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#prosa poetica
shifa-kazi · 7 months
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For someone who hates history,
I keep revisiting the museums a lot.
-Shifa Kazi
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amor-barato · 5 months
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Jonas está sozinho e cansado na caverna. Não pode mais com o eco da sua própria voz como única companhia. Para melhorar as coisas, sente-se já um bocado engripado por usar as mesmas roupas molhadas há três dias. Ainda assim não deixa de se espantar com o fato de ser um dos poucos homens a quem foram dadas a ver as raízes das montanhas, lá no fundo do mar, e de ter voltado para contar a história. Enquanto a conta a ninguém, vai soltando uma a uma as algas que estão pegadas à sua cabeça. Quando retira a última, a mais verde de todas, a caverna dentro da qual repousava há tanto tempo revolve-se num espasmo e vomita-o na praia. Mais espantado ainda, Jonas repara que a caverna era afinal o bicho, um que nada agora para sempre para longe dele.
Matilde Campilho – Flecha
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klimt7 · 3 months
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Libri
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[ Un piccolo estratto / 19 gennaio 2024 ]
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Arrivi sul velluto delle parole.
Ho comprato un bel quaderno per poterti parlare. La copertina non ti piacerebbe un granchè. C'è una fotografia azzurra: due ragazze accanto alle loro biciclette, la strada di campagna, una curva dolce, la sera che scende verso un altrove di pioggia estiva. Tu diresti che è un pò leziosa ma non è esattamente il colore di queste parole che scrivo.
Uso una penna a punta grossa, con le note musicali disegnate sul cappuccio bianco. Scrivo per la musica dei tuoi giorni feriti, una piccola musica a inchiostro blu, graffi sul tempo.
A computer non potrei raccontarti. Ma qui sulla carta a quadretti piccoli, le lettere si uniscono, si separano, è un percorso che mette il cuore in gola, pause bianche e istanti di te, il filo di una vita che non sapevo, al tempo dell'unione dei nostri corpi.
Perchè noi facevamo l'amore e io credevo di toccarti nel cuore della vita, e poi me ne andavo, tutto solo, per le strade di Rouen.
Più tardi scendeva la sera, i caffè biondi si accendevano a poco a poco, facili tepori sgranati lungo il sagrato freddo della nuova cattedrale, arco di pietra e cemento gettato su un domani durissimo, dove il desiderio si scontra con il cielo della notte. Restavo lì sul sagrato. Il desiderio blu non poteva reggere nel tepore facile dei caffè. Restavo lì, tra due rive, insieme al tempo svuotato e notturno che da le vertigini.
Non leggerai mai queste pagine scritte in una scuola tranquilla nel vento umido d'autunno.
Forse sono solo per me, per averti ancora un pò, è la prima volta che ti tengo nel mio habitat, la prima volta che arrivi al ritmo del mio passo.
Qui i boschi si infittiscono e ti tengo nella mia vallata tra lo studio e la merenda.  Sei nelle poesie di Cadou che i bambini recitano come una cantilena...
     Ti raggiungerò Helène
     attraverso le praterie
     attraverso i mattini di gelo e di luce...
Imparo a parlarti nel silenzio di una scuola.
Sai non c'è solo l'insolenza della felicità.
Anche nella tristezza, alla fine, tutto sembra facile ed è così semplice, assomigliarsi.
Il mondo si addomestica. Di colpo ne fai quel che vuoi.
La casetta annessa alla scuola era abbandonata da dieci anni. Il sindaco di Saint-Laurent-des-Bois, Monsieur Savy, me l'aveva detto: "Sa per qualche anno abbiamo avuto soprattutto signorine giovani! Tutte sole, in questa casa non si sentono sicure e certo non si divertono granchè. In genere preferiscono abitare a Rouen. Lì possono uscire..."
Era settembre, il primo pomeriggio. La scuola somigliava alle scuole d'una volta, un pò arretrata rispetto al paese, sulla stradina che scende verso la chiesa e il centro. La casa del maestro al piano terra non è molto grande ma c'è un caminetto in ogni stanza.
Ho messo le mie lampade da tavolo, i libri, il calore della chitarra e dei tuoi album.
Nel mio inverno, nel silenzio delle lampade morbide, ti aspetto.
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Te ne sei andata troppo presto. La gente iniziava ad apprezzare cose più leggere.
A nessuno piaceva più, chi si sbranava davanti a loro, le urla acide di disperazione, gli sputi sul niente.
Era il tempo del cioccolato, nella tua cucina con le tendine bianche e rosse. Allora le cucine piacevano, si sta meglio giusto un pò di lato, a margine della felicità, e senza osare dirlo. 
Tu facevi dolci marmorizzati cioccolato e limone, io prendevo la chitarra e le canzoni arrivavano, limone amaro e cioccolato, caldo e freddo, felicità-pazienza.
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Un pomeriggo verrai a scuola. I bambini non saranno sorpresi, ti accoglieranno come una sorella più grande, come un'amica lontana, in un giorno di pioggia nella monotonia autunnale delle aule.
Poserai il mantello su un banco, i tuoi capelli lunghi bagnati diranno le strade attaversate, la frescura dei paesi.
Sceglierai un libro dall'armadio. Noi staremo zitti, perchè tu vorrai leggere una storia, un racconto d'altri tempi.
La storia sembrerà tutta nuova, e la tua voce grave s'innalzerà su di noi come una pioggia dolcissima che si interrompe all'ora di cena. La storia sarà triste, la piccola fiammiferaia, e i sogni di luce bruceranno  la sua vita fragile e bianca. I sogni sono troppo forti, e prenderai Armelle per mano.
Io sarò sguardo, un'ombra nel cuore di quel palazzo d'infanzia. La notte scenderà presto, è già la fine d'ottobre e l'inizio d'un sortilegio blu d'inverno. Porterai la mia classe alla soglia dell'inverno, su sentieri d'altrove.
Ci sarà qualche domanda. Risponderai molto lentamente, quasi a lato della loro attesa.
Loro non conosceranno il tuo paese, forse solo il tuo nome, che ripeteranno, sillabe di mistero, dal gusto di racconto e villaggio sotto la pioggia.
Canteranno per te Tout Bas-Tout Bas, ninna nanna sulle immagini di Andersen, con il capitano di legno che dice :"Passate, prego. Passate!"
Passate, il sogno è là, passate sull'altra riva con l'amica lontana e il suo mantello inzuppato.
Io l'aspettavo, bambino, nelle lezioni di noia, all'ora dello studio. Lei non arrivava mai dormiva nei miei libri, febbre di racconti impossibile dolcezza.
In questa sera d'ottobre sarà là, in fondo al tuo sguardo come una febbre eterna.
Custodisco il tuo nome, che non ti racconterebbe.
La tua morte ha richiuso per me quel nome che non ti  racchiude più, perchè?
Avevo steso il mal di te  al fondo di due sillabe.
Ma tu sei più vaga, un nome leggero che non ti racconta.
Sei tu nell'ombra dei tigli e nelle risate dei bambini, negli sguardi che fuggono dalla finestra, nella freschezza dell'acqua quando c'è Disegno. 
Ho mostrato i tuoi album ai miei scolari, non ho detto che ti conoscevo...
Quando al mattino uscivi per andare a scuola in square Carpeaux, una voce ti chiamava. 
Ti rivedo.
Ti volti, vivace, la cartella sulla spalla. Hai un grembiule ricamato a quadretti bianchi e azzurri. Quel nome, gettato nella piazza d'aprile è il tuo, perchè volti la testa, il caschetto dei tuoi capelli ondeggia, e tu hai i gesti vivi e lo sguardo dolcissimo. Nathalie ti corre incontro. L'aspetti. In equilibrio su un piede solo, ti sistemi la calza, la cartella si china con la tua schiena.
Andate a scuola, laggiù, poco lontano, in un sobborgo di Parigi.
Ci sono grandi silenzi nella mia classe, come il rito dei dettati... Leggo molto lentamente, passando tra le file, talvolta mi fermo.
"Alain, dove sei rimasto? Rileggo per Alain...Punto. Fine del dettato...Scrivo il nome dell'autore alla lavagna..."
Penso un poco a ciò che faccio, durante la prima lettura. Ma dopo... Rileggo una volta per la punteggiatura, un'altra per il senso.
In quel momento, nel silenzio, tutti mantengono una parvenza di serietà, ma le parole se ne vanno un pò più lontano, lungo le vie dell'inchiostro blu.
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Il sabato, dopo la ricreazione delle dieci, ogni scolaro va al rubinetto per riempire il vasetto di yogurt. E' l'ora del Disegno.
Fuori, l'estate sonnecchia ancora  al sole biondo di fine settembre. Dentro profumo di acquerello bagnato. E un pò di trambusto.
"Maestro, posso andare a cambiare l'acqua?"  Tengo la brava infanzia al fondo delle ore dimenticate, quando mezzogiorno non arriva, quando i colori impallidiscono sui fogli inzuppati e i mormorii si spengono.
Tutta l'infanzia è lì.
Fuori, un paese approssimato, niente più grida, niente giochi, i vecchi si parlano lentamente, il tempo sembra più lungo.
Laggiù vicino alla Risle, Madame Dubois stende le lenzuola in un giardino troppo nudo, il tempo non passa.
[...]
Sono da te , questa sera, oltre i paesi, oltre l'oblunga dolcezza delle vallate. La mia vita si addormenta al fondo della tua assenza: mi sono colato addosso questa vallata per tenerti con me, per metterti sulla carta fino in fondo.
Nella pace di un paese e di una scuola, ti imparo.
C'è questo quaderno, su un banco di scolaro; ti scrivo la mia memoria.
Sono qui a metterti per iscritto, a colpi di penna, a colpi di passato: è la mia vita, il riflesso della tua memoria disegnata.
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becarey · 1 year
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Magari quelle parole mai pronunciate se le fosse portate via il vento!  Con dissapore, ad una ad una, mi è toccato inghiottirle dentro
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aalbertosousa · 9 months
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No princípio era o beijo
Almas que se despem, que se veste e revestem de luxuria, corpos que se misturam, mãos que nos predem e envolvem, que nos procuram, que nos contornam, mapeando os corpos nas almas unidas, Que bailem os sabores no palato, que nos inebrie o olfacto, sejamos pressa, vontade e consciência, sejamos a saudade morta na fúria da distancia, ai onde entre nós não reside espaço nem tempo, apenas um sentir…
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erick-saqui · 1 year
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En no ser amado sólo hay mala suerte: en no amar hay desgracia.
Albert Camus, El verano
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Bem alto no topo da árvore, oiso-te cantar, procuro-te com os meus olhos, mas encontro únicamente o teu canto, vejo os galhos que se dobram e mexem quando saltas, um frenesim, paro tudo o que faço, e se o meu dia estiver triste, tu que cantas no topo da árvore, tu que os meus olhos não conseguem encontrar, roubas-me um sorriso, e só isso era preciso.
Tina Tainá
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corpofilosofo · 6 months
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Manifesto espinosista de uma interioridade
Abro agora um campo de experimentação intensivo. Não mais palavras ao vento, desprovidas de intenção e intensidade. Minhas palavras tem valor, peso e também medida, calor de vida. Mobilizando o pensamento e o real que se faz em ação, tenciono minhas experiências por meio do discurso e expresso ideias que me são necessárias para continuar vivo e em relação. Relação comigo, relação com o outro, relação com o mundo, a natureza.
A abertura desse campo é um esforço doloroso, mas também aberto à serenidade, à receptividade. Escuta. Escutar os afetos que me percorrem e que me atravessam, olhar para as mobilidades e, pelos sentidos, guiar-me por uma racionalidade afetiva e composicional: tecendo relações entre ideias-afetos, vivências e palavras, abrir novos caminhos enquanto os percorro… tocar em movimento o fora que de dentro floresce. Sorrir para o que se pode fazer com o que acontece.
Arthur Prata
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suaarez · 8 months
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Demasiados pensamientos
Siento que tengo demasiadas ideas y pensamientos que quiero dejar reflejados por escrito, que llegado el momento no sé ni por donde empezar, resultando en que el momento de comienzo nunca llega. Se adelanta el olvido, todas las palabras que ya había planeado escribir se desvanecen de mi mente como si de una fina niebla se tratase, y de manera repentina paso de tener demasiados pensamientos a no tener ninguno.
La idea de querer conocerme mejor a mí misma a través de estas notas a veces me resulta, quizás, algo demasiado subjetivo como para poder complacer el deseo de lograr entender mejor mis propios pensamientos, o incluso de poder recordarlos con mayor facilidad; ¿acaso no están mis pensamientos restringidos no solamente por las palabras de la lengua en la que escribo, sino también por mis propias barreras sobre lo que puedo y no puedo escribir? ¿acaso la vergüenza ajena hacia uno mismo no me condiciona a la hora de escribir sobre mis propios sentimientos, los cuales se ven supeditados a la posibilidad de ser juzgados, posibilidad que mientras se encuentran ocultos dentro de mi cabeza es inexistente? ¿no estará, además, condicionada de antemano la sensación que me generarán estos textos cuando sean leídos en un tiempo futuro, ya que careceré del contexto preciso en el cual fueron escritos y me limitaré a juzgarlos desde un vago recuerdo de lo que creo que podía estar pasando por mi mente?
La postergación del momento de escritura de notas como esta no hacen más que confirmarme que rehuyo de entender mis propios pensamientos, ya que resulta mucho más sencillo dejarlos pasar fugazmente por mi mente sin pararme a reflexionarlos, dejar que caigan en el olvido para no tener que enfrentarme a ellos. Hasta que sea demasiado tarde y ya no se pueda postergar más algo que desde el inicio se sabía inevitable.
Salir de la zona de confort de no querer escucharte a ti misma es una tarea cuanto menos agotadora, pero completamente necesaria para todo aquel que no esté dispuesto a perder ni un segundo más en continuar siendo una persona que no le representa por el mero hecho de ni conocerse todavía a si misma, ni estar haciendo el más mínimo esfuerzo por descubrirse mucho más allá de lo conocido hasta la fecha.
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cafebananasecocos · 1 year
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O que aprendi quando caí
Num domingo passado fui andar de skate e caí. Estava assim, meia com sono, meia com pica mas como prefiro ir ver o mar a estar na cama, lá puxei pela segunda e saí de casa. Então levantei-e, fiz a minha morning routine do yoga e tal, e fui dar a melhor caminhada com o melhor cão, de skate na mão.
Eram antes das 8 porque a hora tinha mudado e acho que o chão estava molhado. Tenho a certeza que tinha sono e preguiça e que tinha a cabeça no ar mas estava tão dedicada a esta rotina de sair de casa, caminhar pelas dunas, sentir os sons e os cheiros do ar até chegar ao alcatrão, olhar para o mar, e por o skate a tremer debaixo dos pés. 
Adoro. Resisto porque tenho medo de cair -oh ironia, mas adoro e cada vez que vou gosto ainda mais. Gosto desta liberdade meia tosca que nos faz ter que ir mesmo quando não sabemos bem pra onde. Não sou boa a andar de skate, sou melhor sem ele, mais segura, mais solida, mas o prazer é tanto, oh tão bom, que vou. 
E então caí.
Recuperar é um processo lento. Nessa manhã magoei-me muito, tanto que pensei “poh que merda, devia ter estado quieta”. Mentira. Na verdade não pensei nada disso, pensei só “merda, já fui”. E não, também não adivinhei que ia cair, nem senti nada no ar a não ser o cheiro a mar. 
Dizem que antes de cairmos ja sabíamos que íamos cair, que havia algo dentro de nos a dizer, mesmo que baixinho, que aquilo ia acontecer. Nós sempre sabemos, andamos é distraidos, entre isto, aquilo e o ruído, o dos nossos e dos outros. Ora eu cá nao ouvi nada, nao nesse dia, e olhem que eu ouço bem quando o meu corpo fala, oh se ele fala. 
Quando caímos, sentimo-nos pequeninos, um misto de foda-se como e que isto aconteceu e dor como é que me vou safar desta. Cair é uma dança poética em que temos que aprender a para mas sem desistir de continuar a ir, em que temos que cuidar de nós mas aprender a pedir.
Eu pedi muito nesse mês de recuperação, oh se pedi. E aprendi ainda mais, ou se aprendi. Aprendi que cair pode doer muito mas que nos vamos sempre levantar, que podemos fazer as coisas sozinhos mas que e muito melhor ter companhia, que os vizinhos podem ser os nossos melhores amigos e que o amor pode bater a porta e querer entrar, mesmo quando não dá jeito nenhum.
Recuperar é um processo em esta sempre tudo a mudar. Ora nos levantamos ora voltamos a cair, ora temos energia or ficamos sem ela, hoje consigo fazer isto amanhã nada disso. Como lidar com a frustração, com os retrocessos e com a boredom? Passo a passo o que parece uma ironia quando o que está sem funcionar é o pé. 
O processo da cura também tem retrocesso. Aprender a estar ok coma dor e a apreciá-la como forma de cura. Aprender a pedir ajuda, aceitar como ela vem, pedir o que se precisa e não o que parece bem. Ouvir os conselhos bons e os que não se pediram mas vêem bem fortes e cheios de vontade de magoar.
- Ai, tiveste muita sorte, podia ter sido bem pior. Tenho um amigo de um amigo que um dia se espetou todo e ainda está à espera de uma cirurgia. Passaram 10 anos.
- O quê, caíste de skate? Primeiro tinhas que aprender a cair. Anda cá que eu vou-te ensinar a cair. Uau.
- I think you should do a fasting so your body totally focus on the healing process.
- Aaah, mas o que fizeste mesmo? Em que parte foi? Quão mau é? Quanto tempo vais ter que ficar assim? 
{ Se ao menos tivesses estas respostas para as tuas coisas.}
Mas também vêem coisas boas, até em forma de palavras que tranquilizam. 
- As vezes quebrar ajuda a reconstruir mais forte. E é tão bom, esse processo da recuperação. 
- Já passou o inchaço? Agora começa a dor boa, que é começar a mexer o pé, a sentir a evolução e, aos poucos, voltar a estar como estava mas ainda mais forte. 
- Nossa, você não pára mesmo. 
Cada pessoas vê a queda e a recuperação à sua imagem, tal como vê e sente o mundo. Ouvir, agradecer, refletir mas também não levar assim tão a sério a não ser que seja algo que valha a pena. Algo que faça sentido. 
Penso nesta viagem nesta aprendizagens, agora passadas seis semanas e com o pé quase em pé, já sem muletas mas sem nunca ter sabido ao certo o que tive. Sei que tinha que passar por isto. Mesmo com toda a incerteza e toda a dor, valeu a pena. Tal como o amor. 
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amor-barato · 4 months
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Num caminho coberto de neve, atrasa os próprios passos. Vai prestando atenção a todas as coisas vivas que não fazem barulho, tem tempo para isso. Entre uma pegada e outra não pensa em nada, observa apenas a trilha recortada que um corpo, nesse caso o seu corpo, vai deixando num mundo ímpar. Sabe que há gente que já morreu que com certeza andou por ali. Sabe que há lobos por perto e que a ventania faz das suas naquele branco sempre que pode. Nada o espanta. Tudo o excede. Caminha até parar de caminhar. E sem pensar nas coisas, é cúmplice das coisas.
Matilde Campilho – Flecha
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klimt7 · 2 years
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Il ritratto senza fine
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C’è un ragazzo che insegue profumi nel vento.
C’è un lupo nel bosco, che fiuta la neve in arrivo.
C'è un pittore che ogni giorno si spende nell’impresa eroica di tratteggiare sulla tela, il ritratto d’una sconosciuta.
E in una stanza, c'è uno scrittore che riempie il cestino di bozze, di frasi, di pensieri ed immagini, di tentativi falliti di descrivere un viso, uno sguardo, una presenza.
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"Occhi che non si dimenticano" - si dice mentalmente, nei momenti di sconforto.
"Occhi che è impossibile dimenticare " ma che è ben difficile catturare in un ritratto o in un testo, - pensa.
Le parole sembrano sfuggire da tutte le parti, ogni volta che lui prova ad usarle come tessere del mosaico che ha in mente.
Anche oggi, il cestino, nella stanza è già pieno. I fogli strappati ora coprono anche il pavimento.
Io ho raccolto solo l’ultimo foglio strappato e gettato via. Quei pensieri trasformati in una palla di carta, rotolata un pò a caso in un angolo.
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Ci sono parole scritte in fretta.
C'è un filo di inchiostro, pieno di spigoli e a tratti spezzato. Un filo d’inchiostro blu come un mare in tempesta, a increspare il foglio che resta.
A tratteggiare un volo, un impeto muto, una ricerca che non sa trovare una fine.
Ma per chi sa decifrare quella grafia, per chi sa guardare e vedere, su quel foglio c’è un volto, un profilo, un ritratto interrotto...
 
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“Era diversa da tutte. Forse semplice per certi versi, ma complicata e un po' folle per altri. Un’anima che viveva al confine, al limite fra la neve e la roccia scabra di certe cime.
Un viso serio in cui il sorriso, un vero sorriso di cuore, appariva di rado. Fulmineo come lampo inatteso.
Per il resto del tempo era sostituito da una maschera di indifferenza, la corazza più dura e spessa per proteggersi.
Era un viso sopra-pensiero, malinconico il più del tempo, e forse un poco arrabbiato con la vita.
Ma dietro quell’apparente severità, una dolcezza infinita attendeva d’esser trovata.
Una dolcezza che aspettava un qualcuno, così paziente, da arrivare a farla tornare a galla, da profondità oceaniche, sommersa com'era stata, da centinaia di silenzi inghiottiti dentro certe sere amare come accade in certe famiglie, dove l'empatia, come oasi nel deserto, si fa miraggio, allucinazione e sentiero smarrito sotto quella stessa sabbia che asciuga e brucia gli occhi, dopo il pianto.
Ma in Lei c’erano anche risate scroscianti e desideri sopravvissuti agli anni. E c'erano tenerezze che da tempo attendevano di diventare reali e ali rattrappite da una lunga stagione d’abbandono.
Soprattutto c’erano sogni.
Cumuli interi di sogni, come al mattino per terra, la neve.
Sogni segreti e tremanti, quasi nidi di gru ad ottobre, in attesa di prendere il volo per il viaggio definitivo.
Un andare che somigliasse al mattino, al giardino segreto che ognuno di noi coltiva fin da bambino.
Un volo che risuonasse del suono dell’acqua che ride nello zampillare delle fontane.
Lei è viaggio.
Nei suoi occhi, l’emozione, trascorre rapida, come il vento di luce e brividi che accarezza le foglie dei pioppi.
A maggio...
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becarey · 1 year
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Sapevamo che era sbagliato
ma ci cascammo lo stesso
chini (e nudi)
ai piedi dell’ansia di ritrovarsi tremendamente soli
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ldestarrow · 1 year
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Suspiro de dúvidas
É complicado,
Sempre será…
Existir em meio a esta névoa espessa,
Que queima meus pulmões,
Me faz fraco.
Névoa invisível,
Indiferente a consciência alheia.
Faz de conta.
Mas se eu não enxergo,
Muito menos percebo,
Muito menos compreendo.
Por compreensão me refiro a pessoas
Por percepção me refiro a mim,
Enxergar é sobre a vida.
Então sigo empurrando com o que resta de força,
Morrendo junto ao encerrar do relógio de cada dia,
Com minha consciência em suspenso.
Não sei se já acostumei
Ou me tornei mais forte,
Cogito até a ideia de já ter me entregado à loucura.
Insanidade.
Desespero.
Agonia.
Devaneio…
Ciclo.
Seria eu uma máquina semi consciente, vivendo em meio a gente?!
Devaneio novamente.
Seria este o meu inferno ?
O que só prova que não sou boa pessoa,
Ou fui.
Condenação.
Porquê você não me rasga por inteiro, meu carcereiro?
A dor é pouco pra mim?
Mereço realmente ficar suspenso nesse mar de agonia e dúvidas?!
Sou tão ruim assim?!
Talvez meu subconsciente tenha se entregado a essa condenação eterna.
Talvez eu seja uma criação advinda de um barro podre e fétido,
Somente esse fato já explicaria bastante.
Me leve embora, Morpheus, senhor dos sonhos.
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erick-saqui · 1 year
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Pero si se renuncia a una parte de lo que se es, uno tiene que renunciar a ser; y, en ese caso, hay que renunciar a vivir o amar.
Albert Camus, El verano.
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O teu rosto agora é apenas uma memória,
mas quer queiras acreditar ou não, ainda sinto o nosso último abraço.
Os meses passam,
as folham caem agora, o inverno voltou, foi o primeiro Verão sem ti.
Continuo sem palavras para descrever a saudade que deixas-te, é um esforço ingrato sem frutos nem retorno.
Pouco depois de teres partido, voltei à quinta, o portão estava fechado e a porta de casa também, os gatos estavam estranhos, inseguros, carentes de ti e do teu sofá, de comida e afetos, tudo estava tão vazio, sentei-me nos bancos verdes, não sabia onde pousar os olhos, tudo parecia irreal, trouxe uma planta que estava à tua porta, queria algo teu, que possa olhar e acarinhar. Quando me fui embora, os gatos choravam, eles e eu, ajoelhei-me junto ao portão, limpei as lágrimas e agarrei na terra debaixo de mim, está aqui no vaso onde cresce a planta que trouxe comigo.
Não voltei mais por lá, fiz questão de saber dos gatos, se tinham comida se alguém os atendia, disseram que sim, nada mais posso fazer, é assim quando alguém sai de repente sem aviso prévio, de um golpe, de repente.
Os dias marcam-se pausados, tu sabes no meu tempo tudo é devagar, eu e o meu cão, tu sabes,
adeus meu querido e tão amado, amigo.
Tina Tainá
Beira alta, 09 de Novembro, 2022.
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