Tumgik
#frasi sulle serie tv
the-bubble-girl · 8 months
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"-Il tempo cambia ogni cosa."
"- È quello che dicono, ma non è vero. Saper reagire cambia le cose. Restare immobile lascia ogni cosa così com'è."
- Dr. House (serie tv)
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carmenvicinanza · 5 months
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Sinéad O’Connor
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Le malattie mentali sono come le droghe, sono uno stigma. All’improvviso, tutte le persone che dovrebbero amarti e prendersi cura di te ti trattano male.
Sinéad O’Connor, cantautrice irlandese, è stata tra le più importanti protagoniste del rock tra la fine degli anni Ottanta e i Novanta.
Dotata di uno straordinario talento di vocalist, ha sempre condotto una vita sopra le righe, fatta di provocazioni, tumulti e ribellione. Chi ha vissuto in quegli anni ricorda il suo debutto completamente rasata o quando ha strappato in diretta tv una foto del Papa, fino alla decisione di farsi ordinare suora, prima, e di convertirsi all’Islam, poi.
Amata e venerata in tutto il mondo, controversa e sempre sorprendente, negli ultimi anni della sua vita, era stata quasi completamente dimenticata. 
Nata a Dublino l’8 dicembre 1966, in un sobborgo operaio, ha avuto un’infanzia traumatica. A 9 anni, dopo la separazione dei genitori, era stata affidata alla madre, alcolizzata e con problemi psichici che l’aveva costretta a ogni tipo di molestie, fisiche e psicologiche. In un’intervista ha raccontato che la genitrice aveva una stanza della tortura, dove si divertiva a picchiarla e umiliarla in ogni modo. Successivamente il padre l’aveva presa in custodia affidandola a diversi collegi cattolici. Ribelle e provata dalla sua storia personale, era stata espulsa dalla scuola, arrestata per furto e rinchiusa in un riformatorio. La sua unica valvola di sfogo è sempre stata la musica.
Ha studiato piano e voce al Dublin College of Music. A 14 anni si è unita al gruppo In Tua Nua con cui ha esordito come autrice nel brano Take My Hand, diventato un successo nel 1984.
Nel 1985 si è trasferita a Londra per lavorare al suo primo album in studio da solista The Lion and the Cobra, da lei stessa scritto e prodotto, pubblicato due anni dopo con un immediato successo di pubblico e critica, che l’ha portata a intraprendere un tour attraverso l’Europa e gli Stati Uniti.
Nel 1989 ha esordito come attrice nel film Hush-a-Bye Baby.
Il successo mondiale è arrivato nel 1990 con Nothing Compares 2 U una struggente ballata romantica che ha raggiunto i vertici delle classifiche mondiali diventando il singolo più venduto dell’anno. 
Ha preso parte al concerto The Wall – Live in Berlin organizzato da Roger Waters a Berlino il 10 settembre 1990, interpretando il brano Mother insieme a The Band.
Nel 1992 è uscito il suo terzo album Am I Not Your Girl?, composto da una serie di omaggi a celebri standard jazz che abbracciano circa sessant’anni di storia della canzone, più l’inedito Success Has Made a Failure of Our Home di cui è stata autrice.
L’8 ottobre dello stesso anno, cantando il brano War di Bob Marley durante il programma televisivo della NBC Saturday Night Live, cambiò alcune frasi dell’ultima strofa, facendo esplicito riferimento alla pedofilia di cui erano stati accusati membri della Chiesa cattolica negli Stati Uniti d’America e al termine dell’esibizione strappò davanti alla telecamera una foto di Papa Giovanni Paolo II dicendo: Fight the real enemy! («Combattete il vero nemico!»).
I suoi successivi dischi non hanno più ottenuto particolari consensi, anche per via del diradarsi delle sue apparizioni pubbliche e alla scarsa promozione dei suoi lavori.
Alla fine degli anni novanta è stata ordinata da un movimento cattolico indipendente, decidendo di farsi chiamare Madre Bernadette Mary, annunciando nel 2003 di avere intenzione di abbandonare l’industria discografica. Pur continuando a esibirsi dal vivo, nel 2005 ha dichiarato in un’intervista che la sua missione era “salvare Dio dalla religione“. 
Affetta da disturbi psicologici e da dipendenze varie, ha annullato vari tour e pubblicato dichiarazioni allarmanti sulle sue condizioni.
Il 26 agosto 2014 è uscito il suo ultimo album I’m Not Bossy, I’m the Boss che raccoglie ballate dolenti accanto a pezzi rock.
Il 19 ottobre 2018 ha annunciato pubblicamente di essersi convertita all’Islam adottando il nome di Shuhada’ Sadaqat pur mantenendo il nome di battesimo per i propri impegni professionali.
Nel 2021 ha pubblicato la sua autobiografia Rememberings.
Il 7 gennaio 2022 suo figlio Shane di soli 17 anni, viene ritrovato morto dopo che era fuggito da un centro psichiatrico dove era ricoverato per aver manifestato tendenze suicide.
Sinéad O’Connor è stata trovata senza vita nel suo appartamento londinese il 26 luglio 2023.  
I funerali si sono tenuti l’8 agosto a Bray nella Contea di Wicklow, dove la cantante aveva vissuto per quindici anni, alla presenza, fra gli altri, del presidente irlandese Michael D. Higgins con sua moglie e di Bob Geldof, suo amico di lunga data. Migliaia di persone sono accorse a renderle omaggio.
Un’artista eccezionale, tenuta a lungo ai margini per i suoi problemi, ha fatto la storia della musica eppure è stata devastata dal suo male di vivere. Ha provato a cercare conforto nella musica, nella droga, nella religione, ma niente è riuscito a salvarla.
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Ho provato con la normalità ma ho preferito essere felice
Gio Evan
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romyy999 · 3 years
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Quanto ci possiamo sbagliare anche sulle persone che conosciamo meglio.
- Il paradiso delle signore (@romyy999)
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Ci sono persone che quando hanno sofferto scelgono di non affezionarsi più, per potersi proteggere.
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Niente è sacro. Ogni dono che ci è stato dato, ogni risorsa che scopriamo, ogni cosa nuova e splendente che attira il nostro sguardo noi la inquiniamo, la disprezziamo, la violiamo. Diciamo a noi stessi che è il progresso, vendendoci a vicenda i frutti della nostra distruzione, non preoccupandoci di ciò che perdiamo, agitandoci nel nostro risveglio.
Takeshi Kovacs (Altered Carbon)
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corallorosso · 2 years
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“Si è sputato sulla mano e mi ha dato uno schiaffo sul sedere” Greta Beccaglia ricorda tutto con estrema lucidità. E prova rabbia. "Mi sento oltraggiata, violata", dice quando racconta cosa è accaduto all'esterno dello stadio ‘Castellani' (...) Perché, le ha rinfacciato l'ignorante di turno sui social e nella vita reale, indossava un jeans attillato e quello schiaffo sul sedere un po' se l'è cercato. Ironia della sorte, nel week-end in cui la Serie A aderiva alla campagna contro la violenza sulle donne (...) "Mi sono anche sentita in colpa – ha aggiunto la reporter -. Mi sono detta che quei jeans non dovevo metterli, che non dovevo andare dove escono i tifosi. Mi sono anche chiesta se avevo qualcosa di sbagliato". La reazione immediata "aiutatemi a trovarlo", è servita a elaborare il disagio della situazione: Beccaglia lo ha fatto condividendo il video affinché quella persona fosse identificata così da denunciarla, soprattutto alla luce delle indagini che la polizia sta già svolgendo. "Mi hanno trattata come un palo da prendere a calci per sfogarsi – ha ammesso al Corriere della Sera -". La ricostruzione parte da questa considerazione dolorosa e molto amara: aziona la sequenza videoclip e, frame dopo frame, ripercorre ogni attimo: la pacca molto forte del primo tifoso ("prima si è sputato sulla mano e poi mi ha dato uno schiaffo sul sedere che mi ha fatto male"), le frasi altrettanto pesanti di un altro paio di sostenitori e "un altro uomo incappucciato che mi è venuto addosso e mi ha toccato nelle parti intime". Nonostante tutto Beccaglia ha mantenuto la calma: "Questo non lo puoi fare", ha detto rivolgendosi al suo aggressore in diretta TV conservando un "atteggiamento professionale nei confronti dei telespettatori". Quattro istantanee molto chiare: non servono altre parole a corredo di quei due minuti e mezzo di collegamento tremendi. E la cosa che le ha fatto veramente male è stata anche un'altra: "Nessuno intorno a me ha detto niente. Tutti vedevano, ma nessuno interveniva". Quanto al "non te la prendere, andiamo avanti" pronunciato in studio dal collega, Giorgio Micheletti, ha aggiunto: "È un professionista serio. Non s'è reso conto di quello che realmente stava accadendo. Si è scusato molte volte e mi ha invitata a denunciare tutto". Maurizio De Santis
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blondeannalisa · 3 years
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Pioggia
Ciao, sono Annalisa, oggi sono stata molto fortunata. Può essere lo sia in assoluto. Ma un’ora fa, se qualcuno me l’avesse detto, gli avrei menato. Sto parlando di una cosa di cui magari a voi non frega un cazzo, ma a me sì. E’ stato quando la prof mi ha vista e mi ha detto “Ah, ma se c’è anche lei facciamo tutto stasera”. Le ho risposto che sì, insomma, a dire il vero l’esame era previsto per il pomeriggio successivo, io ero solamente venuta a vedere... Però quando una che ha assoluto potere su di te ti risponde “ma non è detto che domani sera sarà più facile” che fai? Che le dici? Io ho detto “va bene”, avrei voluto vedere voi. Anche se tra me e me pensavo “ma guarda tu sta fija de ‘na mignotta, stai a vedè che per questo esame del cazzo mi rovino la media...”.
 E invece no, è andata benissimo. Mi ha pure fatto i complimenti, mi ha detto “signorina, ce ne fossero come lei...”. E’ una un po’ fissata con il fatto che le donne sono sempre state discriminate a proposito di matematica. Mi è pure sempre stata simpatica anche se, appunto, la materia è un po’ del cazzo. Ma in quel momento l’avrei strozzata.
 Comunque ci siamo rivisti tutti al bar, dopo l’esame. Eravamo in sei, eh? Non è che a matematica ci siano tutte ste frotte di gente agli appelli. Anche i miei compagni, quando hanno saputo l’esito, si sono affrettati a sottolineare “ma che culo, Annalì”. Non nel senso in cui in genere me lo dicono. Intendevano proprio la fortuna. Ahò, ma che cazzo volete? Si vede che avevo studiato.
 Già mi pregustavo i complimenti al mio ritorno a casa, avevo in mano le chiavi della macchina. L’unico vero vantaggio di fare un esame a quest’ora del pomeriggio, per la verità si erano fatte le sette, in questa villa fuori dalla città universitaria, è che si trova parcheggio abbastanza facilmente. E della macchina, oggi, ne avevo proprio bisogno. Perché sono tre giorni che piove a dirotto. Ma forte, eh? E non smette mai. Al massimo rallenta un po’ e poi ricomincia.
 A me non è che la pioggia dia fastidio, anche se la gente comincia già a rompere i coglioni dicendo che un tempo così non c’è mai stato. Ora, a parte il fatto che non è vero, di che cazzo vi stupite? Siamo agli inizi di dicembre, è autunno, piove! Fa il dovere suo. E quando fa 27 gradi a Natale che vi dovete preoccupare.
 Anyway, stavo per salutare e andare via quando a qualcuno è venuta la bella idea di festeggiare a cena. Declinare mi è stato praticamente impossibile, perché sono partiti una serie di appelli molto gentili, del tipo “dai, Annalì, non fare la stronza come al solito” che non me la sono sentita di rifiutare. E’ stata Elena a convincermi. Non tanto per il suo “viene pure Gilberto”, che io ho registrato mentalmente con un sarcastico “ah beh, allora...”, quanto perché ha detto “viene pure Gilberto e offre lui”. Ok, già va meglio. Sto Gilberto è il suo ragazzo ed è impaccato di soldi, suo padre gli ha comprato – non affittato, comprato – una casa dalle parti del Colosseo dove vivono insieme. Voglio dire, io con Gilberto non ci vivrei mai, ma se a lei piace... No, ok, esagero. Sono carini. Una volta mi hanno invitata a una festa da loro ed è lì che ho conosciuto le mie amiche Serena e Giovanna. Almeno questo glielo riconosco, glielo devo. E poi non è che i miei compagni mi stanno sul cazzo. Sono bravi ragazzi. Non li trovo interessanti, d’accordo, ma per una sera...
 L’unico dubbio mi viene al momento in cui mi annunciano la destinazione: “Da Eataly? Cazzo, ma è dall’altra parte della città, con questa pioggia ci sarà un traffico terrificante, non si può fare altrove? Più vicino?”. No, non si può fare, hanno tutti voglia di andare da Eataly. Mi carico in macchina Elena e partiamo. Durante il viaggio si parla del più e del meno. Si vede che lei è molto compresa nel suo ruolo di ragazza-fuorisede-che-convive-con-il-suo-ragazzo-fuorisede e che le piace molto giocare all’adulta. A me pare molto buffa, ma non gliene voglio, anche se quando mi domanda “ma tu ce l’hai il ragazzo, Annalisa?” a me sembra che voglia più che altro sottolineare la nostra differenza di status. Ma forse mi sbaglio.
 No. No, non ce l’ho il ragazzo. Sì, è vero, sarebbe carino avercelo, ma finora non ho trovato nessuno che.. e poi preferisco pensare solo a studiare, ci tengo molto a finire il prima possibile. Sì, ok, d’accordo, ma come mai, tu così carina, eh lo so ma che ci vuoi fare, ogni tanto qualcuno che sembra interessante lo trovo ma poi... sai com’è, vogliono solo quello. Frasi così, chiacchiere sconclusionate che per fortuna si fermano sempre abbondantemente prima di toccare argomenti più scabrosi. Elena non è il tipo da chiederlo e io certo non mi sogno di rivelarle che razza di troia stia in questo momento al volante, figuriamoci.
 Il problema è che, mentre parliamo, all’argomento “ragazzo” inizio a pensarci io, in piena autonomia, tra me e me. E non mi ci vuole poi molto per fare l’upgrade “ragazzo-sesso”. Anche perché son quasi due mesi che non faccio nulla, ma proprio nulla a parte le (poche) avventure in solitario nel mio letto.
 L’ultima volta è stato con Fabrizio, il più classico degli scopa-amici. L’avevo cercato dopo due esperienze che mi avevano lasciata, per usare un eufemismo, parecchio turbata.
 Essere stata beccata a scoparmi uno dentro casa sua dalla moglie, essere stata menata e buttata fuori di casa nuda sul pianerottolo, sempre dalla suddetta moglie, già mi aveva scossa e non poco. Trovarmi un paio di giorni dopo a essere aggredita insieme alla mia amica Serena dentro la Rinascente da un pazzo omofobo era stata la ciliegina sula torta.
 Ero stata io a cercare Fabrizio, a chiedergli se quella sera fosse libero. Senza ipocrisie, tra noi non ce n’è bisogno. Mentre ero a gambe aperte sotto di lui, mi aveva detto “ma quanto sei troia stasera? sei già venuta sei volte”. Appena finito di dirmelo è arrivata la settima. Io lo adoro, Fabrizio. E non solo perché mi scopa benissimo, ma anche per questi particolari. Perché tiene il conto dei miei orgasmi e perché mi chiama troia come un altro in quei momenti mi chiamerebbe amore mio. Io, troia, lo preferisco. Anche perché nessuno mi ha mai detto amore mio. Sì, oddio, quando ero al liceo ogni tanto c’era qualcuno che lo faceva. Di solito dopo che gli avevo fatto un pompino, a volte anche prima. C’è sempre qualcuno che si innamora o pensa di farlo.
 Ma la verità è che quella sera non ero andata da lui perché volessi farmi chiamare troia. E nemmeno perché avessi voglia solo di essere scopata. In realtà avevo voglia di essere scopata prima e abbracciata dopo. Coccolata. Che avete da guardarmi in quel modo? Anche a me piace essere coccolata, sapete? E che cazzo...
 Comunque, l’ultima volta è stata quella, quasi due mesi fa. Poi Fabrizio è partito. Lui lavora in uno studio di progettazione, è ingegnere idraulico o qualcosa del genere. Arabia Saudita, fino a Natale. In realtà, mi ha spiegato, va più che altro a fare il garzone di bottega, altro che ingegnere. Ma pare che sia la prassi. Ci sono rimasta talmente male a sapere che partiva che gli ho estorto – sì, io, proprio  io – un appuntamento per il suo ritorno. In quel momento non avrei proprio voluto che se ne andasse, e fargli promettere che ci saremmo rivisti al suo ritorno mi era sembrato l’unico modo per lenire il dispiacere.
 Così mi sono buttata sulle lezioni, su questo cazzo di esame a dire il vero molto facile, sono stata molte sere a casa, ho visto le mie amiche. Anche Serena, naturalmente. Con la quale però non c’è stato più nulla, da quel punto di vista. Ho fatto la brava, insomma, la bravissima. E volete sapere una cosa? Non ho nemmeno avuto bisogno di sforzarmi tanto. Ecco.
 Solo che, adesso che sto in macchina con Elena e lei mi chiede come mai una come me non abbia un fidanzato che-a-te-i-ragazzi-dovrebbero-correrti-dietro-mamma-mia, penso in effetti quasi due mesi senza combinare nulla di nulla mi sembrano un periodo piuttosto lungo. Tanto lungo da pensare che forse vale la pena di aspettare qualche giorno e raggiungere i due mesi tondi tondi e intanto fare qualche calcolo per cercare di stabilire se sia o meno un record.
 E invece no, un attimo dopo penso che ho voglia, anche se non so esattamente di cosa. Un attimo dopo ancora capisco di cosa ho voglia: ho voglia di farmi riempire la bocca. Sì, un pompino. Di quelli nemmeno troppo delicati. Odore, sapore e dominio incontrastato di un cazzo nella mia bocca. Anzi no, nemmeno questo a dire il vero. Sì, ok, lo so che vi do ai nervi, ma aspettate un momento, cavolo, sto mettendo a fuoco! Un pompino ok, brutale ok. Ma in realtà, quello che voglio è bere. Bere sperma. Ecco. Sì è questo. Ho una formidabile voglia di ingoiare sperma, in questo momento. Anche se so perfettamente che, vista la compagnia, si tratta di una voglia che di sicuro non esaudirò stasera.
 Non lo so, sono confusa. A tutto pensavo tranne che a questo, quando sono uscita di casa.
 - Cosa stai pensando? – mi domanda Elena. Non so nemmeno da quanto tempo la ascolto senza sentire quello che dice.
 - Scusa – le rispondo – stavo pensando che per festeggiare stasera vorrei bere qualcosa di speciale.
 - Per ora c’è solo acqua – commenta lei. La pioggia batte fortissimo, di là dal vetro faccio fatica a vedere le macchine davanti.
 Il “qualcosa di speciale” è alla fine una birra artigianale, anzi due. Ma per il resto non è che la serata sia il massimo della convivialità. Mangiare, si mangia bene, eh? Non fantastico, ma si mangia bene. Però, un po’ perché i miei amici non sono proprio una banda di allegroni, un po’ perché non ci fanno nemmeno accostare i tavolini, la serata è davvero moscia. La mia proposta di vendicarci dei camerieri parlando ad alta voce da un tavolo all’altro e tirandoci le molliche di pane viene, tra l’altro, bocciata. Ho di fronte a me un tipo, Enrico, che d’ora in poi chiamerò “Harry tre parole”, perché in tutta la cena avrà spiccicato tre parole, appunto. Vi lascio immaginare i discorsi e il divertimento. Mi annoio come in una serata passata davanti alla tv a guardare la De Filippi.
 Fortunatamente agli altri tavoli c’è un po’ di turn over, così almeno posso distrarmi con la gente che va e viene. Proprio davanti a me, due postazioni più in là, a un certo punto arrivano due coppie. Non li osservo uno per uno, almeno all’inizio, mi mantengo su una visione complessiva del quartetto, per così dire. Solo che quello che sta proprio di fronte a me, a meno di una decina di metri, mentre si siede mi fissa. E mentre mi fissa viene anche a me da fissarlo. Per reazione, più che altro. Non so dire bene che età abbia, intorno ai trentacinque, direi. Ma è davvero difficile, non ci scommetterei. Sono tutti e quattro vestiti molto casual, con jeans e maglioni. Come me del resto. Qualche secondo dopo volto lo sguardo e vedo che mi sta riservando un’occhiata clandestina, poi si sporge un po’ in avanti per dire qualcosa a quella che presumo sia la sua ragazza e finisce sotto la luce della lampada. Non è per niente male. Che sia alto, asciutto e con le spalle larghe me ne ero accorta prima. Ora posso vedere meglio e suoi riccetti corti e castano-chiari, gli occhi azzurri. E, soprattutto, un sorriso da canaglia.
 “Mica male”, penso rimanendo un po’ imbambolata. Lui muove ancora una volta gli occhi nella mia direzione e si accorge che lo sto osservando. Ricambia. Ehi, ma tu sei un uomo, io sono solo una ragazzina. Te ne dovresti accorgere dai miei occhioni spalancati e dal ditino che porto alle mie labbra fingendo di mordermi un’unghia nervosamente. Una ragazzina un po’ impertinente, d’accordo, visto che col cazzo che abbasso lo sguardo, aspetto che sia tu a farlo. Del resto, è uno dei miei giochi preferiti prendere in castagna uomini più grandi di me che mi lanciano occhiate eloquenti di nascosto dalle loro compagne. Mi diverte da matti.
 Tra una chiacchiera e l’altra con le nostre rispettive compagnie il gioco di occhiate va però avanti più del solito. Così decido di giocare un po’ più pesante. Mi alzo e vado verso la cassa a pagare la terza Menabrea, accentuando impercettibilmente il mio naturale sculettamento. Credo che le forme del mio sedere e i jeans stretti facciano il resto. Quando torno a voltarmi verso di lui avanzo bevendo direttamente dalla bottiglia, fissandolo. Arrivo al mio posto e mi siedo continuando a bere dalla bottiglia. Fissandolo. Non ho staccato gli occhi dai suoi nemmeno per un’istante. Sono sfacciata e mi godo il gioco sino in fondo, proprio sulla soglia dell’eccitazione.
 Purtroppo però l’ora di andarsene arriva troppo presto. E poiché il conto lo abbiamo già pagato prima di mangiare, non ci resta che alzarci, metterci i giacconi e scendere. Il boato di un tuono sottolinea il momento. Oltre le vetrate l’acqua riprende a scendere a secchiate.
 Mi volto un’ultima volta, di nascosto. Lui mi sta osservando ancora e si accorge che lo sto guardando anche io con la coda dell’occhio. Spero che possa vedere il mio sorriso, spero che capisca che mi sono divertita.
 Pianto i miei compagni con una scusa. Anzi due, visto che la prima non basta. “Ciao ragazzi, devo andare al bagno”, “dai ti aspettiamo”, “no, ma poi volevo anche fare un giro a cercare una marmellata di mandarino tardivo per mia mamma”, “ah ok, allora ci vediamo a lezione”, “sì, ci vediamo a lezione, ciao ragazzi”. Mi dirigo verso i bagni e, già che ci sono, faccio pipì, compiacendomi della mia innata capacità di inventare cazzate su due piedi.
 Non è che abbia proprio un programma, mi va semplicemente di continuare il gioco, vedere se funziona ancora con qualcun altro. Sì, è vero, non sono appariscente stasera, ma gli sguardi li ho sempre attirati. E stasera ci ho preso proprio gusto. Voglio attirare sguardi e rispondere agli sguardi, altro che mandarino tardivo.
 L’idea è divertente, la sua realizzazione pratica molto meno. Soprattutto perché non mi si caga nessuno. Tranne uno, in realtà, una specie di sosia di Danny De Vito che è meglio perderlo che trovarlo. La cosa mi indispettisce non poco, come sempre quando va così. Anche perché, ma cazzo, fino a cinque minuti fa funzionava benissimo. Forse proprio per questo decido di fare una cosa che non ho mai fatto. Non da sola almeno. Vado alla birreria, direttamente al bancone, mi siedo su uno sgabello alto e aspetto di essere servita dal ragazzo. Assumo un’aria civettuola perfino con lui, faccio l’oca. Voglio proprio vedere se qualcuno si avvicina.
Vorrei chiarire una cosa: non ho voglia di essere rimorchiata. Non ho voglia di sesso. Sì, lo so che prima in macchina avevo pensato che fare un pompino del tutto senza senso a qualcuno e bere il suo sperma non sarebbe stata per nulla una cattiva idea. Ma quel momento è passato e dopo il gioco degli sguardi con il riccetto, interrotto dagli eventi, la mia immaginazione mi ha portata da tutt’altra parte.
 Comunque niente, eh? Non succede un cazzo nemmeno qui. Dopo un po’ l’unica cosa che mi trattiene dall’andarmene è che fuori è ormai un nubifragio vero e proprio e che io ho lasciato la macchina al parcheggio più lontano, cretina che sono.
 Poi però una cosa succede, cazzo. Succede che il riccetto di poco fa è seduto con la sua ragazza e l’altra coppia su un divanetto della caffetteria, e mi ha vista. E che porco cane la situazione non è esattamente quella di prima, quando stavamo a scambiarci occhiate ognuno al riparo delle proprie compagnie. Manco per niente. Quella che lui sta osservando adesso è una ragazzina bionda con la faccia da adolescente che sta facendo l’oca con il ragazzo delle birre e che  ha in pratica un cartello addosso con su scritto “sono una troietta, che aspettate a farvi avanti?”.
 Non so nemmeno io perché, ma improvvisamente mi sento a disagio, mi vergogno. Cioè, non è proprio vergogna. E’ che il gioco con questo tipo è andato anche troppo avanti, mentre a me questo gioco piace perché è fatto di momenti, sguardi allusivi. A me diverte fare l'oca con gli uomini quando sono in compagnia delle loro donne, è vero. Divertono le piccole provocazioni, mi piace l'ammirazione clandestina che leggo nei loro occhi e godo nel vedere come reagiscono quando si accorgono che non volto la faccia dall'altra parte, che li fisso con un'espressione a metà tra l'ironico e il malizioso che dice "ah, se fossimo soli".
 Quasi mi vergogno a scrivervelo, ma in realtà tutto quello che volevo quando mi sono seduta al bancone era essere abbordata da qualcuno, ma non dal riccetto. Con quello meglio di no, troppo pericoloso per questo tipo di gioco.
 Mi andava solo di fare la troietta idiota, rifiutare le eventuali avances di un tipo qualsiasi, almeno per l’immediato, facendogli però capire che uno di questi giorni sarei stata molto più che disponibile a restare come mamma mi ha fatta davanti a lui, dargli un numero di telefono fasullo e lasciarlo all’asciutto. Per poi tornare a casa e sditalinarmi nel mio letto immaginando come sarebbe stato farmi scopare da lui in centouno modi.
 Scema, vero?  Me l’hanno detto in tanti. In ogni caso, il numero del Servizio di igiene mentale della mia zona è 06 7730 8400. Magari potreste volermi fare un favore e segnalare il mio caso.
 Mi alzo quasi di scatto e imbocco il tapis roulant che scende al primo piano, all’uscita. Nubifragio o non nubifragio è meglio levare le tende.
 Solo che, ecco, chiamatelo intuito femminile o come cazzo vi pare, ma sento di essere seguita, sento una presenza alle mie spalle. Non è che ci sia poi tanta gente su questo tapis roulant, sono quasi certa che se mi voltassi lo vedrei. E questo è il motivo per cui non mi va di voltarmi. Il motivo per cui invece mi volto ve l’ho detto prima: sono scema. E’ così, fatevene una ragione che io me la sono fatta da un pezzo.
 L’occhiata che ci scambiamo per un paio di secondi che sembrano interminabili è completamente diversa da tutte quelle che l’hanno preceduta. La mia è l’occhiata della preda che ha individuato il predatore e che viene assalita dal panico perché non sa dove cazzo andare a nascondersi.
 Chiariamoci: a me piace sentirmi preda. A patto però che il cacciatore lo scelga io. Altrimenti ho delle reazioni che variano dall’indifferenza al vattelapijanderculo, dipende da una serie di fattori. In questo caso il cacciatore non è nemmeno male, ve l’ho detto. Ma non l’ho scelto io.
 Avete presente quando fate una cosa e immediatamente dopo vi chiedete "ma perché cazzo l'ho fatto?". E vi date pure della cretina, perché non è che avete seguito un impulso, manco per niente. Avete pianificato le cose, avevate una strategia. E d'improvviso, puff: ma perché ho fatto una stronzata del genere? E’ esattamente quello che è successo. Lui è dietro di me e, a meno che non si tratti di una coincidenza assurda, si appresta a tirare fuori il gancio per il rimorchio. D'improvviso tutto mi sembra implausibile, inattuabile. Inutile, persino. E anche un po' imbarazzante. Voglio dire, io volevo solo giocare e adesso mi trovo a dovere fare i conti con le conseguenze del mio gioco.
 Non sento il rumore delle porte automatiche che si richiudono. Non so se è a causa del fracasso della pioggia sul selciato o del fatto che qualcuno è passato dopo di me e ne ha ritardato la chiusura. Piove da matti, adesso. Non si vede nulla e dalla fine del porticato alla mia macchina ci saranno almeno cento metri allo scoperto. Mi fermo giusto un paio di metri indietro dalla fine della copertura. L’acqua cade talmente forte che le gocce rimbalzano e arrivano a bagnarmi. Ma non è questo su cui sono concentrata, sono concentrata su una cosa che sta per succedere, che è inevitabile che succeda.
 “Ciao, come ti chiami?”, penso tra me e me.
 - Ciao – dice una voce alle mie spalle.
 - Ciao – rispondo dopo essermi voltata lentamente. Una lentezza che mi sono imposta.
 - Che acqua, eh?
 - Già.
 - Io sono Marco.
 - Io Annalisa.
 Nonostante il buio mi è talmente vicino che posso vederlo meglio di come abbia fatto prima. Probabilmente ho fatto male i miei calcoli, credo che abbia di più dei 35 anni che gli davo. E’ molto giovanile nei modi e nel vestire, ma certi dettagli non mentono. Il contorno occhi, per esempio.
 - Stai andando a casa?
 - Sì.
 - Anche io. Vado a prendere la macchina.... inutile bagnarsi in quattro.
 Fisicamente non potrebbe essere più diverso, ma parla come Silvio Muccino, ha persino la zeppa di Silvio Muccino. E’ incredibile quanto sia identico. Per il resto no, per il resto è davvero un bel manzo. Vista l’età dovrei dire un bell’uomo. E non posso non notare il suo modo timido di atteggiarsi, quasi premuroso, che si annulla completamente quando sfodera il sorriso da canaglia. E’ obiettivamente un sorriso fatto per stenderti.
 - Ho visto che mi guardavi – dice.
 - A dire il vero hai cominciato tu...
 - Mi sei piaciuta, non hai mai abbassato gli occhi.
 - Era un gioco...
 - Che tipo di gioco?
 - Nulla una cazzata...
 - Potremmo riprovare a giocare, una sera di queste...
 Istintivamente starei per dirgli “ma no dai, lascia perdere”. Poi mi fermo, senza un motivo. Gli squilla il telefono e mi dice “scusa” prima di rispondere. Dice, presumo alla sua compagna, che è meglio aspettare che spiova un po’, che è una tempesta, che per strada è un lago. E che chiamerà lui quando starà per arrivare, che forse ci vorrà un po’. Mi torna in mente Elena, quando mi ha chiesto se avessi un ragazzo, mi torna in mente il suo ingenuo senso di superiorità. E però immediatamente dopo mi torna anche in mente il pensiero osceno che le sue parole mi avevano portata a fare.
 Per la verità, non so nemmeno io di che cosa ho voglia in questo momento. Sì, ok, farmi riempire la bocca in modo insensato, bere sperma. Avevo pensato questo. Ma ora come ora non saprei nemmeno dire se ho voglia di qualcosa di più. O di meno. O di nulla in assoluto. Mi sento confusa e anche abbastanza idiota.
 - Certi giochi ha senso portarli in fondo una volta che si sono cominciati... – gli dico d’impulso una volta che ha chiuso la telefonata.
 - Cosa intendi dire con “portarli fino in fondo”?
 E’ chiaro che ha capito. O meglio, spera di aver capito. Ma è ancora guardingo.
 - Intendo dire che potresti baciarmi – gli faccio avanzando di un passo verso di lui.
 Si volta per guardarsi alle spalle ma non ce n’è bisogno. Ci siamo solo io e lui qui sotto il porticato. Pochi metri più in là tonnellate di acqua che scendono con violenza. Mi afferra la mano e mi trascina dietro un angolo buio e qui sì che ci bagnamo, cazzo. Ci schiacciamo contro il muro, ma la tettoietta che è sopra di noi è troppo piccola per ripararci da questa valangata di pioggia. Ridacchio stupidamente, è un riflesso nervoso. Lo faccio sempre quando vengo forzata fisicamente a fare qualcosa, non posso farci nulla. L’unica cosa che riesco a fare, in realtà, è coprirmi la testa con il cappuccio della mia The North Face tecnica. Lui fa altrettanto e poi mi bacia.
 E’ un bacio lungo, furioso, cinematografico. In quante canzoni avete sentito il verso “kiss you in the rain”? Abbiamo troppa roba addosso, labbra e lingue sono il nostro unico punto di contatto, eppure bastano e avanzano. Almeno per me.
 - Dimmi che mi vuoi – ansima.
 - Ti voglio... – rispondo quasi in automatico.
 - Domani sera? – domanda. E mentre me lo domanda porta la mano in mezzo alle mie gambe. Avrò pure i jeans, ma vi assicuro che la scossa la sento tutta.
 Io però non riesco a concepire che lui si possa proiettare su domani sera. E adesso che cazzo devi fare, portare a casa la fidanzata? Oppure vivete insieme? Come cazzo pensi di mollarmi qui così? E stanotte? E domani mattina? Che c’è, ti aspettano al lavoro? Mi vuoi così tanto da non poter mandare all’aria niente della tua vita? Sono irragionevole, lo so. Ma se non lo fossi non starei qui sotto l’acquazzone a farmi baciare e a farmi tastare la fregna da un perfetto sconosciuto.
 - Chissà se ci sono, domani sera – gli dico concitata, prima di rituffarmi a baciarlo.
 - Che significa?
 - Significa che ti voglio ora...
 - E come cazzo facciamo?
 Apro la bocca per accogliere la sua lingua e stavolta sono io che gli porto la mano in mezzo alle gambe. Il contatto di questo pacco gonfio per me mi fa quasi piegare le ginocchia.
 - Posso farti venire con la bocca, se vuoi... – gli mormoro quando ci stacchiamo.
 Mi guarda esterrefatto, preso in contropiede. Non so cosa stia pensando. Se stia valutando le possibilità, la fattibilità della cosa. O se mi abbia semplicemente presa per matta.
 - Un pompino... – gli sussurro come se sentissi la necessità di spiegarmi, guardandolo negli occhi. Dall’alto in basso, perché nonostante io non sia proprio una nana, lui è decisamente alto. Ehi, l’hai capita? Sto parlando di succhiartelo...
 - Ma chi cazzo sei, Baby?
 - Ahahaha... sicuramente sono meno annoiata di Chiara, ma probabilmente sono anche peggio, da quel punto di vista...
 - Quale punto di vista?
 - Indovina...
 Adesso il suo sguardo non è più esterrefatto. Adesso il suo sguardo è quello di un maschio che si è velocemente arrapato e che sta per prendersi qualcosa che gli è stato offerto su un piatto d’argento.
 - Corriamo in macchina... – propone.
 - Rischiamo di annegare prima di arrivarci, alla macchina – gli dico – qui va bene.
 - Qui? – domanda sorpreso.
 - Qui. Qui è perfetto.
 - Tu sei strana, non sei normale... – mi dice, ma il suo è più che altro un tono sorpreso, di autodifesa.
 “Cos’è normale?” gli domando mentre mi accuccio davanti a lui. Non mi sembra il caso di posare le ginocchia per terra. Mentre gli lavoro le cerniere del giaccone e dei pantaloni sento la sua voce ancora un po’ incredula che mi apostrofa con un “ma lo sai che sei un po’ troia?”. Gli rispondo “anche più di un po’” in modo veloce, quasi disinteressato, senza nemmeno alzare lo sguardo verso di lui. L’unica cosa su cui sono concentrata in questo momento è il tentativo di liberare quel bozzo che vedo sotto il tessuto delle mutande color prugna.
 Sarà che mi sono raffreddata con tutta questa pioggia, ma non sento nessun odore particolare quando glielo tiro fuori. Non è ancora duro, ma quasi. Duro lo diventa quando me lo lascio scivolare dentro la bocca e inizio a rotearci la lingua intorno. Nonostante tutta la stranezza della situazione, mentre lo faccio ammetto con me stessa che il pompino mi sta venendo benissimo. Forse perché oltre a voler bere il suo sperma voglio che gli piaccia davvero, che ne goda. Non saprei dire perché, ma ci tengo.
 Dire che abbia un grande arnese sarebbe una bugia, ma chissenefrega. La sua consistenza mi gratifica, il suo sapore mi gratifica. Il suo “oh cazzo” sospirato quando glielo prendo tutto mi gratifica. Siamo fradici e infreddoliti, ma la mia bocca e il suo uccello sono roventi.
 “Che troia”, “sei bravissima”, “sei una bravissima troia”. Anche queste frasi smozzicate mi gratificherebbero, e non poco, se non fosse per il suo telefono che riprende a squillare. Se non mi interrompessi, sinceramente non lo so se lui risponderebbe. Ma comunque lo faccio, e lui risponde.
 - Sì, c’è anche uno che blocca la sbarra del parcheggio con la macchina, sto deficiente, ma adesso arrivo, vi chiamo io...
 Penso tra me e me che anche lui non è male, quando si tratta di inventare cazzate. Lo guardo dal basso in alto, tenendo in mano il suo affare. Improvvisamente, però, non ne ho più voglia. Che cazzo ne so. Potrei dire che ho paura che la sua ragazza scenda e che mi meni anche lei, come ha fatto la moglie di quello che mi aveva rimorchiata al parco. Ma non è vero, non è così. La verità è che non mi va più e basta. Con quella telefonata si è rotta la magia del momento, se vogliamo chiamarla così.
 - Lasciamo perdere, dai, non voglio farti passare un guaio – gli sorrido cercando di rimettergli il cazzo nelle mutande.
 Mi guarda con un misto di riconoscenza e di rimpianto. Spero solo che capisca che non sono incazzata con lui, mi dispiacerebbe. E’ andata così, non è colpa di nessuno. Mi rialzo e gli appoggio la testa sotto la spalla. Cazzo, se è alto.
 - Che hai da ridere? – mi domanda.
 Rido. Non ci posso fare nulla, mi viene da ridere. Anzi, da ridacchiare. Nulla di esplosivo, però inarrestabile.
 - E' la prima volta che faccio un pompino con un cappuccio in testa - riesco a dire. E poi riattacco a ridere.
 - Come prima volta non c'è male... però non hai finito, non è stato un vero e proprio pompino...
 Trovo la precisazione un po’ pignola, ma sono indulgente e sto al gioco. “Ok, allora diciamo che è la prima volta che succhio un cazzo con un cappuccio in testa...”. Mi risponde ridacchiando anche lui, mentre io forse per la prima volta realizzo lo stato in cui si trovano i miei jeans.
 - Dio santo, sono tutta bagnata.
 - Non in quel senso, intendi.
 - Ahahaha... non lo so, sono talmente zuppa che in quel senso dovrei controllare...
 - Se vuoi controllo io...
 - Ahahahahah meglio di no... meglio che andiamo.
 - Annalisa, hai detto?
 - Non è molto carino da parte tua non ricordarti il nome...
 - Se domani sera continua a piovere possiamo darci appuntamento qui...
 - Ahahahah... magari domani sera ho la polmonite...
 - Sarebbe carino, però. Potrei metterti con le spalle al muro. Anche quella è una cosa che non ho mai fatto sotto la pioggia.
 - Ah, ecco... non so se avrei voglia di essere inchiodata a quel muro.
 In realtà, se ci penso, la prospettiva non mi dispiace affatto. Pioggia o non pioggia. Ma è meglio non creare tante aspettative.
 - "Inchiodata al muro"... ma parli sempre così?
 - In genere no. Ci sono cose che si pensano e non si dicono...
 - Ma si immaginano...
 - Sì...
 - Immagine per immagine, non spalle al muro, ma faccia al muro. E con i jeans calati. Io immagino di inchiodarti così, prima un buco e poi l'altro.
 Eccolo, anzi eccoli. Lo spasmo e il calore. Adesso sì che non ho più bisogno di controllare se sono bagnata anche sotto le mutandine.
 - Sei un porco... – sibilo.
 - E tu una troia...
 - Non sai quanto, te l’ho detto. E poi avevo proprio voglia di qualcuno che mi chiamasse troia.
 Mi stringe, poi mi bacia ancora. Sta combattendo contro il suo desiderio, lo sento. E la cosa mi piace. Il mio calore avanza.
 - Allora facciamo per domani sera? - sussurra.
 - No – gli rispondo senza nemmeno pensarci tanto.
 - Perché no? – domanda sorpreso.
 - Perché no. E nemmeno dopodomani o un’altra volta. Vorrei dirti restiamo semplicemente amici – gli dico sbottando quasi a ridere – ma in realtà chi cazzo ti conosce?
 - Te l’ho detto prima – mi fa dopo qualche secondo di silenzio – non sei normale.
 - E io te l’ho chiesto prima, ma non mi hai risposto: cos’è normale? Scambiarsi i numeri, vedersi domani sera o comunque quando sarai libero, uscire, corteggiarsi, farti un pompino in macchina, portarmi a casa tua? Scoparmi in un albergo?
 - Cosa ci sarebbe di male? – chiede.
 - Nulla. Per carità, nulla. Anzi. Ma perché sarebbe stato meglio di un pompino qui? Poi è andata buca, pazienza... ma sarebbe stato fantastico.
 - Però avremmo più tempo – obietta - staremmo più comodi. Di sicuro più asciutti.
 - Non discuto. Ma a me andava ora.
 - Davvero non me lo dai il telefono?
 - Davvero.
 - Sei proprio matta...
 - Sì, lo so. Matta e troia. Una troia matta... Stammi bene, Marco.
 Mi volto e comincio a correre verso il parcheggio, verso la mia macchina. Non perché non voglia bagnarmi. Tanto, nonostante l’acqua continui a precipitare in modo assurdo, più bagnata di così non potrei essere. Corro perché ho voglia di scomparire alla sua vista, ho voglia di non voltarmi indietro. Ho voglia di salire in macchina grondante e bagnare i sedili, accendere il riscaldamento e correre il più veloce possibile a casa. Spogliarmi e infilarmi sotto una doccia bollente.
 E sditalinarmi prima che mi scompaia dalla mente l’immagine di lui che si stupra una ragazzina tenendola faccia al muro. Una ragazzina bionda con i jeans abbassati e il giaccone tirato un po’ su. Sotto la pioggia che batte e che copre ogni altro rumore intorno. Ma che non riesce a coprire gli strilli di quella zoccoletta.
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october24th · 3 years
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Resoconto Giorno 81
Ho dormito benissimo questa notte. Piccina in un letto enorme, piumone a coprirmi e due cuscini attorno a proteggermi. Zero incubi.
Babbo è venuto a svegliarmi verso le dieci. Ha poggiato una mano sulla mia spalla e mi ha detto “ti ho portato il cornetto”. A quel punto l’informazione ricevuta ha svegliato tutte quelle particelle di me che ballano sfrenate al pensiero di cibo. Dentro di me mi sono alzata di scatto, ma in realtà il movimento è stato abbastanza lento. Ho prima tolto le coperte, mi sono stiracchiata, sbadigliato come ad ogni risveglio, infilato le pantofole calde di papà che gli rubo ogni volta che vado lì e sono andata in cucina per mangiare il cornetto alla crema. Dopo la colazione babbo è andato a casa da mamma per portare i cornetti anche a loro ed io ho approfittato della sua assenza per pulirgli casa. Ho aperto la finestra della camera da letto e ho visto una micia bianca e arancione nel giardino mangiare un po’ di erbetta. Aveva lo sguardo furbo, dolcissima. Quando si è accorta di me è andata via. Ho pulito la camera da letto facendo il letto, spazzando e lavando a terra; poi il bagno pulendo a fondo gli accessori e tutti i prodotti sulla mensola, il post-it ancora sullo specchio e per non toglierlo ho pulito il vetro tutto intorno. Ho anche sistemato il salotto e la cucina lavando a terra e mettendo ordine. Mentre ero in versione Cenerentola ho ascoltato le solite canzoni e canticchiato forse un po’ troppo.
Dopo le pulizie ho preparato il polpettone: carne macinata, pane raffermo, uova, parmigiano, sale e pepe, e per la farcitura burro, sottiletta e prosciutto cotto. Dopo ci siamo messi entrambi sul divano, lui a guardare la tv ed io al pc ad aggiornare il blog. Verso la mezza ho infornato il polpettone con le patate, mentre babbo si è occupato del primo piatto. Ha preparato le trofie con i frutti di mare, non ne è rimasta praticamente neanche una. Mi sono gonfiataaaa!! Abbiamo pranzato con la formula uno in sottofondo e dopo ho lavato le stoviglie. C’è una pace in questa casa...
Nel pomeriggio ho scaricato vari film da vedere durante la settimana e mentre aspettavo il completamento dei download sono crollata, sotto al piumone. Mi sono svegliata due ore dopo, papà anche si è addormentato sul divano. L’ho raggiunto sul divano, stava guardando un film, ma ho cambiato canale per mettere Food Network. Mezz’ora più tardi sono tornata a casa. Lola ha fatto le feste, la amoooo, se non fosse per lei potrei stare mesi lontana da casa. Dopo mi sono precipitata in doccia. Ho messo il pigiama pulito e dopo una ricerca finita male dei miei colori mi sono arresa e mi sono messa a disegnare a matita con le cuffiette e canzoni nuove.
Ora sto a letto, cuffiette, diario e matita, pigiama nuovo, piumone e lenzuola pulite. Tra poco Suburra. Ho terminato la prima puntata della seconda stagione. AURELIÀ LA SMETTI DI FA LO STRONZO? Ho visto anche la seconda puntata e mi sono innervosita ancora di più. BENE COSÌ! Appena finito la terza... ma che stanno a combinà tutti...
Volevo scrivere un finale diverso, calmo. Ho messo la solita musica rilassante, quella che chiedevo a Robb di mandarmi. Volevo lasciarmi andare e scrivere di getto. Non mi viene. La calma non mi esce in questo momento ed è frustrante. Preferisco non scrivere un finale, che formulare frasi dettate da paura, preoccupazione, confusione e nausea.
Suburra: La Suburra era un vasto e popoloso quartiere dell’antica Roma situato sulle pendici dei colli Quirinale e Viminale. Il termine suburra ha ancora il significato generico di luogo malfamato, teatro di malaffare, crimini e immoralità. Dell’antica Suburra ormai resta solo il valore nominale di “insieme dei quartieri più malfamati di qualsiasi grande città”, che ne ha anche fatto il titolo di un libro sulla Roma criminale, da cui sono nati un film e la serie tv di Netflix.
15 Novembre
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daniinreallife · 4 years
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Crescita Personale
Sono molto indecisa se scrivere in italiano o in inglese. Quest’ultimo renderebbe i miei post accessibili e comprensibili da più persone, ma l’italiano è la mia lingua madre e le cose che ho intenzione di scrivere qui saranno piuttosto personali. Non scrivo su una piattaforma che non sia il mio diario o la mia agenda da anni. E anche lì tendo a scrivere in inglese, quindi questa cosa dell’esprimermi in italiano mi sta venendo un po’ strana. Questo post sta già andando in una direzione diversa da quella che volevo e ho appena iniziato, ma va bene così. Farò un punto della situazione generale per fini di contestualizzazione.
Da qualche settimana sto cercando di migliorare la mia vita. La quarantena e la situazione generale causata dal COVID-19 mi ha permesso di dedicare del tempo a me stessa, la persona con cui paradossalmente ho passato meno tempo da quando ci siamo affacciati al nuovo decennio. Con “dedicare tempo a me stessa” intendo che ho passato le prime tre/quattro settimane di quarantena a marzo guardando film, serie tv, mangiando il mondo e studicchiando. La cosa più sana che facevo per la mia persona era una doccia ogni tanto. E mi pesava anche. Non ero depressa, non lo sono (credo), sono solo estremamente pigra. Il non dover soddisfare nessuna aspettativa sociale mi aveva dato una libertà di cui ho abusato. Non dover organizzare gli impegni in base ai lavaggi di capelli, non doversi truccare o fare la ceretta, non dover far parte di situazioni mondane di scarsa importanza mi aveva reso una persona serena e libera. Libera di fare schifo. In quelle prime settimane devo essere ingrassata di almeno 4 chili, devo aver cresciuto metri e metri di peli e devo aver bruciato centinaia di neuroni appresso a film che ho già visto 5 o 6 volte.
Mi sono anche data allo shopping online che, sempre paradossalmente, è stato ciò che mi ha destato dall’ingiustificato ma prevedibilissimo letargo. Anzichè ordinare vestiti o superflui accessori da casa (nonostante la tentazione fosse forte), ho ordinato libri. Tenendo conto che non leggo forse dalle scuole medie, ho pensato bene di acquistare 8 libri al primo colpo, in preda ad un irrefrenabile impulso di migliorare la mia vita. Sette di questi sono libri di self-help, di crescita personale (l’ottavo è Profumo di Suskind, un romanzo che ho sempre voluto leggere). Sarà per il loro vivace tono, per i loro concetti motivazionali o la loro organizzazione step by step, ma dal 4 maggio ho letto 3 dei suddetti libri, e ci ho pure preso appunti. Non deve essere un grande numero per i lettori accaniti là fuori, ma per una ventunenne estremamente fuori forma è stato un bel traguardo. 
E’ raro che io mi guardi allo specchio e mi faccia schifo, sono generalmente soddisfatta della mia persona attuale, ma in quei giorni non importa quante frasi motivazionali leggessi, mi facevo comunque pena. Vedevo i chili in più, le occhiaie da orologio biologico completamente sballato, i capelli spenti e senza forma; la quarantena era riuscita a scalfire anche il mio spirito e la mia abilità di tirarmi su il morale, caratteristiche di cui vado molto fiera.
Insomma, dal 4 maggio ho deciso che avrei cambiato vita. Dalla camera del mio appartamento a Roma ho iniziato ad usare la scheda di allenamento settimanale che il mio amico culturista ha fatto per me (il 23 marzo...), ho dato i miei esami universitari, ho iniziato a leggere e ad implementare nuove, sane abitudini, cercando di abbandonarne altre meno sane. Nonostante la mia passione per le soddisfazioni immediate, il non vedere risultati dopo due giorni non mi ha fermato. Mi ritrovo oggi, nella casa della mia città natale, ancora a sfruttare ogni minuto per migliorarmi fisicamente o mentalmente. Da tre settimane seguo gli allenamenti senza eccezioni, continuo a leggere, a studiare per me stessa, ad implementare nuove abitudini. Sto bevendo più di 2 litri d’acqua al giorno! Non lo credevo possibile. Passo tre quarti delle mie giornate a fare pipì, ma dato che sono ancora in quarantena mentre il resto d’Italia è autorizzato ad uscire, la cosa non mi pesa molto. 
Sì, spostandomi dal Lazio alla mia regione di residenza sono dovuta restare chiusa in casa per due settimane, che scadranno questo mercoledì. Sono contenta, sto iniziando ad avvertire il peso di un lockdown durato più di quello delle altre persone, ma allo stesso tempo sono contenta di come ho sfruttato il tempo passato in casa. Ho fatto le mie cazzate, ho bruciato due mesi (marzo e aprile) che avrebbero potuto fare la differenza nel mio percorso di miglioramento personale. Ma quel che è fatto è fatto; ho iniziato in ritardo, questo vuol dire che dovrò lavorare di più per ottenere i miei risultati, ma la cosa non mi pesa. Mi sento mossa da una motivazione che ho avuto poche volte nella vita, ma che spero duri il più a lungo possibile. 
La questione ora è: perchè sto scrivendo tutta questa roba in un post su Tumblr? Prima di tutto, la scelta di piattaforma non è casuale, ma è stata alquanto necessaria: conosco e uso Tumblr da anni e so come funziona. Inoltre, creare un blog su Wordpress mi avrebbe tolto troppo tempo perchè sono una perfezionista che vuole avere la grafica e il layout perfetti prima di poter pubblicare cose. Non so perchè, ma se uso Tumblr non è così. 
Secondo di tutto, l’unica delle nuove buone abitudini che non ho ancora messo in pratica è quella di scrivere il più possibile. E non scrivere ciò che mi sta succedendo o cosa ho mangiato ieri sera, ma scrivere i miei pensieri, le mie riflessioni, i miei sentimenti. Scrivere è stata una delle mie più grandi passioni da quando ho memoria. Ricordo che a stento andavo alle elementari, e già giocavo sul vecchio catorcio che chiamavamo computer inventando e scrivendo storie su Word. Raccontavo le avventure di una bambina come me (la chiamavo sempre Stellina, un nome da incubo a ripensarci), che andava in vacanza con la famiglia e scopriva mondi incantati. Le mie storie non duravano mai più di una pagina, ma io smanettavo con le cornici, con il font e il colore del testo e chiedevo a mio padre di stamparle. Poi le leggevo alla mia famiglia e chiedevo di conservarle. Era il mio passatempo preferito insieme alle Barbie. Anche quelle simboleggiavano un insito bisogno di creare storie, mondi nuovi e fantastici in cui immergermi. Con gli anni la magia è andata svanendo, ai temi d’italiano delle medie davo il meglio di me, portavo a casa innumerevoli 10 e pensavo di essere destinata a fare la scrittrice. Poi è arrivato il liceo, che ha infranto tutti i miei sogni e mi ha fatto smettere di leggere, di scrivere, di voler creare. Ai temi di italiano vedevo raramente un 7. La mia professoressa era un demonio, la incolpo parzialmente per aver rovinato le mie passioni. Il resto della colpa è mia; mi sono lasciata andare alla pigrizia, ho trascurato tante cose e ho coltivato solo più pigrizia, che poi mi ha portato a tante tante esperienze che sarebbero potute andare meglio. Forse un giorno scriverò di esse. 
Per adesso, voglio solo scrivere quello che mi capita, ciò che sento il bisogno di buttare giù, le lezioni che imparo vivendo. E nonostante questo post sia ciò che di più lontano esiste dalla mia idea originaria, ho imparato che la chiave per fare cose che sembrano impegnative, che sia allenarsi, imparare a cucinare, a parlare una lingua, o a scrivere romanzi, è semplicemente di iniziare. Iniziare senza troppi fronzoli o pretese. Quando il 4 maggio ho capito che dovevo iniziare ad allenarmi, ho iniziando mettendomi un paio di leggings e un reggiseno sportivo. Poi ho messo le scarpe, e lì non c’era molto altro che potessi fare. Una volta vestita ho iniziato, ed è stata dura. Davvero dura e uno spettacolo pietoso. Non ho neanche finito il circuito di esercizi perchè sentivo di stare per andare in arresto cardiaco. Ad oggi, tre settimane dopo, a fine allenamento contemplo la possibilità di fare un set in più rispetto ai quattro previsti. Il mio corpo si sta adattando alla nuova abitudine di allenarsi assiduamente. Ora devo solo abituare le mie dita a scrivere di nuovo, e la mia mente a riversarsi su questa pagina bianca. Per questo tengo questo post, lo pubblico e ci aggiungo pure qualche hashtag. Avevo tante cose su cui volevo scrivere, tante lezioni che ho imparato e che voglio diffondere, o semplicemente scrivere per tenerle a mente. E lo farò. C’è tanto che mi frulla in testa ultimamente, e sento già le mie mani muoversi da sole sulla tastiera. Riuscirà la nostra eroina ad implementare un’altra nuova, buona abitudine nel suo processo di crescita personale?
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Oh, un’ultima cosa, se qualcuno sta davvero leggendo i miei soliloqui: la pandemia che stiamo vivendo tutti nel mondo è stata dura (e lo è ancora) sulla maggior parte delle persone, ma molto più dura su alcune di esse. Qualcuno è stato costretto a restare chiuso in casa con una famiglia tossica, con qualcuno di non desiderabile o violento per settimane e settimane. Qualcuno con disturbi quali ansia e depressione, che già di per sè portano ad un’alienazione dalla sfera sociale, non è potuto uscire o vedere persone neanche le poche volte in cui ne ha avuto voglia. La mancanza di interazioni, di luce del sole, di vento sulle guance è stata deleterea su questi individui e molti altri in condizioni simili o peggiori. Io sono stata fortunata abbastanza da avere la voglia e la possibilità di provare a migliorare la mia vita, ma non tutti possono o ci riescono. 
La morale di questa postilla è che va bene se hai passato questa quarantena nel letto, a guardare film e serie tv, a mangiare popcorn per cena e a sentirti perso e triste. Non sentirti in colpa se è così. Nessuno ti obbliga a passare il tempo in più che sei stato obbligato ad avere facendo cose produttive. Il nostro cervello è meraviglioso, ma a volte anche lui ha delle difficoltà. Non devi soddisfare le aspettative di nessuno, non devi cercare di essere come l’influencer photoshoppata che passa la quarantena ad allenare il suo bel culo nella sua bella palestra personale. Nessuno ha scelto la quarantena, nessuno ha scelto la pandemia e nessuno ha scelto la propria condizione mentale. Quindi, nessuno può scegliere cosa è giusto che tu faccia. Trova i tuoi tempi, i tuoi ritmi, muoviti quando e se lo decidi tu. Sii paziente con te stesso, sii buono e perdònati. Passerà anche questa.
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lavender-lizzy · 5 years
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Tag English and Italian
RULES: Answer the following 20 questions and then tag 20 (or however many) people you’d like!
I was tagged by @cross-the-world-ocean
In honour of “Speak your language day” I am also answering in my language: Italian!
Hogwarts house: Gryffindor
Grifondoro
Last thing I googled: The weather forecast. Yes, I am boring!
Le previsioni meteo. Sì, sono noiosa!
Fav music genres: I think I am more into songs than into genres… I like pop and rock music, movie and tv shows soundtracks, classical music. Some musicals. Eurovision, if that’s a subgenre.
 Credo di basarmi più sulle canzoni che non sui generi… Mi piacciono la musica pop e rock, le colonne sonore di film e serie tv, la musica classica. Alcuni musical. L’Eurovision, se conta come sottogenere.
 Last song I listened to:  On fire (acoustic) by Loic Nottet. 
Amount of sleep: I need at least 8 hours to function. That does not mean I always sleep 8 hours though…
Ho bisogno di almeno otto ore per funzionare. Il che non significa che io dorma sempre otto ore, però…
 Dream trip(s): the UK, Ireland, New Zealand.
Il Regno Unito, l’Irlanda, la Nuova Zelanda.
Fav car: I don’t like cars, I don’t have a favourite. 
Non mi piacciono le macchine, non ne ho una preferita.
 Fav food: So many… Lasagne are amazing.
Tantissimi… le lasagne sono meravigliose.
 Fav languages: English and French.
Inglese e francese.
 What languages do you want to learn: I wish I could learn some Nordic languages, like Icelandic, Swedish, Danish… or, changing area, Russian. But it’s super hard to learn new languages on your own (I speak from the perspective of somebody who studied languages at school and university).  
Vorrei poter imparare alcune lingue nordiche, come l’islandese, lo svedese, il danese… o, cambiando zona, il russo. Ma è molto difficile imparare nuove lingue da soli (parlo dalla prospettiva di qualcuno che ha studiato lingue a scuola e all’università).
Do you believe in aliens: In some form of alien life. I don’t believe in aliens as they are stereotypically portrayed.
In qualche forma di vita aliena. Non credo agli alieni come vengono rappresentati secondo lo stereotipo.
Perfect weather: Sunny and pretty warm, but not hot (humid hot summers are hell), a little bit chilly in the morning and in the evening and lovely during the day. Does this make any sense? It also depends from my mood.
Soleggiato e piuttosto caldino, ma non tanto caldo (le estati calde e umide sono infernali), un po’ freddino al mattino e alla sera e piacevole durante il giorno. Ha qualche senso quello che dico? Dipende anche dall’umore.
Who was your first crush: Fictional characters in animated films/shows. Like Prince Philip from Sleeping Beauty, the Beast/Prince from Beauty and the Beast, André from Lady Oscar/ The Rose of Versailles/Berusaiyu no bara.
Personaggi di finzione nei cartoni. Come il Principe Filippo de La Bella Addormentata nel Bosco, la Bestia/Principe de La Bella e La Bestia, André di Lady Oscar.
Celebrity crush: How much time have you got? Way too many! 
Quanto tempo avete? Troppe!
 Do you like roller coasters: No!
What book has impacted you the most: Harry Potter definitely, but also The Lord of The Rings/The Hobbit. Jane Austen’s novels, Jane Eyre…
Decisamente Harry Potter, ma anche Il Signore degli Anelli/Lo Hobbit. I romanzi di Jane Austen, Jane Eyre.
Do you have any regrets, if so, what are they: I do, but I can’t go back to the past and change what happened so…
Sì, ma non posso tornare nel passato e cambiare ciò che è successo quindi…
 If you won 10,000 dollars, what would you do first: Change them into euros I guess! Jokes aside, I don’t even know. Save them?
Li cambierei in euro credo! Scherzi a parte, non lo so proprio. Risparmiarli?
Where do you want to be living in 10-15 years: I don’t care about where, I mostly care about how… I’d like to be happy. 
Non mi interessa dove, mi importa più del come… vorrei essere felice. What’s one thing most people don’t know about you: As a kid I used to make up ridiculous songs that I still remember to this day. One of them was called “Why not me, why her”, and it was not romantic at all. The next lines were: “why them, why not us” and then “why dogs, why not cats”.
 Da bambina mi inventavo canzoni ridicole che mi ricordo ancora. Una si chiamava ‘perché no io, perché sì lei” e non aveva nulla di romantico. Le frasi seguenti erano: “perché sì loro, perché no noi” e poi “perché sì cani, perché no gatti”.
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the-bubble-girl · 2 years
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Siamo tutti qua per imparare, per venirne a capo, ma adesso puoi scegliere se affrontare chi sei o lasciare che ti distrugga
-October Faction
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countrysidekid · 6 years
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Dieci anni dopo il mio primo tour di TRL
Circa dieci anni fa si chiudeva il mio primo tour come conduttore di TRL su Mtv, un programma che i ragazzini di oggi giustamente ignorano ma che ha invece fatto parte dell’immaginario teen italiano di almeno un paio di generazioni. In questi giorni di grande calore estivo mi sono preso del tempo, con l’aria condizionata accesa, per riordinare un po’ il mio archivio digitale. E’ una cosa che faccio raramente ma che mi piace molto, perché mette a confronto quello che sono oggi con l’idea che avevo di ciò che sarei diventato. Ho ritrovato un po’ di documenti che proprio avevo scordato. Dato che il tempo ha risolto molte questioni, vorrei condividerne uno con voi. Si tratta di una lettera che scrissi a Antonio Campo Dall’Orto - all’epoca AD di Mtv Italia - nel gennaio 2008, quando dopo avermi comunicato la chiusura di Your Noise - il bel programma che conducevo all’epoca - mi proposero di passare a TRL. Per molti sarebbe stata la proposta della vita, per me era fare un grande passo. La confusione era tanta, sentii il bisogno di esorcizzarne un po’ scrivendo. Non ricordo nemmeno se infine la inviai o meno (credo di no), ma poco importa ormai. Qui dentro ci sono tutti i miei 22 anni: tratti di ingenuità evidente alternati a sprazzi di enorme consapevolezza, egotismi che grazie a dio ho perso nel tempo a favore di un equilibrio meno competitivo ma più armonico con il mondo. Tutte cose che mi permettono di dire, con il senno di poi, che fare TRL fu per molti versi complicato e straniante, ma davvero intenso e molto educativo e formativo.
Tumblr media
(TRL Reggio Calabria, Luglio 2008, backstage)
Ciao Antonio,
spero tu abbia passato delle buone vacanze.
Mi avevi chiesto di aggiornarti sulla mia situazione dopo l'incontro con Rossini al quale ha partecipato anche Fiacco. Ti scrivo per condividere con te, esattamente un anno dopo essere entrato in Mtv, quello che ho visto e capito di questa grande famiglia. E quello che sento per il futuro.
In questi mesi ho maturato una preparazione, una sensibilità e un'esperienza di cui devo gran parte a Mtv e alle persone che vi lavorano. Ritengo Mtv una cosa importante, e sono una persona che si dedica alle cose importanti con abnegazione. Sono dunque molto contento che questo lavoro sia stato capito e apprezzato dalla rete, che mi ha comunicato per via ufficiale di essere una persona sulla quale investire e lavorare. Frasi come “non c'era nessuno che ci convinceva come te da quando abbiamo preso Nongio” hanno per me un significato speciale.
Credo d'altronde di aver portato a Mtv una ventata di aria fresca, qualcosa di urgente che cercavo/trovavo nel canale anche da spettatore, e sono contento di aver avuto la possibilità di esprimere questa caratteristica importante della mia personalità.
Il discorso, ora, è come crescere ancora assieme.
La rete mi ha proposto di condurre TRL. Un programma che da giovanissimo ho guardato, a cui oggi mi relaziono con rispetto e stima, ma che non rientra proprio nel mio percorso. Il fatto che mi si proponga lo show più visto del canale mi lusinga. Ma non c'è solo questo. L'idea di affidare a me lo show è principalmente incentrata su tre fattori che si incontrano: 1) Cattelan non ne vuole più sapere; 2) Your Noise è destinato a chiudersi; 3) la rete – anche secondo le parole di Rossini - vuole affidarmi qualcosa di forte e non più cose “tiepide”.
Io penso che una persona che fa questo mestiere a Mtv debba soltanto essere contenta di avere una tale possibilità su questo canale, ma penso anche che una persona come me che ha fatto del proprio percorso un punto di forza debba necessariamente porsi delle domande. Quanto posso portare di mio dentro un contenitore così forte e così rodato come TRL? Dal punto di vista dell'empatia con il pubblico, penso di aver capito di avere una capacità che prima avevo annusato solo quando ero rappresentante di istituto durante le assemblee scolastiche. L'altro giorno ero al Palladium a Roma a presentare un contest di Fazi Editore legato alla saga della Meyer (in America ha superato Harry Potter) e mi sono divertito alla grande, lo show è venuto fuori cazzutissimo (1′30 di improvvisazione), ho buttato in mezzo tutti. Dal punto di vista della professionalità e del ritmo, la visibilità di TRL ti impone necessariamente una crescita che non può che farmi bene. Devo migliorare parecchio. D'altro canto, pensavo di poter rappresentare un'alternativa e uno squarcio di futuro per questa rete; questa scelta in qualche modo cambia le cose.
In questi mesi ho ricevuto i complimenti di Fabri Fibra, Jovanotti; Tiziano Ferro mi ha detto: “sei il futuro di Mtv”. Non sono mondano, spero non sia piaggieria. Se penso a Mtv, dico che è dieci anni che TRL va avanti come un carrarmato e ancora non siamo riusciti a costruire qualcosa di altrettanto forte e nuovo. Forse non ce n'è bisogno, Striscia d'altronde va avanti da 20 anni e non mi pare soffra di salute. Però io penso che dobbiamo lavorare sul lungo periodo e non sulle necessità dell'oggi. I Clash cantavano “no Elvis, Beatles e Rolling Stone”. L'Italia ha bisogno di innovazione e cose forti. Credo che fare di Carlo Pastore il “nuovo Maccarini” o il “nuovo Cattelan” non sia proprio la cosa giusta.
Come mi hai consigliato, ho chiesto alla riunione di dirmi cosa Mtv aveva in mente. La risposta, quella l'ho intuita, è questa: se fai TRL ti becchi un sacco di visibilità e ci togli un sacco di problemi. Apprezzo. Però possiamo fare di più, no? Quello che mi pare manchi in questo momento sia la percezione completa di un percorso. Se da un lato è chiaro che una televisione come Mtv debba porsi l'obiettivo di arrivare competitiva all'incontro/scontro con i dati d'ascolto (anche se credo che sulle date sarebbe opportuna una maggiore chiarezza: Our Noise cambiò lo scorso marzo perchè entro settembre si sarebbe entrati nel rilevamento dati... non mi pare sia successo né mi pare succederà nel 2008), dall'altro non è assolutamente chiaro *come* si debba arrivare a quel punto. Mtv è in questo momento un agglomerato di reality americani, serial TV, cartoons, show, videoclip musicali e in minima parte show musicali. E' giusto che non possiamo più permetterci la nicchia, è sbagliato perdere l'identità. Mtv è stata forte nel costruire alternative che generassero in maniera nuova, fresca, striking, un senso comunque di aspirazione fra i ragazzi. Quest'anno il palinsesto di Mtv è molto bello. Kebab For Breakfast, bellissima serie. Skins, spaccherà. Però sappiamo tutti che sono gli OC e i Grey's Anatomy che spostano il grosso, e quelli costano parecchio. E mentre si investe sui grandi nomi - che automaticamente, necessariamente e giustamente attraggono a sé tutte le risorse (economiche ma non solo) - quello che caratterizzava Mtv (e che Mtv produceva) viene a diventare meno prioritario.
Non ti nego di aver colto segnali di disorientamento all'interno dell'azienda in questi ultimi periodi, soprattutto fra i lavoratori semplici, quelli che attraversano l'Arabia ogni giorno per arrivare in Via Belli; segnali che a mio avviso vengono enfatizzati per un cambiamento strutturale/logistico sicuramente importante ma anche ancora poco lucido, ma che non possono essere trascurati. La linea editoriale è poco percettibile. Come andiamo incontro al videoclip che domina ormai su Internet e alla televisione satellitare che offre quello che si cerca? Se è solo con Ambra, mi spiace ma non ho capito.
Perdona la mail un po' lunga, i temi si accavallano. Purtroppo non ho mai occasione di parlare con te; e se c'è un motivo per cui lavoro in questa azienda è perché ne condivido i valori e perché tu ne sei amministratore delegato.
Grazie per l'ascolto,
buon lavoro e a presto!
Carlo
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len-scrive · 6 years
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Questa serie di storie brevi che non ha fine, nel senso che ogni tanto ne esce qualcuna ancora oggi, trae la sua origine dalla necessità di cambiare alcune scene del telefilm.
Non perché le scene già esistenti non mi piacessero, ovvio, ma perché alcune avevano del potenziale in termini di Hannibal e Will si amano e facciamolo notare un po’ di più, per favore che andava esplorato.
Così ho cominciato a piegare al mio volere alcuni dei momenti in cui durante la visione del telefilm mi ero ritrovata a pensare che sarebbe stato bello se…
E parte di queste storie, siccome brevi, sono state anche tradotte da Ashley tra un capitolo di A Cooperative Patient e l’altro.
Alternatively
Quando scrivo, ormai da anni, accade che scrivo in italiano ma penso in inglese. Nel senso che penso a come suonerebbe ogni frase tradotta in inglese.
Non conosco l’inglese così bene da scrivere, ma so molto della cultura dietro. Quindi se devo usare detti, modi di dire, espressioni particolari, prima mi accerto che di quello italiano ne esista un corrispettivo uguale se non identico in inglese.
Non lo faccio perché penso che ciò che scriverò sarà tradotto, vorrei essere chiara su questo punto. Lo faccio come esercizio mio personale, perché ho trascorso la mia vita a leggere Stephen King tradotto e quando ho cominciato a leggerlo in inglese ho scoperto che chi consideravo un maestro dell’arte dello scrivere è in realtà una divinità.
La traduzione cambia tutto, perciò se si parte con l’idea che qualcosa sarà tradotto e si cerca di facilitare la cosa fin dall’inizio il lavoro sarà mille volte più scorrevole. È qualcosa a cui nessuno che scrive in inglese penserà mai, che sia giusto o meno, perché l’inglese è la lingua conosciuta per eccellenza; in quel caso a nessuno importa il gioco di parole intraducibile o il modo di dire che in italiano non significa nulla.
Però io continuo a pensare alle traduzioni di Harry Potter e mi viene male. A Tom Orvoloson Riddle e a tutte quelle cose che necessariamente devono subire un drastico cambio. E non mi piace così come non mi piace sentir cambiare i nomi di paesi e città. È Venezia, non Venice. Ed è Wales, non Galles.
Comunque tutto ciò per dire che tra l’altro qui si tratta di Hannibal e Will, quindi di due creature che non solo parlano in modo fuori dal comune, ma in modo fuori dal comune in inglese.
Cerco sempre di stare attenta a che le espressioni siano molto poco italiane. Come quelle dialettali o tipiche di certe zone. Mi viene in mente il pirla che io dico costantemente, ma che non ha traduzione, e in bocca ad un personaggio che non è italiano non funziona.
E le frasi su cui rimango per ore a riflettere perché devo tradurle dall’inglese in un italiano che abbia senso non si contano. Ricordo un Buon Appetito in La Seduta è Finita, Will che era inteso come Have your meal ma che in italiano non si poteva tradurre letteralmente perché sarebbe stato ridicolo.  
O tutte le dannate S di Hannibal frutto della meravigliosa pronuncia (e meravigliosa bocca) di Mads e che mi tocca controllare ci siano nelle frasi dall’italiano tradotte in inglese, altrimenti non ha senso. Perché io scrivo i dialoghi in italiano, ma i personaggi stanno parlando in inglese.
Quindi Hannibal può dire tutte parole italiane che non hanno la S, ma se in inglese ce l’hanno Will le sentirà in inglese. Macchinoso, spero abbia senso.
Poi non è che mi riesce sempre; certe volte il botta e risposta è più importante di qualsiasi altra cosa, per dare musicalità ad una frase o per dare un bel ritmo al paragrafo, che anche se l’espressione non risulta in inglese la lascio ugualmente.
Tipo l’italianissimo Che ti ridi? della prima storia della serie; sono quasi certa che non sia la vera traduzione italiana di quella frase di Will. Ma mi serviva così per dare quell’accenno indisponente che non avrebbe avuto se l’avessi tradotta con Perché stai sorridendo?
  Che ti ridi?
What are you smiling at?
Questa è nata in particolare per il divertente gioco che si faceva nel fandom all’epoca sul far dichiarare Hannibal la mattina in cui portava la colazione a Will in motel.
A dire il vero in quel periodo si scrivevano intere fic in proposito, ed io mi cimentavo nei miei edit scemi sui Marriage Problems, addirittura con Hannibal che gli faceva una proposta di matrimonio.
Qui mi sono limitata a fargli solo dichiarare i suoi intenti.
Che poi se Will stesse attento è proprio quello che Hannibal fa nella serie.  
  Adorabile Molesto
Adorably Maddening
Perdonatemi i leitmotiv, ve lo chiedo per favore, ma io Will ubriaco e disinibito non lo lascerò mai andare. Ne ho ancora di fic con lui così, me le sto tenendo perché sono monotematiche, ma non posso farne a meno. Lo amo soprattutto quando fa cose idiote da moccioso e Hannibal non lo ammazza perché Will è adorabile, punto.
  Contatto con la realtà
Anchor to Reality
Quella scena l’ho riscritta quante volte? Forse venticinque. Sì, perché a Hannibal sta sulle palle che Will ha baciato Alana, c’è poco da fare. Si vede dalla sua faccia in quella scena, da come gira indispettito la crema nella scodella, dalle frasi che dice. Solo che nella serie l’hanno dovuto contenere per amore della pace.
Che poi Hannibal si è contenuto così tanto che ha spedito Will da Tobias.
Baci Alana?
Ed io ti indirizzo verso un altro serial killer, così impari.
Sto facendo dell’ironia, chiaramente, non un meta della serie. Passatemela.
  Non mi mancherai
I’m not going to miss you
  Anche qui. Digestivo è la mia morte. Ancora più che Mizumono.
Digestivo è Will che prende il cuore di Hannibal, gli dà una strizzata, lo sbatacchia contro un sasso e poi  lo scartavetra contro una grattugia.
Ed io volevo cambiare questa cosa, volevo che Will avesse la sua giustissima soddisfazione nel pestargli il cuore, ma che poi andasse a riprenderselo perché era quello che voleva fare fin da quando è partito per l’Italia.
Oh, insomma, se non erano quelle le intenzioni di Will doveva essere più chiaro in proposito.
  Reazione immediata
Immediate Reaction
Credo che ucciderò Jack ancora così tante e tante volte nelle mie storie che il povero personaggio finirà per chiedermi che cosa mi ha fatto di male.
Ed io gli risponderò “Me lo chiedi anche?”
No, davvero, per me il primo da cercare una volta emersi dalle acque è lui, non Bedelia.
  Visita inattesa
Altro leitmotiv, Hannibal che si prende cura di cani per far contento Will.
Tra l’altro nasce dalla necessità di rendere Hannibal accomodante e pronto ad assecondare l’amore della sua vita, ma in realtà Hannibal ama da morire gli animali, cosa che emerge da Hannibal Rising, e quindi forse sarebbe più propenso di Will a tenere cani in casa. Non lo fa nella serie perché ha troppe cose a cui badare e lui sa che se ti prendi un cane devi esserci per lui.
Non è che ne prendi sette e poi finisce che ti arrestano e i cani rimangono lì come degli stronzi.
O non è che torni dal tuo marito serial killer e lasci i cani con Molly che chiaramente se ne frega e non solo fa loro mangiare merda, ma poi si mette d’accordo col figlio per non dirti niente, mica che te la prendi.
Molly è riuscita a darmi più fastidio di Francis in quella puntata. E sì che era stato Francis ad avvelenare i cani.
  La seduta è finita, Will
La scena della scala.
Vi dico solo che è in assoluto il primo screenshot che ho visto del telefilm nel 2013 quando ho pensato Aspetta che adesso questo telefilm lo guardo.
E poi ho aspettato sì, tre anni.
Questa storia è altrimenti detta: cos’ho comprato questa scrivania a fare, Will? E perché credi che ti lascio come ultimo appuntamento ogni volta? Rifletti.
  Scomoda Indulgenza
Altro esempio di come è difficile tradurre le tipiche frasi di Hannibal in italiano. E di come mai voglio rifarmi alla vera traduzione italiana, perché è importante per me dare la mia interpretazione; mentre scrivo voglio che emerga come io vedo la serie.
Ecco, qui volevo che fosse Hannibal a pentirsi amaramente di ciò che aveva fatto. Un altro dei momenti salienti che avrei tanto voluto vedere sviluppato in altri modi.
  Contrattempo
Tra un affare urgente da sbrigare e Will in distress a cosa sceglierà di dare attenzione Hannibal? La mia risposta in questa storiella.
Storia altrimenti detta: se al posto di ammazzare qualcuno posso mettere le mani addosso a Will…
  Perdono
Storia che nasce da uno dei primi suggerimenti che mi è stato dato da una lettrice. Amo avere una linea da seguire e stare lì a vedere cosa suggeriscono i personaggi per approfondire l’argomento.
E questa è un’altra delle scene che è bello poter cambiare. Hannibal e Will che si ritrovano dopo mesi, nei sotterranei della Cappella, soli…
  Invito a cena
Anche questo gran bel suggerimento che ha prodotto una storia.
La meravigliosa scena a cui pensa Will dopo Mizumono, la scena mai accaduta in cui lui e Hannibal uccidono Jack. Qui accade.
No, non è che se vedete Jack nelle mie storie è certo che morirà, non succede sempre.
Succede.
Storia altrimenti detta: siediti qui, Jack, qui. Controlla se la lampada ti illumina bene che serve a me e Will per vederti meglio… Will? Ce la fai ad accoltellarlo da lì? Cosa? No, Jack, non ce l’avevo con te, non ti immischiare sempre in cose che non ti riguardano.
  Sapere che ci sei
Quei due erano preoccupati l’uno per l’altro dopo l’attacco di Tobias nello studio di Hannibal.
Quei due si sono guardati ringraziando il cielo che l’altro fosse vivo.
Certo uno dei due aveva anche mandato l’altro a morire, d’accordo, ma si sa che Hannibal con Will fa le cose e poi dopo le pensa.
  Interessante
Altro suggerimento e altra versione di
Hai baciato Alana? Ma sei scemo? Ed io cosa sono qui a fare?
  Il corso degli eventi
Sia questa che quella dopo sono le storie più recenti scritte per questa serie e sono diventata mano a mano più esigente. Se cambio, cambio in grande. Qui ho usato quel mio costante pensiero di sottofondo che ho quando guardo e riguardo la serie.
Che è questo: Will, ma davvero non capisci un cazzo di quello che sta succedendo?
E qui ho cercato di far rispondere a Will: no, no, ho capito, lasciami fare…
  È tutto molto semplice
Il Mason della seconda serie alle prese con Hannibal e Will ma nel contesto del loro ultimo incontro, a tavola, nella terza serie, a fare battute a sfondo sessuale di dubbio gusto.
Offerta di pace
Perché chi non avrebbe voluto piazzare Will al posto di Bedelia in ogni singola scena dell’inizio della terza serie? Io ovviamente avrei fatto scappare Will e Hannibal in Italia senza né se e né ma.
Ma in particolare questa cena avrei voluto vederla con Will a tavola.
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wdonnait · 4 years
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Millie Bobby Brown testimonial UNICEF
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Millie Bobby Brown testimonial UNICEF
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L’ attrice Millie Bobby Brown è stata scelta come nuova testimonial UNICEF.
Conosciuta come “Eleven” di Stranger Things, la Brown è la Goodwill Ambassador più giovane. L’obiettivo della sua partecipazione sarà quello di sensibilizzare giovani e adulti su diritti, riguardanti l’istruzione e la sicurezza. Ma non solo: si fa portavoce di tantissime problematiche attuali, come ad esempio la povertà (che colpisce i paesi sottosviluppati), il bullismo e la violenza.
Per la giovane ragazza, si tratta di un’emozione indescrivibile. Infatti, ha commentato così:
“È un sogno che diventa realtà essere una Goodwill Ambassador dell’UNICEF. È un grande onore entrare a far parte di una lista impressionante di persone che hanno sostenuto l’UNICEF nel corso degli anni. Non vedo l’ora di incontrare il maggior numero possibile di bambini e giovani, ascoltare le loro storie e farmi loro portavoce”. (Fonte www.unicef.it)
Millie Bobby Brown biografia
Millie Bobby Brown ha 16 anni ed è nata il 19 febbraio del 2004, a Marbella (Andalusia).
E’ la terzogenita di quattro figli e sin dalla nascita ha avuto dei problemi all’udito. Attualmente è affetta da una leggera ipoacusia ad un orecchio. Pur essendo nata in Spagna, la Brown ha vissuto in più località, tra cui Bournemouth, Orlando e Los Angeles.
Ha studiato recitazione ed ha subito ricevuto diverse offerte di lavoro, nel mondo del cinema e della televisione. Tra le sue esperienze più significative troviamo:
Godzilla II – King of the Monsters (Godzilla: King of the Monsters), regia di Michael Dougherty (nel 2019)
Enola Holmes, regia di Harry Bradbeer (nel 2020)
C’era una volta nel Paese delle Meraviglie (Once Upon a Time in Wonderland) (nel 2013)
Intruders – serie TV, 8 episodi (nel 2014)
NCIS – Unità anticrimine (NCIS) – serie TV, episodio 12×06 (nel 2014)
Modern Family – serie TV, episodio 6×17 (nel 2015)
Grey’s Anatomy – serie TV, episodio 11×15 (nel 2015)
Stranger Things – serie TV (Dal 2016 ad ora)
Millie Bobby Brown testimonial Pandora
Millie Bobby Brown compare in diversi spot pubblicitari.
Uno di questi è Pandora, la nota azienda che produce charms, orecchini, bracciali, collane e gioielli alla moda. In un’intervista per il magazine Elle, ha spiegato che i primi anni che uscì il brand non comprò nulla ma dal primo acquisto in poi, divenne per lei una vera e propria ossessione.
Proprio per tale motivo, è super onorata di essere testimonial del brand di gioielli. Ecco alcune sue parole in merito:
“Avevo nove o dieci anni quando vivevo in California. Un giorno io e il mio migliore amico eravamo in un centro commerciale ed entrai per la prima volta in un negozio Pandora. Non avevo mai acquistato qualcosa prima d’ora. Così, abbiamo deciso di comprare gli amuleti coordinati ed è stato amore a prima vista.
Pandora è diventato un’ossessione. Pensate che per Natale, i miei nonni mi regalano ogni anno un charm diverso. Sono una grande fan di Pandora. Lo trovo un brand unico e diverso perché ti consente di personalizzare i gioielli, proprio come vuoi tu”.
Millie Bobby Brown testimonial Vogue
La giovane “Eleven” di Stranger Things è anche testimonial di Vogue Eyewear.
Ha preso parte a ben sei spot, appartenenti alla campagna sulle donne. L’obiettivo è quello di credere in sé stesse e di non avere mai timore di mostrare la propria personalità. Infatti, nelle varie pubblicità per Vogue, lei recita alcune frasi, che per meglio dire fungono da regole di vita: “Love Yourself”, “Be Kind”, “Stand Out”, “Keep It Real”, “Laugh Out Loud” e “Chase Your Dreams”.
Qui Millie si è divertita tantissimo. Basta guardare gli spot e la si può notare in un mix di personalità: chic ma allo stesso tempo divertente, giovane e sensuale.
Millie Bobby Brown instagram
Oltre ad essere una brava attrice, Millie Bobby Brown è anche una nota influencer.
Infatti, il suo profilo Instagram (che potete trovare con il nickname @milliebobbybrown) conta più di 35,4 milioni di followers. Nonostante abbia soli 16 anni, ha costruito una grandissima community, risultando super amata da diverse generazioni.
Basta guardare i suoi post: migliaia di likes e commenti di persone che la stimano. Pensate che hanno creato diverse fan page in suo onore e se provate a cercare l’hashtag #milliebobbybrown troverete tantissime foto dedicate a lei.
Sicuramente, ciò che l’ha portata al successo esorbitante è il ruolo di Eleven. Allo stesso tempo però, ha saputo farsi conoscere per ciò che è davvero: una ragazza semplice, spontanea, bella e super intelligente. E lo dimostra il fatto che abbia deciso di prendere parte a numerose campagne di beneficenza.
La Brown è un buon esempio per tantissimi giovani. E i brand lo hanno capito. Proprio per tale motivo, la scelgono come ambassador: sanno che le sue parole non passano affatto inosservate.
Millie Bobby Brown riconoscimenti
Nonostante abbia pochi anni di carriera alle spalle, Millie Bobbie Brown ha già collezionato numerosi riconoscimenti.  Ecco una lista con alcuni esempi:
People’s Choice Awards
Candidatura come Attrice preferita in una serie televisiva sci-fi/fantasy per Stranger Things, nel 2017
Primetime Emmy Awards
Candidatura come Miglior attrice non protagonista di una serie drammatica per Stranger Things, nel 2017
Candidatura come Miglior attrice non protagonista di una serie drammatica per Stranger Things, nel 2018
Gold Derby Award
Performance di svolta dell’anno per Stranger Things, nel 2017
Candidatura come Miglior attrice non protagonista di una serie drammatica per Stranger Things, nel 2017
Candidatura come Miglior attrice non protagonista di una serie drammatica per Stranger Things, nel 2018
IGN People’s Choice Award
Miglior performance in una serie televisiva drammatica per Stranger Things, nel 2017
Kids’ Choice Award
Attrice preferita in una serie televisiva per Stranger Things, nel 2018
Candidatura come Attrice preferita in una serie televisiva per Stranger Things, nel 2019
MTV Movie & TV Awards
Miglior performance in una serie per Stranger Things, nel 2017
Candidatura come Miglior eroe per Stranger Things, nel 2017
Miglior performance in una serie per Stranger Things, nel 2018
Candidatura come Miglior bacio per Stranger Things (con Finn Wolfhard), nel 2018
Ma anche:
NME Awards
Candidatura come Eroe dell’anno, nel 2017
Candidatura come Migliore attrice giovane in una serie televisiva per Stranger Things, nel 2018
Screen Actors Guild Award
Miglior cast in una serie drammatica per Stranger Things, nel 2017
Candidatura come Miglior attrice in una serie drammatica per Stranger Things, nel 2018
Teen Choice Award
Candidatura come Star di successo di una serie televisiva per Stranger Things, nel 2017
Miglior attrice in una serie televisiva fantasy/sci-fi per Stranger Things, nel 2018
Candidatura come Miglior relazione in una serie televisiva per Stranger Things (con Finn Wolfhard), nel 2018
Miglior attrice in una serie televisiva dell’estate per Stranger Things, nel 2019
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Quote
Le persone sole non amano sentir parlare di chi sta insieme, anche se sono sole per scelta.  È un po’ come portare la birra a una riunione degli alcolisti anonimi.
Grey’s Anatomy
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