più lucida possibile, anche se le sue intenzioni sono buone. Un esempio lampante è quando pubblica l'articolo femminista sul giornale senza consultarsi con la maestra e con gli altri compagni. Le sue intenzioni sono nobili, e ciò che scrive è giusto, ma il giornale non è suo, non può prendere e pubblicare come le pare perché presa dall'impulso del momento, perché se può farlo lei, allora possono farlo tutti. E Anna avrebbe dovuto parlarne anche con Josie, la diretta interessata, e assicurarsi che fosse d'accordo con la pubblicazione di quell'articolo che avrebbe portato tutti a parlare di lei.
Anna si lascia trasportare dall'emozione e agisce impulsivamente, e questo perché prende a cuore le cose e combatte per ciò che è giusto. Per via del suo difficile passato, sa cosa vuol dire soffrire e cosa significa essere maltrattati e subire ingiustizie. Anna è uno dei personaggi più empatici che abbia mai visto, e di certo è il personaggio dalla più grande apertura mentale della serie (è amica con un ragazzo gay, con gli indiani e con le persone nere, più aperta di così...)
Anche se preferisco la versione di Anna del cartone animato, questa Anna non è male, anche se c'è una cosa che mi ha fatto storcere un po' il naso quando me ne sono accorta: in questa terza stagione Anna compie sedici anni, e nel cartone animato a questa età Anna è già molto più tranquilla, calma, posata, mentre qui si comporta ancora come una bambina. Anche quando alla fine indossa il vestito lungo da donna, si aggira per la città tutta sorridente e quasi saltellando, come se fosse ancora la ragazzina di qualche anno fa. A quell'epoca, a sedici anni, si era già delle giovane donne in età da marito, e il fatto che Anna si atteggi come una bambina la trovo una stonatura, accentuata dalla maturità della sua mente che dimostra più volte, come quando dice a Josie:
"Ora sono amata, ma quando non lo ero non significa che non lo meritassi."
Un concetto molto maturo e consapevole per una ragazza di sedici anni... peccato che poi la vedi fare la melodrammatica, piangere disperatamente e vivere come una tragedia tutto ciò che le succede. Potevo accettarlo quando aveva dodici/tredici anni, ma non ora che dovrebbe essere una giovane donna.
Ma, ripeto, in generale, è stata una buona Anna Shirley.
Marilla
Questa versione di Marilla non mi fa impazzire, ma nemmeno mi dispiace. In lei posso vedere la rigidità e austerità tipiche del suo personaggio, unite al profondissimo affetto che ormai prova per Anna.
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Rispetto al cartone, qui Marilla è un po' più "energica", e può piacere o non piacere, ma credo che in linea di massima il personaggio sia stato rispettato abbastanza bene.
Inoltre la trovo molto umana nei suoi pregiudizi verso gli indiani e la paura verso queste persone, e questo mi piace. E mi è piaciuta anche la sua paura al pensiero di poter perdere Anna qualora la ragazza fosse riuscita a trovare la sua famiglia. L'ho trovata umana e realistica, e in linea col personaggio.
In generale, mi è anche piaciuto il rapporto tra lei e Anna. L'ho trovato credibile ed entrambe sono rimaste nei loro personaggi.
Josie.
Josie mi è piaciuta un sacco. Forse perché è l'unico personaggio ad avere una vera evoluzione. Dopo la brutta esperienza con Billy, si arrabbia momentaneamente con Anna, per poi capire che l'amica sta effettivamente lottando per la cosa giusta, e quindi si schiera dalla sua parte, mandando poi Billy a cagare.
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Simbolica la scena in cui si scioglie i capelli dopo che la madre le ha preparato i boccoli per la notte dicendole:
"Non possono portarti via la bellezza."
Che significa: non importa se un ragazzo ti importuna e ti molesta portandoti via la dignità, non importa se piangi e se stai male, tutto quello che devi fare è essere bella e pensare a fare un buon matrimonio.
Josie capisce che non è giusto chiederle di essere soltanto una bella bambolina perché è una donna. È una persona con delle idee, pensieri e sogni propri, e che merita sempre il massimo rispetto.
Le scenografie.
Vogliamo parlare di come le scenografie di questa serie siano semplicemente spettacolari?
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AMO Green Gables e i paesaggi dell'Isola del Principe Edoardo.
I costumi.
Belli, devo ammettere, e in linea con l'epoca storica. Unica pecca: le ragazze vanno a scuola con dei grembiuli talmente bianchi che mi sembrano bambine della prima elementare.
Dialoghi
Ok. Alcune volte sono semplici se non addirittura banali, ma in più di una scena sono rimasta colpita dal modo di parlare tipico dell'epoca, e questo l'ho apprezzato.
E ora passiamo alle cose che NON mi sono piaciute (ora smonto la serie).
Matthew
Questa versione di Matthew non mi piace. Non dico che mi faccia cagare, è carino, ma il Matthew del cartone animato era semplicemente adorabile.
Matthew è introverso, riservato, timido, tenero, impacciato. Tutte caratteristiche che il Matthew della serie sembra non avere quasi per nulla.
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Nel cartone Matthew si esprime a monosillabi, qui è un po' impacciato, ma alla fine parla con una certa scioltezza. E non ho assolutamente visto il suo enorme imbarazzo nei confronti delle donne, un aspetto tipico del personaggio di Matthew.
Quello che mi ha lasciato l'amaro in bocca più di tutto è stato il finale. Qui Matthew diventa improvvisamente brusco con Anna perché sa che sentirà la sua mancanza quando andrà al college. E questo già mi va a cozzare col personaggio di Matthew, che dovrebbe essere l'uomo più tenero del mondo con la sua Anna.
E quando alla fine si riconcilia con lei spiegandole quello che prova, avrebbe dovuto dirle quello che le dice nel cartone, che non gli importa se lei non è un ragazzo, che è orgoglioso di lei, la sua ragazza, la sua Anna. È una delle frasi più belle della storia secondo me, ed è qualcosa che Anna ha bisogno di sentirsi dire.
Sebastian.
A parte il fatto che non capisco il senso di questo personaggio nella serie, ma poi non è nemmeno interessante. Un bravo marito, un bravo padre, un buon amico, un buon lavoratore. Wow. Che personaggio complesso.
È carino, per carità, ma diciamocelo: Sebastian, Mary e compagnia bella, che cosa c'entrano con Anna dai capelli rossi? Questi personaggi non sono presenti nel cartone animato, perché li hanno inseriti?
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Ammettetelo: avete inserito i personaggi neri solo per fare bella figura. Solo per poter dire: ehi guardate, abbiamo messo dei personaggi neri nella nostra storia, noi parliamo anche di loro, parliamo anche del razzismo, quanto siamo bravi.
Seriamente, che cosa c'entra la questione delle persone nere e del razzismo con Anna dai capelli rossi?
Il finale favolistico.
Questa serie è andata a finire a mo' di film Disney. Personalmente non sopporto i finali così. Mi sanno da falsi e irrealistici.
Qui TUTTO finisce bene.
Sebastian migliora i rapporti con la madre e fa pace col figlio di Mary così d'ora in avanti saranno una bella famiglia felice che lavorano tutti insieme nei campi (ma andate a cagare); Anna fa pace con Josie e tutte le compagne di scuola sono amiche per la pelle e non esiste nemmeno un'ombra di antipatia tra nessuna di loro; Diana ottiene il permesso di andare al college e passa gli esami ANCHE SE NON HA STUDIATO UN CAZZO MA SICCOME SIAMO IN UNA FAVOLA FACCIAMOLA PURE PASSARE; la signora Lind riesce ad allargare il consiglio della città con la presenza di tre donne; il giornale viene ridato in mano alla scuola e tutti sono amici con tutti.
Persino nel cartone animato il finale è più triste e realistico, con la morte di Matthew, la vista malandata di Marilla e Anna costretta a rinunciare all'università.
L'unica storyline che non posso dire sia finita bene è quella ragazzina indiana portata al collegio cristiano (prigione), da cui non la lasciano più uscire. Peccato che non si sa come finisce perché non ce lo mostrano, e da quello che ho capito questa era l'ultima stagione della serie....
Diana
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Diana per me è stata un flop totale. Hanno totalmente cambiato questo personaggio rispetto al cartone.
Innanzitutto si sono inventati la "storia d'amore" con Jerry e non ho capito bene per quale motivo visto che il tutto si conclude con lei che lo molla freddamente e tanti saluti.
La litigata tra Anna e Diana l'avrei accolta ben volentieri, ma non ho capito perché Diana non ha raccontato di Jerry all'amica. Anna è la prima a confidarsi con lei riguardo Gilbert, non ha problemi a parlare dell'amore, quindi perché Diana non ha fatto lo stesso? Forse per via delle differenze tra lei e Jerry, lei ragazza ricca e colta, e lui povero e un po' sempliciotto. Forse, sapendo che questa storia non avrebbe mai portato da nessuna parte, ha preferito tenersela per sé. Ma qui deduco che non fosse qualcosa di importante per Diana: se fosse stata davvero innamorata di Jerry si sarebbe confidata con Anna e avrebbe lottato per lui, così come ha lottato per il college. Quindi per lei è stata solo un'opportunità per fare pratica su come baciare e provare l'ebbrezza della libertà in quei momenti con lui. Scusate, ma questa non è affatto la Diana del cartone animato....
E parlando del college.... delusione totale.
Innanzitutto, è semplicemente assurdo che Diana abbia passato gli esami dopo che per un anno non ha studiato quanto gli altri.
E poi, mi spiegate perché hanno cambiato la sua storyline trasformandola in una giovane ragazza soffocata dai genitori che dalla figlia richiedono solo il matrimonio mentre lei vuole andare al college? Perché hanno scritto questo personaggio facendola diventare la giovane emancipata della situazione? La Diana del cartone animato non era forse emancipata?
Parliamoci chiaro. Consideriamo un attimo le due versioni di Diana:
Nella serie Diana VUOLE andare al college.
Nel cartone Diana VUOLE restare a casa e dedicarsi alla moda.
In cosa la prima versione è più femminista o emancipata della seconda? Nel cartone Diana non va al college non perché ostacolata dai genitori, ma perché semplicemente non le piace studiare e vuole dedicarsi ad altro. Deve decidere del suo futuro, e Diana SCEGLIE di non andare, E QUESTO È FEMMINISTA.
Per come la vedo io, la Diana del cartone è molto più coraggiosa e femminista di quella della serie.
Perché una donna (Diana) che sceglie di restare a casa e pensare al matrimonio, non è meno femminista di una donna (Anna) che sceglie di andare al college e fare l'insegnante.
Tra l'altro, la Diana della serie non ha alcuna passione o interesse particolare, mentre quella del cartone amava la moda e i vestiti (ed era anche più saggia e più matura).
E poi, diciamocelo, pensate che Diana avrebbe insistito nell'andare al college se Anna non ci fosse andata? Se Anna e tutti gli altri compagni non fossero andati, io non penso che Diana sarebbe voluta andare. Quindi, alla fine, è solo una pecora che ha seguito il gregge. Per questo dico che nel cartone è più coraggiosa, perché ha avuto il coraggio di staccarsi da Anna e fare qualcosa di diverso dalla sua amica.
E poi, Diana va al college... per fare cosa? Dio solo lo sa.
Gilbert
Come Matthew, non dico mi abbia fatto schifo, ma non mi ha nemmeno fatto innamorare.
Questo ragazzo praticamente è il principe azzurro che sogna ogni ragazza: è un ottimo studente e vuole fare il dottore, è bravo, buono, gentile, fa diventare Sebastian (un uomo nero) suo socio nella fattoria, non ha alcun tipo di pregiudizio e tratta i neri come suoi pari, sostiene Anna nella sua lotta femminista marciando in prima fila con lei. Insomma, particolari difetti io non ne ho visti, non mi ha fatto fare chissà quali riflessioni, e quindi, ai miei occhi, non è un personaggio interessante.
Qui, del vero Gilbert, quello del cartone animato, ho visto ben poco. Il Gilbert del cartone aveva fascino anche stando fermo in silenzio a mangiare una mela, questa versione di Gilbert invece ha il fascino di un manico di scopa vestito. La protagonista femminile, Anna, ha molto più fascino e carisma di lui.
Senza contare il fatto che l'attore scelto non mi è sembrato perfettamente adatto per il ruolo. L'ho trovato più "piccolo" rispetto a Gilbert. Più cucciolo.
E poi non ho amato molto tutte quelle "faccette" che ha esibito dall'inizio alla fine. Non so se fosse qualcosa previsto da copione o se è l'interpretazione dell'attore, ma il più delle volte l'ho trovato fastidioso.
La love story
Qui stendo quasi un velo pietoso. La storia d'amore di Anna e Gilbert ha lo stesso fascino di un grissino e la stessa profondità di una pozzanghera.
Ho trovato completamente inutile il personaggio della fidanzata di Gilbert, messa lì solo per ingelosire Anna, ma nel complesso è stata solo un di più. Non ha una propria storyline, non ha un'evoluzione, e non è interessante.
Negli ultimi episodi, la storia d'amore tra i due protagonisti cade in uno dei più grandi cliché delle storie d'amore: il biglietto perduto. Anna scrive un biglietto a Gilbert in cui gli dice che lo ama e glielo lascia sul tavolo. Ancora prima di vederlo, sapevo che Gilbert non avrebbe MAI letto quel biglietto. La nota in questione compie un viaggio mirabolante: viene messa sotto un vaso di fiori, cade per terra, viene calpestata da Gilbert che se la porta in giro per casa senza saperlo, e infine viene lasciata nell'erba mezza distrutta. Metà puntata per seguire gli spostamenti di questo biglietto. La storia si ripete quando anche Gilbert lascia un biglietto ad Anna, lei lo vede subito ma lo straccia ancora prima di leggerlo, per poi pentirsene e cercare di mettere insieme i pezzi.
Ora, non ditemi che tutta questa trafila dei biglietti perduti è qualcosa di originale. È un classico. È qualcosa che ho visto in altre 4838484883 storie d'amore. Per questo la cosa non mi ha dato emozione: perché sapevo che una volta scoperto il contenuto dei rispettivi biglietti, entrambi si sarebbero corsi incontro per poi baciarsi appassionatamente.
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Mi dispiace ma questa storia d'amore non mi ha coinvolto, l'ho trovata come qualcosa di "già visto".
L'unica scena che ho trovato carina è stato il momento del ballo, in cui scatta la scintilla e i due si guardano in modo diverso.
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Sulla signorina Stacy non so sinceramente che cosa dire. Non è un personaggio che ha lasciato il segno su di me. Anche in questo caso preferisco la versione del cartone animato. Qui le hanno appioppato la storyline del "tuo marito è morto quindi trovatene un altro", qualcosa che hanno messo giusto per riempitivo e che se non facevano non cambiava nulla.
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Ora, arrivo alla questione per me più spinosa, una questione che quando ci ho pensato mi ha lasciato prima perplessa, poi mi ha infastidita non poco.
Mentre vedevo gli episodi, io la visione me la sono goduta.
È stato bello e interessante vedere portate in scena questioni come l'articolo femminista di Anna, la molestia subita da Josie, tutto il discorso sulla parità, sui diritti delle donne ecc.
Trovo un po' favolistico come Anna riesce a trascinarsi dietro tre quarti del paese nella sua marcia per andare a fare il culo al consiglio, ma non posso negare come la serie mandi dei messaggi importanti a chi guarda:
1) Se una ragazza viene molestata la sua reputazione è rovinata. Perché? E quella del ragazzo?
2) Una ragazza non va MAI a "cercarsi" una molestia o una violenza. La colpa è solo di chi aggredisce.
3) Prima di fare qualcosa, un ragazzo deve assicurarsi che la ragazza che ha di fronte sia a proprio agio e che sia d'accordo con quello che sta succedendo.
Sono temi perfettamente attuali, e per esempio trovo importantissimo parlare del consenso. Sono ottimi spunti di riflessione per i ragazzi e le ragazze di oggi.
Mi ha fatto riflettere anche un'altra scena. Siamo alla fiera, e Billy cerca di impressionare la sua ragazza, Josie, cimentandosi in un gioco di forza, con il palese atteggiamento "ti faccio vedere quanto sono forte, guarda quanto sono uomo".
Peccato che finisce per fare una brutta figura, marcata dall'arrivo di Jerry che, abituato a lavorare nei campi, riesce a colpire il bersaglio in un colpo solo. Ora, Billy ha sentito di aver sfigurato, ma io non la vedo così: il fatto che non sia riuscito a colpire il bersaglio non lo rende meno uomo rispetto a Jerry.
Qui ci fanno chiaramente vedere la mentalità del: uomo forte=vero uomo, uomo debole=pappamolla.
Perché il valore di un uomo deve essere misurato in base alla forza fisica, e il valore di una donna in base alla sua bellezza?
Sono delle tematiche molto importanti da portare in scena, e allora perché ho detto di essere infastidita?
Per un semplice motivo. Questa serie ha buttato dentro un po' di tutto: femminismo, diritti umani, la libertà di stampa, il razzismo, gli indiani, le persone nere, maschilismo, sessismo, omosessualità.
Hanno toccato tutti temi "caldi" facendo un bel minestrone, e la cosa che mi infastidisce più di tutte è... tutto questo, cosa c'entra con Anna dai capelli rossi?
Perché Anna dai capelli rossi non parla di queste cose, e alla fine della fiera della storia originale rimane ben poco: sostanzialmente, solo gli esami per il college, e Anna e Gilbert che si mettono insieme. Il resto è tutto inventato.
Posso apprezzare le scene in cui Anna desidera conoscere di più sui suoi veri genitori e torna all'orfanotrofio per fare ricerche, Marilla e Matthew preoccupati di perderla, la litigata tra Anna e Diana. Posso anche accettare il cambiamento del rapporto tra Anna e Gilbert (nel cartone non si parlano per anni, qui sono molto amici), perché comunque tutto questo è direttamente collegato alla storia principale e alla protagonista.
Ma, per fare un esempio, la scena in cui la ragazza (dovrebbe essere Prissy?) va dal padre dicendogli che vorrebbe dare una mano nella gestione dell'azienda di famiglia, e il padre non la degna di uno sguardo e liquida la questione affermando che le donne non devono occuparsi di certe cose, ecco, quella scena a cosa serve? Perché è stata messa? Per dirci che in quell'epoca storica le donne non erano trattate in modo paritario? Sì ok... ma non è questo di cui parla la storia di Anna. Tra l'altro mi è sembrata una scena buttata lì un po' a caso, perché la tizia arriva, il padre la tratta di merda, tanti saluti e fine. Poi non se ne parla più, e la tizia non si vede più in scena.
Non dico che non bisogna parlare di certe tematiche, ma se fate una serie su Anna dai capelli rossi, mi aspetto di vedere una serie su Anna dai capelli rossi. Se volete parlare di certi temi come le prime battaglie femministe, allora fate una serie che parli di quello, vi inventate una storia e dei personaggi nuovi. Non che prendete una storia già esistente e la travolgete per parlare di quello che volete.
È come se io prendessi I Tre Moschettieri e ci facessi sopra una serie, inserendo temi come molestie sessuali e diritti delle donne, trasformando d'Artagnan in un femminista del XVII secolo, e già che ci sono ci butto dentro un po' di razzismo che non fa mai male, e poi, perché no, faccio che Athos e Aramis sono gay.
COSA CAVOLO C'ENTRA???
I Tre Moschettieri non parla di queste cose, e lo stesso vale per Anna.
Oppure faccio una serie su Harry Potter dove faccio succedere che Hermione viene molestata da un ragazzo e per tutta Hogwarts parte una marcia femminista.
Tutto ciò continua a lasciarmi assai perplessa e infastidita. Ed è per questo che non so come giudicare queste serie e che voto darle. Forse non è nemmeno giudicabile, visto che in fondo non è una serie su Anna dai capelli rossi (lo è tipo al 20-30% a essere generosi).
Davvero non capisco perché la storia di Anna dai capelli rossi è diventata una manifestazione delle tematiche più bollenti di questi anni.
Non è che se non ne parlate fate schifo eh.
Ultima cosa che mi viene in mente sono le musiche: non ne ho in mente nemmeno una, segno che non sono state di impatto. NULLA IN CONFRONTO CON LE BELLISSIME MUSICHE DEL CARTONE.
Detto ciò, di solito concludo un commento consigliando o meno la serie in questione, e dando il voto finale. Qui non so bene che cosa dire.
La serie è carina e posso anche consigliarla, ma sappiate che vi troverete davanti tanta roba che con Anna non c'entra niente.
Se dovessi dare un voto basandomi sulla fedeltà della storia originale, sarebbe 1 e 1/2.
Se guardo la serie per quella che è, facendo finta che la storia originale non esista, posso arrivare a 7, ma solo perché sono generosa (e lo sono davvero, visto che oggi sto inca**ata).
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