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#Mi vesto elegante per andare a
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boschblogs · 1 year
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Ieri sera, finito il solito allenamento, verso le 22:30, prendo la moto per andare ad una festa di compleanno di un amico del periodo della mia vita dell'ormone impazzito!Avevo avvisato che sarei arrivato più tardi; accellero, c'è poco traffico e il vento in faccia coi primi profumi di inizio primavera mi accompagna fino all'arrivo. Un bar carino, di quelli che oggi chiamano lounge bar, luce soffuse, una buona deep house che fa da sottofondo ad un clima alticcio ma alquanto tranquillo.Di gente ce n'è, ma non conosco tutti, meglio così, personalmente trovo interessante scoprire personalità nuove, sono semplicemente più stimolanti. Il bancone è enorme, di una forma semicircolare e a servire drink e stuzzichini almeno tre persone. Da un lato bisbocciano gli amici di una vita, che già vedo barcollanti e con riflessi paragonabili ad un bradipo azzoppato.Mi avvicino e come al solito parlano delle loro pseudo avventure illo tempore; per l'occasione hanno indossato delle camice stile hawaiano per scimiottare il festeggiato amante di questo tipo di orpello;io per questioni di tempo non ero riuscito a procurarmi questa mise.E intanto ci accompagna il suono"Hypnotized"versione house di Sophie and the Giants. Proprio non mi andava di ascoltare i soliti racconti, che ho sentito talmente tante volte, che avrei potuto ripeterli a memoria come si faceva con la letterina di natale ai genitori, solo che qui non c'era la ricompensa che di solito ricevevi! Mi faccio servire un gin tonic,il solito, e con gli occhi, che girano vorticosamente come in un girone infernale dantesco, noto tre donne, due more e una bionda, vestite in modo informale ma elegante,che ridacchiano tra loro.Con fare sornione, mi avvicino, incuriosito dalla loro ilarità e anche dal culo di una delle more.Non sono uno che bada molto all'aspetto fisico, preferisco altro, ma la silhouette era notevole!.Ordino il mio secondo gin tonic!!Dò le spalle ad una delle tre e comincio a sentire una disquisizione sull'amore."E chi se la perde!",esclamai tra me e me, si parla d'amore e perlopiù sono tre donne a farlo!In particolare, la bionda, quella che sembrava più invasa dai fumi dell'alcool, fa una domanda alle altre due:"ragazze, ma voi cosa fate dopo aver fatto l'amore?".Io già mi stavo gustando le risposte...la prima mora risponde d'istinto " io, mi accendo una sigaretta!"; l'altra:"Io,
vado in bagno!"; poi le due che avevano risposto, quasi all'unisono chiedono alla bionda:"E tu?"; lei:"io, mi alzo e vado a bere un bicchiere d'acqua in cucina!".A quel punto, provo a dare la svolta alla serata;svuoto il resto del drink e mi giro verso loro,sfrontato e impudente, le donne notano questa mia gestualità, il mio intento di tirarmi addosso l'attenzione era andato a buon fine e con esso anche la domanda di rimando da parte loro che come un coro celestiale arriva:"E tu, Fabio, cosa fai, dopo l'amore?"......mi prendo 10 secondi di pausa.....e poi....
Io:"dividerei la risposta in percentuali,darei un 1% alla sigaretta, un altro 1% all'andare in bagno,e l'ultimo 1% bevo un bicchiere d'acqua"...i conti non tornavano...è evidente...e infatti quasi subito labbra di gomma mi chiede:" E il restante?"
...."eh....eh...e il restante 97%, mi vesto in fretta e scappo via prima che arriva il marito"
......non mi hanno parlato più tutta la serata...
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eelagreen · 4 years
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Sogno, arrivo a Marrakech
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E’ mattina prestissimo, mi alzo di scatto con gli occhi già vispi attendendo da almeno un’ora il suono della sveglia. Mi lavo velocemente, mi metto un velo di trucco e mi vesto a strati con l’outfit già scelto la sera prima. Io e Anne ci incrociamo in corridoio con i nostri mega zaini da 40 litri pronte a partire.
Anne è la mia coinquilina da circa un anno, ha deciso di seguirmi a capofitto in questa avventura: un viaggo low cost con zaino in spalla in Marocco.
Era da quasi due anni, che sognavo di andare, ma per un motivo o per l’altro avevo sempre rimandato. Quel giorno di pioggia, seduta nel sedile posteriore di auto a noleggio, alla radio passò il brano “The à la Menthe” di La Caution, versione strumentale. Quella melodia mi attraversò letteralmente il cuore e si irradiò in tutto il corpo fino a farmi venire la pelle d’oca. Chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare in un luogo sconosciuto, pieno di colori, sorrisi e profumi nuovi. Da quel giorno una cosa mi fu chiara: dovevo scoprire il Marocco con tutti i miei sensi.
Bar, colazione veloce, metro, autobus, aeroporto, attesa. Purtroppo mascherine. Ebbene sì, notizie del coronavirus in espansione stanno già attraversando il paese e noi fuggiamo prima che chiuda tutto.  Imbarco bagagli, gates, pranzo anticipato, attesa, imbarco, decollo. Guardo fuori e la foschia copre leggermente i campi pieni di brina, chiudo gli occhi e mi lascio trasportare dai pensieri fino all’arrivo. Una voce metallica ci avvisa di prepararci all’atterraggio. Fuori il sole spacca le pietre e io respiro profondamente. L’emozione prima di toccare il suolo di un altra terra mi fa sempre battere il cuore e lì, in quel momento sospeso nel vuoto, finisce sempre la prima fase del viaggio: il sogno.
Tocchiamo terra marocchina con i piedi e una piacevole aria calda e secca ci avvolge e ci coccola come una coperta di lana e un caminetto fanno d’inverno appena rientri in casa. Palme e geometrie magrebine ci accolgono all’aeroporto di Marrakech e tutto sembra, tranne che il mese di Febbraio. All’uscita cambiamo gli euro in Dirham e cerchiamo Alex, il terzo compagno di viaggio arrivato direttamente da Londra. Il nostro caloroso tassista si districa imprecando tra le strade trafficate della Ville Nouvelle, la parte nuova della città, e ci porta velocemente fino all’ingresso della medina dove un simpatico ometto vestito con una tunica blu e le mani rugose carica le nostre valige su un carretto e ci fa segno di seguirlo attraverso stretti vicoli tortuosi. Non parla la nostra lingua ma il suo sorriso parla per lui. Con gli occhi curiosi di chi ancora ha tutto da vedere, seguiamo l’anziano fino al nostro Riad dove ci accoglie un ragazzo simpaticissimo di nome Ahmed.
Per fortuna parla in inglese, essendo Marrakech una città molto turistica, e riusciamo a chiaccherare senza problemi del più e del meno. Ahmed ci fa vedere la mappa della città con le varie attrazioni, noi sappiamo già tutto ma lui è così entusiasta che lo lasciamo parlare e alla fine ci da ottimi consigli.
Il riad è molto elegante, con una piscinetta di maioliche verdi al centro, circondata da tavolini e sedie in ferro battuto dove si può fare colazione e pranzare. Vetrate circostanti delimitano l’area cena al chiuso e una specie di reception dove Ahmed ammette di dormire su un piccolo materasso durante il turno di notte. Noi sorridiamo un po’ stupiti e lui ci spiega che viene da una famiglia berbera del deserto, perciò quando è a Marrakech preferisce lavorare giorno e notte senza riposo e farsi una settimana intera di vacanza per andare a trovare i suoi parenti. La famiglia nella loro cultura è importantissima e sono tutti molto uniti, perciò anche se negli ultimi anni i giovani si sono spostati nelle grandi città per lavorare, tornano sempre a casa!
Passiamo mezza giornata nel Riad per farci fare l’henné da una ragazza del posto, al prezzo di 100 Dirham a testa riusciamo a farci fare un tatuaggio su entrambe le mani. Non è precisissima, sta ancora imparando, ma rispetto ai 300 chiesti in piazza Jemaa El Fna va benissimo e ci accontentiamo, cercando di chiaccherare con Inaam in un misto di gesti, inglese e francese. Nel frattempo fanno capolino alcuni curiosi personaggi: il fratellino di nome Hakim, che scorrazza di qua e di la in cerca di attenzioni; Latifa, tutta timida, non parla per niente e si limita a sorriderci con la scopa in mano mentre tiene in ordine il giardino; infine un’amico di Ahmed, completamente avvolto di teli bianchi immacolati che lasciano una gradevole scia di profumo di sapone. Quest’ultimo, come nei giorni a seguire scopriremo, è di origine nomade berbera e indossa un enorme Tagelmust bianco, un tradizionale copricapo adatto al clima del Sahara.
Ci viene cordialmente servito un tè alla menta, il primo di moltissimi. E’ piacevolmente zuccherino con un fondo leggermente erbaceo e fresco lasciato dalla menta, insospettabilmente adatto nel trovare conforto dal calore del pieno pomeriggio e considerato dai locali un gesto di cortesia imprescindibile verso i propri ospiti.
La sera, dopo una doccia e un breve pisolino di 20 minuti, andiamo al Restaurant Kui-Zin in Rue Amsafah. Alla fine di una rampa stretta e alta di scalini, ci accoglie una splendida terrazza decorata con tappeti e lampade forate, dei musicisti che suonano dal vivo i loro strumenti e una ragazza che si esibisce nella tradizionale danza del ventre. Un ricco buffet ci consente di assaggiare un po’ di tutto: cous cous con verdure, tajine di pollo con le prugne, pastilla, tanjia di agnello, mèchoui, fettine succose di arancia e cannella, corni di gazzella e altri dolci tipici. Essendo centro della Medina non si può consumare alcool, quindi optiamo per un tè alla menta con ghiaccio. Simpatici gatti gironzolano tra i tavoli senza mai importunarti fino a che non decidi di dargli un pezzetto di cibo. Non sappiamo se è considerata cosa buona o no, perciò per non offendere nessuno decidiamo di farlo di nascosto e il micetto sembra apprezzare molto, non lasciandoci più per tutta la serata!
Una piacevole brezza fresca si alza al calare del sole, le melodie arabe si perdono nell’aria a ritmo dei tamburi, veli colorati si mischiano coi giochi di luci delle lampade, il profumo dei cibi speziati ci avvolge i sensi e pieni e soddisfatti ritorniamo al nostro piccolo Riad.
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maryprcv · 6 years
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Una piccola parte di me
Non sono una ragazza socievole.
Non amo parlare con le persone, loro giudicano tutto quello che dici e ti usano.
Ho solo 17 anni ma ho smesso di ridere già da tempo. 06/09/2016
Frequento l’alberghiero, a Montesarchio in Campania.
Vado a scuola e ho la media dell’8.
Ogni giorno, prima di andare a scuola rimango qualche minuto in camera perché soffro di ansia.
Quando sono a scuola, passo la maggior parte del tempo da sola, non ho amici da quando avevo 14 anni.
Non ho amici perché come ho detto in precedenza odio le persone, nessuno mi capisce, ho un vuoto dentro da troppo tempo, le persone non riescono e non riusciranno mai a riempirlo, sono tutti impegnati a vivere la vita al massimo delle loro possibilità e non si rendono conto di quando alcune persone possono aver bisogno di almeno una persona.
Sono tutti troppi strani, io sono strana per loro come loro lo sono per me.
Non sono la tipica ragazzina che si vede in giro.
Suona la sveglia e non ho voglia di alzarmi.
Non so perché ma come suona la sveglia non la spengo pur essendo sveglia.
Guardo l’ora, sono le 06:30.
È ora che mi alzo anche se non ho voglia.
Mi sollevo piano e inizio a camminare verso il bagno, mi lavo e poi mi trucco; mi guardo allo specchio e cerco di concentrarmi solo sul trucco perché sento che sto per piangere e non ho il tempo di ricominciare a truccarmi, poi mi siedo sul letto, inizio a non pensare e passa mezz’ora.
Sono le 07:10 devo proprio andare.
Arrivo a scuola, mi siedo nel mio banco, nel solito banco alla prima fila vicino alla finestra, sola come sempre.
Le ore passano svelte, oggi non ho ascoltato nemmeno una parola dei professori, sto davvero male.
Dopo 5 ore vado a pranzo e poi vado a studiare.
Come arrivo a casa sento come un blocco e corro in camera mia.
Inizio a piangere.
Non so perché io pianga, so solo che stavo esplodendo, dopo mezz’ora smetto di piangere e vado in bagno a farmi una doccia.
Non ho fame, quindi vado a letto e leggo fino a quando non mi addormento.
E anche oggi è passato come tutti gli altri giorni, sono stata sola e tutto è andato come sempre.
Mi sveglio alle 10, all’inizio mi coglie il panico poi mi ricordo che è domenica e non c’è scuola.
Mangio e poi mi vado a fare una doccia calda e poi mi vesto.
Mi metto dei jeans strappati neri e una maglietta nera a maniche corte, mi trucco con una matita, con un po’ di mascara e poi rossetto.
Prendo il telefono e mi infilo le cuffie, Anna Oxa esco e mi faccio una passeggiata.
Inizio a piangere e a urlare, poi frugo nella tasca e prendo la lametta, avevo promesso di non farlo più ma affondo comunque nella pelle.
Faccio 8 tagli profondi.
Poi mi fermo ma continuo a piangere ma ora escono solo lacrime niente urla.
Poi mi addormento; vorrei poterlo cancellare.
“Oggi è lunedì” penso mentre mi alzo dal letto.
Mi accorgo di essere in ritardo quindi mi sbrigo.
Poi prendo lo zaino ad esco.
Come arriva il pullman mi sbrigo a salire e vado in un posto completamente vuoto, mi metto le cuffie e guardo fuori.
Dopo qualche minuto mi giro e vedo un ragazzo, anche lui solo con le cuffiette.
Arrivata a scuola mi levo le cuffie di malavoglia e vado a sedermi al mio solito posto.
Per pranzo non ho molta fame e mangio un panino.
Poi vado a studiare, finiti i compiti mi metto le cuffiette esco, mi è venuta fame e mi fermo in un bar; mi siedo e aspetto di ordinare, mi sento a disagio, perché è un posto molto elegante.
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carraromarco · 7 years
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Ti penso appena mi sveglio e anche quando non mi sveglio, nell'intervallo tra le tre sveglie che imposto al mattino sapendo che la prima non la sento e la seconda la spengo. Ti penso durante la colazione svogliata del mattino, ti penso mentre mi lavo i denti con quel dentifricio alla salvia che la mamma compra sempre con l'imperdibile offerta 3x2 che dovrebbe ogni mese essere l'ultima e invece (..). Ti penso mentre mi vesto distratto al mattino per andare a scuola sapendo che quel giorno non ti vedró, mi dico "Non mi importa essere elegante per nessuno che non sei tu": mi metto una felpa leggera, un paio di pantaloni della tuta e via. Poi capita che quel giorno ti incontro anche se non era previsto, ti dico "Non eri previsto" e mi dici che ti piaccio anche di più, con quella felpa leggera e con quel paio di pantaloni della tuta. Mi dici "Così riesco a toccarti meglio" e sembra una cosa sconcia, una di quelle cose che si dicono a bassa voce di notte, al buio: ma non c'è nulla di sconcio in noi, è solamente voglia intatta di sapersi e aversi. Ti penso mentre aspetto il treno che si scusa per il ritardo, ti penso mentre sono in ritardo io e a chiedere scusa non ci riesco mai. Ti penso e pensarti sa accorciare distanze. Ti penso mentre prendo il caffè con poco zucchero, ti penso mentre a pranzo sto leggero e tu mi dici che devo mangiare di più. Ti penso quando mi dici che mi pensi, ti penso anche quando non mi dici che mi pensi ed io ti chiedo "Mi pensi?". Sempre così impegnato a dubitare, mi dico, sempre così impegnato a pensare che nessuno possa davvero volermi. Ti penso quando alla radio passa la nostra canzone anche se non esiste una nostra canzone, ti penso quando di notte la pioggia batte sulla tapparella che ho in camera. Ho sul soffitto delle forme geometriche che si illuminano al buio, ti dico "Un giorno vorrei venissi a vedere le stelle che ho in camera". Ti penso nei dettagli intimi che non mi vergogno a raccontare, ti penso quando mi taglio quei tre peletti di barba che mi ritrovo, ti penso mentre mi dici "Sembri un quindicenne". Ti penso durante il tè delle cinque e anche durante il tè delle sei che non esiste ma che ho inventato io per continuare a pensare a te. Ti penso come una colla che mantiene uniti, come uno di quei fuochi che si alimentano a baci. Ti penso mentre sei in viaggio, ti penso mentre mi dici che lo spagnolo non lo sai e vorresti riprendere a studiarlo: decidiamo di scaricare una di quelle applicazioni che insegnano le lingue, e ad ogni incontro ne impareremo un verbo nuovo. Ti penso mentre sono in macchina e a scalare marce sono lento, ti penso mentre per venire da te sfioro i duecento battiti di cuore. Ti penso nel vuoto di ogni giornata che non sa colorarsi, ti penso come cura ad una malattia che non ha trovato rimedi per anni. Ti penso e penso a te, a quella tua capacità innata non tanto di cambiarmi, quanto più di migliorarmi.
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Ma com'è che quando esco per andare a lavoro: elegante, truccata in ordine e generalmente moto femminile, nessuno mi caga. Mentre quando mi vesto da tutti i giorni: praticamente un uomo, suscito l'attivazione del generale ormone di entrambi i sessi?
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[INTERVISTA] BTS @ SPORTSCHOSUN 161014
Scopriamo cosa ne pensano della moda i BTS, il gruppo più ‘scottante’ del momento!
Sono i BTS il gruppo più popolare tra gli idol. Hanno concluso con successo le promozioni della loro trilogia sulla scuola e della serie di ‘HYYH’, e molte hit come ‘Boy in Luv’, ‘Dope’, ‘FIRE’ portano il loro nome. Il 10 i BTS hanno pubblicato il loro secondo full album dopo due anni. Sono tornati con ‘WINGS’ e mirano al cuore delle ragazze ancora una volta con un’immagine diversa che mostra grande maturità. Probabilmente tutti conoscono ‘Blood, Sweat & Tears’. Dopo la pubblicazione del loro secondo full album, la title BS&T è arrivata alla numero uno delle classifiche musicali, così anche altre canzoni (dell’album) sono entrate in classifica. In questo modo hanno oscurato l’affermazione “i risultati degli idol maschili sono scarsi nelle classifiche”. #1 nella classifica degli album di iTunes in 23 paesi inclusi U.S, Brasile, Canada, Finlandia, Nuova Zelanda, Singapore, Norvegia e altre. I primi ad entrare dalla numero 1 alla 15 nella classifica K-POP di U.S Apple Music, dando prova così del nome ‘idol popolare globalmente’.
Abbiamo incontrato i BTS a maggio quando stavano promuovendo ‘FIRE’. Parlando dei BTS molte cose ci vengono in mente. Le loro canzoni, le coreografie, l’amore dei loro fan e SNS. Noi ci siamo concentrati sulla ‘moda dei BTS’.
I BTS hanno padroneggiato i concept come ‘male idol’s 3 generation uniform’, uniforme scolastica, tenuta da lavoro, completo elegante e hanno mostrato anche un concept da gangster. Non solo i fan ma anche le altre persone quando vedevano i loro outfit e concept dicevano “le stylist/chi ha pensato a questo merita un premio”. Abbiamo preparato un ‘fashion test’ per scoprire il loro punto di vista sulla moda. È un vero peccato che Suga non potesse essere presente a causa di impegni personali. I 6 membri hanno riempito diligentemente il test. Allora andiamo a dare un’occhiata alle loro risposte e spiegazioni dettagliate.
 -DOMANDA- questi sono i concept che i BTS hanno mostrato fino ad ora. Qual è il vostro preferito?
1. BTS ribelli in uniforme di ‘Boy in Luv’ 2. BTS in varie uniformi (da lavoro) di ‘Dope’ [Qual è il tuo sogno] 3. BTS ragazzi giovani in pantaloncini di ‘I NEED U’ [I pantaloncini corti non sono un problema]   4. BTS in giacche da motociclista di ‘RUN’ [Oppa! Corri!] 5. Naughty BTS di ‘War of Hormone’ [Ho 18 anni, conosco/so tutto]
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La prima domanda riguardava il loro concept preferito. Molti di loro hanno scelto ‘War of Hormone’. Durante le promozioni (di WOH) i BTS sono saliti sul palco con un leccalecca per enfatizzare quest’atmosfera naughty e hanno attirato l’attenzione della gente con i loro maglioni, le loro bretelle, giacche da motociclista e altro. Diamo un’occhiata alle motivazioni delle loro scelte.
-DOMANDA- perché avete scelto quel concept come vostro favorito?
RM: ogni album ha un tema chiaro che racconta una storia. C’erano molti outfit che potevano andare bene con questo concept e la cosa bella di WOH è che ogni completo rispecchia la personalità del membro e sono tutti diversi, per questo è il mio concept preferito. JIN: la mia uniforme (da lavoro) preferita era quella da dottore. Mi sono vestito da dottore e mi si addiceva molto. I miei capelli erano neri a quel tempo e (mi) davano un'aria discreta, sembravo un oppa che studia medicina. Per questo è il mio preferito. JH: sono sicuro delle mie gambe. (Questo outfit) mostrava le nostre gambe quindi mi piaceva questo concept. JM: ne ho scelti due, questi due sono i miei preferiti. Non sembravano outfit per esibirsi ma abbiamo indossato vestiti che avremo anche nella vita di tutti i giorni, per questo mi piacciono. V: quando abbiamo promosso RUN abbiamo indossato giacche da motociclista e giacche Sukajan, queste erano le mie preferite. JK: di solito indosso vestiti larghi e (durante le promozioni) ho messo un grande maglione. Sto indossando molto questo tipo di maglioni ultimamente e mi piacciono molto. Quindi ho scelto questo concept per il maglione.
Parlando del concept Jin ha menzionato il colore dei capelli. Jin ha sempre avuto una tinta scura prima di ‘FIRE’, dopo ciò li ha decolorati, ha mostrato diversi colori e ha attirato l’attenzione dei fan. Quindi gli abbiamo chiesto: “tra i capelli scuri che portavi prima e i colori che hai provato ora, quale pensi che sia il colore che ti si addice di più?”. Lui ha risposto: “due stili danno una diversa sensazione. È uguale per i gusti di caffè. Il caffè e il caffelatte hanno un gusto diverso. L’Americano è amaro invece il caffellatte è dolce. Penso che i due stili diano una sensazione differente. La conclusione è che entrambi gli stili sono belli.”
Le prossime tre domande verranno risposte con “O” o “X”. La prossima domanda chiede se il viso completa l’outfit. Come ci aspettavamo i BTS non giudicano tutto basandosi sul look! Nessuno ha scelto “O”. 4 membri hanno scelto “X” con sicurezza e Rap Monster e Jin hanno risposto “△”. Ci hanno rivelato cos'è importante nella moda.
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-DOMANDA- il viso completa l’outfit?
RM: è giusto per metà. In realtà sicurezza e atteggiamento sono più importanti della faccia. L’ho già provato in passato, penso che sia importante provare i vestiti con una mentalità aperta. JIN: Potrebbe come potrebbe non essere la faccia. Nel mio caso anche se non so coordinare bene i miei vestiti ci sono alcune parti che sono comunque belle. Sto coprendo la moda con il mio viso. Questo è quello che penso. JH: X. Le proporzioni completano l’outfit più che il viso. Devi avere buone proporzioni – così sarai cool. JM: non penso che la faccia sia importante nella moda. Penso che le persone possano percepire il carisma (di una persona) anche se questa non è molto bella o carina, quindi non penso che la faccia sia tutto. V: non penso (che il viso completi l’outfit). Occhiali da sole e mascherine coprono la faccia ma sono anche accessori di moda no? Se il viso fosse così importante questi oggetti non esisterebbero. Non penso che sia la faccia (che completa lo stile). JK: quelli che si vestono bene non sono tutti belli o carini, quindi non sono d’accordo con la frase.
Il fashionista dei BTS, Rap Monster, ha scelto ‘sicurezza e atteggiamento’ come fattore più importante nella moda. La sua risposta da vero fashionista è così cool. Anche se sembra sempre un fashionista, Rap Monster ha rivelato che ci sono stati momenti in cui non ha potuto vestirsi come voleva. Ha detto “non ho indossato jeans stretti fino al mio terzo anno di scuola media perché pensavo che le mie gambe fossero brutte. A quel tempo pensavo che solo chi era veramente magro e avesse belle gambe potesse indossare questi jeans. Pensavo che le mie gambe fossero brutte quindi non li avrei indossati. Ma dopo essere diventato un trainee mi sono reso conto che le mie gambe sono carine. Altre persone me lo hanno detto e da quel momento ho iniziato a indossare jeans stretti. Le mie gambe che prima pensavo fossero brutte ora penso siano carine. Per questo penso che avere una mentalità aperta a provare vestiti e cose strane sia davvero importante.” Rap Monster ha enfatizzato l’importanza della sicurezza e dell’atteggiamento nella moda e ha anche parlato onestamente della sua esperienza. Jimin ha fatto una battuta carina. Gli abbiamo chiesto perché ha scelto ‘X’ e lui ha detto “se avessi scelto ‘O’ sarei turbato… se avessi scelto quello mi farebbe sembrare come qualcuno che non sa vestirsi bene.” Era uno scherzo e si è messo a ridere, ma lui è così bello, non dovrebbe dire cose del genere.
Ormai i BTS sono un gruppo conosciuto a livello globale e ovunque vadano attirano l’attenzione. Che sia in Corea o all’estero sono diventati il centro dell’attenzione. Abbiamo chiesto loro quanto (essere al centro dell’attenzione) sia importante. Rap Monster, V e J-Hope hanno scelto ‘O’, Jungkook e Jimin ‘X’ e Jin ha risposto con ‘△’ ancora.
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-DOMANDA- “Fingo che non mi interessi ma in realtà mi preoccupo molto del fatto che i fan guardano come mi vesto ovunque io vada”.
RM: mi interessa molto. Me ne preoccupo non importa dove io vada. Non è così per tutti? JIN: in realtà non mi interessa molto di quello che indosso. Sono un idol e molti fan mi osservano quindi mi preoccupo di non sembrare trasandato, ma non sono molto interessato alla moda e non mi interessa di ciò che gli altri pensano dei miei vestiti. JH: non esiste che non sia una preoccupazione. Come figura pubblica molte persone mi guardano. Vengono fatte foto quando vado al lavoro, anche i giornalisti ne scattano, quindi se esco in modo strano anche io sarei sorpreso. Mi piace che le foto vengano fuori carine. JM: sarebbe carino se piacesse la mia moda ma non ci penso molto o non mi interessa molto di quello che metto e di come lo indosso. V: mi è sempre interessato. Non fingo che non mi interessi, semplicemente mi interessa molto. JK: sono arrivato ad un punto in cui non ho problemi ad andare a lavoro in pigiama.
Rap Monster, J-Hope e V hanno detto che a loro interessa molto invece Jungkook è completamente l’opposto, a lui non importa per niente. Ha detto “non mi importa al punto che non ho nessun problema ad andare a lavoro in pigiama”. Quindi gli abbiamo chiesto che tipo di pigiama indossa e Jungkook ridendo ci ha detto “nel dormitorio indosso quegli strani pantaloni larghi alla Aladdin.”
I BTS hanno attirato l’attenzione con unici e diversi concept ad ogni album. Come abbiamo detto prima hanno padroneggiato l’uniforme scolastica, la tenuta da lavoro e la street fashion. Abbiamo chiesto loro se c’è un concept che vorrebbero provare. Rap Monster, Jin e Jungkook hanno risposto ‘X’, invece V, Jimin e J-Hope hanno in mente un concept che vorrebbero provare. Quindi qual è il concept che desiderano avere?
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-DOMANDA- “Il concept che voglio provare per il prossimo album?”
RM: a dir la verità voglio provare il look pazzo e tutto dark che mi piace, penso che possa essere difficile per noi avere questo concept. Rispetto i colori che piacciono agli altri. JIN: ho scelto X. Sono soddisfatto con la situazione attuale invece che pianificare il futuro. Mi piacciono tutti i concept che abbiamo avuto finora. JH: vorrei provare locking (hip hop) insieme al punk. Per esempio indossare calze colorate alte fino al ginocchio fuori dai pantaloni, sarebbe bello. JM: di solito quando ci sono outfit che mi piacciono scatto una foto e la salvo nel telefono. In questi giorni trovo carini i completi in colori come il viola. V: camicie sotto i maglioni sembra bello. JK: non ne ho uno in mente.
Proprio come ogni membro dei BTS ha un’individualità distinta abbiamo chiesto loro che tipo di outfit vorrebbero provare. Siamo abbastanza sicuri che ai BTS si addicano concept funky, completi colorati e caldi maglioni! Jin e Jungkook non pensano al prossimo concept e Jungkook è conosciuto come il membro a cui non interessa molto la moda. Quindi ha detto che non ha nessuna idea per un concept in mente.
La quinta domanda è “scegli il fashionista nei BTS”. Come tutti si aspettavano Rap Monster è #1. Tutti i membri hanno scelto Rap Monster. All’unanimità hanno scelto RM ma come mai V è al #2? Perché Jimin e V hanno votato per RM e V. Quindi vediamo perché i membri hanno scelto loro due come i fashionisti.
-DOMANDA- Perché avete scelto lui come membro più alla moda?
RM: sono quello a cui piacciono di più i vestiti, così loro hanno scelto me. JIN: lo stile di Rap Mon mischia e coordina diversi stili. Ma a me piace lo stile comodo. Riconosco che Rap Monie si veste bene ma non voglio provare il suo stile. JH: questo amico ama i vestiti, quindi ho scelto Rap Monster. JM: a Rap Mon hyungie e a Taehyungie non interessa cosa pensano gli altri, indossano quello che vogliono e riescono (attraverso questo) a esprimersi bene quindi ho scelto loro. V: Rap Mon hyung si veste bene ma preferisco il mio stile. JK: Rap Mon hyung ha un sacco di vestiti. Probabilmente tre volte di quelli che possiedo io.
La prossima domanda è “il capo d’abbigliamento che ho in maggior numero nell’armadio”. Ognuno di loro ha pensato a cos’ha nell’armadio. A molti di loro piacciono i vestiti comodi e larghi, felpe, giacche, ecc. Vediamo qual è il capo che hanno in maggior quantità nell’armadio.
-DOMANDA- il capo d’abbigliamento che ho in maggior numero nell’armadio è?
RM: vestiti neri, grigi e bianchi. Per la maggiore sono vestiti neutri. E ho molti cappelli. Amo i cappelli. Berretti, beanie, fedora, ecc., ho vari tipi di cappelli. JIN: felpe larghe. Ho molte felpe 2XL e maglie larghe nel mio armadio. JH: giacche e felpe. Ci sono due sezioni, le giacche in alto e le felpe, maglie sono in basso. A prima vista sono più che altro felpe e giacche. JM: accessori, pantaloni, cappotti. Non ho molto ma tra le cose che possiedo le più numerose sono queste. V: camicie, maglie a maniche lunghe, maglioni e vestiti larghi. Giacche over sized, cardigan, ecc. Mi piace indossare vestiti comodi/larghi, e anche camicie sotto i maglioni. Quindi ho molta di questa roba. JK: dato che non sono molto interessato alla moda le mie preferite sono le maglie semplici, quindi ho molte di queste.
Pensando al suo armadio J-Hope ci ha anche dato un consiglio per organizzare l’armadio. “Io metto le giacche in alto e le felpe e magliette in basso. Ho la malattia dell’ordine. Devo organizzare tutto così posso sentirmi rilassato e a mio agio. Li organizzo per colore e per tipo così posso prendere quello che voglio subito, in particolare quando scelgo i vestiti da mettere in valigia.”
 I BTS sono cool e sexy dalla testa ai piedi, quindi devono avere il loro lato sexy preferito, giusto? Vediamo cos’hanno detto loro.
-DOMANDA- la parte del corpo che penso sia la più sexy?
RM: molti dicono che le mie mani sono carine. E mi piacciono molto le mie gambe, anche se a essere sinceri le ho odiate fino alla scuola media. Pensavo fossero grosse. Non sapevo della mia arcata sopraccigliare ma le persone ne hanno parlato in passato. JIN: ho le spalle più larghe tra i membri e recentemente (FIRE era) ho perso peso quindi le mie clavicole sono più evidenti. Penso che questo sia un po’ sexy. JH: mi sento molto sicuro delle mie gambe, quindi dico le mie gambe lisce. JM: occhi. (giornalista: non c’è bisogno di chiederti il perché.) Grazie ^^* V: occhi, naso, labbra, sopracciglia. Invece che parti del mio corpo mi piaccio (in generale) ♥. JK: cosce. I fan hanno parlato molto delle mie cosce. Penso che sia perché quando ero piccolo ho fatto Taekwondo e questo ha reso le mie cosce sode fin da subito.
Le cosce di Jungkook sono abbastanza famose tra i fan. Jungkook lo sa e i fan gliel’hanno detto quindi lui ha scelto queste come parte del corpo più sexy. Gli abbiamo chiesto se è nato con delle cosce così virili e timidamente Jungkook ha detto “non alleno (le mie cosce) di proposito, sono così fin da quando ero piccolo, probabilmente perché ho fatto Taekwondo a quel tempo.”
L’ultima domanda è “qual è l’oggetto alla moda che vorresti regalare al membro che è seduto alla tua destra?”. I BTS hanno un buon rapporto tra di loro, guardiamo le loro risposte.
-DOMANDA- l’oggetto alla moda che vorresti regalare al membro sulla tua destra è?
RM (-> JK): vorrei comprargli dei pantaloni. Jungkookie ha delle cosce muscolose e sode, voglio comprargli un paio di pantaloni cool che si addicono alle sue gambe. JIN (-> JH): maglie colorate. Anche Hobi ha un buon senso della moda. Indossa vestiti che spiccano leggermente. Quindi voglio comprargli lo stile che spicca. JH (-> RM): dice sempre di sentirsi a disagio senza un cappello. Ha sempre dei colori di capelli molto appariscenti quindi dice che il suo stile è morto. Voglio dare a lui un bel cappello come regalo. JM (-> JIN): Jin hyung ha un grande senso della moda. Ma a volte, solo a volte, indossa delle scarpe trasandate. Per questo voglio comprargli un paio di scarpe che si addicano ai suoi vestiti cool. V (-> JM): occhiali e pantaloni. Jiminie ama questo tipo di cose. JK (-> V): anelli e collane. V hyung ama gli accessori quindi se dovessi fargli un regalo sceglierei tra questi.
I BTS si conoscono così bene. Sanno esattamente quale oggetto può piacere ad un altro membro e quale oggetto può far risaltare il fascino di un altro del gruppo. In particolare Rap Monster ha elogiato le cosce di Jungkook, il quale ha sentito molto parlare di ciò dai fan e le ha scelte come parte più sexy del suo corpo. Rap Monster ha espresso il suo voler comprare un paio di pantaloni che si addicono alle gambe di Jungkook.
“Jungkookie è seduto alla mia destra. Lui non è molto sicuro delle sue gambe. Le sue cosce sono molto sode e virili ma lui lo sente come un complesso di inferiorità. Spesso mi dice ‘Hyung, le mie gambe sono troppo grosse.’ Ma io penso sia figo e penso abbia delle cosce davvero maschili. Per questo voglio comprargli un paio di pantaloni che gli stiano bene. Penso che dei pantaloni dritti e slim gli possano stare bene. Dei pantaloni non troppo larghi che si restringono pian piano verso il fondo. Penso che questo tipo di pantaloni possa stargli veramente bene.”
 Questo è stato uno speciale test sulla moda che ci ha permesso di scoprire le idee dei BTS sulla moda e sul loro stile preferito! Nell’album ‘WINGS’ continuano a catturare i cuori delle ragazze con un concept da principi. Aspetteremo con impazienza i loro futuri progetti e concept. Speriamo che i BTS possano volare più in alto con le loro ali. E come bonus vi riveliamo il foglio dello ‘special fashion test’ scritto direttamente dai ragazzi!
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Traduzione a cura di Bangtan Italian Channel Subs (©ChiaraC) | Trans ©KIMMYYANG
SE PRELEVATE DAL NOSTRO TUMBLR CREDITATE
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koyotegiallo · 6 years
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LA “PINEROLO-PINEROLO”: Colle dell’Agnello, Col d’Izoard, Montgenèvre, Colle del Sestriere
“Giri sensa cugnisiun” - Episodio 2
Sabato 21 luglio 2018.
Sera. Notte. Sono le 21.30, il ritrovo è intorno alle 22.00 a Pinerolo nel parcheggio della stazione. Questa volta sono in compagnia di tre ragazzi, tre amici conosciuti in sella, tra una randonnée e l’altra. Fabio arriva da Torino in treno ed è già lì quando arrivo, Claudio arriva da Saluzzo e ci raggiungerà poco dopo, mentre Emanuele è un mio compaesano che, intrepido, sceglie di venire in bici fino a lì.
C’è chi ha già sonno e dobbiamo ancora partire, c’è chi guarda preoccupato i nuvoloni neri e minacciosi sopra le nostre teste, c’è chi (io) freme dalla voglia di partire per un’altra avventura.
Le previsioni meteo sono catastrofiche: rischio idrologico su tutto l’arco alpino, con possibili episodi di grandine, raffiche di vento e piogge torrenziali. Bene. E noi abbiamo deciso di fare 250 chilometri di soli passi montani. Temporali e nubifragi mi hanno resa irrequieta per tutto il giorno. Dalla finestra di casa osservavo le montagne nella direzione in cui sarei dovuta andare io, come se potessi capire che tempo e che clima ci potesse essere da quelle parti. Le cinquanta sfumature di grigio non promettono nulla di buono. 
Dalla regia mi comunicano che a Chianale c’è appena stata una bella grandinata. Claudio arrivando da Saluzzo ci dice che a dieci minuti da Pinerolo diluvia. Ottimo, sempre meglio. Ma noi non ci tiriamo indietro. Alle 22.15 è tutto pronto e partiamo.
 TAPPA 01: PINEROLO – COLLE DELL’AGNELLO
Pinerolo al sabato sera è caotica, dobbiamo districarci tra il traffico e i giovani in vena di fare festa, ma nel giro di una decina di minuti usciamo da quella baraonda. Il primo tratto del percorso sappiamo tutti sarà decisamente noioso, le cose inizieranno a farsi interessanti da Chianale, dove comincia l’ascesa al Colle dell’Agnello, l’obiettivo della nottata.
Tutto sommato 95 chilometri di falsopiano. Claudio fa strada, ci dirigiamo verso Bricherasio, attraversiamo il ponte di Bibiana e puntiamo Cavour. Si pedala bene, il traffico è accettabile, le strade un po’ meno, ma filiamo via veloci. Da Cavour tagliamo fuori Barge e arriviamo a Revello, attraversiamo il Po e raggiungiamo Saluzzo, dove decidiamo di prendere un bel caffettino in pieno centro. Adoro Saluzzo, è una bellissima cittadina “viva”, il centro storico nel fine settimana brulica di gente, ti fa proprio venire voglia di farti una passeggiata digestiva dopo cena o anche solamente sederti su una panchina a chiacchierare alla luce dei lampioni.
Le strade sono bagnate, segno che ha smesso di piovere da poco. Ripartiamo e proseguiamo verso Manta, poi Piasco, poco dopo arriviamo a Venasca e, così, via dicendo a Brossasco, Melle, fino a Sampeyre. Da qui iniziamo un lungo tratto di strada provinciale in mezzo a boschi disordinati e caotici di betulle e faggi, disseminati su di un letto di erba alta e sterpaglie. Deve aver piovuto parecchio a giudicare dallo scroscio fragoroso delle acque del Varaita e dalle pozzanghere insidiose che si sono formate per via delle buche nell’asfalto.
C’è silenzio, c’è pace. Emanuele e Fabio hanno un altro passo, io e Claudio saliamo tranquilli, ma capisco che c’è qualcosa che non va, non si sente tanto bene, lo noto soprattutto nei primi tornanti di una simpatica frazione denominata Caldane. Arriviamo a Casteldelfino intorno l’una e ci fermiamo sotto il campanile a fare scorta d’acqua e a vestirci: il clima è decisamente fresco e, appena ti fermi, i brividi si scatenano lungo la schiena. L’umidità è impressionante. I boschi caotici di betulle e faggi lasciano il posto a pinete fitte e ordinate.
Poco più avanti inizio a scorgere il laghetto artificiale di Ponte Chianale e intuisco che la pacchia sta per finire, da qui ci aspettano quindici chilometri intensi, specie gli ultimi otto, con pendenze medie del 12-13% e strappi al 15. Purtroppo più la salita si fa impegnativa, più Claudio accusa un forte mal di stomaco. Non va, decide che è meglio tornare indietro. Perdiamo un po’ di tempo per prendere una decisione sul da farsi. Mi spiace davvero per lui, so cosa significa non sentirsi bene e doversi fermare, ancor di più so come ti senti quando gli altri non vogliono lasciarti da solo e si vincolano a te. Ti fa sentire ancora peggio.
Fabio decide di accompagnarlo giù, non lo facciamo andare da solo di notte e propone che io ed Emanuele proseguiamo il giro. Un dibattito, idee e sentimenti contrastanti. Dico che ho intenzione di proseguire, anche da sola se necessario, ma arrivati sin qui sarebbe un peccato abdicare al giro. Emanuele è titubante, Fabio imperscrutabile. Claudio continua ad insistere dicendoci di andare, di non preoccuparsi. E’ veramente nobile da parte sua. Probabilmente più nobile di quanto decido di fare io. Alla fine anche Emanuele decide di scendere e tornare indietro. Scelte. Saluto e resto sola, ma del resto si rimane soli sempre, prima o poi e io viaggio sempre da sola, giorno o notte che sia.
Proseguo col magone. Sono le quattro, mi rassicura il fatto che tra poco più di un’ora finalmente farà giorno. Ripenso e rimugino sull’accaduto. Forse non ho fatto la mossa migliore, ma alla fine siamo autonomi. Ciò che conta è che chi è in difficoltà non resti solo.
 Mi sento in forma, le gambe girano bene e anche nei tratti più aspri salgo in scioltezza. Nell’oscurità vedo solo gli occhi gialli, abbagliati dalla mia frontale, delle mucche che riposano nei pascoli lungo la strada. Inutile sottolineare il fatto che non ci sia anima viva.
La temperatura scende mano a mano che salgo, il freddo si fa sempre più pungente. Il cielo schiarisce e i contorni delle montagne appaiono sempre più nitidi, comincio a vedere le catene montuose dietro di me. Che meraviglia. Quando è ormai quasi giorno, la mia attenzione viene attirata dal rumore di piccole pietre rotolanti. Sposto lo sguardo verso l’alto e vedo un gruppetto di stambecchi che guardano incuriositi e, forse, un po’ spaventati nella mia direzione. Mi domando come riescano a stare in equilibrio su pareti rocciose tanto ripide, quasi verticali. Sono uno spettacolo, silenzioso ed elegante. Mi fermo ad osservarli per qualche istante e provo a scattargli una foto.
Arrivo in vetta al Colle dell’Agnello che sono le sei del mattino. E’ bellissimo da lassù, dall’alto dei suoi 2750 metri posso ammirare le montagne imponenti e maestose tutto intorno, adornate di piccole nuvole rosa-arancio, pennellate sfumate di una nuova alba. Termina la Val Varaita e posso ammirare la Valle del Queyras, che si disperde a vista d’occhio fino a scontrarsi con altre montagne.
Il Garmin segna che ci sono due gradi. Immaginavo avrebbe fatto piuttosto freddo in cima, quindi mi vesto pesante per prepararmi alla discesa, indosso tutto quello che ho. Non basta, inizio a scendere e attacco a tremare come una foglia. La discesa è lunga, ma morbida, un po’ nervosa solo in alcuni tornanti.
Tremo talmente forte che traballa il manubrio, non riesco a tenerlo fermo, è più forte di me. Che freddo. Non ricordo l’ultima volta che ho sofferto il freddo in quel modo, mi sono letteralmente congelata.
Decido di rallentare per diminuire il flusso d’aria gelida. Non mi sento più mani e piedi, comincio a tamburellare con le dita sulle leve per riattivare la circolazione, serve a poco. Provo a muovere le dita dei piedi nelle scarpe, ma le sento a malapena. E’ una sofferenza, spero finisca presto. Normalmente le discese uno spera non finiscano mai, ma non in quelle condizioni. Nella mia testa spero presto di poter ricominciare a spingere sui pedali, esclusivamente per riscaldarmi!
La risalita inizierà solamente dopo aver superato Chateau Queyras, piccolo agglomerato di case il cui castello troneggia su un promontorio roccioso. L’effetto è suggestivo.
Finalmente comincio a stare un po’ meglio. Un falsopiano mi porta verso Arvieux. Il primo colle è fatto, mi mangio il primo panino, mi godo il sole nascere e mi riscaldo un po’. L’Izoard è lì di fronte, ad attendermi, baciato dal primo sole.
 TAPPA 02: COLLE DELL’AGNELLO - COL D’IZOARD
Ho percorso 135 chilometri, sono quasi le 7.30 del mattino e la temperatura inizia ad essere più ragionevole, tuttavia il Garmin rileva appena otto gradi. Sfilo i manicotti e tolgo l’antivento, non fa per niente caldo ma voglio evitare di arrivare in cima all’Izoard sudata e umidiccia.
Il primo tratto è tranquillo, le pendenze sono dolci, salgo e scendo godendomi lo scenario: sono in un canalone d’origine fluviale, pizzicata tra due pareti montane ricoperte di pini; i prati sono verdissimi e curati, la chiesa di Saint-Laurent all’ingresso di Arvieux è la protagonista di un quadro quasi dolomitico, ricorda molto la chiesetta di Colfosco. Ci sono quattordici chilometri di salita per arrivare in vetta, la pendenza resta costante intorno all’8-9%, ma l’ascesa mi rilassa a tal punto che quando arrivo all’ultimo tornante quasi mi dispiace.
Non è né eccessivamente aggressiva, né lunga e noiosa, ti dà il tempo di rifiatare tra uno strappo e l’altro e goderti il panorama mozzafiato sulla valle.
Le casette di legno sono decorate da sagome di biciclette, ce n’è dappertutto, di tutte le forme e colori. Dev’essere passato da poco il Tour de France, l’asfalto è costellato da scritte e frasi colorate e mi distraggo leggendole tutte mentre salgo. Mi impressiona la quantità di scritte tricolore per Fabio Aru, i suoi tifosi han dato libero sfogo alla loro vena artistica.
In una curva panoramica approfitto della presenza di un tavolo e delle panche per sedermi dieci minuti a rifiatare e assaporare fino all’ultimo dettaglio di un poster in scala reale; come vorrei poter stare lì, immobile a pensare, nel silenzio urlante dei miei pensieri. Chiudo gli occhi e sospiro, mi nutro di quel momento di libertà. Mi sento molto “zen” e vago nella mia introspezione. Andare in bici non è soltanto pedalare, è anche questo e, quando mi trovo da sola, lontana da tutto e tutti, ne passo veramente tanti di momenti così. E’ meglio di qualsiasi “chiacchiera”, di tutte le parole, di qualsiasi voce umana.
In quel silenzio ti accorgi di poter cogliere suoni e rumori che altrimenti non sentiresti. E’ meraviglioso ciò che la montagna può regalarti e, sebbene in quel dipinto non sono che un piccolissimo puntino insignificante, non mi sento persa, non mi sento sola, mi sento esattamente così come dovrei sentirmi sempre: libera di essere, lì esattamente nel posto giusto al momento giusto.
Abbandono il mio eden e riprendo a salire, non manca molto e ho voglia di vedere cosa troverò in cima. Raggiungo il secondo colle intorno alle 09.30. C’è un banco enorme di caramelle, cerco di distogliere lo sguardo, onde evitare che la mia golosità prenda il sopravvento e faccia una razzia. Altri ciclisti arrivano dal lato opposto, la salita da Briançon è meno dura a giudicare dal cartello che mette a confronto le due varianti. Si sta bene, il sole è caldo nonostante ci siano pochi gradi e decido di mangiare lì il secondo panino, seduta di fronte al pilone celebrativo dell’Izoard. E’ stata davvero una bellissima salita.
 TAPPA 03: COL D’IZOARD – MONGINEVRO
��La discesa dall’Izoard è tanto bella quanto la salita appena affrontata, con l’unica differenza che raggiungo i settanta orari al contrario dei sette di media e che mi diverto un casino senza faticare.
La strada scende armoniosa, le curve sono dolci, ti cullano fino in fondo alla valle e ti permettono di osservare un altro stupendo versante montano. La bici va da sola, non devo far altro che assecondare le sue lievi inclinazioni. Venti chilometri di estasi, l’altra faccia degli stupefacenti. Il freddo non morde più come sull’Agnello, complice anche un sole sicuramente più forte e deciso.
Arrivo a Briançon e inizio a girovagare per il paese senza una logica ben precisa, la traccia è confusa e mi regala uno strappo cittadino al 13% che non avevo previsto. E dire che l’ho fatta io. Dettagli.
Ho l’impressione di girare su me stessa, ma mi fido del gps. Mi guardo intorno alla disperata ricerca di un po’ d’acqua, ma ovviamente quando cerchi una fontanella non ne trovi una nel raggio di dieci chilometri. Si sente che sono scesa di quota, il clima in città è torrido e soffocante quasi quanto il traffico, i gas di scarico infestano l’aria e bruciano la gola. Trovo dei giardinetti, mi addentro, mi godo un po’ d’ombra e trovo finalmente una fonte idrica, faccio rifornimento velocemente e riparto, sono quasi le 10.30 è ora di rimettersi in marcia e puntare Monginevro.
Il morale è alto, sono soddisfatta del viaggio fatto sino a qui e so che ormai la parte più dura è andata, non restano che due salite di circa dieci-quindici chilometri ciascuna, dopo di che la strada è tutta a scendere.
La via che porta a Monginevro è molto trafficata e tortuosa, la pendenza non è mai aggressiva, ma la trovo poco coinvolgente e mi annoio. Cerco di distrarmi osservando il panorama: Briançon pare un ricordo lontanissimo tant’è distante, pare microscopica laggiù in fondo alla valle.
Non ci impiego molto a salire, la fatica comincia a farsi sentire, ma soffro per di più la strada, il caldo, la noia. Questa volta non ho con me l’mp3 e non posso ripiegare sulla musica per intrattenermi.
Poco dopo inizio a scorgere i primi impianti sciistici, capisco che sono arrivata. E’ sempre stato un posto caro al mio cuore: su quelle piste ho imparato a sciare, ad andare sullo snowboard, ho passato delle belle giornate sulla neve con i miei amici. D’estate stento a riconoscerlo, ma è ugualmente affascinante.
Attraverso le vie del paese, il passaggio in galleria è vietato a ciclisti e pedoni, quindi faccio la passerella in mezzo ai negozi e ai passanti. E’ coinvolgente.
Saluto la mia infanzia e i miei ricordi e inizio a scendere. Ho pedalato per 180 chilometri, ne restano una settantina per tornare a Pinerolo. Mi fermo a Claviére cinque minuti per mangiare il terzo panino per il terzo colle e poi punto Cesana. Dopo dodici ore in sella finalmente percepisco il profumo dei luoghi familiari e delle montagne di casa. Non mi resta che affrontare il Colle del Sestriere, l’ultima fatica di giornata.
 TAPPA 04: MONGINEVRO – SESTRIERE e rientro a Pinerolo
Scendo da Monginevro gasatissima. La strada è larga e mi permette di buttarmi a capofitto nei suoi immensi tornanti. Neanche me ne accorgo e già sto risalendo. Fabio ci aveva informati del fatto che oggi ci sarebbe stata la Gran Fondo del Sestriere e che ci sarebbero potuti essere dei blocchi lungo la strada.
Infatti, ben oltre la prima parte di salita inizio ad incontrare squadre di AIB, Protezione Civile, Polizia e addetti alla corsa.
Accidenti, è mezzogiorno, sono perfettamente in linea con i tempi, mi devono bloccare proprio ora?
Spero di no, spero di poter passare comunque. Mentre percorro la strada del Sestriere mi superano vari scooter della scorta tecnica, ma nessuno mi dice nulla e proseguo. Era una vita che non percorrevo quella strada, ovviamente era la prima volta che la facevo in bici. Non ricordavo come fosse, pensavo fosse più impegnativa. L’affronto rilassata. Dopo l’Agnello e l’Izoard, oggi nulla mi impensierisce. E’ solo il caldo e un po’ la stanchezza dell’ennesima notte insonne a darmi un pugno sul naso gli ultimi tre chilometri, quelli più tosti.
Mi supera l’auto dell’inizio gara ciclistica. Penso che da un momento all’altro mi raggiungeranno i primi della corsa. Che ansia. Faccio finta di nulla e vado avanti. Sento qualcuno dell’organizzazione dire che sono già tre chilometri più sotto. Bene, per quanto siano veloci, io sono più avanti, non verrò colta da una massa impazzita di granfondisti posseduti dal demonio. Arrivano alla spicciolata, mi viene chiesto di tenermi a sinistra e così faccio. Cerco di passare inosservata. Nonostante la bici carica di borse, alcuni spettatori pensano stia gareggiando e mi urlano frasi di incitamento. Sorrido divertita per il “misunderstanding” e proseguo, ormai sono arrivata.
Sestriere brulica di gente. Voglio fuggire da quel caos. Vedo che la strada per scendere verso Pinerolo è bloccata, le auto non possono scendere, i ciclisti stanno salendo, sono tantissimi. Perdo tempo a districarmi tra corridori, pubblico e marciapiedi insidiosi.
Mi fermo vicino ad una pattuglia e chiedo se si può scendere verso Pinerolo. Fortunatamente mi comunicano che le bici possono passare, mi suggeriscono solamente di tenermi bene sulla destra e di fare attenzione alle auto e ai ciclisti che salgono. Ringrazio e mi lancio giù per gli ultimi 50 chilometri di falsopiano e discesa che mi separano da Pinerolo. L’ultimo panino lo mangio scendendo, non ho più voglia di fermarmi e perdere altro tempo. Nuvoloni minacciosi iniziano a spargersi nel cielo e scende qualche goccia, devo aumentare il passo. Finalmente penso che posso riposarmi un po’ e andare avanti per inerzia, ma invece si alza un vento maledetto che mi sposta pericolosamente con le sue raffiche improvvise.
Mi rannicchio sulla bici, la testa bassa nascosta dietro al borsello, pinzo il telaio con le ginocchia e tengo i piedi paralleli. Mi sembra la stessa posizione della discesa nello sci, “a uovo” la chiamano. Lo scopo è quello di essere il più aerodinamico possibile e, tutto sommato, la differenza la noto; appena mi abbasso prendo velocità senza il minimo sforzo. E’ bellissimo. E’ divertente. E’ adrenalinico. Scendo ai 45 di media, dando qualche pedalata ogni tanto quando la strada spiana. Tengo il manubrio stretto tra le mani, il vento mi frena di tanto in tanto, ma riesco a “tagliarlo” di prepotenza. Non voglio prendere pioggia almeno oggi. Devo scendere e in fretta. Sestriere. Borgata. Pragelato. Soucheres Basses. Fraisse. Pourrieres. Fenestrelle. Depot. Mentoulles. Villaretto. Roure. E poi il cartello di Perosa Argentina. E’ evidente che ormai manca poco e sto scendendo veloce senza accorgermene. Pinasca, Villar Perosa, San Germano Chisone, Porte. Entro ad Abbadia Alpina, attraverso il centro di Pinerolo e raggiungo la stazione dove trovo la mia macchina ad aspettarmi. Mi libero di ogni fardello, casco, guanti, occhiali, borselli, scarpe. Corico la bici in macchina e mi metto immediatamente sulla strada di ritorno. Ho bisogno di una doccia e di dormire. Ho bisogno di metabolizzare un altro grande traguardo raggiunto, ma non adesso, non lì, non in quel momento. 
La digestione è lenta, va assecondata, non va forzata. Adesso la mente è un caleidoscopio di immagini e sensazioni, devo riordinare le idee e riprendermi un po’.
E’ stato un altro fantastico viaggio, sebbene non dovesse andare proprio così. Ho terminato il giro da sola e non avrei voluto, ma neanche volevo tornare indietro. Le mie gambe reclamano salite, la mia mente chiede di essere messa sotto torchio nelle lunghe distanze, in previsione di qualcosa di ben più grande, di un capitolo che sarà tutta un’altra storia, un’avventura che spero di potervi raccontare tra un paio di mesi.
Tutto questo non è che la rincorsa prima del grande salto e spero di riuscire, ancora una volta, a spiccare il volo. Verso l’infinito….e oltre!
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saggiosguardo · 7 years
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Apple Watch Series 3, un altro smartwatch identico sul mio polso
Se volete leggere un articolo tecnico sul nuovo Apple Watch Series 3, non è questo il posto giusto. L'unica cosa davvero interessante in tal senso non ha ancora una risposta certa: comprando il modello LTE nei paesi in cui è disponibile, la eSIM funzionerà anche in Italia? Pur dando per scontato che i carrier si adeguino in tempi brevi, non è ancora chiaro come si comporterà Apple. Intanto sappiamo che lo smartwatch non supporterà il roaming, neanche all'interno dell'Europa, cosa che non depone a favore dell'apertura (e sembra pure in contrasto con l'attuale tendenza normativa). Dalla pagina con i vari modelli, però, si potrebbe dedurre che quello LTE italiano – se arriverà – sarà lo stesso di quello di Francia, Inghilterra, Germania, ecc.. per cui di limiti strettamente tecnici potrebbero non essercene.
Non è però una questione su cui ci si può sbilanciare senza la prova certa o una dichiarazione ufficiale di Apple, perché l'Apple Watch ha sempre bisogno di appoggiarsi all'iPhone e rilevare il paese di origine sarebbe facile facile, a prescindere dalla localizzazione del GPS. Basterebbe che per accordi con gli operatori si decidesse di far funzionare solo quelli derivanti da loro o comunque venduti sul suolo italiano e si presenterebbe un bel problema per chi abbia deciso di tentare questa strada. Dall'esterno non vedo una ragione valida a tal punto da rendere una delle due scelte fortemente prevedibile, per cui evito di sbilanciarmi anche con previsioni. Dopotutto quella storia del roaming assente un po' spiazza e alimenta il dubbio. E meno male che non volevo affrontare l'argomento.
Tornando in topic, o almeno a quello che avevo in testa quando ho iniziato a scrivere, ritengo di non aver sufficientemente dimostrato il mio apprezzamento per questo dispositivo nel corso del tempo. Per lo meno non qui sul sito. Dopo la recensione del primissimo esemplare che ho avuto, ho acquistato sia quello acciaio, della serie che ora si può identificare con un bello 0 spaccato, che il successivo 2, questa volta edizione Sport e di colore space gray (la cui recensione alberga per qualche ragione nelle bozze pur essendo conclusa). Il primo valeva ormai così poco che mi è dispiaciuto regalarlo, ho sinceramente preferito usarlo come alternativa cromatica del secondo. La scelta si è rivelata utilissima per me dal momento che oramai uso solo Apple Watch e sono uno di quelli che non ama mettere accessori neri su abbigliamento blu. E vesto al 90% di blu. In sintesi: continuo ad usare tanto quello in acciaio, forse più del secondo. La batteria dura di meno ma arrivo comunque a sera, tentenna un po' in alcune operazioni che uso poco e il peso aggiuntivo l'ho mitigato riprendendo ad utilizzare cinturini leggeri in luogo di quelli di acciaio.
Un tempo ero un appassionato di orologi. Non ne capisco molto eppure mi sono sempre piaciuti e ne ho diversi, ma nessuno davvero costoso o da collezione. Li ho sempre scelti più che altro per l'estetica, cosa che poi ti si ritorce contro se cambi gusti. Ho almeno 6 orologi che al momento non userei mai perché troppo vistosi, seppure li ritenga ancora piacevoli e le marche siano tra quelle più note ed apprezzate dal grande pubblico. Eppure da quando ho indossato il primo Apple Watch non mi è mai venuto in mente di ripescarne uno, neanche nelle grandi occasioni. Se guardo lo smartwatch di Apple continuo a pensare che non sia particolarmente bello agli occhi dell'orologeria tradizionale, eppure non poteva che essere realizzato così. Quella forma che sfrutta completamente lo schermo è anche fortemente iconica per il design dell'azienda, così come tutti i dettagli e le finiture che lo caratterizzano. E vogliamo parlare del cambio di cinturino? Per me quel sistema rimane uno dei punti di forza più eccezionali dell'Apple Watch, perché ti consente di renderlo nuovo e diverso in un'attimo, al punto da poterlo fare anche tutte le mattine senza che questo comporti un minimo di fastidio o di tempo perso.
Di cinturini ne ho tantissimi, ogni tanto me ne spunta qualcuno da un cassetto o dimenticato in una scatolina, ma il 90% non sono originali. Ne sono contento perché sono tutti più che gradevoli e preferisco averne uno in più "clonato" che non pochissimi e costosi. Non la penso così per null'altro, né tecnologia, né abbigliamento, auto o salute, però sui cinturini non sento la necessità di andare oltre. Se ne dovessi mettere uno da tenere fino a rottura allora lo capirei, ma so che ragiono diversamente sugli accessori per cui sono andato direttamente sui compatibili. C'è da dire, però, che Apple ha mantenuto lo stesso sistema di aggancio su tutti i modelli ed è presumibile che rimarrà lo stesso anche più avanti, per cui ha dato modo di ammortizzare la spesa a chi gli ha dato fiducia. Se mai la cassa dovesse assottigliarsi, il margine per utilizzare lo stesso sistema sembra propio esserci. E se non fosse così, avere usato i propri cinturini sul modello acquistato in origine e poi anche sui tre successivi, mi sembra già una buona vittoria trattandosi di un dispositivo tecnologico.
Tornando ancora sul prodotto, il mio uso è davvero continuativo ma la sua estensione minima. Quasi me ne vergogno. Al contrario di iPhone e Mac, dove ritengo siano molte di meno le persone che li sfruttano più di me che il contrario, qui ci faccio davvero poco. Non m'interessa nulla delle app, ormai neanche le installo più, mi interessano le notifiche e poter rispondere rapidamente quando opportuno. Qualche volta inizio io un'azione, come mandare un messaggio, ma per lo più agisco di ritorno. In ambienti protetti uso anche la risposta alle telefonate, quando mi rendo conto che non c'è troppo disturbo e le parole del mio interlocutore non creerebbero problemi di privacy. Il brutto è che da qualche anno ho dovuto pure smettere di fare attività sportiva – questioni di salute – per cui non l'ho mai davvero sfruttato neanche da quel punto di vista. Verrebbe da chiedersi cosa ci faccio con questo Apple Watch da ritenerlo così utile e io me ne accorgo le pochissime volte in cui non lo indosso. Devo mettere la password quando accedo al Mac, devo (o sento di dover) prendere lo smartphone ogni volta che arriva una notifica, ho bisogno di cercare il cellulare anche per mettere un timer, devo sempre controllare di non avere l'iPhone in silenzioso per non perdere chiamate utili, non potrei pagare con Apple Pay con la medesima comodità, alla guida mi distrarrei di più, perderei molto più tempo per scoprire l'ora del tramonto (lo uso tantissimo con il lavoro fotografico). Le notifiche sono comunque la parte fondamentale ed anche il metro che ritengo utile per valutare quanto serva uno smartwatch. Chi riceve una ventina di contatti al giorno, ad esempio, quale vantaggio reale potrà mai avere? Io non li conto più, ma vi dico solo che l'email è il sistema che ora uso di meno e se mi allontano da Internet per un paio d'ore arrivo facilmente a 100 non lette. L'Apple Watch è pieno di difetti, non avete idea quanti ne trovi giorno per giorno, tuttavia quello successivo sta di nuovo al mio polso, perché senza non mi trovo più.
Una delle cose che ho sempre criticato apertamente è che Siri non abbia un feedback vocale ed è una delle migliorie della nuova versione 3 (per fortuna). Che è anche più veloce, più quello e quell'altro, ma avrete capito che non mi interessa. Gli aspetti che mi incuriosiscono sono altri. Sul discorso collezionismo, probabilmente tentato con il primo Edition in oro, direi che hanno fatto completamente fiasco. Magari era solo un esercizio di stile, però, e sono contenti di averne venduti un paio e regalati 10 tanto per fare storia, inutile fare supposizioni in tal senso. Però non mi pare di vederne in giro a prezzi stratosferici come invece avviene con i primi iPhone. Alla storia degli acquisti da parte di sceicchi credo relativamente poco, la fortissima crisi di aziende come Vertu ha reso chiaro che anche chi ha soldi da buttare punta all'ultimo modello ed alle sue funzioni quando si parla di tecnologia. L'Edition attuale in ceramica mi piace moltissimo invece, come gli iPhone dello stesso colore, ed hanno fatto bene a farne anche una versione in ceramica nera al momento, perché è sicuramente più elegante per un uomo. Se non l'avevate notata è perché in Italia non esiste in quanto offerta solo nella variante LTE, così come anche quelli in acciaio. Da noi solo Sport, insomma.
La questione della variante Cellular sì o no secondo me si risolve nel momento in cui riusciate ad immaginare le possibili applicazioni pratiche. Ma non pensiate che non ve ne siano se non ve ne vengono in mente, così come anche vedendole si potrebbe pensare che non valgano la spesa in più. Personalmente la considero una comodità secondaria ma non trascurabile e che potrebbe portare a miglioramenti non nel mio attuale modo d'uso ma modificarlo per il meglio. Io non lascio mai il telefono a casa involontariamente e credo di non essere l'unico. Eppure se andassi a correre o ritornassi in palestra non penso che mi piacerebbe portarmi dietro l'assillo delle notifiche, mentre l'ascolto di musica in streaming sembra comodissimo. Ho sempre spento lo smartphone in queste situazioni, perché le intendo come un momento di recupero del proprio io e di distacco, tuttavia mi rendo conto che da quando uso l'Apple Watch sto meno attento a dove si trovi l'iPhone, che spesso dimentico nella giacca o nella borsa finché non mi serve e me ne accorgo. Inoltre mi capita di muovermi spessissimo ma per brevi tragitti, uscendo e rientrando in sede dopo 10 o 20 minuti. In tutti questi casi, ad esempio, potrei volontariamente dimenticare lo smartphone portando solo Apple Watch ed AirPods. Quanto vale per me questa comodità? Onestamente non lo so dire, però mi rendo conto che non sia una necessità così come mi rendo conto che watchOS deve offrire più metodi ed apertura nelle possibilità di scambio messaggi perché la cosa funzioni. Tuttavia l'idea di base non è affatto male. Se poi si potesse collegare a CarPlay senza cavi si completerebbe il cerchio, dal momento che a casa la maggior parte dei servizi e dei contenuti sono già disponibili e sincronizzati col Mac.
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