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#inchiostro su carta
spilladabalia · 2 years
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"Death & Angel Of Death", by Nick Blinko. Ink on paper. © Nick Blinko and Henry Boxer Gallery.
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w-i-wendy · 2 years
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A te capita?
Sto facendo qualcosa, lavorando, pulendo, camminando ed improvvisamente un flash nella mente; una scena, un dialogo, un volto che devo descrivere rendendolo reale, d’inchiostro.
E’ un impulso.
Quando non ho l’occasione di farlo ho la consapevolezza che perderò quel momento, non mi tornerà in mente una seconda volta.
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galleria-artistica · 4 months
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Baldassarre Tommaso Peruzzi (🇮🇹 Italia, 1481 - 1536)
“Crouching Figure of Atlas”
Inchiostro bruno e grafite su carta, 28 x 21 cm
Metropolitan Museum of Art (New York)
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Atlante è uno dei personaggi della mitologia greca definiti “titani”. Essi erano le forze primordiali del cosmo, che imperversavano sul mondo prima che gli dèi dell’Olimpo lo regolassero. Dopo l’intervento di questi dèi, Atlante, insieme a Crono, guidò la ribellione di tutti i titani contro l’Olimpo, ma furono sconfitti. Come punizione, Zeus lo costrinse a tenere sulle spalle l'intera volta celeste.
Una leggenda narra che il titano fu pietrificato per aver guardato la testa di Medusa, mostrata da Perseo per punirlo di non averlo ospitato. Così Atlante si trasformò nell'omonima catena montuosa del Nord Africa.
Oggi il suo nome viene portato anche dalla prima vertebra della colonna vertebrale, Atlante appunto, che sostiene il cranio proprio come il titano regge la sfera celeste.
Nella cultura popolare attualmente questo personaggio rappresenta il peso di portare il mondo sulle spalle, facendo riferimento alla fatica di sostenere tutti i propri problemi, responsabilità e condanne eterne.
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(via @galleria-artistica)
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dolcementefemmia · 9 days
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Passeggiando per strada ho sentito il bisogno di cose antiche.
Una lettera scritta su un foglio di carta, dove anima e inchiostro si fondono e dove la penna graffia la cellulosa.
Perché a volte capita. Capita il bisogno di scriverle a mano certe parole, per poterle comprendere.
Walking down the street I felt the need for ancient things.
A letter written on a sheet of paper, where core and ink blend and where the pen scratches the cellulose.
Because sometimes it happens. There is a need to write certain words to her by hand, in order to understand them.
Franky Traboda
... forse è così certe parole le devi scrivere a mano per capirne bene il significato. Come dire o scrivere certe parole che hanno un significato profondo, per chi come me, ci crede ancora in certe frasi.
... maybe that's how certain words you have to write them by hand to understand their meaning well. Like saying or writing certain words that have a deep meaning, for those like me, still believe in certain sentences.
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turuin · 10 months
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da una gran bella foto di @mymind-yoursoul - grazie per il permesso di prendere la foto come reference!
solo inchiostro su carta perché in questo periodo va così.
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vaerjs · 8 months
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È finito agosto e questo è il posto in cui vi racconto come è stato questo mese. ✨
ho ricominciato a disegnare sulla carta, con una penna a inchiostro e una matita B che temo sia rimasta in fondo al mio astuccio dai tempi delle scuole medie (mi raccomando, ora si chiama secondaria di primo grado) inutilizzata e snobbata perché con il tratto troppo morbido e pesante per i miei gusti. ✍️
scrivere e disegnare su carta, farlo per me, mi ha permesso di ridonare gioia a qualcosa che nell’ultimo periodo stavo facendo diventare un lavoro. e con lavoro, intendo nel senso noioso è seccante del termine. quella cosa che facciamo perché ci servono cibo e un tetto sopra la testa, ma con scarsa convinzione, senza volerne trarre un arricchimento personale. ho fatto così. a luglio ho lavorato tantissimo e badate bene, è un onore ricevere le vostre commissioni, chiedervi come state, capire insieme quali alimenti aggiungere ai vostri ritratti personali. 🐝
ciononostante sono arrivata a dire “oggi non mi va proprio “. oggi non mi va proprio di fare ciò che ho iniziato a fare per riuscire a stare bene? qualcosa non andava. ho rallentato.
il piano contenuti di agosto l’ho fatto scrivere a ChatGPT. ve ne siete accorti? non mi dava più Gioia neanche programmare i post da pubblicare, scegliere quale disegnino sarebbe stato meglio vicino ad un altro. certo, i disegnini sono sempre i miei, le caption sono sempre le mie. ma sono state scritte con fatica, ammucchiate spesso in un solo giorno della settimana per non doverci pensare più. 📌
nelle storie avete visto che ho cominciato ad allenarmi, ho letto tre libri, ho guardato film (io che guardò film? mi sembra strano anche scriverlo, eppure sì). ho cercato di riprendermi quello spazio di “lo faccio solo per me” che questa pagina non riusciva a darmi più. magari ora rallenterò. chi lo sa. magari ora pubblicherò solo i disegni che mi fanno sentire bene.
le commissioni riaprono. ho ritrovato il mio equilibrio. scrivimi per sapere quando potrò disegnare per te 💌
buon primo settembre.
buon weekend 🏹
#vaerjs #monthlyspread
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ortodelmondo · 1 month
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Hercule Florence, L’Inventeur au Brésil, ou Recherches et Découvertes d’un Européen, pendant 26 ans de résidence dans cet Empire, Voyage Fluvial, du Tiété à l’Amazone, 1856. Manoscritto a inchiostro su carta, 31,8 x 22,4 cm (Courtesy Nouveau Musée National de Monaco)
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obviouswar · 1 year
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Ostinato I, II, III, IV e V
-
Ostinato e contrario: ostinato è̲ contrario.
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Inchiostro su carta formato A2.
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ostinato /o-sti-nà-to/
agg. e s.m. (f. -a)
1 agg.
Di persona, che persiste con tenacia in un atteggiamento, in un'idea o in un proposito; caparbio, testardo (anche + in): una ragazza
o. ;essere o. nelle proprie convinzioni
• Accanito, incallito, incorreggibile: un fumatore o
• In senso positivo, che si impegna con tutte le proprie energie, tenace, costante, perseverante:
un lavoratore, uno studioso o.
2 agg.
Che denota una persistenza per lo più irragionevole, inopportuna o al limite delle possibilità: chiudersi in un o. silenzio; opporre un o. rifiuto; una resistenza o.
3 agg.
(fig.). Nell'ambito dei fenomeni fisici, di quanto (già sentito o qualificato come ostile o sfavorevole) si protrae più dell'ordinario, talvolta aggravandosi o resistendo a qualsiasi rimedio; insistente, persistente, continuo: piogge o. ;febbriciattole o. ;una tosse o.
4 agg.
In musica, di figura melodica che si ripete incessantemente, invariata e alla stessa altezza;
appare di solito nel basso, detto in tal caso basso o.
• generic. Di ritmo o effetto strumentale che persiste a lungo in una composizione (per es. il pizzicato o. della Sinfonia n. 4 di Cajkovskij).
5 s.m. (f. -a)
Persona che persiste con caparbia tenacia in un atteggiamento o in un proposito: su, non fare l'o.!
6 s.m.
In musica, figurazione melodica o ritmica che si ripete invariata nel corso di una composizione.
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imperfezione
/im·per·fe·zió·ne/
sostantivo femminile
Presenza di manchevolezze o difetti per cui qualcosa non risulta conforme al suo prototipo, ideale o materiale; com., manchevolezza, difetto.
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forgottenbones · 1 year
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Cose che sono ormai virtualmente obsolete
• Scrivere con inchiostro su carta
• Fruire di media da un supporto fisico (cd, cassette, dvd, Blu-ray, libri)
•Parlare al telefono e mandare sms
• Scaricare dati se non nella memoria temporanea
• Usare innumerevoli servizi senza una app (chiamare un taxi, prenotare un hotel, farsi consegnare qualcosa a domicilio, amministrare le proprie finanze, lavorare in team)
• Gli orologi da polso (già da molto tempo)
• Tu ed io
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stregh · 3 months
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Margaretha Geertruida Zelle,
nome d’arte
Mata Hari (1876-1917).
In malese Mata Hari significa "giorno" o "occhio del sole". Foto: Robert Hunt.
Nelle prime ore del 15 ottobre 1917, Mata Hari, una delle spie più famose del 20° secolo, fu svegliata nella sua cella di prigione. Era giunta la sua ora. Su sua richiesta fu battezzata e, data una penna, inchiostro, carta e buste, Mata Hari fu autorizzata a scrivere due lettere, che la direzione del carcere non spedì mai. Scarabocchiò frettolosamente gli appunti prima di indossare le calze nere, i tacchi alti e un mantello di velluto bordato di pelliccia.
Dalla prigione di Saint-Lazare fu trasferita al castello di Vincenne, alla periferia di Parigi. Erano appena passate le 5:30 quando affrontò il plotone di esecuzione composto da 12 fucilieri. Le venne offerto una benda per gli occhi, ma lei rifiutò: la leggenda narra che mentre gli ufficiali prendevano la mira, Mata Hari mandò loro un bacio. Dei dodici colpi, solo quattro la colpirono. Nessuno reclamò il corpo, il quale fu trasportato all'Istituto di medicina legale di Parigi, sezionato e in seguito sepolto in una fossa comune.
Nata nel 1876 nei Paesi Bassi, Margaretha era stava svezzata nell'agio, ma si trovò presto a dover fare i conti con l'indigenza dopo il tracollo finanziario della sua famiglia. Nel1890 il padre l’abbandonò e la madre morì l’anno dopo. Lasciata la casa natale il padrino la mandò in un collegio per future maestre, ma le eccessive attenzioni del direttore la costrinsero ad abbandonare la scuola .
A 19 anni Margaretha , quattro mesi dopo aver risposto a un annuncio di cuori solitari, si ritrovò sposata con Rudolph "John" MacLeod, un ufficiale alcolizzato dell’esercito delle indie orientali che aveva quasi il doppio della sua età. Il matrimonio non fu dei più felici. Il marito aveva pochi soldi e molti debiti e un buon numero di relazioni extraconiugali.
Nel 1897, in viaggio verso Sumatra con il figlio Norman-John e il marito, Margaretha scoprì che quest’ultimo le aveva trasmesso la sifilide.
Nel 1898, la coppia ebbe una bambina, Louise Jeanne, ma la loro relazione non migliorò.
La famiglia venne sconvolta dalla tragedia della perdita del piccolo Norman, che morì l’anno dopo, probabilmente avvelenato (forse a causa di medicinali o per vendetta). Nonostante gli sforzi per riprendersi dal grave lutto, la vita continuò a essere insopportabile per la giovane madre, che arrivò a sfiorare la follia.
Nel 1902, Margaretha e il marito si separarono definitivamente; lui ottenne la custodia della bambina, mentre lei si trasferì a Parigi per tentare la fortuna.
Consacrata, il 18 agosto 1905, dopo l'esibizione al teatro dell'Olympia, come l’«artista sublime», Mata Hari iniziò una tournée che fu un vero e proprio trionfo, venendo incontro alla fantasia, ingenua e torbida e al fascino proibito dell'erotismo. Alla fine del 1911 raggiunse il vertice del riconoscimento artistico al Teatro alla Scala di Milano.
Mata Hari era considerata la donna più affascinante e desiderabile di Parigi: frequentava uomini altolocati che la riempivano di regali costosi solo per godere della sua compagnia.
Nel 1914 si recò a Berlino per un nuovo spettacolo, ma quello spettacolo non ebbe mai luogo: con l'assassinio del principe ereditario austriaco, finì la Belle Epoque ed ebbe inizio la Prima guerra mondiale.
Mata Hari viaggiava molto e, per questo, catturò l’attenzione del mondo del controspionaggio. Nell’autunno del 1915, la danzatrice ricevette una cospicua somma di denaro dai tedeschi per svolgere attività spionistica a favore della Germania. Mata Hari accettò e così venne arruolata nelle file segrete del Kaiser; agente H21 fu il nome in codice che le venne assegnato.
Tuttavia, giunta in Francia, la danzatrice pensa di poter guadagnare ancor di più arruolandosi anche per i servizi segreti francesi.
Inizia la doppia vita dell’agente Mata Hari costretta a tenere i rapporti con due nazioni avversarie, a muoversi in due paesi lavorando per entrambi.
Su di lei sono puntati gli occhi dei servizi segreti di tre paesi: i Deuxième Bureau di Parigi, i primi a insospettirsi e a pedinarla, gli Abteilung IIIb di Berlino e infine i Secret Intelligence Service di Londra. I tedeschi sono i primi ad avere le prove del suo tradimento e vogliono che anche i francesi la scoprano per poterla così eliminare.
L'ipotesi che i tedeschi avessero deciso di disfarsi di Mata Hari - rivelandola al controspionaggio francese come spia tedesca - poggia sull'utilizzo da loro fatto in quell'occasione di un vecchio codice di trasmissione, già abbandonato perché decifrato dai francesi, nel quale Mata Hari veniva ancora identificata con la sigla H21. In tal modo, i messaggi tedeschi furono facilmente decifrati dalla centrale parigina di ascolto radio della Torre Eiffel.
Il 2 gennaio 1917 Mata Hari rientrò a Parigi e la mattina del 13 febbraio venne arrestata nella sua camera dell'albergo Elysée Palace e rinchiusa nel carcere di Saint-Lazare.
Durante il processo, i tanti ufficiali francesi dei quali fu amante, interrogati, la difesero, dichiarando di non averla mai considerata una spia.
Fu giustiziata nelle prime ore del 15 ottobre 1917. Aveva 41 anni.
Immagine: Mata Hari posa con un vestito di pizzo agli inizi del XX secolo
Fonti:
enciclopediadelledonne di Ludovica Midalizzi
Wikipedia
storicang matahari, di Pat Shipman
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klimt7 · 3 months
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Libri
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[ Un piccolo estratto / 19 gennaio 2024 ]
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Arrivi sul velluto delle parole.
Ho comprato un bel quaderno per poterti parlare. La copertina non ti piacerebbe un granchè. C'è una fotografia azzurra: due ragazze accanto alle loro biciclette, la strada di campagna, una curva dolce, la sera che scende verso un altrove di pioggia estiva. Tu diresti che è un pò leziosa ma non è esattamente il colore di queste parole che scrivo.
Uso una penna a punta grossa, con le note musicali disegnate sul cappuccio bianco. Scrivo per la musica dei tuoi giorni feriti, una piccola musica a inchiostro blu, graffi sul tempo.
A computer non potrei raccontarti. Ma qui sulla carta a quadretti piccoli, le lettere si uniscono, si separano, è un percorso che mette il cuore in gola, pause bianche e istanti di te, il filo di una vita che non sapevo, al tempo dell'unione dei nostri corpi.
Perchè noi facevamo l'amore e io credevo di toccarti nel cuore della vita, e poi me ne andavo, tutto solo, per le strade di Rouen.
Più tardi scendeva la sera, i caffè biondi si accendevano a poco a poco, facili tepori sgranati lungo il sagrato freddo della nuova cattedrale, arco di pietra e cemento gettato su un domani durissimo, dove il desiderio si scontra con il cielo della notte. Restavo lì sul sagrato. Il desiderio blu non poteva reggere nel tepore facile dei caffè. Restavo lì, tra due rive, insieme al tempo svuotato e notturno che da le vertigini.
Non leggerai mai queste pagine scritte in una scuola tranquilla nel vento umido d'autunno.
Forse sono solo per me, per averti ancora un pò, è la prima volta che ti tengo nel mio habitat, la prima volta che arrivi al ritmo del mio passo.
Qui i boschi si infittiscono e ti tengo nella mia vallata tra lo studio e la merenda.  Sei nelle poesie di Cadou che i bambini recitano come una cantilena...
     Ti raggiungerò Helène
     attraverso le praterie
     attraverso i mattini di gelo e di luce...
Imparo a parlarti nel silenzio di una scuola.
Sai non c'è solo l'insolenza della felicità.
Anche nella tristezza, alla fine, tutto sembra facile ed è così semplice, assomigliarsi.
Il mondo si addomestica. Di colpo ne fai quel che vuoi.
La casetta annessa alla scuola era abbandonata da dieci anni. Il sindaco di Saint-Laurent-des-Bois, Monsieur Savy, me l'aveva detto: "Sa per qualche anno abbiamo avuto soprattutto signorine giovani! Tutte sole, in questa casa non si sentono sicure e certo non si divertono granchè. In genere preferiscono abitare a Rouen. Lì possono uscire..."
Era settembre, il primo pomeriggio. La scuola somigliava alle scuole d'una volta, un pò arretrata rispetto al paese, sulla stradina che scende verso la chiesa e il centro. La casa del maestro al piano terra non è molto grande ma c'è un caminetto in ogni stanza.
Ho messo le mie lampade da tavolo, i libri, il calore della chitarra e dei tuoi album.
Nel mio inverno, nel silenzio delle lampade morbide, ti aspetto.
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Te ne sei andata troppo presto. La gente iniziava ad apprezzare cose più leggere.
A nessuno piaceva più, chi si sbranava davanti a loro, le urla acide di disperazione, gli sputi sul niente.
Era il tempo del cioccolato, nella tua cucina con le tendine bianche e rosse. Allora le cucine piacevano, si sta meglio giusto un pò di lato, a margine della felicità, e senza osare dirlo. 
Tu facevi dolci marmorizzati cioccolato e limone, io prendevo la chitarra e le canzoni arrivavano, limone amaro e cioccolato, caldo e freddo, felicità-pazienza.
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Un pomeriggo verrai a scuola. I bambini non saranno sorpresi, ti accoglieranno come una sorella più grande, come un'amica lontana, in un giorno di pioggia nella monotonia autunnale delle aule.
Poserai il mantello su un banco, i tuoi capelli lunghi bagnati diranno le strade attaversate, la frescura dei paesi.
Sceglierai un libro dall'armadio. Noi staremo zitti, perchè tu vorrai leggere una storia, un racconto d'altri tempi.
La storia sembrerà tutta nuova, e la tua voce grave s'innalzerà su di noi come una pioggia dolcissima che si interrompe all'ora di cena. La storia sarà triste, la piccola fiammiferaia, e i sogni di luce bruceranno  la sua vita fragile e bianca. I sogni sono troppo forti, e prenderai Armelle per mano.
Io sarò sguardo, un'ombra nel cuore di quel palazzo d'infanzia. La notte scenderà presto, è già la fine d'ottobre e l'inizio d'un sortilegio blu d'inverno. Porterai la mia classe alla soglia dell'inverno, su sentieri d'altrove.
Ci sarà qualche domanda. Risponderai molto lentamente, quasi a lato della loro attesa.
Loro non conosceranno il tuo paese, forse solo il tuo nome, che ripeteranno, sillabe di mistero, dal gusto di racconto e villaggio sotto la pioggia.
Canteranno per te Tout Bas-Tout Bas, ninna nanna sulle immagini di Andersen, con il capitano di legno che dice :"Passate, prego. Passate!"
Passate, il sogno è là, passate sull'altra riva con l'amica lontana e il suo mantello inzuppato.
Io l'aspettavo, bambino, nelle lezioni di noia, all'ora dello studio. Lei non arrivava mai dormiva nei miei libri, febbre di racconti impossibile dolcezza.
In questa sera d'ottobre sarà là, in fondo al tuo sguardo come una febbre eterna.
Custodisco il tuo nome, che non ti racconterebbe.
La tua morte ha richiuso per me quel nome che non ti  racchiude più, perchè?
Avevo steso il mal di te  al fondo di due sillabe.
Ma tu sei più vaga, un nome leggero che non ti racconta.
Sei tu nell'ombra dei tigli e nelle risate dei bambini, negli sguardi che fuggono dalla finestra, nella freschezza dell'acqua quando c'è Disegno. 
Ho mostrato i tuoi album ai miei scolari, non ho detto che ti conoscevo...
Quando al mattino uscivi per andare a scuola in square Carpeaux, una voce ti chiamava. 
Ti rivedo.
Ti volti, vivace, la cartella sulla spalla. Hai un grembiule ricamato a quadretti bianchi e azzurri. Quel nome, gettato nella piazza d'aprile è il tuo, perchè volti la testa, il caschetto dei tuoi capelli ondeggia, e tu hai i gesti vivi e lo sguardo dolcissimo. Nathalie ti corre incontro. L'aspetti. In equilibrio su un piede solo, ti sistemi la calza, la cartella si china con la tua schiena.
Andate a scuola, laggiù, poco lontano, in un sobborgo di Parigi.
Ci sono grandi silenzi nella mia classe, come il rito dei dettati... Leggo molto lentamente, passando tra le file, talvolta mi fermo.
"Alain, dove sei rimasto? Rileggo per Alain...Punto. Fine del dettato...Scrivo il nome dell'autore alla lavagna..."
Penso un poco a ciò che faccio, durante la prima lettura. Ma dopo... Rileggo una volta per la punteggiatura, un'altra per il senso.
In quel momento, nel silenzio, tutti mantengono una parvenza di serietà, ma le parole se ne vanno un pò più lontano, lungo le vie dell'inchiostro blu.
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Il sabato, dopo la ricreazione delle dieci, ogni scolaro va al rubinetto per riempire il vasetto di yogurt. E' l'ora del Disegno.
Fuori, l'estate sonnecchia ancora  al sole biondo di fine settembre. Dentro profumo di acquerello bagnato. E un pò di trambusto.
"Maestro, posso andare a cambiare l'acqua?"  Tengo la brava infanzia al fondo delle ore dimenticate, quando mezzogiorno non arriva, quando i colori impallidiscono sui fogli inzuppati e i mormorii si spengono.
Tutta l'infanzia è lì.
Fuori, un paese approssimato, niente più grida, niente giochi, i vecchi si parlano lentamente, il tempo sembra più lungo.
Laggiù vicino alla Risle, Madame Dubois stende le lenzuola in un giardino troppo nudo, il tempo non passa.
[...]
Sono da te , questa sera, oltre i paesi, oltre l'oblunga dolcezza delle vallate. La mia vita si addormenta al fondo della tua assenza: mi sono colato addosso questa vallata per tenerti con me, per metterti sulla carta fino in fondo.
Nella pace di un paese e di una scuola, ti imparo.
C'è questo quaderno, su un banco di scolaro; ti scrivo la mia memoria.
Sono qui a metterti per iscritto, a colpi di penna, a colpi di passato: è la mia vita, il riflesso della tua memoria disegnata.
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spilladabalia · 2 years
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Drawings by/Disegni di Nick Blinko, Rudimentary Peni's vocals-guitar-artwork. Ink on paper. © Nick Blinko and Henry Boxer Gallery.
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ecofortebraccio · 2 years
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Le parole scritte. Non sono carta e inchiostro, non solo.
Ma occhiate, sguardi, scorci su uno stato emotivo.
Le vedi oscillare tra disperazione e tristezza e tra calore e consolazione.
Abbiatene cura.
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galleria-artistica · 4 months
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The Holy Family, 1515 circa, inchiostro bruno su carta
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Design for an Altar, 1527 circa, inchiostro bruno su carta
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Odysseus and the Daughters of Lycomedes, 1520 circa, inchiostro bruno, gesso nero e gouache bianca su carta
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Venus at left in the company of cupids playing, xilografia
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Affreschi nel Salone delle Prospettive, Villa Farnesina (Roma)
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Tommaso Baldassarre Peruzzi (🇮🇹 Italia, 1481 - 1536)
È stato un architetto, pittore e scenografo italiano. Impegnato in vari campi di attività, fu uno dei pochi che possiamo considerare un "uomo universale", al pari di figure come Raffaello e Michelangelo, capace di incidere sullo sviluppo delle arti in moltissimi settori.
Mentre i contemporanei lo consideravano uno dei maggiori artisti del secolo, dopo poco fu dimenticato, fino alla sua riscoperta nel Novecento. Risulta quindi difficile, a parte le opere maggiori, ottenere il quadro completo dei suoi lavori.
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(via @galleria-artistica)
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qwertybisworld · 5 months
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Alla fine ho trovato la calma per terminare il disegno.
"Inverno"
grafite, pennarello e inchiostro su carta
cm. 70x50 ca.
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automatismi · 7 months
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stamattina a lavoro, durante una breve pausa caffè, nel attesa che il distributore completasse il suo lavoro di barman, mi è balenato in mente un pensiero che ancora adesso, dopo quasi dieci ore, continua ad occuparmi la mente ma più che pensiero vorrei ben dire si tratta di una domanda. sarò io, oppure non capita soltanto a me di sentire le parole scritte a mano come "più pesanti?". Ieri sera mi sono ritrovato a scrivere di nuovo, dopo un bel po' di tempo, qualche riga su quel quaderno che conservo gelosamente lontano dalla vista di chiunque, poche righe di pensiero e nient'altro. Soltanto stamattina però è come se avessi cominciato a percepirne il "peso", cosa che non mi accade ad esempio scrivendo un post come questo, pigiando pigramente dei tasti su uno schermo. Questo "peso" è qualcosa che ho sentito e che sento davvero, non solo nella mano che tiene la penna ma anche addosso, sulle spalle, nel petto, nella testa. Non un "peso" schiacciante ma come qualcosa di concreto, come può essere ad esempio sentire la concretezza del bicchiere che viene stretto nella mano mentre ci si versa del acqua o come un qualsiasi altro oggetto di cui si può percepirne la materialità, le sostanze e i materiali di cui è composto. Scrivere a mano, lasciare che l'inchiostro della penna fluisca fuori tracciando lettere sbilenche su un sottile foglio di carta, sembra avere una solidità propria e non parlo appunto della semplice penna o del inchiostro o della carta ma del atto in sé, il complesso insieme di cui è composta l'azione dello scrivere, "un peso" (o una massa, qualche fisico sarebbe già pronto a correggermi per cui meglio se a farlo sono io), che si percepisce in una maniera reale, oserei dire viva. Tutto questo nel tempo di un minuto circa, attorno a me rumori industriali, fischi, martellate, i meccanismi del distributore messi in moto dalle mie monetine che chiedevano in cambio un caffè corto amaro, che in quel minuti sembravano essersi alleggeriti per lasciare spazio a qualcosa di "più pesante", l'atto di scrivere o quello che avevo scritto?
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