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carocinematv · 3 years
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Grease
Al tempo dell'immobilità da Covid-19, il popolo dei social trova una nuova polemica da animare rompendo i riflettori su “Grease”, il cult che rappresenta un'epoca di rinascita e allegria, che unisce più di una generazione. Tutti abbiamo intonato le canzoni, a prescindere dall'età e dall'inclinazione romantica per la storia tra Danny e Sandy.
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Se il film fosse un'entità senziente probabilmente avrebbe pensato di offrire qualche ora di leggerezza ai telespettatori e mai avrebbe immaginato di finire sotto l'occhio del ciclone dopo tutti questi anni. Del resto nel 1978, anno d'uscita nelle sale cinematografiche – altro luogo che si inizia a dimenticare in favore del divano in salotto e di comfort domestici che sotterrano la socialità e la costruzione di una cultura – il film ebbe talmente tanto successo che ancora oggi ne viviamo l'eco.
Il mio papà racconta che rimase seduto sulla poltrona per poterlo rivedere più volte, nascondendosi per non dover ripagare il biglietto. Era un ragazzino affascinanto dalle giacche di pelle e la Brillantina (vedi il sottotitolo italiano) e come dargli torto! Il mondo patinato e perfetto di John Travolta e Olivia Newton-John aveva riscosso un successo planetario. Già negli anni 70 si guardava agli anni 50 con nostalgia e spensieratezza e faceva sognare. Oggi si continua a guardare a quegli anni con le medesime emozioni, nonostante la storia ci ricordi essere stati difficili per l'Europa del dopoguerra.
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Chi non ha mai desiderato, nel silenzio della propria cameretta, di sentir pronunciare dalla persona amata, parole d'amore, di affetto ricambiato per cui Tell me more, tell me more suona con ambo le intonazioni, femminile a maschile. Non ci sono donne che vengono da Venere e uomini da Marte, citando qualcuno, quando si parla di emozioni. La sinfonia suona all'unisono, che sia paura, tristezza, gioia o dubbio e Danny Zuko quella insicurezza la canta in falsetto nei versi iniziali di You're the one that I want?
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Nella reunion dell'agosto 2017, il clamore si è rinnovato sul web che li ha visti duettare, accennando i passi di danza del film. Entrambi, con la “misogena” giacca di pelle e qualche ruga in più, si sono mostrati al pubblico eccitato ed entusiasta, carichi della maggiore esperienza ma con lo stesso spirito vivace.
Criticare Grease, o Via Col Vento qualche mese fa, equivale a criticare un capitolo di storia, l'antropologia, le scienze che riportano i fatti e le abitudini che hanno rappresentato il costume sociale di decenni differenti e sempre più lontani nel tempo. Sappiamo che l'aspirazione massima della società femminile anni 50 era il matrimonio, oggi ci siamo evoluti anche grazie alle figlie di quelle donne che hanno manifestato il disagio di matrimoni prematuri, di una società limitante, di una libertà costretta al volere patriarcale.
Se proprio c'è da rinnovare una critica, si orienti verso quella società e si pongano delle differenze che possano lanciarci verso il miglioramento delle condizioni femminile e sociale.
La piaga dello stupro è un fenomeno imperituro, tanto nel decennio 50 quanto oggi, NON parlandone non si troverà certo una soluzione e in Grease vi è una denuncia, non un incitamento.
Grease incita a non abbandonare la scuola, a non abbandonare i propri sogni, ad avere coraggio e superare gli ostacoli. La dolce e innocente Sandy si trasforma in una bad girl dalla giacca di pelle cantando You're the one that i want per avvicinarsi a Danny, evidenziando la trasformazione fisica e psicologica che ogni adolescente vive, soprattutto con le prime cotte ed i primi amori. Ed il cambiamento non vede distinzione tra uomo e donna, difatti Danny sveste la pelle in favore di un cardigan scolastico, simbolo del bravo ragazzo, scegliendo l'amore consapevole del giudizio del branco (di amici).
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Non c'è alcun diritto oggi nel giudicare Grease che ha raccontato un mondo al quale non si appartiene: è un'eredità, non si può e non si deve abbassare il sipario, chiudendo gli occhi al passato.
L'aspra critica è il mezzo più semplice sui social, facile cavalcare l'onda dei consensi popolari per catturare l'attenzione, ma sarebbe necessario amplificare e risaltare alla cronaca i fatti di rilievo, di intelligenza, di cultura, con un maggior senso di responsabilità da parte dei media verso la pubblica informazione e la sua influenza.
Le non notizie offuscano la serata di piacevole spensieratezza che la BBC ha tentato di offrire ai milioni di inglesi che hanno apprezzato la visione. Le musiche concitate, gli struggimenti affettivi, hanno forse genere? È forse un mistero che l'amore si è basato a lungo sullo stereotipo del principe azzurro in arrivo sul cavallo bianco?
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Il popolo del web, avvezzo al virtuale, con pillole di vita su video interrotti e photoshop, sarebbe bello se intonasse un We go together , “insieme” per davvero contro le distanze a cui il momento storico ci costringe. Oltre l'hashtag da incrementare, la challenge a cui partecipare, i like da pompare ed i follower da far crescere allo scopo di diventare popolari nell'enorme e virtuale nicchia, si rischia di perdere il senso delle cose, ricordi condivisi e persone con cui rievocarli. Grease vive il reale: la condivisione a scuola, gli intrecci umani tra corridoi e parcheggi, in cui i ragazzi vivono e si reincontrano. La scuola è il polo di riferimento, sociale ed affettivo, per ognuno di loro e per ogni generazione.
Un giorno Grease, o qualsiasi cult che verrà, rappresenterà un portagioie ricco di bellezze ed emozioni, di eterni adolescenti a cui basta un play per ripartire. E mi auguro, con tutto il cuore, che nel frattempo questo popolo dei social abituato alla tecnologia e alle mode di oggi, comprenda il mondo di ieri, l'importanza delle emozioni e dei legami, di quanto incida la cultura rappresentata in un film “misogeno e omofobo” dai colori sgargianti anni 50, ampi sorrisi e tanta musica.
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carocinematv · 4 years
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Odio l’estate
Torna ad essere un umorismo sincero e irresistibile quello di Aldo, Giovanni e Giacomo, nei panni di tre padri di famiglia che affrontano la vita in modi nettamente diversi.
Dai, diciamolo, venivano da un flop colossale!
Sarà magari il ritorno di Massimo Venier alla regia, ma questa è una storia che, oltre a far ridere tanto, offre l'occasione di riflettere sul sempre più difficile ruolo del genitore nel mondo di oggi. Essere adulti non significa smettere di crescere ed i tre protagonisti lo dimostrano.
Aldo è lo scanzonato fannullone ipocondriaco, su una sedia a rotelle per comodità, impegnato in gesti eroici come far canestro al mini-basket nel soggiorno di casa. Vive con la moglie che sorvola su qualsiasi problema, due figlie rumorose e il maggiore appena uscito dal tribunale minorile.
Giovanni gestisce un'attività commerciali di famiglia ed è preciso, pignolo, polemico e in crisi economica. Vive con una moglie, che prova a smussare gli angoli della sua pignoleria e una bella figlia di 18 anni. Uno dei classici fisici belli da veder passeggiare sulla battigia.
Giacomo, il dentista dell'anno, scrupoloso, snob, che rimanda la partenza per le vacanze in Puglia fino all'ultimo giorno possibile per lavorare, o per non spendere. Vive con la moglie, più snob di lui, arrabbiata con il mondo e un figlio che è una sorta di Treccani vivente.
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Tanto per citare un capolavoro di comicità italiana del trio in Chiedimi se sono felice.
La sceneggiatura lascia briciole, poi sapientemente raccolte nel corso del film e come nel film sudetto / appena citato, Aldo si dimostra la guida morale dell'intero film. Crea quell'empatia carnale e sentimentale in grado di tenere lo spettatore incollato allo schermo, genuino, nonostante i suoi segreti, Aldo si emoziona ed emoziona, strappando sorrisi in più occasioni, uno fra tutti l'incontro con Massimo Ranieri. Seppure spiccano i brani affidati al cosentino Brunori Sas: “La Verità” e “La canzone che hai scritto tu”.
Insomma, succede che l'agenzia di viaggi sbaglia, finendo per convogliare questi tre poli opposti in una vacanza forzatamente condivisa. Niente di innovativo come incipit di trama, eppure ne emerge un bilancio della vita, nella quale ognuno ha sbagliato qualcosa, ma in ognuna si nasconde la meraviglia nelle piccole cose.
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carocinematv · 4 years
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OSCAR 2020
Nessun presentatore, anche quest'anno sul palco del Dolby Theatre di Los Angeles si sono esibiti artisti e grandi stelle di Hollywood assegnando complessivamente 24 premi Oscar.
Confermati e conclamati gli Oscar come migliori attori non/protagonisti per Brad Pitt, Renée Zellweger, Laura Dern e Joaquin Phoenix che quest'anno hanno certamente fatto il pieno di premi sino all'età della pensione. Sempre che gli attori abbiano una pensione!
E' stata la notte di Parasite, premiato con 4 Oscar
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miglior regia
miglior film
miglior film straniero
sceneggiatura originale
Sceneggiatura non originale per Jojo Rabbit.
3 Oscar invece per 1917
sonoro
fotografia
effetti speciali
Soltanto 2 gli Oscar per Le Mans 66, prettamente tecnici (Montaggio e Montaggio sonoro) e C’era una volta a…Hollywood, si tratta della scenografia, oltre al premio a Brad Pitt.
Il premiato cortometraggio, sconosciuto ai più, è The Neighbor’s Window mentre il corto animato è stato Hair Love, presente nel catalogo di Netflix. Ed è sempre al colosso dello streaming che si pensava sarebbe andato il premio Oscar come miglior film d'animazione per Klaus, invece a vincerlo è la conclamata Disney Pixar per Toy Story 4.
Documentari dell'anno, sono Made in USA – Una fabbrica in Ohio e  Learning to Skateboard in a Warzone (If You’re a Girl) come corto documentario.
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La statuetta per i Costumi migliori è andata a Piccole Donne mentre il miglior Trucco & Parrucco è stato di Bombshell, l'ultimo dei film nominati ad uscire nel nostro paese. Difatti ci tocca aspettare fino a fine Marzo prima di vederlo sul grande schermo!
L'oscar per la migliore Canzone Originale, quest'anno non è andata ad un film d'animazione, ma ha confermato - sempre che ne avesse davvero bisogno - la grandezza di (I’m Gonna) Love Me Again di Elton John per il biopic Rocketman.
Il film con più nomination era Joker di Todd Phillips, con ben 11 candidature, ma pare si sia felicemente accontentato di ricevere i premi per Phoenix, come attore protagonista e per la Colonna sonora.
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carocinematv · 4 years
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BAFTA 2020
British Academy of Film and Television Arts, anche conosciuti come gli oscar britannici, premiano annualmente le migliori produzioni cinematografiche al Royal Albert Hall di Londra. Quest’anno la cerimonia si svolta il 2 febbraio 2020 ed è stata presentata dal celebre conduttore tv e comico irlandese Graham Norton. Sul red carpet gran parte dello star system e del jet-set UK e non solo, accanto a star internazionali ed i duchi di Cambridge, Kate e William, presenti al primo evento mondano all’indomani dell’addio alla casa reale del Principe Harry e della definitiva rottura con l’Unione Europea.
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Tutto sommato è stato un inizio 2020 piuttosto caldo per la politica britannica, una serata glamour ed ampi sorrisi non può certo stonare. I premi assegnati sono stati tantissimi, tanto per cominciare il premio per il contributo al cinema britannico, un riconoscimento alla carriera si può ben dire, è andato ad Andy Serkis, il primo seduto a sinistra nella foto di gruppo dei vincitori. Alcuni film si sono confermati un successo internazionale, ottenendo il secondo riconoscimento, dopo i Golden Globe di appena un mese fa.
Tra questi, a trionfare sicuramente 1917, di Sam Mendes, che si è aggiudicato ben 7 statuette, accostando ai premi già vinti ai Golden Globe, la maschera dei BAFTA 2020 per miglior regia e miglior film. La giuria britannica non si è limitata a considerarlo come il miglior film (dell’anno) ma ha scelto di ampliare il parterre di elogio premiandolo come miglior film britannico, per la fotografia, gli effetti speciali, il sonoro e la scenografia. Insomma, se non l’avete ancora visto, correte!
Il film evento del 2019, made in Corea, Parasite nonostante la candidatura come miglior regia e miglior film (dell’anno), si conferma anche a Londra come miglior film straniero ed aggiunge sulla mensola il premio per la migliore sceneggiatura originale.
E’ l’anno di Joker interpretato da Joaquin Phoenix come miglior attore, che nei suoi ringraziamenti ha fatto notare l’assenza di meritevoli colleghi di colore nella schiera dei nominati. Il villain della DC Comics aveva ottenuto 4 candidature ai Golden Globe vincendone 2 (miglior attore e miglior colonna sonora), gli stessi ottenuti anche a Londra, seppure le nominations fossero ben 10.
Altra conferma da Los Angeles per la miglior attrice: confermata Renée Zellweger anche dai cugini britannici. La sua interpretazione in Judy completerebbe la tripletta dei premi più prestigiosi al mondo con l’Oscar del 9 febbraio! Idem anche Laura Dern in Storia di un matrimonio e Brad Pitt in C’era una volta a… Hollywood per i ruoli da non protagonisti.
C’è delusione per l’ultimo film di Quentin Tarantino,  C’era una volta a… Hollywood, a Londra. Stessa sorte anche per Martin Scorsese che, nonostante le 10 nominations per The Irishman, torna a casa a mani vuote.
Torno a gioire per Klaus, il film d’animazione nuovamente vincitore! La produzione Netflix ha saputo dosare l’arte dell’animazione e la magia del Natale in un prodotto eccellente e meritevole di tanto prestigio. La conferma del successo anche al BAFTA 2020 è una riprova della crescita che il cinema spagnolo sta vivendo, grazie – e soprattutto #imho – alla presenza del colosso mondiale dello streaming.
La mia personale delusione è per Piccole Donne, l’adattamento e la regia di Greta Gerwig avrebbe certamente meritato molto più del solo premio al miglior costume. La concorrenza è spietata sul fronte interpretativo (nominations per: miglior attrice protagonista per Saoirse Ronan, non protagonista per Florence Pugh) ma continuo a pensare che Piccole Donne non abbia rivali per colonna sonora di Alexander Desplat, BAFTA 2020 invece vinto da Hildur Guðnadóttir per Joker e sceneggiatura non originale della Gerwig, vinto da Taika Waititi per Jojo Rabbit.
Nell’attesa dell’ultima e più importante tornata di premi Oscar di domenica 9 Febbraio, lascio la lista completa di nominati e vincitori dei BAFTA 2020 per futura memoria:
MIGLIOR FILM
1917 THE IRISHMAN JOKER C’ERA UNA VOLTA…A HOLLYWOOD PARASITE
MIGLIORI FILM BRITANNICI 
1917 BAIT – L’ESCA FOR SAMA ROCKETMAN SORRY WE MISSED YOU I DUE PAPI
MIGLIOR DEBUTTO PER UNO SCENEGGIATORE, REGISTA O PRODUTTORE BRITANNICO 
BAIT Mark Jenkin (Writer/Director), Kate Byers, Linn Waite (Producers) FOR SAMA Waad al-Kateab (Director/Producer), Edward Watts (Director) MAIDEN Alex Holmes (Director) ONLY YOU Harry Wootliff (Writer/Director) RETABLO Álvaro Delgado-Aparicio (Writer/Director)
MIGLIOR FILM NON IN LINGUA INGLESE
PARASITE Bong Joon-ho THE FAREWELL Lulu Wang, Daniele Melia FOR SAMA Waad al-Kateab, Edward Watts PAIN AND GLORY Pedro Almodóvar, Agustín Almodóvar PORTRAIT OF A LADY ON FIRE Céline Sciamma, Bénédicte Couvreur
MIGLIOR DOCUMENTARIO
FOR SAMA Waad al-Kateab, Edward Watts AMERICAN FACTORY Steven Bognar, Julia Reichert APOLLO 11 Todd Douglas Miller DIEGO MARADONA Asif Kapadia THE GREAT HACK Karim Amer, Jehane Noujaime
MIGLIOR FILM D’ANIMAZIONE
KLAUS Sergio Pablos, Jinko Gotoh FROZEN 2 Chris Buck, Jennifer Lee, Peter Del Vecho A SHAUN THE SHEEP MOVIE: FARMAGEDDON Will Becher, Richard Phelan, Paul Kewley TOY STORY 4 Josh Cooley, Mark Nielsen
MIGLIOR REGISTA
1917 Sam Mendes THE IRISHMAN Martin Scorsese JOKER Todd Phillips C’ERA UNA VOLTA…A HOLLYWOOD Quentin Tarantino PARASITE Bong Joon-ho
MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE
PARASITE Han Jin Won, Bong Joon-ho BOOKSMART Susanna Fogel, Emily Halpern, Sarah Haskins, Katie Silberman KNIVES OUT Rian Johnson STORIA DI UN MATRIMONIO Noah Baumbach C’ERA UNA VOLTA…A HOLLYWOOD Quentin Tarantino
MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE
JOJO RABBIT Taika Waititi THE IRISHMAN Steven Zaillian JOKER Todd Phillips, Scott Silver PICCOLE DONNE Greta Gerwig THE TWO POPES Anthony McCarten
MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA
RENÉE ZELLWEGER Judy JESSIE BUCKLEY Wild Rose SCARLETT JOHANSSON Storia di un Matrimonio SAOIRSE RONAN Piccole Donne CHARLIZE THERON Bombshell
MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA
JOAQUIN PHOENIX Joker LEONARDO DICAPRIO Once Upon a Time… In Hollywood ADAM DRIVER Storia di un Matrimonio TARON EGERTON Rocketman JONATHAN PRYCE I due Papi
MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA
LAURA DERN Storia di un matrimonio SCARLETT JOHANSSON Jojo Rabbit FLORENCE PUGH Piccole Donne MARGOT ROBBIE Bombshell MARGOT ROBBIE Once Upon a Time… in Hollywood
MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA
BRAD PITT Once Upon a Time… in Hollywood TOM HANKS Un Amico Straordinario ANTHONY HOPKINS I due Papi AL PACINO The Irishman JOE PESCI The Irishman
MIGLIORI MUSICHE ORIGINALI
JOKER Hildur Guđnadóttir 1917 Thomas Newman JOJO RABBIT Michael Giacchino PICCOLE DONNE Alexandre Desplat STAR WARS: L’ASCESA DI SKYWALKER John Williams
CASTING
JOKER Shayna Markowitz STORIA DI UN MATRIMONIO Douglas Aibel, Francine Maisler C’ERA UNA VOLTA…A HOLLYWOOD Victoria Thomas THE PERSONAL HISTORY OF DAVID COPPERFIELD Sarah Crowe I DUE PAPI Nina Gold
MIGLIOR FOTOGRAFIA
1917 Roger Deakins THE IRISHMAN Rodrigo Prieto JOKER Lawrence Sher LE MANS ’66 Phedon Papamichael THE LIGHTHOUSE Jarin Blaschke
MIGLIOR MONTAGGIO
LE MANS ’66 Andrew Buckland, Michael McCusker THE IRISHMAN Thelma Schoonmaker JOJO RABBIT Tom Eagles JOKER Jeff Groth ONCE UPON A TIME… IN HOLLYWOOD Fred Raskin
PRODUCTION DESIGN
1917 Dennis Gassner, Lee Sandales THE IRISHMAN Bob Shaw, Regina Graves JOJO RABBIT Ra Vincent, Nora Sopková JOKER Mark Friedberg, Kris Moran C’ERA UNA VOLTA…A HOLLYWOOD Barbara Ling, Nancy Haigh
COSTUME DESIGN
PICCOLE DONNE Jacqueline Durran THE IRISHMAN Christopher Peterson, Sandy Powell JOJO RABBIT Mayes C. Rubeo JUDY Jany Temime C’ERA UNA VOLTA…A HOLLYWOOD Arianne Phillips
MIGLIOR TRUCCO E PARRUCCO
BOMBSHELL Vivian Baker, Kazu Hiro, Anne Morgan 1917 Naomi Donne JOKER Kay Georgiou, Nicki Ledermann JUDY Jeremy Woodhead ROCKETMAN Lizzie Yianni Georgiou
MIGLIORI EFFETTI SONORI
1917 Scott Millan, Oliver Tarney, Rachael Tate, Mark Taylor, Stuart Wilson JOKER Tod Maitland, Alan Robert Murray, Tom Ozanich, Dean Zupancic LE MANS ’66 David Giammarco, Paul Massey, Steven A. Morrow, Donald Sylvester ROCKETMAN Matthew Collinge, John Hayes, Mike Prestwood Smith, Danny Sheehan STAR WARS: L’ASCESA DI SKYWALKER David Acord, Andy Nelson, Christopher Scarabosio, Stuart Wilson, Matthew Wood
MIGLIORI EFFETTI SPECIALI
1917 Greg Butler, Guillaume Rocheron, Dominic Tuohy AVENGERS: ENDGAME Dan Deleeuw, Dan Sudick THE IRISHMAN Leandro Estebecorena, Stephane Grabli, Pablo Helman IL RE LEONE Andrew R. Jones, Robert Legato, Elliot Newman, Adam Valdez STAR WARS: L’ASCESA DI SKYWALKER Roger Guyett, Paul Kavanagh, Neal Scanlan, Dominic Tuohy
MIGLIORI CORTI D’ANIMAZIONE BRITANNICI
GRANDAD WAS A ROMANTIC. Maryam Mohajer IN HER BOOTS Kathrin Steinbacher THE MAGIC BOAT Naaman Azhari, Lilia Laurel
MIGLIORI CORTOMETRAGGI
LEARNING TO SKATEBOARD IN A WARZONE (IF YOU’RE A GIRL) Carol Dysinger, Elena Andreicheva AZAAR Myriam Raja, Nathanael Baring GOLDFISH Hector Dockrill, Harri Kamalanathan, Benedict Turnbull, Laura Dockrill KAMALI Sasha Rainbow, Rosalind Croad THE TRAP Lena Headey, Anthony Fitzgerald
EE RISING STAR AWARD
Si tratta del premio per stelle nascenti in ambito artistico, assegnato con voto del pubblico
MICHEAL WARD AWKWAFINA JACK LOWDEN KAITLYN DEVER KELVIN HARRISON JR.
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carocinematv · 4 years
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Piccole Donne
Dolce, ottimista, meravigliosamente vero. Il romanzo Piccole Donne di L. M. Alcott è datato 1868 e sono moltissimi gli adattamenti cinematografici e televisivi che hanno raccontato la storia delle sorelle March.
Meg, Jo, Amy, Beth sono le eroine della vita di sempre, avvolte nella dolcezza genuina e negli stereotipi a cui era solita sottoporsi la donna americana del ‘800. Nella sua visione, la Gerwig ha restituito sullo schermo le emozioni della lettura ed un immaginario collettivo scenograficamente impeccabile. Non ci sono falle, non c’è noia, seppure la durata superi le due ore.
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Tecnicamente ineccepibile, ogni inquadratura è un dipinto ad olio. I costumi, le acconciature, quel velo di trucco che risalta le bellezze naturali e l’età di ogni personaggio, caratterizzando la tipicità ed unicità di carattere in piccoli dettagli. Non c’è una rivisitazione in senso stretto del romanzo originale, ma Piccole Donne nasce come autobiografia e si rinventa, tornando sempre a raccontare la vita di chi sceglie di rispolverarlo.
Caro Piccole Donne, sei un gioco di flashback, tra ricordi dell’infanzia nella casa familiare, tutte e quattro insieme ed il presente fatto di stenti e di sacrifici, ma anche di successi editoriali e cambiamenti considerevoli. Jo è la personalità di spicco tra le quattro sorelle e la Ronan supera sé stessa ed i ruoli fin’ora interpretati, meritando molto più della sola candidatura al pregiato Oscar. L’aria della rivalsa, il desiderio di non mollare mai, di reinventarsi sono la spinta motivazionale che hanno condotto la Gerwig alla regia e la Ronan a tatuarsi Jo March sulla pelle. Non ne veste solo i panni, Saoirse Ronan è Jo March.
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Dolcissima e bilanciata Meg, intepretata dalla britannica Emma Watson che non ha svestito i panni del personaggio di Belle nel live-action Disney. Nonostante le similitudini tra i due personaggi, la Watson avrebbe dovuto caratterizzare (o personalizzare) la maggiore delle sorelle March, di contro l’opera è ben riuscita a Willa Fitzgerald nella miniserie Piccole Donne, prodotta da BBC One nel dicembre 2017. Meg questa volta la troviamo dopo il matrimonio con John Brooke (James Norton), tra gli stenti e le difficoltà economiche di un marito che non è la Bestia, il principe azzurro della favola.
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Non conoscevo Florence Pugh, o quanto meno non mi era mai saltata all’occhio, ma nei panni di Amy ho rivisto la vanità e l’audacia della terza figlia dei March. Capace di grandi capricci, è la “signorina” per eccellenza, la femminilità più spiccata, l’esempio di stereotipo di donna. Ebbene, questa Amy cela e soffre per amore, insegue quanto è meglio per la sua famiglia, agli occhi di Jo è la più viziata delle sorelle, ma a suo modo, Amy cavalca l’onda delle opportunità e stringe i denti. Probabilmente è la più fortunata delle quattro, ma non è forse soggettivo il concetto di “fortuna” quando ci si confronta con antagonismo?
Fragile, cagionevole e delicatissima, Eliza Scanlen è la Beth che ho sempre immaginato leggendo il romanzo. Guancciotte piene, occhi profondi, colori chiari, timida sin dal modo in cui guarda il mondo e si muove. Scalda il cuore del sig. Laurence (Chris Cooper) meglio di quanto non sia mai riuscito il nipote Laury/Teddy (Timothée Chalamet). Ecco un altro personaggio interpretato alla lettera, da far onore alla descrizione e alla fantasia della Alcott. L’intesa fisica e caratteriale tra Teddy e Jo è tangibile, Chalamet riesce a spiccare sullo schermo dando risalto al “figlio acquisito” dei March, amico di ognuna delle figlie, complice nelle circostanze della vita quotidiana.
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Mi ha un po’ fatta storcere il naso il capofamiglia sig. March (Bob Odenkirk) privato del simbolo della virilità di tutte le epoche, la barba lunga. Non è un mistero che l’anzianità di un uomo era soprattutto misurata sulla lunghezza della barba, difatti è perfettamente in sincro l’aspetto sbarbato e giovane di Chalamet, ma la rasatura a fior di pelle di Odenkirk rimane un neo di contestualizzazione storica. Allo stesso modo ho considerato un po’ irrealistico l’aspetto sempre allegro e la costante vivacità di Mamy March (Laura Dern), quasi fosse alleggerita del vuoto lasciato dal marito in guerra.
Nota di merito indubbia per la zia March, la straordinaria Meryl Streep non ha bisogno di adulazioni, ma si conferma perfetta in ogni veste, in ogni occasione e puntuale nell’interpretazione.
Insomma...
Autoriale, intima e personale, bellissimo da guardare e da vivere, sopratutto sul grande schermo. Piccole Donne che da sempre insegnano il valore della famiglia, dell’amore, il sacrificio, quei principi che oggi abbiamo bisogno di contestualizzare. Il difficile momento in cui la bambina diventa adulta, il racconto di quelle circostanze che hanno permesso la crescita si svelano sul finale e rendono palese la narrazione di Jo all’editore.
Si conferma una regia coraggiosa e matura quella della Gerwig, al suo secondo lungometraggio d’autore, prendendosi qualche libertà e curando il dettaglio dei titoli di coda, come il testo di un antico libro. Una pagina di letteratura americana ingiallita, ma sempre ricca di emozioni e della freschezza della gioventù delle protagoniste.
Nel 2020 avevamo bisogno della crescita, della bellezza e della bontà di sentimenti 800eschi? Sono certa di sì.
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carocinematv · 4 years
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In questa puntata di Ciak si mangia, abbiamo parlato del film...
🔊 A good year e di buon Vino!
feedback 👇 commenti ci piacciono *-*
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carocinematv · 4 years
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Tolo Tolo
Politicamente scorretto, dalla battuta pronta ma non sempre esilarante, sei diventato la pietra miliare del cinema italiano a meno di 24 ore dall’uscita in sala. 
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Un nuovo record al botteghino che ha riportato in sala chi probabilmente non frequentava il cinema dal 2016, anno d'uscita di “Quo Vado?”. Sei è uno specchio ribaltato, la maschera di Checco usa l'ironia per giocare con i problemi noti, con vizi e pregiudizi infondati che riempiono le notizie e delle quali, spesso, non facciamo neanche più caso. Scritto da Luca Medici (in arte Zalone) e Paolo Virzì, rappresenti la nuova commedia italiana, con un notevole tocco di demenzialità. Divisa in 3 parti, affidi apertura e chiusura al territorio italiano, ma il cuore è nei toni caldi dei colori africani, in cui il protagonista fugge per allontanarsi dai debitori, dalle tasse e sceglie di ripercorrere con sfacciata superficialità le disavventure e le difficoltà del viaggio da migrante, dopo un qui pro quo a seguito di un attacco terroristico. Sketch e dialoghi che citano l'italianità della commedia di Sordi e di Scola, si tinge di grottesco nelle esplosioni di “fascismo”, una malattia tipica dell'italiano medio e come dissentire o allontanarsi da clichés e stereotipi che riempiono i TG e le chiacchiere da bar?
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Un bambino che sopravvive al naufragio del barcone perché Zalone, in Africa, gli ha insegnato a nuotare (o meglio dire, restare a galla) solo solo, “Tolo Tolo”, rappresenta la centralità di una morale da decifrare sotto tonnellate di superficiale, critico cinismo e demenzialità, ma del resto i numeri dimostrano che il successo di Zalone sta proprio nella sua bieca ignoranza eccentrica ed eccessiva. 90 minuti di spettacolo che certamente non fanno onore al linguaggio cinematografico, difatti manca una regia in grado di raccontare con autorialità una storia di eccessi. Eppure c'è del profetico nel papa nero e nella nazionale in azzurro composta da calciatori neri, due immagini suggestive in grado di far sembrare vicine ipotesi apparentemente lontane, ma non per questo irrealizzabili.
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carocinematv · 4 years
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Penso che l'anonimato faccia credere di poter dire delle cose che non diresti mai in faccia. (The Big Bang Theory)
Non mi sono mai allineata con quell’idea, tutto quello che penso su un film lo scrivo nel modo in cui mi piacerebbe parlarne, in un dialogo aperto tra me ed il film. Bene, è un po’ di tempo che ho un progetto nuovo in cui “ci metto la faccia” e spero di ricevere tanti commenti anche dal popolo di tumblr 💚
Argomento della puntata:
🔊 Ratatouille ed un confronto tra la cucina francese e la cucina italiana!
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carocinematv · 4 years
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Un giorno di pioggia a NY,
Woody Allen ha replicato in versione americana il suo To Rome With Love questa volta per la sua New York! 
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Poesia e dolcezza infinita, Timothy Chalamet ed Elle Fanning rappresentano il cliché degli opposti che si attraggono: lui sciatto dandy di città, lei colorata ragazza proveniente dalla campagna. Allen si dimostra ancora una volta il poeta del disincanto, cineasta che guarda a Hollywood con diffidenza e indaga i sentimenti con l’intelligenza dei fuoriclasse, condannando la falsità e richiamando una melodia senza età dedicata alla Grande Mela con toni nostalgici. Il cinema classico continua a vivere in ogni inquadratura scelta con cura e attenzione.
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Fai ironia sui sorrisi tirati, sull’arrivismo di provincia e sui rapporti umani che nascono dal profitto. Ed ecco quindi che l’amore non ha un seguito, come il più classico degli Happy Ending vorrebbe, qualcuno spicca il volo e qualcun altro resta a terra, o magari si deve “accontentare” del nessuno è perfetto. 
Tornando al cinema, Woody Allen non ha perso il gusto di giocare con sé stesso e con il cinema stesso, oltre che con i suoi spettatori, citando altri suoi film: ho riconosciuto Provaci ancora Sam, La ruota delle meraviglie e credo di aver visto qualcosa di Casablanca e Il Grande Gatsy. 
Se hai scorto altri riferimenti, fammi sapere!
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carocinematv · 4 years
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Star Wars: L’ascesa di Skywalker
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Uniamoci e contempliamo in rispettoso silenzio la fine di questa terza trilogia della saga veterana del cinema internazionale!
Carissimo ultimo capitolo della saga, sei iniziato col botto! Quel tributo ai fan è di gran merito, è davvero emozionante anche per chi non è propriamente un fan sfegatato - presente!
J.J. Abrams ha firmato l'ultimo capitolo e si vede il suo tocco registico, soprattutto nella realizzazione di effetti speciali mozzafiato... ma il film delude a macchia d'olio. 
Trama: Rey deve dimostrare di essere degna della spada laser di Luke Skywalker e Kylo Ren deve mostrarsi all’altezza della maschera dei Sith del nonno; nessuno dei due può sfuggire al confronto con le origini. Finalmente si chiarisce il mistero della discendenza della “scavarottami” in uno dei tanti attesi colpi di scena, come il duello tra i lati opposti della Forza che porta verso rivelazioni, pentimenti, redenzioni e cambi di schieramento.
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Sei un prodotto finale che bilancia sapientemente la storia ed i generi cinematografici, perfettamente in grado di declinarli nello storytelling: dai combattimenti dal sapore western, agli inseguimenti alla velocità della luce, sino alla mobilitazione popolare ispirata da ideali politici e sociali. All'interno delle sequenze d'immagini e di sceneggiatura però non sono mancate le inadempienze e le forzature dovute allo sfacciato fan service, che sinceramente penso sia il male cronico che penalizza la creatività peggio del blocco dello scrittore. Come film, ad un certo punto, sembra che perdi il filo del discorso e della narrazione, soprattutto rispetto alle prime due trilogie.
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Il montaggio e gli effetti speciali sanano i buchi neri di sceneggiatura restituendo spettacolarità. Non mantieni un ritmo costante e la fluidità di alcuni tratti rallenta in momenti “sacrificabili”, ci sono dialoghi discutibili ed apparizioni di personaggi, ormai dipartiti, senza una spiegazione plausibile (vedi il caso di Palpatine e lo stesso Luke Skywalker). Accorato è invece il saluto alla Fisher (Principessa Leila) con il buio in sala. Grande prova attoriale per i protagonisti, Daisy Ridley e Adam Driver, che sollevano certamente il ritmo della narrazione. Nel complesso penso che avresti potuto essere un finale migliore per la terza trilogia, rendendo merito ai nuovi eroi che non si può dire abbiano raggiunto lo stesso livello di immortalità delle altre due.
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carocinematv · 4 years
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P.7 CIAK si Mangia 🎬 https://www.instagram.com/p/B7Ij73rIeIL/?igshid=1ubijwhq32es4
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carocinematv · 4 years
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carocinematv · 4 years
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Frozen 2 - Il segreto di Arendelle
Dopo l'ampio successo di pubblico che portò nel 2016 a scalare la classifica e proclamarsi il maggior incasso nella storia del cinema d'animazione, Frozen – Il regno di ghiaccio è tornato con un secondo capitolo!
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Elsa ed Anna siete cresciute! Le giovanissime fanciulle animate dagli alti e bassi quasi adolescenziali del primo film, ora sono giovani donne con responsabilità e sentimenti più maturi! Seppure Anna rimanga la parte comica e più infantile del duo, con sketch e battute un po' infantili pensati per il pubblico più giovane, la vostra storia - mi sento sinceramente di dire che - si attesta su tematiche orientate alla crescita ed alla maturità, la scoperta del sé attraverso il viaggio ed il sacrificio.
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L'unione familiare è un tema ricorrente nelle produzioni Disney & Co., ma lo spirito di indipendenza delle recenti figure protagoniste è il principale marchio di fabbrica di un'azienda in grado di evolversi costantemente nei temi quanto nella tecnica. Difatti è sempre più performante e reale l'animazione, per cui la natura prende vita e l'espressività facciale dei protagonisti raggiunge dei livelli di realismo puro, in ogni sfumatura emotiva. Elsa in particolare, sei spinta a porti domande esistenziali sulle ragioni della tua magia e compi un viaggio con l’obiettivo di scoprire e rispondere al richiamo di una voce che ti attira verso un'antica leggenda. Gli spiriti dei quattro elementi (terra, aria, fuoco e acqua) imprigionati molti anni prima oltre la diga che protegge la città di Arendelle, si risvegliano e attaccano il regno tenendo lo spettatore, grande e piccino, con il fiato sospeso fino al magico e sensazionale finale inaspettato.
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Tra antiche ninna nanne e rivelazioni a sorpresa sulle origini delle sorelle, a Elsa, Anna, Olaf, Sven e Kristoff sono dedicati momenti specifici e canori in cui esprimere la propria interiorità. Restando in tema musicale, la nuova “Let It Go“  s'intitola “Into the Unknown“ (trad: Nell'ignoto), una melodia più solenne e grave, interpretata da Irina Menzel in inglese e da Serena Autieri nella versione italiana che, sinceramente emoziona e coinvolge meno di quanto suoni in originale. In ogni caso la canzone, colonna sonora della mutazione di Elsa da bozzolo a farfalla, ricorda tantissimo la precedente Let it go e descrive il tormento ed il cambiamento di un animo avventuriero che finalmente trova il coraggio di investire in sé stesso, con le proprie energie, fino in fondo nel difficile percorso di crescita e sviluppo.
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carocinematv · 4 years
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Light in my life
Casey Affleck, premio Oscar per Manchester by the sea nel 2017, questa volta è regista e protagonista di una storia piuttosto particolare.
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Questo visetto pulito non ha dei problemi di alcool. Non questa volta. Bensì è il padre della debuttante Anna Pniowsky formando un duo convincente, seppur non sempre capace di colmare i vuoti narrativi che intersecano le chiare critiche mosse contro la società. Light of my life, è questo che sei. Storia apocalitta ma intrisa di umanità. Una critica potente che nasce dal basso, diretta verso quella società odierna incapace di rispondere alle esigenze individuali. Hai poche - ma potenti - scene in grado di imprimersi nella memoria dello spettatore, mentre il resto svanisce, come i due protagonisti, nel cuore della foresta.
L’inizio è indelebile, soprattutto per chi nota l’assenza di montaggio nei primi dieci minuti (o qualcosa in più), una lunga introduzione per una favola raccontata da un padre a figlio, distesi in una tenda sperduta in mezzo ai boschi. Ancor prima che si comprenda il contesto, lo spettatore coglie che quel figlio è in realtà una figlia, forse l’ultima femmina rimasta sulla terra. Dai l’opportunità ai due personaggi di confrontarsi con totale onestà, introducendo il fondamentale rapporto genitore-figlio, man mano sempre più approfondito. Assieme alla favola alludi ad un'attinenza di genere, ma affondi le vere radici in un racconto universalmente riconoscibile. Al termine del viaggio, l'ambientazione futura in cui la minaccia e l’angoscia si mischiano alla disperazione e l'assenza di un vero coinvolgimento emotivo, mi ha fatto credere che la scelta di portare il dramma sociale fuori dalle mura urbane, sia dettato dall'esigenza dell'autore di ritrovarsi con le leggi della natura.
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Indubbiamente intimistico, commovente e molto timido. Sei un “film di formazione” in cui l’elemento fantascientifico rappresentato dal virus che ha sterminato il genere femminile umano è un espediente narrativo valido - se vogliamo - per giustificare la scelta registica di mantenere lo sguardo dello spettatore distante e freddo, spesso statico, lontano dalle potenzialità emotive della trama. Per il genere thriller e drammatico basato sulla sopravvivenza, manchi di pathos soprattutto nella prima parte del film, quando la lentezza e la mancanza di fluidità sono padrone della scena e vengono lasciati ai toni e le tinte caravaggesche il compito di trasmettere un po’ di sana angoscia, da film distopico-apocalittico.
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carocinematv · 4 years
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The Irishman
Ci sono voluti 10 anni di lavorazione per De Niro e Scorsese prima di realizzarti così bene. The Irishman: una delle opere più fortemente cinematografiche degli ultimi tempi!
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Rappresenti una pietra miliare del bel cinema, quello citazionista, completo, ricco, emozionante, ma anche artistico, difficile, non narrativo in senso stresso e lungo – lunghissimo. A tratti pesante e pedante. Eppure Joe Pesci, De Niro, Al Pacino, sono uno spettacolo per gli occhi! 
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Sei costato ben 160 milioni di dollari per ringiovanire digitalmente i tre attori quasi ottantenni, avresti risparmiato ingaggiando pischelli più giovani. 
«A Scorsese non interessano i fatti, non gli sono mai interessati, ma i sentimenti» citando la critica americana. 
Ti ha basato sulle reminiscenze di un sicario della mafia, Frank Sheeran, americano di origine irlandese, la cui vita è vissuta sin dalla sua giovane età on the road come camionista sino all'ospizio in cui si trova da anziano. Una storia vasta, turbolenta e triste, che affronta un ampio arco di storia in 3 ore e 29 minuti, dal 1950 ai primi anni 2000, in un complesso intreccio di vita e morte durante un’era vista con gli occhi di chi l'ha vissuta, in modo dettagliato, meticoloso e piena di riferimenti alla cronaca reale accaduta. Carrellate sinuose e un montaggio fluido in ambienti e costumi che evocano un’America e un regno cinematografico ormai svanito. 
« Desideravo fare questo film insieme ai miei amici » ha detto Scorsese che difatti incentra il tramonto di un’epoca e di un modo di fare cinema che ha ancora bisogno di quei volti per legittimarsi. Scorsese ci invita al suo personale e malinconico ballo in maschera con la storia del cinema per quello che potrebbe addirittura essere il suo inchino finale.
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carocinematv · 4 years
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Tu non sai cosa vuol dire amare qualcosa più della tua stessa vita. Piegare i tuoi giorni e le tue notti ai capricci della natura. ~ A good year (2010) di #ridleyscott con #freddiehighmore #marioncotillard 🍷 Un nuovo viaggio #voce e #video possibile grazie a @dbradiocz ~ Ciak si mangia! 🎬 @youtube - @facebook - https://www.instagram.com/p/B5XEoTFINjG/?igshid=2k04ffjuyp79
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carocinematv · 4 years
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Gemini Man,
quel film in cui Will Smith riacquista le sembianze del celeberrimo Principe di Bel Air grazie al de-aging, ossia la tecnologia in grado di ringiovanire un attore a schermo, attraverso il photo-real. La maggiore innovazione tecnologica del film, senza alcun dubbio. Certo è che mi sono persa gran parte della sensazionalità della tecnica non vedendoti in 3D. Sei un film pensato in 60 fotogrammi al secondo, quindi allo scopo di ampliare la tridimensionalità degli spazi e cercando l’immersività totale dello spettatore. Certo, ci vorrebbe uno schermo adatto al tipo di fruizione e quanti ne abbiamo in Italia? Troppo pochi.
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Il regista di La Tigre e il Dragone (2000) ha tentato di riproporre coreografie ai limiti della gravità e del realismo, senza tener conto del target di riferimento di un film action e, se vogliamo, i vent'anni di evoluzione cinematografica e di ricerca del realismo su schermo a cui il pubblico occidentale è affezionato. Ang Lee dopo il capolavoro del 2000 ed il toccante I segreti di Brokeback mountain, tralascia la componente narrativa ed i dialoghi, per concentrarsi sull’aspetto visivo. Nonostante il traino del fandom di Smith, penso che come film risenti di un’evidente superficialità di performance, da parte degli attori, concentrati soprattutto sulle coreografie action e non sull’impatto empatico con cui legare lo spettatore all’azione sullo schermo. 
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Il bel visino di Smith nuovamente ventenne non è sempre perfetto, un occhio attento nota le imperfezioni in alcune scene, soprattutto quelle luminose ed all’aperto. Non è un caso se tendi ad essere un film molto scuro dunque. Ricalchi i soliti passi del film action, senz’arte né parte, ancor meno gloria. Anzi, l’epico inseguimento dei due Smith sembra piuttosto una scena da videogames che non cinematografica. 
Non spreco energie a raccontare la trama, mi riservo lo spoiler per chi nutre comunque un interesse verso il genere action affinché possa godere della visione senza troppe anticipazioni. Ai miei occhi non sei un capolavoro di Ang Lee, anzi è piuttosto triste pensare che tu ne sia figlio. Soprattutto a pensare che l’uso della medesima tecnica grafica è stata utilizzata da Martin Scorsese in The Irishman proprio quest’anno, ma con una cura ed una professionalità cinematografica, da regista e cast, che ha da insegnare al mondo.
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