Tumgik
#a me è rimasto lo schifo addosso
mama-mera · 3 months
Note
Tumblr media
guarda è venuto il vomito a me... ci sosteniamo a vicenda <3
Io questo lo chiamo: lavoro di squadra ✨✨
Ma parlando seriamente, è comprensibilissimo che ti sia venuto il vomito! Avevo iniziato anch'io la traduzione completa e ho dovuto smettere per la nausea, posso solo immaginare come sia averla trascritta effettivamente tutta
1 note · View note
kon-igi · 4 years
Text
UN PENSIERO BUTTATO GIÙ SENZA RILEGGERLO MA SCRITTO COL CUORE
Questa mattina una persona tamblera con cui chiacchieravo su altri media mi ha chiesto come noi del mestiere si faccia a sopportare tutto questo altrui dolore senza andare fuori di testa.
Mi è subito tornata in mente una vecchia discussione che ebbi con un’altra persona (la quale ora spero abbia cambiato idea, seppur temo obtorto collo) che affermava che quando fosse morto Berlusconi avrebbe brindato e alla mia controaffermazione di averne viste troppe di persone morire perché anche solo una fosse motivo di esultanza, lui che rispondeva - Eh, vabbé... ma oramai ci dovresti essere abituato. In fondo è il tuo lavoro! 
Ecco il nocciolo della questione. 
Che alla morte non ci si abitua mai.
Semmai non ti fa più tutta quell’impressione il rantolo tirato fuori dal fondo dei polmoni per cercare di attingere alla riserva respiratoria, quando oramai col penultimo respiro avevi tirato su solo catarro e sangue; semmai non ti fa più così tanto schifo l’odore delle piaghe da decubito con la necrosi purulenta grossa come un piatto da pizza e le ossa che sbucano in mezzo a tendini e legamenti; semmai non ti colpisce più nello stomaco il momento preciso in cui ti accorgi che gli occhi prima erano vivi e poi improvvisamente di cera, svuotati di colpo della vita; semmai, se proprio ci si abitua a qualcosa, è alla velocità con cui riesci a ritrovare la compostezza in mezzo a pianti strazianti e urla di non accettazione... per ciò che mi riguarda una compostezza che dopo 25 anni di mestiere continua sempre a essere incrinata dal dolore di chi se ne va a fatica e di chi rimane a piangerlo.
La differenza tra me e voi è che dopo tante volte che tornavo a casa piangendo e senza riuscire a dormire io ho dovuto imparare a dare un significato diverso e più ampio a tutto il dolore che mi colpiva e mi frammentava dentro.
Da una parte c’era l’inevitabile dolore della perdita e dall’altra non dovevo mai perdere di vista la gioia di tutte le volte che avevo aiutato una persona a smettere di soffrire e a ritrovare la propria serenità.
100 a 1? 
Non è importante.
Credo di avervelo già raccontato qualche migliaio di post fa ma quando le mie figlie erano piccole andammo in gita sull'appennino parmense, a far finta di sciare noi e ad andare giù a balla con lo slittino loro. A un certo punto un adolescente brioso si fece prendere troppo la mano e quindi fallì miseramente quella manovra plastica con cui gli sciatori si mettono di lato e frenano a spruzzo di neve, andandosi così a schiantare contro un casottino di mattoni che credo contenesse la biglietteria per lo skipass. Corri subito da lui, parlaci, controlla i segni vitali e se si fosse spappolato qualche organo o sbiciolato sei o sette vertebre. Urla del padre, pianto isterico della madre, chiama il 118 e guarda portarlo via in elisoccorso, quasi sicuro che più di un omero fratturato e due o tre coste ammaccate non avesse.
E la cosa viene da me dimenticata.
Qualche mese dopo mi trovo con tutta la famiglia a una festa di paese, in un borgo medievale della bassa parmense, quando a un certo punto incrocio lo sguardo di un uomo che mi sta osservando a sopracciglia aggrottate. Non faccio in tempo a restituirgli uno sguardo interrogativo che lui avanza con quattro passi e mi stringe forte le spalle. Guardate! - urla alla sua famiglia poco distante, con espressione gioiosa -- Guardate chi ho trovato!  E un attimo dopo vengo abbracciato strettissimo da una donna, con tutti i suoi riccioli che mi entrano negli occhi e il marito, dietro, che dice al figlio - Lui è quello che quest’inverno ti ha salvato!
Io ero imbarazzatissimo perché la madre non mi mollava più e stavo per dire a tutti che io non avevo fatto nulla - perché davvero non avevo fatto nulla per loro figlio, tranne tenergli la mano e farlo sorridere con battute stupide finché non l’hanno caricato sull’elicottero - quando mi sono reso conto che quello era ciò che pensavo io, non quello che sentivano loro.
C’erano un padre e una madre che assistevano inermi alla sofferenza del loro figlio, un padre e una madre che non sapevano se il loro bambino sarebbe morto o rimasto paralizzato per tutta la vita; e poi c’è stato un perfetto sconosciuto che è saltato fuori dal nulla e che lo ha consolato, fino a farlo smetter di urlare.
Delle persone che chiedeva aiuto e un’altra che ha risposto.
Io non ricordo quanti anni siano passati da quell’abbraccio ma vi posso assicurare che mi ricordo benissimo quanto fosse sincero e poi quanto fosse forte quello che le ho restituito, in silenzio, accettando la loro gratitudine, perché - vedete - la morte e la sofferenza a volte sono delle cappe pesantissime e quasi insopportabili da trascinarsi addosso ma chi ci lavora assieme sa benissimo che mille di esse possono essere dissolte in un solo attimo dalla gioia di un sorriso restituito.
Vale per me e voglio credere che valga per un enorme numero di miei colleghi - la maggior parte, spero - ma la cosa strana e divertente è che non c’è alcun motivo perché questo non possa valere anche per voi, senza scomodare osse rotte ed elisoccorsi... 
Perché ci sono tante, troppe persone che non ricordano più come si fa a essere felici e a volte basta solo chinarsi, allungare la mano e dire - Eccomi... ci sono qua io con te. 
539 notes · View notes
dominicdarragh · 3 years
Text
“Non potevamo essere normali?”
Tumblr media
19.12.76, Porticato Interno
D: Gli ci vuole poco per rendersi conto della presenza di qualcuno, anche se non comprende subito di chi si tratta. È il profumo che gli arriva alle narici a fargli accendere una lampadina, lasciandolo con un solo e unico nome nella testa “Merrow”.
M: Le ci vogliono dunque parecchi istanti meditabondi prima di buttare un`occhiata in direzione del resto del porticato, cogliendo solo ora la figura di Nico che sembrava non aspettare altro che un suo sguardo: occhi che si fanno più accesi, sorriso storto che inclina verso il basso la punta della Merlino`s, ed un cenno del capo per incitarlo ad avvicinarsi. «Che hai fatto?» ciao Dom «Dove Gramo hai messo la faccia?» per essere più precisa, mentre smolla la sigaretta tra le labbra e la destra s`allungherebbe per cercare di portargli via un po` di quello sporco dal viso con il pollice delicato, lo sguardo completamente rapito dal proprio gesto.
D: «Che?» ciao anche a te Merrow. «Da nessuna parte» cosa vuoi donna? Lui non è proprio consapevole di avere quelle macchie bianche e blu sul viso, è convinto di averle tolte tutte. Ma poi la ragazza allunga la mano per portarla sul suo volto, lasciandolo un po’ sorpreso di quel gesto, come la prima volta, eppure non si scosta nemmeno di un millimetro, non come la prima volta. Solo nel ritirare l’arto noterebbe il colore rimasto a sporcare la pelle candida di Merrow, e subito la mano andrebbe a sfregare lo stesso punto su cui prima l’altra ha posato le dita, lo sguardo basso e forse anche un po’ imbarazzato. «Dannazione, pensavo di averlo levato tutto. Io e Liu ci siamo messi a colorare dei sassi che ha portato in sala comune, con dei colori commestibili e delle immagini di Natale. Poi c’è la griglia del tris, così potete giocare con i sassi a tris.» È una bella idea no? Notice me senpai. E lo sguardo laterale verrebbe anche ricambiato ad un certo punto, tramite una leggera inclinazione del capo verso di lei… «Tu vai a casa o rimani?» a giocare a tris. Mica a fare altro. 
M: Sta in silenzio, lo ascolta, aggrotta un secondo la fronte e poi mormora «Scusa, ma se sono sassi, che senso ha dipingerli con la roba commestibile? Cioè uno gioca a tris leccando la pietra?» perché no, non sembra essere in grado di capire il processo cognitivo che ha portato quei due Primini a prendere quella scelta. Torna ad inspirare, muove il capo e gli occhi verso il cortile «Non lo so ancora» sentenzia inspirando aria sta volta «Senti, ma a te farebbe piacere tornare a casa per le vacanze? O preferisci rimanere al castello?» occhiata in tralice e viso che resta immobile. 
D: «Ma che ne so io!» perché hanno fatto tutto con la vernice commestibile. «Li ha portati Liusaidh i colori! Però non credo che leccare le pedine fosse nel piano iniziale…» le sopracciglia vanno ad aggrottarsi un poco, pensierose, sulla questione. «Però se vuoi farlo… Tanto il disegno è commestibile.» Scuote anche le spalle socchiudendo gli occhi, restando però posizionato accanto a Merrow; con un’aria fin troppo tranquilla… La questione vacanze di Natale è sempre un po’ scottante per lui. E affrontarla due volte in un giorno ancora peggio. «Mhm… Mi avevano proposto una cosa…» tipo di andare da Brandon. «Però poi a picco. Quindi rimarrò al Castello.» Sia perché lo preferisce, sia perché non ci sarebbe nessuno ad aspettarlo a casa. Ma questo non lo specifica.
Tumblr media
M: Ascolta la cosa dei colori, almeno, questa è l`idea che si può fare Dominic, ma tanto lei continua ad alternare le labbra al filtrino in inspirate più o meno profonde, continuando ad alternare i colori della sigaretta da blu, ad indaco, ad argento, e poi di nuovo bluastro. Sembra esserci un pattern in quella ciclicità, come se fosse il giro d`un pensiero ossessivo: è un tormento, costante, non cosciente, ma che perpetrato a lungo prima o poi raggiunge il disastro sperato «Non è la risposta alla mia domanda. Bastava dire che sarebbe stato meglio qualunque posto, pur di non tornare lì.»
D: Lo sa anche lui che non è una vera e propria risposta, ma magari non voleva rispondere. Magari non voleva dare voce alla sua situazione particolare; la situazione a cui dà voce proprio la Loghain, nemmeno gli leggesse nella mente e nell’anima. «Anche se volessi tornare non sono il benvenuto.»
M: Le parole di Nico le arrivano, e lei ci mette ancora qualche istante prima di trovare la voglia di rispondere con un misero «Hm» gutturale, sbuffando via dell`argenteo fumo, dalle labbra «Volevo farti un regalo.» lo dice così «Ho vinto il premio di Casata del mese d`Ottobre. Cavalcare Abraxas sui Grampians.» dando per scontato che l`altro sappia delle creature magiche in questione «Ma per andarci non posso tornare al castello, ma dovrei tornare a casa a natale.» leggero disgusto sul viso, che dura veramente meno d`un battito di ciglia «Volevo dare a te il mio premio. Oppure portarti con me.» inspira dalla Merlino`s e tace qualche attimo, trattenendo il respiro e rilasciandolo rumorosamente assieme al profumo di mandorla amara «Ma entrambi non vogliamo tornarci, a casa, no?» e non è davvero una domanda, anche perché continua a non guardarlo, preferendo fissare il paesaggio innevato «Perché non sei il benvenuto?» chiede poi, a bruciapelo, in quella domanda che è davvero veloce come una frusta «Perché esisti?» e ridacchierebbe anche, amara, amarissima: fiele in un sorriso troppo giovane. 
D: E sta per rispondere a alla domanda retorica dell’altra, quando viene bloccato dall’ennesima, cruda espressione cinica dell’altra; e il capo va di nuovo a perdersi nel bianco paesaggio innevato, vacuo e assente ormai. «Lo sai perché non sono il benvenuto.» Glielo ha detto pure davanti al camino, tempo prima. E infatti l’altra da voce alla motivazione subito dopo. «Sì.» proprio perché esiste. Non trova davvero altre motivazioni. Ci ha provato, ma non le trova. «Abbiamo finito?» 
M: «No… Sì… No» ci ha ripensato, in un altalena d`umore che davvero sta cominciando ad infastidire anche lei «Io volevo portartici» ora sembra quasi irata, nonostante rimanga inquietantemente composta «ma facciamo così schifo che non possiamo nemmeno goderci le cose belle perché continuano ad essere contornate da una palude di me**a» sbuffa «Voglio diventare maggiorenne. Voglio andarmene. Mi sono rotta il ca**o di questa scuola, di queste persone, di questo ca**o di cognome.» oramai è un fiume in piena: magma lavico che fonde tutto ciò che trova «E tu.. e tu sei uguale» a lei, troppo simile «e la cosa mi urta terribilmente.» non spiega perché, ma solo adesso va a piantargli gli occhi addosso, con la mascella contratta e rigida «Non potevamo essere normali?» lo chiede ad un undicenne «Ma vaffa-» torna dritta, fa un mezzo giro su se stessa per voltarsi e comincia ad incamminarsi da dove è venuta.
Tumblr media
D: E poi. Merrow. Sbrocca. E lui la ascolta ugualmente, impassibile, andando a piantare gli occhi verdi su di lei; le sue parole che in parte lo colpiscono e rimbalzano via, in parte lo attraversano. Sono uguali? Davvero? Lo sguardo si fa un poco più duro, mentre la guarda senza paura, e anche quel pizzico di ammirazione sembra essere stato cacciato via chissà dove. Perché offeso con lei ancora non riesce ad esserlo. «Mi dispiace di urtarti terribilmente.» Atono. Non è davvero dispiaciuto. Ma nemmeno urtato o offeso. Sembra quasi un automa a ripetere quelle scuse. E poi l’altra fa quella domanda. E lo manda a quel paese. E fa anche per andarsene. Ma lui non ci sta zia. Infatti allungherebbe il braccio verso la ragazza… una ragazza di 15 anni, 20 centimetri più alta di lui, che potrebbe atterrarlo con la forza di uno sguardo. Ma lui ci prova comunque, allunga la mano e prova ad afferrarla per fermare la sua “fuga”. «No.» Che non potevano essere normali. E la voce va ad abbassarsi, facendosi profonda e poco normale per un ragazzino di 11 anni. «A quanto pare non potevamo. Ma tu non fai schifo.» A riferirsi alla parole dell’inizio del discorso di Merrow. 
M: Lo fissa con occhi sbarrati ed una frase molto simile al "non azzardarti a toccarmi" premuta tra le labbra e non espressa a voce: perché nonostante la sua furia, lo capisce che certe cose no, non può proprio dirle. Eppure è tutta un fascio di nervi, ed il suo "no" ulteriore non fa altro che farle scuotere il capo come un cavallo imbizzarrito «Fan***o» a lui? Alla situazione? A se stessa? «Cosa ne sai?! Cosa ne sai che non faccioschifo, come ca**o tipermetti di direchenonè così che nonsainiente! Dimedei miei, dicasadi qui del castello! Di quelliche se ne fo****odi quellichestraparlano. Che diconoche ci tengono e nonèvero, che diconochenoncitengono e non è vero nemmeno quello!» non alza la voce, anzi, è un sibilo pericoloso che le esce, in quella maledizione che prende corpo proprio nel momento peggiore, proprio mentre osserva il suo sguardo tradito «Perchètanto te ne andrai pure tu cometutti, che tantosei piccoloedio sono solo quella più grande e stranachenon si sa perchè aiuta i primini» schiocca la lingua al palato in un suono di disgusto «Ma checa**o ne sapete, ma chica**o telo fa fare di prenderti stasbatta. Ma cosa vuoi da me?! Cosa ti aspetti?Chenontifaccia male? Ti sbagliionefaccio sempre. A tutti, costantemente.» occhi di fuoco, con il respiro affannoso e la maledizione che finalmente cessa, lasciandola quasi con la testa che gira.
D: E non si fa problemi a toccarla. E si prende il “fanc**o” della ragazza come è abituato a prendersi tutti gli insulti e il male che la vita gli ha riservato, perché no, non è normale, come ha fatto notare la Loghain poco prima. E si becca quel Soliloquium in piena faccia, come uno schiaffo rovente, inaspettato e doloroso sì. Ma non può essere arrabbiato, non con lei, con nessuno. Perché tanto è colpa sua. Di tutto. Come al solito. E dalle sue parole si rende conto, più di prima, di cosa li accomuna veramente. E rimane lì. Fermo. Immobile. Con le braccia lungo il corpo e la testa alta, a guardarla esprimersi senza controllo, senza freni inibitori. Perché è quello che vuole; preferisce prendersi sulle spalle tutti i suoi problemi, così, piuttosto che vederla andare via senza spiegazioni. E quasi la ammira in quel fuoco che sembra avvolgerla nel suo sproloquio. Fino alla fine. Perdendo ogni traccia di astio o offesa che era prima presente nella sua espressione. «E l’hai capito tutto da sola?» cosa? Che vuole? «Che me ne andrò? Come tutti gli altri? Perché io non sono normale»…«Quando avrai capito. Che non voglio niente di più da te» niente di più di quello che lei non è già. «Sai dove sono.»
11 notes · View notes
Text
Tumblr media
Un lavoro discutibile
Drammatico
Parte 1
Dannazione! Quanto ci mette ad arrivare? Ormai è passata mezz'ora…
Se avessi saputo che avrei perso tutto questo tempo, mi sarei appostato nel palazzo davanti alla scuola. Merda!
Forse ho fatto bene, in realtà. Mi hanno detto di essere discreto, per non dare loro altri grattacapi, e colpire in un luogo così affollato non sarebbe stato esattamente coerente con quella sollecitazione.
Devo ammettere, però, che mi ha dato fastidio: non è certo il mio primo incarico e se, tra la concorrenza, hanno scelto di affidarsi proprio a me, significa che sanno bene di che sono capace.
Avrebbero potuto fare quella raccomandazione a un novellino alle prime armi, non certo a un esperto!
In ogni caso, farei bene a non lamentarmi:è il compenso ciò a cui devo dare attenzione, diano pure fiato alla bocca, se vogliono.
Tre meno venti, ancora nulla. Sto cominciando ad agitarmi…
No. Sangue freddo, come sempre.
E pazienza.
D'altronde, sono rimasto ad aspettare molto più a lungo, come quella volta in cui ho passato più di due ore in una topaia maleodorante prima di sparare al magnate di un'industria russa. Doveva essersi trattenuto più del previsto con quella ragazza che poteva sembrare sua nipote.
Che schifo…
Ah, non so nemmeno perchè lo insulto! Magari era una brava persona.
Perchè cerco di convincermene?
Per farmi venire altri scrupoli e mandare tutto a puttane, ecco perchè! Mi conosco bene ormai.
Non vorrò tornare a fare la vecchia vita, per caso? Quella in cui se sopravvivi alla fame rischi di lasciarci le penne per mille altri motivi?
No, per niente.
Non tornerò mai a fare quello che facevo prima. Quel passato si trova alle mie spalle da un pezzo, quindi è meglio che non faccia più riflessioni inutili e che mi sieda di nuovo davanti alla finestra.
Anzi no, meglio bere un po' d'acqua prima. E accendere una sigaretta.
Chi è che ucciderebbe qualcuno per scelta? Sicuramente non io, che da piccolo avevo paura del sangue ma che, paradossalmente, volevo fare il chirurgo.
Il chirurgo, colui che lavora per salvare vite!
Come me anche Wade e Stuart, solo che Wade voleva operare al cervello e suo fratello al volto.
Io, invece, volevo diventare un cardiochirurgo perchè, nella mia ingenuità infantile, pensavo che se avessi "aggiustato" i cuori delle persone, queste avrebbero continuato a provare dei sentimenti e vivere felici.
Poi sono cresciuto e ho capito che i sentimenti risiedono nel cervello, ma purtroppo nessuno elabora amore o compassione. Per questo sparo ai miei bersagli proprio lì, in mezzo alla fronte.
Cazzo, è già finita! Meglio accenderne un'altra…
Ecco perchè chiunque scelga questo mestiere non lo fa per scelta, ma solo perchè spinto dai lauti guadagni promessi a ogni incarico.
E questo mi autorizza a porre fine alla vita di un essere umano? Che diritto ho io di decidere una cosa del genere?
Nessuno, dato che, di fatto, non sono io a deciderlo. Mi limito a svolgere il mio incarico nel migliore dei modi, a eseguire gli ordini. Sì, certo, anche i nazisti lo dicevano. Che scusa comoda…
Ma io non sono come quei mostri, loro uccidevano degli innocenti. Io no, io uccido solo persone colpevoli di qualcosa. Lo sono tutti, in fondo. Giusto...?
Che cos'ha la mia vita in più rispetto a quella di un altro?
Anche io ho fatto e continuo a fare delle cose orribili, inimmaginabili per alcuni, ma che non sono certamente paragonabili a quelle compiute dalle mie vittime. Giusto...?
Può darsi che anche loro abbiano ucciso qualcuno, più di uno magari, e che il mio intervento sia stato una sorta di punizione divina. Allora dovrebbe venire qualcuno per punire anche me?
Mia madre...ah, mia madre...diceva che se lavi un lenzuolo sporco nella stessa acqua in cui ne avevi lavato un altro, poco prima, quel lenzuolo non si pulirà ma, anzi, si impregnerà di quell'acqua e diventerà ancora più lercio.
E pensare che sono sempre stato convinto che non mi sarebbero mai serviti i suoi proverbi.
Che saggia donna che era, mia madre.
Ho perso il conto di tutte le persone fatte fuori da quando ho cominciato:per la maggior parte pezzi grossi della politica, della finanza e così via, ma anche persone comuni, colpevoli, direttamente o meno, di aver pestato i piedi ai miei committenti, proprio come in questo caso.
Questo caso…Dio mio, ma come si fa a chiedere una cosa del genere?
È la prima volta che ricevo un compito simile e spero vivamente che sia anche l'ultima.
Ogni volta mi convinco che il mio obiettivo sia una persona spregevole, che meriti di finire sotto terra.
Dico a me stesso che nella loro insulsa vita hanno recato del male, ma non posso esserne sicuro visto che si tratta di persone a me totalmente estranee, che posso immaginare solo grazie alle mie convinzioni personali e alle brevi descrizioni fornite dai miei committenti.
Ma come fidarsi di mafiosi, strozzini e altri individui che potrebbero essere loro stessi quelli che mi vengono descritti ogni volta?
Ecco qua, altre riflessioni inutili che compromettono il mio lavoro!
È meglio che me lo tenga stretto, per quanto discutibile che sia: mi piace troppo la bella vita che conduco adesso, piena di hotel di lusso e sigarette.
Anzi, credo che sia il momento della terza, tanto la situazione è ancora tranquilla.
A ogni modo, comunque la si voglia vedere, è così che funziona.
Puoi scegliere di chiudere gli occhi per sempre o di fare come me, essere disposto a tutto pur di accumulare anni. Il mondo è una palla di merda abitata da persone di merda. Lo hanno capito anche Wade e Stuart, che hanno abbandonato i loro sogni per ritrovarsi a spacciare.
Altro che chirurghi rispettabili.
A dire il vero, non so nemmeno come se la passano. Nè so se sono rimasti nella nostra città, nè se sono ancora vivi. Non li vedo da così tanto tempo...
E neanche Becky Ivy.
Già, chissà che fine ha fatto, pure questa. Spero che almeno lei non sia finita in chissà quale giro pur di sopravvivere.
Ricordo ancora le volte in cui noi ragazzi giocavamo a pallone, nella piazzetta, e lei si fermava dietro al muretto con il mento poggiato sui palmi, a fissarmi: puntava i suoi occhi neri sempre e solo su di me.
Continuo a sentirmeli addosso, certe volte.
Peccato che nessuno dei due si sia mai fatto avanti.
Forse è meglio accendere la quarta, mi sa che qui ne abbiamo ancora per le…
Eccola! Quasi non ci speravo più.
Bene, adesso prendo la mira e...e cosa? Cosa devo fare adesso?
Dannazione! Merda, merda!
Non posso farlo, non posso sparare a…
Ma che cazzo sto dicendo? Non posso rifiutarmi di sparare! Devo portare a termine il lavoro per riscuotere il pagamento, altrimenti tanti saluti!
E poi, se mi tirassi indietro, loro chiamerebbero qualcuno per uccidere me. La mia punizione…
Si è fermata proprio davanti a me, è un'occasione d'oro! Devo sparare adesso, prima che ricominci a camminare.
Ecco, ci sono: calibrare, puntare e...calibrare, puntare e…
Cazzo, perchè mi tremano le mani?
Non mi era mai successo.
Perchè sto esitando proprio in quest'occasione?
Perchè lei non rientra in nessuna di quelle descrizioni, diamine! Come potrebbe? Sembra così...innocente. Se le sparassi diventerei davvero come uno di quei mostri della Germania nazista.
O lo sono già diventato?
NO!
Basta con tutte queste paranoie! Devo ucciderla, che sia sbagliato o meno.
O chiudi gli occhi per sempre o sei disposto a tutto pur di accumulare anni, nessuna via di mezzo.
E io ho già scelto da tempo. Dunque è meglio che queste mani la smettano di tremare e che facciano il loro dovere, come hanno sempre fatto.
Alla fine è sempre la stessa storia e oggi non c'è nulla di diverso.
Magari lei diventerà una trafficante, trufferà della gente, picchierà i propri figli, ne abuserà o lo farà con i figli di qualcun altro, magari anche lei sparerà in testa a qualcuno, un giorno.
Non potrò mai essere sicuro di queste cose, ma so con certezza che mi piacciono troppo gli hotel di lusso e le sigarette.
Fanculo!
E sparò alla bambina.
1 note · View note
finizen · 4 years
Text
non riesco più a camminare come una volta. non parlo dell’incapacità di mettere un piede davanti all’altro, ma di ciò che comporta l’azione in sé. il mio corpo mi sembra scomposto, tante parti sconnesse che mi appartengono e al tempo spesso mi sono estranee. non riesco a non concentrarmi sulle mie caviglie, sul piede nella scarpa, sono dolorosamente cosciente di ogni centimetro di pelle, ogni frammento di questa entità più grande che è il mio corpo. un corpo che non avverto più mio. prima provavo un certo piacere a guardarmi allo specchio, ora non ce la faccio. ho iniziato a dormire vestito dopo anni per cercare di dimenticare come sono fatto. a che cosa serve il mio corpo se nessuno lo guarda? se non viene toccato? a volte provo quasi ribrezzo. sono disgustato perché mi riconosco solo nella carezza dell’altro, nell’amore altrui e ora non so più chi sono, mi sembra che nulla abbia più senso. e quindi camminare, sollevare un oggetto, fare qualsiasi cosa diventa un’azione insostenibile. perché è un continuo rimando al mio stato di corpo solitario, malato e abbandonato. vorrei non esistere più.
il terapista che pago 35 sterline l’ora perché ascolti i miei continui sfoghi senza interruzioni e senza giudicare non offre nessuna nuova prospettiva. vorrei qualcuno che mi dicesse cosa devo fare, cosa dire. eppure continuo a vederlo. i collegamenti che lui traccia tra le cose che faccio, che penso, che ho detto in precedenza sono legami che riesco a trovare già io. sono già pienamente cosciente di tutti modi in cui sono sbagliato. il problema è l’impossibilità di fare qualcosa a riguardo. mi vergogno di questo mio bisogno malato, del mio comportamento da bambino costantemente traumatizzato. mi vergogno della mia tendenza a mettere alla prova chi mi ama. prenditi cura di me, se non ti parlo continua a cercarmi, cercami fino allo sfinimento, parlami finché non devi supplicarmi, dimmi che mi ami finché non stai piangendo per l’intensità dei tuoi sentimenti, continua a distruggere i miei muri mentre io ne costruisco altri, mentre a volte non mi mostro riconoscente per lo sforzo perché voglio di più. più dimostrazioni che non te ne vuoi andare. che non puoi. inseguimi quando scappo via.
non ho più nulla da offrire. solo tanto dolore e una totale rassegnazione all’infelicità della mia condizione. ogni conversazione è più pesante, più difficile; ogni interazione più stancante. ogni giorno più orribile. eppure continuo a vivere. vado a letto presto perché non voglio essere sveglio e cosciente, mi alzo la mattina e cerco di restare a letto quanto più possibile, a lavoro mi sento morire dentro, ogni volta che mi muovo. calcolo ogni giorno quante volte posso permettermi di non andare e riuscire comunque a pagare l’affitto, fisso l’orologio e guardo i minuti passare. uno, due, tre... sessanta. e poi da capo. mi sento completamente isolato, sono solo: lo ero prima e ora lo sono ancora di più. prima ero triste ma almeno mi sentivo parte di qualcosa. sapevo di poter contare su qualcuno quando tornavo a casa. sono un impostore che finge di fare quello che gli viene chiesto, che si distrae per due minuti per poi essere colpito, ancora una volta, dall’intensità del dolore che mi porto dietro. e quando rimango a casa sono invece un fascio di nervi: piango, urlo, parlo da solo, cammino avanti e indietro. sono queste le uniche due scelte? è questo quello che ho davanti? ho ventidue anni cristo santo. ho paura.
ho paura di cosa provo, di come sono. ho paura di cosa penso in questo momento, e ho paura di cosa penserò se la situazione continua così. ho voglia di fare cose che non volevo farmi da quando ero adolescente. mi sento in colpa per questa mia malattia. a volte penso: c’è gente che sta male per anni per uno schiaffo, per delle frasi infelici. perché non ho il diritto di stare così, di sentirmi così indesiderato, così spaventato, così inadatto alla vita se non all’amore? perché non mi concedo queste cose? anche io ho passato dei momenti orribili, e subito parte la lista, un elenco di cose che hanno probabilmente contribuito pienamente al mio continuo bisogno di amore e alla mia insicurezza. perché certe persone sono autorizzate a sentirsi così e io no, quando vivevo con il terrore addosso? quando ho passato anni interi rinchiuso e isolato completamente dal mondo e da ogni altra persona? e cioè quando ho imparato cos’è la solitudine come sensazione esistenziale, quando mi prendevo in giro e dicevo che mi stava bene, che mi piaceva. quando ho imparato a vedere la tristezza che sentivo ogni giorno come parte essenziale di me e ora non riesco più a separare le due cose. solo ora dopo anni sto capendo quanto i miei anni spesi in completa solitudine mi abbiano cambiato completamente. però no, non basta, ci sono altre persone che stanno peggio, che hanno subito le stesse cose, o hanno vissuto eventi più traumatici, e riescono a stare al mondo meglio di me. e anche fosse, cosa mi dà il diritto di usare questo passato per trattare male chi amo? cosa ha giustificato il mio continuo bisogno di mettere il mio fidanzato continuamente alla prova? sia quando chiedevo “quanto mi vuoi bene da 1 a 10” come un bambino stupido, fino all’estremo opposto, quando non riuscivo a parlare, mi isolavo perché era più facile, perché sono più abituato alla solitudine; quando non facevo nulla anche se sapevo di essere nel torto, perché volevo essere inseguito, volevo che venisse lui da me, sempre... come un bambino stupido. voglio chiedere scusa fino a perdere la voce. perché ho così bisogno che qualcuno si prenda cura di me? il mio unico desiderio è stato, ed è ancora, amare. amare di un amore che prende il sopravvento su tutto, che è così forte che vorresti morire, che include tutto e allo stesso tempo lo annulla. e allora perché non riuscivo a dire queste cose? perché non dimostravo nulla di quello che provavo? e soprattutto, che senso ha dire che ho tanto amore da dare se il mio amore è macchiato, infetto? mi faccio queste domande e vorrei solo farmi piccolissimo e marcire sotto le coperte per sempre.
sono pieno di rimorsi. ogni cosa che faccio, ogni cosa che dico mi sembra una richiesta d’aiuto. ma in realtà è sempre stato così, ho sempre voluto essere aiutato. e invece quando chiedo aiuto esplicitamente mi sento un peso morto, sono stanco anche di sentirmi parlare. però anche in questo momento in cui mi sento morire, in cui mi sento ferito e arrabbiato, sento di non farcela da solo. non riesco a credere che una settimana dopo aver fatto sesso con me per l’ultima volta c’è già stato qualcun altro. mi fa schifo lui, mi fa schifo l’idea di lui e un’altra persona, è disgustoso. ma soprattutto mi sento disgustoso io, quasi come per riflesso. una sensazione fisica che si estende anche a me, mi sento inadatto, rifiutato per un’altra volta, rifiutato come mi sono sentito rifiutato per tutta la mia vita. mi sento preso in giro, come se fosse stato tutto una grande bugia. non riesco più a toccarmi. ma soprattutto disgustato perché non riesco ad andare oltre ciò, perché so che nonostante fuori io sia arrabbiato in realtà so che perdonerei tutto, so che mi basta pochissimo e ritorno in ginocchio, mi annullo completamente perché è quello che voglio, perché l’amore è così grande che farei qualsiasi cosa. mi sento come se mi fosse stato strappato un arto. non riesco a sopportare la mia rabbia, il disgusto, la mia debolezza, questa solitudine, questa separazione. ho voglia di prendere il treno e stare fuori ad osservare casa sua e poi tornare a letto. immaginarmi lì e immaginare che lui esca fuori. sono stanco della gente che mi dice che sono melodrammatico. non me ne importa niente che “ci passano tutti”. sono stanco della gente che dice che passerà, e anche di chi mi dice che non passerà. sono stanco di parlare con le persone. voglio essere lasciato in pace.
non mi è rimasto nulla, nemmeno quella poca privacy di poter scrivere qui senza alcuna conseguenza nella vita reale. domani è san valentino (e stasera... è stasera), e vorrei solo stare a letto a pensarlo ed autocommiserarmi. mi sento così solo. mi sento così solo che vorrei strapparmi la pelle a morsi. vorrei piangere così tanto fino a bruciarmi le guance. mi sento così solo che vorrei passare il resto dei miei giorni a dormire fino a far atrofizzare tutti i muscoli e poi correre fino a farmi esplodere i polmoni. perché mi sento così non amato?
#k
9 notes · View notes
catastrofeanotherme · 5 years
Text
21/06/2019 ore 19.30
"Ciao lupacchiotta, com'è che stai?". È la prima frase che penso le mattine appena mi sveglio. Ti ricordi ancora di quel velo bianco tra me e te? Guarda che esiste, è rimasto intatto. Non lo so, non me lo chiedere nemmeno, non so perché. O forse sì. Lo sporco che lasciano certi momenti fa davvero schifo. Ho visto il tuo cuscino messo storto stamattina e la tua testa chissà dove. Non era appoggiata su di esso. Avrai sognato, sì. Ho visto che mi piace stare nella tua vita, perché so anche starci. Mi rendo conto di essere in grado accettando di sentire e di vedere un po' quello che potrebbe divorarmi psicologicamente o meno. Mi rendo conto che posso parare me, te e noi due messe insieme. Avevi ragione e non sempre t’ascolto. Perché mai dovrei avere paura? Mi è stato detto che qualcosa sarebbe successo in questi giorni. Poi ho pensato al tuo volto. Dovrà accadere; mi son detta e lei dovrà essere forte ancora una volta. Stanotte non lo so come mi sentivo, non lo so come sono stata, c'avevo paura di svegliarti con il pensiero. Perché questo? A volte guardiamo come tutto si sgretola e rimane polvere un po' ovunque. Impalate ad ammirare chissà che. Tanto prima o poi tutto si poserà, tutto giacerà. Le finestre sono aperte, nella mia stanza che è pure la tua, si sentono mancanze. Anche ora che fa caldo. E quando l'aria non passa io mi sento soffocare. "Buongiorno Bimba", mi scrivi. Ci parliamo tramite canzoni ed immagini con delle frasi quando non ci bastano le nostre parole. Le finestre sono spalancate sempre da parte mia, vorrei fare cadere dal terrazzo tutto il marcio che ti porti addosso. Dammi un bacio che mi passa esattamente in questo modo, prendi le mie mani e nota come son fredde. 'Mani fredde ma cuore caldo, amore mio.' Così come mi dici sempre. Son gelate pure d'estate. Ma perché? Quante volte ti vorrei scrivere ti amo sulla fronte o da qualche altra parte del corpo e quando andrà via, riscriverlo di nuovo. Non mi lasci combattere da sola, almeno tu non lo fai. Lasci sempre la tua essenza in me. Ma lo fai perché hai paura di qualcosa? Capisci che ti sento forte, fortissimo e sorridi su. Effettivamente fai bene a sorridere, è bello averti in me. Ho le tue promesse che mantengono, ho le tue raccomandazioni scolpite per quando esco, ho la tua voce che mi rincuora anche di notte, il tuo sorriso messo lì a ricordarmi di saper vivere. Lo sai che non sono brava a badare a me stessa, sono capricciosa ed ho ormai poca pazienza. Mi sforzo sempre a migliorare anche per te. Però sai, non sempre tutto questo basta. Me lo faccio bastare, è diverso.
"Ciao lupacchiotta, com'è che stai?"
Che in tutto questo frastuono che sentiamo io e te, io so come stai ed è per questo che non te lo chiedo più. È la prima frase che penso soltanto ma non la scrivo, non la dico.
- Mi faccio il caffé? Ne vuoi un po'?
- Ti ho sognata.
- Sto leggendo questo libro.
- Sto ascoltando questa canzone.
- Sto fumando.
Me ne daresti di risposte ad un "come stai?", tu.
Ilaria Sansò
37 notes · View notes
nonciavretemai · 5 years
Text
pt.3
e niente ti ho scritto, abbiamo parlato, ti ho detto che voglio scoparti, mi hai mandato una foto della frosella ed io ti avevo detto che d’estate mangio solo quella e allora ho cominciato a prenderti in giro sul fatto che ti manco troppo e pensi a me sempre
ora mi hai appeso non mi rispondi più, ma ci sta io ieri sono sparito per un giorno dopo che avevamo dormitoninsieme abbracciati ed il volume della tv era troppo alto ma il telecomando era lontano, tu dormivi su di me troppo profondamente, non volevo svegliarti, allora non ho dormito perché la tv urlava troppo ed ho aspettato che il timer la facesse spegnere e questa è una delle cose che non saprai mai
la sveglia ha suonato alle 7, io sono subito tornato in me, tu quasi facevi finta di dormire ancora, allora ho provato a svegliarti con qualche carezza, per farlo in modo gentile, tu piano piano hai aperto gli occhi mentre ti accarezzano i capelli, poi ti sei girata di spalle ed io avevo già il cazzo duro, due minuti dopo sei scesa sotto le coperte e me lo hai preso in bocca, allora subito ti ho scopato da dietro, ma non sei venuta, ad una certa ero stanco, mi sono fermato e volevo leccatela, tu mi hai detto no basta ti prego mi fai fare tardi al lavoro, sembrava una di quelle cose da film
e niente mi hai fermato, mi hai detto buongiorno e sei andata a farti la doccia, io sono rimasto a letto a fissare il telefono, tu ti sei affacciata dal bagno nuda e mi hai detto lavati i denti con il mio spazzolino
ti ho accompagnata al lavoro, tu fai la truccatrice da mac fuori napoli centrale, sei scesa dalla macchina dicendomi grazie del passaggio, ci sentiamo quando torno dalle vacanze, sono sicura che ti mancherò
e niente me ne sono tornato a casa a prendere un cappuccino al bar, stanco ma felicissimo,
quella sera mi hai fatto vedere rick e morty, il tuo cartone preferito che hai anche tatuato addosso, in verità a me fa anche abbastanza schifo ma lo sto vedendo perché mi manchi
4 notes · View notes
still-a-sketch · 5 years
Text
08 giugno 2019
Avete presenti tutti gli impegni di cui vi ho raccontato nello scorso post? Ecco.
AH-HA guess who has just passed a shitty day. Okay, in realtà probabilmente sarebbe potuto andare molto molto peggio. Tipo, in questo momento sarei potuta essere DAVVERO quella festa alla quale sarei dovuta andare. Cioè, dovevo fare una cosa figa per una performance, ma la realtà è ne avevo voglia zero e sarei andata solo per non perdere gli “agganci” con queste persone. Si dà il caso però che l’altra ragazza che avrebbe dovuto lavorare con me “in coppia” abbia dato buca, e che quindi io come scenografia vivente da sola risultassi inutile. Dunque eccomi qua, a bere tè e riflettere sui perché della vita.
Il Florence Fun and Japan? Un mezzo incubo. Non per la fiera in sé, chiariamoci: anche se era piccolissima non si poteva dire facesse schifo (oddio, insomma). Il problema è stato, come al solito, con le altre persone. Essendo una fiera molto piccola non mi interessava in realtà molto per la fiera in sé, quanto perché due ragazze di Arezzo che ho conosciuto tramite il cosplay ci sarebbero andate ed avrei così potuto rivederle. Il problema? Il fatto che una delle due si fosse portata dietro altre sei persone. Che, per carità, erano persone carinissime... ma non è il tipo di situazione che riesco a tollerare. Non riuscivo a sentirmi inclusa, e per quando con Jodie (questa ragazza) io sia stata bene non riuscivo a sentirmi a mio agio. Fossimo state solo io e lei sarebbe stato top, ma così... parlavano di personaggi che non conosco, ship che non conosco. E non è che questo sia malvagio in sé, se solo io fossi la persona che riesce ad interessarsi e chiedere ad esempio di farsi raccontare un determinato manga/anime.
Ma non sono quel tipo di persona. Sono il tipo di persona che in queste situazioni si sente montare l’ansia e si chiude a riccio, quel tipo di persona che vorrebbe essere da tutt’altra parte e che inizia a pensare a dei modi per fuggire che non risultino maleducati. E mi è dispiaciuto un sacco per Felix, che è arrivata invece verso le 14, perché stavo già talmente male che nell’arco di quaranta minuti ho inventato che mio fratello era rimasto chiuso fuori casa e dovevo andare a portargli le chiavi (casa mia sta ad un’ora e mezza dal posto in cui ero, geniale proprio come scusa direi). Inoltre anche lei era con una sua amica, ed io davvero non ce la potevo fare. Non era un semplice disagio, stavo proprio male.
(continua)
Morale della storia: sono andata via un’ora prima. Per fortuna questo non mi ha impedito di passare del tempo con un fotografo che mi ha tipo accalappiata per farmi delle foto in cosplay, e siamo andati in giro per il parco a fare qualche scatto. Posare per le foto è una delle cose che mi piace di più, anche se mi rendo conto che può farmi suonare abbastanza egocentrica e narcisista. Chi mi segue da un po’ sa che sono tutto fuorché quello... però è oggettivo: mi fa sentire bene. Ho provato qualche volta a contattare qualche agenzia per modelle, ma ho sempre beccato fregature che finivano per chiederti dei soldi e non era quello che un’agenzia seria fa. Poi, con l’accademia, ho smesso del tutto di avere tempo e soldi per dedicarmi a questa ricerca. Però se ho un bel cosplay, ecco, non mi dispiace affatto mettermi davanti all’obiettivo. In realtà anche questo potrebbe essere semplicemente un modo per sentirmi apprezzata, ma se vogliamo vedere tutto in un’ottica malata allora finiamo per essere mia madre.
Felix è veramente un tesoro, e tengo tantissimo a lei. Sa del mio problema, perché gliene ho parlato tempo fa in non mi ricordo quale contesto. Anche lei mi ha rivelato un suo segreto: è affetta da alopecia. Questo non mi impedisce di pensare che, nonostante indossi costantemente una parrucca, sia una delle ragazze più belle che io abbia mai visto. Tutti voi che leggete e che avete qualche malattia come vitiligine, alopecia o simili... sappiate che questo non inficia la vostra bellezza. Solo perché qualcosa in voi vi differenzia dallo stereotipo di bellezza socioculturalmente determinato odierno non significa che non possiate essere belle lo stesso. Non posso sapere cosa si provi, ma posso dirvi da osservatrice esterna che se ti interessa conoscere una persona, questi dettagli possono essere anche visibilissimi ma semplicemente smetti di vederli come strani. L’altra persona è solo una persona a cui tieni, punto. Anzi, una persona che puoi anche ritenere molto bella, come Felix per me.
Tornando a me (wow, quanta importanza che mi do), le prossime settimane saranno abbastanza un incubo. Un incubo in positivo ma un incubo, soprattutto nelle prime settimane di luglio.
Mercoledì avrò una lezione aggiuntiva in accademia (e, prima, la visita dal mio psichiatra, yolo). Giovedì avrò l’incontro con una dei tutor della scuola di lingua alla quale mi sono iscritta (e, prima, la visita dalla mia psicologa, yolo). Inoltre ai miei per ora nemmeno ho detto di essermi iscritta. Sono restata sul vago, dicendo che “ci sto riflettendo ma devo valutare alcuni fattori”.
La settimana dopo ho le prove e le riprese di un corto che ho scritto per l’accademia, cosa che fa parte del nostro programma di studi. L'ultimo fine settimana di giugno avrò sia il concerto della mia scuola di musica sia il Chimera Comix ad Arezzo... e poi inizia la parte divertente.
La prima settimana di luglio avrò non solo il workshop in accademia da martedì a venerdì (dalle 10 alle 15 -> sveglia presto tutte le mattine per prendere il treno delle sette e mezza), ma quasi tutti i giorni ci saranno anche le prove e/o le riprese di altri corti (non scritti da me, ma ai quali partecipo come attrice).
Il 6 luglio avrò le riprese di alcune scene della serie che inizieremo a girare con la mia accademia. Una serie professionale, non una cazzata da studenti. Per il momento non vi posso dire molto, ma è ispirato ad un mondo magico ed io sarò la bad girl della situazione (a meno che non decidano di stravolgermi l’arc del personaggio nel corso delle varie puntate). Le riprese inizierebbero alle 9, questo vuol dire che per forza di cose venerdì dovrò fermarmi a dormire a Firenze poiché altrimenti non riuscirei mai ad arrivare in orario... e su un set serio o arrivi in orario o ti cazziano male (se ti va bene, altrimenti ti sostituiscono).
La settimana dopo avrò nuovamente il workshop da lunedì a venerdì... e probabilmente venerdì stesso, senza passare da casa, prenderò il treno e salirò a Novara per il fine settimana. Si tratta di un progetto lavorativo MOLTO importante, del quale però al momento non posso svelare niente. Non manca molto al giorno in cui potrò farlo, ma sono tenuta per contratto a tenere la bocca chiusa. Sappiate solo che è un progetto per il quale sono veramente emozionatissima.
After that l’impegno successivo è il Rimini Comix, al quale andrò da venerdì a domenica (andando via probabilmente domenica mattina). Porterò il cosplay di Nancy della terza stagione di Stranger Things, e non vedo l’ora. Sarò assieme ad un cosplayer abbastanza famoso, che già a Lucca Comics mi ha fatto da Mike. Lui è davvero una personcina preziosissima, e spero tanto di non stare una merda come è successo oggi.
Se ci si fa, il weekend dopo si va alla Festa dell’Unicorno a Vinci. Ed agosto, beh... ciò che farò ad agosto fa parte della big surprise.
Insomma, molti leggendo potranno dire ODDIO CHE FIGATA DI VITA CHE HAI ma AHAHAHAHAHAHAHA magari. Vi ho detto che sarebbe stato un inferno paradisiaco/paradiso infernale, no?
Immaginate una ragazza che soffre patologicamente di ansia. E non “perché lo pensa”, ma perché le sono state diagnosticate ansia e depressione. Mettete questa ragazza in una situazione in cui deve programmare ogni cosa con giorni, se non settimane, di anticipo; una situazione dove potenzialmente ogni cosa potrebbe cambiare e sfuggire dal suo controllo, dove ci sono giorni in cui nemmeno lei sa come farà e programmi che la entusiasmano e terrorizzano allo stesso tempo. Ponetele ora addosso, oltre a tutto, un disturbo alimentare che la limita in qualunque situazione sociale e che talvolta la manda fuori di testa. Un disturbo alimentare prepotentemente radicato, con cui la ragazza è in continuo combattimento ma che non riesce mai a debellare perché lei stessa ha paura che esso se ne vada.
Vi sembra sempre una figata? Perché ammetto che tutte queste bellissime cose mi fanno anche paura. Inoltre ci sono eventi della mia vita “personale” che nemmeno oggi ho scritto (un ragazzo conosciuto mesi fa che si è rivelato un cretino e che si sta rivelando sempre più cretino, quello che la mia psicologa mi ha detto l’ultima volta, varie ed eventuali). Cercherò di scriverlo domani, dato che non ho particolari programmi per la giornata... ed indovinate un po? Pure questo mi mette ansia, perché passare un intero giorno con i miei è una sorta di incubo. Non scordiamoci oltretutto che mia mamma mi ha preannunciato di volermi parlare, frase che mi fa venire voglia di scappare nei boschi ed unirmi ad una famiglia di volpi con cui passare il resto della mia esistenza.
Bene ma non benissimo.
Chiedo perdono se è un po’ lungo. Dato che a quest’ora la maggior parte delle persone normali sono a fare bisboccia (compreso mio fratello, che di anni ne ha cinque meno di me) posterò questa pagina di diario sia adesso che, rebloggata, domani mattina.
Dunque sweet dreams, oppure sweet morning.
Ed ogni volta che ne avrete bisogno, rileggetevi il paragrafo in cui parlo di Felix.
7 notes · View notes
mydemonicas · 6 years
Text
Nella precarietà giuriamo eternità
Ermal amava stare con i bambini
Amava i bambini in generale: la loro felicità, la loro curiosità, il loro essere puri, bambini su cui scivolava addosso lo schifo di società in cui vivevano, che non venivano attaccati dalla politica, bambini che amano semplicemente il giusto e il buono
E forse li amava così tanto perché in fondo lui non lo era mai stato, non in maniera così totale
Mai libero
Mai completamente felice
Mai spensierato
Mai come questo, di periodo, forse il più sereno della sua vita
Quindi quando vedeva dei bambini felici, si sentiva completo
Gli si riempiva il cuore di gioia e l’unico desiderio che aveva era quello di donare loro tutto l’amore che aveva nel cuore quello che gli era rimasto,per il semplice gusto di vederli sorridere
Ed era questo quello che pensava avendo Libero e Anita davanti agli occhi che prendevano in giro il loro papà mentre giocava a braccio di ferro con un amico
“Dai papà come puoi difendermi se non riesci neanche a battere qualcuno a braccio di ferro!!”
“Anì ce sto a provà, ma tu padre c’ha ‘na certa età pe’ ste cose”
E Ermal se la ride di gusto guardandoli interagire, incoraggiando alle lamentele quella bambina che era praticamente la versione in miniatura e femminile di Fabrizio
“Ricciolè nun ride’ che te faccio nero quando finisco qua” gli dice ancora forzando il braccio dell’altro
“Certo certo”
Ed è rilassato, per davvero
Non importava aver fatto due ore di macchina da Arezzo solo per godersi quella serata, non importava la stanchezza che gli indolenziva i muscoli, non importava il lieve mal di testa che premeva contro le sue tempie e non importava ciò che potevano pensare gli altri vedendoli insieme
Perlomeno non adesso, magari in mattinata avrebbe cambiato idea
Ma adesso andava bene così e osservava la scena beato, rilassato sullo schienale della sedia, mandando giù gli arrosticini intervallati da sorsi generosi di una birra locale
“Sei stanco?” gli chiede Libero di punto in bianco
“Un po’, oggi ho fatto qualche intervista… ma sono felice di essere qui con voi”
“Papà è più felice quando sei qui, è… diverso” e lo dice fievolmente osservando il padre scherzare, quasi fosse una constatazione appena realizzata, un flusso di pensieri
E Ermal sorride, non può nascondere quel senso di felicità che gli hanno donato quelle semplici parole di un bambino
“Siete la cosa più preziosa per vostro padre, credetemi” risponde Ermal poggiando una mano sulle spalle del bambino, ed è vero
Se ama i bambini, ama ancor di più vedere altre persone amarli e Fabrizio, che donerebbe anche il cuore ai propri bimbi se necessario, è sicuramente uno di questi
-
Quando lasciano i bambini da Giada è da poco passata la mezzanotte, Anita era crollata in macchina e anche Libero stava per cadere tra le braccia di Morfeo
Tornano a casa di Fabrizio in silenzio, la musica a volume vagamente percettibile, il rumore delle ruote che stridevano contro l’asfalto come unico intervallo tra i pensieri
“Tutto ok?” gli chiede Fabrizio dopo qualche minuto spostando la mano dal cambio alla coscia del più giovane
“Si, sono solo stanco, scusami se non sono di compagnia” risponde mettendo la mano sulla sua e stringendogliela appena
“Allora stanotte te fai ‘na bella dormita” e glielo dice come lo avrebbe detto a uno dei suoi figli, lo stesso tono, la stessa preoccupazione, la stessa dolcezza
“Va bene papà” lo prende in giro Ermal, che si becca una mano giocosa nei capelli nel giro di mezzo secondo
-
“In realtà dovrei lavarmi” dice Ermal dopo che sono entrati in casa
“In realtà dovresti durmì, c’hai du’ occhiaie da spavento”
“Ma faccio presto, non sono così assonnato”
“Nun me interessa, spogliate e vatte a cuccà a letto che te raggiungo tra n’attimo -gli dice con lo stesso tono paterno di prima, lo sguardo fintamente severo- so’ serio eh”
“Va bene mi arrendo” risponde Ermal alzando le braccia in segno di resa e avvicinandosi a lui
Gli sorride dolcemente mentre sposta le braccia sulle sue spalle, incrociandole poi dietro la sua testa
“Mi sei mancato” gli soffia sulle labbra prima di baciarlo
E lo fa con tutta la calma del mondo, privo della forza necessaria per approfondirlo, ma bisognoso come non lo era da settimane
E Fab sorride sulle sue labbra ricambiandolo e abbracciandolo, beandosi del suo odore di cui ormai ne era praticamente dipendente
“Ti aspetto” gli sussurra Ermal prima di staccarsi per avviarsi verso la camera da letto
E Fabrizio ci mette letteralmente 15 minuti ad andare in camera dopo aver sistemato alcune cose, 15 minuti in cui Ermal si era appropriato di una sua tuta mettendosi sotto le coperte, gli occhi chiusi contro il cuscino
Lo guarda e non può pensare ad altro che non sia quanto è bello, con i ricci un po’ sfatti sul cuscino e le morbide coperte che delineavano la figura longilinea dell’altro, il respiro quieto e le mani aggrovigliate vicino al petto
E ci mette davvero poco a raggiungerlo, mettendosi con calma sotto le coperte cercando di non svegliarlo
Si gira verso le sue spalle e osserva il suo profilo prima di cingerlo con le braccia, dandogli un bacio sulla nuca e inebriandosi dell’odore del suo shampoo
Ermal mugugna un po’, sistemandosi meglio contro il suo petto e abbracciando a sua volta le braccia che gli cingevano il busto
“Buonanotte Fabbrì” sussurra strascicando le parole, che forse alle orecchie del romano non avevano neanche un suono comprensibile
E Ermal ne era convinto, avrebbe fatto anche 1000km al giorno per vivere quotidianamente momenti come questi
-
Svegliarsi tra le braccia di qualcuno era l’ottava meraviglia del mondo
Il sole dell’alba che veniva filtrato dalle tapparelle abbassate creando la penombra e giochi di luce nella stanza, un silenzio ovattato disturbato solo dal fruscio delle coperte dovuto ai movimenti delle loro gambe intrecciate
Ermal apre lentamente gli occhi trovandosi il viso assonnato di Fabrizio a pochi centimetri dal suo, potrebbe contargli ogni sua singola lentiggine se solo lo avesse desiderato
Dopo averlo osservato un po’ si avvicina per dargli un leggero bacio sulla punta del naso, per poi appoggiare la fronte sulla sua
E lo amava, ne era profondamente convinto
Quell’amore, quell’affetto che andava oltre il gossip, oltre quello che gli altri potevano anche solo lontanamente immaginare
Era forse la definizione di anima gemella?
Qualcuno diceva che l’anima gemella è come il tuo migliore amico, ma molto di più. È la persona in questo mondo che ti capisce meglio di chiunque altro. È colei che ti rende una persona migliore. Anche se alla fine non è lei che lo fa, ma sei tu che ti rendi migliore perché loro ti ispirano.
E allora si, forse Fabrizio lo era
Qualcuno con cui poteva essere se stesso ancor di più che con i suoi amici, con cui poteva essere gentile ma scontroso, generoso ma permaloso
semplicemente sapeva che nonostante mostrasse anche la parte più dura del suo carattere lui non se ne sarebbe andato
Che lo avrebbe ascoltato, capito e accolto
Qualcuno con cui poteva discutere ma che non lo avrebbe mai disprezzato
Un amore che andava oltre tutto ciò che era comune, così forte che lo destabilizzava
E si perdeva in quei pensieri, così tanto da non rendersi neanche conto che Fabrizio lo osservava
“A cosa stai pensando?” gli chiede a bassa voce portando una mano ad accarezzargli il collo
“A delle cose” gli risponde Ermal uscendo dallo stato di trance in cui era assorto
Fabrizio mugugna in risposta, non propriamente convinto, ma sapeva che non era il massimo forzare la corda di prima mattina, anche se viene interrotto da Ermal che si scosta di colpo spostando le coperte
“Che stai a fa’?”
“Adesso vedrai” e gli risponde sorridendogli, per poi mettersi a cavalcioni su di lui
Fabrizio non ha neanche il tempo di controbattere perchè viene subito zittito dalle labbra del più giovane
Labbra che baciano, leccano e succhiano ogni singola porzione di pelle accessibile del suo petto coperto da una t-shirt
Labbra che gli mordono giocosamente il collo mentre è con le mani tra i suoi capelli, facendo gemere il più grande senza un minimo di pudore
Labbra che scendono lentamente fino a finire sull’erezione mattutina, stimolata anche dalle carezze che il più giovane gli stava riservando
Labbra che avvolgono ritmicamente il suo membro donandogli brividi di piacere che lo facevano tremare fino all’apice del piacere
Labbra che si era sapientemente leccato soddisfatto della sua opera sotto lo sguardo liquido di Fabrizio, ansimante e arrossito
“Se- sei, Dio, sei ‘no stronzo cazzo” dice Fabrizio stropicciandosi il viso stravolto con una mano
“Ah pure?” risponde Ermal fingendosi offeso, lasciandogli dei pizzicotti sui fianchi
“Vie’ qua” e se lo tira addosso abbracciando per poi baciarlo tra i ricci
Ed entrambi passerebbero la vita così, mezzi svestiti, mezzi assonnati, avvolti dalle caldi coperte mentre Fabrizio gli canticchia all’orecchio, un sussurro che sommariamente racchiude -inconsciamente- tutto ciò che prima Ermal stava pensando
“E mentre il tempo scade e il mondo si sta armando In un monolocale noi ci stiamo amando Nella precarietà giuriamo eternità A questo nostro amore grande e incondizionato Perché ogni fantasia qui non sembra mai un reato Sorridi ancora amore Che il peggio è passato”
BUONSALVE RAGAZZUOLE E RAGAZZUOLI. Ebbene si, nonostante l’assenza di headcanon in queste ultime due settimane non sono morta, sono sopravvissuta agli eventi e foto e video e COSE degli scorsi giorni, direi che è già un bel e grande risultato.
Ho scritto questa cosetta ispirandomi appunto alle news di… venerdì (?) sera, insomma, riferendomi alla famosa storia di Fab al ristorante con i bambini con una “MISTERIOSA” persona.
Spero che vi sia piaciuto e fatemi sapere cosa ne pensate! Un moro-bacetto a tutti. (per richieste di prompt la casella è sempre aperta)
89 notes · View notes
rheshellyn-blog · 5 years
Text
cara me stessa,
ricordi quando eri felice?
Quando ogni scusa era buona per sorridere?
mi manchi da morire,con i tuoi modi strani di fare,coi tuoi capelli sempre diversi,con quella innata voglia di fare,di vivere,di scoprite.Eri la cosa più bella del mondo,e non ti importava di chi non la pensava come te,tu andavi dritto e amavi ciò che amavi.Mi manchi da morire vecchia me.
Ma sei una grande deficiente, perchè hai sbagliato tutto nella tua vita. Hai messo sempre prima gli altri, ti sei fatta male per chi non si meritava neanche un cappuccio durante una tempesta.Tutto il dolore che ti sei inflitta,tutto male che hai subito, che hai sentito per troppo tempo restando in silenzio. Guarda come sei ridotta, guarda che diavolo hai passato e cosa diavolo stai passando ancora, guarda come ti comporti con gli altri, con la tua famiglia e guarda come sei con te stessa.
Ancora dici che devi accettarti e piacerti, ma non ce la fai, perchè non hai più forze, perchè quei pensieri cattivi su di te in realtà sono ancora lì che cercano di portarti sulla strada sbagliata e tu spesso li lasci fare perchè non riesci a contrastarli.
Ma è anche colpa delle persone che hai attorno, che spesso ti fanno sentire uno schifo per gli errori che commettono loro, ti fanno sentire fuori posto, strana, a disagio con il mondo e con te stessa, ti fanno male ma tu continui a perdonarli o se non li perdoni ti fai male lo stesso perchè ti dispiace.
Forse dovrei smettere di sentirmi una nullità,dovrei smettere di mandare giù la mia autostima.
Ma vorrei tanto assicurarti che sarà facile rialzarti e ricominciare ad essere quello che eri prima di tutta questa tempesta, che ti è crollata tutta addosso ma se te lo dicessi, forse ti mentirei. Prima che tu ti perda, avresti bisogno di appigliarti a qualcosa, ad una nuova speranza, stato d'animo e anche se sarà poi necessario, ad un'altra illusione.Ho paura che il tuo cuore, non riesca più a battere forte per nessuno e che non più si leghi a qualcuno ma rimanga da solo, in un angolo del tuo povero essere.Non voglio che tu perda quel briciolo di buono che ti è rimasto dentro.
Ti potrai convincere,che tu sia inutile e che non esista e quindi che ti ritrovi qui, come una fantasma condannato a vagare in eterno per un mondo a cui non appartieni e potrai avere spesso gli occhi gonfi, pieni di quelle lacrime che non sei riuscita a versare ma hai trattenuto a stento e potrai sederti in un angolo a pensare ad una risposta, anche se sai che non la troverai mai ma non arrenderti.
Cara me,impara a lottare perchè anche se sei debole avrai bisogno di forza e di un’armatura.
-
BUON 2019.🎉❤️
@rheshellyn
Tumblr media
10 notes · View notes
la-suonatrice-jones · 6 years
Text
Ok dato che mi sento una rompipalle a chiedere sempre, ecco una piccola cosina Metanari che mi è venuta in mente stanotte mentre non riuscivo a dormire.
È praticamente la prima cosa che scrivo così so be merciful (???)
Also è mezza ispirata a cose vere, che una mia amica ha visto e sentito durante un instore, probabilmente non c’era manco bisogno di dirlo ma io l’ho detto lo stesso don’t @ me. Enjoy???
Ennesimo instore per Ermal (e Marco che lo segue sempre e gli porta la chitarra e occasionalmente le medicine per quando si ammala, cioè sempre)
Marco se ne sta in disparte, seduto a qualche metro da Ermal in modo che se per caso avesse bisogno di qualcosa gli basterebbe girarsi e chiedere ma che comunque in modo che non stia in mezzo ai fan
Fan che sono tantissimi?? Ma quanti diavolo siete pensa Ermal
Ma alla fine è contento che siano così tanti, è solo che ha un po’ di raffreddore e sono almeno 4 ore che è iniziato l’instore e comincia a sentire la stanchezza
Marco si alza un attimo dalla sua postazione per il solito controllo tra un’ora e l’altra
Sì ok super cheesy, Macco è dolce e si preoccupa per il suo ragazzo
Appena Ermal finisce con una fan, Marco ne approfitta per parlargli e per dargli una caramella (again, Macco si preoccupa molto e cerca di farlo mangiare per ridargli un po’ di forze)
Ermal mugugna un grazie
Poi alza gli occhi su quelli di Marco e Marco povero vorrebbe tanto portare Ermal a casa e metterlo a letto e rimboccargli le coperte perchè ha proprio la stanchezza che gli si legge in volto
“Macco che ore sono, non ce la faccio più” Macco sente il cuore fare crack perchè odia vederlo così stanco e vorrebbe poter fare qualcosa
“Mezzanotte e un quarto” dice avvicinandosi un pochino “non manca tanto dai. Vuoi fare una piccola pausa? Se vuoi lo dico io”
Ma Ermal non vuole fare una pausa perchè sennò finirebbe ancora più tardi, quindi fa di no con la testa
Macco gli accarezza la guancia con una mano e gli sorride “dai non manca tanto, poi filiamo in hotel e dormi”
Ed Ermal riprende con i fan
E firma e parla e ascolta on repeat per un’altra oretta
Finalmente arriva l’ultimo fan
E quando finisce Ermal lascia il pennarello con le dita indolenzite e chiede un po’ d’acqua
E Marco gli porta una bottiglietta e un bacino sulla guancia perchè dopo tutta quella fatica se lo merita pure
Salutano i gestori del negozio (li salutano??? Sinceramente non lo so ma nella mia testa sì quindi ok)
E vanno fuori dove c’è il taxi che Marco ha chiamato 5 minuti prima
Salgono nei posti di dietro e appena Marco si è messo comodo e ha detto il nome dell’hotel al tassista, sente un peso sulle gambe
E guarda giù e vede tanti ricci neri
Ermal s’è sdraiato su di lui il momento in cui è entrato in macchina perchè ha davvero tanto sonno
E il cuore di Marco esplode perchè ma quanto sembra un angioletto Ermal così, indifeso e pacifico
E Marco comincia ad accarezzargli i capelli piano piano e sente Ermal che si rilassa sotto il suo tocco
E vorrebbe non doverlo svegliare 15 minuti dopo quando sono arrivati all’hotel ma deve
Perchè potrebbe anche portarlo in braccio (con un po’ di fatica perchè è un po’ troppo alto ma con pazienza ce l’avrebbe fatta a portarlo a mo di principessa) ma sinceramente chi lo sentirebbe il giorno dopo il signorino che “ma come mi hai preso in braccio, ti sembro un bambino? Dovevi svegliarmi!”
Esatto, lui. Lui dovrebbe starlo a sentire rompere perchè ha osato portarlo in braccio come se non avesse 37 anni
E quindi piano piano gli sussurra nell’orecchio per svegliarlo
“Ermal siamo arrivati”
Niente
“Ermal”
Muto
Prova a smuovergli delicatamente il braccio
In risposta Ermal avvicina le gambe al petto e si appallottola su se stesso
Come i bambini.
“Dai Ermal che andiamo a letto”
“Mmmmmpf”
E un braccio che va sopra il viso per coprire meglio gli occhi
“Okay ho capito, ti prendo in braccio e ti porto in stanza così”
Sapeva che avrebbe funzionato
Ermal comincia ad alzarsi dal suo grembo e a bofonchiare qualcosa tipo “rompipalle”
Ma Macco sorride, perchè lo trova dolce
Also ridacchia perchè Ermal ha il segno delle spieghezzature (esiste questa parola? Ora sì) dei suoi jeans sulla guancia
So cute
E quando arrivano in stanza Ermal non ha la forza di fare niente se non buttarsi a letto
Con vestiti e tutto, senza mettersi il pigiama
Marco che entra in stanza poco dopo con le valigie e lo vede lì decide di non disturbarlo facendo la mammina e “dai mettiti il pigiama”
Che poi ma quale pigiama che dormono sempre in boxer
Invece gli toglie gentilmente le scarpe (almeno quello oh sai che schifo dormire con le scarpe addosso) e dopo essersi spogliato e rimasto solo in boxer si butta a letto accanto ad Ermal
E gli dà un bacio leggero sulla guancia per non svegliarlo seh vabbè come se un bacino potesse svegliarlo dal letargo
E si avvicina di più al suo corpo per sentire il suo calore e la sua pelle a contatto con la sua
E lo abbraccia da dietro, circondandogli la vita con un braccio
Cosa che non succede mai perchè di solito è Ermal ad essere the big spoon
Ma stasera va bene così, stasera è lui a proteggerlo
E dormono come due ghiri, uno avvinghiato all’altro, facendo sogni sereni.
Okay poi mi spiegate perchè quando me le immagino le cose sono tutte carine e arcobalenose e poi quando provo a scriverle non mi piacciono.
In ogni caso sappiate che nella mia testa era tutto più cute e meglio organizzato
20 notes · View notes
occhiblumetallo · 6 years
Text
Crescere
Fino a qualche anno fa i miei problemi erano quelli di ogni adolescente. Poi sono iniziati i casini, l'alcool, la droga, lo schifo. Fino a quando mi é rimasto solo l'alcool e grazie a quello mi sono innamorata. Fino al giorno del mio ciclo che non é arrivato. Per due mesi. Mi è bastata una visita oer sconvolgermi la vita. Aspettavo un bambino da un uomo che non mi parlava da tre giorni, ma lui aveva detto di amarmi, che ero quella giusta.
Dopo 5 giorni in cui non mi parlava avevo deciso di affrontarlo. Ero alla fermata aspettando il pullman. Guardando facebook vedo lui con un'altra donna. Il mondo mi é crollato addosso.
Pensieri, odio, amore, delusione, paura.
Da quel giorno ho deciso di non voler tenere quel figlio, non volevo che crescesse senza un padre, senza amore maschile, in una situazione complicata.
Ora sono una donna che ha deciso di abortire. Che piange ogni notte. Che ogni giorno odia il mondo nello stesso modo in cui il mondo ha odiato lei. Non ho più niente. Ne qualcosa dentro me ne un uomo.
Una sola cosa mi é rimasta, la bottiglia di sambuca che ho davanti a me.
5 notes · View notes
tiportolaluna · 6 years
Note
14, 29, 48, 50
14: il momento in cui avresti voluto che il tempo si fosse fermato? In un abbraccio, in quell'abbraccio.29: la cosa che ti fa più paura? L'indifferenza, il sentirsi gli occhi addosso in un momento difficile e capire che non sono li per aiutarti, ma per vedere cosa è rimasto di te e se possono prenderselo. L'umanità fa schifo. 48: la tua più grande paura? Lasciare un ricordo negativo di me, oppure non lasciare niente alle persone che ho vissuto. 50: sesso romantico o violento? Tendo alla violenza, non lo nascondo Anon 🤭Grazie per le domande 🌹
2 notes · View notes
geminicolecollins · 4 years
Text
James & Rosalie _ Lake _ 21/07/2020
   𝑾𝒉𝒂𝒕𝒔𝒂𝒑𝒑 𝒎𝒆𝒔𝒔𝒂𝒈𝒆 to JC ❤️ ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌                ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌  ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ « Ciao James! Come va? » ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ « Avrei bisogno di parlarti. Dove e quando ci possiamo vedere? » James Cole Collins * Quando vibrò il telefono e vide quel nome, l’anima del Collins si congelò. Era Rosalie, Rosalie Campbell, ovviamente. Bastardo come non mai, seppur si sentiva lacerare il cuore dal di dentro, James visualizzò e non rispose per un paio d’ore. Alla fine cedette. * Whatsapp message to: Rosalie 💔 > Ciao. > Ci conosciamo? Non ho il tuo numero. [sent] *Stronzo, un vero stronzo. * Rosalie Campbell .‍‌ ‍ ‌  ‌ ‍ ‌  ‌ ‍ ‌ Era davvero possibile che avesse eliminato il suo numero? Il cuore di Rosalie batteva all'impazzata, le sudavano le mani e per poco non le mancò il respiro. ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌  ‍ ‍ ‌  ‍‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌     𝑾𝒉𝒂𝒕𝒔𝒂𝒑𝒑 𝒎𝒆𝒔𝒔𝒂𝒈𝒆 to JC ❤️ ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌                ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌  ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ « Sono Rosalie... » James Cole Collins * Sorrise quasi come quando era appena adolescente e aveva imparato a fare a botte. Era una sensazione quasi soddisfacente seppur lacerante. * Whatsapp message to: Rosalie 💔 > Ah, tu. Dimmi. Rosalie Campbell .‍‌ ‍ ‌  ‌ ‍ ‌  ‌ ‍ ‌ Quanto odio in quelle poche ma incisive parole... Rosalie si sentiva — giustamente — umiliata ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌  ‍ ‍ ‌  ‍‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌     𝑾𝒉𝒂𝒕𝒔𝒂𝒑𝒑 𝒎𝒆𝒔𝒔𝒂𝒈𝒆 to JC ❤️ ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌                ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌  ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ « So di meritare tutto il tuo disprezzo, ma desidero parlarti... se vuoi »
James Cole Collins * Alla lettura del messaggio il ragazzo finì per sussurrare un “bene” * Whatsapp message to: Rosalie 💔 « Pft. Ho percepito, vabbè. Si, penso di essere pronto alle tue stronzate » [delete] « Ok. Vediamo cosa inventi. » Rosalie Campbell .‍‌ ‍ ‌  ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌  ‍‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌     𝑾𝒉𝒂𝒕𝒔𝒂𝒑𝒑 𝒎𝒆𝒔𝒔𝒂𝒈𝒆 to JC ❤️ ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌                ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌  ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ « James, puoi per favore evitare di fare così? Non aiuti per niente. Mi sento già abbastanza una merda, non ho bisogno che me lo ricordi costantemente » ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ « Ti ho detto che voglio semplicemente parlare. HO SBAGLIATO e voglio chiederti scusa. Non pretendo che tu mi perdoni o che dimentichi tutto, hai tutte le ragioni del mondo per non farlo e ti capirei. Ma permettimi almeno di provare a rimediare, in qualche modo » ‌ ‍ ‌  ‌ ‍ ‌  ‌ ‍ ‌ Non era sicura di volergli mandare quel primo messaggio, ma alla fine lo fece lo stesso. Per quanto fosse nel torto, pretendeva comunque di essere rispettata e non ulteriormente mortificata. Era già abbastanza difficile per lei ammetterlo e chiedere ammenda. James Cole Collins Whatsapp message to: Rosalie 💔 « Io non aiuto te. Tu non aiuti me. 1 a 1, palla al centro. Sai bene che la merda non la senti soltanto tu.» « ok. Dove e quando per ascoltare questo sermone allora?» [sent] * Quella spontaneità che non aveva quasi mai visto in Rosalie lo trafisse, ma non faceva nulla, non gli faceva male, anzi. Sospirò e chiuse gli occhi, passando una mano sugli occhi. * Rosalie Campbell .‍‌ ‍ ‌  ‌ ‍ ‌  ‌ ‍ ‌ Aveva accettato di vederla! Forse c'era una speranza, piccola piccola, ma c'era. Sarebbe stato doloroso, molto più di quanto già non le facesse male leggere quelle parole. ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌  ‍ ‍ ‌  ‍‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌     𝑾𝒉𝒂𝒕𝒔𝒂𝒑𝒑 𝒎𝒆𝒔𝒔𝒂𝒈𝒆 to JC ❤️ ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌                ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌  ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ « Anche adesso. Dove ti fa più comodo. » James Cole Collins Whatsapp message to: Rosalie 💔 > Lago.… 
.‍‌ ‍  Rosalie Campbell ‌ ‍ ‌  ‌ ‍ ‌ Il luogo del loro primo bacio. Che sia il segno di un nuovo inizio? Il barlume di speranza stava pian piano diventando scintilla. ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌  ‍ ‍ ‌  ‍‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌     𝑾𝒉𝒂𝒕𝒔𝒂𝒑𝒑 𝒎𝒆𝒔𝒔𝒂𝒈𝒆 to JC ❤️ ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌                ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌  ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ « Sarò lì tra 10 minuti. »
James Cole Collins Whatsapp message to: Rosalie 💔 > Va bene. …
Rosalie Campbell .  ‍ ‍ ‌  ‍‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌ ‍ ‍ ‌     𝑾𝒉𝒂𝒕𝒔𝒂𝒑𝒑 𝒎𝒆𝒔𝒔𝒂𝒈𝒆 to JC ❤️ ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌                ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ○ ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌  ‍ ‌ ‍‌ ‍ ‌ ‍ ‌ ‍ ‌ [ seen ✔️✔️ ] James Cole Collins * Quei dieci minuti passarono così lentamente che parvero anni, secoli. L’umore di James si scuriva pian piano creando intorno a sé così tanta negatività da sentirla perfino egli stesso. Da umano le reazioni sarebbero state diverse, da umano non sarebbe nemmeno accaduto tutto quello che era per l’appunto successo, ma da Dooddrear tutto era più amplificato, tutto faceva più dannatamente schifo. Prima di lasciare la roulotte ed avviarsi per il lago, si guardò un attimo allo specchio, sussurrò qualcosa di nettamente incomprensibile mentre indossava il suo cappellino grigio che non abbandonava mai e, alla fine, con il magone in cuore, si avviò. La moto sfrecciava quasi come facevano i suoi pensieri. Rivedere Rosalie non sarebbe stato facile, ascoltarla e fingere di non provare niente non sarebbe stato facile, niente lo era. Ora come ora, era arrivato al luogo d’incontro. Gli occhi cangianti guardarono più punti finché non la riconobbe. Era lì, proprio davanti il lago, proprio dove si erano scambiati il primo bacio. Deglutì, era proprio pronto a fare il bastardo? * « Sei puntuale come sempre. » * Una nota d’appunto, ma la voce era fredda, seppur un lieve tremore avrebbe potuto essere percepito, ma James lo mascherò con un movimento: una mano nella tasca dei jeans neri. * Rosalie Campbell   Già tremava. Le sudavano le mani e aveva lo stomaco completamente bloccato. Uscì di casa correndo, entrò in macchina e raggiunse il lago in pochissimo tempo. James non era ancora arrivato e forse era meglio così. Almeno aveva modo di raccogliere tutto il coraggio di cui aveva bisogno. Cercò di riportare alla mente il giorno in cui proprio lì i due si erano scambiati il loro primo bacio. La felicità e l'emozione di quel giorno le trasmisero pace e speranza.  Dopo pochi minuti, James la raggiunse. Lei era voltata di spalle e non lo vide arrivare, ma sentì il rombo della sua moto e iniziò a prepararsi mentalmente alla lunga discussione che avrebbero avuto. Si girò a guardarlo. Indossava la canotta bianca e il cappellino che lei tanto amava. Il cuore le sussultò nel petto, proprio come quando lui l'aveva presa tra le sue braccia la prima volta. Tutti i bei momenti che avevano vissuto insieme le tornarono improvvisamente alla memoria e un timido sorriso osò spuntare sulle labbra della fata.  « Non potevo assolutamente tardare » disse guardandolo negli occhi, così scuri e penetranti e che le avevano sempre trasmesso una grande sicurezza. « Anzi, a dire la verità, avrei potuto evitare di aspettare così tanto per parlarti… quindi, non direi che io sia stata così puntuale, almeno su questo… » continuò dopo qualche attimo. Il tono un po' ironico che aveva usato non era per sminuire il problema quanto per evitare che si andasse dal primo momento nel vivo della questione. James Cole Collins * Se c’era una cosa che poteva tremare, quello era sicuramente il cuore di James, seppur gli occhi rimanevano stabili, aperti, immobili eppur curiosi nei confronti di quella bionda che egli aveva amato caldamente, ma di cui ora come ora non sapeva cosa pensare. Aver scelto quel posto per incontrarla era stato del tutto errato, probabilmente, perché, invece di mettere in difficoltà la giovane, aveva posto in difficoltà egli stesso. Era lì, proprio in quel punto, che tutto sembrava essere incominciato e lì, nello stesso punto, o sarebbe ricominciato o sarebbe finito per sempre. O tutto o niente, proprio come i giochi soliti dei Wolves, ma questa era un’altra storia. La negatività che caratterizzava non solo l’anima del Dooddrear faceva letteralmente schifo, invadeva i metri intorno a sé e avvelenava non solo sé, ma anche chi gli stava intorno in un certo qual senso. Incontrare Rosalie in modo serio era troppo forse, troppo per davvero. I suoi passi continuarono fino ad arrestarsi quando non si trovò vicino a lei. I biondi capelli, quegli occhi espressivi e misericordiosi... ah, Rosalie, perché sei tu Rosalie? Perché la vita ha donato a questo tale barbaro e immondo una preziosità così e non lo comprende ancora, facendo di te soltanto un muro post-orgoglio? * « No, non potevi. » * La voce di James risulta grave, pronta quasi a ferire. Quello era proprio un ammonimento, uno di quelli pronti a dire qualcosa di vero e a non essere ribattuto. * « Non sono ancora morto. Se lo fossi stato mi avresti dovuto cercare da fantasma e avresti dovuto inventarti qualcosa per farti ricordare. Sarebbe stato forse quel che meritavi, ma sono vivo. Seppur non umano, vivo, ti guardo e parlo.... E ricordo. » * Continuò rispondendo a quel suo tono ironico con uno più serio, lo stesso tono che avrebbe usato un giornalista. * Rosalie Campbell  Il momento di piangersi addosso e di rimproverarsi per le proprie azioni era finito. Non aveva senso mostrarsi debole e puntare sulla pietà per far leva sul giovane Collins. Non si sarebbe raddolcito così facilmente. Se voleva far – di nuovo – breccia nel cuore e nella mente di James doveva puntare sulla ragione. Non c'era spazio per i sentimenti in quell'incontro, soprattutto perché non avrebbero fatto altro che far emergere ulteriori emozioni negative come rabbia e rancore. No, Rosalie era risoluta. Non si aspettava una vittoria, tantomeno facile, ma avrebbe lottato con dignità per riuscire nel suo intento: fargli capire il suo enorme dispiacere e chiedergli scusa.  Una volta, forse, il primo istinto della fata sarebbe stato quello di accarezzargli il viso dolcemente facendogli sentire tutto l'affetto e la stima che provava per lui. Adesso, se da una parte lui non gliel'avrebbe sicuramente permesso, allontanando la sua mano, dall'altra non avrebbe fatto alcuno effetto. James sarebbe rimasto freddo e immobile.  « È giusto così. Anch'io voglio ricordare » disse in modo deciso. I tanti pensieri e le tante parole che aveva nella testa scalpitavano per uscire, così Rosalie decise di lasciare loro via libera, per una volta. « Voglio ricordare la sofferenza che ti ho fatto provare, la delusione che ho letto nei tuoi occhi, la sfiducia che ne è seguita. Non voglio dimenticare. Ma non per il motivo che tu potresti pensare. Voglio ricordare quello che è successo per non ripeterlo più » e si fermò perché la voce le si stava strozzando in gola. Dopo qualche secondo riprese, cercando il contatto visivo con il dood: « Non voglio passarci sopra e far finta che non sia successo nulla perché sappiamo benissimo entrambi che non è così ». Poi in tono più dolce, disse: « Non pretendo nemmeno che tu mi perdoni su due piedi. Volevo... solo... chiederti scusa ». Decise di non proseguire oltre perché sentiva che il suo controllo sulle emozioni stava svanendo e aveva paura di far ricadere il discorso sulla compassione. Aspettò di vedere come sarebbe proseguita la conversazione prima di aggiungere altre cose.
James Cole Collins 
* Riversare le proprie emozioni, sia da parte di uno che da parte dell'altra, sarebbe stato un errore in quel momento; eppure essere così freddo, cercare di controllare quelle emozioni negative che avrebbero potuto riversarsi perfino sulle piante era qualcosa di davvero complicato per il giovane dai capelli corvini il cui orgoglio lo pervadeva alla sola vista di lei. James era fatto di pure emozioni, di puro istinto, spesso intervallato dall'intuito e dall'intelligenza, ma queste due abilità non le sfruttava molto spesso, non quando si trattava di rapporti interpersonali, non quando si trattava di /lei/. Rosalie era sempre stato il suo punto debole da quando, ancora al liceo, preparava gli articoli di giornale scolastico e i suoi occhi puntavano su di lei per ogni cosa. In qualunque pensiero, ormai da anni, Rosalie era sempre stata così presente che James non si sarebbe mai aspettato che ella potesse un giorno non ricambiare, che ella potesse abbandonarlo come aveva fatto sua madre. James non aveva mai avuto una famiglia, l'unica famiglia erano stati proprio quegli amici e tra questi vi era stata anche Rosalie, anzi forse Rosalie era stata, e forse sotto sotto lo era ancora, qualcosa che andava oltre. Purtroppo, però, le aspettative di James si erano del tutto distrutte. Rosalie era uguale agli altri, era un ghiaccio come gli altri, lo aveva abbandonato perché diverso o per evitare di andare contro il Consiglio o... Qualsiasi fosse la motivazione per quello sbaglio ormai subito, James aveva deciso di raffreddarsi e di risultare ancor più problematico di sempre, doveva pur difendersi anche se era un /orribile/ dooddrear. Gli occhi cangianti del giovane vennero rapiti dalle labbra di Rosalie che si muovevano. L'attenzione fu spostata solo dopo un secondo a quelle sue parole. Nonostante il silenzio e la freddezza di James, il ragazzo poteva sentire il cuore battere forte all'interno di sé. Lasciò parlare Rosalie, non disturbò il suo momento, piuttosto preferì comprendere tutti i significati delle parole pronunciate e soffermarsi su queste. Deglutì prima di prendere la parola e dire qualcosa di serio e pensato anche lui. Il tutto fu pronunciato senza alcuna espressione facciale e senza ulteriori gesti: le mani in tasca, gli occhi nei suoi, i pensieri, quelli più reconditi, nascosti da qualche parte nel proprio cuore. * - Sembra un discorso così tanto pensato e ridotto all'osso che... Rosalie Campbell, pensi davvero che un ragazzo che aveva pensato di trovare la famiglia che non ha, la donna che avrebbe potuto amare per sempre... si fermi alle scuse? Che scuse? Essere stata immobile in una situazione dove avresti potuto almeno intervenire è una scelta. Tu hai scelto di fare questo. Stare immobili non è per chi ama.. Stare immobili è per dei semplici conoscenti. - * Ed ecco che compì un passo, uno solo, verso di lei, forse per farle sentire le sensazioni che aveva dentro in modo più intenso, forse per tenerla più vicina al suo cuore. * - Non si ama così. Chi ama non abbandona, chi ama corre, si sporca le maniche, finisce anche in carcere. Non sono mai stato amato in modo completo, ma... ma non pensavo che la profondità del tuo amore si fermasse alle regole, all'inettitudine. Sono un errore per te, sono quella persona che è diventata una belva e che ora è diventata uno scusa. Non voglio essere niente. Non voglio perdonarti, voglio am-... - * E si affogò senza terminare la frase. Forse era troppo, meglio andare per vie traverse e più fredde. * - L'amore, te lo insegno io ora e non lo ripeterò più, non ha regole...Vige una sola regola: essere la famiglia per l'altro. Ma non fa niente. Ho sbagliato io, pensavo a cose che tu non pensavi. Non accadrà più. Sei libera Rose, sei libera di fare la fata quale sei. - Rosalie Campbell .   " La donna che avrebbe potuto amare per sempre ". Quelle parole risuonarono nella sua mente come un'eco fortissima. Per sempre. Se lei non si fosse comportata da idiota, avrebbe vissuto una vita felice con lui al suo fianco. Il rimorso per i suoi errori crebbe ancora di più, al punto che si chiese se sarebbe mai scomparso.  Diversamente da come pensava il giovane Collins, la Campbell non si era preparata nessun discorso, ma non aveva senso stare a puntualizzare su questo. Non avrebbe cambiato nulla. Il centro della discussione era un altro. Sì, le scuse non bastavano, ma quale poteva essere una buona alternativa?  Il passo che fece verso di lei la fece rabbrividire. Riaverlo così vicino di nuovo dopo tanto tempo era una sensazione che non provava da talmente tanti mesi che era come se fosse completamente nuova per lei. Tuttavia, non c'era calore in quella vicinanza, se non quello dato dalla violenza dei sentimenti dei due ragazzi.  James aveva perfettamente ragione: chi ama non abbandona. Ed era proprio per questo che Rosalie aveva deciso di tornare sui suoi passi e fargli capire di essere completamente mortificata per quello che aveva fatto, che non si sarebbe mai più ripetuto, che era diversa, che lo amava!  La tentazione di accarezzargli quel gelido viso era ancora più forte. Se non riusciva a dimostrargli il suo enorme dispiacere a parole, avrebbe funzionato un minimo di contatto fisico? Un piccolo gesto? Ma aveva paura di essere respinta e si trattenne dal farlo. Al contrario, abbassò la testa e strinse forte i pugni, come faceva ogni volta che cercava di trattenere o soffocare le sue emozioni negative. Le veniva da piangere, ma quando sentì James esitare, alzò lo sguardo. I suoi occhi lucidi emanavano speranza, attesa, emozione, felicità e tristezza, tutto allo stesso tempo.  « E secondo te perché credi che io sia qui? » disse quasi con rabbia, afferrandolo per un polso, per non lasciarlo andare via. Non se lo sarebbe perdonato un'altra volta. « Perché voglio essere quello che tu vuoi che io sia. Ho messo da parte tutto l'orgoglio che avevo per chiederti perdono... perché voglio tornare a far parte della tua vita. Non mi interessa quello che sei diventato, io ti voglio per quello che sei e che sempre sarai » continuò, e il suo tono di voce pian piano si raddolcì, per poi farsi quasi tremolante. Questa volta fu lei a fare un passo verso di lui. Una lacrima le rigò il viso, ma lei non volle asciugarla. Voleva che lui la vedesse, voleva palesare davanti ai suoi occhi anche il suo di dolore, fargli vedere che non era un pezzo di ghiaccio, come lui poteva pensare. La sua stretta sulla mano di lui si allentò e Rosalie lasciò andare la presa.  « Se essere libera significa essere libera da te... non voglio esserlo » concluse fissandolo nei suoi grandi occhi chiari. James Cole Collins * “La donna che avrebbe potuto amare per sempre. “ Era così che le parole di James avevano invaso il circondato, entrando a far parte del sistema del mondo fuoriuscendo a loro volta dal sistema straordinariamente particolare che era il mondo dei propri pensieri: quei pensieri erano divenute parole, immagini e non mere illusioni. Echeggiarono in modo violento perfino alle sue stesse orecchie e fu soltanto in quell’istante che egli riuscì ad immaginare come sarebbe stato sentirle con le orecchie della bella Rosalie. Fece un attimo di pausa, prese un respiro e fu naturale per il giovane evitare per qualche secondo gli occhi di lei per poi ritornare con uno sguardo più deciso... ma deciso a far cosa? Ormai tutto quello in cui aveva sempre creduto era stato sfaldato, o almeno così crebbe fin quando le sensazioni di Rosalie sembravano poter essere percepite anche da lui: ella rabbrividì e quel brivido, che si voglia dire che fosse magia, stregoneria o amore, fu percepito anche dal giovane Collins. Aveva rabbrividito, dunque aveva scosso qualcosa in lei, dunque non era così letalmente inetta come aveva pensato? Il suo cuore perse un battito a quel pensiero mentre, ormai compiuto il passo verso di lei, il suo olfatto non riusciva che a percepire l’odore dell’altra. Quell’odore. Da umano non l’aveva mai assaporato in quel modo, ma ora in quella sua essenza diversa lo sentiva, sentiva l’odore della sua pelle e per un solo secondo avrebbe voluto cadere ai suoi piedi. Ma quel secondo fuggì via, forse per orgoglio, forse per giustizia. Ora come ora, il giovane Collins non continuò a parlare, d’altra parte la vicinanza tra loro già parlava da sé seppur vi si percepiva soltanto la violenza dei sentimenti complessi che muovevano entrambi i ragazzi. Era abissale la differenza di tensione che entrambi mostravano nei loro modi, nei loro sguardi e perfino nel ritmo dei loro respiri. James deglutì visibilmente, pensando a quanto gli sarebbe piaciuto avere una carezza, a quanto gli sarebbe piaciuto avere... un (altro) primo bacio, ma la risposta di Rosalie fu estremamente simile a cosa si aspettava: non l’avrebbe toccato. Il suo sguardo si abbassò seguendo quello della ragazza e notò quei pugni chiusi, avrebbe voluto sfiorarla, ma non lo fece. Scosse, piuttosto, il capo leggermente e pensò che forse doveva allontanarsi. Fu proprio in quell’istante che gli occhi di Rosalie incontrarono nuovamente i suoi. E fu tutto così intenso che James non capì nemmeno bene cosa Rosalie stava dicendo. Ella afferrò dal polso. Egli cercò di tirarsi il polso a sé per diminuire ancora di più la distanza che vigeva tra loro. Erano fatali l’uno per l’altra, ma la fatalità di Rosalie ora gli stava riempiendo l’anima, il cuore. * « Non credo nemmeno che tu sia davvero qui. » * la voce di James sembrava ora bassa, simile ad un sussurro, come se parlasse con se stesso. Che sogno era mai quello di poter sentire il polso preso dalla morsa di lei? Si era fumato davvero qualcosa di grave. Non credeva che la conversazione sarebbe andata così, si sentiva meravigliato dal più profondo. Si sentiva strano a quelle percezioni e quella sensazione aumentò quando quel pezzo di ghiaccio di Rosalie sembrò addolcirsi, sembro sciogliersi, sembrò piangere. Il ghiaccio era divenuto pianto e l’indice di una mano di James corse per andare a raccogliere quella lacrima. * « Non piangere. Mi prenderò tutte le conseguenze del caso, ma sii almeno felice e...decisa. Devo crederti? Chi mi dici che non lo rifarai? Ho poca fiducia in questo fottutissimo mondo. » * La mano di James andò ad afferrare il polso della ragazza, quasi come se l’azione di Rosalie si riversasse ora su di lei. * « Allora diamoci del tempo. »
Rosalie Campbell .   Rosalie ignorava il motivo di quella sua affermazione. Tentò di carpirlo in qualche modo, di indagare sul significato nascosto di quelle parole, ma invano. Aveva spesso avuto difficoltà a capire cosa si celava dietro i pensieri pronunciati da James e notò che la cosa non era cambiata dopo tutti quei mesi di lontananza, anzi, forse si era amplificata ancora di più. In ogni caso, che lui ci credesse o meno, lei lì c'era eccome, col corpo e con la mente e non aveva alcuna intenzione di andarsene.  Il tocco gentile sulla sua guancia le trasmise un calore molto intenso. Sentiva come se tutto il suo corpo si fosse avvolto attorno ad un termosifone, ogni singola parte del suo corpo divampava e probabilmente arrossì anche. Ma solo James poteva saperlo. Nonostante le avesse detto di non piangere, Rosalie non era sicura di riuscire a trattenere le lacrime ancora per molto. Un vortice di emozioni stava attraversando la sua mente e la sua anima e non era mai stata brava a nascondere a lungo ciò che veramente provava. « Se non credi alle mie parole, saranno le mie azioni a dimostrartelo » gli rispose in tono deciso e allo stesso tempo dolce.  La presa sulla sua mano e le parole del giovane dood che seguirono fecero crollare qualsiasi difesa della fata. Si abbandonò completamente a quel vortice di emozioni, trasse un lungo e rumoroso sospiro di sollievo, abbassò la testa e si appoggiò al suo petto. Tuttavia la liberazione di quell'attimo non fece sgorgare alcuna lacrima dagli occhi di Rosalie, diversamente da come si aspettava. L'unica cosa che riuscì a fare fu dire, con la voce bassa e quasi tremante: « Ti darò tutto il tempo di cui hai bisogno, non ti preoccupare ». E prese a concentrarsi sulle sensazioni fisiche che stava provando in quel momento: il contatto con James, sulla sua fronte e sulla sua mano, il senso di calore che provava dentro di sé e il respiro di lui così vicino alle sue orecchie. Chiuse gli occhi per godere a pieno di quegli attimi così intensi e preziosi per lei. Non aveva più paura di essere respinta da lui. James Cole Collins * James era sempre stato enigmatico, o forse semplicemente era stato così tanto segnato dalla vita da risultare spesso e volentieri perfino incomprensibile agli occhi altrui. D'altra parte, egli stesso non li biasimava, come si faceva a comprendere un ragazzo che aveva passato l'inferno, che aveva avuto uno sceriffo come padrino e un criminale come padre? Era troppo difficile essere capito, dunque, alcune volte non lo desiderava neppure; voleva, piuttosto, essere soltanto amato. L'amore, quello puro, quello vero, quello che tutti sognano di avere da una madre, da un'amica, perfino da uno sconosciuto, James non l'aveva mai provato pienamente eppure lo sentiva crescere dentro sé, ma mai intorno a sé. Rosalie era una di quelle persone che profumava di amore e di delicatezza eppure avevano rovinato ogni cosa e chissà che cosa sarebbe accaduto. In tutto quello strano discorso, James aveva una certezza: non se ne sarebbe andato fin quando la giovane donna non gli avrebbe voltato le spalle. Il tocco di James stava contraddicendo perfino la freddezza che caratterizzava il suo essere dooddrear. Nonostante la sua natura, fortunatamente, la sua anima era comunque rimasta intatta ed umana, anzi probabilmente si era anche sfaldata ed era diventata più umana di quanto si sarebbe potuto mai immaginare. La prova del nove di quel calore umano che egli emanava nonostante la sua natura fu proprio il rossore delle gote di Rosalie che non poté non notare. Questo lo spinse a sorridere leggermente come di solito un padre faceva con una figlia in difficoltà: quel momento fu intenso, letalmente intenso, tanto intenso da sentirlo nello stomaco del giovane dooddrear. * « Allora fallo, dimostramelo. Io non ti ho mai voltato le spalle anche se ho dovuto inorgoglirmi perché mi sono sentito abbandonato. Abbandonami in te. Se ci riuscirai io ti giurerò fedeltà... » * Non ci riusciva, il nostro Collins, ad essere orgoglioso e totalmente freddo. Avrebbe voluto apparire di pietra, perché, in fondo, egli aveva ricevuto tanto male dalla fata, ma non sarebbe mai riuscito a farlo sul serio. Travolto dalle lacrime e dalle emozioni altrui e da tutto quello che stava pensando, James lasciò che Rosalie si posasse sul suo petto. Istintivamente, il ragazzo posò le proprie labbra su quei capelli d'oro lasciandole un dolce e leggero bacio. Si sentì a casa, ma quella casa era ancora tutta da costruire. * Rosalie Campbell  Mai avrebbe creduto di avere successo. Il terrore la attanagliava da troppo tempo e la speranza che riponeva nelle sue capacità in una situazione come quella era più simile a un'illusione. Aveva avuto modo di conoscere l'orgoglio e la testardaggine di James altre volte in passato, ma provò comunque una grande meraviglia nel vederlo sciogliersi e abbandonarsi un po' a quelle stesse emozioni che stava provando lei.  Chissà quanti pensieri, dubbi e preoccupazioni stavano attraversando in quel momento la mente del ragazzo, quanta incertezza nei confronti del futuro. Rosalie poteva solo immaginarlo. Al contrario, lei era fermamente convinta che da quel momento in poi sarebbe andato tutto bene. Magari all'inizio sarebbe stato difficile per lui aprirsi come una volta, a causa del dolore per la delusione che la fata gli aveva provocato.  Tuttavia, quel gentile bacio sul suo capo fu la prova evidente che era riuscita a fare breccia in quel cuore che credeva ormai indurito. Non se l'aspettava minimamente e avrebbe tanto desiderato osare abbracciarlo e stringerlo tanto forte quando delicatamente. Non fu il timore di essere respinta che la bloccò quanto piuttosto la paura di esagerare, di affrettare un processo che sicuramente avrebbe richiesto molto tempo. Non poteva irrompere attraverso l'apertura che aveva appena creato così violentemente e prontamente. Doveva dare tempo a James di costruirvi una porta, cosicché nel momento in cui lei avrebbe bussato, sarebbe stato lui stesso ad aprirle.
| Fine <3 
1 note · View note
giancarlonicoli · 5 years
Link
17 OTT 2019 09:21
GIOVENTU' BRUCIATA E DA BRUCIARE – “GLI EBREI SONO COMBUSTIBILE”; “LA MIA PROF LA STUPREREI”, “E POI DICONO CHE I PRETI NON DEVONO VIOLENTARE I BAMBINI…” – LA CHAT DELL’ORRORE ("SHOAH PARTY") DEI RAGAZZINI ANNOIATI DI SIENA TRA INNI A HITLER E ALL’ISIS E VIDEO PEDOPORNOGRAFICI - INDAGATI 25 GIOVANISSIMI, 5 HANNO MENO DI 14 ANNI. "PARLA LA MAMMA CHE HA DENUNCIATO: “NEL TELEFONO DI MIO FIGLIO HO SCOPERTO L'INFERNO. LE ALTRE MADRI TACEVANO"
-
Lodovico Poletto per “la Stampa”
«Gli accendini e gli ebrei dove sono?» si domanda il primo ragazzino. E gli altri della chat ridono. Mandano meme. Bestemmie: «Gli ebrei sono combustibile». Uno skroll di schermate. C' è un video con due ragazzine che avranno sì e no dodici anni, che fanno sesso con un coetaneo. «E poi dicono che i preti non devono stuprare i bambini...». Risate.
La chat dell' orrore era il regno degli adolescenti, con iscritti da tutta Italia: da Napoli a Torino. Aveva svastiche come icone. E un nome che fa rabbrividire: «The Shoah party». Ci entravi se ti presentavano e ti invitavano con un link: «Clicca qui». Oppure passavi attraverso Instagram. E il regno dell' orrore spalancava la bocca. Stupri. Violenze. Una bestemmia ogni riga. Ogni due. Una risata. Un meme.
Un commento assurdo, anzi molto peggio: «Io la mia prof la stuprerei...».
L' inchiesta della Procura della Repubblica di Siena ha spalancato un orrido che non ti aspetti. Un inferno di degrado umano senza fondo. Di violenza. Di inni a tutto ciò che è violenza, sangue e orrore. La Shoah è soltanto una delle tante cose malate che puoi trovare qui. I carabinieri del comando provinciale di Siena hanno messo le mani dentro questo pozzo di marciume il giorno in cui una mamma ha deciso di parlare.
«Ho scoperto la chat per caso» racconta adesso. Ne ha discusso con altre mamme, sconvolta. L' hanno liquidata con un' alzata di spalle. Banalità. Lei è andata avanti ed è approdata dai carabinieri: «Mi creda è orribile». L' hanno sentita e poi hanno iniziato a indagare.
Ingegneria sociale, si chiama il modo di hackerare senza violare il sistema, fingersi un altro per ottenere informazioni, accessi a siti, dati. Negli uffici del comando provinciale i ragazzi del comandate del reparto operativo si sono dati da fare. E il loro capo, il colonnello Michele Tamponi, gli ha dato carta bianca.
Hanno letto tutto per tre mesi almeno. Hanno annotato numeri. Indagato sulle persone. Trecento utenti si stima siano entrati e usciti da «Shoah party». Quasi tutti ragazzini. Di Torino, per dire, erano 8. Tra loro c' è anche uno studente del Politecnico: ha 19 anni, è arrivato dalla Puglia per andare all' università. C' era anche un uomo di 44, ma era finito lì dentro per caso. La scheda sim da cui suo figlio chattava era intestata a lui. Lo hanno indagato. E lui adesso dice: «Forse avrei dovuto controllare meglio il telefono di mio figlio». Ma forse la chat era nascosta. WhatsApp ha segreti che se non conosci non puoi scoprire.
I carabinieri sì, ci sono riusciti. Hanno trovato i video pedopornografici che fanno accapponare la pelle soltanto a dire che cosa mostravano.
«Mi sento pedo oggi» scriveva qualcuno. E giù risate. Pollici alzati. Come se chi scriveva non avesse chiaro quali sono i limiti. Dove lo scherzo diventa reato. Dove il buongusto vien ucciso. E più ancora dai valori negati.
C' era tutto lì dentro. L' Isis che taglia le teste. Le torri gemelle. «Vorrei ammazzare tutti». I bambini malati: «tutti quelli con il cancro». La leucemia come oggetto di scherno.
Senza vergogna. O meglio ancora senza un barlume, seppur minimo, di umanità. C' è un bambino africano inginocchiato accanto a una pozzanghera colma di acqua fangosa da cui beve. Commento: «Minkia, il Nesquick».
Ecco, quando i carabinieri hanno avuto chiaro tutto questo sono andati a bussare all' uscio dal comandante provinciale, Stefano Di Pace, con i faldoni di carte spessi così. E lui è andato dal procuratore Antonio Sangermano, alla procura dei minori. Ne hanno indagati 25: tutti gli altri che sono entrati lì dentro e, dopo aver visto, hanno abbandonato la chat - «Che cos' è questo schifo?» «Me ne vado». «Addio» - non li hanno tirati in ballo.
Quel che è rimasto è il peggio. Gente che commentava.
O condivideva. Che non denunciava. «Shoah party» - che ricorda casi molto simili in Inghilterra e Francia - è stato chiuso. Ora iniziano gli interrogatori. Negare sarà inutile: carabinieri e Procura sanno chi ha fatto cosa. E quando.
2 - PARLA LA DONNA CHE HA DENUNCIATO
Grazia Longo per “la Stampa”
«Dirle che mi è crollato il mondo addosso non rende l' idea. Ero sconvolta dai due video pedopornografici, e lo ero ancora di più perché si trovavano sul telefonino di mio figlio tredicenne». Veronica parla con tono calmo e gentile, tradisce l' emozione solo dal modo in cui stringe la tazza di tè. Le dita delle mani sono quasi cianotiche per la tensione. Il suo nome è ovviamente di fantasia, mentre l' inferno che racconta è tutto reale. È lei la mamma che, a differenza delle altre, ha avuto il coraggio di denunciare tutto ai carabinieri del Reparto operativo di Siena. E ora rievoca quei momenti con lucidità e sollievo.
Quando è cominciato tutto?
«Lo scorso aprile. Ricordo quel pomeriggio con una precisione certosina. Da una decina di giorni non esaminavo il telefonino di Luigi (anche questo nome è fasullo, ndr). Avevo il pin perché con mio figlio c' è un rapporto di fiducia. È un accordo tra di noi: Luigi sa che può tenere il cellulare solo a patto che io lo possa controllare».
Perché?
«Perché il telefonino in mano a un minorenne può diventare una pistola che un ragazzino non è in grado di gestire in modo adeguato».
Quel pomeriggio che cosa ha scoperto?
«Ha attirato subito la mia attenzione una chat, per via del nome, "The shoah party". Mi sembrava offensiva, e così l' ho aperta. E lì è incominciata la discesa nei gironi dell' inferno».
Per i video pedopornografici?
«Innanzitutto per quelli, certo. In uno ho visto due bambini, sotto i 10 anni, che avevano un rapporto omosessuale.
Nell' altro un incontro a tre tra due maschietti di circa 10 anni e una bambina coetanea.
Le immagini erano indescrivibili, mi creda. Non ci sono davvero parole adeguate per rendere l' orrore».
Ma c' erano anche foto o video inneggianti Hitler, Mussolini o i terroristi islamici?
«Sì c' era un po' di tutto. Era tutta una violenza, un sopruso, una dominazione fisica e psicologica sul prossimo. Si trattasse di ebrei, malati, bambini».
Molti insulti quindi?
«Tantissimi. Basti dirle che ogni messaggio si apriva con una bestemmia».
E suo figlio come ha reagito? Come si è giustificato?
«Mi ha spiegato che era stato contattato via whatsapp da alcuni sconosciuti i quali lo avevano invitato ad entrare nella loro chat».
E perché ha accettato?
«Mi ha riferito di averlo fatto perché quelle pressanti e continue richieste gli impallavano il cellulare e lui non poteva più usarlo per i giochi. Così mi ha detto, che non riusciva più a giocare con il telefonino e quindi ha acconsentito di entrare nella chat».
Suo figlio non è rimasto turbato da quelle immagini e da quegli slogan che istigavano alla violenza e al razzismo?
«Mi ha raccontato di aver aperto solo i primi due video che gli sono arrivati e di aver poi archiviato gli altri. Per lui era finita lì, tant' è che, pur sapendo che io ogni tanto, senza preavviso, gli monitoro il telefonino, non ha cancellato nulla. Inoltre lui non ha mai scritto niente e non appena io ho individuato la chat si è cancellato».
Lei aveva notato nella chat la presenza di alcuni compagni di scuola?
«Ne ho riconosciuti tre, ma non so se ve ne fossero altri».
E cosa ha fatto, prima di rivolgersi ai carabinieri?
«Ho scritto alle altre mamme nella chat di classe, avvertendole che su whatsapp giravano foto violente, razziste è pedopornografiche».
Che cosa le hanno risposto?
«Sono state molto fredde, indifferenti. Qualcuna ha ringraziato, qualcun' altra ha replicato che suo figlio non faceva quelle così lì e la discussione non è andata avanti».
Ma poi ha avuto occasione di confrontarsi con le mamme dei tre compagni riconosciuti in chat sulla necessità di rivolgersi alle forze dell' ordine?
«Nessuno ha voluto denunciare. Non so se per vergogna o cos' altro. Mio figlio in questa vicenda risulta un testimone, non è indagato. Ma io comunque non mi sarei fermata in ogni caso. Non solo perché ritengo che sia un dovere civile sporgere denuncia, ma anche perché non si può accettare che dei ragazzini divulghino oscenità e appelli in nome di Hitler o della Jihad. È assolutamente inconcepibile».
Eppure è drammaticamente successo.
«Infatti. Non so in che modo abbiano agito i giovani amministratori della chat e con quale assurdo passaparola quello scempio sia arrivato sul telefonino di mio figlio. Per fortuna la giustizia sta facendo il suo corso, ma credo sia molto importante la questione socio-culturale, il rapporto genitori-figli».
I ragazzini della chat appartengono a una classe sociale medio alta, hanno genitori laureati e liberi professionisti. Che cosa non ha funzionato secondo lei?
«Non mi permetto di guardare in casa d' altri. Ma i genitori devono fare i genitori e controllare i propri ragazzi».
0 notes
ilmiotutto29 · 7 years
Text
Senza di te, niente è più lo stesso
Mi hai delusa... Mi hai distrutta dentro... Mi è crollato il modo addosso appena ti ho visto con lei... E io che pensavo che per te ero davvero speciale... Che non mi avresti mai sostituita con nessun'altra, che non mi avresti mai lasciata sola in questo mondo schifo... Mi dicevi che nessuno ci poteva separare che dovevamo rimanere per sempre insieme... Uniti, ogni giorno più forti di prima... Mi avevi promesso che saresti rimasto per sempre... Mi hai illusa.. Tu per me eri il mondo... Con te era bello fare tutto, anche litigare.. E non capivo la tua gelosia... Che a parte te non volevo nessun'altro... Eri TUTTO!! Il tuo sorriso, il tuo sorriso era qualcosa di unico... Che mi faceva cambiare umore in un secondo... Che un tuo messaggio mi faceva sentire speciale.... Ma non ci sei più. Io senza di te non sono niente. La mia vita senza di te non ha senso... Ti ho amato tantissimo... Più della mia stessa vita... E te lo dimostrò... Addio.. Amore mio. ♥
1 note · View note