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conservallama · 1 year
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The all-important hyphen. ___ Follow for more memes on conservation and museums! . . .
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palazzideirolli · 1 year
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Eccoci a Palazzo Rosso, alla presentazione del nuovo percorso multisensoriale dei “Palazzi dei Rolli” di Via Garibaldi (Già Strada Nuova) un tragitto podotattile che guida le persone non vedenti dall’ingresso al punto informazioni fino alla stanza che ospita il plastico multisensoriale. Come funziona il plastico?   Il plastico riporta l’assetto della Via verso la fine del cinquecento, è stata realizzata una copia sensorizzata, dedicata all’esplorazione tattile unita ad audio e video guida in LIS sincronizzate. I contenuti audio sono attivati al contatto con i vari elementi. Alle pareti della stanza, al fine di valorizzare Palazzo Bianco e Palazzo Rosso, non approfonditi nel plastico, sono state installate due mappe tattili che riproducono fedelmente le facciate dei due edifici. La realizzazione del progetto è stata possibile grazie al contributo della Fondazione Carige.   @ettspa @liguriadigitale @museidistradanuovagenova @museidigenova @genovamorethanthis @comunedigenova #palazzideirolli #palazzideirolligenova #genovamorethanthis #genovamusei #rubensgenova #genova #italy #italia #liguriadigitale #lamialiguria #innovationtechnology #beniculturali30 #beniculturali #palace #palacio #building #3dprinting #3d #museidistradanuova #museidistradanuovagenova (presso Palazzo Rosso) https://www.instagram.com/p/CmtgIhVos7u/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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viaparata · 2 years
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"Per me, è l'ultima frontiera, un misterioso universo a sé stante, dove l'immenso potere della natura può essere sentito come in nessun altro posto sulla terra. Qui c'è una foresta che si estende all'infinito che contiene un decimo di tutte le specie di piante e animali viventi, il più grande laboratorio naturale del mondo...Il mio desiderio, con tutto il mio cuore, con tutta la mia energia, con tutta la passione che possiedo è che tra 50 anni questo libro non assomigli ad una registrazione di un mondo perduto. L'Amazzonia deve continuare a vivere". (Sebastião Salgado, dal libro "Amazônia") Un allestimento ispirato alla foresta pluviale, di più di 200 foto, con musiche e suoni, per immergersi nelle atmosfere e nella vita dell'Amazzonia. Consigliatissima! "Amazônia" di Sebastião Salgado fino al 21 agosto al MAXXI di Roma. #amazonia #sebastiaosalgado #salgado #maxxi #museomaxxi #maxximuseum #maxxipeople #exhibition #mostra #fotografia #photography #amazzonia #artlovers #artgram #beniculturali #museums #dafarearoma #igersroma #yallersroma #volgoroma #fiafers #fiaferslazio #wheninrome @sebastiaosalgadooficial @contrastobooks @museitaliani @mic_italia @creativita_contemporanea @museomaxxi (presso MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo) https://www.instagram.com/p/CgzhkoQoRaB/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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gimiplay · 2 years
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Natura silenziosa e resistente. . #building #archeologiaindustriale #industrialarcheology #travel #city #igersitalia #art #ruins #instagood #picoftheday #urban #urbexitalia #architecturelovers #beniculturali #buildings #street #photo #travelguide #travelphotography #town #architexture #style #perspective #cities #volgoitalia #minimal #travelgram #lombardia #geometry #giannimicheli (presso Milan, Italy) https://www.instagram.com/p/CgM4k1QKWmz/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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amali-us · 27 days
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Manierismo, tardo renacimiento: Pontormo
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michelangelob · 3 months
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Chi deturpa paga: inasprite le pene contro chi danneggia il patrimonio artistico e paesaggistico
E’ stato approvato ieri il cosiddetto Ddl Beni Culturali, la legge fortemente voluta dal ministro Sangiuliano che inasprisce le sanzioni per coloro che vengono definiti eco-vandali. L’Alua della Camera ha approvato con 138 si e 10 astenuti il disegno di legge con le nuove disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito…
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giuseppelaporta · 4 months
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Il Cristo Santissimo Salvatore, della Cattedrale di Termoli
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Come ho già potuto enunciare in varie occasioni, la storia dei nostri beni comuni è pregna di quegli accadimenti inaspettati, benefici e talvolta catastrofici, che plasmano le fondazioni della nostra cultura e della tradizione, locale e nazionale.
La figura del ricercatore quindi, in qualsivoglia ambito e grado, deve attenersi ad un codice morale ed etico ove al momento dell'analisi di un reperto, egli svanisce, mantenendo però un pensiero critico-storico, ottenuto dalla propria formazione e con la pratica sul luogo del mestiere, cercando di rimettere insieme le pagine che raccontano la vita di tali manufatti e di chi li ha ideati.
Sulla facciata principale della Basilica Cattedrale di Termoli, tra gli ordini arcuati è inserito il portale maggiore, che si presenta in un carme di cornici, girali a racemi, archivolti ornati, policromie e soprattutto icone, con la più celebre di questo insieme, che da i connotati identitari al tempio mariano di Termoli, ovvero la lunetta della Presentazione al Tempio, collegata all'agiografia cristica della reincarnazione, a sua volta identificabile a partire dalla bifora di sinistra detta "Dell'Annunciazione", e che un tempo doveva essere composta da una continuazione, riscontrabile facilmente in esempi bipartiti come quello del pulpito di Mastro Guglielmo nella Cattedrale di Cagliari, posizionato originariamente in quella di Pisa.
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Quanto alle statue di questo portale, senza nominare le altre del programma iconografico, possiamo elencare con certa facilità le due coppie di santi che posano ai lati dell'archivolto, su mensole recanti la committenza di queste opere, originaria della Repubblica Marinara di Amalfi.
Un tempo dette mensole dovevano essere sorrette da colonne tristili, di cui restano solo frammenti, in parte trafugati, e un capitello a colletto trilobato, capovolto e conservato nella prima stanza ipogea di Termoli Sotterranea, riconducibile ad una scuola artistica che tende a superare i caratteri del romanico pugliese arcaico e che tendono ad andare verso il gotico nascente, come si può notare anche nelle icone di cui si parlerà e in esempi di colonnati riscontrabili nelle opere di Nicola Pisano, ma anche dei cantieri federiciani del Castello di Siracusa, Castel Del Monte e riportando una sincronia schematica che troviamo anche nel Medio Oriente, come nelle nicchie della Moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme, e nel vicino pulpito Burhan Ad-Din Minbar, nel Monte del Tempio.
Le statue presenti in questo portale sono ad ora per la maggior parte anonime e oggetto di studio da parte di tanti eruditi, passati e presenti.
A sinistra abbiamo la prima statua di un uomo in abito episcopale, nell'atto benedicente e che poggia su di un uomo ormai distrutto dall'erosione, e tale figura sembra essere quella del proto-vescovo lucerino San Basso, patrono di Termoli, confermato dai caratteri incisi a piombo nella mitria, recanti "SCS BASS".
L'insieme è seguito da due statue purtroppo anonime, vestite anch'esse come vescovi, ma di cui purtroppo mancano i volti, tranne per la figura di destra, testimoniata da una fotografia scattata intorno agli anni 60 del '900, dove compare nella neo-cripta, un uomo barbuto con una aureola spaccata in due lati, purtroppo oggi scomparsa come tanti altri oggetti di questa veneranda basilica.
Ma se c'è una statua davvero singolare tra tutte, è di certo quella di destra, che si mostra con una postura sempre benedicente, ma con un panneggio diverso da quelle pre elencate, che ci indica la presenza di un personaggio biblico, con il suo pallio che copre metà busto e scende lungo la spalla destra, i legacci e le cinture, ma anche le striature del drappeggio che in tutto il programma della facciata, ci indicano bene la presenza di uno stile che non è per nulla simile al gotico fiammeggiante (es. Chartres) ma nemmeno ad un romanico borgognone come a Notre Dame La Grande, oppure anche un semplice romanico pugliese che si ferma alle strutture di Troia o anche Trani e Ruvo.
Questo stile presenta tutte le caratteristiche di una scuola di pensiero locale, che aveva a che fare con le caratteristiche iconografiche bizantine, pregne di simbolismi, colori e didascalie che determinavano una ferrea regola rappresentativa dell'icona, con un suo posto adeguato e una sua caratteristica evangelica, in gran parte apocrifa, ma che nell'esecuzione sembra comunque evolversi in uno stile sempre più plastico ed espressivo, o dinamico, che ci mostra una perfetta transizione stilistica nata probabilmente nel romanico della scuola di Foggia attorno alla figura del protomagister Bartholomeus e condotta in ogni dove, sino a raggiungere l'evoluzione più tarda e prettamente gotica, come nel caso del programma iconografico del duomo di Zara, e che nel caso di Termoli trova un suo uso contemporaneo nel cantiere tardo-romanico di San Giovanni in Venere a Fossacesia.
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Per poter parlare della statua anonima di Termoli, espongo qui i risultati di uno studio condotto negli anni con una vera e propria equipe di esperti se vogliamo, una confutazione di questo studio sviluppata per esempio con il prezioso parere del Professor Ivan Polverari di Roma, e in collaborazione anche con l'Iconografa Assunta Fraraccio , e molti altri che hanno voluto contribuire alla ricerca, che ben presto citerò in maniera dovuta in un saggio storico incentrato sulla figura in questione.
La statua purtroppo tra gli anni 30 e 40 del '900, cadde rovinosamente sul pavé della Cattedrale, poiché il suo cuore di piombo come anche asseriva Don Luigi Ragni, era ormai usurato e sarebbe bastato un non nulla per distruggerla, anche e soprattutto usandola come semplice appiglio per teli.
Per mezzo secolo era possibile visionare la statua solamente dalle fotografie del 1910 svolte dai fratelli Trombetta e ripubblicate dalla storica Ada e da colleghe come la celebre Maria Stella Calò Mariani, oggi rintracciabili facilmente negli archivi Alinari e in quello di Stato come nel caso delle frontali.
In questi decenni fortunatamente la statua venne ripresa in considerazione e, avendo anche io la possibilità di vederla in pezzi da vicino, ho potuto anche ammirarne la ri-apposizione sulla mensola, al seguito di restauri, però dove manca, ancora oggi, il volto perso di quest'uomo dalla barba appuntita e i capelli lunghi.
Nel corso del tempo è poi stata inserita in numerose ricerche ma che purtroppo hanno dato tutte esiti contrastanti, da chi avvalorava la credenza popolare secondo cui fosse San Sebastiano e anche da chi, senza una minima prova, ne asseriva di leggervi le sembianze di San Timoteo, co-patrono della città adriatica e discepolo prediletto di San Paolo Apostolo, presente nel celebre trittico con la presenza di Tito nella prima parasta a sinistra della facciata, e dove si evidenzia la caratteristica iconografica del discepolo, che appartiene alla più parte dello schema greco in cui è rappresentato questo santo, e le cui raffigurazioni anche più elaborate come nella vetrata del Musée De Cluny (XII sec.) e nel Codex Barberiniano, non sono minimamente rintracciabili nella statua senza volto del protiro termolese, sfatando definitivamente la teoria secondo cui ci troviamo davanti al co-patrono di Termoli.
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In accordo invece con ciò che resta del personaggio, e seguendone la simbologia, si può certo dire che non è un vescovo, a differenza dei precedenti tre, si mostra con una postura benedicente e con capelli e barba lunghi, uno sguardo severo, un uomo dormiente ai suoi piedi, che portano dei calzari e che nella mano sinistra doveva sorreggere un oggetto di non grandi dimensioni.
Per districarci in questo groviglio di fili, un notevole aiuto ci viene dato non solo dalle caratteristiche base dell'iconografia greco-ortodossa, ma ovviamente dalle tante modalità in cui esse sono create, dall'alto al basso medioevo, riuscendo finalmente a poter definire l'identità di quest'uomo, che altri non potrebbero essere se non il Cristo Pantocratore, venerato come Santissimo Salvatore in maniera massiccia negli antichi ducati e principati longobardi come quello di Salerno per fare esempi, e che a Termoli rappresenta uno dei culti più antichi della storiografia locale, più antico del culto bassiano, timoteano e persino dei santi minori come Biagio e Sebastiano, un culto che viene confermato esistere ancora nel 1700 dal vescovo Tommaso Giannelli, e che nei primi del '900 era rimasto solo come memoria storica della vecchia comunità cristiana termolese, dissolto nei secoli e dimenticato, probabilmente portando gli stessi analizzatori della statua ad essere influenzati dalla riscoperta di San Timoteo negli anni 40, e tralasciando totalmente la presenza del culto cristico, forse prima consacrazione della ecclesia esistente già nel VI secolo, soppiantata dalla seconda basilica bizantina del X-XI secolo.
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La rappresentazione del Cristo Pantokrator è quasi onnipresente nei programmi iconografici degli edifici di culto medievali, soprattutto in opere votive, manufatti liturgici e pareti musive o affrescate, tra i cui esempi più celebri troviamo le deesis della basilica di Santa Sofia a Costantinopoli, ma anche negli esempi di architettura Arabo-normanna e bizantina dell'Italia insulare e continentale.
Preziosi sono anche i pendenti aurei bizantini e le placchette votive in avorio e steatite, che ad oggi costituiscono un patrimonio davvero inestimabile per l'iconografia storica, anche per l'analisi delle grandi variazioni che potevano essere osservate tra una bottega e l'altra in determinate epoche storiche della cristianità, anche nella nostra penisola, pur se in maniera molto ridotta e postuma.
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Particolarmente interessanti sono i bassorilievi che immortalano il Pantokrator eretto, singolo o nella deesis, dove, anche nelle icone pittoriche, la similitudine con la nostra statua è elevatissima.
Ma ci sono dei dettagli che portano la prova ufficiale di questa identità cristica nella sua esecuzione, ovvero la sua statua gemella, che si trova attualmente sulla già citata basilica di San Giovanni in Venere a Fossacesia, dove si riscontra la medesima mano scultorea, seppure in proporzioni differenti poiché inserite in una lunetta e non poste su dei piedistalli aggettanti, che dimostrerebbero grossomodo la presenza della stessa maestranza operante nel cantiere federiciano di Termoli nella metà del XIII secolo, intorno al 1230, proveniente da quella scuola romanica di ambito foggiano, ma lontana ancora molto da quella plasticità e delicatezza realistica tardo-duecentesca di Nicola Di Bartolomeo Da Foggia, il che ci porterebbe a pensare alla figura di un ulteriore magister formatosi nella scuola romanica di Foggia, che tutti noi conosciamo come Alfano Da Termoli, "figlio di Ysembardo", e la cui famiglia (gli Alfani) trae origine dall'antico Ducato longobardo di Salerno e nei territori stretti di Amalfi, Scala e Ravello.
La caratteristica iconografica delle due statue è prettamente la medesima, mostrandoci il volto purtroppo scomparso alla nostra, con la stessa lavorazione della capigliatura lunga e mossa nelle punte, che travalicano le orecchie, e nell'insieme simbologico del drappeggio e della benedicenza, conferma ancor di più i metodi e le proporzioni che contraddistinguono questo esecutore e ovviamente questa scuola di pensiero.
Altro dettaglio fondamentale di questo studio è capire gli elementi che tutt'ora mancano alla statua del Cristo di Termoli, e ci può venire in aiuto la stessa iconologia bizantina, che ricorda come nella figura del Pantokrator, egli sia raffigurato con il manoscritto nella mano sinistra e la mano destra nell'azione benedicente, ma è altresì vero che il Cristo in moltissime occasioni è ritratto o scolpito con la pergamena, nell'atto di cedere la sua parola ai discepoli affinché la promulgassero al prossimo, ed è un elemento fondamentale per capire la sua familiarità nel nostro territorio, non solo nel caso di Fossacesia, ma anche in quello di San Marco Evangelista nella Cattedrale di Zara, nello stesso San Timoteo del trittico di Termoli e così via, sino anche a giungere in pendenti di ambito votivo come il Cristo Pantocratore di Santa Maria di Trastevere, opera duecentesca di una bottega centro-meridionale del XIII secolo, ulteriore prova delle caratteristiche iconografiche di queste scuole di pensiero locali e delle influenze che esse hanno dato alla produzione artistica sacra.
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Seppure la figura del Cristo, per rango religioso viene vista come fuori posto in un contesto che non sia centrale nella facciata, non mancano quegli esempi in Europa, maggiormente gotici, di una variazione della sua posizione in base al lessico dell'intero schema, cosa che ci fa evincere come nel caso di Termoli anche questa ferrea regola scultorea sia stata ammorbidita, permettendoci anche di identificare come il portale rechi nei piedistalli le quattro figure principali venerate in questo luogo di culto, oltre alla presenza del patrono Timoteo in una zona alta, probabilmente di esecuzione variata dalla originale scelta "progettuale" dell'ordine superiore.
Tutte queste premesse mi hanno concesso di poter postulare una ipotesi di ricostruzione della modesta icona, partendo dai rimasugli strutturali del corpo, come i monconi delle mani, i cui resti dei ponti di giunzione con il busto, del pollice e del dito indice, sono rimasti fusi nel petto, mentre nel caso della gamba sinistra è riconoscibile la sbozzatura ammaccata del panneggio, scambiata in passato per la base di un bastone pastorale o da pellegrinaggio.
Quanto al retro del capo, dietro i capelli e il pallio, si può vedere in maniera chiara un bozzo a rilievo con leggera inclinazione, probabile riminescenza di una aureola scolpita con il busto superiore, elemento comune delle statue in rilievo dal romanico al gotico e anche in età rinascimentale, seppure poi venissero soppiantate dall'uso di aureole metalliche in epoche più prossime a noi.
Basandoci sugli stessi esempi locali, e sulle proporzioni del volto, nonché della durevolezza della pietra calcarea, si può dedurre la presenza di una modesta aureola come nel caso della statua scomparsa, con una fase centrale da cui partivano i bracci della croce, probabilmente patente, e le due scritte identificative del Cristo, come in Fossacesia e generalmente nelle icone; "IHS - XPS", con un bordo ornato dall'alternarsi di file forate.
Nella mano sinistra è plausibile che anche questa statua non recasse la presenza del manoscritto aperto, pensì di una modesta pergamena arrotolata, e per ultimare, sembrerebbe evidente dalle tracce di pigmento bruno in questa, e di foglie d'oro nella statua bassiana e nella lunetta, che le icone della facciata termolese, come anche altrove, fossero dipinte, forse solo negli indumenti e nei dettagli più minimi che la scultura non poteva essere in grado di ricreare per le modeste dimensioni e sottigliezza decorativa.
Una basilica che non smetterà mai di stupirci quella di Termoli, con dei misteri e derivanti elucubrazioni che ogni volta mi fanno girare la testa di fronte a cotanta bellezza, da preservare, ma soprattutto, da valorizzare.
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designme2011 · 1 year
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👄•La Calunnia di Botticelli | The Calumny of Apelles Mentre ripasso l'Ellenismo, sbuca il greco Apelle, considerato da Plinio il più grande pittore di tutti i tempi, fonte di ispirazione di molti grandi artisti. Come lo fu per Botticelli nel dipinto La Calunnia. La Calunnia era una divinità minore dell’antica Grecia, malefica e menzognera, la sua figura viene portato nuovamente in auge nel ‘400 grazie a Leon Battista Alberti, che lo cita nel suo De Pictura. Il quadro narra l’accusa di un uomo, ingiustamente calunniato e condannato da un giudice corrotto. Partendo da dall’estrema destra del dipinto, Botticelli raffigura Re Mida come giudice della vicenda, con orecchie da asino e consigliato da due donne, ovvero Ignoranza e Sospetto. Di fronte al giudice Re Mida si desta Livore o Rancore, uomo vestito di stracci di color marrone scuro, con indosso un cappuccio che gli copre gran parte del viso. Al centro dell’opera appare Calunnia, che viene rappresentata seguendo la scelta originale di Apelle, ovvero come una donna di bell’aspetto, dai capelli dorati. Tenuta per la mano da Rancore, Calunnia si fa sistemare i lunghi capelli dalle personificazioni di Insidia e Frode, mentre trascina per i capelli il destinatario delle diffamazioni, un pover’uomo con le mani giunte richiedenti pietà, le cui magre membra sono coperte soltanto da un panno. Solo due figure si stagliano nella parte sinistra del quadro, che è decisamente meno affollata: l’assenza di bilanciamento nei due lati del quadro è voluta da Botticelli per creare una tensione compositiva che spinge l’osservatore ad una lettura dell’opera da destra verso sinistra. CONTINUA NEI COMMENTI 📍Galleria degli Uffizi • • • #designme #minuzzerie #tipsminuzforminuz #Firenze #Florence #Toscana #Tuscany #ilmiopuntodivista #ioete #arte #artisti #rinascimento #uffizigallery #galleriadegliuffizi #uffizi #beniculturali #italian_art #arte_mondo #artenelmondo #artworld #artlife #arteitaliana #arts_illife #storiadellarte #storiarte #visit_florence @visit_florence #portiamomesagnenelmondo @toscana_splendida (presso Gallerie degli Uffizi) https://www.instagram.com/p/CofoPWBsLTD/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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The House of the Vettii, one of the most luxurious residences in @pompeii - Parco Archeologico, belonged to wealthy merchants. The house of the Vettii, owned by two brothers after 20 years of closure for restoration and a partial reopening in 2016, is open to the public again and can be admired for the first time in all its current architectural complex articulation. The house is named after the owner Aulus Vettius Conviva, a formerly enslaved person who built up a luxurious and prosperous life in the city of Pompeii. The sumptuous pictorial and sculptural furnishings of the house reflect the city's territory's wealth. Social climbing wasn't an accident in that local contest and allowed the two formerly enslaved people to rise to the highest levels. Repost. Source @museitaliani Learn all about it in bio ⏬ http://musei.beniculturali.it/notizie/notifiche/la-casa-dei-vettii-di-pompei-riapre-al-pubblico-dopo-20-anni?fbclid=IwAR2q4G8DFfV5_VSgeVIDFCohmr-H110tbC0jtGL8uGh78qUTWDQP_Q2KjwQ
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scienza-magia · 1 year
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Restaurata la Casa dei Vettii degli scavi di Pompei
Eros e mito, Pompei ritrova la sua cappella Sistina. Le prime immagini della Casa dei Vettii che riapre dopo 20 anni. Un tripudio di natura e di cultura per solleticare i sensi e l'intelletto, con un caleidoscopio di colori e di immagini da cui oggi come allora è difficile staccare gli occhi. E poi il giardino, affollato di statue, fontane, cespugli odorosi, giochi d'acqua. Chiusa al pubblico per quasi vent'anni, eccola in tutto il suo ritrovato splendore la Casa dei Vettii, gioiello tra i più conosciuti e celebrati di Pompei, affascinante per la sua storia e per la raffinatezza dei suoi ambienti, le pitture studiate in tutto il mondo. "Una casa simbolo, una cappella Sistina di Pompei", sottolinea il direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel nel giorno dell'inaugurazione con il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano.
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Pompei, casa dei Vettii, un particolare del giardino . Foto Luigi Spina Parco archeologico Pompei © ANSA Gli scavi che la riportarono alla luce risalgono alla fine dell'Ottocento, ma anche il restauro che si presenta oggi ha radici lontane, studiato dalla metà degli anni Novanta del '900, quando le pesanti coperture in cemento realizzate negli anni Cinquanta cominciarono a mostrare la loro caducità e convinsero il soprintendente di allora a chiuderla in parte per paura dei crolli. Avviato per la prima volta nel 2002 e poi ripreso nel 2016 sotto la direzione dell'allora direttore Massimo Osanna, il cantiere ha impegnato in questi anni decine di diverse professionalità, dagli archeologi e i restauratori agli architetti, dagli ingegneri strutturisti agli esperti di giardinaggio.
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Davvero una grande sfida, "nel panorama dei beni culturali uno dei cantieri più complessi e impegnativi degli ultimi decenni", sottolinea Zuchtriegel. Perché c'era il problema strutturale delle coperture, rese ancora più fragili dal terremoto dell'Irpinia. Ma pure le straordinarie pitture erano in pericolo per un restauro fatto in passato, con un strato di cera che avrebbe dovuto farle risplendere e che invece le aveva rese opache, polverose, in alcuni casi illeggibili. "Rimuovere quella cera è stato un lavoro spaventoso, ma anche di grandissima soddisfazione", raccontano ora i restauratori, perché ha riportato alla luce particolari incredibili. Restaurato e riallestito è tornato a splendere pure il giardino circondato dalle colonne del peristilio, dove sono state ripristinate le condotte d'acqua e le piccole fontane. E dove sono tornate le statue, seppure in copia perché si è deciso di proteggere gli originali lasciandoli al coperto in altri spazi espositivi del parco.
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Tra queste c'è il particolarissimo Priapo che in questo giardino, duemila anni fa, stupiva gli ospiti con i suoi zampilli d'acqua. Situata nella parte più ricca della città proprio di fronte ad un'altra sontuosa abitazione, quella degli Amorini dorati, la Casa dei Vettii apparteneva ai fratelli Aulo Vettio Restituto e Aulo Vettio Conviva, liberti diventati ricchi con il commercio del vino, facoltosi al punto da entrare con tutti gli onori nella società pompeiana, tanto che uno di loro faceva parte del collegio degli Augustali. Acquistata la casa, che esisteva dal II sec. a. C e che con i suoi 1100 metri quadrati equivaleva ad un taglio medio nel lusso di allora, i due la fecero restaurare senza badare a spese, ricorrendo alle maestranze più qualificate della città. In tutti gli ambienti di questa loro favolosa abitazione vollero pitture raffinate eseguite con l'eclettismo e lo sfarzo del cosiddetto "quarto stile", quello che andava di moda appunto nella prima metà del I sec. d.C. Nelle varie stanze attorno al primo atrio o affacciate sul peristilio abbondano scene mitologiche e anche scene erotiche, accompagnate da una miriade di particolari, tra tutti una sorta di festone con amorini impegnati nella preparazione di un banchetto, che il restauro ha praticamente riportato alla luce, rendendone leggibile ogni infinitesimo particolare. Ovunque ci si giri in queste stanze il colpo d'occhio, è da perdere il fiato, tra fregi e racconti mitologici ci sono quadri che per raffinatezza e delicatezza della pennellata, per la vivacità delle cromie, appaiono modernissimi, quasi risalissero alla fine del '700. Forse tra le immagini più popolari e conosciute, anche il Priapo con l'enorme fallo poggiato sul piatto di una bilancia - che i due fratelli vollero all'ingresso di casa come segno di prosperità - ha ritrovato i suoi colori.
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Nell'atrio le due casseforti sottolineano ancora una volta la ricchezza dei proprietari che disponevano anche di una stalla con ingresso autonomo su un'altra via. Eppure al di là dello stretto corridoio dove una scala conduceva al secondo piano, non mancano anche qui le tracce della vita degli ultimi, dalla cucina, con ancora le pentole i treppiedi, i bracieri, ai piccoli ambienti nudi per la servitù, fino allo stanzino tappezzato di scene erotiche che si ipotizza ospitasse la prostituta Eutychis, "greca e di belle maniere", che qui veniva offerta per due assi. Arte e bellezza, insomma, insieme a uno straordinario spaccato della società antica con le sue stratificazioni e i suoi costumi. Che da oggi, assicura Zuchtriegel, tornerà ad accogliere i visitatori, senza più limitazioni, aperta ogni giorno dell'anno. "L'abbiamo riaperta e non si chiude più". Read the full article
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conservallama · 1 year
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And now that you are in with the light know-how, you can really appreciate some light memes. Get your calculator and photometer out. Boromir wants some lux readings. ___ Follow for more memes on conservation and museums! . . .
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dettagliedintorni · 2 years
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7 ottobre 1571
Battaglia di Lepanto All’interno della Chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri, in Piazza dei Cavalieri in Pisa tanti cimeli che la ricordano. Andate a visitarla e pregate che una nuova guerra non abbia inizio, perché la prossima sarà con le clave ed i sassi… . 7 ottobre 1571 L’istruzione… Siamo arrivati a questo 7 ottobre 1571
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viaparata · 2 years
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“Tokyo è un oceano con una selva di soggetti in attesa di essere fotografata. Non ho scelta, devo buttarmi e rinunciare al controllo delle cose…” (Daido Moriyama) Le luci, i suoni, i volti di una Tokyo dinamica e notturna. Un allestimento che ti fa perdere come nei suoi quartieri e dentro alle fotografie di Moriyama e Tomatsu. Molto consigliata! "TOKYO REVISITED" di Daido Moriyama con Shomei Tomatsu fino al 16 ottobre al MAXXI di Roma. #tokyorevisited #daidomoriyama #shomeitomatsu #maxxi #museomaxxi #maxximuseum #maxxipeople #exhibition #mostra #fotografia #photography #tokyo #artlovers #artgram #beniculturali #museums #dafarearoma #igersroma #yallersroma #volgoroma #fiafers #fiaferslazio #wheninrome @museomaxxi @interface_shomei_tomatsu_lab @moriyama_daido @akio_nagasawa_gallery @creativita_contemporanea @mic_italia @museitaliani (presso MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo) https://www.instagram.com/p/Cip1ERiIDsq/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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marioanastasireal26 · 2 years
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Che cos’è una carezza? Fare primavera con la punta delle dita... ~ Franco Arminio ~ "Adone e Venere" ~ Antonio Canova ~ 1794 . . . #arte #amore #love #canova #francoarminio #adoneevenere #arteitaliana #arte #art #artist #italia #artgallery #italy #italianart #artwork #painting #artista #pittura #ig #beniculturali #artlovers #artoftheday #gallery #italianartist #storiadellarte #instaart #artistssoninstagram #artistaitaliano #scultura https://www.instagram.com/p/Ch4bzPrLthd/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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michelangelob · 1 year
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🇮🇹Particolare di una delle colonne tortili del Baldacchino del Bernini in cui si vedono bene i putti e le api del Barberini 🇬🇧Detail of one of the twisted columns of Bernini's Baldacchino where you can clearly see Barberini's cherubs and bees . . . . . #Michelangelobuonarrotietornato #bernini #borromini #arte #madeinitaly #storytelling #arte #artblogger #madeintialy #best_italiansites #beniculturali #artblogger #madeinitaly #roma #sanpietro #vaticano (presso Basilica Di San Pietro,Vaticano) https://www.instagram.com/p/CpFP47ZIiDQ/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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