Tumgik
#ma chi me l'ha fatto fare esattamente
omarfor-orchestra · 9 months
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Comunque domani è il grande giorno della coreo e io devo andare in metro con un coltello da bistecca nello zaino
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mandorloinfiore · 1 year
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Ma esattamente chi cazzo me l'ha fatto fare di richiedere un finanziamento per comprare un cazzo di telefono? Per tutti i documenti da leggere e firmare (ed essere comunque vincolati legalmente ad un contratto per 24 mesi) potevo pagare tutto in un'unica soluzione, i soldi ce li ho e allora vaffanculo
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mchiti · 4 months
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bisseck però offre indubbiamente più profondità, questo è innegabile. Io penso si possano trovare equilibri per farlo alzare come bastoni e pavard va al centro..secondo me
A me alla fine come la metti gasa, è un modulo il nostro dove difesa e quinti fanno tanto e mi piace parlare di queste cose. Non so se possiamo giocare con bisseck a fare esattamente quello che fa bastoni...cioè per noi inamovibile era, giustamente, skriniar che è pure totalmente diverso da pavard e difensore puro. poi con inzaghi si è lavorato molto con i braccetti, lo so, è vero che darmian poi l'ha interpretato diversamente da skriniar, ma ad oggi lui e pavard fanno un lavoro simile, solo che pavard ti offre quella tecnica nei piedi che darmian ha meno (pur compensando con una super, super intelligenza tattica). Bisseck ha lavorato benissimo offensivamente è vero, ma c'era Darmian sempre in copertura, puoi stare così alto se hai Dumfries? Cioè ieri Dumfries... e dunque secondo me questa storia dell'interpretazione a priori da parte dei giocatori lascia il tempo che trova. Sta diventando stucchevole dire "eh ma pavard interpreta il ruolo così" sicuramente lui è un profilo più difensivo che offensivo, ma dipende dalle partite e dalle indicazioni del mister, da chi hai quinto... ieri si è proposto abbastanza ma molte volte rimaneva dietro con acerbi con tutta la squadra sbilanciata avanti o addirittura era ultimo uomo, queste sono scelte di campo. E lo stesso bisseck nel secondo tempo con il genoa è rimasto sempre dietro, magari anche lì è stata un'indicazione. Poi oh sono solo mie riflessioni da scema. Il trio da te indicato a me veramente gaserebbe, pure io vorrei avere sia benji che bisteccone in campo!! Non so semplicemente se, ad oggi 1) benji può già sostituire acerbi per caratteristiche, visto che non ha mai fatto centrale a 3 ed è pure un peccato in un certo senso 2) bisseck sia a quel livello di poter fare un lavoro certosino anche dietro, davanti che sia di peso lo sappiamo. Ma vedremo!! Ad averceli sti "problemi" ... tipo in attacco ..........
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daoggiallavvenire · 11 months
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Vol. 2 - Giuseppe
Stanca della mia vita, ho cominciato a scaricare una serie di app di incontri trovando per lo più uomini che volevano far sesso al primo incontro, distributori di foto del proprio pene, conversazioni superficiali e inutili. "Di dove sei?" "Che fai nella vita?" "Pratichi qualche sport?" "Preferisci il rosso o il bianco?"
Io cercavo soltanto un nuovo amico con cui condividere più di un "ciao come stai"
Marco mi piaceva, ma voleva soltanto fare sexting e spariva ogni volta che proponevo qualcos'altro. Francesco era simpatico ma il fatto che non sapessi cosa fare del mio futuro lo disturbava.
Ad un certo punto mi sono stancata e mi sono ripromessa dare un'ultima opportunità a questo tipo di nuove conoscenze. L'ultimo e se non funzione con questo mollo tutto.
Giuseppe non ha mollato un attimo. Mi mandava il buongiorno e la buonanotte, mi scriveva ogni giorno chiacchierando del più e del meno, sapeva essere molto romantico e attento. Quindi abbiamo cominciato ad uscire. Era carino ma niente di che, aveva degli occhi stupendi e mi faceva stare bene, mi riempiva di attenzioni ed era esattamente quello di cui avevo bisogno. Non ero mai stata importante per nessuno ed era una sensazione bellissima.
Il primo bacio me l'ha rubato sotto casa. Il mio primo bacio in assoluto. Lungo e bello, ma il cuore non batteva.
Siamo stati insieme 6 mesi, durante i quali abbiamo viaggiato un po', mangiato un po', fatto un po' di sesso. Lui si è innamorato subito, io con il tempo. Mi è stato vicino in momenti molto importanti e ha pianto come un bambino quando me ne sono andata. Era una persona molto fragile e sensibile, chiusa anche con chi ama ed è per questo che la lontananza ci ha distrutti. Aveva bisogno di una donna che gli stesse accanto anche soltanto con la sue presenza e che gli desse una famiglia e un motivo per vivere, due cose che io non potevo fare: la prima perché mi sono trasferita in un'altra regione per lavoro, l'altra perché non voglio figli.
Quindi ci siamo gradualmente allontanati, prima fisicamente per colpa mia e poi mentalmente per colpa sua. Ha cominciato a rispondermi a monosillabi, a mandarmi il buongiorno, prima puntualissimo, dopo ore che si era svegliato, non voleva né chiamate né videochiamate, non mi parlava più come un tempo e i messaggi erano diventati vuoti e superficiali come quelli ricevuti dalle app un anno prima.
E così l'ultima volta che siamo riusciti a vederci ci siamo lasciati, dopo un anno di relazione. Ho sofferto per due mesi, non sapendo come comportarmi e pensando che fosse colpa mia. Ho prolungato questa agonia non volendo rimanere sola perché significava dover ricominciare tutto dal principio, non essere più il centro del mondo per nessuno, andare alle feste da sola come prima. La verità è che era tutto morto da tempo e io non potevo farci niente.
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Incontrai Leopardi nei primi giorni del dicembre 2022, se la memoria non m'inganna. Precedentemente vi erano stati altri brevi contatti: si può dire che ci fossimo incrociati per strada, ma senza che mai nessuno prendesse l'iniziativa, o l'ardire, di condurre l'altro sottobraccio fino al più vicino caffè.
In quel dicembre il mio stato era così peggiorato che io non vedevo altra soluzione che il togliermi la vita; e fu a causa di ciò che lui prese l'iniziativa di presentarsi e parlarmi guardandomi negli occhi, seppur brevemente, come lui fa, forse per un residuo di timidezza che si porta appresso dalla sua ultima incarnazione.
Da allora sono molto cresciuta e cambiata, ma una debolezza del mio antico essere mi è rimasta: la sensualità. Non riesco ad amare spiritualmente: il mio amore passa dalla carne, si trasmette attraverso di essa e, si può dire che, di prepotenza, dia corpo anche ai fantasmi.
Così, nel corso di un viaggio fatto due giorni fa, vedendo sbocciati sui campi e sui rami i più festosi e bei segni della primavera, non potei fare a meno, in una fantasticheria, di portare Leopardi con me, tra quei rami affollati di corolle bianche, su quelle distese d'erba appena cresciuta e capolini gialli d'acetosella ed altre infiorescenze di un giallo appena più chiaro, di cui non conosco il nome.
Sostammo a lungo e passeggiammo sotto quegli alberi; giocammo a fare un servizio fotografico, le cui emozioni provai a descrivere nella poesia che, appunto, ha questo titolo; ma l'immensità del vero amore può solo essere evocata in chi già l'ha provata, e non mai essere descritta fino a farla figurare a chi non ne ha cognizione.
Dopo quella fantasticheria, chiesi al mio buon amico ed incomparabile amore, se non si fosse offeso per esserne stato coinvolto. Lui mi rispose di no, con una frase di grande tenerezza terminante con la parola "cotto" (nel senso di innamorato). Al che, sorpresa da questa parola, gli dissi scherzosamente che non gli riusciva bene l'adeguarsi al linguaggio dei giovani d'oggi. "Ma è anche il mio linguaggio," protestò sorridendo. "Non ci credi?" E mi disse esattamente in quale capitolo del Saggio psico-antropologico che sto leggendo avrei trovato una prova di ciò. La trovai: in una lettera al fratello Carlo scritta a Roma, aveva usato quella parola. "Alzo le mani," gli dissi.
Ieri, per farmi capire che fra quei rami fioriti e su quei prati, insieme a me, ci era davvero stato, ha indotto una leopardista che seguo su Facebook a condividere una foto raffigurante un paesaggio pressoché identico a quello dove lo avevo trascinato per il mio servizio fotografico.
Fenomeni di questo tipo mi accadono continuamente; ho tante spiegazioni per essi, e fra queste non vi è l'ipotesi paranormale, che aborrisco.
Stamane ho cominciato a leggere il Dialogo di Plotino e di Porfirio, che tratta del suicidio. Dal cappello critico introduttivo, ho appreso, con sollievo, che si tratta di una delle operette morali migliori dal punto di vista stilistico; ciò mi fa ben sperare che non sia una di quelle costellate di ripetizioni e riempitivi e concluse sbrigativamente come se l'autore fosse stato chiamato a tavola per mangiare. Perché le offese al mio senso estetico - oltre, naturalmente, a quelle alla mia insopprimibile inclinazione ad amare - mi fanno davvero desiderare di morire, a volte.
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Se un messaggio è troppo lungo non significa che non vada letto.
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(La mia opinione non è né quella più giusta, né quella più errata, ma è giusto parlarne.)
CASO FEDEZ:
In questi giorni non si parla d'altro di ciò che è successo al concerto del primo maggio e il monologo di Fedez. Fedez, grande uomo o un altro ipocrita? Non tocca a me giudicare, non è né il mio nuovo idolo, dal momento in cui non l'ho mai seguito, né il falso buonista che pretica bene e razzola male.
"Non fare l'emo frocio con lo smalto sulle dita."
Questo diceva Fedez in una sua canzone "Ti porto con me", eppure ora è il primo a mettersi lo smalto e sostenere gli omosessuali, IPOCRITA!
"Senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani."
Questo coro da stadio lo canticchiava Matteo Salvini qualche anno fa, eppure ora appoggia il sud. UN ALTRO IPOCRITA!
Ecco, rivedere il passato delle persone e giudicarle per ciò che dissero tempo orsono lascia il tempo che trova, si cresce e si cambia idea, oppure si finge di non pensarla più come una volta, ma non è questo il punto. Ciò che voglio dire è che andare ad analizzare i testi di Fedez e ricordare a tutti ciò che affermava circa l'omosessualità è INUTILE, come è inutile idolatrare tale figura. Certo, ha fatto una cosa degna di nota, ciò non può essere messo in discussione, ma non parliamo soltanto di chi l'ha fatto, ma cosa ha esattamente detto.
NON PARLIAMO DI FEDEZ, MA CIÒ CHE HA DETTO FEDEZ.
Fedez ha riportato parole aberranti dette da soggetti, (scarsi di raziocinio) circa l'omosessualità:
"Se avessi un figlio gay, lo brucerei nel forno."
Vogliamo sindacalizzare solo i testi di Fedez o anche tali parole? Non facciamo sempre due pesi e due misure, che Fedez faceva sarcasmo sull'orientamento sessuale di Tiziano Ferro può dare fastidio a molti, ma le parole di Giovanni De Paoli fanno incazzare troppi.
Parliamo della legge Zan, se è giusto che entri in vigore o meno, se certe parole possono ancora essere tollerate, se è giusto descriminare un individuo solo per il suo orientamento sessuale, etnia, stato sociale o economico.
LA LEGGE ZAN E IL POLITICAMENTE CORRETTO.
La legge Zan limita la libertà di parola perchè si fa portavoce ed alimenta il "politicamente corretto". Peccato che il vostro tanto caro e sempre citato "politicamente corretto'" in Italia non esiste: potete dire quello che volete, ma ricordandovi che vi è un limite, che la vostra libertà finisce dove inizia quella altrui, che esiste il rispetto e che le parole hanno un peso.
"IN REALTÀ TI SBAGLI, IL POLITICAMENTE CORRETTO ESISTE E COME."
Davvero? Quindi la "dittatura" del politically correct è insita anche qui in Italia? NO, se fosse così molte persone ora sarebbero a casa loro. Se la dittatura del politicamente corretto fosse in "vigore" qui in Italia e priverebbe le persone di dire la loro, oggigiorno Salvini, dopo la belle parole dette nei confronti dei meridionali, e non solo, sarebbe a casa sua a mangiare pane e Nutella. Se davvero nessuno potesse esternare la propria opinione, ora Feltri con i suoi articoli, sarebbe in uno centro per ansiani. E carissimi Pio e Amedeo, se davvero a causa del politically correct non si può più ridere, da una settimana eravate disoccupati. Ma state tranquilli, qui in Italia ognuno può dire la sua, ma ricordandosi che esiste il rispetto, anche se pochi sanno dov'è di casa, forse è per questo che servirebbe una legge, qualcosa che renda concreto il rispetto che dev'esserci tra ogni individuo. Ora l'Italia pensa ad altro, ora la legge Zan non serve. Come al solito ora parlano tutti e dicono di tutto, per poi arrivare a concludere niente, d'altronde è un classico qui in Italia.
"Viva l'Italia presa a tradimento, l'Italia assassinata dai giornali e dal cemento."
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intotheclash · 3 years
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CAPITOLO 10
“Cazzo marcio! La mia non vuol saperne di accendersi!” Imprecò Schizzo, tenendo in una mano la sigaretta e nell'altra il fiammifero acceso.
“Sfido io che non ci riesci, coglione che non sei altro!” Lo rimbrottò, sghignazzando, Tonino, “Mica è un ramo secco! La devi metter in bocca e tirare, tonto!” Concluse, dando il buon esempio e assumendo quell'aria da scafato che io odiavo. Quella di chi crede di saperla sempre più lunga di tutti. Cercammo comunque di imitarlo. Titubanti e maldestri come un branco di elefanti in una cristalleria.
“Come ti senti?” Chiese sottovoce Bomba, seduto al mio fianco.
“Cosa hai detto?” risposi. Ero concentrato sull'operazione e sulle possibili trasformazioni del mio corpo, a seguito di quella prima, clandestina, fumata.
“Ti ho chiesto: come ti senti?” Domandò di nuovo. Stavolta a voce più alta. Talmente alta che tutti si voltarono a guardarlo e scoppiarono in una rombante risata.
“Che c'è, Bomba? Hai fifa? Guarda che mica devi mangiartela!” Lo provocò Sergetto. Ma si vedeva che pure lui era impaurito. Ce lo aveva scritto in faccia.
“Se era da mangiare, un sol boccone e sarebbe sparita! Anzi, si sarebbe pappato anche le nostre sigarette!” Rincarò la dose il Tasso.
Bomba lasciò scivolare a terra le provocazioni. Era turbato, preoccupato, si, insomma, aveva una fifa della Madonna. Tanto che mi chiese, per la terza volta:“Allora, Pietro, me lo dici come ti senti?”
“Che vuoi che ti dica: secondo me non fa un cazzo! A parte la puzza e la bocca cattiva, sto esattamente come prima. Niente di niente.” Era vero. Non riuscivo proprio a capacitarmi del perché si dovesse fumare. Che gusto ci provavano?
“Ma tu, lo mandi giù il fumo?” Chiese l'insegnante Tonino.
“Giù dove? Dove cazzo devo mandarlo?”
“Nei polmoni, tonto! Dove se no? Nel buco del culo? Davi aspirare, mandare giù, trattenere un po’ il respiro e buttarlo fuori così!” Disse, soffiando fuori il fumo dalle narici. Lo guardammo ammirati ed anche invidiosi. Lui si che ci sapeva fare. Si vedeva che non era la prima volta.
“Come cazzo hai fatto?” Gli chiese il Tasso, fissandolo come a carpirne il segreto.
“E’ facile, butti dentro il fumo e respiri col naso. Puoi farcela anche tu!”
“Se sei capace tu, che sei nato stupido e, crescendo sei pure peggiorato, sicuro che ne sono capace anch'io! State a vedere!” Il Tasso si concentrò sulla parte, diede una gran tirata, ma la parte finale non fu mai partorita. Gli si riempirono gli occhi di lacrime, il viso si accese di un rosso violento e iniziò a tossire come il motore della macchina di mio padre quando è ingolfata e di partire proprio non ne vuol sapere. Quello si che era un bell'effetto! Si alzò in piedi e iniziò a girare in tondo piegato su se stesso. Tossiva e sputava, quasi volesse liberarsi pure dei polmoni in fiamme. Alla fine si vomitò pure l'anima.
“Che schifo!” Esclamò Schizzo, inorridito alla vista di quella scena.
“Che succede, Schizzo? Non dirmi ora che ti fa schifo il vomito!” Chiesi.
“Il vomito no, ma questa bestia ha mangiato i piselli. Guardali lì, sono ancora interi! Io i piselli li odio!”
La prima esperienza con le sigarette fu molto istruttiva. Ci insegnò che…facevano vomitare. Ma non mollammo. Da lì a non molto, saremmo diventati, tutti e sei, dei fumatori incalliti. Avremmo scoperto, sempre a posteriori, che anche il vino poteva far vomitare, e la marjuana e le donne, in qualche caso, tuttavia cercammo sempre, con tutta la nostra volontà, di non farci mancare niente di quanto sopra elencato. C'era quasi da credere che vomito e piacere fossero due facce della stessa medaglia.
“Senti, Tonino, dove le hai sgraffignate le sigarette? Dalla giacca di tuo padre?” Domandò Sergetto.
“Mica voglio morire da giovane! Le ho fregate a mio fratello, Francesco.”
“Cosa?” Intervenne preoccupato il Tasso, che ancora sussultava per la tosse, “Ecco perché ho vomitato! Erano drogate!”
“Che cazzo vai dicendo, idiota?”
“Mio padre dice che tuo fratello è un drogato. E che, prima o poi, si metterà nei guai.”
“Certo che sei proprio uno stronzo, Tasso! E pure tuo padre! Anzi no, forse tuo padre non è stronzo, ma un drogato vero!”
“Drogato si, ma di pippe!” confermò sorridendo Bomba.
“Pipparolo! Pipparolo!” Gridammo in coro. In parte per stemperare la situazione, ma molto di più perché niente era così divertente come prendere per il culo qualcuno.
“Fatela finita! Mio padre non è un pipparolo!” Si difese il Tasso, assumendo la tipica posizione da combattimento del suo spirito guida.
“Se è come dici tu, allora perché tutti lo chiamano Pippo?” Chiese Sergetto. Non mollare mai. Era una delle regole fondamentali del gioco.
“Perché è il diminutivo di Filippo, deficiente che non sei altro!”
“Si, ma perché hanno scelto la parte finale del nome? Ci sarà un motivo! Lo avrebbero potuto chiamare Fili!”
“Fili? Hai mai sentito nessuno con quel nome?”
“Sarà pure come dici tu, Tasso, però la faccia da pipparolo ce l'ha davvero. Eccome se ce l'ha!” Sentenziò Schizzo. E l'ilarità toccò di nuovo il suo picco massimo.
“Non prendertela, Tonino,” Dissi, non appena ebbi riacquistato l'uso della parola. “Lo sai come sono fatti i genitori, no? Si preoccupano di tutto, non va mai bene niente e nessuno. Solo loro sono perfetti. Non sbagliano mai, fanno sempre la cosa giusta. Il Tasso non voleva offenderti.”
“Certo che non volevo offenderti! E non volevo offendere nemmeno tuo fratello. Mi sta pure simpatico. Ride sempre e mi saluta, ogni volta che mi incontra. Ho solo detto cosa ne pensa mio padre. Non volevo farti incazzare!”
“Mi dispiace, Tonino, ma anche mio padre dice che tuo fratello si droga. Ma che vuol dire? Io non lo dico! E neanche lo penso!” Disse Sergetto, avvampando di vergogna,
Tonino lo guardò di traverso, ma non replicò. Era diventato improvvisamente triste. Non aveva più voglia di combattere quella battaglia. Poi sapeva che non era con noi che doveva combattere, Noi eravamo i suoi amici. Stavamo dalla sua parte, perdio!
“Non volevo dirtelo, pure a me dispiace, ma mia madre dice esattamente le stesse identiche cose.” Aggiunse timidamente Bomba.
“E tu, Pietro? Che mi dici?” Mi chiese direttamente, Tonino, ma senza guardarmi in faccia. Conosceva già la risposta. Da qualche minuto era impegnato a gettare pietre nell'acqua, cercando di colpire le foglie dei cerri che viaggiavano in balia della corrente. Dava l'impressione che tutto il suo mondo si esaurisse lì. Mi schiarii la voce, avrei voluto indorare la pillola, ma non potevo. Eravamo amici, meritava la verità, per quanto cruda fosse: “Che vuoi che ti dica? Lo conosci mio padre, lo sai come è fatto. Quando ci si mette è il peggio di tutti. Per lui non solo tuo fratello è un drogato, ma lo sono anche tutti i suoi amici. Drogati e scansafatiche. E quelle tre ragazze che stanno sempre insieme a loro sono tre troiette che te le raccomando!” Avevo vuotato il sacco.
Ci fu un attimo di silenzio lungo una settimana. Tonino lanciò l'ultimo sasso, si voltò verso di noi con gli occhi arrossati dallo sforzo di trattenere le lacrime e disse: “ Lo sapete qual è la cosa che mi fa più incazzare?  Che anche mio padre, che poi dovrebbe essere anche il padre di mio fratello, la pensa come i vostri genitori. E, ogni tanto, glielo dice pure! si fanno certe litigate che sembrano non finire mai. Prima o poi, andrà a finire che si ammazzeranno di botte. Anzi, andrà a finire che mio fratello ammazzerà di botte mio padre. E io sarò felice! Perché mio padre è uno stronzo, ma mio fratello è un grande! Ecco cosa penso!”
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micarara · 3 years
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Se sapessi tenere un diario scriverei lì, ma non ci sono mai riuscita a portarne avanti uno, faccio proprio pena. Questo succede perché ho paura di tirare fuori la verità tra i miei pensieri, scoprire che sto proprio rovinata, emotivamente parlando. Mi metto a pensare pure alla forma e mi dico che cazzo ma posso mai soffermarmi su questo quando ho solo bisogno di buttare fuori tutta questa merda? Ci penso, però, e i diari non li scrivo. Scrivo un sacco di note però, sul telefono, perché ce l'ho sempre in mano questo cazzo di telefono, e scrivo cose che nessuno ha mai letto e che pure io mi impongo di non leggere più. Amo scrivere, forse non si direbbe, ma amo farlo; solo che non mi viene più facile, anche quando soffro. Ora sto soffrendo e blatero, non scrivo: blatero. Mi viene in mente quella specie di chiacchierata che ho avuto con uno scrittore durante la mia parentesi bolognese, ricordo che mi disse che se uno vuole scrivere lo deve fare e basta, non deve fregarsene del giudizio degli altri, non dobbiamo preoccuparcene e che se io volevo davvero farlo la dovevo smettere di fare finta di tenere un diario, dato che mi censuravo pure in quest'ultimo e che quindi dovevo provare a scrivere e a farmi leggere, zero seghe mentali. Non disse precisamente così, ma il succo è questo, e io mi ricordo di lui anche se lui con molta probabilità non si ricorda di me. Ma onestamente io ho disimparato a scrivere dei miei sentimenti, sono diventata via via più riduttiva fino a non avere più niente da scrivere, perché ho cominciato ad avere paura di esprimermi, a temere di dire troppo e che certe cose me le dovevo tenere per me. Ed è successo che ora non so usare più le parole e non dico niente di quello che sento il bisogno di gridare, di fronte a una pagina bianca mi viene solo da strapparla con violenza. Non so con chi parlare ora che sono devastata, arrabbiata fino al punto che potrei davvero sentirmi male. Non so con chi parlare, né dove andare, né come scriverlo.
Ci sto provando adesso, mi voglio sfogare. Mi fa male la testa, questo volevo dire, innanzitutto. La solitudine non è mai stata così crudele con me come in questi giorni. E invece poche settimane fa la idolatravo, menomale che ho te, dicevo. E le lacrime, solitudine e lacrime, lacrime, lacrime, lacrime dentro, come dice quella canzone. Sono sola e non ho la consolazione della scrittura, né tanto meno quella della voce, del parlare ed essere ascoltati. Non so dire quando è stata l'ultima volta che qualcuno mi ha ascoltato; non so nemmeno se c'è mai stato qualcuno che mi ha voluto veramente bene. Mi sento mocciosa a dirlo, ma ultimamente mi sale spesso alla bocca questo quesito che mi fa temere ancora di più la morte. Io il bene e l'amore che provo non so dove metterlo, ho una cassa toracica piccola, comincio a boccheggiare.
Mi butto a pietà, non ce la faccio più. Voglio solo piangere abbracciata a qualcuno, avere il sostegno di un'altra persona, due carezze sui capelli, ed essere cullata finché non mi calmo. Non l'ha fatto mai nessuno, e sono onesta; del resto mi sono sempre vantata di essere una che se la cava da sola, sono stata così brava che quando ho chiesto aiuto non ci hanno creduto e mo sono cazzi miei.
Mi fa male essere così come sono, e non so dire esattamente come sono. Sensibile, dolce, gentile, presuntuosa e suscettibile, puntigliosa e collerica, emotivamente logorroica e masochista? Mi fa male essere così come sono, lasciata a me stessa.
Non c'è consolazione, se non in questi versi della mia adorata Emily Dickinson:
I might be lonelier
Without my Loneliness
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gloriabourne · 3 years
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mi ricordo nel 2018 ci si chiedeva spesso nel fandom chi avesse lasciato chi... sto parlando di ermal e silvia ovviamente... e penso che il testo di non bastano le mani dia molti indizi sotto questo punto di vista, visto che è chiaramente dedicata a lei, ed è ermal a invitare lei a fare il primo passo e lasciarlo definitivamente, perché lui si definisce un codardo e non avrebbe mai avuto il coraggio di farlo per primo. chissà se poi è andata davvero così...
se fa un po' strano a me comunque, sentire canzoni nuove di ermal nel 2021 che parlano ancora di quella storia d'amore, non immagino quanto strano debba sembrare a lui... specialmente quando le dovrà cantare dal vivo... adesso che è fidanzato con un'altra. chissà poi che effetto deve fare a chiara. penso che ermal ormai ci abbia messo una pietra sopra a quella storia, tant'è vero che è stato capace di pubblicare la canzone solo adesso a distanza di quattro anni
e a quanto pare ermal è il tipo che pubblica canzoni solo quando la cicatrice si è chiusa e può nascerci sopra un fiore, per citare le sue parole... tuttavia potrebbe fargli strano lo stesso, o forse a maggior ragione! penso proprio che nelle scalette del tour nei palazzetti, certe canzoni potrebbero sparire definitivamente tipo Caro Antonello o 9 primavere appunto, perché non lo rappresentano più...
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Non so bene da dove partire a rispondere a questa ask perché ho una visione completamente diversa delle cose.
Allora partiamo dal fatto che tu dici che "Non bastano le mani" è chiaramente riferita a Silvia. Chiaramente? A me non pare. Cioè non mi sembra che lui abbia detto esplicitamente da qualche parte che è riferita a lei, possiamo solo fare delle supposizioni ma magari è riferita a qualcun altro. Non possiamo saperlo.
Poi mi permetto di correggerti su una cosa. Hai detto che visto che a te fa strano sentire oggi canzoni di Ermal che si riferiscono a storie vecchie, non immagini quanto strano possa essere per lui. Mi permetto di dire che se fosse così tanto strano certe canzoni non le avrebbe scritte, ne tanto meno pubblicate. Se l'ha fatto è perché evidentemente per lui non è strano.
Senza contare che sono canzoni pubblicate ora, ma lui ha detto che molte delle canzoni dell'ultimo album sono state scritte anni fa quindi di fatto quando le ha scritte raccontavano qualcosa di attuale, qualcosa che lui aveva bisogno di esorcizzare. E magari le ha scritte perché in quel momento sentiva di dover tirare fuori certi sentimenti e poi le ha chiuse in un cassetto, ma a distanza di anni e quando ormai certe situazioni e certi sentimenti sono passati non ci vedo nulla di strano nell'aprire quel cassetto e tirarle fuori. E sticazzi della sua nuova ragazza sinceramente.
Se lei sta con Ermal deduco che sappia anche che tipo di persona è, che sia consapevole che il suo fidanzato tira fuori i sentimenti in un determinato modo. Quindi esattamente dove sta il problema? Senza contare che essere infastidita da una canzone che potrebbe essere dedicata a una sua ex vorrebbe dire essere gelosa del passato di Ermal. Io sono dell'idea che se dobbiamo essere gelosi del passato della persona con cui stiamo, è meglio che stiamo soli perché evidentemente non siamo abbastanza maturi da affrontare una relazione.
Non capisco per quale motivo poi a Ermal dovrebbe fare strano cantare certe canzoni dal vivo solo perché si riferiscono magari a relazioni passate. Se fosse così la maggior parte dei cantanti dovrebbe dimezzare il proprio repertorio ogni volta che interrompe una relazione. Ci sono artisti che fanno musica da 30 anni e che in 30 magari hanno cambiato molt* partner, ma non per questo nei concerti cantano solo le canzoni dedicate alla loro ultima fiamma.
Poi soprattutto nel caso di Ermal, quando lui stesso ha detto che mette in musica sentimenti e situazioni che ormai ha superato, non vedo dove stia il problema o la stranezza del cantare certe canzoni dal vivo.
E, sempre per lo stesso discorso, non è detto che lui decida di non cantare più una canzone che non lo rappresenta. Anzi magari la canta proprio per quello. Alla mia data del tour nei teatri ha cantato "Due lacrime" con tanto di spiegazione su come era nata quella canzone e chi l'aveva ispirato e si trattava di una storia successa secoli prima, ma l'ha cantata comunque anche se era ovvio e palese che quella canzone non lo rappresentasse più. Poi per carità, se leva "Caro Antonello" dalla scaletta mi fa solo un favore visto che non mi è mai piaciuta 😂
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ideeperscrittori · 4 years
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10 AGOSTO – A PROPOSITO DEL MIO COMPLEANNO - Ciao, come va? - Oggi è il mio compleanno. - Auguri. Quanti? - 47. - Come passerai la giornata? - So solo che vorrei scrivere un post sul mio compleanno. - Non l'hai mai fatto prima. Come mai proprio stavolta? - Oggi mi gira così. - Ma che tipo di post? Uno di quei post retorici in cui dici che l'età non conta? - Boh, non esattamente. - Uno di quei post in cui dici che per te la vita comincia ora, che sei pronto a voltare pagina, che sei davanti a uno snodo cruciale, che per te è venuto il momento di intraprendere nuove esaltanti sfide? - No, no. - Un post impreziosito da una massima esistenziale (verosimilmente tratta dai libri di Paulo Coelho) che dovrebbe indurre le persone a un ripensamento sulla loro scala di valori, per portarle a riscoprire le cose che contano veramente nella vita? - Mah, non sono il tipo da massime esistenziali. - Perché? - Le odio. - E allora vuoi pubblicare uno di quei post in cui ringrazi le persone che ti sono state vicine in questi anni, con il malcelato intento di colpire quelle che non l'hanno fatto per farle sentire da schifo? - Ma no. - Meglio. Tanto nessuno pensa di essere stato stronzo con te. - Già, anche se qualcuno lo è stato... - Ho capito le tue intenzioni. Stai pensando a uno di quei post basati sui testi di Luciano Ligabue, in cui affermi con orgoglio che nel corso di 47 anni ti sei fatto un giro nel grande circuito della vita, come ti veniva, con i tuoi sbagli, a modo tuo. Dirai che forse è andata così così, perché qualche volta hai vinto e un sacco di volte hai perso. Dirai che porti addosso i segni di tutte le tue sconfitte, ma alla fine hai seguito la tua strada e il vincitore morale sei tu. - No, no, ti sbagli. - E allora cosa vuoi scrivere? Cosa? - Vorrei parlare di alcune lezioni che ho imparato. - Fammi un esempio. - Ho imparato che le tragedie non ci rendono per forza migliori. - Te l'ha insegnato la pandemia? - Anche. - Non mi sembra il massimo dell'originalità. Cos'altro hai imparato? - Che i centri commerciali espongono prezzi pieni di 9 (come 99,99 euro) per creare l'illusione di farti spendere meno. - Questo lo sanno tutti, Einstein. Hai scoperto l'acqua calda. - Magari c'è qualcuno che non lo sa. Non bisogna dare niente per scontato. - "Non dare niente per scontato". Lo vedi? Cadi anche tu nelle massime esistenziali. - Uh, hai ragione. Devo stare più attento. - Insomma, vuoi fare una specie di bilancio di questi 47 anni. - Ma non come quelli di Ligabue, promesso. - Ah, è già qualcosa. - Allora lo faccio? - No. - No? - Non puoi.. - E perché? - Tanto per cominciare a nessuno frega niente dei tuoi bilanci. - Ma lascialo decidere a chi legge. E comunque non è un vero e proprio bilancio. - Però vuoi scrivere qualche riflessione, vero? - Beh, sì. - Credimi, non frega niente a nessuno dei tuoi pensieri su questo traguardo. E poi c'è un altro aspetto da considerare... - Quale? - 47 anni non fanno cifra tonda. - E allora? Che c'entra? - Un post di riflessioni sul compimento degli anni puoi farlo quando l'età fa cifra tonda. Per esempio, 50 anni. Il massimo è fare un post del genere a 100 anni, ma bisogna arrivarci. A 47 anni non se ne parla. A 47 anni il massimo che ti è concesso è: "Grazie a tutti per gli auguri". - Perché? - Sono le regole non scritte dei social network. Non le ho inventate io. Funziona così. Uno di 47 anni che scrive riflessioni sul suo compleanno non va bene. Puoi scordarti una buona accoglienza. La gente si domanderebbe: "Ma cosa vuole questo quarantasettenne? Mica ha 50 anni. Non conosce la consuetudine della cifra tonda?". - Due cose le scrivo lo stesso. - Fai pure. Io ti ho avvertito. È una violazione delle regole. - Certe regole non fanno per me. Ho imparato soprattutto questo in 47 anni. - Ecco che viene fuori la retorica. Lo sapevo. Alla fine ci cascano tutti. - Pensala come vuoi.
— L’Ideota
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ectopia-cordis · 3 years
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Ma esattamente chi me l'ha fatto fare di riascoltarmi i The Script?
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spettriedemoni · 4 years
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Tua mamma è una potenza
Una mia carissima amica mi disse così un giorno dopo aver conosciuto mia madre, esattamente queste parole: "Tua madre è una potenza".
L'aveva colpita una certa vitalità che effettivamente contraddistingue mia madre.
Mia madre è la settima di otto fratelli. Dopo di lei c'è solo un'altra femmina a cui mia nonna materna mise nome (non ridete) Fina perché non ne poteva più di fare figli. A pensarci bene, a mia zia avrebbe potuto toccare anche "Basta" come nome come mi fece notare una mia amica quando le raccontai questa storia. Direi che tutto sommato le è andata bene.
A mia madre invece di nomi gliene toccarono ben due, Elisabetta e Margherita. Il primo glielo misero perché era la prima figlia femmina che i miei nonni ebbero dopo quattro figli maschi. La figlia maggiore di mia nonna si chiamava anche lei Elisabetta ed era morta parecchi anni prima della nascita di mia madre. Mi ha sempre colpito questa cosa che mia madre non ha mai potuto conoscere questa sorella maggiore. Mia nonna aveva avuto subito un'altra figlia che avevano chiamato Iolanda o Iole. Poiché era la più grande e pure donna le era capitato di dover aiutare tanto in casa. Poiché poi mio nonno aveva una mentalità da pastore o da contadino delle montagne abruzzesi mia zia Iole non poté andare oltre la terza elementare negli studi. Mia madre non fu mai chiamata Elisabetta in famiglia ma sempre e solo Margherita. Mi raccontava che i soldati americani che ancora giravano dal 1946 (anno di nascita di mia madre) in poi, la chiamavano Magrù, non so bene perché, forse perché non riuscivano a pronunciare il suo nome italiano magari pure storpiato dal dialetto dei miei nonni.
Mia madre fu più fortunata di sua sorella maggiore per quanto riguarda lo studio, perché uno dei fratelli maggiori insistette affinché lei e sua sorella minore studiassero contro il parere di mio nonno. Ha frequentato il primo anno di liceo classico che si chiama quarto ginnasio, mi pare, ancora oggi ricorda tutto l'alfabeto greco, ma non rimase in quella scuola e frequentò le magistrali nonostante il fratello abbia insistito per farla continuare con il classico. Successivamente mia madre frequentò la scuola per infermieri presso l'università di medicina e fece domanda per andare a lavorare in un ospedale di Milano e un'altra per andare a lavorare a Pescara. L'ospedale di Pescara fu più veloce di Milano e così mia madre si è trovata a prendere servizio qui in Abruzzo invece che in Lombardia. Un solo giorno cambiò il destino di mia madre che prese servizio di martedì 17 di non so quale mese e quale anno sfidando la scaramanzia e la superstizione.
Ha cambiato diversi reparti, è stata per anni in rianimazione e in sala operatoria e divenne caposala. Solo negli ultimi anni le era toccato il poliambulatorio, un reparto più tranquillo almeno per gli orari.
Ha lavorato tanto mia madre e non solo in ospedale. Anche in casa era sempre a pulire, sistemare, comprarci i libri di scuola a me e mia sorella, fare la spesa e cucinare.
Se ripenso a quegli anni è una presenza fissa, un punto di riferimento costante. Ricordo le baby sitter, certo, o le volte che siamo stati costretti a stare dai miei nonni perché lei lavorava ma nonostante questo non è mai stata assente. Assillante, sì timorosa che ci potesse succedere qualunque cosa; immagino per via del suo lavoro dove davvero le capitava di vedere di tutto. Deformazione professionale, insomma.
C'è sempre stata insomma e anche per chi tra i miei amici l'ha conosciuta lei trasmette questa vitalità e perfino gioventù, pur avendo molti più anni di loro.
Dati i miei problemi di salute spesso ha dovuto accompagnarmi in ospedale in questi 3 anni e ancora tutti gli ex colleghi che la incontrano continuano a chiamarla "caposala". Il medico che mi ha fatto l'ecografia mi disse, la prima volta che ci vedemmo: "Sua madre ha lasciato un bellissimo ricordo qui in ospedale, sa?" e mi riempì di orgoglio.
Anche oggi, che non è potuta venire di persona ad accompagnarmi, ha telefonato direttamente al medico che mi ha visitato, per sapere qualcosa in più.
Proprio vero: ho una madre che è un portento.
Mia madre è una potenza.
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olstansoul · 3 years
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Sacrifice, Chapter 15
PAIRING: Wanda Maximoff & James Bucky Barnes
"Wanda! Wanda aspetta!"disse lui rincorrendola ma anche se, per l'ennesima volta le sue gambe non reggevano, lei continuava a correre.
"James tornatene a casa, magari tuo padre ti starà ancora aspettando. Avrete molto da dire su di me" urlò lei.
"Oh, andiamo!"
Wanda camminava spedita, non voleva vederlo, non voleva guardarlo perché sapeva che sennò avrebbe ceduto, che non se ne sarebbe mai andata da lì, da lui.
"Wanda ti prego,ascoltami"
"Cosa c'è? Cosa vuoi?"disse lei scazzata, sentendo come il suo corpo chiedeva pietà.
Poteva fermarsi, doveva farlo. Se non l'avrebbe fatto, sarebbe successo qualcosa di cui se ne sarebbe pentita. E questo, dinanzi a James, non doveva succedere.
"Credi che mi faccia piacere vedere che mio padre ti ha trattato di questa maniera?"
"Non lo so James, non so niente di te. Non so cosa pensi realmente di me, magari potresti anche cambiare idea..."
"Chiudi quella bocca e smettila di dire stronzate. Io non sono loro, non sarò mai loro e me ne frego di ciò che possono pensare gli altri di me e anche di te, in questo caso e già te lo dissi"
"Tu continua a pensare che le parole che mi dicono scompaiano magicamente quando arrivi tu"disse lei, stava per girarsi in modo da poter proseguire il suo ritorno a casa.
"E tu continua ancora a credere che io sia uno stronzo menefreghista che non riesce a provare nulla e che non vede quando gli altri stanno male. Ti ripeto la domanda, credi che mi faccia piacere che mio padre ti ha trattata male?"
Wanda non credeva davvero che lui era un menefreghista, che si faceva grande per poter distruggere qualsiasi cosa che aveva davanti solo per puro piacere personale. Ne aveva avuto la prova, ma qualcosa dentro di sé la fermava sempre. Poteva essere davvero la sua malattia?
Che molto spesso non la faceva sentire a suo agio sia con sé stessa che con gli altri? Che non le permetteva di andare oltre?
La verità era che lei aveva paura di fidarsi, non tanto perché, forse, era diversa da tutti gli altri ma proprio perché nessuno aveva un segreto da custodire, grande come il suo. Ed era proprio quello che temeva di più. Se si sarebbe lasciata andare, cosa sarebbe successo? Veramente qualcuno l'avrebbe aiutata?
Veramente James sarebbe stato in grado di andare oltre? Lui continuava a guardarla, nonostante il sole fosse già calato e le luci dei lampioni iniziavano ad illuminare la via. Ed è stato in quel momento che forse Wanda ha distrutto la prima delle sue barriere con James.
"No...non ti fa piacere"
In quello stesso istante James si avvicinò a lei, prendendole le mani e sorridendo.
"Scusa se ho dubitato di te, non pensavo veramente quello che tu intendevi. Non lo farei mai...è colpa mia, non riesco a fidarmi delle persone molto in fretta"
"Non mi fa piacere ripetere sempre le stesse cose, ma credo che con te ne varrà la pena"
"Ne varrà la pena? E per quale motivo?"
"Perché alla fine penso che riuscirai ad accettare te stessa, insomma sei intelligente, molto bella non vedo perché dovresti sottovalutarti"
Ma Wanda aveva già smesso di ascoltare. Era rimasta a pochi secondi prima, a quando per sbaglio, lui le aveva detto che era bella. Non è stato per sbaglio, questo era un dato di fatto, James lo pensava davvero.
Però lei faceva ancora fatica a capire che aveva ricevuto un complimento dal capitano della squadra di basket, che fino a due settimane fa non conosceva, se non di vista. È stato il primo complimento che abbia mai ricevuto e sarebbe stato il primo di una lunga lista infinita.
"Hai detto intelligente solo perché solamente con te riesco a capire la fisica"
"Beh...da un lato è vero, ma ho come l'impressione che fai faville con la professoressa Potts"
"Dici così perché vai ad intuito, ma parliamo di te Barnes. Tu sei forte, sei il capitano della squadra di basket"
"Oh ti prego, non me ne parlare"
Erano ancora sul marciapiede, poco lontani da casa di lui e solo ora stavano muovendo i primi passi per poter andare via da lì.
Non letteralmente, solo James stava accompagnando Wanda a casa per la seconda volta senza accorgersene.
"Che succede capitano? E così che ti sei nominato nella mia rubrica"disse lei con una leggera risata.
"Si...beh, sono stato espulso"
"Espulso? Hai fatto guai?"
"Non esattamente, anche se Steve potrebbe non pensarla allo stesso modo"
"E allora cosa è successo?"
"Rumlow. Eravamo troppo presi dalla partita entrambi, la mia squadra voleva vincere e cosi io li incitavo parecchio, ma non mi è ancora chiaro il motivo per cui mi ha messo le mani addosso"
"Addirittura?"
"Si, da lì non ho giocato bene ed ho accumulato solo una serie di falli e, come hai già sentito, un'espulsione"
"Forse l'ha fatto per invidia?"
"Non vorrei saperlo, anche perché poco mi importa"
"Ma ne va della tua reputazione e anche di te, insomma hai lottato tanto per avere quel posto e certamente non sarà uno come Rumlow a toglierti tutto"
"Tu credi?"
"Non lo credo, lo so"
"Se lo sai, perché quando ti ho invitato alla partita non sei venuta? Insomma se c'eri potevi darmi una carica in più"
"Si, avrei potuto darti una carica in più come la tua amata cheerleader? Aspetta non lo è più..."
"Sei tagliente..."
"Mi hanno chiamato sempre acida, mai tagliente"disse lei camminando poco più avanti di lui.
"C'è sempre una prima volta, no? Non mi hai più detto perché non sei venuta"chiese lui e lei si fermò per un attimo.
"Mi ero sentita poco bene, soffro di pressione bassa e spesso molti spostamenti o sforzi non giovano molto alla mia salute"
"Non potevi mai dirgli la verità, giusto?"le ricordo il suo subconscio.
"Ah...allora la tua è stata tutta fortuna. Chi come me, che ha una madre infermiera, potrebbe aiutarti in questi casi?"
"Tua madre è un'infermiera? Non me l'aveva detto"
"Non te l'aveva detto perché eravate troppo impegnate a parlare di me e della mia paura di cucinare, che non riesco neanche a friggere delle patate che subito corro in camera mia"disse lui e Wanda scoppiò in una risata sincera che riempiva il silenzio di quella strada dove si trovavano.
Guardandola si rese conto che quello che aveva detto era vero, che lei era veramente bella. I suoi occhi verdi, pieni di luce grazie ai lampioni della città, la lunga cascata di capelli castani in contrasto con il suo solito girocollo bordeaux che si abbinava al suo smalto nero.
Era tutto perfetto in lei, niente e nessuno gli avrebbe fatto cambiare idea.
"Sei esagerato. Credo che dovrò insegnarti qualcosa"
"Insegnarmi? Tu ricambierai solo il favore che ti sto facendo"
"No, o lezioni private o niente"
"Invece si"
"Invece no"
"Okay, l'hai voluto tu..."
"Cosa?"chiese lei curiosa e con un sorriso sulle labbra.
"Proverò a convincerti con la mia mossa segreta"
"Giochi a basket, non sei uno che fa karate"
"Infatti non è una mossa di karate, è solo quella che uso per convincere qualcuno, specie Rebecca"
"Si, okay ma si dà il caso che non sono tua sorella e perfavore, non fare quello che stai per fare...James, non osare. James no!"urlò lei appena si trovò a pochi centimetri da terra.
La prese in braccio e la sua faccia si scontrò con la sua schiena mentre la cascata dei capelli lunghi e castani sfiorava il marciapiede. Le manteneva le gambe e lei gli riempiva la schiena di pugni.
"James mettimi giù!"
"È divertente! Dai solo due minuti"
"Due minuti? Sei impazzito?"
"Non dirmi che non ci riesci, ti manca poco dai!"
"No James, ti prego! Mettimi giù"lo supplicò lei presa da una paura improvvisa che appena avesse piede sul marciapiede sarebbe svenuta.
"Okay mylady"e lui la poggiò a terra mentre lei teneva ancora stretta la presa sulle spalle.
"Ti senti bene?"
Non seppe rispondere in fretta, troppo persa nelle sue pozze blu per poter tornare in superficie. Le avrà viste una decina di volte ma mai da così vicino e dentro di lei un senso nuovo di meraviglia stava per nascere.
"Si, solo un leggero fiatone..."disse lei spostando solo ora le mani da sopra le sue spalle.
"Bene, allora andiamo?"chiese lui.
Lei annuì e tolse le mani da sopra le sue spalle ma lui fu più veloce e ne prese una per intrecciarla alla sua. Per l'ennesima volta sarebbe stato un ritorno a casa parecchio lungo.
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veronica-nardi · 4 years
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The Living Dead Commento
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[EDIT: avevo iniziato questo commento mesi fa quando vidi il film, poi, per ragioni ignote, l'ho abbandonato. Oggi ho rivisto il film (mi ricordavo metà della roba), quindi lo finisco]
Questo film mi è piaciuto. Certo, è uno spin off di The Untamed! Semplicemente adoro tutto ciò che riguarda questa storia, quindi, a meno che questo film non fosse stato una monnezza totale, sapevo che mi sarebbe piaciuto.
Non dura molto, nemmeno un'ora e mezza, e devo dire che è volato via. Me lo sono goduto parecchio, sopratutto la seconda metà, che davvero ribalta il film.
Il punto davvero "no" di questo film è lo stesso difetto che presentava anche il drama:
La magia.
Mi metto già le mani nei capelli. Qui, esattamente come in The Untamed, i personaggi usano e fanno cose di cui non ci viene spiegato il funzionamento e le caratteristiche.
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Tipo, CREDO che il pezzo di Metallo Yin qui mostrato sia quello di Xue Yang, ma ripeto, credo, perché qua nulla è certo e nulla è spiegato. E comunque si parla dell'utilizzo dei pezzi di Metallo Yin in generale, e trovo la cosa alquanto impossibile visto che tre pezzi sono stati distrutti dopo la Campagna dell'Eclissi.
Ma poi, da quando le catene di Wen Ning sono MAGICHE??! Ammettiamolo: questo se lo sono proprio inventato.
E cosa cavolo è quel posto che pare Mordor 2.0??
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Ma la cosa che più di tutte mi ha lasciata, e tuttora mi lascia perplessa, è quando a inizio film Sizhui se ne esce chiedendo allo zio: "Esistono davvero i fantasmi a questo mondo?", con l'aria di chi è appena caduto dal pero. Scusami, ma la ragazza cieca della Città di Yi che cos'era??? PER DIRE EH. Stiamo parlando del figlio del Patriarca di Yiling e del famoso Lan Wangji, due cultori famosissimi e sempre a caccia di mostri, e il ragazzo si sorprende dell'esistenza dei fantasmi? Ma alla residenza Mo che cosa stavi facendo, scusami? Le bandiere attira spiriti erano forse dei giocattoli per te?
Anche rivedendo il film non sono riuscita a capire questa battuta.
Per quanto riguarda l'utilizzo dei talismani, bisogna aver visto il drama per saperne di più, per sapere che vengono affissi sugli edifici per tenere lontani i fantasmi.
Altra cosa: qui Sizhui quando tenta di mettersi in contatto con gli spiriti entra proprio nella loro mente, trovandola vuota e capendo quindi che non hanno più un'anima. La cosa mi lascia un po' perplessa, perché questa "capacità" di entrare nella mente (o direttamente nell'anima) degli spiriti, non gliel'ho vista mostrare in The Untamed. Nemmeno Lan Zhan l'ha mai fatto, quindi sospetto che sia un'altra cosa che si sono inventati per questo film.
Oltre a questo, non ho particolari critiche da muovere al film.
Certo, gli effetti speciali non sono quelli di Game of thrones, ma sono già migliori rispetto a quelli del drama, e questo mi fa piacere.
Le cose che mi sono piaciute di più sono (in ordine sparso):
1) L'atmosfera.
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The living dead ha l'aria di un film horror grazie alla fotografia grigia e inquietante, le scenografie spettrali (bellissime), la suspance ben costruita, il fatto che la storia sia ambientata quasi costantemente di notte.
La prima scena del film è horror puro e non si può negare.
2) Il ritmo.
Il film dura poco e vola via che è un piacere. Non è mai noioso e tiene ben viva l'attenzione grazie alla storia misteriosa che viene messa in scena.
3) Il villain.
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The Untamed è un vero maestro nella costruzione di villain intelligenti, sfaccettati, complessi, interessanti, mossi da valide ragioni e non semplicemente dalla voglia di essere cattivi.
Anche se Xiao Yi non è all'altezza dei villain del drama, devo ammettere che fa la sua porca figura, ed è forse il punto migliore del film.
Nella prima metà il film è deludente, perché sembra che il villain della situazione sia tale semplicemente perché gli piace essere cattivo ed è corrotto dal potere del Metallo Yin. Se fosse stato davvero così, sarei rimasta non poco delusa, perché The Untamed può fare molto più di così.
Il plot twist su chi è davvero il villain e il motivo che lo muove, è davvero bello e l'ho apprezzato molto.
Mi è anche piaciuto il combattimento finale, reso davvero figo dalla musica della chitarra elettrica in sottofondo.
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4) Cosa è bianco e cosa è nero.
Dunque, il personaggio di Wen Ning a me è sempre piaciuto, perché l'ho sempre visto come il gattino della serie. Trasformato nel temibile Generale Fantasma, rimane però dentro di sé innocente come un bambino appena nato, e fa davvero tenerezza.
The Untamed si chiude con Wen Ning che si stacca dalla guida di Wuxian per cominciare a vivere la sua vita camminando da solo. In questo film Wen Ning è molto più sicuro di sé rispetto al drama, si muove con sicurezza e determinazione e non balbetta mai, ed è anche più intelligente.
Non posso fare a meno di sentirmi orgogliosa nel vederlo affrontare e risolvere il mistero di questa storia senza aver bisogno di Wuxian al suo fianco che gli dice cosa fare.
Il rapporto di amicizia, gratitudine e lealtà che lega Wen Ning e Wuxian è meraviglioso, e anche se Wuxian non è fisicamente presente, la sua presenza ci accompagna per tutto il film.
Wuxian compare solo per un cameo, ci viene mostrato di spalle e dice due frasi, ma è la scena più bella del film.
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Questa scena ci dimostra che Wuxian e Wen Ning sono e saranno legati per sempre, al di là di dove si trovano:
"Ti chiamano il Generale Fantasma, davvero credi di essere un burattino? Wen Ning, ciò che più conta è, cosa pensi di te stesso? Anche se sei diverso dalla gente normale, sai amare e meriti di essere amato. Come puoi sminuirti ritenendoti un cadavere vivente? Segui il tuo cuore e trova la tua strada."
Che dire? È talmente bello che si commenta da solo.
Posso solo dire che apprezzo il solito discorso alla The Untamed style: cosa è bianco e cosa è nero, chi è buono e chi è cattivo.
Detto ciò, l'ultima cosa che voglio dire è che questo film non si può vedere senza aver visto The Untamed: è un film fatto apposta per i fan.
Se si è fan del drama, non si può non vedere questo film.
Punteggio: 8
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Clip 5.5
G: In realtà il progettino è interessante, perché c'abbiamo una matrice folk, però c'è anche il grunge, lui ha portato l'hindie, io adesso sto cercando di inserire un po' di elettronica, cioè...
S: Dove sei? Venite alla fine???
E: Io non sono d'accordo, tantomeno il manager.
G: Che sta saltando adesso ubriaco sul divanetto, quindi non so quanto conti il suo parere.
-
G: Grazie.
E: Grazie.
G: Sì e poi c'abbiamo sto problema con il nome.
SI: Non l'avete ancora scelto?
E: Non toccare questo tasto.
SI: Perché?
G: Tu cosa sceglieresti tra i Contrabbandieri e I Porri Nell'Orto?
SI: Sinceramente mi fanno cagare tutti e due.
G: Ecco.
E: Grandissimo.
G: Vabbè, io me ne faccio un altro.
E: Io passo.
SI: No, io vado a ballare. Vieni?
S: Sì, arrivo.
Ci sei???
E: E allora...ci vieni al nostro concerto?
S: Ehm sì...però adesso raggiungo le altre.
E: No, aspetta aspetta aspetta aspetta. Ho scoperto una cosa assurda.
S: Cosa?
E: Forse sono musulmano.
S: Ma che cazzo dici?
EVA: Ma com'è che mo s'è fissato con Sana?
M: Ah boh, non lo so.
EVA: Ma c'ha tutte quelle di terzo che gli vanno dietro.
M: Gli piacerà farsi trattare male.
No dai, ti prego!
N: Ti prego!
M: No! No!
N: Ti prego, adoro questa canzone.
G: Oh! A belli! Madonna ma lo lasci perdere un attimo!
A zì, mi sembri un polpo.
N: Vado un attimo a salutare una persona.
E: Ho fatto anche delle ricerche, ho coinvolto mia madre, sono andato in biblioteca a leggere.
S: Ma che dici?
E: Sì, perché mia nonna era bosniaca.
S: Guarda che la discendenza di sangue è degli ebrei, non è dei musulmani.
E: Tu sei sicura di questa cosa?
S: Eh, direi di sì.
F: Sana, sono io, ti devo assolutamente dire una cosa.
S: Cosa?
F: Ehm...è un po' personale.
E: Certo. Me ne vado.
S: No vabbè, mi hai salvato la vita. Giuro mi hai salvato la vita.
F: Lo so. L'ho fatto apposta.
S: Grazie grazie grazie.
F: Posso?
S: Sì, è succo di frutta.
F: Sto morendo di sete. La sai una cosa?
S: Cosa?
F: Noi ci siamo parlate per la prima volta esattamente due anni fa.
S: Come fai a ricordartelo?
F: Eh, perché mi ricordo che dopo alternanza ci siamo messe a chiacchierare, poi tu mi hai accompagnata a comprare il regalo di compleanno di mia madre che è oggi.
S: Chissà perché mi hai parlato.
F: In che senso?
S: Be', nel senso che comunque noi facevamo alternanza da sei mesi insieme, solo che non mi avevi mai rivolto la parola prima.
F: Boh, non lo so. Ah, è venuto alla fine.
S: Ehm, io vado a salutarlo.
F: Sì. Io vado a togliermi questo coso che sto morendo di caldo.
S: Ok.
SARA: Sana, Sana! C'è tuo fratello che sta massacrando di botte Martino!
S: Ma che dici? Dove?
SARA: Sì, vieni.
S: Rami!
G: Marti!
S: Rami!
G: Oh! Martino!
S: Basta! Rami!
G: Marti!
S: Basta, basta! Basta, basta! Basta! Basta!
R: Tu sei malato!
S: No!
E: Vattene!
G: Fammi vedere un po' sta cazzo di faccia!
M: Sto bene!
N: Andiamo al pronto soccorso! Andiamo al pronto soccorso, per favore?
G: Sto stronzo! Ti ha sputà!
Annamo dai Marti! Dai!
N: Venite!
S: No! No.
-
C: Sai che cos'è successo?
L: Boh. Quando Emma è arrivata stavano già menando Martino.
C: Sì, ho capito, ma perché?
L: Boh. Mi sa che gli arabi hanno un po' di problemi con i gay.
C: Sì, ma lo stava ammazzando.
L: Be', ma lo sai che il fratello di Sana la chiama "schiava" e le fa fare le cose tipo serva.
C: Chi te l'ha detto?
L: Silvia. Tra l'altro mi ha detto anche che l'altro giorno l'ha mezza aggredita solo perché parlava di sesso.
C: Ma io non capisco per quale motivo vuoi venire a Mykonos e poi non puoi bere, non puoi scopare e devi stare tutto il tempo con il burqa.
L: Secondo me se insistiamo a fare venire i ragazzi alla fine lei non viene.
C: E poi ci manda gli amici pazzi del fratello.
Aiuto! Quanto cazzo ci mettono?
L: Ci sarà qualcuno che sta scopando. Scusa?
C: Beati loro. Che facciamo? Andiamo in quello dei maschi.
L: Vai.
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merrowloghain · 4 years
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06.09.76 Ponte sospeso - Hogwarts
« Non voglio che reputi le mie preoccupazioni, stupide. »
« Non voglio discutere con te. »
«E se poi a te non interessasse davvero, e finissi per ferirmi, non lo sopporterei.»
« Non te lo chiederò un'altra volta. Allora, perché da me? » perché cerchi questo abbraccio, questa coccola, questo conforto. Perché da lui e non da tutti gli altri.
« Perchè sei tu. »
« Perchè lo voglio da te. »
« Perchè mi è sempre sembrato che a te non fregasse niente di Merrow: a te non importa chi sono in generale, chi sono i miei amici, la mia famiglia, qual'è il mio colore preferito. Però mi... »
                                                                           « Xavier...
                                                                                         ...non farmi male. »
« Infatti. » non gli importa niente di tutto questo. « però ti? » e se lei tenta quanto meno di scappare da ciò che stava dicendo, lui ci si sofferma alzando appena il mento invitandola a proseguire. E poi ci vuole coraggio, del vero coraggio a pronunciare il resto. A rivelarlo ad alta voce. A pronunciare semplicemente quelle parole. Coraggio a mettere da parte l’orgoglio - qualora ci fosse mai stato -, coraggio nell’aprire una piccola parte di sé. Quel “per favore” a fargli stringere le labbra, mentre gli occhi si posano sulle sue, prima che queste vengano a meno nella sua visuale ritrovando solo ciocche di capelli che scivolano sulla propria camicetta. «  però? » richiede. Il tono basso, quasi sussurrato, mischiandosi con il rumore delle foglie e del vento.
« Però mi vedi. » me: attraverso tutto, attraverso ogni singola piega, dietro ogni angolo. C'è un sottile sconforto e contemporaneamente un sollievo, nel paio d'occhi grigio-verdi che si alzano, dal basso verso l'alto, a cercare i suoi in una maniera del tutto nuova. C'è un'apertura reale, timida e piena del disagio di chi non sa cosa potrebbe succedere. Eppure, gli si mostra e basta, aprendosi la cassa toracica e permettendogli di vedere davvero. Qualcosa di concesso, donato. Qualcosa di sacro e delicato.
« Qualsiasi cosa ti sia successa (...) E’ risolvibile e non dovrebbe farti cedere così, davanti ad un tuo nemico.  »
« Quindi se non vuoi che ti faccia del male, non dire nient’altro. »
« Noi... siamo nemici?  »
« Tu cosa vorresti che fossimo? »
« Non lo so. » 
Bacchetta di liquirizia che viene spostata all'angolo del labbro per permettere alla mano destra di essere completamente liberata quando questa finisce in avanti, a paletta, con il palmo rivolto verso il parapetto. Le sta chiedendo di stringergli la mano, mentre al primo gesto di lei andrebbe a pronunciare un    « Amici?  »
« Non credo saremmo buoni amici, Xavier. In tutta sincerità. Possiamo solo essere noi, senza odiarci ma senza respingerci in continuazione » mormora quasi tra sè e sè « Se tu vuoi qualcos'altro, potresti semplicemente dirmelo. » Fa spallucce, ma con una strana pesantezza che sembra premere sulle spalle esili « Non ti ho chiesto niente di diverso dalla cosa più simile alla nostra situazione: qualcosa. » Loro sono qualcosa, qualcosa di strano ed incomprensibile, almeno, la consapevolezza più recente la fa propendere per quello. Non si alza, i tratti del viso tesi, ed una strana espressione in volto, con lo sguardo che si alterna dalle mani, al ponte dinnanzi a sè.
« Perché pensi di no? »
« Perchè mi piaci. » così, esattamente come un Bòmbarda Màxima. Forse se l'aspettava, forse era chiaro, forse in realtà non ha così tanta importanza, ma lui vuole una spiegazione e lei non sembra essere in vena di ritirarsi proprio adesso. Godric l'ha scelta, si, e l'ha benedetta con quel coraggio che non è sciocco e scavezzacollo, ma che è molto più intimo e sottile: il coraggio di dire le cose come stanno. Anche se fa male, anche a quello che non sai se è un tuo nemico o peggio, qualcos'altro. Anche se quel paio d'occhi freddi, non sembrano mai animarsi in alcun modo per nessuno, tantomeno per lei.
Il Bòmbarda Màxima lo sente, ma lui non reagisce. Rimane semplicemente a guardarle il capino in quella posizione che ha assunto. Una pausa piuttosto lunga, un silenzio che si fa sentire prima che lo scricchiolio del legno renda noto un unico movimento. Un passo all’indietro, un distacco dal parapetto e una mano che scivola verso il basso, allungandola in avanti. Questa volta deve essere sfiorata, perché quello è un invito ad alzarsi. E solo, qualora lo avesse fatto, rimarrebbe lì a fronteggiarle rifilandole un’occhiata veloce in direzione dei suoi occhi per poi pronunciare un semplice « Lo so. » che ti piaccio. « Appunto per questo potremmo essere amici. » perché si spera che quello sia un riferimento alla persona e non solo all’aspetto fisico. «Sicuramente ti posso aiutare » una piccola pausa « a non essere così. » così come?
Restano lì in silenzio, mentre lei fissa un po' il vuoto dopo quell'affermazione che in realtà non la scompone nemmeno più di tanto, segno che forse ha fatto pace nel suo cervello, e nel suo stomaco, con tale concetto, un po' di tempo fa'. Sente quella mano sfiorarla leggermente, ed è solo allora che le dedica attenzione, un poco stupita dal gesto in sè: occhi che corrono a lui, al suo viso, e parole che vengono ascoltate senza interrompere. No, dalla faccia che fà, lei all'aspetto fisico nemmeno ci stava pensando, o non sarebbe così indecisa sulla proposta fatta. Allunga la destra in sua direzione, si issa e  si volge verso il Serpeverde, con un volto che da tanto espressivo, non lascia trasparire niente di preciso «Così? » chiede spiegazioni, e poi, semplicemente volge lo sguardo in direzione del fiume sotto di loro « Ho sempre pensato che gli amici non si piacessero. Non in un certo modo. » il suo modo, il loro. Sospira, e la rassegnazione è palese, assieme ad una punta amarognola che tinge il sorriso asimmetrico che va a formarsi sul suo viso. Amici. Lui e lei. Allunga di nuovo la mano, perchè altro non può fare, a sancire quella presa di posizione che significa forse la fine di qualcosa, l'inizio di qualcos'altro, e tutte le cose non dette, nel mezzo. « Amici.» Io e te.
La mano allungata in avanti e la piccola contrazione per permettere al corpo altrui di essere aiutato in quell’alzata.  A quel “così?” non risponde, soffermandosi sul resto. « Ti sbagli. » è l’unica cosa che dice. Almeno nel suo mondo non funziona così. Stringendo la sua mano come a sancire banalmente quell’inizio - quell’amicizia - o semplicemente un vero atto di pace. Pace totale. La punta amarognola sulle sue labbra non dà modo di cambiare la sua espressione, rimanendo neutrale, mentre gli occhi rimangono nei suoi. Un cenno del capo, il distacco della mano, sfiorando le sue dita e portandola al fianco, l’altra avvicina la bacchetta di liquirizia alle labbra. Compiendo qualche passo, poi per prendere la direzione del castello. Che voglia seguirlo o no, dandole una semplice occhiata finale in caso.
Quel "Ti sbagli" preso e non commentato, ora che rimane in piedi ad osservarlo in silenzio. E' tregua, tregua vera, che stranamente ha quel sapore di fiele sulle labbra, ed ha il tocco fugace delle loro mani strette. Si lasciano andare, sfiorare brevemente, ed è con occhi negli occhi che ricambia quel gesto d'intesa. Lui si volta in direzione del castello, e lei sembra aver perso il motivo per rimanere, ecco perchè gli si affianca in totale silenzio, prima d'alzare sempre la stessa destra con cui ha sancito quell'inizio, e posargliela sul bicipite sinistro, appena poco sotto la spalla. Una spinta piccola, goliardica, perchè tanto siamo amici ora, vero Gutierrez? Ed una risata morbida, divertita, a seguire tale gesto, che si perde nel vento, in quel ritornare al Castello, che sembra avere un profumo tutto nuovo.
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