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#ritorno alla natura
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Waterfall 🌿
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kon-igi · 3 months
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SE TRENTA MI DÀ TANTO
Ieri sera in privato ho avuto un bel scambio di punti di vista con @nusta (che taggo non per questo ma perché geograficamente interessata dall'argomento di questo post... quando ci arrivo!) fondamentalmente vertenti sulla mia frase 'una ragazza che ha terminato la transizione FtM' (N.d.A - Female To Male, da femmina a maschio).
Giustamente, lei mi ha fatto notare (in modo non polemico ma riflessivo) che la mia frase - sintetica per necessità di 'colpo di scena' - era scorretta perché la persona 'era ragazza già prima a prescindere dalla transizione che ha solo "esplicitato" la sostanza' e che purtroppo in alcuni ambiti digitali non cis questo errore mi avrebbe potuto valere un'aspra reprimenda se non addirittura un attacco diretto.
Non conosco tutte le sfumature espressive del movimento trans e per le mie limitate esperienze devo dire che ho trovato persone molto accondiscendenti verso gli inevitabili errori da parte del sottoscritto ma non dubito che come in ogni ambito si sviluppi una frangia molto agguerrita che per inclinazione o principio si possa triggerare a prescindere (gradito spiegone dalle persone trans che mi leggono).
Il punto del post è che adesso tratterò in modo leggero e simpatico un argomento molto importante che per il suo impatto sulla vita di tutti noi credo sarà inevitabile scateni una polarizzazione tra i vari diversi attori della questione...
LE CAZZO DI ZONE URBANE CON IL LIMITE DEI 30 KM ALL'ORA PER I VEICOLI A MOTORE
Bologna li ha già resi operativi (da cui il tag per Nusta)
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e qua comincia la polarizzazione con schieramento in trincea tra:
AUTOMOBILISTI
MOTICICLISTI
CICLISTI
PEDONI
Io per natura animale e istintiva appartengo al primo gruppo perché per il secondo conosco la traumatologia clinica ortopedica, per il terzo non ho sufficiente energia e per il quarto mi pesa il culo e/o odio aspettare i mezzi.
In un mondo ideale fatto di amore per il prossimo e di oculata scelta dei propri ritmi di vita, questo post non avrebbe ragione di esistere perché un ambiente urbano dove i mezzi non superano i 30 km/h è salutare per le ossa di chi non sta dentro la macchina e per la salvaguardia mentale e polmonare di tutti
MA
qualche mese fa sono andato alla discarica di paesello a portare alcune cose e mi sono accorto che la polizia municipale stava allestendo il telelaser sulla curva di una strada dove c'era il limite di 30 km/h... ovviamente sapevo che al ritorno li avrei trovati lì, tutti frementi e puntanti, quindi prima del cartello di divieto ho frenato e ho cominciato a tenere quella velocità.
Li vedevo piccoli laggiù in fondo al rettiline prima della curva...
Li vedevo piccoli...
Li vedevo piccoli e non si ingrandivano...
Piccoli ma mi puntavano addosso il cannone laser della Morte Nera...
Piccoli ma quasi vedevo i loro occhi cattivi e desiderosi che mi scappasse il piede sull'acceleratore... accelleratore che stavo premendo con la punta dell'alluce, delicato come se stessi disattivando 50 chili di plastico su un biplano senza carburante in picchiata dentro a un vulcano in eruzione.
A un certo punto ho pensato 'Vabbe'... adesso metto in folle, scendo e la spingo!'
Dopo un intervallo di tempo pari a quello di una vecchia che cerca gli spiccioli alla cassa del supermercato, finalmente li supero e penso 'Credo che oggi i conti del mio comune non solo andranno in pari ma si compreranno pure il Manchester City dagli arabi...' perché qua ve lo dico con il succitato amore di prima
A LIVELLO NEUROANATOMICO È FISICAMENTE IMPOSSIBILE RIUSCIRE A TENERE UNA VELOCITÀ SIMILE SENZA FARSI VENIRE UNA NECROSI AL TIBIALE ANTERIORE, SENZA STACCARE GLI OCCHI DAL TACHIMETRO O - E QUA PARLO PER ME - BESTEMMIARE TUTTO IL CALENDARIO FACENDO IL GIRO DELL'ANNO IN 10 SECONDI.
Ora lascio la parola a tutti i pedoni e i biruote, che amo in modo indistinto e che vorrei sempre protetti dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontreranno per la loro via, dalle ingiustizie e dagli inganni del loro tempo e dai fallimenti che per loro natura normalmente attireranno...
Però nessuno mi toglierà l'impressione che i 30 km/h vengano usati per far abbassare la velocità media dai 90 perlomeno ai 50, visto che qua in Italia i numeri dentro ai cartelli tondi col bordo rosso sono solo un suggerimento. E sempre per gli altri.
P.S.
Prevengo chi mi dirà che nell'impatto a 30 km/h con un autoveicolo il pedone avrà il 90% di probabilità di non avere lesioni mortali, contro il 60% dei 50 km/h e il 20% dei 70 km/h. Lo so bene perché ne ho curati parecchi.
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lunamagicablu · 1 year
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Ritorno alla fonte della quiete. Che è il modo della natura.. Ogni essere separato nell'universo ritorna alla fonte comune.. Per la serenità... Per assaporare l'anima... Ciò consente loro di crescere e prosperare.. " Rhoda Redbird ********************** Back to the source of stillness. That is nature's way.. Every separate being in the universe returns to the common source. For serenity... To savor the soul... This allows them to grow and thrive." Rhoda Redbird 
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mezzopieno-news · 1 month
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IL BARBAGIANNI TORNA NELLA PIANURA PADANA
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Il parco Natura Viva di Bussolengo (Verona) ha rilasciato i primi dati del progetto che ha visto l’installazione di dieci nidi tra fienili, sottotetti e antichi edifici della campagna bresciana allo scopo di ripristinare l’habitat del rapace notturno in un territorio dove la sua popolazione è in forte declino. Negli ultimi 30 anni, infatti, il 50% degli esemplari di barbagianni è scomparso dalla pianura padana, soprattutto a causa delle attività agricole.
Dopo aver lasciato agli uccelli il tempo per colonizzare i nidi, i ricercatori hanno analizzato i resti alimentari rinvenuti al loro interno in collaborazione con l’Università di Bologna. Le borre, ovvero i rigurgiti di cibo non digerito, contenevano ossa di storno e ratto bruno, prede compatibili con le abitudini di caccia del barbagianni. “I risultati ci dicono che sono stati tre i nidi frequentati dal barbagianni. E in uno di questi, il sopralluogo di fine anno ha verificato la presenza di una coppia di barbagianni. La previsione è che la stagione riproduttiva imminente possa vedere il ritorno degli stessi e di nuovi esemplari”, ha commentato così i risultati dello studio Cesare Avesani Zaborra, biologo e CEO del parco Natura Viva che prosegue “spesso non serve andare in luoghi lontani del Pianeta. Molti dei nostri territori possono aver bisogno del nostro aiuto”. All’interno dei nidi i ricercatori hanno anche riscontrato tracce della presenza di otto civette e due assioli, altri rapaci tipici della biodiversità della pianura padana.
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Fonte: Parco Natura Viva; foto di Philip Williams from Pixabay
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gregor-samsung · 8 months
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" Stando alla testimonianza di chi ha avuto la fortuna di vederlo in teatro, il Totò che noi conosciamo, quello del cinema, non vale un decimo rispetto al comico caricato a molla sulle tavole del palcoscenico. Si racconta che, al momento del bis, prima di rientrare in scena, dicesse agli attrezzisti: «Adesso li faccio ridere con la A!». Entrava, improvvisava un paio dei suoi irresistibili lazzi e ritornava dietro le quinte mentre la sala si sganasciava a bocca spalancata: «Ah! Ah! Ah!». Prima del secondo bis prometteva ancora: «Adesso li faccio ridere con la I!». Infatti, la platea: «Ih! Ih! Ih!». Al terzo bis era la volta della U. Entrava in scena di sbieco come un burattino di legno, snodato, e si arrampicava su per il sipario come uno scoiattolo. E gli spettatori: «Uh, Uh, Uh!». Le risate con la A, con la I e con la U hanno sostanza ben diversa le une dalle altre: sono le reazioni emotive a tre differenti espressioni della comicità, o meglio a tre gag di natura diversa. In genere la risata con la A esplode al terzo ritorno di un tormentone o nella «chiusa» di un movimento comico a lunga durata con esplosione finale. La risata con la U è fulminante, quasi sempre provocata da una gag inattesa, da una caduta improvvisa, da una battuta a sorpresa. Quella con la I, invece, è più legata all’umorismo, alla finezza verbale o alla gag «buttata via», regalata ai pochi: arriva sempre con un attimo di ritardo e si espande nella sala per contagio, perché chi non ha capito subito l’arguzia la decifra attraverso lo scompisciarsi degli altri. "
Vincenzo Cerami, Consigli a un giovane scrittore. Narrativa, cinema, teatro, radio, Garzanti, 2002; pp. 173-174.
[1ª edizione: Einaudi, 1996]
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canesenzafissadimora · 2 months
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"Cara Francesca,
spero che questa mia ti trovi bene.
Non so quando la riceverai. Quando io me ne sarò già andato.
Ho sessantacinque anni, ormai, e ne sono passati esattamente tredici dal nostro primo incontro, quando imboccai il vialetto di casa tua in cerca di indicazioni sulla strada.
Spero con tutto me stesso che questo pacchetto non sconvolga in alcun modo la tua vita. Il fatto è che non sopporto di pensare alle mie macchine fotografiche sullo scaffale riservato all’attrezzatura di seconda mano di un negozio o nelle mani di uno sconosciuto. Saranno in pessime condizioni quando le riceverai, ma non ho nessun altro a cui lasciarle e mi scuso del rischio che forse ti costringerò a correre mandandotele.
Dal 1965 al 1975 ho viaggiato quasi ininterrottamente. Nell’intento di allontanarmi almeno parzialmente dalla tentazione di telefonarti o di venire a cercarti, tentazione che da sveglio in pratica non mi lascia mai, ho accettato tutti gli incarichi oltreoceano che sono riuscito a procurarmi. Ci sono stati momenti, molti momenti, in cui mi sono detto: << All’inferno, vado a Winterset e, costi quel che costi, porto Francesca via con me>>.
Ma non ho dimenticato le tue parole, e rispetto i tuoi sentimenti. Forse avevi ragione, non lo so. So però che uscire dal viale di casa tua, in quella arroventata mattinata di agosto, è stata la prova più ardua che abbia mai affrontato e che mai avrò occasione di affrontare. Dubito, in effetti, che molti uomini ne abbiano vissute di più dure.
Ho lasciato il National Geographic, nel 1975 e da allora mi sono dedicato soprattutto a fotografare ciò che piaceva a me, prendendo il lavoro là dove potevo, servizi locali o regionali che non mi impegnavano mai più di pochi giorni.
Finanziariamente è stata dura, ma tiro avanti.
Come ho sempre fatto.
Buona parte del mio lavoro lo svolgo nella zona di Puget Sound. Mi va bene così. Pare che invecchiando gli uomini si rivolgano sempre più spesso all’acqua.
Ah, sì, adesso ho un cane, un golden retriever.
L’ho chiamato Highway, e lo porto quasi sempre con me, quando siamo in viaggio, se ne sta con la testa fuori dal finestrino, in cerca di posti interessanti da fotografare.
Nel 1972 sono caduto da una rupe nell’Acadia National Park, nel Maine, e mi sono fratturato una caviglia.
Nella caduta ho perso la catena e la medaglia, ma fortunatamente non erano finite lontano. Le ho recuperate e un gioielliere ha provveduto ad aggiustare la catena.
Vivo con il cuore impolverato, Meglio di così non saprei metterla. C’erano state delle donne prima di te, qualcuna, ma nessuna dopo. Non mi sono votato deliberatamente alla castità: è solo che non provo alcun interesse.
Una volta ho avuto modo di osservare il comportamento di un’oca canadese la cui compagna era stata uccisa dai cacciatori. Si uniscono per la vita, sai. Dopo l’episodio, ha continuato ad aggirarsi intorno allo stagno per qualche giorno. L’ultima volta che l’ho vista, nuotava tutta sola tra il riso selvatico, ancora alla ricerca. Immagino che da un punto di vista letterario la mia analogia sia troppo scontata, ma è più o meno così che mi sento anch’io.
Con la fantasia, nelle mattine caliginose o nei pomeriggi in cui il sole riflette sull’acqua a nord-ovest, cerco di immaginare dove sei e che cosa stai facendo.
Niente di complicato…ti vedo in giardino, seduta sulla veranda, in piedi davanti al lavello della cucina. Cose così.
Ricordo tutti. Il tuo profumo e il tuo sapore, che erano come l’estate stessa. La tua pelle contro la mia, e il suono dei tuoi bisbigli mentre ti amavo.
Robert Penn Warren scrisse: << Un mondo che sembra abbandonato da Dio >>. Non male, molto vicino a quello che provo per te certe volte. Ma non posso vivere sempre così. Quando la tensione diventa eccessiva, carico Harry e, in compagnia di Highway, ritorno sulla strada per qualche giorno.
Commiserarmi non mi piace. Non è nella mia natura. E in genere non me la passo poi tanto male.
Al contrario, sono felice di averti almeno incontrata.
Avremmo potuto sfiorarci come due frammenti di polvere cosmica, senza sapere mai nella l’uno dell’altra.
Dio o l’universo o qualunque altro nome si scelga di dare ai grandi sistemi di ordini ed equilibri, non riconosce il tempo terrestre. Per l’universo, quattro giorni non sono diversi da quattro miliardi di anni luce. Per quanto mi riguarda, cerco di tenerlo sempre a mente.
Ma, dopo tutto, sono un uomo.
E tutte le considerazioni filosofiche non bastano a impedirmi di desiderarti, ogni giorno, ogni momento, con la testa piena dello spietato gemito del tempo, del tempo che non potrò mai vivere con te.
Ti amo, di un amore profondo e totale. E così sarà sempre."
L’ultimo cowboy,
Robert.
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“I ponti di Madison County”, R.J.Waller
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schizografia · 1 month
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Verso il 1912, salvo errori (che comunque sarebbero minimi), mi venne l’idea di scrivere qualche poesia di indole pagana. Abbozzai qualcosa in versi irregolari (non nello stile di Álvaro de Campos, ma in uno stile di media regolarità), e lasciai perdere. Si era abbozzato in me, tuttavia, in una maltessuta penombra, un vago ritratto della persona che stava scrivendo quei versi. (Era nato, senza che io lo sapessi, Ricardo Reis). Un anno e mezzo, o due anni dopo, un giorno mi venne in mente di fare uno scherzo a Sá-Carneiro: di inventare un poeta bucolico, abbastanza sofisticato, e di presentarglielo, non mi ricordo più in quale modo, come se fosse reale. Passai qualche giorno ad elaborare il poeta ma non me ne venne niente. Alla fine, un giorno in cui avevo desistito — era l’8 marzo 1914 — mi avvicinai a un alto comò e, preso un foglio di carta, cominciai a scrivere, in piedi, come scrivo ogni volta che posso. E scrissi trenta e passa poesie, di seguito, in una specie di estasi di cui non riuscirei a definire la natura. Fu il giorno trionfale della mia vita, e non potrò più averne un altro simile. Cominciai con un titolo, O Guardador de Rebanhos. E quanto seguì fu la comparsa in me di qualcuno a cui subito diedi il nome di Alberto Caeiro. Mi scusi l’assurdità della frase: era apparso in me il mio Maestro. Fu questa la mia immediata sensazione. Tanto che, non appena scritte le trenta e passa poesie, afferrai un altro foglio di carta e scrissi, di seguito, le sei poesie che costituiscono Chuva Oblíqua di Fernando Pessoa. Immediatamente e totalmente… Fu il ritorno di Fernando Pessoa - Alberto Caeiro al Fernando Pessoa - lui solo. O meglio, fu la reazione di Fernando Pessoa alla propria inesistenza come Alberto Caeiro.
Apparso Alberto Caeiro, mi misi subito a scoprirgli, istintivamente e subcoscientemente, dei discepoli. Estrassi dal suo falso paganesimo il Ricardo Reis latente, gli scoprii il nome e glielo adattai, perché allora lo vedevo già. E, all’improvviso e da derivazione opposta a quella di Ricardo Reis, mi venne a galla impetuosamente un nuovo individuo. Di getto, e alla macchina da scrivere, senza interruzioni né correzioni, sorse l’Ode Triunfal di Álvaro de Campos: l’Ode con questo nome e l’uomo con il nome che ha.
Fernando Pessoa, Lettera a Adolfo Casais Monteiro
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Da: SGUARDI SULL’ARTE LIBRO PRIMO - di Gianpiero Menniti 
L'UOMO GRECO E L'UOMO CRISTIANO 
La tragedia di Sofocle narra del figlio che in apparenza infrange due tabù: uccide il padre e giace con la madre.  Ma Edipo non è colpevole: l'origine della vicenda è nel misfatto di Laio, il re che teme il pronunciamento dell'oracolo e decide di assassinare il figlio.  Il padre è l'assassino.  Edipo è la vittima.  Laio è dunque colui che non accetta la metafora della morte come passaggio del testimone al figlio.  Non accetta la decadenza del corpo.  Non accetta di trasmettere la sua eredità, l'Io che si scioglie nella figura del figlio. Non accetta la condizione che la natura impone per se stessa, per le sue finalità di vita senza scopo.  La vita che necessariamente è morte.  Così, Laio si ribella, infrange l'ordine e apre le porte al caos.  Edipo è la vittima. Inconsapevole, rifiuta il nuovo ordine imposto dagli eventi, non segue la regola dell'equilibrio, nella scia dell'ignota ma presente e angosciosa eredità paterna. Nella sua sfrontata ricerca di verità si condensa la tragedia indicibile, struggente, insanabile.  Egli è il figlio che si affaccia al mondo attratto dal suo disvelamento, dalla fiducia nella conoscenza.  Anche lui senza misura.  Anche lui epigono del caos.  La tradizione cristiana ripensa il ruolo del padre, ma non entro "l'aretè", necessità di natura e accoglimento del destino di mortale.  L'uomo cristiano coltiva la speranza della salvezza dalla morte e sposta l'asse della verità dall'ordine di natura all'ordine divino.  Il Dio non è caos ma è padre.  Il Dio non è solo onnipotenza ma è divenuto amore.  E Amore vince sulla Natura fino a sovvertirne il corso, fino a superarne la muta indifferenza attraverso il Verbo che è coscienza e ricerca.  Ecco che il padre accetta la sentenza di morte del figlio: 
«Il più giovane disse al padre: "Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta."» (Luca, 15,12). 
Nel mondo ebraico l'eredità chiesta prima della scomparsa del genitore equivaleva ad un delitto, rappresentava il desiderio di sopprimere il padre stesso.  Ed era punibile con la sentenza capitale.  Ma il padre divide l'eredità e lascia andare il figlio: riconosce che il desiderio della sua morte è nel figlio anelito di libertà, estrema pulsione di conoscenza, inclinazione naturale alla vita che divora la vita.  Non si vendica, non si lascia cadere nell'impulso contrastante e sceglie la speranza, confida nella salvezza.  E nel ritorno.  Quando la speranza si avvera e l'ordine naturale dei sentimenti ancestrali è sovvertito, vinto, sconfitto, il padre cancella il passato (il passato è peccato, il presente è redenzione, il futuro è salvezza) e riabbraccia il figlio ritrovato.  La Natura rimane in agguato: l'altro figlio osserva e recrimina e rimprovera: 
«Egli si adirò e non volle entrare; allora suo padre uscì e lo pregava di entrare. Ma egli rispose al padre: "Ecco, da tanti anni ti servo e non ho mai trasgredito un tuo comando; a me però non hai mai dato neppure un capretto per far festa con i miei amici; ma quando è venuto questo tuo figlio che ha sperperato i tuoi beni con le prostitute, tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato" » (Luca, 15, 28, 29, 30). 
Ma è qui che la parabola evangelica tocca il suo culmine, spesso misconosciuto: 
«Il padre gli disse: "Figliolo, tu sei sempre con me e ogni cosa mia è tua; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato."» (Luca, 15, 31, 32). 
Il padre, sublimazione dell'Amore, salva anche lui, anche l'altro figlio incapace fino a quel momento di comprendere l'ordine di Dio, il figlio rimasto entro l'ordine di Natura che reclama la vendetta.  Ma lo salva davvero?  Rembrandt lo pone nella scena, a destra, solenne e torvo di rancore. In severo contrasto con l'espressione di disperata compassione che sorge nell'abbraccio tra il padre e il figlio ritrovato.  Chagall lo esclude, ponendolo di spalle e accostandogli una figura ferina di risentimento, in basso a destra.  Mentre lascia al centro del mondo che accorre l'atto d'amore del padre, approdo finale ed ascesa nel superamento dell'impeto.
- Rembrandt Harmenszoon van Rijn (1606 - 1669): "Ritorno del figliol prodigo", 1661/1669, Ermitage, San Pietroburgo
- Marc Chagall (1887 - 1985): "Il ritorno del figliol prodigo", 1975, Museo nazionale messaggio biblico Marc Chagall, Nizza
- In copertina: Maria Casalanguida, "Bottiglie e cubetto", 1975, collezione privata
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crazy-so-na-sega · 5 months
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dal patrimonio all'impegno, l'Europa dei nostri figli
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L’Europa non è l’appendice vassallizzata di un Occidente posto sotto il geloso dominio di una superpotenza dagli ideali messianici, convinta di dover portare al mondo i benefici dei suoi presunti valori universali. Né è la penisola di un’Eurasia il cui baricentro sarebbe situato alla periferia degli Urali.
L’Europa non è il culmine di una storia vergognosa che dovrebbe essere cancellata, o addirittura sfigurata, per imporre ai suoi eredi il plumbeo velo di un pentimento mortale. Né è la nave dei folli, guidata dai profeti allucinati e deliranti della “decostruzione”, intenzionati a minare le basi antropologiche che garantiscono la crescita e la conservazione delle culture, delle società e dei popoli.
L’Europa non è un insieme di terre sfigurate, una natura devastata in nome di imperativi di crescita illimitata branditi per sostenere politiche miopi. Non è tanto meno la fuga da ogni logica di potere, in nome delle fantasie di un’ecologia poco compresa.
L’Europa non è un corteo di tecnocrati incaricati di nutrire “il più freddo dei mostri freddi”, come un signore senza volto che spoglierebbe i suoi vassalli delle loro prerogative con meticolosa autorità, ma si dimostrerebbe incapace di assicurarne la difesa. L’Europa non è l’Unione Europea.
L’Europa è qualcosa di completamente diverso e molto più di tutto questo. È allo stesso tempo un'eredità antichissima e la prefigurazione del futuro delle persone che la incarnano.
L’Europa è uno spazio geopolitico abitato da millenni da un gruppo di popoli strettamente imparentati. Nonostante la violenza dei conflitti che hanno tessuto il tessuto eroico e tragico della loro storia comune, questi popoli condividono lo stesso patrimonio di civiltà, forgiato da una lega di elementi etnici che non hanno subito variazioni, sulla scala del continente, dall’inizio del l'età del bronzo, duemila anni prima dell'era cristiana. L'espansione celtica, l'alba greca del pensiero, l'ascesa dell'imperium romano , la renovatio imperii carolingia e germanica , il ritorno alle fonti perenni del genio antico al tempo del "Rinascimento", il risveglio della coscienza identitaria degli europei popoli della metà del XIX secolo , tutti questi fenomeni apparentemente molto diversi costituiscono in realtà l'espressione polifonica dello stesso genio europeo, espresso in forme diverse e costantemente rinnovate, sia negli ambiti politico, filosofico e artistico che scientifico e tecnologico. , da persone provenienti dallo stesso crogiolo. Ma il cataclisma del “secolo 14” venne a scuotere questo edificio di civiltà. Ancor più della distruzione e delle immense perdite che causarono, le due guerre mondiali portarono gli europei a dubitare pericolosamente di se stessi. Spesso accecati da ideologie tese a fare tabula rasa del passato in nome di un cosiddetto “senso universale della storia”, i nostri popoli devono oggi uscire dal letargo in cui lo ha gettato il materialismo consumistico degli ultimi decenni.
Perché non siamo solo eredi: questa eredità ci obbliga! Ora ci chiama all'impegno totale, per affrontare le sfide dei tempi con lucidità e determinazione. La posta in gioco è colossale: i popoli europei devono oggi scegliere tra la cancellazione definitiva o la volontà di realizzare il proprio destino storico, pur continuando ad affermare liberamente la propria identità e sovranità sullo spazio continentale dove si è radicato il loro genio più di cinquemila anni fa. In questo contesto ciascuno di noi può scegliere di arrendersi, sforzarsi di conservare cautamente un tiepido e più o meno comodo compromesso, o al contrario restare attivamente fedele a “ciò che siamo”, in tutti gli ambiti della vita e dell'esistenza, per poter “vivere da europeo”. Questa scelta e questo impegno determineranno quale sarà l’Europa dei nostri figli.
Questo è infatti l'appello che lanciamo: l'Europa non è solo la base delle nostre patrie, cioè la “terra dei nostri padri”; deve anche diventare, secondo le parole di Nietzche, la “terra dei nostri figli”. L’Europa è mito e destino, memoria delle origini e desiderio costantemente rinnovato di riconnettersi con la grandezza originaria. È il luogo dove il genio dei popoli europei ha eretto i megaliti di Stonehenge, le colonne del Partenone, le navate delle cattedrali, e ha progettato i canti omerici, la musica polifonica, la fisica quantistica e il razzo Arianna. Ovunque in Europa sta sorgendo una nuova generazione, consapevole delle proprie radici, della propria identità, della propria appartenenza a una civiltà comune. Di fronte a sfide senza precedenti, tocca oggi realizzare una vera “rivoluzione conservatrice”, intesa a liberare le menti dalle catene ideologiche che le ostacolano. Questa è la strada verso le “grandi risorse”, preludio a un nuovo rinascimento che porterà i popoli d’Europa a riprendere insieme il pieno controllo del proprio spazio geopolitico. L’Europa è il gusto del potere ritrovato, dell’orgoglio dei popoli e delle nazioni, trasceso dalla coscienza di servire un interesse più alto, quello della nostra civiltà.
-Henri Levavasseur
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fashionbooksmilano · 9 days
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Lo specchio del Paradiso
L'immagine del giardino dall'Antico al Novecento
Marcello Fagiolo, Maria Adriana Giusti
RAS Riunione Adriatica di Sicurtà, stampato da Amilcare Pizzi, Cinisello Balsamo 1996, 260 pagine, 25,5x31cm, copertina rigida con sovracopertina e custodia
euro 45,00
email if you want to buy [email protected]
Sfondo di grandi rappresentazioni o ambiente figurato a sé stante, l'immagine del giardino è apparsa fin dall'antichità nel panorama artistico, assumendo nel tempo nuovi significati, quale pallido riflesso e traduzione dell'Eden, dell'aspirazione originaria dell'uomo all'armonia paradisiaca, del ritorno all'innocenza primitiva, o quale simbolo di un luogo felice fuori dal tempo, nostalgico rimpianto della mitica Età dell'Oro e insieme archetipo dell'utopia. Lo specchio del Paradiso è il titolo di questa collana, che si propone di attuare un percorso che segue l'evolversi dell'idea e dell'iconografia di questa realtà spaziale, un itinerario affascinante lungo lo spazio e il tempo alla ricerca di un luogo dove l'ordine e la pace si ricompongano e dove l'unità originaria sia recuperata. Il primo volume fonisce gli strumenti essenziali per questo viaggio iconografico, segnandone le tappe della storia, analizzandone gli elementi caratteristici ed evidenziandone le suggestioni allegoriche e simboliche sacre e profane. Un originale repertorio del "giardino nelle arti preziose" conclude l'interessante opera. "Teatro del mondo e della memoria", "del mondo e della natura", il giardino ha sempre mantenuto nella cultura occidentale un nesso inscindibile con l'idea di teatro. Il secondo volume della collana vuole proprio indagare lo svolgersi di questo rappporto attraverso la presentazione di alcuni momenti particolarmente significativi della sua storia. Dalla Roma tardo-repubblicana e imperiale, con l'invenzione - fra l'altro - della topiaria, alle riproposizioni di giardini "scenici" del periodo umanistico-rinascimentale, dai fastosi "teatri dell'acqua" barocchi e dallo sviluppo e diffusione dei "teatri di verzura" fino alle riscoperte novecentesche, i fasti del teatro-giardino vengono qui presentati in un documentato testo, corredato da un ricco e in buona parte inedito apparato iconografico. Nel terzo e conclusivo volume il giardino diviene luogo della presenza e della rivelazione del sacro, "manifestazione di una mente ordinatrice che trascende la stessa natura". Umano e divino si incontrano in un lungo itinerario che, dagli spazi consacrati a diverse divinità del mondo antico, attraverso la pace e l'ordine dei chiostri monastici esemplati sul modello del Paradiso terrestre che si diffondono soprattutto nel periodo medioevale, giunge fino al misticismo romantico, volto alla ricerca di una sacralità originaria nella natura selvaggia e misteriosa, alle soglie di un'eclisse del sacro che caratterizza il nostro secolo.
19/04/24
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libero-de-mente · 10 months
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𝗜𝗹 𝘀𝗮𝗯𝗮𝘁𝗼 𝗺𝗮𝘁𝘁𝗶𝗻𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝘃𝗶𝗹𝗹𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼 - 𝟮𝟬𝟮𝟯 𝗲𝗱𝗶𝘁𝗶𝗼𝗻
Il donzelletto vien dalla casa,
In sul sorger del sole,
Con la sua borsa della spesa; e reca in mano
Lo comunicatore digitale.
Così alle otto in punto, all'apertura del supermercato, mi reco a prendere cibarie et pozioni alcoliche per lo sabato caloroso.
La prole chiede che cucini io questa sera, ci sarà anche il cuore di figlio 2 a passare il fine settimana da noi.
Dovrò accendere il forno, se dovessimo trasportare questo sabato sera in un film io sarei il macchinista, quello tutto sporco e sudato, che fa l'impossibile per far si che il motore della nave, o del treno, non si fermi. Mentre gli attori protagonisti dalla cabina di comando si prendono gli onori di aver salvato la situazione.
Alla fine non ci saranno inquadrature per me, ridotto a una pezza mi farò una doccia.
Però come gli eroi che si immolano per la compagnia al barbecue sotto un sol leone, verrò ricompensato dalla birra ghiacciata che avrò nel frigorifero.
Con questi pensieri giro tra le corsie cercando di ricordarmi cosa manca tra gli ingredienti che dovrò utilizzare.
Passo per una corsia, dopo pochi minuti ci ripasso, sembro perso. Invece no, il mio disordine cerebrale da neuro divergente mi fa fare percorsi alternativi e panoramici.
Incontro una signora che vedendomi mi sorride, alza il dito nell'atteggiamento tenero che hanno alcune persone prima di farti una domanda. Percepisco questa cosa e comincio a entrare in modalità ansia.
Solo io so quante persone che mi hanno chiesto indicazioni stradali sono finite a "Chi l'ha visto?".
Una volta una coppia in auto si fermò e mi chiese "Scusi sa dov'è Via Roma?"; "Non lo so, mi dispiace" - risposi repentinamente.
Mentre si allontanavano mi chiedevo dove fosse Via Roma, l'avevo già sentito il nome di quella Via.
Poi mi ricordai che in Via Roma ci abitavo, oltre al fatto che ero appena uscito da casa.
La signora si avvicina e mi chiede se io fossi (nome di mio cugino).
Mio cugino. Un anno meno di me, le nostre madri sono sorelle e i nostri padri erano fratelli tra loro. Madre natura si è divertita molto con i cromosomi e geni. Così spesso mi chiedono o mi chiamano con il suo nome. Però questa cosa non capitava da decenni.
La signora si ricorda di me e di mio cugino, abitavamo anche nello stesso condominio da piccoli, perché abitava appunto nella nostra stessa Via.
Le rispondo che non sono cugino ma Rino, lei mi dice che mi segue qui su Facebook.
Poi mi guarda, nota che non sono come quello nella foto.
Le dico che generalmente uso da ventordici a trentanta filtri per essere decente. Lei mi fissa e mi dice: "Se posso, lei è meglio dal vivo. Con i suoi capelli e quel viso da buono".
Il "viso da buono", me lo dicono spesso. Si tratta dell'eredità più forte che mi ha lasciato mio padre. Un buono, che fu paraculato dalla vita e dal sangue del suo sangue. Ma per lo meno è morto credendo in una vita migliore. Secondo me fu per questo motivo che sorrise esalando l'ultimo respiro.
Arrivo alla cassa, oltre le cibarie metto sul nastro il bottino di guerra: birre. Diverse tra di loro.
La cassiera mi guarda, le dico - "Sono per la mia colazione"; "Se questa è la colazione non voglio sapere cosa si beve a pranzo e cena" - risponde lei.
"Però accompagno la birra con biscotti integrali e senza glutine" - aggiungo, ma credo di aver peggiorato la mia posizione nei suoi confronti. A far lo spiritoso puoi anche essere frainteso.
Esco di corsa, sulla strada di ritorno mi fermo in un altro negozio per le bombolette di ricarica per un gasatore di acqua. Consegno quelle vuote e prelevo quelle piene, a una delle mie due bombolette vuote manca il tappo di protezione di plastica.
Lo faccio notare alla commessa: - "È stato il gatto, si è preso il tappo e chissà dove lo ha portato. Se vuole glielo porto dopo".
"Ma no si figuri" - mi risponde gentile - "Ci mancherebbe, per un tappo".
"Io intendevo il gatto" - le dico serio.
Mi guarda, la guardo, si gira dandomi le spalle, la guardo, lei scoppia a ridere e si rigira verso di me, io già ero pronto con il telefonino aperto su una foto "coccolosa" di Alvin.
"Ma è lui il colpevole?" - Mi chiede.
"Si" - le rispondo.
I suoi occhi diventano dolci - "Se me lo porta poi lo terrò con me però, io l'avviso".
Rientro a casa con due convinzioni: la faccia da buono va bene solo con le signore d'antan, per il resto se ne approfittano in molti.
I gatti domineranno il mondo, dato che riescono a dominare i cuori delle donne.
Altro dirvi non vo’; ma la mia testa
Cincischia fino a tardi, speriam che a pensar troppo non sia grave.
ps ai due richiedenti informazioni sulla Via Roma, poi, corsi appresso. Lui mi vide dallo specchietto retrovisore e si fermò.
Mi avvicinai ansimando per la corsa: - "Anf anf, s-so dov'è Via anf anf Roma. Me lo sono ricordato"; E la lei della coppia: - "Bene! Dov'è?". La guardai fissa negli occhi "È questa!" - risposi trionfante.
So che non riuscirono a salutarmi dalle risate che si fecero, solo lei riuscì a farmi "ciao ciao" con la mano, mentre lui ripartì con l'auto.
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Heaven on Earth 🌍 is exist ☘️
Ireland, black walley
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kon-igi · 11 months
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KIT DI SOPRAVVIVENZA IN CASO DI RIBELLIONE DELLE AI
Dal momento che i vostri timori si fanno giorno dopo giorno sempre più consistenti e l’evoluzione delle intelligenze artificiali devia in modo esponenziale verso scenari apocalittici - e voi lo sapete che la mia specializzazione è proprio in apocalissi di varia natura - rispondo a un timore di @der-papero​ pubblicando una lista di oggetti di pronto utilizzo da inserire nel kit di sopravvivenza quando le AI prenderanno il sopravvento e il loro unico dubbio sarà se renderci schiavi o sterminarci tutti.
1 - PIGMENTO CUTANEO ‘ANATHERMAL’
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L’Anathermal - conosciuto negli ambienti dei ribelli come ‘La pittura’ - è un pigmento cutaneo a base di biossido di titanio e microsfere ceramiche che quando applicato su viso e superfici corporee esposte svolge una funzione termoisolante e riflettente nei confronti dei sensori di calore a infrarossi che le AI usano per induividuare gli esseri umani. Esiste in diversi colori (in foto un flacone di variante Nero) con i quali, se alternati, è inoltre possibile dissimulare la simmetricità del viso umano e rendere inutile il riconoscimento facciale (’Pittura di Guerra’).
2 - ARMA CORTA CON MUNIZIONAMENTO A NANITI
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In foto una Colt Python .357 Magnum con proiettili a punta cava espansiva in tugsteno i quali, una volta che impattano, rilasciano naniti programmati per sovraccaricare i superconduttori dei microprocessori con cui vengono in contatto. Ovviamente la possibilità che i naniti siano efficaci è tanto più grande quanto più il colpo è preciso nell’essere indirizzato vicino alla CPU del bersaglio.
3 - CUTTER A FILO MONOMOLECOLARE
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In foto un cutter ‘Grim Reaper’ con filo monomolecolare in nanotubi di carbonio rinforzato (non visibile a occhio nudo perché del diametro di 0,4 nanometri) che parte dall’apice del manico e si inserisce in una sfera di uranio impoverito. Se fatto roteare, il peso della sfera imprime una forza secante al filo monomolecolare - lungo 50 centimetri - tale da tagliare cavi e travi di acciaio con facilità. Ottimo per tranciare cavi o arti meccanici.
4 - POMPA ELASTOMERICA INTRATECALE ‘LACHESIS’
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Questo device permette, in particolari situazioni di stress o di pericolo, il rilascio automatico da parte di un elastomero inserito nel midollo spinale di catecolamine endogene per la soppressione del dolore, l’emostasi di sanguinamenti e il raggiungimento della massima forza esplosiva muscolare. Nei modelli di ultima generazione è stata inserita anche l’opzione terminale ‘Kobudera’ per le missioni senza ritorno.
5 - ARMA LUNGA CON MUNIZIONAMENTO ‘LIPSTICK’
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In foto un fucile di precisione Jigger ad aria compressa e una munizione a doppia camera contenente idrazina e tetranitrato di pentaeritrite, una miscela altamente infiammabile ed esplosiva, la cui estrema instabilità necessita di una bassa carica cinetica di espulsione per evitarne l’attivazione anzitempo. Il rivestimento del proiettile in lega di zirconio ceramico di colore rosso gli ha fatto meritare il soprannome di ‘Lipstick’, rossetto. Emblematica la frase dei tiratori del gruppo Snipy Jackson che prima di sparare sussurrano ‘Make up time!’.
6 - DISPOSITIVO DETONANTE EMP
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Granata deflagrante che al momento dell’attivazione emette un potente impulso elettromagnetico (Electro Magnetic Pulse) con un radius di 2 metri circa. Questo dispositivo contiene un generatore a compressione esplosiva di flusso che grazie al TED (transient electromagnetic disturbance) disabilita e, se non schermati, frigge circuiti integrati, processori e componenti a base silicio. Considerato il raggio ridotto e la pericolosità per eventuali potenziamenti cibernetici di chi la lancia, è un tipo di arma che sarebbe preferibile usare con un detonatore a distanza.
7 - LA BUONA VECCHIA MAZZA
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Perché le AI possono essersi anche evolute ma come per i vecchi PC un bel hard reset non manca mai di risolvere ogni situazione.
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Grazie dell’attenzione e vi saluto ripetendovi quello che in questi tempi difficili sono solito dire ai miei compagni...
Il futuro non è scritto. L'unico destino è quello che ci creiamo con le nostre mani.
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lunamagicablu · 1 year
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LA TECNICA DEL RESPIRO SACRO DELL’ARCANGELO MICHELE Non sottolineeremo mai abbastanza quanto importante sia la respirazione nel rivendicare la vostra natura divina. Non la respirazione superficiale che la gente sulla Terra ha accettato come il giusto modo di respirare. Questo tipo di respirazione superficiale ha prodotto molti sintomi debilitanti e malattie, ed ha anche limitato la vostra immissione di Essenza Divina che è essenziale per il vostro benessere e la rivendicazione del vostro veicolo di Luce. Abbiamo spiegato e messo in evidenza il Respiro dell’Infinito, la Respirazione a Fisarmonica e quanto sia importante la pratica della respirazione intenzionale. Il Respiro dell’Infinito potrebbe essere definito il Respiro dell’Ascensione, in quanto allinea i vostri chakra galattici con il vostro veicolo fisico, ed apre le vie del ritorno alle dimensioni superiori. Accelera il processo di costruzione del vostro veicolo ascendente di Luce chiamato Merkivah. Facilita anche l’apertura del portale della vostra Sacra Mente ed i portali anteriori e posteriori del vostro Sacro Cuore.... ...In passato, abbiamo anche parlato del respiro ritmico che potrebbe essere definito il Respiro Sacro. Quando verrà praticata con regolarità, questa tecnica porterà energia alla vostra forma corporea e migliorerà la vostra salute, perché fornirà al vostro Essere fisico le radianti particelle di Luce Divina necessarie per una performance ottimale e per la longevità. E’ anche un modo efficace di irradiare la Fiamma Viola o Particelle Adamantine di Luce fuori verso il mondo della forma a beneficio di tutti. Il Sacro Respiro comporta una inspirazione profonda che inizia nell’addome inferiore. Respirate profondamente e lentamente mentre espandete lo stomaco e poi la zona toracica e visualizzate il respiro che lentamente sale ed esce dal chakra della corona. Quando avete riempito i polmoni al massimo, trattenete il respiro per lo stesso periodo di tempo dell’inspirazione. Visualizzate una sfera di Luce che lentamente scende lungo la vostra colonna di Luce, mentre gradualmente lasciate andare il respiro, contraendo lo stomaco e trattenendo il respiro per una pausa della stessa durata prima di iniziare la successiva inspirazione. Dovreste affermare la vostra intenzione (affermazioni) prima di iniziare il Respiro Sacro, come irradiare la Fiamma Viola o Particelle Adamantine di Luce fuori verso il mondo, o una qualsiasi delle brevi affermazioni che vi abbiamo dato. Per prendere il ritmo in questo tipo di respirazione, all’inizio potreste respirare contando fino a cinque o sette, trattenere il respiro contando allo stesso modo, espirare e trattenere il respiro, sempre contando, fino a quando vi sentite a vostro agio con il processo. Tutte e quattro le azioni dovrebbero avere la stessa durata, con un movimento costante, fluido, senza sforzo. Questa è anche una meravigliosa attività di gruppo ed un metodo potente per diffondere la Fiamma Viola e la Luce Divina del Creatore. Quando vi abituerete alla respirazione ritmica profonda, non vi sentirete più a vostro agio con le tecniche di respirazione breve, superficiale usate dalla massa. Arcangelo Michele attraverso Ronna Herman-www.ronnastar.com ********************** ARCHANGEL MICHAEL'S SACRED BREATHING TECHNIQUE We cannot stress enough how important breathing is in reclaiming your divine nature. Not the shallow breathing that people on Earth have accepted as the right way to breathe. This type of shallow breathing has produced many debilitating symptoms and illnesses, and has also limited your intake of Divine Essence which is essential for your well-being and the reclaiming of your vehicle of Light. We have explained and highlighted the Infinity Breath, Accordion Breathing and how important it is to practice intentional breathing. The Infinity Breath could be referred to as the Ascension Breath, as it aligns your galactic chakras with your physical vessel, and opens the pathways back into the higher dimensions. Accelerate the process of building your ascending vehicle of Light called the Merkivah. It also facilitates the opening of the portal of your Sacred Mind and the front and back portals of your Sacred Heart.... ...In the past, we have also talked about rhythmic breathing which could be termed the Sacred Breath. When practiced regularly, this technique will energize your bodily form and improve your health, for it will supply your physical Being with the radiant particles of Divine Light necessary for optimal performance and longevity. It is also an effective way of beaming the Violet Flame or Adamantine Particles of Light out into the world of form for the benefit of all. The Sacred Breath involves a deep inhalation that begins in the lower abdomen. Breathe deeply and slowly as you expand your stomach and then your chest area and visualize your breath slowly rising and leaving your crown chakra. When you have filled your lungs to the max, hold your breath for the same length of time as you inhaled. Visualize a ball of Light slowly descending your column of Light as you gradually let go of your breath, contracting your stomach and holding your breath for an equal length of pause before starting the next inhalation. You should state your intention(s) before initiating the Sacred Breath, such as beaming the Violet Flame or Adamantine Particles of Light out into the world, or any of the short affirmations we have given you. To get the rhythm into this type of breathing, you might initially breathe in for a count of five or seven, hold your breath for the same count, exhale, and hold your breath, still counting, until you feel comfortable with the process. . All four actions should be of equal duration, with a steady, fluid, effortless motion. This is also a wonderful group activity and a powerful method for spreading the Violet Flame and Divine Light of the Creator. As you get used to deep rhythmic breathing, you will no longer feel comfortable with the short, shallow breathing techniques used by the masses. Archangel Michael through Ronna Herman-www.ronnastar.com
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diceriadelluntore · 11 months
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Storia di Musica #279 - Charles Mingus, The Black Saint And The Sinner Lady, 1963
Jimmy Knepper è stato uno dei più grandi trombonisti del jazz. Dopo una straordinaria “gavetta” nei locali più famosi di tutti gli stati uniti negli anni ‘40, suonando nelle più prestigiose orchestre, a metà anni ‘50 ha l’incontro della sua vita, quello con Charles Mingus. Mingus lo scrittura per moltissimi lavori ma, come si è già detto nella storia precedente, Mingus aveva un rapporto quantomeno singolare con i suoi collaboratori: non rare erano le urla durante i concerti perchè non suonavano come voleva lui, le liti, le mani addosso. Ma con Knepper successe qualcosa di inaudito. Inizio anni ‘60, dopo il grande successo di Mingus Ah Um, il grande contrabbassista suona prima con il suo mito Duke Ellington in Money Jungles (1960, immenso capolavoro anche con la collaborazione di Max Roach) e poi inizia una proficua collaborazione con Eric Dolphy, con cui c’era anche una sorta di amicizia spirituale, non nuova nelle relazioni di Mingus ma sempre piuttosto movimentate: faranno insieme un leggendario tour europeo, poi si divisero perchè Dolphy rimarrà nel Vecchio Continente, dove morirà in circostanze mai del tutto chiarite nel 1964 a Berlino, ad appena 36 anni. Knepper lo segue ovunque, e sta preparando con lui i brani per un concerto presso la Town Hall di New York. Parlando del lavoro da fare, Mingus chiese a Knepper di suonare diversamente un assolo, ma al rifiuto di Jimmy, successe l’incredibile: si scaraventò sul trombonista, e con un pugno lo colpì sul viso, rompendogli un dente e rovinandogli l'imboccatura, che per un trombettista significava smettere di suonare come una volta (ci vorranno anni per il ritorno di Knepper al trombone, nonostante ciò dovette cambiare stile e perse per un certo periodo la totale estensione del suo strumento). Knepper non fece finta di niente e lo trascinò in tribunale. Lì successe una cosa che spiega benissimo il carattere del nostro Charles: nonostante il suo avvocato lo supplicasse di stare in silenzio, Mingus sbuffava ogni volta che il Giudice lo definiva musicista jazz, alche Mingus chiede al giudice: “Non mi chiami musicista jazz. Per me la parola jazz significa negro, discriminazione, cittadinanza di serie B e tutta la storia del dover stare in fondo all’autobus”. Fu condannato ad un anno con la condizionale. Ma il rapporto Knepper Mingus non finì certo qui).  Eppure Mingus continua a sperimentare, ed è sempre un grandioso musicista: lo dimostrano dischi come Charles Mingus Presents Charles Mingus e Oh Yeah (scritti tra il 1960 e il 1961, appena prima della lite con Knepper). Ma qualcosa è rotto, e il famoso concerto per le cui prove picchiò Knepper alla Town Hall fu un fiasco colossale, fu persino fischiato. Mingus sente che è tempo di pensare a sé e fa una decisione straordinaria: sull’orlo di una sorta di crisi personale, di sua spontanea volontà si ricovera al Bellevue Hospital per farsi curare nel reparto psichiatrico. Lì conosce il dottor Edmund Pollock, che diviene il suo psicoterapeuta e che scriverà le note del libretto del disco di oggi, uno dei più grandi capolavori del jazz: The Black Saint and The Sinner Lady. Registrato in una sola, incredibile giornata di registrazioni, il 20 gennaio 1963 a New York con l’ausilio del grande produttore Bob Thiele, Mingus ha in mente un album, parole sue, di ethnic folk-dance music. Con una band di 11 elementi scrive un concerto pensato per un balletto, che piuttosto che alla grazia del corpo e dell’armonia musicale ha una propria e dirompente natura politica, per delineare le tappe della emancipazione afro-americana, diviso in 4 suite (che hanno un titolo ed un sottotitolo e la cui quarta parte ha 3 sotto sezioni), di 40 minuti, dove rielabora la musica pianistica, il blues, brani da dance hall sofisticate, addirittura la musica andalusa in un continuum sonoro senza soluzione di continuità trascinante e incredibilmente emozionante. Solo Dancer accende la miccia, tra una batteria che ispirerà persino la funk music anni ‘70, e un volo di sax leggendario; Duet Solo Dancers ha un interludio clamoroso di chitarra; Trio Dancers è un complesso, e magnifico, gioco tra orchestra e sax trombone, che davvero richiama il tanto odiato free jazz per la sua aerea composizione;  Trio and Group Dancers è l’apoteosi, 18 magici, ipnotici e trascinanti minuti di pura potenza mingusiana, un vulcano in piena, nello stile incredibile e forsennato di un genio. Il Dottor Pollock scrive in copertina:”Mingus ha qualcosa da dire e usa qualsiasi cosa per far interpretare il suo messaggio (…) la sua musica è un appello all’amore, al rispetto, alla reciproca accettazione e comprensione, libertà e amicizia”. Costantemente tra i dischi più belli della storia del jazz, è una parentesi di genio in un periodo di profondissimo disagio: iniziò a litigare con chi lo chiamava Charlie, gli organizzatori, i proprietari dei Club (sfasciò un faro di illuminazione al Village Vanguard che divenne una sorta di reliquia per gli avventori)i critici e ovviamente il free jazz. Per un certo periodo decise di non suonare più, e si rintanò nel suo appartamento: finì per essere sfrattato e lui trasformò quel mesto trasloco in una semidelirante manifestazione affidata ad un cineasta che lo riprendeva (Thomas Reichman) e accompagnata da lettere indirizzate a papa Paolo VI, il Presidente Lyndon Johnson, Charles De Gaulle per accusare l’FBI di averlo sfrattato. La situazione peggiorò moltissimo quando scoprì di avere il morbo di Gerhing, che ben presto lo costrinse alla sedia a rotelle. Tra coloro che lo andarono a trovare, c’era pure un trombettista a cui una volta ruppe un dente. Lo aveva perdonato.
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morelin · 3 months
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São Miguel
Da oggi parte il racconto di viaggio fatto in un piccolo arcipelago un po' sperduto nell'oceano Atlantico alla scoperta di lussureggianti e selvagge isole: le Azzorre.
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Esse contano numerosi isolotti minori e 9 isole principali. Noi ne abbiamo visitate 4 spostandoci con vari voli interni, modalità che ho preferito rispetto a spostamenti in traghetto, ma di certo cosa non facile per chi non ama volare (per fortuna non è il mio caso): infatti, tra volo di andata/ritorno da Milano (non c'era un diretto) e voli interni (spesso molto brevi), in 9 giorni abbiamo preso 7 aerei. A questo si è aggiunta anche una traversata in gommone :-D. Se cercate un mix di natura, avventura, sport e relax, qui lo troverete.
Bene, iniziamo con la prima isola, la più abitata dell'arcipelago: São Miguel! I giorni trascorsi qui sono stati caratterizzati in particolare da due elementi: le ortensie e l'ananas.
Il viaggio è stato organizzato verso giugno, quindi proprio nel periodo di fioritura delle ortensie. Mai visto uno spettacolo simile! Giganteschi e fittissimi cespugli ai cigli delle strade e talvolta dei veri e propri tappeti di ortensie con tonalità prevalentemente bianca-azzurro-blu. Non immaginate quanti selfie e foto di gruppo ci siamo scattati con questo sfondo!
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L'altro elemento è l'ananas perché nei dintorni di Ponta Delgada si trovano molte piantagioni: la prima fu creata nel lontano 1864 per sopperire alla mancata produzione di arance. Solitamente sono visibili le serre in cui vengono coltivati e qualche volta ci sono dei piccoli percorsi espositivi.
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Dopo aver dato un'occhiata alle piantagioni di “Boa Fruta” (a Fajã De Baixo, Ponta Delgada) ci siamo diretti al punto ristoro dove abbiamo potuto assaggiare il delizioso frutto in tutte le sue forme: confettura, liquore, sorbetto, succo, il semplice frutto, le fantastiche pastel de nata ed anche il toast con l'ananas. Siamo tornati qui più volte per consumare sia spuntini mattutini sia merende-aperitivi salutari e gustosissimi.
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