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#strage di Capaci
scogito · 2 years
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mccek · 2 years
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Ricordare come andarono le cose un quarto di secolo fa è fondamentale per orientarsi nelle vicende politiche più attuali, che vedono l'Italia oggi come allora in bilico tra speranze di cambiamento e minacce di restaurazione.
Invece tanti che avrebbero dovuto raccontare questa storia l'hanno taciuta.
E hanno lasciato soli i pochi che hanno osato parlarne, in un paese dove si vive di sole mezze verità, dove lo Stato è sceso a patti con il nemico diventando carnefice e colpevole della morte dei suoi servitori, dove l'impotenza viene imposta prima del coraggio, dove il desiderio di verità diventa quasi una utopia con il passare degli anni e dove troppo spesso si dimentica.
L'importanza del ricordo è la chiave di questa domanda posta a Borsellino.
Un uomo di una grandezza tale che le parole non basterebbero per descriverlo.
Nonostante non abbia vissuto direttamente gli anni delle stragi essendo nato diversi anni dopo, sento il bisogno di sdebitarmi verso coloro che hanno reso destinatari di una eredità così importante noi giovani, che spesso non siamo a conoscenza dei fatti e ci dimentichiamo dello spessore che questi uomini e donne hanno avuto.
Con questa semplice domanda, grezza, privo di tecnicismi, c’è l’intenzione di suscitare in qualcuno lo stesso coraggio, amore e devozione che Paolo Borsellino, con i sorrisi e i suoi occhi di ''miele e mestizia'' ha suscitato in me, dandomi una nuova consapevolezza e nuovi valori sui cui potrò fare sempre affidamento.
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valentina-photo · 2 years
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I resti dell'auto dell'attentato a Giovanni falcone
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gregor-samsung · 2 years
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“ La domenica mattina, il vecchio Alex si alzava presto, e intanto che la sua famiglia si godeva il sonno dei giusti, inforcava la sua bici nera e faceva il giro dei colli di Bologna. Immerso in quella beata solitudine, al massimo incontrava qualche altro eroico ciclista con cui non disdegnava di scambiare taluni energici saluti calorosi. Gli piaceva enormemente salire per San Mamolo, Roncrìo, via dei Colli, volare giù per le curve di Paderno, attaccare il muro di parco Cavaioni e veleggiare sul colle di Casaglia per poi planare nella Saragozza avenue mentre la città si risvegliava. Tornava a casa che i parens avevano appena cominciato a sbadigliarsi in faccia. Ecco, era giusto una di quelle domeniche mattina esageratamente azzurre, quando, rientrato in casa fradicio e indolenzito, il vecchio Alex aveva letto sul giornale che vicino a Palermo avevano fatto saltare cinquanta metri d’autostrada per uccidere il giudice simbolo della lotta alla mafia. Era questa l’Italia in cui stava vivendo. Magari non era stata la mafia, magari erano stati i servizi segreti, o comunque anche loro avevano una parte - come in tutte le altre stragi della Repubblica, del resto - e il fine era distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dalle indagini dei giudici di Milano sulla corruzione nel mondo politico e finanziario, indagini che stavano prendendo una bruttissima piega per i boss di partito. Insomma, s’era messo in testa un’idea di questo tipo, il vecchio Alex: qualche esponente dei partiti di governo aveva comandato ai servizi segreti, ampiamente controllati, di combinarne una particolarmente grossa - qualcosa del calibro della strage alla stazione della sua città o dell’attentato al rapido 904 - per far sì che l’opinione pubblica si spaventasse e facesse quadrato attorno alle Istituzioni Democratiche, Istituzioni rappresentate appunto dai partiti al governo, in modo da allentare la morsa che gli si stava stringendo addosso. Così, qualche più o meno oscuro dirigente dei servizi aveva deciso: quella brutale condanna a morte avrebbe sconvolto il Paese e sarebbe stata attribuita alla mafia. Una specie di piano perfetto. Che poi i servizi avessero eseguito l’attentato o avessero fornito protezione e mezzi alla mafia per eliminare il nemico numero uno, faceva poca differenza. Portava avanti questi ragionamenti, il vecchio Alex, seduto in salotto col giornale aperto sulle gambe e la memoria alle altre stragi della sua infanzia: aveva sentito il boato immenso della stazione di Bologna che saltava in aria; e poi tutte quelle sirene delle ambulanze che correvano verso l’appennino lungo via Porrettana, la notte della bomba a San Benedetto; e poi. Era questa l’Italia in cui stava vivendo. Così, era rimasto in casa tutto il giorno, rabbioso e in gabbia, convinto com’era che in Italia, e forse anche nel resto del Mondo dei Grandi, tutto era un po’ come a scuola: ovunque spadroneggiava la forza e l’ignoranza, fosse quella del boss mafioso con la catena d’oro al collo e l’Uzi nel cassetto, o quella del professore supponente che ghignava delle opinioni politiche o del modo di vestire degli studenti, o quella del sottosegretario che s’ingozzava di pasta al salmone nei ristoranti romani senza pagare mai il conto... Quel pomeriggio, il vecchio Alex aveva rivisto daccapo Il portaborse di Nanni Moretti e aveva stabilito che un uomo come Cesare Botero non avrebbe esitato a ordinare a chi di dovere l’esecuzione di un giudice, pur di salvare il suo posto in parlamento. E di uomini come Cesare Botero, a Montecitorio, ce n’erano anche troppi... Anche quel giudice assassinato era un uomo che aveva tentato di uscire dal gruppo - rifletteva, rabbioso e in gabbia, il vecchio Alex - uno a cui non andavano bene le prepotenze e l’arbitrio dei forti, uno che aveva camminato controcorrente con l’acqua alla cintola, fino a quando non era arrivata un’onda troppo grande che l’aveva trascinato via. Era uscito dal gruppo, certo. E quando per il gruppo era diventato scomodo, l’avevano fatto saltare in aria con la moglie e tutti gli uomini della scorta... Il gioco era diventato durissimo, e l’indomani la profia di latino e greco, commossa, aveva appeso in classe, sotto il crocefisso alle spalle della cattedra, un fotoritratto del giudice assassinato. L’ora seguente, l’insegnante di chimica aveva fatto il suo ingresso semitrionfale in classe, fissato la foto, guardato gli studenti con aria interrogativa, domandato chi fosse il tizio della foto. Un istante più tardi era passata a interrogare sulla digestione, con particolare riguardo al bolo, chimo e chilo, giacché s’era indietro col programma, boys. Era questa l’Italia in cui stava marcendo. “
Enrico Brizzi, Jack Frusciante è uscito dal gruppo. Una maestosa storia d'amore e di «rock parrocchiale», Baldini&Castoldi (collana Romanzi e Racconti n° 34), 1995; pp. 121-23.
[Prima edizione: Transeuropa (collana CO/DA), Ancona, 1994]
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gardenofkore · 2 years
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Queen Elizabeth II at Capaci, May 28th 1992
I am tragically shocked by the atrocity which emerges from the death of Judge Falcone, of his wife and the men who accompained him.
On May 28th, 1992 Queen Elizabeth II and Prince Philip landed in Palermo. It was supposed to be a quick stopover since the royal couple was meant to embark the royal yacht Britannia (which was waiting for them in Palermo’s harbour) headed for Malta.
No festive welcome for them as the city was mourning. Five days prior anti-Mafia Jugde Giovanni Falcone, his wife Judge Francesca Morvillo and three police escort agents had been killed by the mafia. Their cars were blown up on the highway, in the area of Capaci (nearby Palermo).
Originally the plan had been to do a quick tour of the city (they had already visited it in 1980) and greet the Mayor at the port, before sailing. But the terrorist attack had changed everything.
The Queen and the Duke of Edinburgh had been discouraged from staying longer than necessary in Palermo by the British Secret Services and the Italian authorities had too tried to talk her out of her idea of visiting the site of the massacre (apart from security issues, and the ongoing surveys in search of key clues, the affected area looked more like a battleground and they feared the sovereign could trip and hurt herself), but the Queen wasn’t having any of it.
The royal couple headed for Capaci escorted by 50 cars. The stopover only lasted about ten minutes. A shocked Prince Philip asked a few questions to Palermo’s Prefect Mario Iovine. The Queen donated a wreath of flowers which were deposited near the one which had previously been donated by the then President of the Italian Republic, Oscar Luigi Scalfaro, and then silently paid her respect by bowing her head before the tragic scene.
Soon after they returned to Palermo and embarked the Britannia as planned. No official statement was given, apart from offering her condolences to the Italian people and especially the Sicilian people at that tragic moment.
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beatrixacs · 2 years
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I've got my Falcone/Borsellino 2 € coin 😊
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“Capi partito capi famiglia si vogliono bene che è una meraviglia. Si giurano fede fino alla morte saltano in aria giudici e scorte”
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persephoneflouwers · 2 years
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«La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave; e che si può vincere non pretendendo l'eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.»
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affascinailtuocuore · 2 years
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STRAGI DI MAFIA 1992-2022. I perché della memoria condivisa.
STRAGI DI MAFIA 1992-2022. I perché della memoria condivisa.
A trent’anni di distanza dai due eventi  che stravolsero il mondo civile Siciliano e  Italiano, la strage di Capaci e di via d’Amelio, in cui persero la vita Giovanni Falcone e  Paolo Borsellino, qualcuno potrebbe chiedersi: ma perché ricordare? Perché celebrare? Cosa è cambiato in questi tre decenni che dovrebbe indurci a considerare questa ricorrenza elemento propulsore di una riscossa sociale …
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mucillo · 2 months
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Vittorio Arrigoni detto Vik è stato un attivista, giornalista e scrittore italiano. Sostenitore della soluzione binazionale come strumento di risoluzione del conflitto israeliano-palestinese, nonché pacifista, si era trasferito nella Striscia di Gaza per agire contro quella che definiva pulizia etnica dello Stato di Israele nei confronti della popolazione araba palestinese.
Sembra oggi ma parliamo di 25 anni fà
Una lettera di Vittorio del 02 marzo 2009 due anni dopo fu assassinato.
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Vittorio tornato a Gaza
«E alla fine sono tornato.
Non sazio del silenzio d’assenzio di una felicità incolta
accollata come un cerotto mal riposto su di una bocca che urla.
Non potevo fare altrimenti.
Essere ferito, venir rapito, derubato della propria missione, incatenato e imprigionato in un lurido carcere israeliano,
quindi deportato a forza su di un aereo verso Milano
senza neanche la pietà di mettere ai miei piedi nudi e martoriati dalle catene un paio di scarpe,
non è certo la conclusione auspicabile per il compito solenne e di riscatto umano che ha impegnato gli ultimi mesi della mia barocca vita.
Il leone accumula stagioni e cicatrici,
non ha certo il passo slanciato di una volta,
ma non abbassa di un pelo la criniera.
Poggiando il primo piede sulla terra di Gaza, per la seconda volta, sbarcando, come un Armstrong esiliato,
ho ruggito, eccome,
devono esser tremati i vetri delle finestre pure a Tel Aviv.
Fiero del mio passato, non curante del mio presente.
Perché è questo il tempo di spendersi, piuttosto che accaparrarsi un futuro agiato e comodamente distorto,
a quelle vittime innocenti a cui non abbiamo concesso neanche l’ascolto, per un attimo,
delle loro grida di dolore.
Spendersi affinché ogni diritto umano sia rispettato.
Tutto il resto non ha più importanza, semmai ne abbia mai avuta una.
Bisogna saper riconoscere la matrice della propria anima,
anche se ciò è spaventevole e significa solitudine, ostracismo, utopia, Don Chisciotte,
ingratitudine anche da chi verso cui si è dato tanto, si è speso tutto.
Ad aspettare nel fuoco si rischia di bruciarsi.
Ecco allora il perché della scelta dei miserabili, dei reietti, dei condannati,
essi sono ancora capaci di lealtà, di gesta aggraziate e di generosità audace, alle soglie della fine del mondo.
Reietto e miserabile la vita mi ci ha costretto,
sono tornato a casa.
Natale a Gaza pare un funerale.
E non esclusivamente perchè oggi ad un funerale effettivamente ci sono stato,
il vicino di casa di Fida, nostra coordinatrice ISM,
è stato ridotto in brandelli, in tanti piccoli pezzettini di carne lacera da un colpo di carroarmato israeliano.
Piove lacrime amare il cielo di Gaza in questi giorni di lutto e terrorismo da oltreconfine.
Si ascoltano i rutti delle minacce di imminente strage da Lvni e si trema dal freddo
(senza + gas, senza + gasolio, senza + energia elettrica).
Si odono i cingoli di Netanyahu sulle ossa dei palestinesi ammazzati ieri e di quelli a venire.
Lvni e Netanyahu in marcia funebre verso le prossime elezioni israeliane,
il teorema è semplicistico, ma purtroppo realistico,
vincerà chi porterà in dote ai propri elettori più teste palestinesi mozzate.
One head one vote.
A Gaza è come se si fosse in autunno,
e io sono nato sotto il segno dell’autunno.
Per cui se fuori piove,
perdonatemi,
a volte piove anche dentro.
Restiamo umani.
Vostro Vik dalle tenebre dell’assedio.»
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curiositasmundi · 11 months
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[...] «Meloni ha sempre proclamato fedeltà a Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo, dalle cui fila sono usciti gli stragisti degli Anni 70. Ha partecipato a una manifestazione con Ciavardini e criticato la sentenza di condanna sulla strage di Bologna. Il deputato Mollicone ha ricordato in Parlamento il depistatore generale Maletti, definendolo “uomo di Stato”. Ciavardini è uscito dal carcere grazie a Claudio Barbaro, attuale sottosegretario, e a sua volta ha fatto uscire dal carcere Cavallini». Ha senso sollevare una questione fascista sulla commissione antimafia? «Dopo il fascismo c’è il neofascismo: implicato nella stagione delle stragi con ampie coperture istituzionali, ora è penetrato nello Stato, presidia la tolda di comando. È una lunga marcia. Prima per sovvertire la Costituzione, oggi per svuotarla». In che modo, visto che parliamo di una commissione di inchiesta? «L’elezione della Colosimo interviene in un momento particolare. La Corte di Bologna ha appena condannato Bellini, neofascista di Avanguardia Nazionale, che nel 1992 era in contatto con gli esecutori della strage di Capaci e suggerì la strategia di colpire i beni artistici, come fatto nel 1974 da Massimiliano Fachini, leader di Ordine Nuovo a cui apparteneva Pietro Rampulla, artificiere di Capaci. La sentenza di Bologna rivede il delitto Mattarella recuperando la matrice di destra eversiva, come sosteneva Falcone. Stefano Delle Chiaie era a Palermo nel periodo delle stragi. Su questi temi dovrebbe misurarsi la commissione antimafia. Come potrà farlo con questa presidente?». La Colosimo è nata nel 1986. È anagraficamente distante. «Ma è imbevuta di questa solidarietà ideologica. E viene eletta non per un capriccio personale o debito di amicizia della premier, ma con una precisa missione». Quale? «Costruire una contronarrazione revisionista e negazionista: le stragi sono opera solo di Riina, niente c’entrano massoneria, servizi segreti, neofascisti. Al massimo qualche imprenditore del Nord dagli affari sporchi». Ci saranno conseguenze sulle indagini giudiziarie? «Devastanti. Immaginiamo come questa notizia sarà letta da personaggi come Graviano, al 41 bis, o Bellini, che attende il processo di appello per la strage di Bologna». Come? «Questa è gente che conosce i codici del potere meglio di me e lei. Il messaggio è chiaro: sul patto di fedeltà al fondatore di Ordine Nuovo si fonda il controllo di un’istituzione delicatissima. Crede che questo possa incoraggiare collaborazioni?». Meloni e Colosimo hanno un’amicizia antica. «Per una statista, di fronte a una questione istituzionale l’amicizia recede. A meno che non sia lo schermo di una visione strategica, la rilegittimazione del neofascismo. Questa elezione ne è una tappa fondamentale. C’è un filo nero che si dipana». Avevate provato a evitare questo esito? «Avevamo detto: indicate un altro nome, lo votiamo anche noi. Invece la Meloni ha insistito, pur sapendo che noi saremmo usciti dall’aula, una cosa mai successa. Una linea Maginot di decenza». [...]
Da: Scarpinato- “Un filo nero da Rauti a Meloni i neofascisti dietro le stragi”
La Stampa
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gregor-samsung · 2 years
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“ Con la legge 4 maggio 2007, n. 56 è stato [...] varato un ulteriore “giorno della memoria”, dedicato alle vittime del terrorismo. Nel presentarlo, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano parlò di un pubblico “riconoscimento che l’Italia da tempo doveva alle vittime del terrorismo”, per “colmare un vuoto di memoria storica e di attenzione umana e civile”. I risultati immediati non furono particolarmente significativi. Dopo la sua approvazione infatti, attraverso le prefetture, i comuni furono invitati a far conoscere al governo le eventuali iniziative assunte in merito; in provincia di Torino, su 315 comuni, solo quello del capoluogo rispose all’invito! Nel corso del dibattito parlamentare, rimbalzarono accenni alla cosiddetta “legge Nassiriya” del 2004, per unificare il ricordo di “tutte le vittime del terrorismo interno e in parte del terrorismo internazionale” (Marco Boato richiamò una sua proposta di legge a favore delle vittime della strage di Kindu, un eccidio che risaliva al novembre del 1961). Si chiesero atti riparatori nei confronti di ogni specie di terrorismo, quello stragista ovviamente, poi quelli di sinistra, di destra, di stampo politico-mafioso, di matrice internazionale. Si proposero diverse ricorrenze, tra le quali appunto il 23 maggio (strage di Capaci, in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti di scorta), o il 12 novembre (strage di Nassiriya in Iraq, con ventitré militari italiani uccisi). La discussione più accesa riguardò due diverse opzioni politiche, culturali, storiografiche, per due date diverse: il 9 maggio, giorno dell’assassinio di Aldo Moro, quella che fu effettivamente scelta, e il 12 dicembre, quella che figurava invece nella prima proposta di legge presentata il 29 novembre 2006 dall’Unione familiari vittime per stragi (che comprendeva le Associazioni delle stragi di piazza Fontana, piazza della Loggia, treno Italicus, stazione di Bologna del 2 agosto 1980, Rapido 904, Firenze via dei Georgofili) insieme all’Associazione memoria dei caduti per fatti di terrorismo delle forze dell’ordine e dei magistrati. Nelle motivazioni avanzate dai sostenitori del 12 dicembre (“furono anche i cittadini semplici, impegnati nella vita quotidiana che vennero colpiti, subendo lo stravolgimento della loro vita, del modo di stare insieme e, nonostante ciò, reagirono, non accettarono quella violenza, respinsero il ricatto terroristico e si costituirono in associazioni per non far dimenticare il senso di quella violenza, le sue ragioni, le sue sofferenze. Da piazza Fontana in poi furono i cittadini che reagirono unitariamente, cioè al di là delle sigle o dei gruppi di appartenenza e bloccarono i vari tentativi di stravolgere e condizionare la democrazia italiana a fronte delle ambiguità, delle inefficienze e della connivenza di parte dello Stato”), ricorrevano non solo l’orrore e lo sgomento per la strage ma anche la fierezza di una risposta immediata, di uno strenuo impegno civile per la difesa della democrazia: “Non dobbiamo dimenticare le moltitudini di persone che hanno partecipato ai funerali e alle manifestazioni dopo le varie stragi a Milano, Brescia, Bologna, Firenze e Napoli: alle ambiguità delle autorità è stata contrapposta una risposta ferma e decisa dei lavoratori e dei cittadini che in prima persona hanno impedito che con le stragi si arrivasse a stravolgere l’ordinamento repubblicano”. Tutte queste ragioni furono però disattese. “
Giovanni De Luna, Le ragioni di un decennio 1969-1979. Militanza, violenza, sconfitta, memoria, Feltrinelli Editore (collana Universale Economica / Storia n° 2282), 2011 (1ª ed.ne 2009); pp. 148-150.
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forgottenbones · 11 months
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"Comunque era un pezzo di storia".
Beh, anche la strage di Capaci, ma non è che la festeggiamo o no?
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rosaleona · 11 months
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Vorrei ricordare a tutti quelli che si battono per l'abolizione del 41-bis che per coerenza dovrebbero astenersi dal commemorare la strage di Capaci, visto che l'ergastolo duro per i mafiosi è stato ideato da Giovanni Falcone.
Come presa per i fondelli basta già l'annuale passerella di politici, evitate di percularci anche voi, grazie.
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charlievigorous · 1 year
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In Italia se muori sotto le macerie per un terremoto è colpa tua.
Anche alle 3:32 della notte, perché dovevi fuggire in tempo.
In Italia il solo esistere, il solo vivere, è un reato.
E' questo quello che viene fuori dalla allucinante sentenza del tribunale abruzzese: persino le vittime della strage aquilana sono corresponsabili della loro stessa morte per il 30%.
Parlatemi ora di fascismo o della dittatura che volete voi, di fronte ad una offesa immane che solo in questo paese siamo capaci di partorire.
Trovatemi un posto peggiore, un popolo peggiore, un inferno peggiore.
Perché uno "stato" che fa zero prevenzione, che abbandona a sé stesse le popolazioni colpite e che aveva garantito la sicurezza in quei giorni, dicendo di stare tranquilli, tramite la commissione grandi rischi capitanata dal mitico Bertolaso, invece esce assolto.
Perché quel consesso, che parlo' ufficialmente di pericolo inesistente, è uscito pulito e riabilitato al cento per cento.
Mentre le vite perse le uccidiamo due volte.
Anzi da noi non ci limitiamo ad uccidere, al sistema non basta, vuole addirittura umiliare. Persino chi ci ha rimesso la vita, sull'altare immondo di istituzioni criminali, spietate e strafottenti, che non sanno più cosa inventarsi per torturare i propri sudditi di serie D.
I quali che fanno? Nulla.
Subire è da noi la suprema legge, farsi schiacciare e vomitare addosso, addirittura difendendo i responsabili e le loro targhe politiche.
Siamo un coacervo di ciechi ipnotizzati, che non vede, non sente, non vive. Non ha sangue nelle vene.
Gira solo nella sua ruota impazzita, finché questa non si rompe.
Dopo di che viene abbandonato e dimenticato, da chi ancora quella ruota riesce a far girare.
Di realmente umano non c'è niente, di animale nemmeno, perché ci sono di molto superiori; rimane una poltiglia senza storia e senza onore che si illude di vivere mentre striscia nel suo egoismo suicida e ributtante.
"Purché non capiti a me".
Niente di più spaventoso sotto questo cielo.
Marco Palladino
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sayitaliano · 11 months
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Tonight at midnight (GMT+2) on Rai1, there will be a special show about 1993 and all the bombs and massacres that took place in that year -actually since 1992 with the Strage di Capaci: seen that the anniversary is coming, Rai and other Nationl Tvs are setting up their channels to broadcast shows that will keep the memory alive about what has happened (right below, a link about this).
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