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#La disperata Notte
ilpianistasultetto · 7 months
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NOI SIAMO VITTIME E NON CARNEFICI
Lisa, Marco e il cane Lino. Dalla primavera vivono in questo angolo di Cinecitta', fermata Lucio Sestio della metro. Il muretto e' il loro letto, la panchina di marmo il loro salotto. Quell'angolo a cielo aperto e' la loro casa in tutto e per tutto. Una valigia con qualche straccio di ricambio, le colonnine telecom a fare da mensola per saponi, deodoranti, zucchero, sale, qualche barattolo di vetro pieno di detersivo e un marciapiede- pavimemento sempre lindo e pinto da poterci mangiare sopra. E poi c'e' la loro storia. Buttati fuori dalla loro casa popolare da delinquenti mafiosi che poi quelle case le rivendono. Nessun aiuto, nessuna giustizia. Lisa si e' tagliata i capelli a zero per avere una testa piu' pulita. Cardiopatica, diabetica e altre mille complicanze. Marco, il giorno se ne sta spesso vicino al mercato con il suo bastardino nella speranza di rimediare qualche elemosina o qualcosa da mangiare, regalata da persone di cuore che tirano fuori cose dai loro carrelli della spesa per sostenere tutta quella pena comunicativa. Quando ci parli racconta poco di se' stesso. Tutto il suo fiume di parole lo regala per quella sua compagna cosi sfortunata e malconcia. Pero' non ne parla mai con rassegnazione. No! Sempre con spirito fiero, come avesse accanto una combattente nata. Lei dorme, ricoperta da un sacco a pelo, lui racconta e le carezza continuamente la testa, come a volerle dire: "dai, vedrai che insieme ce la faremo anche questa volta. Ce la caveremo come abbiamo fatto sempre". Quel "ce la caveremo" non pretende molto, anzi, quasi niente. Questa e' gente disperata dalla nascita, gente abituata a lottare ogni giorno con le unghie e con i denti. Gente che se riesce a mangiare e' come vincere una lotteria. Gente comunque fiera, dignitosa. Ci parli e sembra sempre vogliano scusarsi per il fastidio che potrebbero dare a chi ce l'ha fatta, scusarsi per quelle loro mani tese che chiedono aiuto: qualche spicciolo o una semplice mela. Quando passo davanti quella loro casa sotto le stelle mi fermo sempre. Chiedo come se la stanno passando. A volte do a lui qualche 20 o 50 euro. Li do sempre con un po' di vergogna, forse perche' non e' solo quello che a loro serve. Stamattina Marco m'ha commosso. M'ha chiesto se conoscevo qualche B&B in zona che potesse accettarli per un paio di giorni. Ha detto che Lisa doveva riposare, farsi una doccia perche' non puoi lavarti sempre alla fontanella. Questa estate e' stata durissima sotto quel sole cocente, quel caldo asfissiante. Lisa doveva riposare, ne aveva bisogno estremo e lui voleva accontentarla. Voleva solo vedere la sua Lisa almeno una notte dormire sopra un letto vero. Voleva farle almeno questo regalo. Un regalo enorme, come chi regala un brillante enorme alla sua donna.
Noi siamo abituati a vedere storie come queste in tv o a leggerle sui giornali. Abbiamo uno schermo che racconta, che fa vedere ma non tocchiamo mai con mano e invece le cose, per capirle, per capirle veramente le devi toccare, ci devi stare dentro. Per capire, come e' scritto in quel cartello che Marco ha messo in un angolo di quella sua casa, che loro sono vittime e non carnefici. @ilpianistasultetto
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papesatan · 5 months
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La mia formazione di critico e traduttore letterario m'insegue fin nella vita, quando la cieca menzogna di un'espressione apparentemente innocente m'assale di fango le narici, costringendomi a tapparmi i sensi per quieto vivere.
Mi riferisco a docili espressioni come: "mi spiace", dove invece è ben chiaro che non te ne frega un cazzo (come si evince dal tuo far gretta economia di lettere e fiato, quando invece vorresti solo chiudere la conversazione al più presto). Ho usato un solo "mi spiace" nella vita, quando a ottobre una cliente morosa di parecchie mensilità è riapparsa dal nulla in cui sembrava esser svanita per chiedermi un posto per suo figlio, disperata. Megatronfio, le ho risposto: "Mi spiace, ma sono già al completo¯\_(ツ)_/¯ ". Credo di averlo speso con buon giudizio, ma odio le ipocrite affettazioni linguistiche e preferisco mandarti a fanculo, se devo. Così come adoro augurare il BUONgiorno e la BUONAnotte, ché se devi spendere fiato per dire "Giorno" o "Notte", allora tanto vale rispettare il silenzio.
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Siamo di ritorno da una cena fuori, io e daddy, abbiamo festeggiato un mio traguardo!
Appena rientriamo a casa mi dirigo in bagno per andare a cambiarmi e mettermi finalmente comoda ma quando entro in camera da letto trovo daddy appoggiato al muro e con indosso ancora camicia e giacca.
"Che cavolo fai ancora vestito così?" gli dico, mentre la visione di lui con quella roba addosso inizia a farmi sentire del calore diffuso.
Vedo un sorriso malefico aprirsi sulle sue labbra mentre si siede sul letto e inizia a battere, ritmicamente, la mano sulla sua coscia
"Vieni qui, bambina"
Per quanto l'eccitazione inizi a salire prendo a ridacchiare e mi oppongo, con poca credibilità.
"Vieni qui bambina, o mi arrabbierò e sarà peggio"
Mi avvicino lentamente e rimango di fronte a lui, mi toglie lentamente i pantaloni del pigiama, le mutandine e mi sistema sulle sue ginocchia.
So che sarà una notte intensa...
"Conta bambina!"
Prende a sculacciarmi e quando, presa dall'eccitazione, smetto di contare mi prende per i capelli e mi ordina di tenere il conto!
Tra una sculacciata e l'altra mi accarezza tra le cosce e mi fa notare quanto io sia già un lago.
"Stenditi sul letto"
Obbedisco, lui si stende accanto a me e inizia ad accarezzarmi tra le gambe per poi infilarmi un dito dentro e muoverlo sempre più velocemente fino a strapparmi un gemito di piacere
"Cosa bambina? Non dirmi che ti piace.."
Mentre continua a penetrarmi velocemente accende il lush, che non mi ero accorta avesse tirato fuori dal mio cassetto del piacere, e lo muove sul mio clitoride impostandolo ben presto al massimo della potenza.
Inizio a muovermi sempre di più, sempre più disperata per avere quel piacere che tanto agogno.
Gemo e lo prego non so bene neanche io per cosa.
"Cosa c'è bambina?" mi dice ridacchiando soddisfatto nel vedermi ridotta così.
Gemo e mi aggrappo alle lenzuola mentre il piacere sale e diventa sempre più intenso.
"Vieni per il daddy, fammi sentire quanto mi piace"
E a quelle parole l'orgasmo esplode e mi travolge totalmente strappandomi gemiti di piacere che lui zittisce con un bacio appassionato ed affamato.
Ancora scossa dagli spasmi mi rannicchio addosso a lui che mi abbraccia e accarezzandomi i capelli mi dice
"Non penserai che sia finita qui vero? Daddy non ha ancora finito con te"
Un brivido mi percorre tutta e qualcosa in me scatta nonostante fossi pienamente appagata.
"Dammi solo un attimo" dico, mentre faccio per alzarmi e uscire dalla stanza, lui si spoglia e mi aiuta a indossare la sua camicia per non prendere freddo. È così lunga da arrivarmi a metà coscia, mi fa da vestito e indossare solo quella mi fa sentire molto in un film americano e questo pensiero mi fa sorridere.
Mi dirigo in cucina, bevo e dopo essermi ricomposta torno in camera pronta a scoprire quale altra diavoleria possa avere in mente stavolta.
"C'è una cosa che voglio provare"
Mi dice mentre mi attira a se e mi bacia con forza, spingendomi sul letto e mettendosi seduto proprio nel centro.
Sono in ginocchio tra le sue gambe e mi basta uno sguardo per capire che ha voglia della mia bocca.
Mi chino e inizio a leccare e succhiare con quanta più passione possibile e so di star riuscendo nel mio intento quando lo sento crescere tra le mie labbra e gemere. Mi poggia una mano sulla testa e guida così i miei movimenti, cosa che trovo estremamente eccitante.
Con una nota di disperazione nella voce mi ferma e dopo aver indossato il preservativo mi chiede di cavalcarlo, sto per impalarmi su di lui ma chiede di farlo dandogli le spalle
Lo asserendo e scopro quanto possa essere intenso sentirlo così in fondo
"Muoviti, balla per me bambina"
Non posso far altro che muovermi con quanta più foga possibile, muovo il bacino cercando di sentirlo sempre di più dentro di me.
Più i miei movimenti si fanno profondi e veloci, più daddy geme e più voglio portarci al limite..
"Usalo e godi" mi dice passandomi il lush.
Lo posiziono sul clitoride e lo muovo in circolo sempre più velocemente mentre mi impalo sul suo cazzo, sento il piacere montare di nuovo dentro di me, i miei affondi si fanno sempre più disperati, disperati tanto quanto i gemiti di daddy che mi tiene stretta per i fianchi e mi spinge su di lui con foga.
Arriviamo all'orgasmo insieme, il piacere ci travolge e ci scuote con forza facendoci gridare all'unisono il nostro piacere, un grido a metà tra una supplica e i nostro nomi.
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Qui ti amo. Negli oscuri pini si districa il vento. Brilla la luna sulle acque erranti. Trascorrono giorni uguali che s'inseguono. La nebbia si scioglie in figure danzanti. Un gabbiano d'argento si stacca dal tramonto. A volte una vela. Alte, alte, stelle. O la croce nera di una nave. Solo. A volte albeggio, ed è umida persino la mia anima. Suona, risuona il mare lontano. Questo è un porto. Qui ti amo. Qui ti amo e invano l'orizzonte ti nasconde. Ti sto amando anche tra queste fredde cose. A volte i miei baci vanno su quelle navi gravi, che corrono per il mare verso dove non giungono. Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore. I moli sono più tristi quando attracca la sera. La mia vita s'affatica invano affamata. Amo ciò che non ho. Tu sei così distante. La mia noia combatte con i lenti crepuscoli. Ma la notte giunge e incomincia a cantarmi. La luna fa girare la sua pellicola di sogno. Le stelle più grandi mi guardano con i tuoi occhi. E poiché io ti amo, i pini nel vento vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie di filo metallico.
Pablo Neruda, da “Venti poesie d’amore e una canzone disperata”, Passigli Poesia, 1996.
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petalididonna · 7 months
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Quello che gli occhi esprimono...
Notte❤️
Noreblog.
Sono la bambina di un tempo e l’adulta di oggi.
Sono tutte le mie buone qualità e i miei difetti.
Sono coraggiosa ma spaventata,
sana ma danneggiata, forte ma disperata.
Sono tutte le cose che ho ammesso e quelle che ho negato.
La persona che sono in questo momento è il prodotto di tutto ciò che sono stata; verità e menzogna e tutto quello che c’è in mezzo.
-Maria Goodin-
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ross-nekochan · 2 months
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Oggi in Giappone è (stata) festa nazionale: è equinozio di primavera.
Questa settimana in generale è leggera anche perché questo Venerdì avrò smart, però... però mi sto rendendo conto che dopo il viaggio che farò a fine aprile, non avrò più un vero respiro fino al 2025. I miseri 10gg di ferie sono finiti e ci sono solo 2 giorni di festività nazionali. Poi basta. Solo lavoro fino a capodanno.
Sono disperata. Non reggo più, non voglio reggere più ma non so come tirarmi fuori da questo buco.
Mando cv per le cose che mi interessano ma non mi caga nessuno. Nessuno. Pure l'unica azienda nel settore turistico per cui ero passata al secondo colloquio mi ha ghostata. Mi arrivano solo messaggi su posizioni in questo cazzo di IT di merda che mannaggia la Madonna sembrano disperati alla ricerca di pulitori di cessi (in questo caso pc) da pagare perché tanto in questo settore nessuno ti insegna un cazzo e sei solo il pezzettino che fa muovere l'ingranaggio.
La scorsa domenica notte ho dormito una merda e Lunedì ero uno zombie che camminava.
Nella pausa pranzo tutte le sale riunioni erano occupate e non ho potuto usare nessun posto per dormire... ho dormito nel cesso perché stavo barcollando dal sonno e non sapevo dove andare e perché la lounge è un posto troppo figo da ricchi e mi sentivo a disagio a fare la poveraccia che dormiva sul tavolo. Ecco i livelli di disperazione che ho raggiunto.
Che devo fare per tirarmi via da questo incubo? Devo spendere ste centinaia di euro per traslocare nonostante non sia sicuro niente per i mesi a venire?
Adesso tutti i miei colleghi che abitano qui stanno a casa a non fare un cazzo e sono l'unica che sta facendo sta vita di stenti... non ne posso più di niente. Vaffanculo a questo paese, a questa vita e soprattutto vaffanculo a me.
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AAAAAAAA È COSÌ FRUSTRANTE
L'unica cosa che volevo fare in queste vacanze era scrivere la mia fanfiction di Hetalia, rileggermi tutto Percy Jackson, guardare qualche anime e RILASSARMI. E invece ho dovuto studiare TUTTI. I. GIORNI. per questa cavolo di sessione😭 pure il giorno di Natale e la notte di Capodanno ho studiato...
Domani inizia ufficialmente e sono stressatissima, con la tachicardia, occhiaie viola giganti e un mal di testa terribile per tutte le ore piccole che ho fatto. E come minimo non passerò neanche gli esami, perché ovviamente mi sono lasciata per ultimi i più difficili.
Considerando che ho almeno 2 esami a settimana per tutto gennaio e che intanto ho pure i corsi dell'accademia di musical e l'ultimo capitolo della tesi da correggere entro febbraio, perdonatemi se non riuscirò a pubblicare nulla... Sono davvero disperata, come minimo morirò d'infarto a fine mese
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occhietti · 10 months
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Ogni volta che ti imbatti in una persona gentile ti trovi davanti a uno sforzo strabiliante, un impegno immane, hai davanti una persona che lavora su di sé continuamente, un operaio del cuore che fa i turni di notte a nome di tutti
sei davanti a una persona che non si sfugge mai, che riesce a mettere cura anche nella sua distrazione, che ha imparato a provocare silenzio quando le viene offerta una provocazione
ricorda che hai di fronte una storia piena di storie, passeggiate lunghissime tra le campagne di paesi che nemmeno sappiamo pronunciare, hai davanti a te, una persona che non teme la solitudine, che ha imparato a stare da sola a farsi isola a farsi sole
che ha fatto della sua pausa un'ancora di salvezza che ha fatto della sua salvezza un'ancora per gli altri
ti trovi davanti a chi ha conosciuto la disperazione di persona ma non si è disperata, che si è disparata da tutti, dispersa ovunque, dipesa da nessuno, dispensa del mondo
ogni volta che ti imbatti in una persona gentile ringrazia la vita brinda all'universo inchinati al sole inventa una domenica organizza una festa
ti trovi davanti a un'opera d'arte estremamente fragile come la tela di un dipinto, decisamente immortale come un dipinto.
- Gio Evan
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Sense and Sensibility
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↳ summary: Una notte in preda all'alcool e alla lussuria, dimenticando ogni cosa, tra cui la più importante.
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pairing: Park Jimin x f.OC
genre: angst, smut
word count: 2.928
warnings: menzioni di tradimento, sesso orale, sesso vaginale, amore non corrisposto
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Tutto ciò era sbagliato, Jimin ne era consapevole, ma non avrebbe smesso. Ci era voluto un po’ per decidersi, Alya era ferita dal comportamento scostante di Jungkook e lui ne stava approfittando.
Viscido.
Ma sentiva dentro di sé un forte ruggito che voleva essere liberato, nelle sue vene non scorreva più sangue, ma lava bollente. Tutto di lei lo attraeva, non riuscì a capire perché anni prima non aveva provato le stesse sensazioni, al momento non riusciva a ragionare lucidamente.
Forse perché il suo amico era riuscito a far breccia nel cuore della ragazza per primo. La Russia era un luogo freddo, il calore del Maknae aveva affascinato quella bellezza di ghiaccio, oscurando totalmente il resto delle persone intorno a sé. Per Jimin era stata una delusione? Certamente sì, ma per molto tempo riuscì a distrarsi, spesso cambiando fidanzata. Non riuscendo mai a trovare qualcosa di giusto in ognuna di loro, tutto stonava, sempre. E detestava le note imperfette, perché anche lui, di conseguenza, si sentiva imperfetto.
Tornò alla realtà, scoprendo quanto in verità fosse calda quella stessa donna che anni prima gli era parsa così fredda e distaccata, capace di sciogliersi solo in presenza di un buffo ragazzo con il sorriso da coniglietto. Lo stesso ragazzo che ora la guardava e non provava più l'intenso e struggente amore di un tempo, amore che lo aveva portato a innumerevoli discussioni con i suoi genitori.
Ricoprì il suo collo di baci febbrili, quella pelle chiara e morbida si stava rivelando dannatamente eccitante.
L’avrebbe ricoperta di marchi.
«Mmh» mugugnò la ragazza quando le labbra dell’uomo si fecero più insistenti in un punto specifico del collo, sopra la vena pulsante, le stesse labbra che mordicchiarono e succhiarono con sempre più forza, lasciando un enorme segno violaceo a testimoniare il suo passaggio e un velo di saliva a ricoprirlo simile ad una pellicola, come a voler calmare il bruciore causato dagli insistenti morsi.
I loro cuori battevano all'unisono, erano due anime sole e alla ricerca disperata di qualcuno capace di apprezzarli per davvero. Forse per i fumi dell’alcool, forse per l’emozione di essere stretta tra le braccia di un uomo dopo tanto tempo, lo sguardo di Alya si fece più languido, e leccandosi sensualmente le labbra aprì di poco le gambe, quel tanto che bastava per lasciar spazio a Jimin.
Il ragazzo non era ubriaco, riusciva ancora a capire gran parte della situazione. Quando l’aveva riportata a casa non credeva di poter davvero permettersi di andare oltre, ma lei era stata fin troppo chiara.
❝ Scopami, non mi importa come, tu fallo.❞
Forse proprio per fare un dispetto a Jungkook. Quel che non sapeva, è che a soffrire in quel momento era proprio Jimin, l’oggetto che anelava ad essere usato.
Con le mani sfiorò il suo corpo, soffermandosi sul seno, non era di chissà quale eclatante taglia, ma piccolo e sodo.
Grazioso. Fatto per le sue mani.
Alya seguì le sue mosse con trepidazione, era da molto tempo che non aveva rapporti con il sesso opposto, si sentiva spaesata e insoddisfatta, però avrebbe seguito il gioco di Jimin se significava provare piacere. Tutte le ragazze andavano pazze di lui per le sue doti da amatore, e finalmente anche lei avrebbe gustato quelle piccole ed agili mani.
«Che ne dici se togliamo questo?» le sussurrò all’orecchio, strattonando con fermezza il bordo del suo abitino succinto, annuì ma Jimin in realtà non aveva bisogno di una sua risposta per continuare.
I suoi occhi non lasciarono le labbra succose di lei, il loro colore così rosso acceso era una tentazione per il biondo, ma non poteva. Si sentiva trattenuto da qualcosa.
Jungkook. Stava facendo del male a Jungkook, quella era ancora la sua ragazza.
Con una lentezza spropositata cominciò a far risalire il vestito lungo le cosce candide e toniche, gli piaceva la sensazione delle sue mani che toccavano quelle parti abbondanti di carne, era soddisfacente toccare e afferrare, stringere e palpare senza nessun imbarazzo.
Lei sbuffò contrariata e fece per toglierlo da sé, ma Jimin smise di farle sentire il suo tocco.
«No, amore. Devi fare ciò che ti dico io» le gambe tremarono al suono della sua voce, flautata e resa roca dal desiderio. Fece come le ordinò, si sollevò così da permettergli di sfilare quel capo e rimase in intimo, non voleva risultare sexy, ma il tessuto nero creava una divisione netta con la pelle chiara e Jimin baciò con adorazione quella zona, stringendo tra le mani la sottile vita della donna, la quale gli circondò il collo, tenendosi aggrappata a lui.
Jimin aveva un profumo così buono, non poté farne a meno, gli lasciò una scia umida di baci lungo il pomo d'Adamo, l’azione fece scattare il ragazzo, che in un impeto di passione la riportò ancora una volta con la schiena contro il materasso.
Con una calma che Alya definì straziante, Jimin introdusse le mani sotto le coppe del reggiseno, saggiando la morbidezza della sua carne candida.
La donna strinse le gambe, poteva sentire la sua intimità bagnarsi dei suoi umori. Jimin non la stava neanche toccando in quel punto, però avvertiva chiaramente tutta la prestanza fisica che il ragazzo possedeva. E quando finalmente le tolse l’indumento superiore, ormai inutile, l’eccitazione si fece più persistente.
Il biondo prese a sfregare le labbra contro uno dei capezzoli, soffiandoci sopra con il suo fiato caldo, mandando piccoli brividi su per la schiena della ragazza. Quando lo prese in bocca Alya si lasciò sfuggire un ansito.
Mentre si divertiva a schiacciare quella perla rosea contro la lingua, rigirandola e modellandola a suo piacimento dentro la bocca le sue mani presero a scendere verso l’ultimo ostacolo rimasto, Alya gli strinse i soffici capelli chiari, pregustando già le dita del maschio contro la sua femminilità.
«Jimin…» sospirò.
Il ragazzo si staccò, aveva le labbra gonfie e rosse a causa della saliva che le bagnava e del continuo sfregamento contro la sua pelle.
«Cosa?».
Cielo, si vergognava così tanto a dirglielo, perciò spinse i fianchi contro la sua mano, sperando che capisse da solo. Lui ghignò.
Senza toglierle le mutandine, iniziò a muovere le punte delle dita sopra il sottile tessuto, già umido, proprio nell’esatto punto dove si trovava il clitoride.
Portò le labbra vicino al suo orecchio.
«Ti da fastidio se faccio così? … o così?» simulò l’atto di penetrarla con le dita, atto ostacolato dal tessuto che ricopriva le parti intime. Alya singhiozzò per l’esasperazione.
Lo colse di sorpresa quando gli strinse le spalle e lo rigirò.
Ora lei era sopra e lui sotto. Uno spettacolo magnifico agli occhi del giovane.
I capelli in disordine e il seno scoperto le davano un’aria da amazzone, per non parlare delle splendide gambe che lo cingevano per tenerlo fermo. Jimin sorrise e aprì le braccia.
«Sono tuo~» miagolò, arrendendosi al desiderio di quella vipera, che non si lasciò sfuggire l’occasione.
In verità anche lui la stava usando, così come stava usando a suo favore quella relazione ormai in declino.
E con mani leggere e tremanti, lei cominciò a sbottonargli la camicia scura, vederlo ancora vestito le dava ai nervi e man mano che la pelle chiara veniva fuori il suo cuore batteva sempre più forte. Concentrata com’era nel suo lavoro non si accorse della sofferenza interiore del ragazzo, ogni tanto muoveva le natiche che andavano a scontrarsi contro il rigonfiamento in mezzo alle gambe, causando piacere misto a dolore nel biondo, il quale però non disse nulla, voleva far partecipare anche lei con i suoi tempi.
Alya guardò con desiderio il petto glabro del ragazzo, non ci pensò molto prima di cominciare a stuzzicare quella pelle di luna, graffiandola con i suoi denti e succhiando, ascoltando estasiata i piccoli sospiri che Jimin si lasciava sfuggire, scendendo arrivò al suo ombelico, dove si prolungò a leccare sapientemente l’intera zona, rendendo ancor più difficile la respirazione a Jimin che già immaginava quelle labbra attorno al suo membro pulsante.
La donna alzò gli occhi verso di lui, che trovò quest’ultima azione tremendamente accattivante.
Si sollevò e agganciò le dita al bordo dei suoi pantaloni, facendoli scendere lungo le muscolose gambe, perdendo tempo ad ammirarle.
«Vuoi che li tolga?» chiese, in tono mellifluo, mentre la sua mano accarezzava l’erezione coperta dai boxer.
«Ah! C-c’è bisogno che… te lo dica?» le rispose, con non poca difficoltà mentre premeva con la mano sulla punta «Alya… non scherzare».
«Poco fa avevi tu le redini del gioco…» mormorò piano, estasiata alla vista del ragazzo che mordicchiava le proprie labbra con forza, incapace di star fermo sotto quelle attenzioni.
Sorrise, perfida, nel ripensare a quel tono di voce così sofferente, abbassò i boxer lentamente. Una piccola rivincita per ciò che le aveva fatto lui poco prima. E Jimin chiuse gli occhi, finalmente la sua erezione era libera di mostrarsi interamente, rigida e già bagnata di liquido pre-eiaculatorio, quella ragazza era capace di farlo impazzire con poco, e quella notte finalmente glielo avrebbe dimostrato.
Alya riportò la mano sul membro, cominciando quel movimento ritmico e lento, che portò il ragazzo a strizzare gli occhi per trattenersi dal venire subito. Si puntellò con i gomiti per sollevare il busto e spalancò le gambe per farla stare più comoda in mezzo ad esse, Alya era rapita dall'espressione beata di Jimin, lo prese in bocca, combinando i movimenti della mano con quelli delle labbra, percorse tutta quella pelle sensibile e liscia, facendo roteare la lingua sulla punta più volte. A Jimin sfuggì un gemito strozzato, arricciò le labbra per trattenere i suoi versi che non vedevano l’ora di uscire dalla sua gola, ma Alya non gli rendeva quel compito facile. Lo prendeva tutto in bocca, mandando seriamente a puttane il suo autocontrollo. Quando si decise a succhiarlo, rilasciando strani suoni simili a schiocchi, l’uomo si permise di ansimare, davvero stavolta, senza più vergogna. Le afferrò i capelli, dettando un ritmo più veloce, si contorse sotto le sue carezze lascive.
«Sto per…» cercò di farla togliere, non voleva sporcarla, ma Alya ignorò le sue proteste, continuò il suo lavoro fino a quando l’erezione del giovane non si tese all’interno della sua cavità orale, rilasciando con immenso piacere il suo liquido biancastro, Alya lo inghiottì guardando Jimin dritto negli occhi. 
Occhi scuri, dolci e lussuriosi. Gli occhi di Jungkook.
“Cazzo” pensò, guardando quella gatta che si stirava sul suo corpo scosso ancora dai fremiti. Senza accorgersi che qualcosa era cambiato negli occhi verdi della donna. C’era affetto, forse anche speranza in quelle pozze smeraldine, ma nulla rivolto a lui.
Ne voleva ancora.
Con un colpo d'anca riuscì ancora una volta a riportarla alla posizione iniziale.
«Sembra un combattimento» ne rise la donna, ubriaca, prima che sentisse un violento suono. Jimin le aveva strappato violentemente le mutandine, senza pietà e con solo un velo di lussuria negli occhi scuri, poteva vederli brillare nel buio della stanza. Sussultò per quella serietà, capì che l’eccitazione non lo aveva abbandonato, il rapporto di pochi attimi prima lo aveva solo esaltato di più.
Quando sentì la soffice bocca posarsi sulle grandi labbra della sua intimità cominciò ad accarezzargli i capelli con dolcezza, bramando le sue carezze. Il ragazzo usò due dita per aprirla completamente, andando alla ricerca di quella piccola gemma nascosta tra le pieghe morbide e calde, quando la trovò usò la lingua per stuzzicarla con insistenza, seguendo i gemiti silenziosi della ragazza, man mano che andava avanti le gambe di Alya si fecero più cedevoli e molli, erano gelatina.
Provò a chiudere le gambe, ma in mezzo c’era proprio Jimin. Non le lasciava il tempo di riprendersi, la sua lingua la stuzzicava con insistenza, instancabile, voleva che quel piacere smettesse, era troppo intenso, ma allo stesso tempo lo agognava, non aveva pace. Il suo cuore tamburellava nel petto con violenza. Gli strattonò con forza i capelli, ma ciò non fece che aumentare la presa del ragazzo, e il suo andamento.
Le tempestò le dolci pieghe di baci rumorosi, bevendone gli umori e penetrandone ogni tanto l’apertura, succhiò con accuratezza il clitoride e la ragazza arcuò la schiena in modo innaturale, la stava mangiando.
“Mio… ah!”
«C-Chim!» urlò, pronta per arrivare all’orgasmo, ma proprio all’ultimo momento Jimin mollò la presa, facendola strillare per l'insoddisfazione «No! T-ti prego, continua».
«Ho di meglio per farti stare bene» disse, annaspando per riprendere lui stesso aria. La mora portò le mani alla bocca, tremando violentemente per la sensazione di insoddisfazione che si stava propagando per tutto il corpo.
Jimin saggiò con le dita l’intimità, per vedere quanto fosse lubrificata, accorgendosi solo in quel momento che era fradicia. Mandò giù con forza la saliva.
La sua erezione desiderava entrare in contatto con la ragazza, chi era lui per proibirglielo?
Afferrandola con forza per le cosce, la portò ancora più vicina a sé, finché non avvicinò il membro alla sua apertura.
La penetrò con forza, riempendola fino in fondo con la sua presenza, senza darle più il tempo di dire qualcosa. Alya spalancò gli occhi, era così grosso e lei così stretta a causa dell’astinenza.
Non potevano più tornare indietro.
Strinse le mani ai lati del ragazzo, facendogli capire che era più che pronta, si stava abituando velocemente alle sue dimensioni, avvolgendolo come un guanto, desiderosa di capire cosa avrebbe provato insieme ad un ragazzo come Jimin, forse era l'alcool a farle prendere decisioni così affrettate, ma in quel momento era l’unica cosa di cui aveva bisogno per ritenersi soddisfatta. E anche Jimin.
Quando cominciò a spingere con tutta la sua lunghezza, deciso e duro, chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dai piccoli brividi al basso ventre, Jimin buttò la testa indietro. Si sentiva completo, tra la carne cedevole della ragazza che si stringeva ritmicamente attorno alla sua eccitazione, voleva annegare in quel corpo, fregandosene delle conseguenze al mattino dopo, gli altri lo avrebbero guardato con disgusto, Jungkook con odio malcelato, ma lui stava bene in quel momento.
Si sistemò una gamba della ragazza in spalla, quell'angolazione gli permetteva di andare più in profondità, e a giudicare dall’espressione sofferente e colma di piacere allo stesso tempo di Alya, ci stava riuscendo bene. Sentiva che dal loro punto di incontro il calore stava crescendo, afferrò con una mano un seno e lo torturò con forza, facendola scattare con il busto in alto, verso di lui, e finalmente la baciò.
Desiderava gustare quelle dolci labbra da molto tempo. Non poteva più aspettare, il loro sapore era dolce, un misto tra vodka alla fragola e liquirizia.
Finalmente poteva. E le morse con forza.
« Izverg*» ansimò in russo, quasi con disperazione implorante, schiacciandosi il peso del ragazzo ancora più addosso. Scacciando con forza il ricordo di Jungkook e dei suoi baci aggressivi, ripetendosi che era Jimin a toccarla e stringerla in quel momento, cosa non facile da fare. Stava usando un suo amico per dimenticare, ma ciò avrebbe causato solo altri danni nel gruppo.
Ormai le lenzuola erano sporche, i loro liquidi colavano tranquillamente dalle loro gambe, così come il sudore scendeva dalla pelle, i loro fiati si mischiavano con affanno. I fianchi battevano tra loro con forza, disordinatamente, Jimin era ormai quasi completamente seduto e teneva la ragazza a cavalcioni su di lui, spinse con più decisione il bacino in alto, arrivando a toccare un punto delicato e sensibile nella ragazza, a cui mancò il fiato per svariati secondi, conficcando con violenza le unghie sulle sue spalle e Jimin a causa di quella reazione andò più veloce, più violento.
Più potente.
E Alya finalmente raggiunse il suo apice mordendo la spalla all’altro, con un basso ringhio proveniente dalla sua gola, e schiacciando completamente il seno contro i pettorali dell’uomo.
Jimin raggiunse il suo orgasmo schioccando un forte bacio sul collo delicato della ragazza, ormai pieno di arrossamenti e succhiotti violacei.
Venne dentro di lei, riempiendola con il suo caldo seme.
Quella sensazione fu così piacevole che Alya ebbe un secondo orgasmo, che la fece crollare sfinita contro il cuscino, impossibilitata di regolarizzare il respiro.
Jimin uscì da lei, sfinito, piacevolmente sfinito.
Le cinse le spalle con dolcezza quando si stese accanto a lei, portandola vicina.
L’indomani avrebbero discusso seriamente sul da farsi, per il momento avrebbero semplicemente riposato in quel modo, stretti e comodi.
«Ti amo».
Ma Alya già dormiva, stanca di quella serata che doveva essere solo uno svago, ma si era trasformata in una delle più belle quanto sbagliate notti della sua vita, e Jimin le sorrise con tenerezza e dispiacere.
Consapevole che nulla sarebbe cambiato, lui era un oggetto. Un piacevole oggetto, ma nulla di più e lei… lei era ancora la donna del suo migliore amico.
La sofferente Dama di ghiaccio e il Cavaliere che l’avrebbe sempre aiutata a rialzarsi.
Ecco cos’erano e cosa sarebbero rimasti.
Avevano tradito tutto e tutti. La propria lealtà e dignità. Così come la persona che li univa, ma nulla sarebbe venuto a galla. Tutto nascosto dietro finti occhi innocenti.
Jimin riaprì gli occhi, quasi con violenza. Un sogno, un altro sogno riguardo la notte di tanti anni prima. Quanti ne erano passati? Troppi per poterne ricordare.
Lei non lo aveva più cercato e lui poteva vivere solo di quel magnifico ricordo. Magnifico e triste allo stesso tempo.
Jungkook era tornato lo stesso ragazzo affettuoso, Alya si era ripromessa di non cercare più supporto da esterni, e così aveva catalogato Jimin come “Pericoloso”. Perché nonostante tutto l’amore che provava verso il suo fidanzato, Jimin era stato capace di farla sentire amata dopo un periodo buio. Così si era allontanata sempre più, fino a rendersi una sconosciuta agli occhi del biondo.
Ma era giusto così. Jimin non gliene faceva una colpa, perché la amava e anche troppo.
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a-tarassia · 1 year
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Sono allergica. Nel senso che appena i fiori iniziano a fare sesso e nell’aria si riempie di polline a me si prosciuga la pelle, gli occhi, la gola, il petto, i capelli, gli organi interni, le ossa, la vita, l'anima e poi mi esce tutto dal naso. Allora ieri, su suggerimento di un mio amico che di lavoro giuda barche, mi sono fatta convincere a fare i lavaggi nasali che lì per lì, con soluzione salina e siringa non mi è sembrata una roba così assurda o tremenda, oltre che dopo il 5° lavaggio dalla narice destra mi è uscita una palla di muco credo fosse lì dai tempi della preistoria e mi son sentita fica e libera di respirare a pieni polmoni, non fosse che non funziona così, infatti la notte le vie respiratorie sembravano il deserto dei tartari, gole profondissime di arsura e rotoli di fieno. Lo dico alla dottoressa che mi ha risposto: brava stronza. Del resto il mio amico porta barche. Allora a causa di ciò io stamattina alle sei ero sveglia e pure la gatta mi ha mandato affanculo e non sapevo che cazzo fare che l’allergia ti da solo voglia di chiuderti in un armadio fino alla fine dei tempi, finchè la vita non smette e la natura non viene finalmente annientata per lasciare spazio infine alle AI di simulazione che ci liberano dal male e amen. Dunque in questa situazione mentale ho preso la decisione più disperata della mia vita: ho iniziato Infinite Jest in inglese.
E come mai proprio questo libro così spensierato voi direte? Questa è un’altra storia di pianeti che girano e persone che ritornano e merita uno spazio tutto suo, ma vi posso dire solo questo al momento: la vita non è mai banale, nemmeno quando lo sembra.
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diceriadelluntore · 5 months
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Le bionde trecce, gli occhi azzurri e poi...
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Ieri un blog che seguo, postando questa foto del giocatore del Napoli e della Nazionale Giovanni Di Lorenzo, ha scritto che è un Apollo.
L'aggettivo che si rifà all'estetica del Dio Greco vale in italiano giovane di grande bellezza, per lo più in frasi (talora ironiche) come essere un a.; parere, credersi un a. (e, più spesso con la maiuscola, essere, sembrare un Apollo), con riferimento alle raffigurazioni scultoree o pittoriche del dio (voce Apollo, Vocabolario Treccani).
Tolta la dimensione ironica, assente in quel post, mi è venuto in mente che rispetto ad Apollo, Di Lorenzo ha i capelli di un altro colore. Sembrerà un particolare strano, ma la Mitologia Antica ha nella dimensione tricologica un aspetto niente affatto secondario.
Partiamo da una tradizione comune: Apollo, che era molto più che il dio del sole, aveva i capelli neri, con riflessi viola (oggi diremmo corvini). Il mito della sua nascita è meraviglioso: figlio di Zeus e della titanide Leto (o Latona), fu concepito nell'ennesima avventura extraconiugale del Re degli Dei (il tono è volutamente divertito); Era, come sempre furiosa delle avventure amorose del marito, venuta a sapere che Leto fosse incinta di Zeus, proibì alla partoriente di dare alla luce suo figlio su qualsiasi terra, fosse essa un continente o un'isola. Disperata, Leto vagò fino a giungere sull'isola di Delo, appena sorta dalle acque e, stando al mito, ancora galleggiante sulle onde e non ancorata al suolo. Essendo, perciò, Delo non ancora una vera isola, Leto poté darvi alla luce Apollo e la sua gemella Artemide, precisamente ai piedi del Monte Cinto. Secondo i miti, Artemide fu la prima dei gemelli a nascere, e aiutò la madre nel parto di Apollo. Questi nacque in una notte di plenilunio, che fu da allora il giorno del mese a lui consacrato: nel momento in cui nacque il dio, cigni sacri vennero a volare sopra l'isola, facendone sette volte il giro, poiché era il settimo giorno del mese. E appena nato, la testa del neonato fu poggiata su un cespuglio di violette, che trasferirono ai capelli del Dio quella sfumatura violetta, che gli sarà cara.
Il colore scuro dei capelli di Apollo era una rarità letteraria, poichè, per esempio, Omero descrive tutti gli dei con caratteristiche opposte: ci sono studi che descrivono come il rapporto tra divinità\eroi biondi e bruni sia 10 a 1, Afrodite è bionda, come pure Demetra. Atena è, per eccellenza, “l’occhicerulea Atena”. Il termine adoperato è glaukopis, che certo è in relazione anche con la civetta, sacra alla dea (glaux = civetta: occhi scintillanti, occhi di civetta), simbolo di saggezza. Oltre a ciò, altri leggendari eroi erano biondi: Menelao, Peleo, Achille e suo figlio Neottolemo, Meleagro, Radamanto, Clizio, Camerte. Si dice che persino Alessandro Magno fosse biondo.
Sappiamo con certezza dagli studi genetici sui resti nelle tombe che gli antichi greci e romani fossero molto più comunemente "di tipo mediterraneo", cioè pelle scura, occhi scuri, capelli scuri. Questa affermazione non vuol dire che non esistessero persone con i capelli biondi o gli occhi chiari, vuole dire che questi ultimi erano una minoranza genetica, almeno fino alla Roma Imperiale. Eppure l'essere biondi, essendo in minoranza, era considerato molto più affascinante. Pratica comune, tra le donne ricche, ma era pratica conturbante nei lupanari delle prostituite, era quella di colorare i capelli di biondo usando delle costosissime tinture allo zafferano o polveri colorate: le cronache del tempo ci dicono che richiedesse un grande sforzo per l'applicazione e avesse un odore ripugnante. Tra l'altro, la stessa parola biondo ha etimologia oscura: origine certa della parola è comunque l'antico francese blond (e il provenzale blon) da cui lo spagnolo blondo (poi sostituito nell'uso comune da rubio, dal latino rubeus, "rosso") e l'italiano biondo; i greci antichi per esempio usavano gli aggettivi xanthòs e xoutòs “biondo”, pyrrhòs “fulvo” e chrysoeidés “aureo”, riferiti ai capelli di uomini o Dei, aggettivi che corrispondono perfettamente al latino flavus, fulvus e auricomus; per descrivere le chiome lunghe e bionde usavano termini specifici come chrysokàrenos “testa bionda”, o chrysokóme “chioma d’oro”. E quest'eco rimane nella cultura occidentale, per esempio, nella ritrattistica medioevale e primo rinascimentale, dove è davvero difficile, se non in autoritratti, trovare una figura femminile simbolica che non sia bionda o dai capelli chiari.
Su questo fatto sono nate molte teorie: alcune sfiorano il razzismo, altre furono lo spunto per una certa storiografia mitteleuropea che vedeva già all'epoca greca antica caratteristiche dello spirito razionale dell'Europa centrale, dove si presume siano partiti per quelle terre i biondi (in pratica, una versione filo nazista della dicotomia nietzschiana apolinneo\dionisiaco), esistono inoltre decine di libri sull'origine "Indoeuropea" dei greci rispetto a quella levantina (che sarebbero i fenici, e le popolazioni del mediterraneo orientale).
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Questa è L'Afrodite Cnidia: l'originale era opera di Prassitele, scolpita nel IV secolo a.C. Essendo perduta, rimangono alcune copie di età romana. È famosa non solo per la sua disarmante bellezza artistica, ma anche perché è il primo nudo femminile dell'arte greca e perché, secondo tutte le fonti, aveva i capelli biondi.
I poeti hanno amato e cantato per lo più donne pallide e dai capelli biondi; anzi fra tutti gli spietati imitatori del Petrarca, se non mai, certo difficilmente si ritrova chi abbia messo nello sbiadito lusso delle sestine, delle canzoni e dei sonetti a frasi bell'e fatte, una fanciulla che non avesse
… i capei d'oro alla Laura sparsi
Corrado Ricci (1858 – 1934), archeologo e storico dell'arte italiano
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gregor-samsung · 10 months
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“ Attilio ed Emilio Bandiera erano figlioli di un contrammiraglio della marina austriaca, di cui essi stessi facevano parte, l'uno come alfiere di vascello e l'altro come alfiere di fregata. Non volendo servire l'Austria, dopo aver preso parte ad alcuni moti rivoluzionari, essi si erano ricoverati a Corfù. E in quel contatto con altri esuli in terra straniera; in quel comunicarsi continuo di aspirazioni e di speranze, più rincresceva loro l'inedia che l'esilio. Ond'è che decisero una spedizione arditissima, quasi folle per ardimento. Insieme a Ricciotti, a Moro e a pochi audacissimi, pensarono di compiere uno sbarco sulle coste di Calabria. Ivi avrebbero cercato di far rivoltare le popolazioni calabresi e, se fossero riesciti, di mettere in fiamme tutto il regno di Napoli. Nel 1844, nella notte dal 12 al 13 giugno, i due fratelli Bandiera partirono per la spiaggia calabrese. Era in essi presentimento di morte. Quasi al momento di partire Nicola Ricciotti ed Emilio Bandiera così scrivevano a Garibaldi: « Se soccomberemo, dite ai nostri concittadini che imitino l'esempio, poiché la vita ci venne data per utilmente impiegarla; e la causa per la quale avremo combattuto e saremo morti, è la più pura, la più santa che mai abbia scaldato i petti degli uomini; essa è quella della libertà, della eguaglianza, della umanità, dell'indipendenza, dell'unità d'Italia ». Erano buoni e sinceri: aveano soprattutto la giovanile ingenuità senza di che non è possibile compiere né tentare imprese come quella cui essi si avventuravano. La sera del 16 giugno il piccolo drappello sbarcò sulla costa calabrese, alla foce del fiume Nebo. Il luogo dello sbarco era tristissimo: ma la terra d'Italia parve a essi sacra e la baciarono all'arrivo. Il piccolo drappello, mal guidato, inesperto dei luoghi, aveva anche nel suo seno chi dovea tradirlo. Gli esuli speravano di trovare al loro arrivo popolazioni desiderose di rivolte: e trovarono l'ostilità e la indifferenza. Nella valle di San Giovanni in Fiore — paese già sacro alla leggenda religiosa — circuiti da soldati del re, dopo disperata lotta in cui parecchi morirono, dovettero arrendersi. Un mese dopo, i due fratelli Bandiera furono fucilati, il 25 luglio, in quella stessa terra da cui avevano sperato partisse il segnale della rivolta. Mai nessuna morte fu più compianta della loro. Erano giovani, ricchi, di alto casato: avevano rinunziato con serenità superumana a tutte le gioie della vita. Aveano tutte le qualità per destare negli animi il compianto, e la loro morte fu una delle cose che più nocquero a Ferdinando II. “
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Brano tratto dal saggio breve Eroi (1898) raccolto in:
Francesco Saverio Nitti, Eroi e briganti, Edizioni Osanna (collana Biblioteca Federiciana n° 3), Venosa (PZ), 1987¹; pp. 18-19.
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canesenzafissadimora · 2 months
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Ogni volta che ti imbatti in una persona gentile
ti trovi davanti a uno sforzo strabiliante,
un impegno immane,
hai davanti una persona che lavora su di sé
continuamente,
un operaio del cuore
che fa i turni di notte a nome di tutti
sei davanti a una persona che non si sfugge mai,
che riesce a mettere cura
anche nella sua distrazione,
che ha imparato a provocare silenzio
quando le viene offerta
una provocazione
ricorda che hai di fronte
una storia piena di storie,
passeggiate lunghissime tra le campagne di paesi
che nemmeno sappiamo pronunciare,
hai davanti a te, una persona
che non teme la solitudine,
che ha imparato a stare da sola
a farsi isola
a farsi sole
che ha fatto della sua pausa
un'ancora di salvezza
che ha fatto della sua salvezza
un'ancora per gli altri
ti trovi davanti
a chi ha conosciuto la disperazione di persona
ma non si è disperata,
che si è disparata da tutti, dispersa ovunque,
dipesa da nessuno, dispensa del mondo
ogni volta che ti imbatti in una persona gentile
ringrazia la vita
brinda all'universo
inchinati al sole
inventa una domenica
organizza una festa
ti trovi davanti a un'opera d'arte
estremamente fragile
come la tela di un dipinto,
decisamente immortale
come un dipinto.
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Gio Evan
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Tu ricordati di me.
Quando tutto sembrerà dolore e fatica, quando il buio intorno ti bloccherà le gambe e strozzerà il respiro.
Tu ricordati di me.
Di quella mano tesa nell’oscurità, quando tutto sembrava andato ormai in frantumi in una notte che pensavi non avesse più fine.
Tu ricordati di me.
Della mia voce calma, a ricordarti del tuo respiro, del tuo essere viva, a dare forza a quel tuo primo passo lento verso l’alba di un giorno nuovo. E fu l'alba, e fu un giorno nuovo.
Tu ricordati, ricordati sempre di me.
Di quella volta che piangevi disperata, ed io ero lì con te a lasciar scorrere le lacrime, a lavar via il dolore, ad ammirare poi i tuoi occhi, ora lucidi, grandi, vivi.
Ricordati, ricordati di me.
Di quando la paura ti bloccava i gesti e le parole, per quel passo per te così importante, e continuavi a dire di non farcela, e la mia voce ti sussurrava che no, non era vero, e di fidarti, e di andare, andare avanti, senza paura. E ti lasciasti andare, e ce la facevi, e ce la facesti.
Tu ricordati di me.
Del mio amarti, sempre. Dei miei occhi teneri ad ammirarti nuda, allo specchio. Amore nel mio sguardo, sulle tue espressioni, sui tuoi anni, sui tuoi gesti di ogni giorno.
Ricordati.
Delle mie mani posate sul tuo cuore, a ricordarti il battito del tuo coraggio, il suono regolare del tuo essere al mondo, del tuo essere Viva, del tuo essere qui.
Eccomi.
Con te, ancora una volta, ancora e sempre.
Tu ricordati di me.
Con amore,
Te stessa.
Oscar Travino
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parsifalstyle · 1 year
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"I ricordi…
Durante le prime fasi del lutto, i ricordi sono come una lama rovente che ci trafigge il cuore…
Cristallizzata nel dolore, la nostra mente
masochisticamente corre sempre verso gli ultimi giorni vissuti dal nostro Caro.
Nonostante il dolore rievoca in continuazione gli eventi, per andare a ripercorrerli passo per passo, conscia che i fotogrammi di quei istanti gli saranno insopportabili, ne è comunque attirata disperatamente.
Per giorni, mesi… rievochiamo in continuazione gli eventi, alla disperata ricerca di risposte a domande che una risposta non l’avranno mai.
Torturandoci nei sensi di colpa, per colpe che in realtà non ci appartengono.
Ci aggrappiamo con tutte le nostre forze
al dolore perché ci fa sentire ancora vicini ai nostri Cari….
A lungo vagheremo nel buio attroce del nostro dolore…
Solo dopo un tempo che per ogni uno di noi sarà diverso, ed un triste estenuante cammino nel lutto, che ci richiederà forze e volontà infinite, arriveremo a conoscere così a fondo il nostro dolore da riuscire a gestirlo.
Non sarà più in grado di buttarci a terra e distruggerci a suo piacimento, ma saremo noi a collocarlo in un posto ben preciso, e decideremo noi come e quando permettergli di venire a galla.
Impareremo a conviverci…
Alla fine dopo molto, moltissimo tempo ed infinito lavoro su noi stessi, lo trasformeremo in un qualcosa di molto diverso… un qualcosa che potrà fare parte di noi malinconicamente ma senza più annientarci.
Un qualcosa che farà spazio nel nostro cuore, per lasciare il posto all’amore.
Solo allora i ricordi belli, come delle piccole lucciole arriveranno ad illuminare la notte della nostra anima…
Poco per volta… finalmente in noi tornerà a sorgere il Sole e quel giorno la dolce presenza di Chi Non C’è Più abiterà nel nostro cuore serenamente e per sempre…"
Di Sara Bianchini.
Dal libro: A Chi Non C’è Più.
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imponderabile · 4 months
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finalmente avevo smesso di piangere da mesi, pensavo di star andando bene e e poi invece la notte di capodanno piango disperata e rischio un attacco di panico
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