Tumgik
#pensando ancora a lei……….
deathshallbenomore · 1 year
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pensavo fosse amore e invece era una raclette (condivisa)
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janniksnr · 1 year
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poche cose al mondo mi infastidiscono come la relatrice che non mi risponde alla mail cioè letteralmente ho fatto una domanda a cui semplicemente doveva rispondermi si o no, niente di elaborato eppure da questa mattina che lo ho scritto a quanto pare non ha trovato due secondi per rispondermi il che significa che non posso andare avanti con il lavoro che devo fare e che peggio ancora domani dovrò parlarle di persona e interfacciarmi con lei è così difficile e hanno inventato le mail proprio per evitare queste ansie inutili veramente io necessito di una risposta non posso pensare che dovrò parlarle purtroppo mi sento già l'ansia il mal di stomaco uff
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myberrylove · 5 months
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Ash si appoggiò pesantemente sulla spalla di Misty.
Ti preeeego!
La ragazza fece una smorfia poco contenta, guardando l’amico Ash con quell’espressione disperata, tipica di un bambino capriccioso.
Ash, avevamo fatto un patto…- disse lei per l’ennesima volta, cercando di nascondere l’imbarazzo di avere il suo viso così vicino. Anche dopo anni, quel ragazzo non smetteva di farla sentire come una bambina alla sua prima cotta.
Ok, ok… ma perché proprio uno spettacolo di Rudy?- brontolò lui, comodamente appoggiato sulla spalla di lei, quasi a cercare rifugio in quella stretta intima, come se fosse la cosa più naturale al mondo.
Perché sua sorella ci ha regalato i biglietti.
Ma lo sai che è così noooioso!
Solo perché non ti piace ballare, non vuol dire che il ballo sia noioso.
D’accordo, allora è Rudy a essere noooioso! E borioso!- la guardò con un’espressione tanto tragica da essere buffa- Dai, anche tu alzi gli occhi al cielo quando inizia a parlare di sé.
Misty cercò di rimanere seria, ma pensando alle parole di Ash non poté evitare di farsi sfuggire un sorriso complice.
Hai ragione, a volte Rudy è così… pieno di sé…
Visto?- disse trionfante Ash guardando l’amica che con difficoltà cercava di non ridere.
… Ma ho promesso a sua sorella che ci saremo andati.
Ash fece uno sbuffo indispettito e si staccò dalla spalla di Misty.
Va bene, ma non sorprenderti se dormirò durante tutto lo spettacolo- incrociò le braccia dietro la testa.
Non sarebbe una novità- commentò lei e salì per prima le scale per entrare nel teatro. Ash le fu subito dietro.
I due ragazzi si avvicinarono ai loro posti riservati, quando una ragazzina li notò e andò incontro a loro.
Misty! Sei venuta!- disse la ragazzina raggiante, per poi notare anche il ragazzo dai capelli nero corvino dietro di lei- … E Ash- aggiunse con un tono meno entusiasta.
Te l’avevo promesso- disse gentilmente Misty con un sorriso.
Ti ringrazio, mio fratello sarà felice di sapere che sei… siete qui- si corresse all’ultimo- Godetevi lo spettacolo- li salutò e andò a sedersi da un’altra parte.
Sempre felice di vedermi, eh?- commentò sarcastico Ash, mentre entrambi si sedevano nelle poltroncine vicino al palco.
Ancora con questa storia?- disse Misty stancamente, ignorando che la ragazzina stava guardando da lontano il ragazzo con uno sguardo poco amichevole- Non ha niente contro di te, non hai visto che era contenta di vederti?
Oh sì… era contenta di vedere te… - precisò lui- Immagino di aver rovinato i suoi piani…- borbottò con un susurro che Misty non sentì, perché in quel momento le luci si spensero e il tendone si aprì, facendo entrare gli artisti con un sottofondo di musica.
Misty osservò i ballerini muoversi con grazia sul palco, ma non poté evitare di notare che il ragazzo accanto a lei ridacchiava di nascosto. Lei gli diede una gomitata per farlo smettere. Erano così vicini al palco che avrebbero potuto vederlo.
Ash, ti sentiranno- sussurrò lei indispettita.
Ehi, non è colpa mia se è vestito in quel modo ridicolo- si giustificò lui con voce bassa.
Misty si limitò a sospirare, anche se non poteva dare torto a Ash… Rudy sembrava davvero buffo con quella calzamaglia. Ma non poteva certo ammetterlo davanti a Ash… era stata lei a insistere che ogni tanto dovevano provare dei passatempi più culturali.
Notò però che Ash la stava guardando con un’espressione gongolante.
… cosa?
Stai ridendo.
No, non è vero- si difese lei, cercando nuovamente di sembrare seria. Era dura cercare di essere la persona più matura nel gruppo- Ora fa silenzio.
Come vuoi…- lui si limitò ad alzare le spalle, sussurrando mentre si sistemava nella poltroncina- Quasi invidio Pikachu che è rimasto con Brock.
Misty evitò di commentare per concentrarsi sul balletto. Nel giro di qualche minuto però, avvertì un delicato peso sulla sua spalla. Girò la testa lentamente, e il suo sguardo si scontrò con la dolcezza di Ash che aveva posato la testa sulla sua spalla, cedendo al sonno.
Per un istante sentì un brivido leggero, una sensazione di intimità familiare, che cercò ovviamente di scacciare velocemente.
Ecco, lo sapeva… Ash e il teatro erano due cose incompatibili.
Avrebbe volentieri svegliato Ash con una forte gomitata, ma un mormorio assonnato simile al suo nome uscì dalle sue labbra mentre si sistemava meglio sulla spalla di lei. La mano di lui sfiorò le dita di Misty, quasi intrecciandosi in un legame invisibile.
Un leggero rossore colorò le guance di Misty, ma non era dovuto alle luci del palco.
Ash, beatamente immerso nel sonno, era così vicino a lei che, nonostante la leggera frustrazione, Misty si lasciò andare a un sospiro rassegnato.
Un piccolo sorriso affiorò sulle labbra di Misty e decise di accomodarsi anch’essa vicino ad Ash.
Solo per quella volta avrebbe lasciato correre. In fondo, erano poche le occasioni di stare così vicini senza che sembrasse imbarazzante per entrambi… senza che i sentimenti incasinassero la loro complicata amicizia.
E in quel buio avvolgente del teatro, i loro cuori battevano all'unisono, forgiando un legame che andava oltre le parole.
°*°*°*°*°*°
Ok, dovevo scrivere due righe per accompagnare il disegno, ma io noooo... devo sempre esagerare 🙄
E per chi se lo chiedesse... ho fatto prima il disegno e poi mi sono fatta ispirare per scrivere, non viceversa 😅 Mi viene più difficile disegnare in base alla storia.
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will80sbyers · 5 months
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secondo me Manuel voleva mollare Nina anche perché si sente un po' in colpa a stare con lei quando lui sta ancora pensando a Simone ogni giorno anche se vuole reprimere i suoi sentimenti... sia perché ha paura di cosa significa accettare che è bisessuale che perché non voleva rovinare le cose tra sua madre e il padre di Simone, dato che era la prima volta che vedeva sua madre davvero seria con qualcuno e c'è questa situazione alla Cesaroni dove in teoria dovrebbero stare in un ruolo di "fratelli"
Manuel voleva convincere se stesso che possono mantenere quel rapporto di migliori amici/fratelli e quindi si è buttato nella prima occasione che gli è capitata con una ragazza
Ma il suo cuore non è per Nina e quindi si sentiva un po' una merda a continuare, e la rivelazione della bimba gli ha dato una scusa per scappare... solo che dopo ha capito che illuderla e poi mollarla solo per quello sarebbe stato ancora più da bastardo e comunque lei è una bella persona quindi non deve sforzarsi per farsela piacere
Il problema è che la persona che vorrebbe accanto quando è in difficoltà è sempre Simo e penso che appena Simone cercherà di voltare pagina con Mimmo, Manuel si renderà conto che lo sta perdendo e andrà in panico
In più la relazione tra sua madre e Dante sta deteriorando allo stesso tempo e lui è anche arrabbiato con la madre ora per il segreto che ha tenuto e quindi tutte queste motivazioni che aveva stanno venendo a mancare...
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stupid-exaggerate · 6 months
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Questa è una dedica per Giulia, una dedica che posto qui perché non voglio farmi pubblicità o altro; vorrei semplicemente chiedere scusa a Giulia, e a tutte quelle donne che purtroppo a causa di una società orribile non sono riuscite a raggiungere i propri sogni, semplicemente perché un uomo deviato glieli ha portati via.
Vorrei chiederle scusa perché sono sicura che si sarebbe laureata con il massimo dei voti, e avrebbe festeggiato in modo stupendo, con tutte le persone che la amavano insieme a lei. Inoltre dopo la laurea sarebbe finalmente andata a studiare nel luogo dei suoi sogni, dando libero sfogo alla sua creatività, disegnando probabilmente dei fumetti meravigliosi.
Vorrei chiederle scusa perché non la conosco, eppure non riesco a smettere di pensare a lei; non riesco a smettere di pensare a come una settimana fa era felice e magari nervosa all’idea di laurearsi, mentre adesso non c’è più. Non riesco a smettere di pensare a quanto suo padre potesse essere orgoglioso nel vedere la sua bambina con la corona d’alloro in testa, quella bambina che ogni giorno la salutava con un “ciao papino!”
Vorrei chiederle scusa perché mi viene da piangere, perché per quanto una settimana fa non avessi la minima idea di chi fosse, adesso in qualche modo condivido il suo dolore, e vado fuori di testa pensando a come potrebbero essere stati gli ultimi istanti della sua vita, di quanto possa aver sofferto e come nonostante tutto abbia provato a difendersi, a lottare, anche se è stato tutto inutile.
Mi scuso perché da quello che ho capito lei era una persona dall’animo buono e gentile, perché nonostante il deviato si mostrasse effettivamente pericoloso, lei si è fidata di lui, gli ha donato ancora una volta la sua gentilezza, non avendo la minima idea che a lui, del suo buon cuore, non gliene fregava proprio niente; e se lei è stata così buona, io adesso non provo altro che odio verso tutto ciò che le è successo e verso chi ha fatto sì che tutto ciò succedesse.
Mi dispiace tanto Giulia, mi dispiace veramente veramente tanto, perché la tua vita si è spezzata, si è distrutta, e nessuno è venuto a salvarti quando ne avevi un disperato bisogno.
Mi sento impotente, impotente con il bisogno disperato di fare qualcosa, qualcosa che non ho assolutamente idea di come poter fare, perché ormai l’unico modo per cambiare il mondo è distruggerlo completamente. Siamo una società rotta, deviata, manipolata da luoghi comuni e stereotipi, e non vedo modo di far sì che tutto prenda una strada migliore.
Leggo ovunque la frase “educate i vostri figli”, “educate gli uomini”, ma come si può educarli, se fin da quando erano piccoli gli è stato insegnato che non si deve piangere perché i veri uomini non piangono mai, che ad ogni guaio o marachella la punizione era la violenza, le sberle? Sono cresciuti deviati, siamo tutti stati deviati. E ora non ho la minima idea di come si possa cambiare strada.
Per questo mi scuso cara Giulia, per non essere in grado di offrire alle donne come te, come noi, un luogo sicuro in cui crescere, in cui sognare, in cui poter vivere.
Per quanto insignificante possa essere, sappi che ora hai un posto nel mio cuore, e per quanto effimera possa essere, sappi che per te rimane accesa una mia piccola speranza, la speranza che un giorno questo mondo malsano rimanga soltanto un brutto ricordo.
Con tanto tanto amore,
Giulia.
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liesmyth · 6 months
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[...] La faccia di Giulia ci è stata riproposta di continuo accanto a quella del principale sospettato: un'immagine che li ritraeva insieme. Se questa non è una violenza, assomiglia almeno all'oltraggio?
E quali oltraggi, quali prepotenze e aggressioni verbali sta subendo sua sorella, Elena Cecchettin, proprio in questo momento? Su Rai 1, abbiamo sentito dire di lei: “Ora si trova unica donna di casa a dover accudire il padre e il fratello”. Su Rete 4, quando Elena ha parlato, quando lucida ha detto ciò che buona parte degli opinionisti del salotto televisivo non riusciva o non sapeva o non voleva dire, e cioè che in Italia abbiamo un grosso problema sociale, culturale ed educativo, c'è chi le ha risposto con la Svezia e la Finlandia.
Le è stato e ci è stato ribadito ancora una volta che Filippo Turetta è un ragazzo di ventidue anni: “Ha usato probabilmente la disponibilità di Giulia (…). Ha usato l'ingenuità di Giulia (...). Comprendo il suo dolore ma (…) L'idea che si debba fare un processo alla società patriarcale (…) Che sia usata questa vicenda in maniera strumentale e anche un po' ipocrita…”.  Sottotesto: piangi tua sorella, condanna il suo assassino, ma non provare a farlo diventare un nostro problema.
[...]
Chi poteva immaginare, era tanto un bravo ragazzo! Un bravo ragazzo cui nessun altro ragazzo o uomo ha messo una mano sulla spalla dicendo: tu da qua non ti muovi, fammi capire, cos’è ‘sta storia, che stai pensando di fare? Un bravo ragazzo cui nessun altro ragazzo o uomo ha tolto le chiavi dell'auto quando ha parlato di ammazzarsi.
Un bravo ragazzo per cui altri ragazzi o uomini, che l’abbiano conosciuto o meno, rispondono oggi contriti, dispiaciuti, allarmati. Ma a un certo punto, il loro discorso si blocca e ferma. Li vedi scuotere la testa davanti alle telecamere. Loro non c’entrano, no.
E alla maniera di Caino nella Bibbia, sembrano chiedere: “Sono forse il custode di mio fratello?”.
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Per una volta vorrei un autoscatto dei nostri veri pensieri al posto di quello delle nostre facce, che ne dici? Per accorgermi di come usciamo fuori, immortalati finalmente dentro alle nostre verità. E vorrei poter conservare un autoscatto dei tuoi, nel momento indimenticabile in cui hai pensato che non avresti accettato di perdermi. Perché c’è stato, lo so, ma non posso riguardarlo. Sei bellissima e tanti uomini si innamoreranno ancora di te, qualcuno ti sfiorerà soltanto, qualcun altro ti resterà per un pezzetto accanto, uno, se sarai fortunata e coraggiosa, diventerà il tuo libro di storia. Io però nel poco tempo che ci è stato concesso, mi sono innamorato di te mille volte al secondo. Fuochi naturali non artificiali nell’anima, ininterrotti e colorati, splendidi come quelli sul mare di una notte di mezza estate. Ricorderò per sempre il tuo sguardo, il tuo modo di camminare, il tuo sorriso all’improvviso che faceva sorridere anche l’aria. Ricorderò persino un bacio che non ti ho rubato per rispetto e per paura. Ho avuto un grande amore nella vita, poi senza averti avuta mai, ho avuto anche te. Resterai sempre. Poi non so più bene cosa definisca la presenza e l’assenza. Ci sono momenti in cui non sono stato presente a me stesso, momenti in cui lo sono stato fin troppo e ho rovinato tutto, momenti in cui non ci sono per nessuno con accanto tutto il mondo e momenti in cui ci sono con tutto me stesso, in ogni gesto che faccio. Ma il ricordo è immenso, è dentro, è infinito, è memoria. E tu dentro di me non morirai più. Quando hai scritto per una persona una volta, potrà illudersi per sempre che certe cose le scriverai ancora pensando a lei. È la fortuna di essere la musa di qualcuno. E a volte non sarà illusione, a volte accadrà ancora…davvero.
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ross-nekochan · 3 months
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Oggi dopo lavoro, invece di andare in palestra, ho fatto come i salary man giapponesi e me ne sono andata a bere e mangiare in un izakaya.
Una mia ex collega universitaria della triennale, infatti, è qui in Giappone come me dopo che pure 5 anni fa eravamo state qui con la stessa borsa di studio (io sempre Tokyo, lei sempre Kansai ovvero sud).
Ci siamo riviste praticamente dopo tipo 4 o 5 anni perché in Italia non è che abbiamo avuto tutte ste occasioni di rivederci.
Ci siamo raccontate come siamo finite qui e lei è abbastanza convinta di andare via dopo 1 anno o poco più, mentre io sono solo sicura di non voler rimanere a vita (solo uno stipendio e una vita coi controcoglioni può farmi rinunciare all'Europa).
Una cosa che stavo per scrivere qui è questa: ovvero, io non è che prendo tanto di stipendio. Eppure, adesso che sto cercando altro vedo che nella stragrande maggioranza dei casi, gli stipendi sono più bassi del mio. Ebbene, questa mia amica per lavorare come receptionist in un hotel prende praticamente poco più della METÀ del mio attuale stipendio (con l'unica differenza che non paga praticamente l'affitto).
Che dire se non che: ancora una volta non fare un cazzo con un PC in mano chissà per quale cazzo di motivo viene pagato di più rispetto a non fare un cazzo e basta. A me questa cosa dà troppo sui nervi.
Also: questo post è per quelli che si lamentano degli stipendi in Italia pensando che l'estero sia sempre il paese dei balocchi. No, cari amici, la realtà è molto più schifosa di quello che credete anche là fuori.
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libero-de-mente · 3 months
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Era una sera d'estate. Faceva caldo e il sole ritardava a tramontare del tutto. Scesi in strada per portare, a fare i suoi bisogni, un'allora giovanissima Minù. Era una sera d'estate in cui camminando stavo pensando a cosa ne sarebbe stato di me. Carico di preoccupazioni e pensieri.
Fu durante quel mio alienarmi dalla realtà, immerso nelle mie riflessioni, che venni riportato nel mondo reale da una voce.
Ero sul marciapiede e un'automobile con a bordo una coppia si accostò a me: - Mi scusi - mi disse la donna seduta dal lato passeggero - Mi scusi, saprebbe dirmi dov'è la Via Roma?
Immediatamente il mio pensiero andò a tutte quelle persone che nella vita mi avevano chiesto informazioni stradali. Mi sono da sempre chiesto che fine abbiano fatto. Finite in una terra di mezzo che sta tra la provincia di Bergamo e l'Islanda. Scomparsi.
Ero nel panico, mi sentivo carico di responsabilità.
- Mi scusi, lei sa dov'è la Via Roma? - incalzò nuovamente la donna, riportandomi di nuovo alla realtà.
- S-sì, sì l'ho sentita ancora questa via, ma adesso mi sfugge dove sia...
- Non è del posto lei?
- Eeeh... - volevo dire di no che ero forestiero, ma sarei stato un grande bugiardo. Da quando sono nato ho sempre vissuto in quella zona - Guardi è una via che ho sentito - risposi con voce flebile mentre mi gratto la testa - Ma ora non mi ricordo... forse è un po' più in giù - indicando in maniera poco convinta con il braccio teso e l'indice ondivago.
- Va bene - mi rispose garbatamente lei - La ringrazio lo stesso.
L'automobile ripartì con quella velocità classica di chi, dal suo abitacolo, cerca di leggere i cartelli delle vie urbane.
Proseguii il cammino con Minù, volevo riprendere i miei crucci. I pensieri tediosi. Ma un tarlo girava nel mio cervello "Via Roma" continuavo a ripetermi. In realtà il nome di quella via del mio paese non mi era affatto nuova. Anzi, ero abbastanza sicuro una qualche relazione con la mia vita quella via l'avesse.
Camminavo con Minù al guinzaglio e il capo chino per quel tarlo.
"Via Roma".
Un lampo passò nei miei occhi, ne sono sicuro perché lo sentii chiaramente.
Alzai la testa. Avevo voglia di urlare eureka. Ma non lo feci.
Anzi, quando rividi quell'automobile transitare dall'altro senso di marcia alzai la mano per attirare l'attenzione.
L'auto si fermò e questa volta fu l'uomo alla guida che mi chiese: - Si è ricordato dev'è la Via Roma?
- Si, certo! Ora me lo sono ricordato - risposi fiero di me stesso.
- Bene - mi disse sorridendo - Allora dove si trova?
- È questa! - risposi con tono solenne.
- Come questa...
Credo che a quel punto il tizio cominciasse a nutrire qualche dubbio sulla mia affidabilità, infatti poi aggiunse - Ma ne è sicuro?
- Certamente - ribattei con tono solenne - Vede quella casa lì? Ecco è casa mia, il mio indirizzo è Via Roma. Quindi questa è Via Roma.
Mi ricordo, mentre l'automezzo si allontanava, il suono delle risate di pancia della tipa in auto.
Fu ascoltandole che divenni rosso e compresi che avevo appena fatto una figura barbina.
Ma del resto questo è anche il mio mondo, l'universo di un neurodivergente.
Che può perdersi in un bicchiere d'acqua, ma sa anche trovare soluzioni per sopravvivere in un oceano di neurotipici competitivi. In un mondo, quello attuale, dove si usano i navigatori e non ci si ferma più a chiedere dove si trova una via, una piazza o un vicolo.
Che era un modo anche per conoscere le voci delle persone e la loro gentilezza.
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gregor-samsung · 6 months
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“ Le giornate di Amel erano vuote: non si organizzava, si alzava tardi, perdeva tempo, cosa fino a un mese prima impensabile. Per attraversare questo vuoto ha pensato che forse era il caso di cambiare aria, andare dai nonni in Tunisia; forse laggiú si sarebbe sentita meglio. Cosí ha anticipato le vacanze; è partita con i libri, ma non è servito. Neanche lí è riuscita a rasserenarsi, a studiare. Si sentiva persa tanto quanto a Saint-Denis, e altrettanto incapace di concentrarsi. Si è ritrovata, a fine agosto, sul volo di ritorno, ancora persa, ancora senza energie, e senza un’idea di come affrontare quell’ultimo ostacolo. Allora, senza sapere perché, Amel si è messa a raccontare la sua storia al suo vicino, sull’aereo. Si erano salutati, in inglese, poi lui aveva aperto il suo giornale e lei si era messa a guardare fuori dal finestrino. Ma Amel aveva qualcosa che avvicinava gli sconosciuti; a un certo punto, e dice che non si ricorda nemmeno come è successo, non sa dire perché è successo, si è trovata a raccontargli la sua storia, questa. Stava pensando, gli ha detto, che l’unico posto dove si sentiva veramente a casa era l’aereo, anzi, la sala d’aspetto degli aeroporti. Non contava se stava imbarcandosi dalla Francia per la Tunisia o dalla Tunisia per la Francia. Lí, mentre aspettava che chiamassero il suo volo, avvertiva al tempo stesso, con forza, la mancanza delle persone che stava per rivedere e la nostalgia per le persone che stava lasciando, e invece di sentirsi lacerata si sentiva riconciliata, e pensava che voleva bene a entrambe. Hanno continuato per tutto il tempo a parlarsi in inglese, anche se non era la lingua di nessuno dei due. Il signore ascoltava facendo di sí con la testa, interrompendola ogni tanto per farsi spiegare meglio un dettaglio; aveva un accento che Amel non aveva mai sentito; ha pensato che potesse essere greco, ma non gliel’ha chiesto. Quando Amel ha finito, lui ci ha pensato su, e poi le ha detto che sentirsi spaesati, con un piede di qua e uno di là, senza un’identità precisa, o a volte tirati di qua e di là da identità diverse; tutto questo capita probabilmente a ogni essere umano che non sia rimasto tutta la vita barricato nel suo mondo e nelle sue certezze. Ha detto proprio cosí, barricato. Forse la sensazione di non avere una casa, ma tante, e nessuna sufficiente, è molto piú comune di quello che si creda. Sono sentimenti che vanno e vengono, non sono sempre con noi, ma riemergono, e inquietano, e a volte addirittura creano angoscia, le ha detto con dolcezza il signore che forse era greco. Forse, gli veniva da dirle, sentirsi divisi in tanti pezzi ormai fa parte della condizione umana, noi esseri umani siamo tutti in qualche misura espatriati. C’è chi ne è piú consapevole, chi meno, ma è cosí. Per questo sentimento, lei, rispetto agli altri, aveva a disposizione una spiegazione semplice: sono un’emigrata, sono figlia di emigrati. Ma a pensarci bene, in fondo, forse non era neanche vero che gli altri fossero meno espatriati di lei. E ascoltando queste parole, le parole di uno sconosciuto che non avrebbe piú rivisto, Amel si è sentita invadere da una grande tranquillità. Avvertiva un po’ meno, sempre meno, il peso che la opprimeva dal 13 novembre 2015, e pensava che forse al suo ritorno non tutto sarebbe stato difficile come temeva. Poi, guardando le nuvole fuori dal finestrino, ha chiuso gli occhi e si è addormentata. “
Guido Barbujani, Soggetti smarriti. Storie di incontri e spaesamenti, Einaudi (collana Super ET Opera Viva), febbraio 2022¹; pp. 18-20.
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succhinoallapesca · 5 months
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Pensando alla mia psicologa di quando ero alle superiori -l'unica con cui mi sia trovata davvero bene, infatti quando ricominciai terapia più tardi non fu con lei solo per questioni economiche).
Ricordo suoi suggerimenti che sono ancora validi, non perché io non sia una persona completamente diversa, ma per situazioni simili che si ripropongono. E soprattutto, adesso ho la prova empirica di quanto avesse ragione quando mi diceva che tutto il lavoro che potevo fare su me stessa poi avrebbe riscontrato dei limiti, se in questo processo non era coinvolto l'ambiente che mi circondava (spoiler: la mia famiglia). Ora che mi sono costruita la mia indipendenza da loro e allo stesso tempo mi sono creata la mia piccola rete di persone con cui maturare rapporti sani, quelli stessi insegnamenti che hanno ancora senso sono anche più "potenti".
Quindi, anche se come ogni volta che torno a casa ci sono fantasmi che si ripresentano, da una parte so che è una dinamica naturale che sto imparando a gestire, e dall' altra ripenso con affetto a lei e a quelle parole che ancora risuonano, anche se con sfumature diverse.
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nineteeneighty4 · 6 months
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L'umiltà, questa sconosciuta.
Ieri il mio-pseudo- datore di lavoro mi ha presa in disparte e si è lamentato circa un fatto che stamani fatico ancora a comprendere. Dalle telecamere poste nel negozio si è accorto che io e l'altra ragazza, ovvero sua cugina, durante le ore lavorative parliamo o per meglio dire - dato che possiamo farlo di rado - scambiamo qualche battuta . Quando mi assunse fu chiaro nel dirmi che bisognava lavorare e non perdere tempo( del resto si sa come ragiona certa gente : deve sempre avere la certezza che non ti stia pagando per fare nulla), però specificò anche che la dipendente da loro assunta prima aveva un carattere e un umore terribili, tanto che i primi a lamentarsi furono proprio i clienti per la modalità con la quale venivano accolti e/o sbrigati. Fatta questa premessa mi disse poi che ci teneva ad instaurare un buon rapporto con il personale, a creare un ambiente sano e stimolante ma soprattutto specificò che il modo di rapportarsi è fondamentale, che bisogna essere gentili con le persone, e sorridere a chiunque. Memore, quindi, delle sue parole, pensando di avere a che fare con una persona intelligente e nonostante la mia reticenza ad essere "un animale sociale ", ho cercato fin da subito di instaurare un ottimo rapporto con chiunque, in particolar modo con la collega cui sono costretta, mio malgrado, a condividere mezza giornata. Ebbene questa cosa, nonostante io non stia un attimo ferma e adempia in maniera più che efficiente ai miei compiti (tanto da aver ricevuto complimenti da amici, conoscenti, clienti e tanti altri) è stata vista da uno dei figli del gestore - lo stesso che mi ha sottolineato l'importanza di certi atteggiamenti ; il più frustrato al quale andrà la gestione dell'attività-come una mancanza di rispetto nei suoi riguardi e se n'è uscito con un discorso senza né capo, né coda che è iniziato così :«Tu sai che quando qualcosa non va te lo dico, parlo chiaro e in faccia soprattutto. Il punto è questo, ogni tanto (che poi secondo me lo fa sempre) controllo le telecamere da casa, mentre sto sul divano e nel farlo mi sono accorto che tu e V parlate. Io mo' non voglio essere pesante, però te lo dissi che qua si deve lavorare. So che il più delle volte la colpa è di mia cugina perché questo problema è sorto anche con l'altra ragazza, ma la mia dipendente sei tu. Di certo non posso rimproverare lei. V è mia cugina, se qualcosa non funziona io me la devo prendere per forza con te. A lavoro non si deve discutere, evita di darle corda, non rispondere, lascia cadere la cosa. In altri posti funziona diversamente ma qui comando io, e così è . Non mi piace che i dipendenti parlino, per cui la parola da oggi in poi cerchiamo di rivolgerla solo al cliente. Poi fuori dal locale, ognuno può fare come vuole. Spero di essere stato chiaro,inoltre mi auguro che questa conversazione rimanga fra me e te».
Immaginate la scena o la situazione di stress che verrà ad instaurarsi da oggi in poi quando V mi saluterà/parlerà come di consuetudine e da parte mia troverà un muro... Come si può pretendere l'armonia quando in cambio si dà il comando tipico degli stupidi?. Purtroppo anche per essere un leader serve l'intelligenza. Una delle prime cose che mi ha insegnato mio nonno, è stata l'umiltà. Mi raccontava sempre che i suoi operai sedevano a tavola con lui, che nessuno discriminava nessuno. E che quella gentilezza dimostrata, quella fiducia concessa a priori e non l'oppressione a prescindere perché si è un capo e bisogna assurgere a quel ruolo, gli è stata sempre ripagata con la lealtà e con un team affiatato sul quale poter contare. Qui invece credono di poter ottenere cento dando in cambio uno zero spaccato e parlano di evoluzione senza essere evoluti mentalmente. L'armonia, la gentilezza, la tranquillità, la Bellezza d'animo, sono qualità che bisogna coltivare proprio come le piante di certo non si sviluppano negli ambienti oppressivi. Dominare è forza, e la forza è tipica dell'uomo, del maschio. Il capofamiglia detta leggi e nessuno deve permettersi di replicare. Questo ruolo nasce con la storia, perché fin dall'antichità il maschio si preoccupava di procacciare il cibo necessario alla sua sussistenza. Ma oggi non si fa neanche quello, oggi la gente va al supermercato e trova il prodotto, il cadavere o come volete chiamarlo bello e imbustato. Allora questa mentalità patriarcale ha rotto veramente le scatole. L'uomo di oggi-mai evolutosi realmente - può solo dettare leggi perché è un incapace.
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yomersapiens · 1 year
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Nettuno ti giuro nettuno
Oggi la fase depressiva domenicale è iniziata più presto del solito. In genere attende la discesa del sole e il passaggio dal grigio chiaro del cielo al grigio scuro, prima di divenire nero smog. Sarà perché nevica da qualche giorno e Vienna sembra uno di quei pandori spolverati di zucchero a velo che sono rimasti dimenticati in dispensa da Natale, oramai passato da tre settimane.
Nel solito bar dove mi reco per continuare a scrivere il manoscritto e che oramai chiamo scherzosamente "il mio ufficio" la barista ha visto che insieme a me era entrata una nuvola carica di tristezza che non è abituata a vedere. Sarà perché ho smesso di provarci con lei e sono passato alla completa onestà e quindi ti becchi anche tutto quello che è nascosto dietro le battute e i sorrisi. Mi ha chiesto cosa avessi, se fosse successo qualcosa ieri sera. Ci ho pensato e vediamo, sono uscito, andato a una festa con un amico che dopo 15 minuti ha conosciuto una signora e dopo 25 minuti stavano limonando duro. Potrebbe essere gelosia? Non del mio amico, ma del non aver limonato? No, non credo. Che noia limonare a caso alle feste. Parlare di come riportare in alto Rifondazione Comunista ecco quello è un modo per farmi eccitare di brutto il sabato sera. Forse sono state le troppe birre che ho bevuto perché la festa era abbastanza divertente ma piena di sudamericani e io da italiano mi domandavo tutto il tempo, ma perché noi italiani, che apparteniamo al ceppo latino, non possiamo definirci latini? Nel senso di Jennifer Lopez che dice I'm a LATINA. Magari perché non abbiamo conquistato territori assolati esportando la nostra lingua, al contrario degli spagnoli e dei portoghesi, però Colombo non era italiano? Genovese? Ok oggi non riesco a connettere e le birre si fanno sentire sto pensando a rallentatore, ho dimenticato tutto quello imparato a scuola. Diciamo che mi sta sul cazzo essere a una festa piena di appartenenti al mio ceppo e non sentirmi parte dello stesso ceppo. Ecco. Insomma ho esitato a rispondere alla barista ma poi l'ho fatto, ho raccontato della serata e della solitudine domenicale viennese e delle birre e dei pensieri ovattati dalla neve.
- È successo qualcosa ieri notte? - No. È proprio perché non sta succedendo qualcosa da molto tempo che mi sento così. Vorrei accadesse qualcosa. Ogni domenica aspetto sempre che qualcosa accada e invece alla fine l'unica cosa che accade è il lunedì. Meno male che accade il lunedì sarebbe brutto si fermasse il susseguirsi dei giorni.
Ahinora (la barista) si ferma a guardarmi e poi dice. - Sai, ieri ho investigato un po' perché anche io mi sentivo strana e alla fine è nettuno che sta passando attraverso la dodicesima casa e scombussola ogni cosa e quindi... - Ma che cazzo stai dicendo? - ... e poi c'è la luna che si oppone al transito di... - Tu non sai quanto vorrei credere a ste cose e avere pianeti da colpevolizzare per il mio umore di merda e l'aver allontanato tutti negli ultimi anni per paura di essere ferito nuovamente o di ferire, sarebbe così bello crederci! E invece che faccio? Passo le domeniche ad ammazzarmi di seghe mentali e scrivere. - Tu non capisci niente Matteo, non è una religione che ci devi credere, sono fatti, i pianeti influenzano i... - Io mi siedo, hai ragione tu, se passa nettuno digli che ha rotto il cazzo da parte mia, che non è che siccome è un pianeta grande e grosso può permettersi di fare il bello e il cattivo tempo con il mio umore e poi ah, un macchiato per favore! - Il solito con latte d'avena? - Bravissima. Il solito. Non sono pronto alle novità. - Non hai detto prima che vorresti che qualcosa di nuovo accadesse? - Vero. L'ho detto. Hai ragione. Ma non credo sarei in grado di affrontare un caffè nuovo ma disgustoso, rovinerebbe ancora di più questa giornata già resa impossibile da nettuno! - Vaffanculo. Vai a sederti al tuo posto e mettiti a scrivere. - D'accordo capo!
Ultimamente sto bene solo quando scrivo. Quando faccio vivere nei miei racconti persone inesistenti, create per farmi ragionare. O persone scomparse, che ho cacciato e trasformato in apparizioni per non dover affrontarle più.
La prossima storia che scriverò parlerà di me che mi sbatto un casino, divento uno scienziato famosissimo, poi presidente dell'intero mondo, poi tiranno assoluto, poi investo ogni risorsa rimasta del pianeta per creare un missile razzo nucleare micidiale e spararlo e far esplodere nettuno solo per poter andare da Ahinora e dirle: "Allora, senza nettuno come ti senti? Cosa ti sta influenzando oggi? La dodicesima casa di stocazzo oppure la smettiamo di dire stronzate e ci mettiamo a lavorare su noi stessi?". - Come fai tu Matteo? Sei tu l'esempio che dovrei seguire?
Dannazione. Ha ragione. Non so che dirle. Me lo sentivo che a renderla un personaggio di una storia sarebbe diventata più intelligente di me.
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raccontiniper18 · 5 months
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Ottavo racconto erotico.
Oggi parleremo di sexting, toccarsi in chat con un partner che fa la medesima cosa,non gridate allo scandalo perchè tutti l'abbiamo fatto almeno una volta.
Oggi racconteremo l'esperienza di lui,magari in futuro se piace come idea racconteremo anche di lei.
Non ricordo l'età precisa ma credo sia intorno ai 15/16 anni,all'epoca c'era un social chiamato kiwi non so se qualche veterano social ,lo conosca,era un social uguale a tumblr ma con meno censure, e le ragazze erano moooolto più spinte di oggi, dato l'età delle scoperte e la voglia di conoscere l'altro sesso.
Comunque mi iscrivo e inizio a postare qualche mia foto, ovviamente arrivano i primi ''Mi piace'' e inizio ad avere qualche riscontro via chat sia in positivo che negativo, magari commenti del tipo ''bel ragazzo'' o ''che cesso'' però dopo i vari convenevoli con diverse ragazze tipo la conoscenza base di entrambi, la conversazione andava a scemare e quindi la chat si interrompeva.
Un giorno però mi scrive una ragazza, senza foto, con pochi post e inizia a scrivermi il suo nome mi è rimasto ancora in mente Annalisa, e stranamente mi prende con molti discorsi, essendo praticamente coetanei parlavamo di tutto dalla scuola, al futuro , di tutto e di più, quando la conoscenza si è concretizzata gli ho chiesto diverse volte di mandarmi qualche sua foto ma niente, era parecchio restia a mandarne.
Comunque tralasciando la nostra amicizia ci sentivamo da un mesetto circa e un giorno mi scrisse come si parla con un amico strettissimo,che si conosce da tempo.
Buongiorno, questa mattina mi sono svegliata fradicia e con una voglia matta, mi sono sparata già due ditalini.
Io: Ei ahahahah hai sbagliato chat?
A: Certo che no, stupido,ti dico pure quando vado a far cacca perchè non devo dirti se ho voglia o meno?
Io: Mah,tu sei una ragazza e io un ragazzo.
A: E lo so, a te non ti viene mai voglia di se*arti?
Io: Certo tutti i giorni,ma non te lo scrivo.
A: E dovresti a me eccita sapere che ti tocchi. Come ogni ragazza amo il cazzo e pagherei per vedere il tuo seme ahahahah
Io: Bah,misà che sei ubriaca,mo che rileggerai da sobria vedremo.
Nessuna risposta per 1 giorno intero, magari si era pentita di essersi confidata con me, e mi aveva eliminato dalla sua vita, peccato penso le volevo bene mi trovavo a parlarci, ma mi sembra strano parlare di sesso con una ragazza,che poi chissà se è una ragazza davvero,può avere anche il cazzo perchè appunto non ho mai visto il suo volto e mai una sua tetta o una parte intima.
Passano 2 giorni,poi 3 poi 4... Mi rassegno Annalisa non mi scriverà più,allora ci provo io e vedere se risponde.
Le scrivo: ''Ei sei viva?? non mi calcoli più ??? ti sei fidanzata o hai trovato un altro amico???''
niente non risponde .
Dopo un mesetto mi scrive un nuovo contatto Kiwi, con un nickname simile a quello che aveva Annalisa.
''Cazzo,finalmente ti ho trovato ho rotto il telefono e ho dimenticato le credenziali del mio accesso al vecchio profilo.''
Io: ''Si,come no, dillo che non volevi sentirmi''
A: Nono,ormai siamo amici e ti voglio bene.
Io: Muah va bene.
Continuiamo a scherzare e ritorniamo veramente amici,parliamo di tutto nuovamente per qualche giorno.
Poi un giorno mi disse senti ritornando a quel discorso, mi dici ogni quanto ti masturbi? perchè io credo di avere una dipendenza ,mi sgrilletto ogni giorno anche quando ho il ciclo.
Io: Certo che è normale pensa che io lo faccio anche 2 o 3 volte al giorno, ho sempre il pisello duro ahahah
A: Ma *-*
Io: Cosa?
A: Mi eccita sapere 'sta cosa.
Io: E cosa fai ora ti tocchi? pensando a uno sconosciuto che si tocca?
A: Certo e ci godo pure.
Io: Mah tu sei tutta matta ahahaha ok mi tocco anche io pensando a una sconosciuta che mi pensa mentre mi tocco e io penso a lei che si tocca ahahaha
A: Sono venuta!
Io: Di già? eiaculazione precoce anche tu? ahahah
A: Ma io non eiaculo ho la patata.
Io: Ho i miei dubbi
Lei: Mi manda una foto con il mio nickname sull'inguine e una bella figa depilata e carnosa. Con sotto scritto dimmi se ho il cazzo o la pussy ahahah
Io: Sposto la foto al pc e mi smanetto guardando quella foto, fin quando non sbo*ro sul pc litri e litri di seme.
Fotografo la mia opera.
Lei mi risponde ''il mio primo cumtribute''
Poi aggiunge sei il primo maialino che mi fa perdere la testa da oggi in poi una volta al giorno dobbiamo masturbarci assieme.
Ci furono vari incontri come quello descritto,ma il più bello fu l'ultima perchè lei trovò il fidanzato e volle troncare quel nostro bel rapporto.
Mi scrisse passo per passo come toccarmi e come stuzzicarmi sia il caz*o che il culetto (lei mi ha iniziato al dito nel culo). Mi fece venire e poi mi diede il colpo di grazia.
Appena ripulito il mio pisello,mi arriva una videochiamata era lei per la prima volta ci parlo e la vedo.
Io appena venuto con il cazzo molle, risposi alla videochiamata nudo ovviamente.
La vidi ed era veramente bellissima.
Mi parlò e disse fammi vedere il tuo ca*zo.
Lo vide floscio per la prima volta.
Ok ora faremo una cosa che non faremo mai più toccati e io mi tocco per te.
Ci masturbammo per la prima volta in video chat. Io sbor*rai l'anima e lei squirto per la prima volta.
Fine.
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tergestin · 6 months
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Ieri ho fatto l'albero di natale e come ogni anno mi ha preso la solita malinconia e tristezza da quando entrambi i miei genitori sono morti. Mi ritornano in mente i presepi che mio padre creava usando come base un vecchio tavolo di calcio balilla mio di quando ero piccolo e ricordo me che giocavo con i personaggi.
Poi pensando ancora a loro i sono ricordato di una cosa che faceva mia madre ogni anno:
quando i miei festeggiarono i loro 25 anni di matrimonio mio padre le regalò un mazzo di 25 rose rosse e quandi egli morì mia madre si prese un mazzo di rose finte pari agli anni che sono stati sposati, non ricordo il numero esatto ora.
Ogni anno per ricordare l'anniversario lei si prendeva una nuova rosa che aggiungeva al mazzo sempre in bella vista sul tavolo del soggiorno.
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alessiamalfoyzabini · 8 months
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You are my Choice
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↳ summary: Difficile vivere una relazione nell'ombra, di più se neanche gli amici del tuo fidanzato ti conoscono, a volte l'amore non basta per affrontare la solitudine che la mancanza di un partner crea, cosa farai dunque?
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pairing: Kim Taehyung x f.Reader
genre: romance, angst, smut
word count: 9.300
warnings: angoscia, preoccupazioni e ansie, smut, preliminari, sesso vaginale
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Her – Amore
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Carezzò con riguardo quelle ciocche brune, scostandole dagli occhi del bel ragazzo dormiente, attenta a non turbare il suo sonno.
Sorrise con tenerezza, lei, costretta nell'ombra. Poteva averlo solo in quel modo, in segreto, nessuno sapeva di lei. Neanche la famiglia del ragazzo, nessuno.
Ci aveva provato, a lasciarlo, ma come una stupida si diceva che un giorno sarebbero usciti alla luce del sole, mano nella mano, a fronteggiare quel mondo.
Taehyung, con la sua dolcezza infantile, glielo faceva credere.
"«Ancora un po', solo un altro po'»".
La sua voce calda, profonda, accogliente. Era quella che riusciva sempre ad ingannarla. Lei non poteva rifiutare ciò che le veniva offerto.
"Troppo poco" si diceva. Eppure ogni fibra del suo corpo la collegava a quello del ragazzo, unendoli in una danza che iniziava con passione e finiva con l'amaro in bocca, solo a causa del tempo. Quel maledetto tempo che, beffardo, scorreva velocemente quando erano insieme – troppo velocemente – e andava a rilento quando il suo uomo si separava da lei, dovendo tornare alla sua vita frenetica e faticosa, e allora le toccava aspettare. Cercando di non impazzire nel frattempo.
Era una sofferenza immane, quando lo vedeva in TV, ammiccava verso le telecamere, diventava una furia di sensualità sul palco. Ma non per lei, bensì per le sue fans, le ARMY.
Ragazze di qualsiasi età che avrebbero dato di matto nel sapere di quella relazione clandestina. Sarebbero riuscite a dividerli. Lì subentrava la paura, e come una codarda tornava al suo giaciglio. In attesa di una sua, breve, pausa. Tutto per passare dei momenti insieme, momenti intensi, ma mai abbastanza felici.
Lei non era soddisfatta di quella vita, sarebbe venuto il giorno in cui avrebbe detto addio al suo principe azzurro, in cui si sarebbe negata il tocco di quelle soffici labbra sulle sue, di quegli occhi attenti e innocenti sulla propria pelle, ma perdendosi ancora una volta in quell'espressione di pura beatitudine, che governava i tratti distesi del moro, quasi pianse. Ci sarebbe riuscita? Era la cosa giusta da fare? Forse sì, forse no. Avrebbe sofferto molto? Lui avrebbe sofferto?
Con gli occhi ormai lucidi per lo sforzo di trattenere quelle sensazioni, si lasciò scappare un lungo e silenzioso sospiro.
Sentì qualcosa risalirle la gamba e sussultò colta alla sprovvista, abbassò gli occhi per farli scontrare con due perle nere, così brillanti e animate da smuoverle quel muscolo che pompava ad alta velocità nel petto.
«Sei ancora sveglia» sussurrò, non era una domanda.
«Anche tu lo sei, da quanto?» domandò, imitandone il tono basso.
«Sono sempre stato sveglio» la portò più vicina a sé, stringendola con tenerezza e cura, come un prezioso cimelio dal valore inestimabile.
Lui sapeva dei suoi tormenti, era così prevedibile?
«Mi dispiace» continuò, deglutendo con fatica «Non riesco a renderti felice» era mortificato. Lui che cercava di far sorridere tutti, eliminando quelle espressioni tristi dai volti dei suoi amici, non riusciva a far contenta la persona che più amava, e che stava al suo fianco da ormai quattro anni.
«Taehyung, tu mi rendi felice».
«Ma non abbastanza» si sollevò di scatto, facendo scivolare le lenzuola calde dal proprio corpo «E so a cosa stai pensando» c'era urgenza nella voce, e una nota di disperazione «Ma non farlo, non lasciarmi».
Il gelo scese in quella camera da letto, troppo grande per una sola persona che attendeva il ritorno di un'altra con sempre più solitudine nel proprio cuore.
Era una richiesta egoista quella di Taehyung, ma non riusciva ad immaginare una vita senza di lei. Si era abituato a quella casa che odorava del suo profumo, di quei piccoli dettagli che solo lei poteva aggiungere alle stanze, come dei coniglietti di pezza colorati messi ad ogni angolo della finestre. Aveva comprato una casa solo per vivere con lei in santa pace, ma esattamente, quando viveva con lei?
Stava solo pochi giorni, il tempo di riprendere le forze dopo innumerevoli interviste, concerti, allenamenti e comeback. Lui e i ragazzi dopo essere stati conosciuti anche in America e nel resto del mondo erano richiestissimi ovunque, l'agenzia non faceva che sommergerli di compiti. Non avevano nemmeno il tempo di respirare. E anche il desiderio di mettere radici e crearsi una famiglia veniva posticipato di continuo.
Viaggiava, vedeva posti nuovi, incontrava nuova gente, sempre senza di lei.
E si odiava per questo. Sentiva di usarla, ma ne era diventato dipendente, era assuefatto da lei e semplicemente una vita priva della sua presenza era orribile da immaginare.
«Che stai dicendo? Non ho mai detto una cosa del genere» farfugliò sotto lo sguardo implorante di lui, che le afferrò le mani stringendole con forza.
«Ci stavi pensando, chiunque ci penserebbe dopo aver sopportato questa situazione per troppo tempo».
Non riuscì a sostenere ulteriormente il suo sguardo, Taehyung aveva capito tutto e la stava praticamente pregando.
Le sue mani furono ben presto libere, il ragazzo si lasciò scappare un sospiro tremante. Le voltò le spalle.
Si sentì persa immediatamente, cosa significava?
La stava lasciando libera? Si era già arreso, valeva così poco per lui?
«Non ti tratterrò, non se questo ti fa soffrire» sussurrò dalla parte opposta. Lo stesso ragazzo che poco prima la stava implorando di ripensarci. Era questo uno degli aspetti che non sopportava di Taehyung. L'indecisione.
Fu questo che la portò ad alzarsi da quel letto, ormai fatto di spilli acuminati.
Si rivestì con una semplice maglia bianca, di un tessuto quasi impalpabile e un paio di jeans, nonostante fuori si gelasse. In quel momento moriva di caldo e aveva bisogno di una boccata d'aria, mise le sue sneakers e si mosse piano, lui rimase in quella posizione, ma poteva sentire i suoi occhi bruciarle contro la schiena.
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Tear – Solitudine
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Sette mesi dopo...
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Lo aveva lasciato.
La notte in cui uscì faceva freddo, pioveva leggermente, eppure ciò le aveva dato modo di riflettere sull'intera relazione a mente lucida. E dunque era riuscita a fare quel grande passo. Aveva passato la notte da una sua amica e il mattino seguente era tornata da lui, per mettere un punto definitivo a quella storia.
Taehyung si era limitato a guardarla, senza nessuna espressione sul bel viso. Era apatico, freddo, non il migliore degli addii, ma detto sinceramente, quale addio era mai stato felice?
Nel frattempo aveva trovato lavoro come web designer e aveva affittato un appartamento grazie ai suoi precedenti lavori. Voleva semplicemente andare avanti, lasciarsi tutto alle spalle e rifarsi una vita senza dover dipendere da nessuno.
Ma lo vedeva in TV, ancor più di prima. La fama cresceva e con essa anche le interviste. Lui non sorrideva più, rimaneva serio rispetto agli altri suoi compagni che ridevano per stemperare la tensione. Lui rimaneva impassibile, come quel grigio giorno di pioggia. E allora il petto doleva, e pensieri come "codarda, lo hai abbandonato, in un momento così delicato poi" le intrappolavano la mente.
Si era ripromessa comunque di andare avanti, lei non poteva stare ad aspettarlo per sempre e Taehyung aveva compreso la sua scelta e si era messo da parte.
No?
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Era diventata un'abitudine stare fermo a guardare il display del suo cellulare. In attesa di una chiamata, un messaggio, qualsiasi cosa che gli dicesse "Ha bisogno di te, vai a riprenderla".
I giorni trascorrevano lenti e monotoni, il cielo per quanto chiaro, risultava plumbeo agli occhi del giovane, come l'umore che lo aveva caratterizzato da quel giorno. I ragazzi avevano notato quel radicale cambiamento, ma nessuno aveva avuto il coraggio di chiedergli qualcosa, si limitavano a lanciare occhiate perplesse e preoccupate, nessuno di loro poteva immaginare la motivazione che si celava dietro quel comportamento bizzarro. Taehyung non aveva mai parlato di leiagli altri, uno dei suoi tanti errori.
Per gli idol non era permesso intrattenere certe relazioni, ma di certo questo non li fermava, e i componenti del gruppo ne sapevano sempre qualcosa. Lui invece aveva tenuto definitivamente la bocca chiusa anche con i suoi amici, l'aveva esclusa da tutto, lei era semplicemente una parentesi nella sua vita, si maledì ancora una volta per la sua stupidità.
Voleva rimediare ai suoi errori, voleva darle una vita degna di essere vissuta al suo fianco. Ma la stampa e gli haters ci avrebbero sguazzato per anni, ricordando Kim Taehyung, in arte "V", come l'ennesimo pazzo che aveva cercato di fottere il sistema. Per non parlare delle sue fan, le amava, ma purtroppo erano capaci di tutto. Non dava nemmeno a loro la colpa, gli Idol venivano visti come burattini col solo scopo di far felici i fan solo a causa delle agenzie stesse che non si preoccupavano di salvaguardare la loro dignità come esseri umani.
Quindi, come fare?
«Taehyung?» Namjoon si accostò a lui «Possiamo parlare?».
«Sì, Hyung. C'è qualcosa che non va con l'inizio di Fake Love?» chiese, prendendo una bottiglietta d'acqua fresca dal tavolino riservato agli snack.
Il suo leader scosse la testa.
«Sei stato perfetto oggi. Vorrei parlare a proposito di te».
Quasi si strozzò, cercando di mandare giù la grossa quantità d'acqua esageratamente presa.
Namjoon che voleva parlare non era mai un buon presagio, se poi si parlava di questioni personali c'era solo da scappare.
«Riguardo?».
«Tae, ultimamente sei abbattuto, non parli più molto e guardi sempre da un'altra parte, con occhi persi nel vuoto... o incollati al cellulare. Cosa c'è che non va? Devi dirci qualcosa?».
Ci pensò, ormai era andata, perché fingere ancora? La consapevolezza di non aver più nulla da nascondere lo colpì duramente.
«Mi sono innamorato, Hyung, da molto, troppo ormai. E l'ho persa» fissò distante il suo riflesso nello specchio della sala prove. I capelli erano diventati più lunghi, non riconosceva più la sua espressione, e le labbra erano perennemente portate all'ingiù, come a dire "sto male dentro, ma devono saperlo tutti" «Era davvero Fake Love?» chiese al più grande, che ancora non si decideva a parlare.
Namjoon era rimasto semplicemente a bocca aperta. Taehyung non aveva mai accennato ad una relazione amorosa in passato, tantomeno si era comportato in modo strano. Era felice per ogni cosa, anche un piccolissimo regalo era capace di farlo sorridere, ma la verità era comunque venuta a galla. Sospettava ci fosse qualcosa di sbagliato nel suo comportamento, ma non trovava una risposta ai suoi dubbi.
E ora Taehyung se ne usciva con quelle parole, dette per togliersi un peso più che altro, non certo per renderlo veramente partecipe.
Era finita, e Namjoon avrebbe dovuto esserne contento, il gruppo prima di tutto e in quanto leader doveva essere il primo a rispettare quella regola e farla rispettare. Il viso indifferente del più piccolo, però, lo frenava dal dire cose come "È meglio così, avresti rovinato tutto". Troppo cattivo, troppo poco delicato in una situazione come quella. Così sbagliato.
Rimase ancora un po' in silenzio, rispettando il dolore dell'amico e prese posto vicino a lui, sul pavimento. Gli altri nel frattempo continuavano a provare, non consapevoli del loro tumulto interiore.
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Odiava profondamente Kim Taehyung.
Era ancora nella sua testa, non voleva andarsene per nulla al mondo. Lo vedeva ovunque, dietro le spalle, accanto a sé durante la colazione, a lavoro mentre parlava con i colleghi riguardo ad un nuovo progetto e, soprattutto, nei suoi sogni.
Piangeva, era in un angolo e la chiamava per nome, ma non si voltava mai a guardarla, era solo e lei poteva semplicemente guardare. Non le era permesso avvicinarsi o toccarlo, tutto perché era stata lei la prima a prendere le distanze. E ora pagava.
«Pronto? Ci sei?».
Qualcuno le schioccò le dita davanti agli occhi, si riprese.
«C-come? Sì, ci sono».
Bon Hwa la guardò diffidente «Sembravi persa nel tuo mondo, è da quando ci conosciamo che è così. Sono un tipo noioso?».
"«Sono un tipo noioso? Eeeehiiii!! Non ignorarmi, tu mi piaci sul serio, sai?»".
Spalancò gli occhi, credendo di aver sentito male, ora la perseguitava anche con i ricordi?
«Sto benissimo» sorrise al ragazzo biondo, era carino e non le aveva mai chiesto del suo passato, era un tipo che pensava più al presente, ed erano chiare le sue intenzioni, peccato che lei non era del suo stesso avviso. Sentiva di provare ancora forti sentimenti per quel dannato, non voleva far rivivere la stessa esperienza a qualcun altro. Non sentirsi abbastanza amati, fermi in una storia dove non si va avanti.
Assolutamente no.
«E non sei affatto noioso, solo... sono io il problema in verità, scusami» abbassò lo sguardo sulle sue mani, adagiate pigramente in grembo. Bon Hwa sorrise amaro.
«Ah, esci da una relazione seria» disse con tono ovvio «Sono quelle a distruggerti dentro».
Anche Bon Hwa ci era passato quindi, e da quel giorno evitò di esternare ancora una volta le sue intenzioni, rispettava il vuoto che Taehyung aveva lasciato nel suo cuore.
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Guardava con un certo distacco il letto matrimoniale che si presentava ai suoi occhi, era rimasto uguale da quando se ne era andata, sfatto e con ancora il suo profumo addosso.
Lui non ci aveva messo più piede, in quella casa, troppo di lei all'interno, viverci ancora significava impazzire.
I ragazzi avevano notato da tempo che era cambiato ancor di più, usciva solo per gli impegni del gruppo e l'idea di fare shopping non lo entusiasmava più come prima. Namjoon, consapevole della sua situazione, convinceva gli altri a non insistere con domande troppo intime.
Sentiva gli occhi di Jimin sempre fissi sulla sua schiena, il più grande aveva intuito.
«Dunque è qui che vieni» la voce alle sue spalle lo fece trasalire.
«Jimin-Hyung, cosa ci fai qui?».
L'altro si limitò ad osservare l'ambiente circostante, la casa era molto spaziosa e luminosa, sui toni del bianco e del lilla, femminile. Non era stata arredata da Taehyung.
Lo stile era troppo semplice e delicato.
«Non dici nulla sul tuo stato, ti ho seguito e non te ne sei nemmeno accorto. E hai lasciato la porta aperta. È preoccupante».
Taehyung si innervosì, non voleva il suo Hyung lì dentro, anche se si trattava di uno dei suoi più cari amici, quel luogo apparteneva a loro. Il nido d'amore condiviso per anni, senza che mai nessun estraneo entrasse a farne parte. Jimin probabilmente lesse i suoi pensieri.
«Non è solo tua questa casa, tu ci vivevi con qualcuno, ed è sempre per questo qualcuno che ultimamente sei così scostante».
A poco a poco, tutti lo avrebbero scoperto, perché proprio ora? Perché quando non ce n'era più bisogno?
Sempre per colpa sua, non era stato corretto con nessuno. Era solo felice, e aveva dimenticato di condividere la sua felicità – il motivo della sua felicità – al di fuori della sua bolla di sapone, che alla fine era irrimediabilmente esplosa.
Aprì le braccia, esausto.
«Sì, qualcuno viveva qui con me. Ci siamo lasciati e ne soffro moltissimo perché continuo ad amarla e non so dove possa essere adesso, non so cosa stia facendo, se si stia frequentando con qualcuno. Ne ho completamente perso le tracce e vorrei semplicemente rimediare. E prima che tu dica qualcosa, non mi importerebbe se la gente cominciasse a parlare male di me, né che la nostra agenzia decidesse di buttarmi fuori per non far crollare i BTS a causa delle dure critiche. Ciò che fa più male è che riesco a capirlo solo adesso» finì il suo sfogo con gli occhi lucidi, Jimin lo guardò sorridente.
«Lo sospettavo, Tae. Non sei bravo con i segreti».
Il minore lo guardò sospettoso.
«Tanto ormai è finita, non dovete preoccuparvi» senza volerlo mise un broncio perfetto, che intenerì moltissimo l'uomo dalle labbra carnose.
«Non è finita, invece. Tu la ami ancora, non è da te arrenderti» gli ricordò, ma ormai nutriva ben poche speranze «Ti ricordo che noi siamo i BTS, promuoviamo l'amore nel mondo, noi per primi dobbiamo dare l'esempio. Amare noi stessi, Tae, e se ti faceva stare bene... devo continuare per forza?».
Una scintilla di speranza si accese nei suoi occhi scuri.
«Mi aiuterai?».
«Sei mio fratello, non ti lascio indietro».
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«Santo cielo, oggi fa proprio caldo!» esclamò una sua collega, nonché amica. Una ragazza italiana, Eleonora il suo nome, con lo stesso carattere giocherellone di Taehyung. Il destino la voleva al fianco di persone aperte e solari evidentemente.
Il forte accento straniero la rendeva buffa davanti agli altri colleghi, che come lei la trovavano adorabile.
Sventolò uno foglio di carta mezzo stracciato, con su scritto vari appunti sulla struttura di un sito al quale stavano lavorando per una agenzia importante «Accendi la tv! Voglio vedere uno di quei programmi fighi, suuu! Questo posto è un mortorio! A saperlo mi sarei trasferita in Brasile» sbuffò la sua rossa amica, colore di capelli che molte donne – e anche uomini – le invidiavano.
«Detto, fatto» le rispose in cambio, accese il televisore e furono subito trasportate in un programma per Idol.
"Tipico della TV coreana" pensò, sperando di non imbattersi in un certo gruppo di notevole successo.
Non avrebbe retto la tensione, e non voleva perdere il controllo davanti ad Eleonora. Esatto, quando rivedeva il suo viso piangeva, si era pentita della sua scelta? Dannazione, sì.
E non c'entravano nulla cose come "ossessione" o simili. Semplicemente lo amava molto, ottima scelta un corno!
Se solo lo immaginava con un'altra ragazza impazziva. Un pensiero egoista, ma l'umano era fatto così, un peccatore nato. E adesso si ritrovava a desiderare che Taehyung non l'avesse mai lasciata andare, magari prendendola per le spalle, scuotendola fino a farle perdere persino la voglia di piangere, fin dentro l'anima.
- Diamo il benvenuto ad un gruppo conosciuto in tutto il mondo. Stiamo parlando proprio di loro, i BTS! Questi sette ragazzi partiranno presto per il loro tour mondiale, hanno appena rilasciato l'album "Love Yourself: Answer" poco dopo il rilascio di "Love Yourself: Tear". Sono un astro nascente e i loro fan li amano tantissimo, menti brillanti e amore nel cuore, questo fa di loro dei protettori per la nuova generazione -.
Guardò scioccata l'intervista, un'altra maledettissima intervista!
Ed erano tutti così felici, anche lui era felice. Sorrideva a trentadue denti e aspettava impaziente il suo turno per poter esprimere tutto l'affetto e l'amore che lo legava agli Army.
Lo guardò con malcelata rabbia, poteva sentire le sue guance scaldarsi e divenire rosso fuoco, le sue orecchie stavano fumando, ne era certa.
«Porca puttana, che figoni loro! No, d'accordo. Sono felice di essere venuta in Corea» le parole della sua amica la fecero innervosire di più, fin quando l'uomo biondo non parlò, lasciando finalmente uscire la sua meravigliosa voce profonda.
- Vorrei solo dire che inizieremo il nostro tour qui, a Seoul, spero vivamente che i nostri fan vivranno quei momenti insieme a noi con uno splendido sorriso in viso. C'è un'altra cosa che vorrei dire in realtà... ma questa è una sorpresa, qualcosa che ci farà capire quanto gli Army possano essere speciali –.
Finì di parlare con un sorrisetto che la mandò all'altro mondo. Era più bello, più maturo, ma quei capelli lo facevano sembrare un lecca lecca al doppio gusto, che gli donavano un'aria più bambinesca. Cosa che Taehyung non era, non più almeno.
Era cresciuto senza di lei in quei lunghi mesi.
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Answer – Amarsi
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Il momento era giunto, il concerto sarebbe iniziato tra meno di quindici minuti, guardò i ragazzi.
Tutti lo avevano appoggiato quando avevano saputo tutto, si erano arrabbiati perché tenuti allo scuro per troppo tempo, dando ragione a lei, ma gli avevano anche sorriso rassicuranti.
L'unico da convincere era stato Namjoon, come leader sentiva di aver dato il permesso ad una pazzia, i rischi erano tanti e il gruppo stava per essere messo in pericolo proprio durante l'inizio di un tour così importante. Ma Jimin era stato chiaro, quando si parlava d'amore il biondo angelo sapeva scegliere le parole giuste, toccando con delicatezza i cuori delle persone, era fiero di avere un amico così unico.
«Stai tranquillo, Taehyung. Noi siamo qui» gli canticchiò all'orecchio un Hoseok molto emozionato, stringendolo in un forte e caloroso abbraccio, neanche fosse stato lui il protagonista di quella vicenda.
«E il signor Sejin si occuperà del resto» aggiunse Jungkook, mostrando i suoi teneri incisivi da coniglietto, il loro Manager Sejin era un angelo in verità.
«Ragazzi, è ora» urlò Namjoon, richiamandoli per il loro saluto di gruppo prima di entrare in scena, acclamati dagli Army.
Taehyung sperò di farcela davvero, il suo sangue vibrava di speranza.
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Quando suonarono alla sua porta era in tuta e giacca larga, tipico abbigliamento di quando stava in casa comoda a riposare per il giorno seguente, non si aspettava di ricevere ospiti, altrimenti non si sarebbe fatta trovare in quel modo sciatto.
Aprì la porta con cautela e ciò che vi trovò dietro la portò a richiuderla con violenza. Il cuore le pompava in una velocità inaudita.
Cosa ci faceva quell'uomo lì?
Riaprì con cautela, incontrando gli occhi straniti dell'uomo alto, molto alto.
Indossava fini occhiali tondi, aveva un taglio sbarazzino e indossava una camicia bianca con giacca e cravatta di colore nero, così come pantaloni e scarpe lucide.
"Un perfetto manager per un gruppo come il loro".
«Lei è la signorina ___ ___?» chiese con un tono composto, si ritrovò a sbattere le ciglia più e più volte.
«S-Sì, ha bisogno di qualcosa?».
Lo domandò più per cortesia ed educazione, quella visita era stata veramente troppo scioccante, cosa ci faceva lì Kim Sejin?
«Ho il compito di scortarla» disse semplicemente.
Un attimo. Scortarla dove? Perché proprio ora? Cosa stava succedendo?
Era tutto così assurdo!
«La prego di venire».
E lei accettò, senza logica, accettò. Taehyung poteva anche aver pensato di ucciderla per vendicarsi, ma se ne fregò della ragione. Uscì in tuta e giacca, non pensò a cambiarsi, non pensò a nulla quando l'uomo le aprì la porta del sedile posteriore, i vetri erano scuri, nessuno poteva vederla all'interno dell'auto.
Si sistemò come meglio poté, il suo corpo si era notevolmente irrigidito per la tensione, Sejin ogni tanto la guardava dallo specchietto, per accertarsi che non desse di matto molto probabilmente.
«Signorina, si sente bene?» si sentì chiedere. Cosa poteva rispondere? Una domanda abbastanza stupida in effetti; era tardi, le strade buie le davano un senso di oppressione, sola in una macchina con un uomo che conosceva solo di vista – e che sapeva il suo indirizzo senza che lei glielo avesse dato – e la stava portando chissà dove. D'un tratto si pentì della sua scelta e iniziò a guardare con insistenza la testa del guidatore, sperando in un qualcosa che la portasse a scappare.
"Dopotutto... se facciamo un incidente muore solo il conducente" pensò con stupidità, ricordando i suoi anni di studio in Italia, dove i ragazzi erano soliti dire quella frase per far arrabbiare l'autista del bus, che a un certo punto si ritrovava anche a cacciarli.
Si diede della cretina, non poteva aver pensato sul serio ad una cattiveria come quella.
Il sorriso di Sejin la colse impreparata, i suoi occhi erano socchiusi, ma attenti alla guida. Ora cosa gli prendeva?
«Taehyung ci ha parlato di lei, è bello sapere che in questi anni ha avuto qualcuno su cui contare anche nel privato. Noi dipendenti facciamo quel che possiamo per i nostri ragazzi, non è mai molto purtroppo».
Abbassò gli occhi sulle sue ginocchia, non era vero. Lei era scappata, quelle parole le fecero parecchio male. Saperlo solo dopo che se n'era andata fu una pugnalata al petto.
«Non credo di essere ancora adatta per Taehyung, mi guardi. Gli ho solo provocato sofferenza, sono profondamente imbarazzata. Non dovrei nemmeno essere qui» mormorò a testa china.
Sejin si fece più serio «La vita di un ragazzo famoso è difficile, molto difficile. Sono al suo fianco dall'inizio; l'ho visto cadere, farsi male, piangere. Tutte le volte si è rialzato con un sorriso, le cicatrici sono ancora lì, ma da quelle ha imparato come muoversi in questo mondo. Voi siete giovani, è più facile sbagliare, ma è importante rimediare. Solo quello conta, lei vuole rimediare?» le lanciò un'occhiata profonda, ne rimase stupefatta.
Sì, maledizione, voleva rimediare!
L'auto si fermò, così come il suo respiro.
"Olympic Stadium".
Erano al concerto, l'ansia che fino a poco tempo prima era stata attenuata, riprese possesso del suo corpo e i piedi si fecero di piombo. Non si accorse nemmeno di Sejin che aprì la porta e la prese per un braccio, facendola uscire quasi a forza, né si rese conto dell'entrata a quello stesso edificio, riservata allo staff.
Molte ragazze si girarono a guardarla, così come i due omoni ai lati di una porticina che portava, probabilmente, ai camerini. I loro sguardi duri non le piacevano, ma non dissero nulla quando Sejin mostrò una carta per farsi riconoscere, ottenendo l'accesso.
Si fermarono davanti ad una porta con su scritto il nome del gruppo in oro, deglutì disperata. Era proprio un coniglio.
«Entri qui dentro. Guardi il televisore, è già sintonizzato» le disse con una nota di mistero nella voce, fu lasciata sola così. Aprì con un tremore alla mano la porta bianca, fissò con attenzione il nuovo spazio che le si presentava.
C'erano dei divanetti dello stesso colore della porta, sembravano veramente soffici. Ai lati della stanza erano presenti specchi e sedie, su dei tavolini c'era l'occorrente per acconciature e make-up. Sollevò il viso verso il televisore, cercò un telecomando per alzare il volume e fece come le aveva detto di fare Sejin, guardare con attenzione.
C'erano fan ovunque, ovunque.
Acclamavano i loro amati ragazzi, i quali si muovevano con potenza e sinuosità su quel palco. Erano loro a comandare. Gli sguardi carichi di determinazione la lasciarono senza fiato, erano gli stessi ragazzi sorridenti nelle interviste?
L'occhio le cadde inevitabilmente su Taehyung, V.
Era magnifico, fiero come un leone, il Re della savana. Lanciava sguardi che avrebbe definito illegali alle telecamere, e le fan lo adoravano. Lo chiamavano trepidanti, in attesa di essere notate, e quando ciò avveniva lui sorrideva con gioia e passione. I suoi capelli sudati si incollarono alla base del collo e all'attaccatura della fronte, dandogli un aspetto ancora più selvaggio.
Quello era V dei BTS, il camaleonte. Colui che cambiava personalità in un batter di ciglia. Gli occhi le si inumidirono, l'uomo che popolava la sua vita era lì, a pochi metri da lei.
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Mentre ballava sulle note di I'm Fine si sentiva il corpo in fiamme. Guardava con amore i volti di tutti i suoi fan, immaginando la persona che ora stava aspettando nel suo camerino. Sejin era apparso da dietro le quinte, con un veloce "ok" che lo aveva mandato in fibrillazione. Lei era lì, lì per lui.
Varie sensazioni si fecero strada in lui; ansia, paura, felicità, amore. Le unì e ciò che ne uscì fu solo potenza nelle sue gambe, voleva dare il meglio quella sera, gli sguardi dei suoi compagni erano infuocati quasi quanto il suo.
"Questo sarà un giorno da ricordare".
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«Army, vi siete divertiti insieme a noi?» la voce potente del leader destò gli animi del pubblico, il quale si liberò in un alto coro di esclamazioni felici ed emozionate. I ragazzi erano completamente sfiniti e sudati, ma soddisfatti del loro operato. Centinaia e centinaia di volti li guardavano con meraviglia, ogni volta era sempre una gioia per i BTS scorgere quelle espressioni, ne andavano più che fieri, i loro fan li amavano e ciò accese ancor di più Taehyung, più intenzionato che mai a mettere fine a quella spirale di indecisione e timore.
Voleva essere felice, amandosi, e per ciò doveva essere sincero non solo con sé stesso, ma anche con tutti quei fan che avevano sostenuto il suo gruppo, sperando di ricevere altro sostegno.
Lanciò un veloce sguardo a Namjoon, il quale annuì con serietà, dandogli il suo consenso, i ragazzi si strinsero le mani.
Cominciò a parlare con un tremore alla voce.
«Army...» venne interrotto da un boato di urla che lo portarono a sorridere «Sono sempre stato convinto che il rapporto che ci lega è nettamente diverso da quello di altri fan con i loro artisti, lo abbiamo detto anche più di una volta. Siamo una famiglia, ci amiamo, ci proteggiamo a vicenda, cerchiamo di amare noi stessi insieme a voi. È inutile ribadirlo, ma per me è necessario. Siamo stati insieme in questo lungo cammino, tra dolore e gioia, siamo arrivati fin qui solo grazie a voi. Sono sicuro che continueremo a stringerci la mano come abbiamo sempre fatto. BTS e Army, due parti che combaciano perfettamente tra loro».
Altre urla popolarono lo stadio, molte ragazze cominciarono a piangere, altre tenevano accesi i cellulari per registrare. Deglutì con fatica, ora arrivava la parte difficile. Jimin e Yoongi gli andarono vicini, cercando di farlo sciogliere un po', ne aveva proprio bisogno.
«Proprio per questo amore e affetto che ci lega, io vi chiedo di capirmi» come una reazione a catena tutti si zittirono di colpo «Io non sono solo un idol, non sono solo V dei BTS. Io sono anche Kim Taehyung, un ragazzo umano che prova delle emozioni, certo, questo lo sapete, ma non è una cosa da poco. Proprio come ogni ragazzo umano, mi sono innamorato di una persona per me molto speciale, con la quale ho sofferto, pianto e riso. La metà di Taehyung, non di V» esclamazioni sorprese dalla folla, ma continuò senza più freni «Non sto dicendo che vi amo meno, è impossibile per me non amarvi, come ho già fatto capire con il discorso precedente. Ma mettetevi nei miei panni, come vi sentireste se qualcuno vi proibisse di amare liberamente? Suppongo male, veramente male. E come abbiamo sempre detto, noi dei BTS abbiamo il compito di rendervi felici, come voi fate felici noi ogni giorno. Continuerete a renderci felici, accettandoci per quel che siamo e per quel che faremo?».
La domanda rimase sospesa nell'aria, tutti tacevano.
Jimin si inginocchiò sul palco, seguito da Namjoon. Seokjin ed Hoseok tenevano le mani premute sulla bocca, Yoongi guardava le fan a braccia conserte, nessuna espressione lo tradiva, mentre Jungkook batteva ripetutamente il piede sulla superficie lucida del palco.
Taehyung avvertiva tutto ovattato, sentì la testa farsi leggera e improvvisamente si udì battere le mani da un punto imprecisato delle tribune, seguito da un altro, e un altro, e un altro punto ancora, finché non si udirono nient'altro che urla e applausi.
Vide molte ragazze nelle prime file con i volti rigati dalle lacrime, ma degli enormi sorrisi adornavano i loro volti, improvvisamente tutto il peso che sentiva sul petto svanì, così com'era venuto.
Sapeva che non era finita, bisognava affrontare le critiche e le malelingue, ma i suoi Army erano lì, ad urlare il suo nome, incitandolo con forza a non abbattersi mai, loro sarebbero stati con lui.
Namjoon sorrise, mettendo in mostra le sue adorabili fossette.
"I BTS e gli Army ancora una volta insieme".
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Continuò a guardare lo schermo del televisore con gli occhi che bruciavano, pianse per la commozione e l'amore che provava per quel ragazzo così unico e adorabile.
Nonostante la sofferenza a cui era stato sottoposto in quei mesi aveva trovato il coraggio di dire in diretta, pubblicamente, che era innamorato e chiedeva ai suoi fan di capirlo e accettarlo così com'era, un essere umano, non solo un idol.
Si era aspettata di tutto, urla rabbiose da parte di quelle persone, magari sarebbe scappato anche qualche insulto. Ma nulla di tutto ciò si era presentato. Il pubblico aveva riservato solo tanto affetto, come mai prima d'ora. Forse era vero, gli Army erano speciali e i BTS sette ragazzi fortunati e meravigliosi.
Vide il concerto fino alla fine, rimanendo seduta lì, con il cuore gonfio nel petto, in attesa del confronto finale, quello che avrebbe definitivamente deciso la tappa finale della loro storia.
Non era ancora finita.
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Rimase fermo a scannerizzare la porta, entrare o aspettare?
Non la vedeva da poco più di un anno, sarebbe stato strano?
La testa gli scoppiava, aveva appena superato un ostacolo enorme, i suoi fan avevano compreso la sua scelta. Purtroppo non tutti gli idol avranno la sua stessa fortuna, ma doveva andare avanti giungendo finalmente ad una fine.
Lei era lì, dentro quel camerino ad attenderlo. Si era spogliato di tutto, finalmente poteva guardarla a testa alta e dire "Adesso possiamo vivere alla luce del sole".
Qualcuno bisbigliò alle sue spalle.
«Cosa fai ancora lì? Entra! Al vecchio Bang ci pensiamo noi» disse Hoseok, mentre Yoongi e Namjoon annuivano con forza.
«Allora vado?» chiese, improvvisamente intimidito, e Jungkook gli strizzò un fianco con forza.
«Vai!».
Massaggiando la povera zona maltrattata aprì piano, senza farsi sentire. Inizialmente non la vide, la stanza gli sembrò vuota e una sensazione amara lo colpì dritto nello stomaco, poi però sentì un singhiozzo mal trattenuto e sgranò gli occhi.
Eccola, davanti ad uno degli specchi, intenta a tamponarsi un fazzoletto sugli occhi, la squadrò con una nuova emozione che si fece strada nel suo petto; tenerezza.
La trovò tenerissima vestita con un'orrenda tuta dall'accecante colore arancione e una giacca larghissima che le scendeva oltre i fianchi, tipico abbigliamento da casa che aveva avuto l'onore di prendere in giro, quando ancora stavano insieme e le preoccupazioni erano affossate sotto enormi mattoni di incertezza e paura. I capelli erano legati in una disordinata treccia laterale, vide chiaramente i suoi tratti, erano corrucciati in un'espressione di angoscia, forse dovuta all'ansia di rivederlo.
Con la lingua secca sussurrò il suo nome, lei si voltò.
Il tempo sembrò fermarsi per entrambi, nessuno dei due riuscì a parlare, ma nei loro occhi si fece spazio la consapevolezza che no, non potevano stare divisi ancora un altro po', avevano aspettato anche troppo.
Proprio per questo quando lei corse verso di lui con un gridolino strozzato, la accolse prontamente tra le sue grandi braccia, stringendola con forza e respirandone l'odore fresco e pulito, circondando il suo corpo con facilità e gioia.
«Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace» cominciò a dirgli, tra le lacrime che non riuscì a fermare in tempo.
«Dispiace a me, credimi» le disse all'orecchio, ma la ragazza scosse la testa.
«È colpa mia, dovevi andare avanti piuttosto che pensare ad una come me» mormorò con il viso affondato nel tessuto della giacca, che stava bagnando «Non so nemmeno perché sono qui».
«Sei qui perché mi ami, non puoi fare a meno di me. Ammettilo» le disse in tono scherzoso, ma anche affettuoso. Si guadagnò un piccolo schiaffo sul braccio.
«Non sto scherzando, Taehyung. Sono stata una stronza».
«Sei stata una stronza» ammise candidamente, lei fece una smorfia dispiaciuta «Ma ho capito proprio per questo i miei errori, ci ho messo molto, ma ho preso coraggio e ora siamo qui. Adesso tutti sapranno che stiamo insieme, potremo passeggiare all'aria aperta senza paura di beccare un giornalista impiccione che sveli il nostro segreto, molti ci giudicheranno, sono pur sempre un membro del gruppo più famoso al mondo, ma saremo insieme ad affrontare tutto, con noi ci saranno anche i ragazzi, vogliono conoscerti» le prese una mano tra le sue, la baciò leggermente con adorazione «Potevo scegliere una strada più facile, come hai detto tu... ho avuto la possibilità di andare avanti, gettare la nostra storia alle spalle e continuare a ricevere amore incondizionato dai miei fan. Ma io ho scelto te, continuerò a farlo perché sono un idiota, lo dico apertamente, ho sofferto, ma sceglierei sempre te. Poco fa ho dato il massimo per arrivare fin qui, da te. Voglio darti una vera vita al mio fianco ___ ___. Accetti?».
Cosa doveva rispondere a quel ragazzo così sfacciato e bambinesco?
Guardò quei suoi occhioni scuri e dalle lunghe ciglia, dannazione, lo amava da morire.
«Kim Taehyung, non mi stai ancora baciando. Si può sapere cosa aspetti? Non guardi mai film d'amore, te l'ho detto mille volte che sono important-».
Con un sorriso leggero e divertito le tappò immediatamente la bocca, lasciando spazio solo a quel dolce contatto, sentire ancora una volta quelle labbra sulle sue era come rivivere, dopo un secolo passato a vagabondare, lo stesso fu per lei che le schiuse, lasciandogli il permesso di approfondire, saggiandone i contorni, la morbidezza, il sapore.
«Rimani il solito cretino, Kim» sussurrò a fior di labbra, ancora non del tutto lontane da quelle umide del suo ragazzo,il quale ghignò. Consapevole di averla in pugno.
«Zitta e continua, stai parlando troppo e dobbiamo recuperare mesi e mesi di inattività» e la attirò a sé, stringendola per la vita.
«Ti accompagno a casa piuttosto, abbiamo molte cose da dirci».
Che diavolo tentatore.
Sospirò, riprendendo ad abbracciarlo, assaporando ancora una volta il suo calore, facendosi cullare dalla sua stretta, mentre un pensiero la faceva sorridere.
" Sono la sua scelta".
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Nessuno dei due capì esattamente chi aveva dato inizio a quel vortice di baci bisognosi e respiri affannati.
Non avevano nemmeno avuto il tempo di accendere le luci in casa, troppo occupati a cercarsi con le mani e gli occhi. Taehyung aveva liquidato tutti, adesso voleva semplicemente prendersi del tempo per dedicarlo a lei, anzi, a loro.
«Andiamo in stanza» gli disse tra un bacio e l'altro, Taehyung scosse la testa.
«Non credo che ci arriveremo» mormorò sulla pelle del suo collo privo di imperfezioni, premurandosi di mordicchiarlo con cura e pazienza, lasciando alcuni segni rossi lucidi della sua saliva, un respiro strozzato le uscì dalle labbra in risposta.
Non ci mise molto a sollevarla, trovando la lucidità di portarla almeno sul tappeto del salotto.
Si allontanò quel poco che bastava per ammirarla completamente, il petto si abbassava e sollevava con rapidità, il collo era esposto e i capelli erano ormai una massa disordinata sparsa sul pavimento, la ragazza si puntellò sui gomiti e aprì le gambe, in modo da farlo stare più comodo.
«Non te l'ho detto prima, ma questa giacca è orribile» sogghignò, prima di sfilarglierla con estrema semplicità, come abituato a quel teatrino «E questa canotta? Troppo aderente, non va affatto bene» ringhiò imbronciato, passando le mani sul suo ventre e sul petto, toccando con delizia e possessività quelle forme tonde prive di reggiseno. Agganciò due dita ai bordi di quel sottile pezzo di stoffa, scoprendo poco a poco ogni centimetro di quella pelle divina che lo faceva impazzire ogni volta, lei gli era mancata, ma gli era mancato anche il suo corpo sul quale annegava ogni forma di pensiero e desiderio.
Lei ridacchiò «Sembri arrabbiato» sussurrò leggera.
«Non sono arrabbiato, sono arrapa-».
«Taehyung!».
Lui sorrise con scioltezza, prima di liberarla definitivamente da quel pezzo di stoffa, e avere una visuale molto più seducente, una visione, aveva sempre avuto un'ossessione per quelle perle rosate che stavano alla punta dei suoi seni. Non perse tempo a prenderne una in bocca, modellandola con facilità contro il palato, girandoci intorno con la lingua umida e calda, mandandole brividi lungo la schiena che la portarono ad alzare il bacino, scontrandosi contro i fianchi del ragazzo, che gemette in risposta, inducendolo a ripetere quel movimento che alla fine scaldò ulteriormente i loro corpi.
Abbandonò il capezzolo ormai turgido per dedicarsi al resto del suo corpo, scendendo sempre più in basso, lasciando una scia di baci bollenti fino al suo ombelico, a cui si dedicò con cura.
Lei dal suo canto sentiva il suo corpo fatto di gelatina, avere le mani del suo uomo dappertutto non era cosa da poco, sentiva di perdere la testa e l'attesa aumentava il desiderio di unirsi a lui.
Con delicatezza Taehyung fece scendere i pantaloni della tua fino alle caviglie, di cui lei si liberò ben presto scalciando. Le lunghe ed eleganti dita si mossero leggere verso l'elastico delle sue mutandine, ma deviò direzione e questo la fece sbuffare.
«Stai giocando, Tae?» la voce che le uscì non era certamente sua, era graffiante, nervosa, decisamente infastidita.
Il sorriso squadrato del ragazzo arrivò puntuale come un orologio svizzero.
«Forse».
«F-Forse?».
La sua faccia doveva essere veramente comica, perché il ragazzo scoppiò improvvisamente a ridere, abbassò il viso e le schioccò un bacio a stampo, per poi spostarsi verso il suo orecchio «Sto scherzando, piccola. Non sono così cattivo, Jimin lo è» le sue parole la tranquillizzarono, non capì il riferimento a Jimin, ma non le importò.
«Dimostrami che non ti sei arrugginito, piccolo» gli soffiò in faccia, portando la sua intimità contro la sua dolorosa e pulsante erezione, gli occhi di Taehyung si fecero più scuri.
Le tolse finalmente anche le mutandine, lasciandola completamente nuda sotto di sé, e si abbassò verso la sua femminilità, dandole quel piacere che ormai agognava da troppo tempo.
La trovò calda e bagnata, con le dita sfiorò quelle pieghe umide e calde, tastò con la lingua il suo sapore, finché non trovò il clitoride, ci girò intorno stuzzicandone la morbidezza, così facendo delle profonde scariche di piacere la colpirono duramente.
«Mh-ah!» contrasse le dita e gli afferrò con forza i capelli, spingendolo di più contro la sua femminilità, alla ricerca disperata di qualcosa.
Taehyung intensificò la presa, e si permise di penetrarla con un dito, era morbida e cedevole, completamente sottomessa alle sue azioni, perché prese a muovere il bacino contro la sua bocca famelica, mormorando parole indistinguibili, il qualcosa si avvicinò sempre di più dopo che aggiunse un secondo dito alla sua entrata, i sospiri andavano via via ad accelerare a causa della potenza di quelle sensazioni.
Scoppiò in un lungo e asfissiante gemito quando lo sentì mordicchiare dolcemente le sue pieghe, provocandole altre scariche di piacere più acute delle precedenti, ansimò incapace di fare altro e tutto il suo corpo si fece improvvisamente pesante e stanco. Taehyung finì la sua opera leccandole una scia di umori che gocciolò lungo le sue gambe tremanti.
Il ragazzo prese a spogliarsi con velocità disperata, mentre lei si risollevava, quasi sfinita ma desiderosa di ricambiare il piacere provato.
Ogni lembo di pelle scoperta rappresentava un nuovo bacio o una carezza incantata. Il fisico di Taehyung non era ben definito come quello di Jungkook o possente come quello di Jimin, eppure li eguagliava nella sua semplice normalità.
"È così carino..." pensò, andando a formare dei piccoli cerchi sulla pancia piatta e morbida, provocando nel ragazzo una piccola risatina, quanto le era mancata quella risata da bambino contento. Quando rialzò gli occhi, però, a guardarla non era un bambino, bensì un adulto in tutti i sensi, un adulto insoddisfatto che desiderava ricevere delle attenzioni particolari.
«Ora chi sta giocando?» mise un broncio adorabile, in contrasto con gli occhi che la guardavano quasi minacciosi.
«Lamentati per altro» rispose con un piccolo ghigno, quando infilò la mano sotto il tessuto dei suoi boxer e tastò l'eccitazione del ragazzo con dita fintamente timide. Le labbra solitamente sorridenti di Taehyung si assottigliarono, così come i suoi occhi, che preferì chiudere alla fine per assaporare al meglio la sensazione della sua stretta attorno all'erezione ben presente.
Lo liberò dai boxer, ormai divenuti solo un fastidio, e con la mano percorse tutta la sua lunghezza, carezzando con cura ogni centimetro, persa ad osservare le reazioni quasi impercettibili del suo uomo, il quale deglutì più di una volta, portando inconsapevolmente le dita ad arricciarsi, incapace di stare fermo un secondo.
La ragazza aumentò volutamente la velocità della sua azione continua, passando le dita anche sulla punta, ormai resa lucida dal liquido pre-eiaculatorio, e quando vide che il petto di Taehyung prese ad abbassarsi e alzarsi più velocemente, prese il suo membro in bocca, sollecitando con la lingua le parti più sensibili, portando il ragazzo a rilasciare gemiti sempre più forti e decisi. Era tutto così amplificato.
«Asp- aaah» la prese per i capelli e accompagnò con la mano ogni suo gesto, quasi perse il controllo quando la avvertì succhiare con decisione sulla punta, non fermando mai il movimento circolatorio della mano. Ma prima che potesse venire con un urlo strozzato riuscì a fermarla.
Non voleva arrivare all'orgasmo in quel modo, doveva possederla al più presto altrimenti la sua sanità mentale non avrebbe retto.
Non trovò nemmeno difficoltà a riprendere il controllo della situazione, lei ormai era totalmente presa dall'aspettativa e lo lasciò fare, si stava fidando di lui anche dopo molto tempo e questo significava molto per entrambi. Magari una coppia normale avrebbe atteso molto prima di tornare così intima, ma loro non erano mai stati una coppia normale e di certo non avrebbero cominciato ad esserlo ora. Quei mesi di totale pausa erano stati troppo lunghi, grigi e dolorosi. Non si sarebbero privati del calore che i loro corpi uniti sprigionavano, non più.
Così Taehyung entrò con una spinta lenta e moderata, fermandosi un attimo in quel modo. Chiuse gli occhi e posò la testa sulla spalla della sua metà, cercando di darsi un po' di controllo per non finire, perché volendo sarebbe venuto in quel preciso momento solo per aver sentito la sua eccitazione avvolta tra quelle membra calde.
La donna si irrigidì, cercando a sua volta di riabituarsi a quella presenza, rilassando così la stretta che stava diventando dolorosa per il ragazzo, ormai al limite e con i nervi a fior di pelle. Intenerita da quella vista, lasciò un lungo bacio sulla tempia imperlata di sudore del biondo, che a sentire quelle labbra morbide su di lui, rilasciò un lento sospiro. Riprendendo a muoversi.
Con una mano la tenne stretta a sé per i fianchi, mentre con l'altra le sollevò una gamba per ricevere maggior accesso alla sua intimità. Buttò la testa indietro, eccitato dai piccoli gemiti che sfuggivano dalle loro labbra e dai deliziosi brividi al basso ventre, respirò pesantemente dalle narici e spinse con più durezza tra quella carne cedevole. Le unghie della donna gli graffiarono leggermente la schiena, provocandogli la pelle d'oca.
«Tae...» mormorò esausta, andando incontro alle sue spinte lunghe e lente, cercando di aumentare il ritmo.
«Ho capito...» rispose, gli occhi si fecero liquidi e sollevò la ragazza verso il suo petto, aumentando finalmente la velocità e approfondendo sempre di più quel rapporto, torturò ancora una volta il capezzolo del seno sinistro e la baciò con forza, mischiando i loro sapori e facendo morire le sue urla su di lui.
Dal punto in cui le loro intimità si scontravano con violenza sempre maggiore, prese a crescere anche una forte sensazione di vertigine, i tremori erano sempre più vividi, così come il sudore sulla pelle e gli umori dovuti all'eccitazione che scendevano tranquillamente a bagnarli.
Taehyung spinse con più decisione e mancò per alcuni secondi il respiro ad entrambi.
Stringendo sempre di più la presa sui suoi fianchi, quasi a farle male ormai, il ragazzo venne dentro di lei dopo tre potenti spinte, ringhiando contro la sua pelle a causa della meravigliosa stretta che le pareti stavano esercitando sulla sua erezione, lei arrivò al suo apice pochi secondi dopo, grazie a quella sensazione di pienezza che le fece tremare violentemente le gambe, spingendo per un'ultima volta contro il suo corpo, ormai stanco e ansante, crollò su di lui abbracciandolo.
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La stava guardando da una buona oretta ormai, era mattina presto e Taehyung si trovava nel letto, accanto a quella che poteva considerare ufficialmente la sua fidanzata.
Nemmeno sapeva dove aveva trovato lui stesso le forze per alzarsi, prenderla in braccio e trasportarla in camera dopo quella nottata, un concerto durato ore e poi quel rapporto tutt'altro che tranquillo non erano cosa da poco, ma per lei avrebbe fatto questo ed altro.
La donna si mosse, scoprendo un po' il suo corpo alla vista dell'altro, scostando di poco il sottile lenzuolo. Per quanto fosse tentato di svegliarla a modo suo, si costrinse a fare il bravo. La coprì di nuovo e lasciò una serie di piccoli baci sulla guancia lasciata ben visibile. Averla di nuovo davanti ai suoi occhi era molto meglio, immaginarla non era niente in confronto, un leggero broncio segnò il suo viso.
La preoccupazione era sempre ben presente, in verità. Oltre quelle ciglia lunghe si nascondeva una bambina, in realtà. E le critiche del web non sarebbero tardate ad arrivare, soprattutto contro di lei.
Taehyung lo aveva notato benissimo, quando scoppiava uno scandalo del genere era sempre la donna a prendersi la maggior parte degli insulti, l'uomo veniva semplicemente compatito e trattato come il coglione di turno che si era fatto tentare dall'infido serpente, un peso sul petto crebbe in lui.
Allungò il braccio e le sfiorò il viso ancora una volta. L'amava, ma avrebbero sopportato i problemi insieme?
«Mi stai ancora fissando, Taehyung?» la voce suonò roca a causa del sonno, la ragazza aprì gli occhi con lentezza «Non vado da nessuna parte, non più» sussurrò.
Il ragazzo sorrise arrossendo un po'.
"Beccato".
«Ancora non ci credo, sei qui» mormorò lui, stringendole la mano.
«Sei preoccupato, non è da te».
«È una situazione totalmente diversa. Non si tratta di sbagliare una coreografia, la mia scelta potrebbe rovinarci la vita. Tu conosci le Sasaeng? Sono delle fan tremende, io non né ho mai conosciute, ma cosa succederebbe se-».
«Ehi!» esclamò, per bloccarlo «Prendi un respiro, dannazione. Non posso sentirti parlare così, non dopo il coraggio dimostrato su quel palco! In più, la scelta è anche mia, quindi nostra. io non sarò da sola, tanto meno tu».
Ecco, si stava facendo prendere dal panico, di nuovo. Pensò ai suoi compagni, alla sua famiglia e ai suoi fan che gli hanno dimostrato sempre tanto amore, tirò un profondo respiro.
«Hai ragione, devo stare calmo. Non siamo soli».
Lei gli sorrise apertamente.
«E poi... ti ho promesso una relazione alla luce del sole, io non mi rimangio le parole, voglio stare davvero con te».
La ragazza avvertì un nodo in gola, gli occhi le si riempirono di lacrime.
Quanto aveva atteso per sentirgli dire quel genere di parole? Tanto, davvero tanto.
Il ragazzo la abbracciò ancora una volta, cercando di bloccare in qualche modo i singulti che le scuotevano le spalle. Non potevano credere di essere insieme, ancora una volta.
Il telefono del ragazzo squillò da un'altra stanza, provocando un pesante e sfinito sospiro da parte di entrambi. Taehyung si alzò nella più completa nudità per andare a rispondere.
«Mi stai guardando?».
«Hai un bel sedere, devo guardarlo».
Il biondo ghignò «Solo quello?».
«VAI A RISPONDERE!» gli urlò dietro, lanciandogli dietro un cuscino, un po' rossa in viso per le lacrime e l'imbarazzo.
Taehyung controllò lo schermo, era Jimin.
< Tae, ti stiamo aspettando! >.
< Arrivo, Hyung. Dammi il tempo di rivestirmi e arrivo >.
< Rivestirti? ... aah, ho capito... quindi, insomma- >.
Il ragazzo sbuffò con divertimento, certo che il suo Hyung era proprio tardo.
< Sì, hai capito bene e... vorrei farvela conoscere, abbiamo ancora tempo? >.
< MA CERTO! ERA ANCHE ORA, DANNAZIONE! >.
Taehyung sgranò gli occhi, era Jin-Hyung quello che gli aveva praticamente strillato nelle orecchie?
Sentì improvvisamente bisbigliare in modo concitato, e un dubbio gli attraversò la mente.
< Jimin... hai messo il vivavoce? >.
La risposta tardò un po' ad arrivare.
"Pettegole tremende, ma pur sempre pettegole".
< No. Cosa te lo fa cred... - Venne interrotto da un violento starnuto - ... Namjoon-Hyung! >.
< D'accordo, ci sentiamo dopo. Bye ~~ >.
< Tae, un momento! >.
Chiuse immediatamente la chiamata, correndo in camera.
Entrò di nuovo in tutta la sua gloriosa nudità, prendendosi anche un degno insulto dalla sua fidanzata, e con un enorme sorriso le disse di prepararsi.
«Andiamo? Dove?» la voce si fece un po' insicura, facile parlare, ma per i fatti ce ne passava tempo.
«Non guardarmi come un cane bastonato, non sarai più una semplice parentesi per me» le disse, ricordando benissimo che in precedenza l'aveva trattata più come un passatempo che una persona.
«I miei amici vogliono conoscerti, e... un attimo, anche tu vuoi. No?» la guardò improvvisamente spaesato, stava di nuovo decidendo per entrambi?
Lei scoppiò a ridere «Ovvio che voglio conoscerli, hai sempre detto che sono la tua famiglia, mi farebbe piacere spettegolare di te con quelli che consideri fratelli» sogghignò, mentre si alzava per prendere alcuni capi dell'armadio. Taehyung la strinse da dietro.
«Oh, bene ~~ Loro sono molto pettegoli, in effetti. Ti troverai bene» e la baciò teneramente sulla guancia.
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Quattro anni dopo...
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«Cazzo, sei bellissima» si lasciò sfuggire Jimin, subito preso violentemente a sgomitate da Seokjin «No! Hyung, dico solo il vero!».
Effettivamente era così, la ragazza sorrise ai suoi più cari amici attraverso lo specchio. Non c'era voluto molto per abituarsi a quel gruppo di scalmanati coinquilini. I BTS erano proprio come si mostravano in televisione; semplici, genuini e divertenti.
Per quanto riguardava Bang PD nim, rimproverò duramente Taehyung, si era azzardato a prendere una simile decisione senza prima consultarlo, e con lui anche Namjoon si prese le sue responsabilità in quando Leader. Ma vedendo la reazione in buona parte positiva, da parte dei fan, permise la loro relazione senza troppe complicazioni.
Adesso, fasciata da un elaborato e delicato abito bianco dallo scollo a cuore, era intenta a raggiungere il suo futuro marito all'altare.
Seokjin si asciugò velocemente una lacrima scesa a tradimento.
«Ti ho visto!» ridacchiò, il maggiore rise a sua volta.
«Non sto piangendo, ho solo pensato che tu e Taehyung vi state sposando prima di me, tutto qui» e tirò su col naso. Jimin commentò con un basso "Hyung, sei imbarazzante".
«Yah! Vai dagli altri in chiesa tu» strillò, buttandolo fuori quasi a calci, riuscendoci «Quel moccioso deve imparare a stare al suo posto» ringhiò, mettendosi a posto la giacca scura.
Venne richiamato dalla sposa, che gli chiese di unire le loro mani. Lei e Seokjin avevano legato immediatamente, l'uomo desiderava conoscerla da tempo ormai, rivelandosi così un caro amico.
«Ti voglio bene, Seokjinie».
«Te ne voglio anch'io, piccola. Qualunque cosa accada avvisami durante il viaggio, soprattutto se Taehyung vomita. Yoongi ha fatto aggiungere le ostriche al menù e per quanto piacciano a quel cretino del tuo ragazzo, gli fanno male».
Scoppiò a ridere davanti all'espressione schifata di lei.
«Non ti prometto nulla, Jin».
«Mi va comunque bene così, sono felice che ci sia tu a sostenerlo. In questi anni sei stata tu la sua colonna portante, e lasciamo stare il detto "Dietro un grande uomo, c'è sempre una grande donna", perché non sei mai stata dietro di lui. Hai preso il tuo posto al suo fianco e vi siete tenuti per mano anche durante i momenti più critici. Vorrei che ci fosse una tua copia anche per me» le sorrise e si abbracciarono.
«Devi solo cercare, Seokjin. Sono sicura che è dietro l'angolo, devi solo pensare un po' a te stesso» qualcuno bussò con forza alla porta.
«Insomma, siamo pronti?! Yeontan ha già fatto la pipì sul tappeto dell'entrata alla chiesa, Taehyung invece sta tartassando il parroco con domande inappropriate ad un uomo di fede e Namjoon è in compagnia di Eleonora, devo dire altro?!».
Scoppiarono a ridere ad immaginare una simile scena.
«D'accordo, ti lascio con i tuoi adesso. Non vorrei trovarmi tra le grinfie di tua nonna, quella signora è anche fin troppo affezionata a me» le comunicò, ripensando alle mani arzille della anziana che premevano contro il suo fondoschiena, palpando tutto quel "ben di Dio", come le piaceva dire.
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Arrivò all'altare quasi svenendo, lei e Taehyung avevano deciso di comune accordo per una piccola e intima cerimonia, così da non fare troppa confusione, il problema era uno solo. Niente confusione, nessuna distrazione. Così il cuore le batteva nel petto peggio di un martello pneumatico impostato alla massima velocità. Deglutì con forza, sorridendo rigidamente davanti al cameraman che stava filmando le sue nozze.
Non doveva farsi prendere dal panico, ma è quando incontrò il sorriso a trentadue denti di Taehyung che si sentì svenire definitivamente. Era meraviglioso, i capelli lunghi e scuri erano perfetti, gli incorniciavano il viso con dolcezza e l'espressione di amore che le rivolgeva era un toccasana per il suo stato.
Si presero per mano con leggerezza, un gesto naturale per loro due, e ascoltarono ciò che il prete aveva da dire.
Non furono le promesse a farle mancare il respiro, nemmeno il suo Sì mozzato a causa del respiro veloce, ma bensì ciò che Taehyung le disse dopo, con uno sguardo intenso, ripetendo ciò che anni prima le aveva detto quella notte.
«Sei tu la mia scelta».
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