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#discendenza
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"Per nascere abbiamo bisogno di :
2 Genitori
4 nonni
8 bisnonni
16 Trisinonni
32 Tetranonni
64 pentanonni
128 esanonni
256 Eptanonni
512 Ottanonni
1024 Annonni
2048 Decanonni
Solo il totale delle ultime 11 generazioni, ci sono voluti 4.094 ANTENATI, tutto questo in circa 300 anni prima che io o te nascessimo!
Fermati un attimo e pensa...
- Da dove vengono?
- Quanti combattimenti hanno combattuto?
- Quanta fame hanno passato?
- Quante guerre hanno vissuto?
Quante vicissitudini hanno vissuto i nostri antenati?
D'altra parte, quanto amore, forza, gioia e stimoli ci hanno lasciato in eredità?
Quanto della loro forza per sopravvivere, ognuno di loro ha lasciato dentro di noi qualcosa di loro …
Esistiamo solo grazie a tutto quello che ognuno di loro ha passato, ha vissuto."
Benedetti siano i nostri antenati ❤️
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ragazza-whintigale · 25 days
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𝓨𝓪𝓷𝓭𝓮𝓻𝓮 𝓟𝓪𝓾𝓵 𝓐𝓽𝓻𝓮𝓲𝓭𝓮𝓼 𝔁 𝓻𝓮𝓪𝓭𝓮𝓻
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𝔒𝔭𝔢𝔯𝔞 ➵ Dune
𝔄𝔳𝔳𝔢𝔯𝔱𝔢𝔫𝔷𝔢 ➵ Comportamento yandere, Fem reader, relazione tossica, matrimonio forzato (menzionato), tentato omicidio, avvelenamento, aborto, relazioni extra coniugarli, tradimento, utilizzo della voce, manipolazione psicologica, instabilità emotiva, ricatto, tocco non consensuale.
𝔓𝔞𝔯𝔬𝔩𝔢 ➵ 3170
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I corridoi a quest’ora della notte erano quasi del tutto vuoti, fatta eccezione per i soldati di guardia e della figura leggiadra della bella donna chiamata (nome) Alithea e in futuro Atreides -se mai il matrimonio fosse andato a buon fine naturalmente-. La bellezza della figura meritava per certo il soprannome che gli era stato affidato quando era ancora una bambina. La principessa degli Alithea. Come unica figlia femmina fino ai suoi 12 anni era stata amata e adorata quasi al pari della contessa che una volta era stata sua madre.
La sua bellezza e purezza non era ancora caduta in disgrazia secondo il pubblico.
La sua bellezza, la sua educazione e il suo carattere mansueto avevano permesso tale nomignolo. Poco si potrebbe immaginare che dietro quella bella facciata si potrebbe nascondere una donna non più diversa.
Una donna fredda e crudele, cresciuta fino a riconoscere la sua unica utilità come scambio tra famiglie. Il nome e l’importanza degli Atreides per una donna fertile ed educata che avrebbe mantenuto alta la discendenza.
Si era quasi stancata di sentire tali voci venire dall’esterno, oramai quasi tutti i servi al servizio del Duca e della sua famiglia avevano familiarità con il caratteraccio della donna.
❝ Mia signora cosa ci fate sveglia a quest’ora? ❞ La donna si fermò barcollante nei suoi passi. ❝ Dovreste essere nelle vostre stanze a riposare. ❞ (nome) ha un aspetto malaticcio nei suoi lineamenti morbidi. Il colore della pelle è sbiadito quel tanto che bastava per farla sembrare tra la vita e la morte. I capelli (colore) scompigliati, sono sciolti dal solito complicato intreccio, permettendo così delle morbide onde ad accompagnare il suo viso. Il piacevole movimento delle ciocche seguiva il suo viso una volta che decise di poter onorare questa persona con le sue attenzioni.
Duncan Idaho era in mezzo al corridoio con aria solenne. La postura eretta e impeccabile è proprio qualcosa che ci si poteva aspettare da casa Atreides e da uno dei suoi fidati.
Lo sguardo dell’uomo affronta con sospetto il corpo gracile ea mala pena sostenuto della sua signora. Non c’è traccia di ostilità verso qualcuno, solo il suo solito io viziato. O almeno è quello degli ultimi 7 anni. Quando d’improvviso la dolcezza della bambina venne sostituita con il gelo caratteristico di casa Alithea.
Duncan non ha mai diffidato di lei. Non che potesse in qualche modo, è una donna talmente fragile e minuta che si poteva dubitare potesse ferire qualsiasi componente della famiglia Atreides. Solo non poteva che notare il cambiamento di carattere durante la sua crescita al fianco all’erede Atreides. Davanti agli occhi ha visto come qualcuno potesse sprofondare nell’oscurità poco a poco.
Lo sguardo affilato della donna cadde sul soldato, fidato agli Atreides e vicino a quello che sarebbe diventato suo marito. ❝ Niente di importante Sir, cerco solo di raggiungere il mio futuro marito nelle sue stanze. Mi ha chiesto di parlare in privato. ❞
Duncan dubitava che Paul potesse essere così dannatamente maleducato da scomodare la sua fidanzata che fino a qualche giorno fa era in letto di morte. Poi nessun -nemmeno Paul- gli aveva parlato di questo incontro e per quanto potesse essere un incontro tra innamorati, di cui dubitava molto, il ragazzo avrebbe comunque avvertito qualcuno della cosa.
In genere lady (nome) non era nemmeno una persona da incontri romantici al chiaro di luna, ne di una avventura in camera da letto. Quindi era ben presumibile stesse architettando qualcosa che avesse a che fare con Paul. Duncan sperava vivamente che questo non li avrebbe messi nei guai.
❝ In tal caso lasciate che vi accompagni.❞ Il suo onore gli impediva di lasciare la sua signora andare in giro per le sale di Castel Caladan alla ricerca del futuro marito, quando nemmeno riusciva a camminare correttamente.
Stava anche tremando a tratti sotto la stola in lama.
Lo sguardo della donna si assottigliò lasciando brillare le pagliuzze argentate annegate nel (colore) delle sue iridi. (Nome) era abbastanza furba da non tentare una discussione per una tale sciocchezza. Per quanto irrispettosa potesse essere, il tutto sarebbe diventato solo più sospettoso. ❝ Se è ciò che desiderate.❞ Duncan camminò fino a sorpassare (nome) e guidarla verso la sua destinazione.
La stanza di Paul non era molto lontana, di conseguenza il viaggio fu breve. La principessa bussò con eleganza alla porta e Paul rispose aprendo la porta. La sorpresa era palese dai suoi occhi verdi, ma si riprese l’attimo dopo aver notato anche Duncan. Salutó l’uomo con un cenno e poi si rivolge alla donna di Alithea ❝ A cosa devo la visita della mia signora? ❞ (Nome) ridusse la sua espressione a puro disgusto e entrò nella stanza lasciandosi alle spalle Duncan e la sua espressione disperata dai capricci e dalle bugie della donna. Paul non fece altro che un’espressione di scuse al compagno fidato chiudendo la porta intimandolo di continuare con i suoi doveri.
❝ Spero ci sia un motivo valido per disturbare il tuo riposo e Duncan. ❞ ❝ Non gli ho chiesto io di disturbarsi. ❞ Lady (nome) ha tralasciato le sue condizioni precarie mentre si fermava nel mezzo della stanza incrociando le braccia al petto. La stola e la vestaglia morbida annientava ogni curva che la donna potesse possedere. Un sospirò lasció le labbra di Paul mentre si avvicinava a lei per avvolgere le braccia intorno alla figura della donna, ❝ La vostra crudeltà non appassisce mai mia signora, nemmeno quando siete malata. E dire che quando eravate piccola possedevate una tale gentilezza. ❞ Il calore della loro pelle che si tocca era qualcosa che (nome) ha detestato, e sapeva che in futuro non gli sarebbe bastato questo da lei.
Si crogiolò segretamente nel tepore del loro abbraccio, forse avrebbe dovuto prendere una stola più pesante ma non è riuscita a trovarla da sola. ❝ Io inizierei a ritermi il colpevole di tale comportamento se fossi in te, Paul.❞ Il suo nome aveva una cadenza sprezzante ma L’Atreides, in qualche modo contorto, sembrò apprezzare. Paul stampa un bacio sul suo collo, incurante dello strato di capelli che si sovrapponeva alla pelle di (nome). Rabbrividì disgustata.
❝ In ogni caso non hai risposto alla mia domanda.❞ Si staccò da lei andando a sedere dall’altra parte della stanza. Si versò qualcosa da bere e lo stesso fece per lei. (Nome) sapeva fare di meglio che cedere a tali galanterie. Era considerata una bellezza a tal punto che in molti hanno cercato le sue attenzioni con trucchi meschini.
In realtà Paul sapeva perché era lì e da cosa era dovuto il suo turbamento. C’era una incrinatura nella sua solita corazza, lasciando intravedere spiragli di rabbia e nervosismo. Aveva letto attentamento i suoi movimenti e le sue parole. Come si soffermava su qualcosa troppo allungo, come teneva coperto il ventre con la stola e come si graffiava i polsi.❝ Devi lasciarlo andare. Lui non ha colpa.❞ ❝ mmh? ❞ Prese un sorso di bevanda tenendo gli occhi su di lei. Sapeva di cosa stava parlando, non c’è stato bisogno di avere conferme, eppure lui ha continuato a fingere di non comprendere. Se lady (nome) non lo conoscesse, avrebbe potuto dire che si stava divertendo a vederla così.
Paul la conosceva a sua volta abbastanza da sapere che: niente avrebbe potuto agitare la donna se non la consapevolezza di aver condannato qualcuno per un suo errore. Non era così crudele come tutti l’avevano dipinta, e Paul lo sapeva meglio di chiunque altro. Sapeva che probabilmente le occhiaie nere sotto i suoi occhi erano solo la causa delle notte insonne per il senso di colpa.
Senso di colpa.
Forse nessuno a parte lui sapeva che Lady Alithea era capace di provare simili emozioni. Era davvero brava a mascherare le proprie intenzioni dietro la sua freddezza, non sempre ma quasi, questo Paul glielo avrebbe concesso. Forse se non fosse per le sue abilità di Bene Gesserit nemmeno lui l’avrebbe notato. ❝ Non vedo perché dovrei, (nome), dopo quello che ti ha fatto.❞ ❝ È TUTTA COLPA MIA! LUI NON C’ENTRA-❞ L’urlo lasciò trasparire tutto il risentimento che aveva nei suoi confronti. Era uscito così spontaneo dalle sue labbra che è riuscita a fermarlo solo dopo aver sfogato in parte. Certamente si era fermata ad un certo punto e una parte di colpa andava allo sguardo che l’erede degli Atreides le ha rivolto. La turbava ancora, anche a distanza di anni e nonostante la loro differenza di età. ❝ … e tu hai utilizzato l'occasione a tuo vantaggio.❞
-Nemmeno i rivelatori di veleno erano riusciti a rilevarlo. Era stata attenta. Talmente attenta che quando il sangue iniziò a colare giù dal naso e dalla bocca una confusione generale riempì la stanza. Alcuni soldati si sono precipitati lì, altri hanno chiamato il dottore Yueh e di seguito arrivò anche Hawat. Era una delle poche volte che anche il Duca era presente, forse tutta quella confusione era dovuto anche a questo.
Nessuno era riuscito a scoprire chi fosse stato e meglio come avesse fatto. Ma Paul aveva un idea. Un’idea che si era rivelata più che giusta. Lo aveva visto chiaramente. -
Le braccia della donna scivolarono dritte lungo il corpo mentre stringeva il tessuto della vestaglia tra i suoi pugni. Non era ben chiaro se si fosse pentita di averlo urlato o se avesse solo temuto per lo sguardo di Paul. Ma il resto della frase è comunque stato ridotto ad un sommesso sussurro.
Forse si sentiva colpevole. Lui non l’aveva mai toccata prima senza il suo permesso. Non le aveva mai fatto del male. Eppure lei aveva agito contro di lui. Prima ha cercato di uccidere Paul mentre dormiva con coltello di fortuna, ma fu troppo codarda per portare a termine l’impresa e crollò tra le braccia di Paul. Non aveva detto una parole ne aveva mostrato paura. Poi aveva cercato di avvelenarlo… ma cambiò obiettivo. Forse ha sperato qualcuno contestasse la sua unione con Paul, forse non ritenendola all’altezza di diventare Duchessa e un’Atreides. Ma non accade. A Paul bastó immagazzinare le informazioni , analizzarle e valutare come risolvere al meglio la situazione. Il suo attentato al giovane Duca non fu mai scoperto, e il suo auto avvelenato fu solo deviato alla soluzione più semplice. Il ragazzo così vicino a Lady (nome) da averla avvelenata per gelosia.
Questo le fece pentire in primo luogo di averlo scelto e portato con sé su Caladan, di essersi compromessa con lui e di essere stata costretta ad abortire per conservare l’onore di entrambi. ❝ Forse avresti dovuto pensarci prima a coinvolgere qualcuno di esterno.❞ È stato stupido ma lo sapeva già. Non lo amava nemmeno come meritava.
Ed è abbastanza palese che Paul stesse giocando con questi sensi di colpa.
Non le avrebbe offerto uno scambio, lui non ne aveva bisogno per farle fare tutto quello che voleva. Non c’era modo che avessero parlato di scambiare la vita del ragazzo con qualcosa che andasse a vantaggio di Paul e Lady (nome) lo sapeva abbastanza bene.
❝In ogni caso ora non dovrai più temere di coprire quella gravidanza indesiderata e io non dovrò tenere un bastardo.❞ Un erede bastardo. Era qualcosa di ironico adesso, agli occhi del giovane Paul. Non gli ricordo minimamente sua madre, che diede al Duca Leto l’erede che tanto desiderava.
La donna era colma di rancore, colpe e imbarazzo, per questo non proferì altra parola. Non cercó di salvarsi o giustificare i fatti evidenti, lui era l’unico oltre a lei a saperlo e poteva dedurre fosse solo grazie alle sue predizioni. Nemmeno il povero Elias era a conoscenza dell’avere messo incinta la futura sposa di Paul. Forse era meglio così.
❝ Dovresti essere grata. ❞ La voce di Paul perse l’affetto e il rimprovero. Divenne solo fredda come se avesse perso la possibilità di provare sentimenti. Si avvicinò alla forma della sua signora prendendo a coppa il suo viso dai tratti morbidi tra le mani. La principessa si sentiva disgustata. ❝ Per cosa? ❞ ❝ Per non averti condannata con lui. ❞
In un lampo di rabbia (nome) spinse le mani sul petto del ragazzo, allontanandosi quel che bastava.
In primo luogo pensava glielo avrebbe concesso, nel suo stato attuale, lui era più forte di lei. Perciò la distanza era quella che lui gli aveva concesso a prescindere. ❝ Avrei preferito morire a causa del mio stesso veleno che rimanere qui con te. ❞ La principessa strinse i denti ad ogni crudele dichiarazione mentre si dirige verso la porta con l’unico intento di andarsene.
❝ Non uscire dalla stanza. ❞ (nome) si fermò nei suoi passi, con la mano sulla maniglia e un piede pronto a dare il primo passo per uscire. Sapeva che Paul era in grado di usare la voce, aveva sentito parlare della cosa molte volte da sua madre mentre si esercitavano. A riguardo c’era un tacito accordo. Lui non avrebbe dovuto usarlo su di lei.
Per quanto non fossero mai stati messi termini e condizioni lui lo aveva fatto solo una volta, esclusa questa. Forse è stata quella volta a convincerlo ad non utilizzarlo. Lei aveva dato letteralmente di matto, urlando e cercando di attaccarlo direttamente.
Nessuno ha saputo dare una risposta a tale comportamento e la situazione tacque in pochi giorni, lasciando un’alone di mistero sulla vicenda.
Lo sguardo della donna era intriso di rabbia e sanguinaria voglia di fargli del male. Paul la guardava a sua volta con una sorta di sfida nei suoi occhi. Sarebbe stata sopraffatta dalla voce o sarebbe stata rinchiusa per aver attentato alla vita di Paul?
Era quasi sicura che nella seconda avrebbe sofferto più lui che lei, per questo quando mosse i suoi primi passi verso il fidanzato lui socchiuse le labbra. Pronto a richiamare qualsiasi ordine l’avrebbe riportata al suo posto. Ma lei si fermò ancora prima di poter fare unaltro passo.
Lo sguardo di Paul era ancora su di lei. I suoi capelli ondulati ricadenti sulle sue spalle cadenti. La sua vestaglia argentata e la stola che era caduta dalle spalle e ora si reggeva solo alle braccia della ragazza. Una visione dannata e patetica proprio come era la sua signora quando nessuno poteva vederla a parte lui. L’orgoglio e la vanità erano scomparsi a favore della dolce disperazione e dai sensi di colpa. Ma in fondo l’Atreides non avrebbe potuto desiderare altro che essere l’unico spettatore di tale vista.
Nessuno avrebbe potuto ammirare la luce fioca e semplice di una donna, che aveva imparato a mantenere le apparenze di freddezza e nobiltà, sfaldarsi davanti a qualcosa che la stava mandando in frantumi poco a poco.
Paul era quella cosa ed entrambi lo sapevano.
I primi passi di lui furono intercettati dalla donna che indietreggiò per mantenere la distanza iniziale. Un sospiro tra l'esasperato e il divertito ha lasciato Paul mentre parlava nuovamente. ❝ Devi smetterla con queste scenate. Non ti serviranno a molto soprattutto se sono l’unico ad assistere.❞ I loro occhi erano fissi l’uno sull’altro. Niente sarebbe cambiato nel comportamento della donna, lo sapeva. Eppure i suoi occhi erano ancora attenti a qualsiasi cosa lui volesse fare di lei. Avrebbe mantenuto le parole eppure lei non era ancora disposta ad avvicinarsi. ❝ Spiegami come posso farmi ascoltare, senza per forza darti un ordine. ❞ Quel potere non era un semplice ordine! Se fosse stato solo un ordine lei avrebbe ignorato il tutto e poi sarebbe andata avanti per quello che credeva meglio. Ma in quei momenti il suo corpo smetteva di essere una sua proprietà e faceva ciò che quel coro di voci le diceva di fare. Cacciata e privata della sua stessa volontà. È così che si poteva descrivere.
❝ Non puoi. semplice, no? Basta solo che mi lasci stare, e che lo scagioni da quelle accuse, e per un po’ continuerò questa recita, per un po’.❞ Per un po’… Non significava per sempre. Non si sarebbe calmata e questo sarebbe solo qualcosa di temporaneo. Era come una pietra che colpiva il vuoto. Non faceva alcun rumore. Nessuno dei due aveva un discorso collegato con quello dell’altro eppure continuavano a parlare sulla medesima linea. Lei era lì per un motivo e poi avrebbe voluto andarsene il più lontano possibile. Anche il fondo del mare di Caladan le sembrava più accogliente e invitante di quella stanza soffusa di luce. Mentre lui desiderava cercare di convincerla a rimanere, nella sua stanza e nella sua vita. Non che lei avesse quella gran scelta in questione ma lui desiderava ancora che lei lo volesse almeno un po’.
Fece un altro passo e poi un’altro e un'altro ancora, verso di lei, in silenzio. Ma lei si allontanava ancora, ancora e ancora. I passi erano traballanti e non si poteva escludere l’eventualità che potesse cadere. ❝ Sai davvero essere crudele mia signora… soprattutto con me. ❞ A Paul sembrava piacere evidenziare come le sue parole taglienti perdessero L’affilatezza in sua presenza, intrecciando le proprie parole con terribile sarcasmo. Lei inciampò su qualcosa e cadde seduta sul letto del ragazzo. Non poteva sapere cosa, ma ha immaginato fosse colpa di Paul. Era sempre colpa sua anche quando non lo era, ai suoi occhi.
Non sapeva esattamente come fosse finita lì, ad un'estremo della stanza, opposto a dove era. Quanti passi senza guardarsi attorno aveva fatto? Quando si era persa troppo in profondità negli occhi di Paul e dell'odio che provava per lui.
❝ Ti odio. ❞ Lui rise alla conferma delle sue parole. Questo era odio. Un odio patetico che gli si addice magnificamente. ❝ Lo so. ❞ Si avvicinò al suo volto, lasciando poco spazio tra loro, tanto che ogni respiro sfiorava le pelle del loro volto. Gli (colore) della donna erano spalancati in cerca di una soluzione, di un indizio o di qualche bagliore, negli occhi del futuro marito. Una qualsiasi scintilla ma niente. Lui era impassibile e illeggibile come lo era sempre stato, e questo l’ha terrorizzata. Come nei loro primi incontri, come nel loro primo incontro. ❝ Cosa vuoi in cambio? ❞ Dopo un lungo silenzio lady (nome) si decise a parlare. Di solito durante i loro scambi di parole non si parlava mai di scambi o mediazioni. Nessuno dei due avrebbe ceduto qualcosa per averne un altra. Specialmente (nome).
❝ Rimani. ❞ Era decisamente generica come risposta e la ragazza si trovava spazientita da tanta indulgenza. Se fosse stata solo una notte potrebbe anche essere un buon affare. Se fosse trasferire le sue stanze in quelle di Paul per il suo ultimo periodo qui a Caladan prima di tornare a casa per organizzare i preparativi per il matrimonio, era eccessivo ma ancora glielo poteva concedere. Aveva chiesto un prezzo molto alto in fondo, per quanto lei stessa non volesse ammetterlo. Ma se intende per tutta la sua vita era troppo. Lei per quando crudele e fredda potesse essere aveva sempre mantenuto la parola data e per questo raramente faceva promesse soprattutto quando non voleva o non poteva mantenerle.
❝ Tutto ma non questo. ❞
❝ Prendere o lasciare, (nome). ❞
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sofysta · 10 months
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Porta Felice - Palermo
Ph. Davide Giacobbe
La nascita di Porta Felice risale al 6 luglio del 1582, ai tempi in cui il viceré spagnolo Marcantonio Colonna, duca di Tagliacozzo, decise di dare un monumentale ingresso al Cassaro (l’attuale Corso Vittorio Emanuele), che l’anno prima era stato prolungato fino al mare, raggiungendo così l’altra bellissima strada che costeggiava le mura e la spiaggia, quella che il senato palermitano chiamò “strada Colonna”, l’attuale Foro Italico.
Il nome “Felice”  fu dato in onore della moglie del vicerè, donna Felice Orsini. Dell’episodio parlano Paruta e Palmerino che scrivono così di quel 6 luglio del 1582.
Le dicerie licenziose sulla Porta Felice
Questa è la storia, in breve, della costruzione di Porta Felice, che è il primo esemplare di porta a piloni della nostra città, la cui facciata esterna, quella che guarda il mare ha un rivestimento marmoreo chiaro di impronta classica, quella interna subisce l’influsso dello stile romano tardo-manieristico.
Ma andiamo a spulciare le dicerie che nel tempo i palermitani hanno avuto riguardo a questa Porta mancante della parte superiore. Molti pensano che la mancanza della parte superiore della Porta era stata una necessità, per consentire il passaggio del trionfale carro di Santa Rosalia, ma ciò non risponde a realtà, perché il carro apparve per la prima volta nel 1686, quindi molto dopo la costruzione della porta.
Altra ipotesi, molto briosa è quella osservata da Patrik Brydone,  scrittore, scienziato, militare e viaggiatore scozzese venuto a Palermo nel 1770. A Brydone piacque molto la passeggiata alla Marina, ma lo sorpresero alcune abitudini dell’aristocrazia palermitana, scrive infatti:
“La passeggiata ribocca di vetture e di pedoni. A fine di meglio favorire gli intrighi amorosi è espressamente vietato a chicchessia di portar lume. Tutte le torce si spengono a Porta Felice, ove i lacchè attendono il ritorno dei loro padroni e la intera adunanza resta per un’ora o due nelle tenebre, a meno che le caste corna della luna, mostrandosi ad intervalli, non vengano a dissiparle”.
“La libertà sessuale nella Palermo del ‘700″.
Cogliendo al volo questa simpatica osservazione dello scrittore scozzese, i palermitani cominciarono a dire che, oltre a quelle della casta luna, di corna ce ne erano altre: quelle dei mariti delle nobili dame che frequentavano la passeggiata notturna alla Marina e che quindi era stato necessario non costruire l’arco della porta, per dar modo ai poveri mariti di passare tranquillamente senza il rischio di rimanervi intrappolati con le loro lunghe corna.
E’ questa una storiella che per lungo tempo ha fatto parlare i palermitani, che vedevano nelle passeggiate notturne, nei pressi di Porta Felice, una discendenza delle nobili donne che furono.
Fonte: R. La Duca – La città perduta
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apeir0nn · 4 months
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So di essere, ahimè, molto rigida sia nei miei confronti, sia nei confronti delle altre persone (sarà la mia discendenza germanica?), ma alcune volte mi chiedo se la mia rigidità sia giusta o meno. Oggi il mio collega mi ha scritto "vieni a farti un giro?" e io "ok, mi vesto e arrivo". Insomma vado e lui è stato tutto il tempo al telefono: quando ci siamo incontrati era al telefono e ok, non ho disturbato, poi ha chiamato qualcun altro e ok va bene anche lì, magari era urgente che ne potevo sapere. Poi ci siamo seduti a prendere qualcosa e ogni volta che io parlavo, gli raccontavo qualcosa o gli rispondevo si metteva a mandare messaggi o guardare le storie di altri. Addirittura aveva il telefono "in piedi" appoggiato al portatovaglioli per stare più comodo. Alla fine gli ho chiesto di andarcene, così almeno poteva stare al telefono in pace.
Ora, io ripeto, so di essere una persona rigida, ma non ci posso fare niente: a me dà fastidio se qualcuno di fronte a me sta sempre al telefono (o a guardare l'orologio). Apprezzo molto quando mi viene detto "scusami devo rispondere un attimo a un messaggio" ma quando mettono addirittura il telefono sul portatovaglioli, così da stare più comodi, inizio a considerarla una mancanza di rispetto. Che cavolo, me l'hai chiesto tu di uscire e di vederci, se fossi rimasta a casa non mi sarebbe cambiato niente, anzi forse sarei stata meglio.
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crazy-so-na-sega · 6 months
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In antropologia non esistono i "SEMITI". Questi vengono chiamati "afro-asiatici", ma evidentemente gli ebrei sono gli unici al mondo ai quali è concesso attribuirsi una discendenza mitica, giacché Sem è discendente di Noè, come lo sono Jafet e Cam.
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quelli che rubano anche la discendenza...:-)
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lamentiino · 1 month
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Mamma mia certi commenti su ig... Post sui prezzi esagerati dei treni, uno che commenta "basta scegliere l'università della propria regione, meridionali frignoni" poi dici che non bisogna porre fine alla discendenza di alcune persone
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fridagentileschi · 6 months
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L’uomo ha bisogno di una casa che sia sua, di una piazza dove possa vedere se stesso nei volti degli altri. L’uomo ha bisogno di un’ancora che lo protegga dal vortice entropico della Creazione.Non di vedere i propri paesi perdere la fisionomia che avevano sempre avuta, di sentire lingue sconosciute ad ogni angolo di strada.Di essere stato strappato al luogo natìo, ai propri ricordi, alla propria storia e civilta': non si puo' uccidere il bambino che è dentro l’uomo, e pensare che l’uomo si distenda pacifico nella tomba che i politici hanno preparato per lui per far posto ad altri sconosciuti, violenti e invasori e che si sotterri felice lui e la sua discendenza con tutti i suoi predecessori.
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gregor-samsung · 10 months
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“ «Ben altro è il cantare la Luna, che il mettervi il piede sopra come si è fatto il 20 luglio del 1969» scriveva un illustre fisico, Giorgio Salvini, inteso a mostrare la supremazia del fare e della tecnica sul sognare della poesia. Gli rispondeva un poeta, Giorgio Caproni: «altro è il cantare Laura, regalandoci per tutto frutto il Canzoniere, e ben altro è l’essere riusciti a conquistarla e ad andarci a letto»*, e sottolineava come i tecnici abbiano spesso una concezione distorta della poesia. Come se il poeta fosse il distratto perdigiorno che di notte canta la luna e le stelle... Ma anche se cosí fosse, che male c’è? Anzi, non c’è che bene, perché occorre con Caproni continuare a chiederci se conta di piú la luna sulla quale l’uomo ha messo piede con una navicella metallica, o conta la luna nella mente e nel cuore dell’uomo. Osservava George Steiner (seppur con qualche punta di estremismo) che [...] pur possedendo un fascino inesauribile e una bellezza frequente, soltanto di rado le scienze naturali e matematiche hanno un interesse definitivo. Esse cioè hanno aggiunto poco alla nostra conoscenza o al dominio delle possibilità umane; c’è maggior penetrazione del problema dell’uomo (e lo si può dimostrare) in Omero, in Shakespeare o in Dostoevskij, che in tutta quanta la neurologia o la statistica. Nessuna scoperta della genetica eguaglia o supera ciò che Proust sapeva del fascino o del fardello della discendenza; ogni volta che Otello ci ricorda la ruggine di rugiada sullo stelo lucente abbiamo un’esperienza maggiore della realtà sensuale e transeunte in cui deve trascorrere la nostra vita di quella che la fisica ha il compito o l’ambizione di comunicare. Nessuna sociometria dei moventi o delle tattiche politiche è piú importante di Stendhal**. “
* G. CAPRONI, Poesia e scienza: si può ancora cantare la Luna, in «Tuttolibri», 6 giugno 1987.
**G. STEINER, Linguaggio e silenzio. Saggi sul linguaggio, la letteratura e l’inumano [1958], Garzanti, Milano 2001, pp. 18-19.
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Gian Luigi Beccaria, In contrattempo. Un elogio della lentezza, Einaudi (collana Vele), 2022. [Libro elettronico]
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ross-nekochan · 7 months
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Comunque..
Oltre alle inculate da parti dei giapponesi, volevo dire che ultimamente mi sto scassando di video di persone che sono figlie di europei o americani MA sono nate e cresciute in Giappone.
E quindi loro vivono esattamente tutte le esperienze di merda che vivi tu da straniero però con l'aggravante che loro alla domanda da dove vieni? Rispondono chessò Ibaraki e gli si ride in faccia solo perché hanno gli occhi azzurri e i capelli biondi. Allo stesso tempo quando aprono la bocca tu li vedi proprio che hanno il cervello giapponese solo un poco più aperto a causa delle esperienze strane avute.
Mentre altre dopo un poco hanno avuto i genitori che li hanno salvati e gli hanno fatto fare gli ultimi anni di scuola in America e quindi hanno un cervello più funzionante con opinioni un poco più consistenti.
Però questa cosa mi ha fatto realizzare la stessa cosa che ho realizzato quando ho lavorato a Rovigo con gli americani che volevano la cittadinanza italiana per discendenza: che la gente si sposta a livelli che uno non si immaginerebbe mai. E così mentre uno nasce vive e muore con una generazione intera vissuta nello stesso paesello del cazzo o massimo nel paesello a fianco perché di può no oh cioè siamo pazzi (tipo io), ci sono persone da centinaia di anni che si accoppiano alla cazzo di cane tipo svedese e giapponese che vanno a vivere a Budapest oppure ghanese-americano e australiana che si incontrano in Giappone e fanno vita e figli lì oppure ho visto il video della storia di missionari inglesi che da 3 generazioni (!!!) vivono in Hokkaido con sto tipo che ha pure i nonni in Giappone ma inglesi.
Cioè se la gente pensasse a ste cose veramente le guerre e i passaporti non esisterebbero più e sarebbe pure ora...
però vabbè io vivo nel 4043...
e chissà se ci arriviamo.
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turuin · 7 months
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Tra tanti dei termini d'uso comune che proprio non sopporto c'è il verbo "segarsi" utilizzato per descrivere la masturbazione maschile. Chiara la sua discendenza: da "farsi una sega", modo volgare e piuttosto comune da parecchio tempo di definire l'atto auto-erotico maschile. Ma non è mica l'unico. Anzi, si vedrà che "farsi una sega", per quanto comune, non è così trasversalmente diffuso nel linguaggio volgare di tutto il paese; regionalmente, vi sono parecchie varianti altrettanto note: raspa, raspone, pugnetta, trimone, pippa e via dicendo. Perché, dunque, da qualche anno a questa parte le giovani generazioni (e pure quelle meno giovani che però vanno su internette a rimorchiare nelle ciàt) usano questa orrenda forma verbale riflessiva? Segarsi è terrificante, personalmente in me evoca l'immagine di uno che si trancia un arto di netto mentre sta fabbricando un tavolo. Fate voi, ma non mi pare il massimo da usare se si spera di ottenere determinati risultati. Cosa c'era di male nel "farsi una sega"? Davvero due paroline in più ci costano tanto? E andiamo, su. Capitolo a parte per quelli che scrivono in italiano ma chiamano la fica "pussy", possiate non vederla più fino alla fine dei vostri giorni.
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saayawolf · 4 days
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La mamma pecora nera è quella che decide di tagliare con i mandati patriarcali. È quella che si incoraggia a seguire il suo istinto, anche se la famiglia o la cerchia stretta la fanno dubitare.
La madre pecora nera è quella che decide con piena coscienza di tagliare relazioni nefaste indipendentemente dal legame sanguigno, quando si rende conto che questi legami disfunzionali possono influenzare i suoi piccoli.
La mamma pecora nera è quella che fa terapie di tutti i tipi per guarire le sue ferite infantili e per guarire anche la sua discendenza femminile interiore, spesso accecata dalle sue stesse ferite irrisolte.
Le mamme pecore nere sono quelle che subiscono il dito puntato, quelle di cui si bisbiglia sempre alle spalle, si mettono in discussione, si criticano, si giudicano. In ogni famiglia c'è sempre una mamma pecora nera, coraggiosa, che spesso si è sentita sola, che molte volte ha dubitato su se stessa facendo bene ma che ha scelto il sesto senso, l'istinto, la pancia, l'intuizione.
In ogni famiglia c'è una mamma pecora nera che non solo deve lavorare su se stessa, ma su tutto il peso del trauma familiare che i suoi parenti, il suo compagno e gli amici non vogliono e fanno finta di non vedere.
Essere una pecora nera é essere solitari... Ma un giorno qualunque, prima o poi, quando mamma pecora nera decide di potenziarsi e alzare la fronte e lo sguardo sulle colline, avvista in lontananza molte altre pecore che camminano nella direzione opposta al suo gregge, controcorrente, come lei. E quando si ferma ad osservarle mentre avanzano, con calma, dalla coda alla testa, succede qualcosa di magico: si rende conto che non sono pecore nere, sono pecore proprietarie di una luminosità unica, quella che porta l'amore proprio, l'empatia, la coscienza e l'evoluzione psicospirituale.
Ana Acosta Rodriguez
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evangelici71 · 24 days
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‭ Deuteronomio 30:19-20
Io prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, affinché tu viva, tu e la tua discendenza, amando il Signore, il tuo Dio, ubbidendo alla sua voce e tenendoti stretto a lui, poiché egli è la tua vita e colui che prolunga i tuoi giorni.
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vecchiodimerda · 1 year
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La
realtà è che non avendo cantieri da guardare al buio, ecco che posso addossare la colpa della pioggia di ricordi a @2delia che invece non c'entra molto, a parte l'aver scritto la parola Ferrara. Che poi non è Ferrara.
È Al Miar (Migliaro), Miarin (Migliarino), la Massa (Massafiscaglia), Codgor (Codigoro) e Ustlá (Ostellato). Terre avare, sudate d'estate, gelate e nebbiose d'inverno. E la vecchia casa dei nonni devastata dall'umidità, eppure luogo magico, aia compresa.
A fianco della casa c'era il Pular (Pollaio) e attaccato al Pular la Bugadara (Lavanderia). Dietro ma non troppo distante, l'Aldamara (Letamaio) e più distante ancora, la Stalla.
E i campi e i fossi, galline e mucche e la gabbia del granturco, l'erba e il cielo e l'afa e il sole estivo che non scaldava tanto come quello di oggi che se non c'è l'aria condizionata si muore.
Dentro la casa un campionario umano, nonno Gaetano e nonna Aurelia e sei tra figli e figlie. In ordine di nascita: Giovanna detta Giovannina, Jolanda detta Bina, Stefano detto Bibi, Bruno detto Bruno, mia madre Jole e la più giovane ma forte zia Fernanda.
O forse Bruno è arrivato dopo mia madre ma di poco. Non ricordo più un cazzo e non posso telefonare a mamma che a quest'ora già dorme. Evito di riportare qui la discendenza diretta ma si tratta di diciassette cugini in totale, compreso me, VdM©®™.
I nonni materni erano mezzadri, coltivavano una terra non di loro proprietà, abitavano una casa che non era la loro e provenivano dalla Romagna da cui erano dovuti scappare.
Zia Giovanna, emula di nonna Aurelia, sposò un matto scatenato e si trasferì a Cmacc (Comacchio), poco distante dai Trepponti e sfornò sei tra figlie e figli.
Zia Bina con mia madre scappò più lontano, dieci chilometri a est di Bologna ed ebbe tre figli. Gli altri restarono in zona e furono meno fortunati rispetto a quelli che se ne andarono.
Zio Bibi ebbe un maschio e due femmine e ognuna delle due femmine ha visto morire un figlio/a a quattordici e a trentacinque anni. Di Bibi mi resta il ricordo del suo viso pietrificato sul lettino nella camera mortuaria del Sant'Anna.
Zio Bruno perse la moglie quasi subito dopo il matrimonio per leucemia, si risposò ed ebbe una vita familiare un po' travagliata ma tutto sommato gli andò bene finché non si ammalò e morì, dopo aver lavorato a smaltire l'amianto dalle carrozze ferroviarie.
Zia Fernanda che era la più giovane ma probabilmente la più forte e terribilmente buona con noi nipoti, è stata la prima ad andarsene in un letto all'ospedale del Delta e l'utimo ricordo che ho è un suo respiro mentre cercava di sussurrarmi qualcosa.
Da vero VecchioDiMerda©®™ ho cercato di seppellire i ricordi sotto una cortina di indifferenza ma ogni tanto eccoli scappare e riaffiorare, invadendo la memoria mai abbastanza scarsa.
I ricordi poi sono stronzi e non si presentano belli in ordine. Alcuni sbucano a casaccio, tipo la filastrocca che piaceva declamare allo Zio Bibi su San Nicolò che prima morì e poi si ammalò.
Ah già, resta la cosa su mia mamma che si lasciò irretire da un muratore che nei fine settimana partiva dalla zona est di Bologna per andare al Miar col Benelli cinquanta centimetri cubici.
E che ebbe due figli. Di cui uno più piccolo che però picchiava più del grande e uno che probabilmente nacque già VdM. Ma questa è un'altra storia che sicuramente non vedete l'ora di leggere.
Branco di Zuvnaster.
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la1parola3 · 3 months
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🌻 Grazie, Mio Signore, Dio Yahshua Ha Mashiach!
🌺 Genesi 28:15 Io sono con te, e ti proteggerò dovunque tu andrai e ti ricondurrò in questo paese, perché io non ti abbandonerò prima di aver fatto quello che ti ho detto».
🪻ISAIA 41:10 Non temere, perché io sono con te; non smarrirti, perché io sono il tuo Dio. Ti rendo forte e anche ti vengo in aiuto e ti sostengo con la destra vittoriosa.
🌻 ISAIA 43:2 Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te; quando attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non sarai bruciato e la fiamma non ti consumerà,
🪷 3 perché io sono il SIGNORE, il tuo Dio, il Santo d'Israele, il tuo salvatore; io ho dato l'Egitto come tuo riscatto, l'Etiopia e Seba al tuo posto.
🏵️ 4 Perché tu sei prezioso ai miei occhi, sei stimato e io ti amo, io do degli uomini al tuo posto, e dei popoli in cambio della tua vita.
🌸 5 Non temere, perché io sono con te; io ricondurrò la tua discendenza da oriente, e ti raccoglierò da occidente.
🌼 ATTI 18:9E una notte in visione il Signore disse a Paolo: «Non aver paura, ma continua a parlare e non tacere,
🌹 GIOSUÈ 1:9 Non ti ho io comandato: Sii forte e coraggioso? Non temere dunque e non spaventarti, perché è con te il Signore tuo Dio, dovunque tu vada».
🪻 Alleluia! Grazie Mio Dio. Amen!
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stefanoavvisati69 · 4 months
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Sei storie essenziali su Damian Wayne, Robin
di Donovan Morgan Grant Parliamo di Damian Wayne. Dopotutto, l’unico figlio biologico di Batman ha origini asiatiche, con una discendenza medio-orientale e cinese dal lato materno (Talia al Ghul). Inoltre, sta per fare un grande salto avanti dopo che James Gunn e Peter Safran hanno rivelato che farà il suo debutto dal vivo come parte della loro saga “Gods and Monsters” in un film chiamato The…
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