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#study motiviation
ink-stained-clouds · 7 months
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counting down the days until fall break
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ilyastudies · 2 months
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so it's been a while....!
a lot of things have changed since i was last active on here... expect to see some changes around here :)
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izicodes · 2 months
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【☆】 Coding Study Tips
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Some study info + tips on cramming coding/programming concepts~!
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techtow · 1 month
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Keep your face always toward the sunshine, and shadows will fall behind you.
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cybercity-sunrise · 3 months
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2.8.2024
The past few weeks have been absolutely insane; although stressful due to long hours in the lab and balancing a million things, I can't recall a time I've learned more in such a short period. There is of course still SO much I don't know within my field, but it's satisfying to feel myself becoming more knowledgeable by the day.
Towards the end of last semester, I spent some time reflecting on how my first year was going and considering how to really develop as a researcher. The gap between a first and second year PhD student is huge, in my opinion--since I switched fields from undergrad, it's probably even more true in my case. I did learn a lot last semester, but I was still settling into a new environment and program. There is a lot to get adjusted to in this lab; it's huge, a bit chaotic, and used by multiple groups.
I am finally feeling more confident and independent, so I think this is the time to really grind in order to be where I want to be going into my second year. In addition to ramping up lab work, I've been trying to read way more. For each article I read, I also make a slide in an ongoing PowerPoint that summarizes key findings and any notes or questions I have. This isn't so much an organizational method (I use Zotero for that) as it is a way to follow interesting threads in current research and develop a habit of active reading.
If anyone has a reading practice that really works for them I'd love to hear about it :)
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oliviaemiley444 · 1 month
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Keep your face always toward the sunshine, and shadows will fall behind you
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anjixee · 2 months
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linalinsa · 2 months
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꒦꒷︶°꒷︶°︶₊˚ʚɞ˚₊︶°︶꒦˚︶꒷꒦
~ Harsh motivation !
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She's just better yk?
She gets the top of the class while you ....
Being a failure lmfao!
Why are you js here on your phone?
Don't you know how to earn good grades?
Don't you know how to get a slim body?
Get your ass up and start working hard.
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rotisserierosier · 3 months
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3 strat studying - ADHD
THREE STRATEGIES – with funny titles because I'm hilarious
1. Mr Beast speedrun: get most out of time before brain shuts off and loses interest.
-ADHD MAKES YOU HAVE A SHORT ATTENTION SPAN, SO YOU HAVE TO GET AS MUCH AS YOU CAN OUT OF YOUR TIME BEFORE YOU GET DISTRACTED
-use flashcards – rereading your notes is ineffective because it's passive.
-if you can only focus for an hour, don't push; just get as much as you can out of that hour.
-don't actually rush, just make sure you stay as focused as possible in the time you have.
2. Tick, tick... Boom!: biggest reward, quickest convenience
-COMPLETING A TASK GIVES YOU A QUICK HIT OF DOPAMINE AND WE'RE ALWAYS CHASING THAT DOPAMINE, SO MAKE FINISHING THE TASK FEEL MORE REWARDING
-ADHD – you can't regulate impulsivity, there's always a dopamine craving.
-use to-do lists to organise what you want to do and motivate you to do them.
-short-term rewards – create a 30-minute-at-a-time schedule, after every 30 minutes, cross/tick off the item, and make sure the task will only take 30 minutes so your goals are realistic.
3. The Rosier twins: body doubling; complete tasks alongside somebody else
-A LOT OF PEOPLE WITH ADHD FIND IT MORE MOTIVIATING TO BE AROUND OTHER PEOPLE WHILST THEY WORK
-but be careful in case you end up talking with the person, because you could find it hard to focus.
-make sure you actually get work done instead of just hanging out with a friend.
-if you find it hard to focus around noise or talking, use white noise so you can be around people but not be distracted.
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ink-stained-clouds · 3 months
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Coffee, readings, repeat
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diceriadelluntore · 11 days
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Farine
Ogni anno, quando ci sono gli sconti Adelphi (tra Fine Gennaio e Fine Febbraio), compro un libro che sta in una ormai ingiallita lista di titoli, alcuni irrecuperabili, altri fuori catalogo e altri non ancora presi per vari motivi (disponibilità, tempo, anche a volte economiche).
Tra questi c'era questo libro
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Nella presentazione sinottica di Adelphi, c'è scritto: Il libro che finalmente ci ha fatto capire che cosa vedessero gli antichi nel cielo.
Giorgio De Santillana è stato un fisico italiano, nato a Roma nel 1901, e costretto dalle leggi razziali a fuggire dal nostro Paese nel 1938 verso gli Stati Uniti. Lì insegnò a lungo al MIT di Boston, occupandosi soprattutto di Storia del Pensiero Scientifico.
E quando nel 1969 l'uomo sbarca sulla luna pubblica un saggio, insieme alla etnologa tedesca Hertha von Dechen, dal titolo suggestivo: Il Mulino Di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo.
La tesi di fondo degli autori è affascinante: la mitologia antica non è solo un racconto epico, ma è il modo in cui dei saggi arcani hanno trasmesso le loro idee e conoscenze sul cosmo e sulla misurazione del tempo. Un pensiero come quello antico non poteva che esprimere in termini mitici quelle che sono verità razionali, matematiche: in una parola, scientifiche. Per questo lo fa attraverso animali nei cieli, storie di Giganti, maghi, fiumi, oceani. Per dimostrare ciò, De Santillana e von Dechen si prodigano in un colossale, erudito e sorprendentemente ricco tesoro di miti, storie, brani che vanno dai miti Norreni a quelli Greci e Romani, da quelli babilonesi a quelli Indiani, dalla Cina fino ai miti Polinesiani e delle grandi civiltà sudamericane, alla ricerca di un fattore comune, una "tragedia cosmologica" che gli antichi erano stati capaci di individuare: la lenta ma inesorabile trasformazione del cielo delle stelle fisse causata dalla precessione degli equinozi. Questa capacità secondo gli autori era già presente in "arcaici saggi" circa 5 mila anni fa, e la saggezza del mito simbolico è stata una pratica che si è perpetuata almeno fino a Platone, secondo loro ultimo "discendente" di questi saggi astronomi.
Invito chiunque sia arrivato a leggere fino a qui a vedere i commenti che il libro ha sui siti sia di lettori che di vendita dei libri. Nella quasi totalità dei casi è considerato un libro capolavoro, un geniale saggio che scardina gli studi del settore, un classico di mitologia comparata.
Quello che invece ho sentito io è che, nonostante lo studio francamente gigantesco e ammirevole delle fonti (che farà aumentare la ingiallita lista di almeno una cinquina di raccolte di racconti mitologici) la tesi del libro (che è di 420 pagine, più 120 di Appendice e 100 di bibliografia) non solo non è dimostrata, ma non è affatto dimostrabile. Detto che è dal punto di vista filologico molto discutibile la qualità e la scelta delle traduzioni e gli autori che sono stati usati per rafforzare l'ipotesi di base, ci sono almeno tre punti storico-critici incontrovertibili:
non è mai stato dimostrato che la precessione degli equinozi sia stata scoperta prima di Ipparco, nel 127 A.C., cosa che invece il saggio pone almeno due millenni prima;
la divisione dello zodiaco in dodici segni da trenta gradi ciascuno, altro punto centrale di tutto il discorso astronomico del saggio, è quasi certamente una convenzione che inizia soltanto nel V secolo a.C. a Babilonia, e non ci sono a 60 anni di distanza dalla pubblicazione di questo libro ipotesi che sia stata architettata 3 mila anni prima;
l’ipotesi di un unico Ur-mito di migliaia di anni fa di natura astronomica è essa stessa un mito, nato nell’Ottocento e ormai improponibile in ambito accademico.
Credo sia la prima volta che parlo di un libro che, per quanto mi abbia stuzzicato e in molti punti anche provocato ammirazione, è davvero complicato, in molti punti intellegibile sotto la cascata infinita di citazioni in lingue più o meno morte, e di rimandi che molto spesso è palese fossero prese per i capelli, e niente affatto evidenti le corrispondenze. A tale riprova, va detto che il libro non uscì mai in ambito accademico, che di per sé non è un male, ma che alla fine è diventato il testo "culto" di un certo fanatismo occultista.
Non mi resta che spiegare il titolo. Amleto prima di essere il protagonista indimenticabile della tragedia di William Shakespeare, è stato uno dei miti fondativi delle popolazioni scandinave. Il racconto più bello è quello che fa Saxo Grammaticus nel De Gesta Danorum (XIII secolo), ma probabilmente si rifà a miti molto più antichi: infatti è possibile risalire da Amleth a Amblothæ, Amladhe ed Amlaighe fino alle saghe islandesi di Amlóði il quale, secondo quanto si racconta nel medievale discorso sull’arte scaldica, “fuori dall’orlo terrestre” possedeva un crudele “mulino di scogli”, mosso da nove fanciulle: per questo una delle kenning – le avviluppate metafore della lirica norrena – per significare il mare è Amlóða kvren, il mulino di Amleto.
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raffaeleitlodeo · 4 months
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Questa vita vale un botto?
Questo è quello che mi chiedo ogni volta che mi sveglio il primo gennaio di ogni anno e apro gli occhi su un cellulare carico di auguri e uccelli morti.
Sì, perché come chiunque quel giorno ricevo i classici messaggi di auguri per un felice nuovo anno e da #ornitologo attivo sui social ricevo le foto degli uccelli trovati morti nei giardini, per strada, sotto alle finestre, accanto alle vetrate. Foto inviate affinché io possa dare un nome all’ennesima vittima della festa: merli, pettirossi, passeri, tortore, codirossi spazzacamini ecc. sono le specie più frequenti.
L’impatto che l’esplosione dei botti ha sugli #uccelli selvatici che abitano le città è impressionante. Basti pensare che lo studio effettuato nel 2017, "Effects of fireworks on birds: A review", pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Science & Technology, stima che circa 100.000 uccelli muoiono ogni anno a causa dei fuochi d’artificio in Svizzera. Questa stima si basa su studi che hanno utilizzato diverse tecniche, tra cui l’osservazione diretta, il ritrovamento di carcasse e l’analisi dei dati di radar.
In precedenza, nel 2002 è stato pubblicato su Journal of Ornithology uno studio dal titolo "Acute effects of fireworks on birds: A review". In questo studio si dimostra che i fuochi d’artificio possono causare una serie di effetti negativi sugli uccelli, tra cui aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, rilascio di ormoni dello stress e disorientamento. In questo studio i ricercatori hanno stimato che circa 200.000 #uccelli muoiono ogni anno a causa dei fuochi d’artificio in Germania.
In Italia non esistono dati ufficiali sulla stima del numero di uccelli vittima del Capodanno, ma sappiamo che l’avifauna per motivi di svernamento si concentra in questo periodo proprio nei paesi mediterranei come il nostro, e alcune specie raggiungono le densità maggiori proprio negli ambienti urbani, per cui il numero di vittime potenziali qui da noi è immenso. Anche la potenza di fuoco messa in campo nelle nostre sovraffollate città è superiore di quella svizzera o tedesca, soprattutto se rapportata alla superficie.
Ovviamente gli uccelli non sono le sole vittime, anche molti altri animali selvatici e domestici patiscono questo modo di festeggiare. Numerosissimi sono i cani e i gatti che fuggono impauriti e non vengono più ritrovati dalle loro famiglie.
Per non parlare dell’inquinamento atmosferico: i fuochi d’artificio rilasciano in atmosfera ossido di azoto e di zolfo, monossido di carbonio e metalli pesanti. Nel 2022 l’ARPA Lombardia ha condotto uno studio sull’impatto dei fuochi d’artificio sull’inquinamento atmosferico. I risultati riportano che il 6% delle emissioni totali di PM10 in Lombardia è prodotto dai fuochi d’artificio esplosi a Capodanno.
Mi chiedo quale sia il senso di aver inserito la #biodiversità nella nostra #Costituzione se poi non riusciamo neanche a rinunciare ad un #petardo per la sua salvaguardia.
Mi auguro per questo 2024 un’esplosione di buon senso.
Rosario Balestrieri, Facebook
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techtow · 1 month
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Don't sit down and wait for the opportunities to come. Get up and make them." — Madam C.J. Walker
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libriaco · 1 year
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Le coincidenze
All'improvviso è comparso, sul mio comodino, un libro di Leskov: "Una famiglia decaduta".
Quel bel piano di legno, dove riposano pile di cartalibri, un ereader, due cellulari, due tablet, un paio di cuffiette bluetooth, un power-bank, una moleskine per le note e alcuni lapis, evidentemente è stato l'oggetto di una 'messa in ordine' da parte di mia moglie. Ora, io considero quell'ampia superficie una naturale estensione delle mie scrivanie (plurale!) e quindi soggetta alla stessa regola che vige per loro: nulla deve essere toccato, spostato, aggiunto o tolto, pena il mio impazzimento nel ritrovare un qualsiasi oggetto che, con memoria fotografica, ricordo a quale livello di stratificazione appartenga, vicino a cosa sia e perché lo abbia amorevolmente accomodato lì (certo in attesa che, un anno o l'altro, mi punga vaghezza di riaverlo tra le mani). Questa 'riorganizzazione' del piano in noce mi ha proprio infastidito ma mi sono ben guardato dal fare commenti; si sa, siamo nel periodo delle feste...
Il libro era in bella evidenza, chissà perché; se siete buoni lettori sapete senza dubbio che i libri, dotati di una vivace vita autonoma, spesso si nascondono e non si fanno trovare nonostante ricerche capillari, per poi sbucare fuori, all'improvviso, dove meno ci si aspetta. Questo libro però io non lo stavo cercando, quindi, da bell'esibizionista, ha evidentemente trovato il modo di mettersi in mostra per imperscrutabili motivi tutti suoi. Si tratta di un economicissimo pocket Longanesi, risale alla fine degli anni '60 e quasi certamente apparteneva alla biblioteca di mio suocero; però il romanzo devo averlo letto anche io, nel periodo adolescenziale dell'innamoramento con gli scrittori russi; sicuramente dopo i Grandi, però. Lo sfoglio e vado a cercare chi ne sia il traduttore: noi common readers abbiamo un sacco di fissazioni, una di quelle che ho io è di sapere chi traduca/tradisca i testi che leggo; nel caso specifico si tratta di una coppia: Dan Danino di Sarra e Leo Longanesi. Rimango perplesso: mi passa per la mente che il primo, sconosciuto, sia un nom de plume; che Leo Longanesi conoscesse il russo non l'ho mai saputo e forse ha solo 'aggiustato' la traduzione, facendo da editor al primo traduttore: in fondo lo ha pubblicato nella sua stessa casa editrice e avrà voluto avere un buon 'prodotto'.
Faccio qualche ricerca e scopro che Dan Danino (detto Dante) di Sarra era uno slavista, profondo conoscitore di lingue e civiltà slave, docente presso l'Istituto Universitario Orientale di Napoli, traduttore di autori russi, polacchi e cèchi tra cui Ljeskov, Gor’kij, Achmatova. "Il suo curriculum annovera attività didattica, pregevoli traduzioni di autori russi, polacchi e cèchi, autorevoli riconoscimenti per la promozione della cultura dell’Est in Italia, collaborazioni a riviste nazionali e straniere di rilevanza intellettuale, rigorose ricerche filologiche nel grande gruppo delle lingue slave. La severità dei suoi studi lo pose tra gli intellettuali bene considerati nei Paesi slavi e nel mondo della Slavistica italiana."  Leggo  QUI. Lo studioso era originario di Fondi. Quest'ultima informazione mi fa accendere, fioca, una lampadina: Fondi, Alberto Moravia, Elsa Morante, “La ciociara”... (uno dei peggiori libri che abbia mai letto).
Approfondisco e scopro che quando Moravia e consorte sfollarono da Roma nel 1943, sperarono di essere aiutati proprio da due loro buoni conoscenti che vivevano a Fondi: i giovani fratelli di Sarra; all'arrivo nel paese non trovarono però Dante, che era impegnato in una docenza a Bratislava, tuttavia la sua famiglia, per i coniugi Pincherle  (che si erano sposati nel 1941, testimone di nozze Leo Longanesi...), riuscì a trovare, nei dintorni, una casetta dove si rifugiarono per mesi e dove Moravia scrisse “La Ciociara”, il suo capolavoro (ironia, eh, ironia!).
Resto tuttavia pensieroso: perché il libro sarà improvvisamente comparso in bella vista? Vorrà ricordarmi di andare a leggere anche "L'angelo suggellato" di cui mi parlò con calore un'amica tempo fa? Mi starà suggerendo di riprendere in mano il saggio di Benjamin su Leskov?   Vorrà che lo rilegga perché il messaggio che mi deve comunicare è contenuto proprio nel testo? Oppure c'è  qualcos'altro che non ho ancora capito?
N. Ljeskov (sic) [Захудалый род - Zahudalyj rod, 1874 ], Una famiglia decaduta, Milano, Longanesi, 1967 [Trad. D. di Sarra, L. Longanesi]
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oliviaemiley444 · 1 month
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We cannot solve problems with the kind of thinking we employed when we came up with them. —Albert Einstein
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anjixee · 2 months
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Thinking about my day. Step 1 is coffee.
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