MAG194 - ########-34 - Separazione
[Episodio precedente]
[CLICK]
[Passi che scendono per le scale del Panopticon - L’Archivista va più veloce di Martin]
MARTIN
Jon, asp- Hey, aspetta!
[I passi dell’Archivista si fermano mentre Martin lo raggiunge, e si sentono dei movimenti da sotto]
MARTIN
V-Vuoi parlarmi per favore?
ARCHIVISTA
Ho solo - bisogno di un po’ d’aria.
MARTIN
Nelle gallerie?
ARCHIVISTA
Sì! N-no! Non so, basta da un’altra parte! Qualsiasi, senza quella… cosa che spara orrori a raffica, e Rosie che ci fissa come se stessimo per morderla. È solo - ho bisogno di pensare.
MARTIN
Va bene.
Va bene, noi, torneremo nelle gallerie, ci raduneremo, capiremo quale sarà la nostra prossima mossa. Vedremo quali altre opzioni ci sono.
ARCHIVISTA
…
Sì.
MARTIN
Jon?
…
[Avvertimento] Jon?
ARCHIVISTA
Mi serve solo un momento. Per… Per considerare le cose per bene.
MARTIN
“Considerare” cosa di preciso?
[Silenzio tranne che per i rumori della torre]
ARCHIVISTA
[A bassa voce] Potrebbe essere la nostra unica opzione.
MARTIN
[Con veemenza] Di che cosa stai parlando?! C-Come sarebbe un’opzione? Okay, tralasciamo il fatto che è un’idea suicida, è una completa scemenza! A che cosa servirebbe? Al momento, da quel che vedo, scambieremmo un pomposo zombie del terrore fluttuante e svuotato con un altro!
ARCHIVISTA
Non è così.
MARTIN
Davvero? Allora illuminami, prego. Vai avanti, sono tutto orecchie!
ARCHIVISTA
Okay. Quando ho detto che avrei rimpiazzato Jonah lassù, non è quel -
Quella posizione, il centro dell’Occhio, è… non è stato fatto per lui. È per questo che è così, è troppo, lo ha sopraffatto, tutto il suo essere, l’ha distrutto.
MARTIN
Oh sì? Ma fammi indovinare, è stato fatto per te?
ARCHIVISTA
Sì.
MARTIN
[Petulante] Ma certo che sì. Ma certo che sì! Perché come poteva mai questo viaggio concludersi in qualcosa meno del supremo destino finale dell’Archivista, inserito nella grande macchina della paura per l’eternità, e che abbandona l’umanità.
Rompendo la sua promessa.
ARCHIVISTA
Non è giusto!
MARTIN
Non lo è?
ARCHIVISTA
Vuoi ascoltare? Per favore?
…
Credo… credo che potrei controllarlo, fino, fino a un certo punto. Potrei… incanalare le energie, cambiare le cose. Come ho fatto durante il nostro viaggio, ma, ma su vasta scala.
MARTIN
E questo come sarà d’aiuto? Hai sempre detto che non potevi ridurre la paura nel mondo. Ti, ti limiteresti a spostarla.
ARCHIVISTA
Ma potrebbe comunque aiutare. P-Potrei riequilibrare le cose. Distruggere gli avatar, far sì che le persone che soffrono di più sono quelle, quelle che se lo meritano.
MARTIN
E cosa?Rimpiazzarli con nuovi avatar fatti dalle persone che non volevano?
ARCHIVISTA
Voglio dire, devono essere migliori di quelli che l’hanno scelto no? Di sicuro non posso far svanire tutto, ma potrei perlomeno renderlo più giusto. All’Occhio non importa, finché riceve la sua paura, è felice in ogni caso.
[Martin fa un suono di scherno per la giustificazione]
MARTIN
[Incredulo] Cristo, ma ti senti? ‘Renderlo più giusto!’ Non è abbastanza essere l’onnipotente Archivista, devi anche nominarti letteralmente il giudice di tutti?
ARCHIVISTA
Non dirlo.
MARTIN
So cosa vuol dire essere impotenti. E-E so che lo sai anche tu. E so anche com’è avere un assaggio di- qua-quando finalmente puoi -
ARCHIVISTA
Non è così!
MARTIN
Sono stato là fuori con te. Ho visto come ti è piaciuto fare urlare loro per una buona volta.
ARCHIVISTA
Che ne è stato di “Kill Bill”?
MARTIN
Non ti sarebbe dovuto piacere così tanto!
ARCHIVISTA
Perché non mi credi quando ti dico che non è qualcosa che voglio fare?
MARTIN
Perché ho visto la tua faccia quando siamo entrati in quella stanza!
[Sconfortato] Quella non era paura, non, non era nemmeno rabbia. Era invidia.
E mi ha spaventato più di ogni cosa che abbia mai visto.
ARCHIVISTA
…
Martin…
MARTIN
Siamo qui per fermare tutto questo. Non, non per acquisirne il controllo.
ARCHIVISTA
Quale altra opzione abbiamo?
MARTIN
N-Non lo so, okay! Io no- Ma ce n’è una.
Perché deve esserci.
ARCHIVISTA
Ma se non ci fosse? Per quanto vuoi vagare in giro senza speranza a cercare prima di tornare qui in ogni caso?
MARTIN
Sei tu quello che voleva del tempo per riflettere.
ARCHIVISTA
Non possiamo scartarla. Potrebbe essere la nostra unica scelta.
MARTIN
…
No.
No. Lo impedisco.
ARCHIVISTA
[Incredulo] Lo impedisci?
MARTIN
Non ridere di me.
ARCHIVISTA
Perché no? È ridicolo.
MARTIN
Mi rifiuto di accettare che questa -
ARCHIVISTA
Tosto! Al mondo non importa cosa accetti. È… e basta!
È e basta.
…
Vado fuori. All’aperto. Io… ci rivediamo nelle gallerie.
[Passi mentre l'Archivista scende veloce le scale]
MARTIN
Stupido… Stupido, arrogante…
…
[Chiamando] Jon?
J–
…
Merda.
[CLICK]
[CLICK]
[Passi all’aperto e suoni dei droni della città e delle telecamere che seguono]
ARCHIVISTA
Via da qui. Tutti quanti.
…
[Prova a costringerli] Ho detto lasciatemi solo!
…
Ma certo.
[Sospira]
Cosa volete? No, so, so cosa volete.
Ma forse avete ragione.
…
No, non è - Martin ha ragione. Non ne vale la pena.
Perchè mi sto prendendo la briga di parlarvi? Non avete nemmeno una mente, non veramente. È quello che volete, no? Qualcosa che sia il vostro fuoco, la vostra volontà. Che vi tenga nutriti e placati e contenti!
…
Avete qualcosa da dire?
Allora ditelo.
[Statiche leggere]
Ma certo.
[I droni svaniscono mentre iniziano le statiche delle dichiarazioni]
[Tintinnio di un cucchiaino che gira qualcosa, viene appoggiato, poi seguito dal rumore di qualcuno che beve]
ARCHIVISTA (Dichiarazione)
Il vecchio era morto. Il vecchio era morto, e Malcolm non riusciva a sentire niente se non il gelido sollievo che lo travolgeva. Con ogni passo si sentiva più leggero.
[Passi]
Ogni respiro sembrava più leggero, come se stesse passeggiando in un limpido pomeriggio autunnale. Sapeva che sarebbe dovuto essere devastato, a pezzi per la perdita di quello che era stato l’unica costante nella sua vita da quanto riusciva a ricordare, ma quando i suoi occhi si posavano sulla poltrona macchiata e consumata dove il vecchio era rimasto seduto immobile, per l’ultimo decennio, l’assenza di quella faccia spigolosa e piena di giudizio gli portava un sorriso sulle labbra. Un sorriso di libertà.
Finalmente poteva fare quel che voleva. Nessuna domanda indagatoria quando varcava la soglia. Niente più ghigni di qualcuno che sapeva, che pretendeva di sapere dove era stato. Niente più camminare in punta dei piedi per casa sua per evitare la vista di qualcuno che, nonostante non sembrava mai muoversi dal suo posto, sembrava troppo consapevole di ogni singolo pensiero privato di Malcolm, di ogni suo oscuro impulso.
Quale era il nome del vecchio? Malcolm riusciva a stento a ricordarlo. Non era importante, però, non più se era fosse stato un padre, nonno, amico attempato, o addirittura una specie di padrone di casa. Quello che importava era che da quando riusciva a ricordare – quanto tempo? – il vecchio era stato seduto sul suo trono consumato, e aveva giudicato la vita di Malcolm. E adesso era morto. I becchini avevano portato via il corpo – o per lo meno, qualcuno se ne era occupato – e lui era stato l’unico al triste funerale sotto un cielo coperto. Adesso era libero di vivere la sua vita.
Vivere la sua vita. Che cosa voleva dire ormai? Cosa gli rimaneva all’infuori dell’evitare le frecciatine crudeli e i giudizi taglienti del vecchio? Forse… l’amore? Sì, forse adesso, senza la minaccia rugosa che derideva dalla propria poltrona di ogni suo pensiero di felicità, forse adesso poteva trovare qualcuno con cui passare la propria vita.
[Rumori di un computer]
Malcolm aveva riacceso il suo vecchio computer, che era tornato in vita con un lamento e un rumore strozzato, lo schermo rotto e crepato, e i tasti rigidi sotto il suo tocco. Per un terrificante istante era sembrato che non si sarebbe nemmeno acceso, ma alla fine lo schermo si era illuminato di un verde opaco e malaticcio. Malcolm aveva cliccato finché non aveva trovato quel che stava cercando. Un sito d’incontri.
Il nome del sito era talmente distorto che non riusciva a riconoscerlo, ma sembrava che fosse rimasto il login da tutti quegli anni prima, e aveva iniziato a scorrere tra i profili. Mary, sembrava carina, ma in un certo senso troppo lunga. Jenny sembrava avere un buon senso dell’umorismo, ma… per metà era al contrario. Hannah non sembrava avere niente che non andasse a prima vista, ma il suo profilo puzzava di carne marcia. Poi aveva trovato Antonia, e era rimasto a bocca aperta. Il suo sorriso era così largo e così aperto che a un tratto si era sentito travolto da un’ondata di calda infatuazione, che lo aveva riempito completamente… tranne che per la spalla destra, che era rimasta gelida.
Qualcosa non andava. Malcolm aveva passato le dita sulla zona, tastando lo spazio tra collo e braccio. C’era un rigonfiamento lì. Duro e tondo e liscio al tatto. Lo aveva pigiato delicatamente, e aveva sussultato quando una fitta l’aveva attraversato. Si era sbottonato la camicia velocemente, facendo scivolare il tessuto ruvido lungo il torace, ed esaminando la protuberanza lucida. Una specie di callo? Un tumore? La mente di Malcolm aveva iniziato a saltare freneticamente da una possibilità peggiore all’altra. E poi…
[Suono di carne che si apre]
L’iride era di un grigio opaco, circondata da tessuto ingiallito e iniettato di sangue, e la pupilla era opaca, quasi nebulosa, ma l’occhio che guardava dalla sua spalla sembrava mettere a fuoco senza problemi.
[Suoni acquosi di tessuto vitreo]
Si girava freneticamente, guardando verso ogni lato della stanza mentre Malcolm cercava disperatamente di trattenere un urlo. Poi si era posato sulla luce opaca dello schermo del computer. Su Antonia. E lo shock gelato della sua disapprovazione amara gli aveva attraversato le vene come un fulmine. Le sue mani erano scattate in avanti quasi per riflesso, afferrando il cavo di alimentazione dal computer e staccandolo. Lo schermo si era spento con uno schiocco leggero, e Malcolm era rimasto seduto lì, a tremare. L’occhio si era rivolto verso il suo volto pallido e terrificato, poi si era richiuso con soddisfazione.
[Passi]
La sala d’attesa era quasi vuota quando era arrivato al Pronto Soccorso. L’infermiera seduta alla scrivania gli aveva lanciato un’occhiata strana e gli aveva detto di sedersi. Aveva provato ad accomodarsi su una delle sedie arancioni e lisce, fissata a una lunga barra di ferro in una rudimentale panchina, ma non riusciva a stare comodo. Da sotto il suo giacchetto poteva sentirla; la piccola bocca che sussurrava che si era aperta durante il lungo tragitto in metropolitana.
“Stanno per mettersi a ridere di te,” aveva sibilato.
“No, non lo faranno.”
“Ti diranno che sei un mostro, un’anomalia. Ti rinchiuderanno.”
“Ti rimuoveranno da me.”
“Così potrai uccidermi un’altra volta?”
“Io non ti ho ucciso.”
“Potresti anche averlo fatto. Con la tua insolenza. Con la tua mancanza di rispetto.”
“Stai zitto.”
“Glielo dirò. Gli dirò tutto dei pensieri terribili che ti tieni dentro.”
La gamba di Malcolm non la smetteva di tremare. Da qualche parte, dalle profondità dell’ospedale, una risata era riecheggiata, fredda e venata da una crudeltà carica di giudizio che poteva riconoscere così bene. Si era stretto nel suo giacchetto e si era alzato, passando dalle porte automatiche nel freddo della notte.
Doveva farlo lui stesso. Era l’unica cosa da fare. Se l’opzione medica e professionale non era contemplata, allora quale altra scelta gli rimaneva?
[Porte automatiche che si aprono, seguite dai suoni di un supermercato]
Si era affrettato nel supermercato, il dolore nella sua spalla gli faceva penzolare il braccio destro rigido lungo il fianco. Non c’erano più carrelli, né cestini, quindi aveva afferrato quanto poteva, e l’aveva stretto al petto, temendo che potesse cadere a terra da un momento all’altro. Coltello da cucina, tovagliolini di carta, disinfettante, vodka, ibuprofene.
Mentre si aggirava per le corsie gigantesche, queste sembravano molto più lunghe di quanto si ricordasse, aveva cercato di ignorare le occhiate di curiosità e disgusto che aveva visto sui volti degli altri clienti. Ora la sua spalla era visilmente rigonfia, piena di bozze e pulsante sotto il suo cappotto. Una donna era lì immobile, e aveva indicato in silenzio mentre Malcolm aveva sentito le piccole braccia sottili come ramoscelli scivolare fuori da sotto lo scollo, cercando di spostare lo spesso cappotto.
“Fammi vedere, Malcolm. Fammi vedere!”
[Oggetti cadono a terra, passi che corrono via]
Malcolm era corso fuori dal supermercato, facendo cadere i suoi oggetti per la via. Tutti tranne il coltello.
[Chiavi, seguite dal cigolio di una porta che si apre]
L’appartamento era buio e silenzioso quando Malcolm aveva spalancato la porta di colpo, e si era accasciato a terra. Il dolore era ormai insopportabile mentre si trascinava verso il tappeto sporco e aggrovigliato, le mani rese appiccicose da decenni di sporco che era passato inosservato. L’unica luce nella stanza proveniva dalle statiche sullo schermo del vecchio televisore, che davano alle sue pene il luccichio pallido e opaco del tubo catodico.
Il suo cappotto e la camicia sotto ormai erano stracci, strappati dalle dita affilate e dimenanti che si allungavano dalla sua spalla. Malcolm aveva provato a respirare, a concentrarsi o a tornare in sé, a trovare un modo per prendersi un momento nel caos e pensare. Ma non c’erano stati. Si era tolto i brandelli rimasti di tessuto, esponendo la piccola faccia semi-formata e gli arti all’aria aperta. E aveva alzato il coltello.
“Fallo, codardo!”
[Suoni di ossa che si spezzano e carne che viene torta]
Come Malcolm aveva affondato la lama nella spalla, l’aveva sentita dividersi. Pelle, muscoli e ossa strappati, si erano aperti come la voragine causata da un terremoto, una spaccatura rossa e bordata di sangue in sé stesso. Il suono che aveva emesso poteva essere classificato come urlo, ma l’agonia che aveva gridato con una boccata gorgogliante di sangue andava oltre qualsiasi genere di rumore avrebbe mai potuto pensare di emettere.
[Rumori di un gorgoglio bagnato si possono sentire mentre i rumori di carne diventano peggiori]
Dalla ferita prima era uscita una mano, poi lentamente, centimetro dopo centimetro, era seguito il braccio, che gli si era avvolto attorno al collo per fare leva, e aveva tirato fuori una spalla, un collo, una faccia. Una faccia ghignante e familiare.
Ci erano voluti dieci minuti affinché la forma coperta di sangue emergesse completamente, e altri venti affinché strisciasse e si contorcesse verso e sopra la vecchia poltrona.
[suoni viscerali e orribili di contorcimenti e affanno, come di polmoni che pulsano per ricevere aria]
Per tutto questo tempo, Malcolm era rimasto sdraiato lì, a sanguinare in silenzio, con le lacrime che gli scivolavano sulle guance, e cadevano nel tappeto. Il dolore per lui non era niente, non più. Quello che odiava di più, ciò che temeva davvero, era la cosa che lo fissava dall’alto della poltrona, che di nuovo lo osservava con un ghignate giudizio amaro. Poteva sentire gli occhi del vecchio su di lui, e sapeva che non sarebbe mai riuscito a sbarazzarsene.
[Le statiche crescono e poi svaniscono nei suoni della città e dei droni]
ARCHIVISTA
Non molto subdolo. Ma d’altronde non lo sei mai stato, vero? Per niente.
Se quella è l’argomentazione più convincente che hai…
[Sorride] Vado a scusarmi con il mio ragazzo.
[Passi]
[CLICK]
[CLICK]
[Porta che si apre con uno scossone]
ARCHIVISTA
Martin?
[Porta che si chiude]
Martin mi, mi dispiace. Hai ragione, io -
Oh.
[Un colpo di tosse nervoso]
Scusa. Pensavo fossi un’altra persona.
CELIA
È okay. A-A dire il vero ti stavo cercando.
ARCHIVISTA
Aspetta? Che – Scusa, um, sai dov’è Martin – l’, l’uomo con c-cui ero, sai dove si trova?
CELIA
È quel che volevo controllare! L’ho visto un po’ di tempo fa, vicino a una delle botole. Io… io non ho riconosciuto la donna con lui, quindi volevo controllare se voi attendevate qualcuno prima di svegliare le profetesse.
ARCHIVISTA
[Sospettoso] Aspetta, quale donna?
CELIA
Non lo so.
ARCHIVISTA
Che aspetto aveva?
CELIA
Uh… piuttosto giovane, di colore, vestita… normalmente, suppongo. Aveva una cosa sulla testa, tipo un… non so. Tipo un, un cappello di lana? Ma… non so, sembrava un po’ strano.
ARCHIVISTA
A-Annabelle, oh –
CELIA
Non so il suo nome –
ARCHIVISTA
Shh-shh! Io –
Ti prego, devo concentrarmi.
[Statiche leggere mentre prova a vedere]
ARCHIVISTA
[A voce molto bassa] Okay, Martin… Non cercare di farmi questo. Non adesso.
Argh! Oh dio. Okay, um…
CELIA
Stai bene?
ARCHIVISTA
Noi, uh – devo parlare con, con, con le profetesse.
CELIA
Cosa sta accadendo?
ARCHIVISTA
[Scattando] Adesso!
[CLICK]
[CLICK]
[Porta si apre, passi che entrano]
MELANIE
Hai avuto fortuna?
ARCHIVISTA
[Frustrato] Niente. Georgie, è, è già tornata?
MELANIE
Non ancora. Ma deve andare fisicamente nei luoghi per controllare. Non può salire su e controllare ‘da lontano’.
ARCHIVISTA
Melanie, ti prego, non adesso.
MELANIE
…
Scusa.
…
[Sospira]
Allora, tu, tu non li hai proprio visti con i tuoi, sai…?
ARCHIVISTA
Niente. Sono nascosto. Annabelle deve aver preso la macchina fotografica.
MELANIE
La macchina fotografica?
ARCHIVISTA
Di Salesa.
MELANIE
O-oh. Quindi vuol dire che lui è…?
ARCHIVISTA
Morto.
MELANIE
Okay.
ARCHIVISTA
Sì. Ho controllato. Credo che le stesse abbastanza simpatico da farglielo fare prima che la rubasse.
MELANIE
Ricordami di non entrare nelle sue grazie.
ARCHIVISTA
No, è-è quel che voleva. Quel che ha detto di volere. Ma… vuol-vuol-vuol dire che non posso trovarli in alcun modo!
MELANIE
Hey, hey, hey!
ARCHIVISTA
E io –
MELANIE
Mantieni la calma. Okay. Georgie potrebbe avere più fortuna. Lo sta cercando di persona, e da quel che hai detto…
ARCHIVISTA
Sì. No. Voglio, voglio dire, potrebbe funzionare.
Ma… ma se li trovasse da sola! Cioè, se dovesse succedere qualcosa!
MELANIE
Sanno badare a loro stessi. No?
ARCHIVISTA
Hai ragione. Hai ragione.
MELANIE
Va, va bene. Mi preoccupo anche io.
ARCHIVISTA
È colpa mia.
MELANIE
Cosa?
ARCHIVISTA
Noi… Noi abbiamo litigato. Ho detto delle cose che non avrei dovuto dire. Se, se non l’avessi fatto saremmo tornati qui insieme, e io ci-ci sarei stato per impedirle di prenderlo.
MELANIE
Non sai se è andata così.
ARCHIVISTA
Voglio dire, non se ne sarebbe andato di sua volontà!
No?
MELANIE
Dimmelo tu. Hai detto che non c'erano segni di colluttazione.
ARCHIVISTA
Ma se è successo nelle gallerie, non posso ‘saperlo’!
MELANIE
Ma l’avremmo sentito. Le cose qua sotto riecheggiano.
ARCHIVISTA
Direi di sì.
Cosa? Quindi pensi che abbia scelto di andare con lei?
MELANIE
Al momento è rilevante?
ARCHIVISTA
Cioè, se se ne fossero andati via di loro volontà, potrebbero già essere a miglia di distanza.
MELANIE
[Un sospiro pesante] Già. E non puoi - non so, vedere dove si trova il tuo punto cieco? S-Se capisci cosa intendo.
ARCHIVISTA
Non a meno che non gli sia proprio accanto.
MELANIE
Okay. Va bene. Dunque… facciamo alla vecchia maniera.
Perché dovrebbe prenderlo? Uh, hanno dei trascorsi?
ARCHIVISTA
Non proprio.
MELANIE
Allora per quale altro motivo potrebbe volerlo?
ARCHIVISTA
Per arrivare a me? Per metterlo contro di noi, o, o renderlo un’offerta o… non so, lei serve La Ragnatela, quindi è un domino a catena causa-effetto del cazzo che non possiamo neanche provare a indovinare.
MELANIE
Okay. Probabilmente, okay, ma preoccuparci di questo non ci aiuta al momento.
…
Uh, okay. Diciamo che, voleva usarlo come esca, per attirarti da qualche parte.
ARCHIVISTA
Allora perché nascondersi?
MELANIE
Per avere un vantaggio, forse? Così da poter tendere una trappola. In ogni caso, dove andrebbe?
ARCHIVISTA
[Esasperato] Come faccio a saperlo? N-Non riesco a vedere niente qua sotto!
MELANIE
Per amor di dio! Togliti la testa dal culo, smettila di cercare di usarla come una maledetta antenna, e prova a pensare!
ARCHIVISTA
Ascolta, Melanie. Io– argh!
[L’Archivista è colpito, non da un'illuminazione ma dal bastone di Melanie]
MELANIE
Pensa!
ARCHIVISTA
Ow… Non lo so! Dove sarebbe forte! Un, un luogo di potere, un, un domino della Ragnatela…
MELANIE
Sì… non, non credo ci sia un luogo del genere a Londra.
ARCHIVISTA
No, è-è tutto dell’Occhio, in un modo o nell’altro.
MELANIE
Allora, nelle vicinanze?
Hmm?
Jon?
ARCHIVISTA
[Rendendosene conto] Oh dio…
MELANIE
Cosa?
ARCHIVISTA
Stanno andando a Hill Top Road.
[CLICK]
[Traduzione di: Victoria]
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